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Brescia, 11 giugno 2016
COMUNICATO STAMPA N. 2
INTERVISTA DI OLD CINEMA A CARLO VERDONE: a pagina 3 di questo comunicato
Progetto nazionale Old Cinema e Comune di Brescia
in collaborazione con Luce Cinecittà e Associazione Culturale Lucas Film
in partnership con Brescia Mobilità e Metro Brescia
C’è Carlo Verdone a Old Cinema Brescia.
Il 18 giugno il regista si dona alla “città-cinematografo”
per una giornata di incontri e proiezioni ispirata al genius loci.
Il cinema come patrimonio genetico e romanzo di formazione
e come scommessa della civiltà per il futuro
Carlo Verdone trasporta a Brescia il suo gene del cinema:
i film, l’eredità del padre Mario, i luoghi cari tra ideale e trasformazione,
i cineclub degli anni Settanta, l’avventura da programmatore al “Roma”.
E il cinema del futuro, nelle scuole e nelle sale
N.B.: Carlo Verdone rilascerà interviste ai giornalisti accreditati al termine di “Un tè con l’artista”
Carlo Verdone, regista tra i più amati in Italia, è il grande e atteso ospite sabato 18 giugno di
Old Cinema Brescia 2016, la manifestazione di un anno sui cinema perduti e il genius
loci, realizzata dal progetto nazionale Old Cinema e promossa dal Comune di Brescia, con
grandi ospiti italiani e internazionali (www.oldcinema.net, www.oldcinemabrescia.net).
Con Carlo Verdone – e con tutti i protagonisti della rassegna – si indaga il legame profondo tra
il cinema e il territorio. Old Cinema infatti trasforma Brescia, città dal primato europeo per
ricchezza e imprese, in una futura citylab del cinema: un format ispirato alla Silicon Valley che
crea reti tra artisti, imprese e istituzioni e traduce in progetti reali il loro potenziale creativo,
culturale ed economico, rilanciando l’industria del cinema, le città e la cultura della sala.
Prima di Verdone, hanno già aderito al progetto Walter Veltroni, Pupi e Antonio Avati, Giorgio
Fornoni, Mario Botta, Abel Ferrara, Willem Dafoe e Giada Colagrande. Altre grandi personalità
dello spettacolo e della cultura sono in arrivo.
Carlo Verdone, che nella città lombarda era stato solo di passaggio anni fa, scopre Brescia per
la prima volta, e il centro cittadino lo accoglie tra teatri, piazze e palazzi antichi per una
giornata di omaggi in cui affiora la sua poetica dei luoghi e dei ricordi, che da quasi
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quarant’anni si esprime nei toni dolceamari della commedia: le storie, gli amici, gli attori, il
pubblico, la famiglia - il padre era l’apprezzato accademico e critico cinematografico Mario Verdone
– e ancora i luoghi più cari, come l’indimenticata casa di famiglia, i cineclub della sua giovinezza, il
Centro Sperimentale, e, presenze costanti dei suoi film, Trastevere, Ostia, Cinecittà, ma anche la
Toscana, terra delle estati della famiglia Verdone, dove è ambientato il film “Al lupo al lupo”.
Sabato 18 giugno, il primo appuntamento con Carlo Verdone per Old Cinema Brescia è al
mattino: un evento sperimentale e underground, novità assoluta per la manifestazione e
per Brescia stessa, una vera sorpresa che verrà rivelata il 15 giugno in ogni dettaglio.
In filigrana, anche per questo momento di spettacolo, c’è l’omaggio alla vita artistica e privata di
Carlo Verdone, tra metodo e anima, tra set cinematografici e luoghi interiori.
Nel pomeriggio, alle ore 15, nello splendido Salone Vanvitelliano di Palazzo della Loggia, ha
luogo il consueto appuntamento Un tè con l’artista, in cui Carlo Verdone incontra la stampa, il
pubblico, le istituzioni, i partner e gli sponsor dell’iniziativa. Al termine della conferenza
stampa, il regista rilascia interviste individuali ai giornalisti accreditati e, a sua discrezione, firma
autografi al pubblico. L’appuntamento è a ingresso libero, fino a esaurimento dei posti.
Alla sera, alle ore 20.45, il Teatro San Barnaba, ex chiesa sconsacrata di suggestiva bellezza,
ospita “Carlo Verdone: il dna del cinema”: l’incontro di Verdone con il pubblico, una
conversazione familiare con il critico cinematografico di Repubblica Franco Montini sul grande
amore per il cinema come patrimonio genetico e romanzo di formazione.
