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RAFFAELLO FIRENZE : nel 1504 Raffaello si reca a Firenze, città in cui soggiornerà fino al 1508 lavorando al servizio di una ricca committenza aristocratica per la quale realizza ritratti e soprattutto tavole devozionali private raffiguranti la Madonna col Bambino, con l’aggiunta spesso di altre figure sacre. Durante questi quattro anni Raffaello studia intensamente Leonardo e Michelangelo, che stanno lavorando a opere come la Battaglia di Anghiari, la Battaglia di Cascina e il David. La sua grandezza consiste nell’assimilare gli elementi più significativi di ciascun autore per sintetizzarli all’interno del proprio stile non come citazioni, ma come parti integrate in modo organico. Di Leonardo coglie il delicato intimismo dei volti e delle pose, l’impianto compositivo riferito al centro e il principio del contrapposto. L’assimilazione delle ricerche leonardesche si vedono anche nello sfumato dei volti, così come nella resa atmosferica dei paesaggi. Dopo aver assimilato questi elementi di Leonardo, Raffaello rivolge la propria attenzione a Michelangelo: studia particolarmente il Tondo Doni, cogliendone il dinamismo compositivo, l’affannoso torcersi delle figure e la fermezza plastica dei volumi. Dal cartone di Sant’Anna, la Vergine, il Bambino e San Giovannino di Leonardo Raffaello mutua l’impostazione piramidale che struttura la composizione di quasi tutte le Madonne fiorentine, arricchita da complessi legami ritmici ed espressivi tra le figure che celano dietro un’apparente semplicità un’organizzazione formale attentamente pensata. Pur nella formulazione di un “tipo”, Raffaello non cade nella convenzionalità ripetitiva cui poteva prestarsi il tema, variandolo in soluzioni formali e compositive innumerevoli. Il tema sacro è reso in tutta la sua umanità e il messaggio viene comunicato attraverso la bellezza ideale dei volti e l’accordo perfetto tra ogni parte. Il significato ultimo di queste opere è una continua meditazione sulla futura Passione del piccolo Gesù, cui allude la presenza quasi costante del Battista bambino che porge al cuginetto una piccola croce e elementi simbolici come il cardellino (come nel caso della Madonna del cardellino, 15061507, olio su tavola, 107x77 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi), l’agnello o le fragole. Il dipinto più celebre di questa fase è la Pala Baglioni, 1507, olio su tavola, 187x176 cm, Roma, Galleria Borghese, commissionata dalla nobildonna Atalanta Baglioni per la cappella di famiglia in San Francesco in prato a Perugia. Il soggetto è il trasporto del Cristo morto e allude all’uccisione di Grifonetto, il figlio della committente, forse ritratto nel trasportatore al centro. L’impostazione della composizione è classica, ma è tradotta in modo naturale e non come mera citazione. La Vergine, il cui dolore allude a quello di Atalanta, è sorretta da una donna seduta che si volge con una torsione ripresa dal tondo Doni di Michelangelo, mentre la concezione dinamica riflette i cartoni della leonardesca Battaglia di Anghiari e della michelangiolesca Battaglia di Cascina. Le figure risultano però più esili e aggraziate di quelle michelangiolesche e caratterizzate da un dolore più controllato e meno tormentato. Tutti i personaggi sono legati fra loro nella disposizione delle braccia, dai portatori fino alle donne, in modo da creare un’onda, le cui forme sono evidenziate dalla sequenza del colore delle carni e dai richiami cromatici tra rosso e verde. 1 ROMA, Le STANZE VATICANE: nel 1503 era stato eletto al soglio pontificio Giulio II, che aveva iniziato subito un’energica politica di rafforzamento dello Stato Pontificio, utilizzando in questo senso la funzione propagandistica delle opere d’arte. Quando Raffaello arriva a Roma, Michelangelo si accinge a dipingere la volta della Cappella Sistina, dopo aver abbandonato la realizzazione della tomba del papa; Bramante lavora alla ricostruzione di San Pietro; un gruppo di artisti d’indubbia fama (Bramanino, Perugino, Lotto, Sodoma) si sta occupando dal 1507 della decorazione del nuovo appartamento che il papa ha fatto allestire al secondo piano