Zootecnia - Azienda per i Servizi Sanitari n. 6
Transcript
Zootecnia - Azienda per i Servizi Sanitari n. 6
❷ A Z I E N D A P E R I S E R V I Z I S A N I TA R I N . 6 F R I U L I O C C I D E N TA L E Glossario B O O K S E I Zootecnia Qualità nella progettazione degli impianti Elementi e condizioni propedeutiche alla progettazione Guida pratica per addetti ai lavori ❷ AZIENDA PER I SERVIZI SANITARI N. 6 FRIULI OCCIDENTALE B O O K S E I Norme generali di protezione animali Fabbricati rurali di complemento Norme ambientali e di gestione agronomica degli effluenti Norme di prevenzione e sicurezza degli operatori in ambito zootecnico Norme specifiche di protezione legate alla specie allevata Allevamenti con metodo di produzione biologico Bibliografia 2 BookSei manuali 2 Collana di Quaderni Scientifici dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 6 Friuli Occidentale Direttore Generale Dr. Gianbattista Baratti Direttore Sanitario Dott. Paolo Saltari Direttore Amministrativo Dr. Pierluigi Fabris Coordinatore Servizi Sociali Dr.ssa Maria Bonato Comitato Editoriale (responsabile) Dott. Paolo Saltari Alfredo Grossi Enzo Re Bruno Tassan Chiaret Carlo Venturini Emanuela Zamparo Coordinamento Editoriale Silvana Corona Anna Maria Falcetta Foto Bruno Tassan Chiaret Progetto DM+B&Associati - Pordenone Stampa Tip. Sartor - Pordenone © Copywright Azienda per i Servizi Sanitari n. 6 Friuli Occidentale Booksei manuali 2 Zootecnia. Qualità nella progettazione degli impianti. Guida pratica per addetti ai lavori Con la collaborazione dei tecnici del dipartimento di Prevenzione Area degli ambienti di vita Area degli ambienti di lavoro Con la collaborazione tecnica di Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali Dr. Mario Portolan Ordine degli Ingegneri Ing. Pierino Truant Ordine degli Architetti Arch. Bruno Bortolin Collegio dei Geometri Geom. Arturo Barbui Collegio dei Periti Industriali Per. Ind. Graziano Santin Federazione Provinciale Coltivatori Diretti Per. Agr. Eric Mirolo Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Pordenone A ZI EN D A PER I SER V I ZI SA N I TA R I N. 6 F R I UL I OC C I D EN TAL E Zootecnia Qualità nella progettazione degli impianti Guida pratica per addetti ai lavori ❷ B O O K S E I Prefazione Bookse n. 6 Vademecum Prefazione sui Mangimi Dott. Paolo Saltari Direttore Sanitario ASS n. 6 “Friuli Occidentale” “La medicina sociale ci dice che bisogna rinverdire le nostre montagne, risanare le campagne, costruire case per chi è senza tetto, sviluppare tutte le industrie che producono beni ed ostacolare tutte quelle che producono mali” (Prof. Augusto Murri, 1906). La sfida del nuovo millennio nel campo della salute sarà caratterizzata dalla capacità di fornire un servizio sanitario di qualità a costi compatibili con lo sviluppo economico del paese. Questo obiettivo è perseguibile solo attraverso la definizione di un’etica sociale collettiva e la realizzazione del “Patto di Solidarietà per la Salute”. In altre parole è indispensabile un forte impegno di collaborazione tra le istituzioni preposte alla tutela della salute, gli operatori sanitari, i cittadini, singoli o associati, le categorie produttive e gli altri enti pubblici e privati che costituiscono il tessuto sociale ed economico del Paese. I medici, gli operatori ed i tecnici della sanità, con la loro professionalità, sono lo strumento essenziale e qualificato per assicurare qualità dell’assistenza, efficacia ed efficienza degli interventi, anche di prevenzione, e quindi soddisfazione e sicurezza dei cittadini. B O O K S E I 5 Prefazione La promozione della salute non può prescindere dalla maturazione di una coscienza civile e da quell’etica collettiva che passa attraverso l’acquisizione di comportamenti individuali corretti che eliminano fattori di rischio e di scelte sociali e politiche tendenti