Il mondo dietro l `obiettivo Angela Di Maggio

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Il mondo dietro l `obiettivo Angela Di Maggio
Il mondo dietro
l’obiettivo
IN A PHOTOREPOR TER’S SUITCASE YOU CAN HARDLY
FIND A NOTEBOOK AND A PEN. THE ONLY NOTEPAD
THEY HAVE IS THEIR OBJECTIVE AND, BY MEANS OF THIS
TOOL, THEY “NARRATE” THE WORLD BY GIVING A
PHOTOGRAPH DYNAMISM, HARMONY AND MOVEMENT.
ANGELA DI MAGGIO
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Basta il clic di una macchina fotografica per fermare un attimo, un particolare. Basta uno scatto per creare un’ immagine e
per darle corpo e anima. Basta uno scatto per interpretare elementi apparentemente insignificanti, ma che poi, invece, sono in
grado di lasciare il segno e rimanere impressi nella memoria.
“Ho sempre amato ritrarre il mondo in ogni suo aspetto e la
mia più grande passione è stata sempre quella di raccontarlo attraverso le foto”. A parlare è Canio Romaniello, un fotoreporter
partito da Possidente, una frazione della provincia di Potenza, con
la sua famiglia, quando aveva solo dieci anni. La sua storia e quella della sua famiglia, assomiglia a quella di tanti emigrati che hanno dovuto lasciare la terra d’origine, nella maggior parte dei casi,
costretti dalla mancanza di lavoro. Si è trasferito a Milano dove,
dopo gli studi, ha cominciato a collaborare con importanti quotidiani e riviste nazionali. Ma prima che cominciasse a lavorare per
una agenzia fotografica ha dovuto faticare molto per “piazzare” i
suoi reportages, bussando alla porta di molte redazioni e andando continuamente alla ricerca di qualcuno che fosse interessato ai suoi lavori.
Il suo primo vero reportage fotografico lo ha fatto in uno
dei quartieri periferici di Milano e, in particolare, puntando il suo obiettivo sul disagio giovanile. Inesperto e con
l’imbarazzo di chi è alle prime armi ha bussato alla redazione della “Repubblica” chiedendo, timidamente,
di essere ricevuto. Da qui è cominciata la sua avventura nell’affascinate universo della fotografia. Da quel
momento in poi, la macchina fotografica è stata la sua
compagna fedele. La porta sempre con sé: “È la mia seconda pelle - dice Canio Romaniello - ricordo come, ancora prima che la fotografia diventasse il mio mestiere, mi dilettassi a scattare foto ovunque. Poi, quando ho capito che con questo mezzo riuscivo ad esprimermi pienamente ho deciso di farne una professione”. La sua attività di fotoreporter lo ha portato a fermare momenti importanti e che hanno caratterizzato
la storia italiana. Era dietro l’obiettivo il giorno in cui il giornalista Indro Montanelli ha incontrato il suo attentatore e quando
l’Italia piangeva le vittime del Pirellone sventrato da un aereo. La
cronaca nera e l’attualità, dunque, sono stati il suo primo amore,
ma senza aver mai tralasciato la politica. Il tutto strizzando l’occhio alla mondanità. Numerosi, infatti, i personaggi immortalati
che appartengono al mondo dello spettacolo, al cinema e alla
moda. Eppure se qualcuno lo definisce “paparazzo” non ci sta e
risponde: “Paparazzo” è il termine usato per indicare un fotografo d’assalto. Io sono un fotoreporter e basta”.
M NDO
BASILICATA
CANIO ROMANIELLO
Canio Romaniello racconta l’origine del termine “paparazzo” ricordando il fascino che si nasconde dietro questo aggettivo, ma prendendone comunque le distanze. “L’immagine felliniana del fotografo de “La dolce vita” che rubava pezzi della vita
dei vip della Roma del dopoguerra
- continua il fotoreporter lucano –
è un’immagine senza tempo. Un’invenzione che ha senza dubbio trasformato, nell’immaginario collettivo, lo stereotipo del fotografo. Sembra che tutto sia nato da un libro
che Fellini stava leggendo all’epoca de “La dolce vita”. Il libro in questione era quello di un scrittore, Gissing, sul suo viaggio di fine ottocento in Calabria in cui racconta la storia di un albergatore che di cognome
faceva “Paparazzo”. Quest’ultimo, infatti, raccolse le simpatie dello scrittore per aver affisso, alla porta delle stanze dei suoi ospiti, un “buffo” invito ad utilizzare il ristorante dell’albergo. Il popolare regista si innamorò di quel nome al punto che “paparazzo” divenne e, lo è tuttora, l’aggettivo identificativo dei fotografi invadenti in cerca di scoop sui personaggi famosi”. Ad ogni modo, che si definiscano “paparazzi” o “fotoreporter”
la cosa bella della loro arte è la capacità di cogliere gli istanti. Vagano in
giro per il mondo e la loro compagna di viaggio è, quasi sempre, solo la
macchina fotografica.
“Nella maggior parte dei casi commenta Canio Romaniello - la fotografia è qualcosa di più
che un’immagine. Essa diventa un’intuizione. L’abilità di rubare
l’attimo e di percepire qualcosa che poi va al di là dello scatto. È
la capacità di far soffermare chi la guarda non solo sulla bellezza della singola foto, ma di riuscire a far “vedere” chi c’è dietro
l’obiettivo e cosa intende comunicare. E così, di scatto in scatto ha precisato ancora - la fotografia ne ha fatta di strada”.
L’evoluzione della fotografia e del ruolo che essa ha, man
mano, assunto sui giornali, ad esempio, è stata notevole. Ma è
stata altrettanto importante la valenza culturale e artistica che
ha assunto nel corso degli anni. Ne sono cambiate di cose, infatti, da quando i giornali dovevano scontrarsi con mille difficoltà
per ricevere rapidamente una foto e si faceva ricorso o a foto di
archivio o alle tradizionali “fuori sacco”. Poi l’immagine è diventata un aspetto importante per l’informazione e si è appropriata
di nuovi ruoli e di nuovi spazi. Le sue infinite possibilità di comunicazione le hanno permesso di diventare strumento per documentare le atrocità dell’uomo, fermando gli orrori generati dai
conflitti e dalle guerre e per denunciare temi sociali e umanitari conferendole un’importanza culturale rilevante. Un’evoluzione
che ha facilitato l’affermarsi del giornalismo fotografico e che ha
trovato e, trova ancora adesso, la sua espressione più alta nella
realtà sociale come i conflitti politici, le guerre, i problemi razziali e le crisi internazionali. Fatti e avvenimenti che non se non fossero corredati da una documentazione fotografica non avrebbero la stessa forza.
“Nella valigia di un fotoreporter - conclude Canio Romaniello - difficilmente si può trovare un blocco per gli appunti e
una penna. Il nostro taccuino è l’obiettivo ed è attraverso questo strumento che riusciamo a “raccontare”e a conferire dinamicità, armonia e movimento ad una foto che, per definizione,
rappresenta la staticità”.
Insomma, la fotografia può avere diverse interpretazioni. Impegno sociale, ad esempio, o rivelazione di altri modi di vivere.
Un’ occasione per andare alla ricerca di “punti di vista” che identifichino l’uomo e l’ambiente; l’uomo e il territorio. =
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