Il dialogo sul palco prende spunto e respiro dai frammenti dei film tra i più significativi e
divertenti di Verdone, scelti dall’autore e proiettati in sala. Tanti i temi toccati, anche inediti.
Dai ricordi personali emerge un’investitura totale del cinema, sperimentato da Verdone da ogni
prospettiva: spettatore, artista, programmatore.
Sopra ogni cosa, appare cruciale l’insegnamento del padre Mario, accademico, saggista e critico di
cinema, amico dei più grandi registi, da Fellini, a Blasetti, a Pasolini, a Germi e Zeffirelli: «il primo in
Italia ad avere una cattedra in materia», racconta Verdone nell’intervista a Old Cinema
(pubblicata al termine di questo comunicato stampa). Poi arrivano il Filmstudio e gli altri cineclub
romani «con la serranda sulla strada», in cui negli anni Settanta Verdone conosce «il neorealismo,
la commedia all’italiana, l’espressionismo tedesco e l’underground americano».
Ecco alla fine degli anni Settanta sbocciare il talento e poi una carriera straordinaria e ininterrotta,
dal teatro agli sketch radiofonici e televisivi, ai film più “romani”, fino alle commedie raffinate, in cui
la comicità sempre più si intreccia alla ricerca di sé attraverso i luoghi. «C’è spesso nei miei film
il tentativo di filmare il ricordo che ho di quel luogo e di fissarlo per sempre», conferma il regista.
Più recenti sono la lotta in prima linea per le sale chiuse a Roma, in particolare per l’ex cinema
“America” di Trastevere (perché «la chiusura delle sale è un omicidio culturale: il governo e i
ministri devono intervenire con sensibilità»), e nel 2016 la creazione della prima sala da cinema
in una scuola (l’auditorium “Mario Verdone” al liceo “Majorana” di Guidonia, nell’hinterland
romano). Il gusto del cinema e l’affetto per la sala e gli spettatori passano anche per un’avventura
poco nota: negli anni Novanta, epoca già di enormi successi, Verdone diventa programmatore di
un cinema di qualità all’ex cinema “Roma” – già “Esperia” - di piazza Sonnino, dove lancia film
di giovani autori di tutto il mondo, divenuti talvolta piccoli cult, come “Buon compleanno Mr Grape”:
un’esperienza vissuta come un «grande regalo della vita».
Al termine dell’incontro, si proietta “Al lupo, al lupo” (1992, 114 minuti), la pellicola forse più
intima e autobiografica del regista, che ripercorre tra comicità e malinconia i veri luoghi e i
sentimenti che hanno segnato la sua vita. Interpretato dallo stesso Verdone insieme a Francesca
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Neri e Sergio Rubini, è la storia di tre fratelli in viaggio tra Roma, Siena e la Versilia, alla ricerca di
un padre colto, amato, quasi irraggiungibile. Verdone nel film è il primo dei tre fratelli: Gregorio –
il tragicomico “Dj Doctor Music” – che è il vero secondo nome del regista: Carlo Gregorio Verdone.
Lo sguardo amaro di Verdone sulla vita – il tempo che scorre, la trasformazione talvolta decadente
dei luoghi e dell’umanità – non intacca il suo senso profondo della cultura, della civiltà, la fiducia nel
perfezionismo come viatico per il rilancio del cinema. Una scommessa che affida alla qualità e
ai giovani: «Questo paese ha bisogno di autorevolezza » afferma Carlo Verdone nell’intervista a
Old Cinema. «Buoni scrittori e sceneggiatori. Produttori illuminati, che individuino giovani che hanno
qualcosa di interessante da dire. Al Ministero arriva un numero esagerato di richieste di
finanziamento. Anche qui, ci vogliono commissioni serie, che sappiano valutare un progetto valido.
Altrimenti si troncano carriere meritevoli, o, viceversa, si finanziano progetti di nessuna qualità. Reti
di privati? Sì, ma solo se in grado di valorizzare chi ha vero talento».
Si ringrazia RTI-Mediaset Italia per l’autorizzazione alla proiezione pubblica
del film “Al lupo al lupo” di Carlo Verdone
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Intervista a Carlo Verdone
Per il cinema lei nutre un amore totale. I romani lo sanno: negli anni Novanta c’era un
cinema con il portone verde, a piazza Sonnino. Era il “Roma”. Ed era di Carlo Verdone.