a controllare fattori di rischio ambientali. D’altra parte, se si considera la salute come la sensazione di benessere che accompagna l’esistenza, è facile accorgersi che essa non dipende solo dal benessere del corpo, ma anche dall’insieme di relazioni che l’uomo riesce ad intrattenere con l’ambiente che lo circonda. Pertanto, assumono dignità di determinanti dello stato di salute: il lavoro, il reddito, l’istruzione, lo stato dell’ambiente, le abitudini di vita. La salute, quindi, non può essere il risultato di una amministrazione virtuosa delle aziende sanitarie o degli Assessorati Regionali alla Sanità, ma il prodotto di una sinergia tra tutte le istituzioni pubbliche (Comuni, Province, ecc.) e private (industrie, società dei trasporti, telefoni, ecc.) che pur non avendo una diretta competenza sanitaria esercitano funzioni che possano incidere sullo stato di salute della popolazione. Con questo spirito e con tali premesse l’ASS n. 6 “Friuli Occidentale”, attraverso il Dipartimento di Prevenzione, ha intrapreso da alcuni anni un percorso di integrazione con la società produttiva e civile della nostra Provincia finalizzato a migliorare l’impatto ambientale e sociale degli impianti di allevamento. Questo obiettivo può essere realizzato anche attraverso la stesura di questa Guida pratica di facile lettura a beneficio di tutti gli operatori e i professionisti del settore. È il frutto di un meticoloso ed interdisciplinare lavoro d’equipe dei nostri tecnici e di altre istituzioni pubbliche e private; sviluppato con dedizione e con la regia dei referenti del progetto del Servizio Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni Zootecniche. A tutti loro un plauso ed un ringraziamento da parte della Direzione Aziendale. B O O K S E I 6 Presentazione Bookse n. 6 Vademecum Presentazione sui Mangimi All’interno delle iniziative rivolte alla promozione della salute del Dipartimento della Prevenzione dell’A.S.S. n. 6 “Friuli Occidentale”, ricoprono grande Enzo Re rilevanza le attività di prevenzione. Tra le varie attività di tipo preventivo svolte dal Servizio Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni Zootecniche, vi è la formulazione di pareri propedeutici al rilascio delle concessioni edili per la costruzione e la ristrutturazione degli impianti zootecnici. Il parere viene prodotto in base a valutazioni tecnico-scientifiche coerenti con l’evoluzione della tecnologia zootecnica e con il rispetto dei parametri di protezione animale imposti dalla legislazione vigente. È divenuta oramai prassi consolidata che i professionisti interessati alle varie pratiche si rechino in via preventiva o spesso dopo un parere negativo, ai nostri ed agli altri uffici del Dipartimento per le delucidazioni del caso. Tale modo di agire non risulta né efficiente né efficace e oltremodo dispendioso per noi, per i professionisti, per i committenti, che in più non riescono ad avere in tempi rapidi la conclusione dell’iter procedurale. L’azienda agricola di allevamento considerata industria insalubre di prima classe, è produttrice di reflui e pertanto interessata dalle normative di Bruno Tassan Chiaret B O O K S E I 9 Presentazione igiene e sicurezza sanitaria ed ambientale; per la presenza di svariate tipologie di operatori è soggetta alle normative legate alla tutela e sicurezza sul lavoro. Le varie normative devono però essere applicate con criterio e logica, in relazione alla prevalenza che i vari soggetti (uomo/animale) hanno tra loro all’interno dell’azienda di allevamento ed il loro interagire con l’ambiente. Si tratta allora di avvalorare gli impianti di allevamento, spesso visti solo come problematica ambientale, ad entità produttive capaci di dare qualità ed occupazione, nel rispetto delle norme a cui sono assoggettate e con le tutele che abbisognano, pienamente inserite nel contesto