J.F. Millet 1vita + opera
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Jean - Francois MILLET ( Greville, 1814 - Barbizon 1875 ) introd. Nato in un villaggio normanno situato in quella penisola di Cotentin che è l'estrema punta settentrionale della Francia. Come Courbet, è un REALISTA, nelle sue opere rappresenta soprattutto la realtà della vita dei campi, una realtà che conosce bene non soltanto perché è di origine contadina, ma anche perché, dopo la morte improvvisa del padre, si dedicò personalmente al lavoro della terra per mantenere la famiglia composta da otto fratelli. Sebbene i suoi quadri, mostrano la dura fatica del contadino, siano apparsi simbolici della lotta condotta dalla sinistra intellettuale francese contro la borghesia, in Millet non vi è la polemica realista di Courbet. Millet non crede nelle conquiste dei lavoratori e non conduce una lotta di classe. I suoi uomini rappresentati sono legati alla terra e al lavoro da sempre; il destino li ha fatti nascere contadini, come i loro nonni e i loro padri, la loro condizione è immutabile ed essi l'accettano umilmente, ma, al tempo stesso, consci del loro destino còmpito, un còmpito che proviene da Dio, religiosamente: come Adamo ed Eva, biblicamente sono condannati al lavoro rurale. La pittura di Millet, priva di ribellioni, non ha dunque la crudezza di quella di Courbet. Anzi i suoi quadri sono soffusi di un dolce, RASSEGNATA TRISTEZZA : uomini e paesaggi sono accomunati nel sentimento dell'eterno, lento continuo rinnovarsi di tutto ciò che vive. In lui c'è una vena romantica nel rappresentare la natura, ma con differenze sostanziali delle rispettive concezioni: i pittori di Barbizon, sentono la maestosità della natura solitaria, le loro pitture emanano una profonda malinconia. Millet vede natura e l’uomo legati indissolubilmente e partecipa commosso alla vita unitaria dell'uno nell'altra. Il limite del pittore è in un eccessivo abbandono al sentimento, che diventa spesso SENTIMENTALISMO. La pittura di paesaggio e la rappresentazione del lavoro nei campi J.F.Millet, L'ANGELUS, 1857, Parigi Il quadro, famosissimo ancora oggi soprattutto presso i ceti meno colti, è particolarmente significativo della sua religiosa dedizione alla vita dei campi dei contadini di Millet, il quale narra:" L'Angelus è un quadro che ho fatto pensando a quando, lavorando nei campi , mia nonna non mancava, sentendo suonare la campana, di farci fermare il lavoro per dire l'Angelus per i poveri morti, molto devotamente e con il cappello in mano". Jean - Francois MILLET, Le spigolatrici, 1857, Musèe d'Orsay, Parigi 1 Realismo e denuncia sociale Jean - Francois Millet, Le spigolatrici, 1857, Musèe d'Orsay, Parigi Il quadro, esposto al Salon del 1857, è considerato uno dei più importanti esempi di pittura realistica, sia per il tema sociale, sia per la nettezza e l'evidenza plastica delle figure. Il primo piano è occupato interamente da tre contadine intente alla spigolatura, un'attività svolta in prevalenza da donne sole ( vedove o orfane ), la cui sussistenza era legata alla possibilità di raccogliere le spighe sfuggite alla mietitura. Alle spalle delle donne l'abbondante raccolto, sorvegliato da un sovrintendente a cavallo e segnalato dal grande carro e dagli enormi covoni, contrasta dalle misere spighe lasciate alle spigolatrici dalla carità pubblica. La linea dell'orizzonte, molto alta, delimita il campo d'azione e confina le tre figure sotto la luminosa prospettiva della mietitura. Il loro gesto è come immobilizzato e cristallizzato: la presenza scultorea delle forme, accentuata dagli abiti semplici e dal disegno vigoroso cui si combinano toni cromatici bassi e cupi, traduce la fatica imposta ai loro corpi, così abituati alla posizione china da non potersene quasi rialzare. Nelle due donne a sinistra il carattere ripetitivo del gesto è sottolineato dal parallelismo della posizione, in lontananza da una copia che risalta nel gruppo dei mietitori. Un asse diagonale parte dalle spalle della donna a destra e si prolunga fino ai covoni, confermando il legame tra il primo piano e l'orizzonte; le due donne chine segnano altrettanti angoli retti rispetto a quest'asse, e i loro copricapo e salvamaniche, gli unici dettagli per i quali l'artista non usa la sua tavolozza color del fieno e della terra, creando altri assi diagonali, opposti a quello principale. In questa composizione rigorosa, scandita da rapporti quasi matematico- geometrici, Millet indugia su dettagli di intenso realismo: i volti che nello scorcio tradiscono l'abbrutimento, le mani deformate dalla fatica incessante, le stoppe che riflettono la luce radente, animando l'ombra del primo piano. Elemento essenziale del dipinto è la straordinaria luminosità, che varia dall'atmosfera polverosa e sciatta del fondo alla materia consunta e chiaroscurata delle stoffe, al bagliore dorato conferito ai fili di paglia dal piegamento ombreggiato con l'aggiunta di terre.
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