Era il 1994. Cecchi Gori, con cui all’epoca producevo i miei film, rimise a posto il vecchio cinema
“Esperia”, che era stato una sala di seconde visioni. Le cose al botteghino andavano bene e lui mi
fece questo regalo. Disse: “Carlo, te ne vuoi occupare tu?” e mi diede carta bianca: “Fallo a gusto
tuo”. Lo ristrutturai, ci misi le poltrone che piacevano a me, lo riempii di manifesti di Anna Magnani,
di Petrolini, lo chiamai “Roma” e feci una programmazione di qualità. Nel magazzino di Cecchi Gori
andai a scovare inediti come “Buon compleanno Mr Grape”, che nessuno conosceva, con un
Leonardo Di Caprio in erba: il titolo italiano è mio – quello originale inglese, “What’s Eating Gilbert
Grape” era intraducibile – e fu la mia sala a lanciare questo piccolo cult in Italia, dove era passato
inosservato. Il “Roma” iniziò ad avere un grandissimo successo e un pubblico tutto suo. La gente
non veniva perché il cinema era mio, ma perché trovava pellicole nuove e di qualità. A quel punto
iniziai a lanciare nuovi autori italiani, come il Sandro Baldoni di “Strane storie”, e poi Gianni Zanasi,
Francesco Ranieri Martinotti. Sceglievo tutti esordienti, tutte opere prime o seconde, anche
realizzate a basso costo, in piena indipendenza tra una ventina di film che dovevano uscire. Chiusi il
“Roma” dopo tre o quattro anni, non perché mancasse pubblico, ma perché con la crisi del gruppo
Cecchi Gori avrei dovuto piegarmi a scelte non mie.
La sua tesi di laurea era sul cinema muto e la letteratura. Ha affermato che «alcuni film
sono più importanti dei libri, come “1860” di Blasetti per conoscere il Risorgimento». Ha
creato e finanziato la prima sala da cinema in una scuola, il Liceo “Majorana” di Guidonia
(Roma). Anche lei, come Ettore Scola e Francesco Rosi, vorrebbe che il cinema entrasse
nelle scuole?
Mio padre Mario, importante professore, è stato il primo in Italia ad avere una cattedra in storia e
critica del cinema, e auspicava che il cinema diventasse materia d’insegnamento. Quando il preside
del Liceo “Majorana”, Eusebio Ciccotti, che è stato uno dei suoi allievi e assistenti migliori, ha
chiesto a me e alle famiglie degli studenti di finanziare un auditorium del cinema, ho subito aderito.
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Lo abbiamo intitolato a mio padre. Ha inaugurato quattro settimane fa con proiezioni pomeridiane
gestite dagli studenti. Ne sono molto fiero.
Conosce Brescia?
Ci sono stato tanti anni fa, ma solo di passaggio. Sono contento, partecipando alla vostra
manifestazione, di poterla visitare.
Cosa pensa della possibilità di integrare o superare il finanziamento pubblico al cinema
attraverso il finanziamento privato? L’idea di creare reti ad hoc di imprese e artisti per
produrre film, secondo lei, può funzionare in Italia?
Iniziamo col dire che non tutti possono fare i registi e che al Ministero arriva un numero esagerato
di richieste di finanziamento. Questo paese ha bisogno di autorevolezza. Buoni scrittori e
sceneggiatori. Produttori illuminati, che individuino giovani che hanno qualcosa di interessante da
dire. Anche al Ministero ci vogliono commissioni serie, che sappiano valutare un progetto valido.
Altrimenti si rischia di troncare carriere meritevoli, o, viceversa, di finanziare progetti di nessuna
qualità. Reti di privati? Sì, ma solo se in grado di valorizzare chi ha vero talento. “Lo chiamavano
Jeeg robot” di Gabriele Mainetti è il perfetto esempio di un esordiente che fa ben sperare. Anche
“Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese è stato un buon film, e ha funzionato. Altrimenti, parlano i
risultati del Cinetel di questi giorni: la stagione, da novembre a marzo, è stata un disastro. Diciamo
la verità: ci sono film che incassano anche solo 20 o 30 mila euro, una catastrofe. Dobbiamo fare
buoni film e su quelli investire».
Qual era la sua sala del cuore a Roma?
Il Filmstudio a Trastevere. E tutti i cineclub che frequentavo da ragazzo. Luoghi di aggregazione
importanti. Erano tutti privati che, con grande passione, offrivano cultura ad altissimo livello. Si
apriva la serranda, e si respiravano la musica blues, il teatro off, il cinema. Nei cineclub ho
conosciuto il neorealismo, la commedia all’italiana, ma anche l’underground americano e
l’espressionismo tedesco. Lì mi sono formato e ho maturato le mie scelte cinematografiche, insieme
a tanti altri giovani che poi sono diventati critici, registi, storici del cinema, oppure non hanno più
fatto niente nel cinema, ma hanno dentro questo background straordinario.