territoriale. Diventa improrogabile disporre di uno strumento completo, ma di agile consultazione che da una parte orienti e faciliti la progettazione e dall’altra favorisca l’applicazione preventiva delle varie normative in tema di protezione animale, ambientale e del lavoro umano, condividerne gli innumerevoli aspetti relativi ai criteri costruttivi, del codice di buona pratica agricola e di rispetto ambientale; tematiche che hanno influenzato positivamente,quale prevenzione attiva, lo sviluppo di questo lavoro. Le indicazioni riportate sono pertanto il frutto di tutto questo, della capacità professionale e della dedizione del Servizio Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni Zootecniche, dei vari Servizi del Dipartimento di Prevenzione, dei professionisti delegati degli Ordini e Collegi (Ingegneri, Architetti, Agronomi e Forestali, Geometri, Periti Industriali), della Federazione Coltivatori Diretti della provincia di Pordenone, del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Pordenone, ai quali và il più sentito ringraziamento; in particolare al Dr. Agronomo Mario Portolan per il prezioso contributo tecnico-scientifico. Ringraziamo altresì la Facoltà di Medicina Veterinaria – Dipartimento di Scienze della Produzione Animale e la Facoltà di Agraria–Dipartimento di produzione Vegetale e Tecnologie Agrarie dell’Università di Udine per le tabelle 6-7-8. Nella presente guida, non sono stati presi in considerazione gli allevamenti per animali famigliari e/o d’affezione e gli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici di cui al D.Lgs. 27/01/1992 n. 116. B O O K S E I 10 Autori: Bruno Tassan Chiaret Bookse n. 6 Vademecum sui Enzo Re VeterinarioMangimi Dirigente del Servizio Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni Tecnico della Prevenzione Coordinatore del Servizio Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni Zootecniche dell’A.S.S. n. 6 “Friuli Occidentale”- Pordenone Zootecniche dell’A.S.S. n. 6 “Friuli Occidentale”- Pordenone 2 B O O K S E I 11 Sommario Prefazione 5 Presentazione 9 Indice 13 Glossario 17 Capitolo 1 Elementi e condizioni propedeutiche alla progettazione Schema: Elementi di indirizzo delle scelte aziendali 21 Tabella 1: Condizioni che influenzano la progettazione di un allevamento 22 Normativa urbanistica 23 Tabella 2: Perequazione dei capi allevati in UBA 25 Tabella 3: Calcolo delle UBA in considerazione degli effluenti prodotti 26 Tabella 4: Importanza delle normative in rapporto ai singoli locali aziendali 28 Capitolo 2 Norme generali di protezione animale Disposizioni di carattere generale 31 Altre condizioni 33 Disposizioni di carattere sanitario 33 Capitolo 3 Fabbricati rurali di complemento Fabbricati rurali di complemento 35 Capitolo 4 Norme ambientali e di gestione agronomica degli effluenti Gli effluenti liquidi e palabili dell’allevamento 37 La normativa vigente 38 La valutazione agronomica degli effluenti 40 Gli effluenti liquidi 40 Gli effluenti solidi 41 Tabella 5: la quantificazione delle produzioni di effluente 43 B O O K S E I 13 Sommario Tabella 6: Caratteristiche chimiche dei liquami prodotti da diverse specie 44 Tabella 7: Quantità di N, P, K, Cu, Zn, nei reflui prodotti in un anno dalle varie specie animali 45 Tabella 8: Caratteristiche dei letami e di altri materiali palabili prodotti da diverse specie zootecniche 45 Aspetti progettuali e costruttivi degli stoccaggi 46 Stoccaggio di effluenti liquidi 46 Stoccaggio di effluenti palabili 47 Le modalità per l’utilizzo agronomico 48 Emissioni in atmosfera 50 Valutazione di impatto ambientale 52 Normativa V.I.A. 52 Valori di soglia massima indicati per alcuni gas presenti negli allevamenti 56 Smaltimento di contenitori contenenti medicinali ad uso zootecnico 57 Normativa ambientale di interesse zootecnico 58 Capitolo 5 Norme di prevenzione e