del Palazzo Apostolico. Dopo aver visto qualche prova del talento di Raffaello, il papa licenzia tutti gli altri pittori e gli affida l’incarico di dipingere da solo le Stanze Vaticane. Un compito impegnativo, che Raffaello affrontò interpretando in maniera autonoma e originale il complesso programma iconografico indicato da Giulio II e dal suo successore Leone X. Raffaello iniziò la decorazione ad affresco delle Stanze Vaticane nel 1508 e la terminò nel 1520. La prima stanza decorata da Raffaello fu quella della Segnatura (1508-1511); il pittore si dedicò poi alla stanza “di Eliodoro” (1511-1513); infine, tra il 1514 e il 1520 portò a termine la decorazione della stanza “dell’Incendio di Borgo”. Il programma iconografico della Stanza della Segnatura si rifà alla raffigurazione delle quattro facoltà universitarie medievali: la filosofia, la teologia, la giurisprudenza e, al posto della medicina, la poesia, tema che prevede l’esaltazione del Vero, del Bene e del Bello. Negli affreschi della Stanza di Eliodoro vi è un’esplicita rappresentazione dell’appoggio divino alla Chiesa nel corso della sua storia. Nella Stanza dell’Incendio di Borgo Raffaello mette in scena la celebrazione cortigiana del papa regnante, Leone X, attraverso la rappresentazione delle vicende che videro protagonisti i pontefici Leone III e Leone IV. Negli affreschi della Sala della Segnatura si ritrova lo stile monumentale che aveva caratterizzato le ultime opere del periodo fiorentino e la capacità di disporre con ordine e armonia i personaggi anche nelle scene più affollate, raggiungendo così in ogni scena e nell’insieme euritmia e unità. A partire dagli affreschi della Stanza di Eliodoro Raffaello, nella sua ricerca di intensificazione dell’effetto emozionale dell’immagine, inventa inedite soluzioni figurative. Nella Stanza dell’incendio di Borgo lo stile di Raffaello subisce una radicale trasformazione: il pittore, giungendo ad alterare il fondamento armonico e proporzionale della prospettiva quattrocentesca, si concentra ora sull’espressività dei singoli elementi figurativi, rinunciando alla loro integrazione e sviluppando valenze scenografiche ed effetti emotivi. Nella SCUOLA DI ATENE gli antichi filosofi affollano una luminosa struttura architettonica di ascendenza classica, ma declinata secondo il moderno idioma bramantesco, vicino al progetto di San Pietro. Una splendente luce diafana si diffonde dall’alto e dal fondo, penetrando da squarci di cielo e riflettendosi sulle superfici delle pareti marmoree e sulle statue, poi ancora indugiando nella tenue penombra dei lacunari e delle nicchie scorciate, entro cui occhieggiano monumentali sculture. Al centro di una successione di archi colossali, isolati dagli altri personaggi, i maggiori protagonisti della filosofia antica, Platone (con le sembianze di Leonardo), che indica verso l’alto il mondo ideale, sede della conoscenza, e Aristotele che indica verso il basso il mondo terreno, luogo di indagine conoscitiva, costituiscono il nucleo della scena. Con la semplicità di due gesti e con la capacità che gli è propria Raffaello rappresenta in maniera esaustiva i massimi sistemi del pensiero classico, l’idealismo e il realismo. Dopo averci introdotto nel cuore della rappresentazione, il pittore sviluppa la scena con una disposizione simmetrica, su due registri, altri filosofi, colti in atteggiamenti naturali – certo debitore delle ricerche di Leonardo sui “moti dell’anima” – immersi e concentrati nei loro studi o intenti a discuter tra loro, secondo una controllata scansione ritmica delle figure nello spazio. Ad alcuni di questi antichi pensatori Raffaello dà le sembianze di artisti contemporanei: Eraclito, seduto e assorto in primo piano, ha il volto di Michelangelo; Euclide con il compasso quello di Bramante; infine, nel gruppo di filosofi rappresentati sulla destra spunta l’autoritratto di Raffaello. Alcuni personaggi mostrano una forte evidenza plastica e paiono ispirati ai prorompenti volumi delle figure che animano la volta della Cappella Sistina, in parte già svelata, plauso dell’Urbinate al genio di Michelangelo. 2
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