A Roma lei si è battuto personalmente per l’ex cinema “America”, a Trastevere.
Sono sempre in prima linea quando si tratta di sostenere la cultura e il cinema nelle scuole e dove
c’è emergenza culturale. Tante volte ho fatto proiettare nelle periferie. Ho dato una mano anche ai
ragazzi del cinema “America” occupato, a Roma. La sala non ha riaperto, ma loro hanno ottenuto
comunque un grande risultato: far ripartire, a pochi metri da lì, la sala “Troisi”.
Nei suoi film, sempre più nel corso degli anni, si avverte una poetica dei luoghi. Luoghi
amati, perduti, in trasformazione.
È vero. Spesso nelle mie commedie filmo non un luogo, ma il ricordo di quel luogo. Come in “Un
sacco bello”: ci sono casa mia, Trastevere, le ultime facce trasteverine, una Roma del 1979 ancora
poetica. Li ho fermati nel tempo. In “Al lupo, al lupo” c’è tutta la mia adolescenza e il periodo
universitario. Mio padre ha vissuto a lungo a Siena e quei luoghi riguardano tutta la mia famiglia,
mio padre, mia madre, i miei due fratelli: le Alpi Apuane, Siena, il Chianti.
E il futuro? Per la società, per la cultura, per il cinema? Dopo la crisi e oltre la decadenza
attuale, lei avverte un desiderio di rilancio?
Brescia, 11 giugno 2016
Noi dobbiamo inventare. Ma senza giocarci il centro delle città. I cinema stanno chiudendo in tutti i
centri cittadini, non solo a Roma, ma in tutta Europa, anche a Londra per esempio. Chiudere le sale,
portarle fuori è un omicidio culturale. Occorre sensibilità da parte dei governi e dei ministri.
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COS’È OLD CINEMA
Old Cinema, creato nel 2012 dalla fotoreporter Ambra Craighero, è il primo progetto nazionale
per la ricerca delle “sale perdute”: la miriade di ex cinema del nostro Paese - chiusi, dimenticati o in
trasformazione – che, come il “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore, hanno rappresentato
luoghi importanti per la creazione di una cultura e un’identità collettiva.
Due gli obiettivi di Old Cinema: costruire la prima mappatura multimediale degli old cinemas
d’Italia e promuovere il loro potenziale recupero e valorizzazione, in collaborazione con Comuni e
altri enti pubblici. Negli anni, la piattaforma ha affinato competenze di ricollocazione urbana e di
contenuti innovativi e digitali di aggregazione, con la rilettura delle città in chiave "cinematografica" in
aree non deputate al cinema.
Dopo il primo evento nazionale nel 2012 con Giuseppe Tornatore in Trentino (territorio della prima
mappatura), ripetuto con altri artisti nel 2013, Old Cinema ha realizzato nuovi censimenti di old cinemas
e docufilm di ricostruzione storica, sbarcando, in collaborazione con Luce Cinecittà, alle Biennali del
Cinema di Venezia del 2012 e 2013, dove ha presentato i suoi progetti.
Nel 2014 la piattaforma ha riaperto l’ex cinema “Rossi” di Mentana (Rm) per un evento con
Daniele Luchetti. Nello stesso anno l’iniziativa #OldCinemaOnVespa, un viaggio reale e virtuale
lungo l’Italia – reale, su una vecchia Vespa, e virtuale, fatto di segnalazioni attraverso i social network –
ha portato alla creazione di una virtual map di informazioni, immagini e video di vecchie sale.
Dal 2015 Old Cinema ha sviluppato un asse scientifico con il Politecnico di Milano - Dipartimento di
Architettura e Studi Urbani. Nel 2016, il corso di formazione professionale “Vecchi cinema, nuovo
motore di rigenerazione urbana” fornirà strumenti culturali, progettuali e manageriali a chi intende
reinterpretare questi tesori. A ottobre 2015, Old Cinema ha curato l’incontro “Riapriamo i Cinema
Paradiso” a Casa Corriere, lo spazio del Corriere della Sera a Expo Milano 2015.
Con OldCinema Brescia 2016 parte anche l’iniziativa #SvuotaLeSoffitte, per raccogliere
informazioni e materiali sul cinema vissuto in prima persona e conservato tra i ricordi più cari.
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OLD CINEMA BRESCIA 2016 - PARTNER E SPONSOR
OldCinema Brescia 2016 è sostenuto da: Comune di Brescia, Fondazione ASM, MiBACT, Regione
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Cinema. In collaborazione con: Luce Cinecittà, Associazione Culturale Lucas Film. E con: Fondazione
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