sicurezza degli operatori in ambito zootecnico Criteri di valutazione Spisal di carattere generale 61 Coperture 68 Norme di prevenzione antincendio 70 Elenco dei depositi e industrie pericolose soggetti alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi 71 Normativa tecnica specifica 75 Impianti elettrici 77 Normativa relativa alla prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro 83 Capitolo 6 Norme specifiche di protezione legate alla specie allevata Scheda allevamento bovino-bufalino da latte 85 Scheda allevamento bovino ingrasso e da rimonta 90 B O O K S E I 14 Sommario Scheda allevamento bovino linea vacca-vitello 84 Allevamento vitelli a carne bianca - D.Lgs. 533/92 98 Allevamento suini da ingrasso – D.Lgs. 534/92 104 Scheda allevamento suini da ingrasso 112 Scheda allevamento suini riproduttori 114 Scheda allevamento suini allevati all’aperto 117 Allevamento avicolo-galline ovaiole – D.Lgs. 267/03 118 Scheda allevamento galline ovaiole 124 Scheda allevamento di polli e tacchini da carne 128 Scheda allevamento cunicolo 132 Scheda allevamento di selvaggina (fagiani-pernici-starne) 136 Scheda allevamento ovino-caprino 138 Capitolo 7 Allevamenti con metodo di produzione biologico Definizioni 143 Norme per la produzione biologica a livello aziendale - vegetali e prodotti vegetali 147 Animali e prodotti animali 150 Conversione 152 Alimentazione 156 Profilassi e cure veterinarie 158 Metodi di gestione zootecnica, trasporto ed identificazione dei prodotti animali 160 Trasporto 162 Deiezioni zootecniche 162 Aree di pascolo e edifici zootecnici 163 Mammiferi 165 Bibliografia 169 B O O K S E I 15 Glossario Bookse n. 6 Vademecum Glossario sui Mangimi Tenute valide le definizioni previste nelle singole norme di legge, il gruppo di lavoro, per gli scopi prefissati, ha concordato quanto sotto riportato: • Qualità: Grado in cui l’insieme delle caratteristiche intrinseche dell’opera soddisfano l’esigenza o l’aspettativa di natura implicita o cogente rispetto alle norme di riferimento e/o delle richieste del cliente. • Enti normatori per la qualità: ISO (International Organization for Standardization - 1947) Promuove la normazione nel mondo per facilitare gli scambi di beni e servizi e sviluppare a livello mondiale la collaborazione nei campi intellettuale, scientifico, tecnico ed economico. CEN (Comitato Europeo di Normazione - 1961) Promuove l’impiego delle norme internazionali e l’armonizzazione delle norme su scala europea alla scopo di facilitare lo sviluppo degli scambi B O O K S E I 17 Glossario dei prodotti e servizi mediante l’eliminazione degli ostacoli creati da requisiti di natura tecnica; UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione - 1921) Elabora, pubblica e diffonde norme a livello italiano, promuove iniziative culturali nel settore normativo, mantiene i rapporti con i corrispondenti organismi a livello mondiale ed europeo. Mantiene aggiornati archivi di normative nazionali ed estere. • Marchio CE: Dichiarazione di conformità di macchine ed attrezzature ai requisiti imposti dalle singole direttive di riferimento ai fini del loro commercio nella Comunità Europea. • Animale: Qualsiasi animale, inclusi i pesci, rettili e anfibi, allevato o custodito per la produzione di derrate alimentari, lana, pelli, pellicce o per altri scopi agricoli (art. 2 comma 1, lett. B del D.Lgs. 116/92). • Azienda: Qualsiasi stabilimento agricolo, costruzione o allevamento all’aria aperta o altro luogo in cui gli animali sono tenuti, allevati o commercializzati, ivi comprese stalle di sosta e mercati (art. 1 comma 5 lett. B del DPR 317/96). • Allevamento zootecnico: Insieme di animali allevati in strutture ed impianti adeguati, per la produzione di derrate alimentari, lana, pelli, pellicce o per altri scopi agricoli. • Struttura di allevamento: Insieme dei locali, degli impianti e delle attrezzature predisposti e impegnati allo scopo. • Locale, area funzionale, spazio confinato: Locale: ambiente chiuso o chiudibile facente parte di una struttura es: locale latte. B O O K S E I 18 Glossario Area funzionale: area aperta o chiusa destinata ad uno scopo specifico es: sala di mungitura. Spazio confinato: area delimitata o transennata, coperta o scoperta destinata ad una fase di allevamento e ad una categoria di animali. • Idoneità dei locali, attrezzature, spazi ed aree funzionali: Rispetto delle condizioni minime di sicurezza e protezione umana, animale ed ambientale e dei requisiti igienico - sanitari. • Lavabile, disinfettabile e facile da pulire: Caratteristiche tecniche richieste a pavimenti, pareti, impianti ed attrezzature. • Proprietario dell’animale, conduttore ovvero detentore: Qualsiasi persona fisica o giuridica che, anche temporaneamente, è responsabile, detiene ovvero si occupa degli animali. • Protezione animale: Condizioni di vita e produzione tutelate dall’insieme delle norme tecniche codificate, legislative e dei pareri scientifici espressi dal Comitato Veterinario della Unione Europea e dall’OIE. • U.B.A. : Unità Bovino Adulto. • O.I.E. : Organizzazione Internazionale delle Epizoozie. B O O K S E I 19 Capitolo 1 CAPITOLOn. 1 6 Bookse Vademecum Elementi e condizioni sui propedeutiche alla Mangimi progettazione Schema: ELEMENTI DI INDIRIZZO DELLE SCELTE AZIENDALI INPUT DA: MERCATO INNOVAZIONE TECNOLOGICA ASPETTI ETICI E SOCIALI ↕ ALLEVAMENTO ZOOTECNICO ↕ ↕ ↕ APPLICAZIONE DELLE NORME SULLA PROTEZIONE SANITÀ E BENESSERE ANIMALE APPLICAZIONE DELLE NORME DI TUTELA AMBIENTALE APPLICAZIONE DELLE NORME A TUTELA E SICUREZZA DEI LAVORATORI B O O K S E I 21 Capitolo 1 Commento: L’allevamento zootecnico in quanto impresa produttrice di derrate alimentari, lana, pelli, pellicce ecc. si trova utilmente collocato all’interno del sistema economico e sociale; agisce pertanto sulla base delle opportunità offerte o percepite dal mercato, dalle tendenze sui consumi dettate dalla società, sempre più consapevole ed interessata anche da motivazioni di tipo etico. Le scelte di indirizzo produttivo sono principalmente veicolate da quelle che garantiscono il miglior ritorno economico; gli altri aspetti, non sempre secondari, che influiscono nella scelta attengono alla complessità gestionale, al fabbisogno di manodopera, alla logistica ed al rispetto delle varie normative che finiscono per influenzarne anche il risultato operativo. Tabella n. 1 CONDIZIONI CHE INFLUENZANO LA PROGETTAZIONE DI UN ALLEVAMENTO L’indirizzo produttivo Fattori ambientali Aspetti sanitari Specie allevata Localizzazione allevamento Legati alla specie e categoria allevata Categoria allevata Fattori urbanistici Legati alla tipologia costruttiva adottata Tipologia dell’allevamento S.A.U. a disposizione (quantità e tipologia) Legati alla tipologia gestionale dell’impianto Soluzioni costruttive Commento: Oltre agli elementi considerati nello schema della pagina precedente, altre condizioni influiranno sulla progettazione e sulle conseguenti soluzioni costruttive e gestionali. In tabella sono sintetizzati 3 gruppi di fattori ordinati secondo la naturale evoluzione dell’iter della pratica: il committente, di solito si rivolge al professionista manifestando un’idea già elaborata sul piano dell’indirizzo produttivo dell’allevamento; la figura del professionista emerge nella scelta tipologica, nella ricerca delle soluzioni costruttive e gestionali contemperando alle varie norme ambientali, di protezione animale e sanitarie. B O O K S E I 22 Capitolo 1 LA NORMATIVA URBANISTICA La normativa regionale di riferimento per l’attività urbanistica è la L.R. 52 del 19 novembre 1991, più volte interessata da successive modifiche ed integrazioni. All’art. 29, detta Legge definisce che l’attività urbanistica sia regolata dai singoli Comuni mediante lo strumento del Piano Regolatore (PRGC) avente lo scopo di disciplinare l’uso e l’assetto del territorio comunale con finalità di garantire – la tutela e l’uso razionale delle risorse naturali nonché la salvaguardia dei beni di interesse culturale, paesistico ed ambientale; – un equilibrato sviluppo degli insediamenti, con particolare riguardo alle attività economiche presenti o da sviluppare nell’ambito del territorio comunale; – il soddisfacimento del fabbisogno abitativo e di quello relativo ai servizi ed alle attrezzature collettive di interesse comunale; – l’equilibrio tra la morfologia del territorio e dell’edificato. Ogni Comune impartisce con propria deliberazione le direttive da seguire nella predisposizione di un nuovo PRGC e delle Varianti al PRGC vigente al fine di perseguire gli obiettivi e le strategie prefissati per l’intero ambito territoriale di competenza (art. 31), nell’osservanza delle direttive impartite dal Piano Urbanistico Regionale Generale (PURG) o del Piano Territoriale Regionale Generale (PTRG). Ne consegue che i Piani Regolatori Comunali sono diversi per ogni Comune, in quanto esprimono le strategie di sviluppo prescelte dalla maggioranza di ogni singola comunità. Alla diversità di indirizzo, per la quasi generalità degli strumenti urbanistici, si accompagna anche una diversa applicazione dei parametri tecnici di riferimento con conseguente inevitabile difficoltà interpretativa delle norme e l’origine di contrasti purtroppo non sempre amichevolmente ricomposti nell’ambito della sede amministrativa locale. Particolarmente interessata dalla necessità di un’armonizzazione delle normative urbanistiche è l’agricoltura, da sempre regolata a livello nazionale da norme giuridiche particolari delle quali sovente viene ignorata l’esistenza nel momento della composizione del PRGC. Diventa quindi auspicabile che in un futuro sicuramente prossimo, le Amministrazioni Comunali riprendano in esame con la dovuta attenzione e la necessaria competenza anche l’assetto normativo delle zone agricole, sempre più chiamate a soddisfare le esigenze dell’imprenditore agricolo nella salvaguardia delle caratteristiche ambientali e paesaggistiche del territorio. B O O K S E I 23 Capitolo 1 In generale, i PRGC individuano le zone agricole come aree omogenee di tipo E. Dette aree a loro volta possono essere suddivise in sottozone (E.1- E.2 ecc.) a seconda delle caratteristiche di ubicazione e del livello di tutela ambientale che vi si vuole esercitare. L’edificazione nelle zone E, nel rispetto dei vincoli urbanistici definiti, è normalmente consentita all’Imprenditore Agricolo a Titolo Principale (IATP). In taluni PRGC viene data identica possibilità anche all’Imprenditore Agricolo (IA) ovvero ad altri Soggetti (persone fisiche e/o giuridiche) che esercitano attività agricola pur non essendo Imprenditori Agricoli. Normalmente vengono distinte l’edificazione per la residenza, per le strutture produttive e per gli allevamenti zootecnici. Questi ultimi possono essere classificati come allevamenti a carattere familiare, ovvero di tipo tradizionale ed ancora di tipo industriale. Le soglie di classificazione sono un esempio della sopra menzionata eterogeneità di valutazione. I parametri più ragionevolmente utilizzati prevedono, per gli allevamenti: a) la definizione del numero dei capi, perequati in Unità Bovino Adulto (U.B.A.) Vedi tab. 2; b) la percentuale di autoapprovvigionamento aziendale della razione alimentare ( > 25%); c) il carico di carne per ettaro di superficie condotta ( < t. 4); d) le caratteristiche soggettive della figura proponente (IATP). Non mancano censurabili divieti o limitazioni alle specie allevate, come pure è discutibile l’utilizzo della procedura di assoggettamento all’approvazione di un Piano Regolatore Particolareggiato Comunale (PRPC) relativamente a progetti di allevamento, spesso definiti impropriamente di tipo industriale per l’adozione di soglie di consistenza numerica eccessivamente basse. Sono elementi che manifestano tutta la diffidenza del cittadino nei confronti dell’attività di allevamento e delle sue conseguenti interazioni, normalmente sgradite, con l’ambiente. Per certo la qualità della progettazione prima e la professionalità nella conduzione poi, costituiscono elementi fondamentali per una corretta integrazione delle aziende zootecniche nell’attuale contesto sociale, ambientale e territoriale sempre più esigente di rispetto e attenzione. B O O K S E I 24 Capitolo 1 Tabella n. 2 PEREQUAZIONE DEI CAPI ALLEVATI IN U.B.A. Capi allevati Peso vivo (kg) U.B.A. (p.v.) Unità Bovino Adulto = bovino di età => 24 mesi; 600 1 Vacche e bufale da latte, 600 1 Vacche da riforma 600 1 Bestiame da rimonta 350 0.58 Vitelloni ingrasso 450 0.75 Bovini e bufalini femmine da 1 a 2 anni di età 400 0.70 Vitelli in svezzamento 125 0.21 Suino ingrasso 90 0.15 Scrofe 220 0.37 Verri 270 0.45 => 20 0.025 Suini da ingrasso e altri suini Suini da ingrasso e altri suini < 20 0 Ovini o caprini adulti 35/65 0.15 Polli da carne (per 100 capi) 150 0.25 Galline ovaiole (per 100 capi) 220 0.37 Tacchini da carne (per 100 capi) 700 1.17 Conigli da carne (per 100 capi) 220 0.37 Conigli (100 fattrici ciclo chiuso) 1200 2.00 Commento: La costruzione di nuovi ricoveri zootecnici è subordinata all’acquisizione dei provvedimenti permissivi previsti dalla legge urbanistica della regione Friuli Venezia Giulia, all’autorizzazione del Comune che la rilascia previo parere favorevole dell’A.S.S. competente per territorio: – Servizio Igiene e Sanità per quanto attiene le competenze in materia di igiene del suolo e dell’abitato; – Servizio Veterinario per quanto riguarda l’idoneità del ricovero ai fini della protezione e benessere degli animali e della profilassi delle malattie infettive/diffusive delle specie allevate; B O O K S E I 25 Capitolo 1 – del Servizio Protezione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro per l’applicazione della normativa di protezione e sicurezza per gli operatori. In base alle direttive regionali i nuovi impianti zootecnici devono essere situati ad una distanza dai centri abitati nella misura stabilita dai singoli regolamenti comunali in relazione alle specificità territoriali locali. Industria insalubre di prima classe L’art. 216 del T.U.L.S.S. R.D. n. 1265 del 1934 stabilisce che le industrie insalubri di prima classe debbano essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni. Tra le industrie insalubri di prima classe sono inseriti gli allevamenti di animali, le stalle di sosta per il bestiame e i maneggi per le potenziali cause di problemi igienico-sanitari. Pertanto l’attivazione di un impianto zootecnico deve avvenire previa comunicazione presentata 15 giorni prima al Sindaco del comune interessato. Tabella n. 3 CALCOLO DELLE U.B.A. IN CONSIDERAZIONE DEGLI EFFLUENTI PRODOTTI Capi allevati Produzione unitaria di deiezioni (kg) Calcolo U.B.A. Unità Bovino Adulto = bovino di età => 24 mesi; 19.800 1.0 Vacche e bufale da latte (capo/anno) 19.800 1.0 Vacche da riforma (capo/anno) 19.800 1.0 Bestiame da rimonta (capo/anno) 10.220 0.52 Vitelloni ingrasso (capo/anno) 13.800 0.70 Bovini e bufalini femmine da 1 a 2 anni di età (capo/anno) 1.2270 0.63 Posto vitelli in svezzamento 4.600 0.23 Posto scrofa 9.190 0.46 Posto verri 5.800 0.29 Suinetto in svezzamento > 7< 20 kg (100 capi) 7.500 0.38 B O O K S E I 26 Capitolo 1 Capi allevati Produzione unitaria di deiezioni (kg) Calcolo U.B.A. 20.000 1.01 Suino magronaggio >50<90 kg 350 0.017 Suino ingrasso >90 fino a 160 kg 620 0.03 Suino ingrasso 20 – 160 kg 1.170 0.59 Ovini o caprini adulti 1.815 0.092 Polli da carne (per 100 capi e 5 cicli/anno) 1.250 0.063 Suino lattonzolo > 20 <50 kg (100 capi) Galline ovaiole (per 100 capi/anno) 6.205 0.313 Tacchini da carne (per 100 capi e 2.5 cicli/anno) 3.750 0.189 Conigli da carne (per 100 capi e 5.8 cicli/anno (da kg 1 a 2.6 kg) 2.200 0.111 Conigli (unità tipo:100 fattrici -15 maschi e 800 ingrasso/rimonta) 90.200 4.55 Commento: La tabella 3 sopra riportata, evidenzia come il calcolo delle UBA porti a risultati differenti qualora il termine di raffronto sia impostato sulla produzione di effluenti anziché sul peso vivo dei soggetti allevati. In questo caso è la loro stessa fisiologia a determinarne la capacità d’impatto ambientale, rapportata, per semplicità comparativa, all’Unità Bovina Adulta tradizionale. B O O K S E I 27 B O O K S E I 28 AA AA Normative di sicurezza e di tutela degli operatori Normative ambientali Legenda: AAA AAA AAA AAA AAA AA AAA AA AA Locale preparazione mangimi solidi AA AA: importante AAA AAA AA AAA AAA AA Annessi diretti Sala Sala di dell’allevamento: mungitura latte vasche liquami e platee per letami, impianti di estrazione dell’aria, di abbattimento polveri ed odori (relazione esterna) AAA: max importanza Normativa igienicosanitaria relativa AAA alle produzioni animali AAA Locale di allevamento, zona: di alimentazione, riposo, di esercizio funzionale, infermeria, isolamento, di servizio agli animali (relazione interna) Condizioni di produzione e normative sulla protezione animale Locali di allevamento e di complemento aziendale AAA AA AAA AA Locali di stoccaggio scorte: mangimi, fienile, silos ecc. AAA AA AAA AA AAA AAA AAA AA Depositi carburanti, materiale per fecondazioni, prodotti medicinali, detersivi, officina A A AAA A Deposito attrezzi, macchinari A: poco inportante Locale selezionatura uova Locale deposito uova Tabella n. 4 IMPORTANZA DELLE NORMATIVE IN RAPPORTO AI SINGOLI LOCALI AZIENDALI AAA AAA AA AA Celle e contenitori mortalità A A AAA A Uffici e locali annessi di servizio Capitolo 1 Capitolo 1 Commento: Nella tabella della pagina precedente, si è cercato di attribuire livelli di importanza diversi per l’applicazione delle normative, in base ai singoli locali ed aree che compongono l’allevamento. Questa operazione è stata concepita per: – favorire le scelte e gli obiettivi produttivi dell’allevamento; – rispettare le condizioni di protezione e benessere degli animali; – rispettare le condizioni di salute degli operatori; – tutelare l’ambiente. I valori che incidono nel rapporto di tutela uomo/animale variano così ad esempio, sulla base del tempo di permanenza dei soggetti nei singoli locali e delle condizioni minime di aria e luce che abbisognano (locali di allevamento e/o di presenza costante degli animali); oppure in assenza di animali, dell’importanza per la tutela degli operatori e dell’ambiente (locali di servizio all’allevamento con presenza di impianti ed attrezzature varie). Con questo non si vuole disattendere o modificare i dettami imposti dalle leggi, ma contribuire ad una ponderazione, valutazione ed applicazione delle norme nei vari ambiti aziendali per una corretta generale gestione dell’insieme. B O O K S E I 29 B O O K S E I 30 Capitolo 2 CAPITOLOn. 2 6 Bookse Vademecum Norme generali sui di Mangimi protezione animale Tratte dal D.Lgs. 26 Marzo 2001 n. 146. Non si applicano agli animali: – che vivono in ambiente selvatico; – destinati a partecipare a gare, esposizioni, manifestazioni, ad attività culturali o sportive; – da sperimentazione o da laboratorio; – invertebrati. Obblighi dei proprietari, dei custodi e/o detentori degli animali: • Adottare misure adeguate per garantire il benessere dei propri animali e affinché non vengano loro provocati dolore, sofferenze o lesioni inutili. DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE I ricoveri e gli spazi destinati agli animali devono essere: 1) illuminati possibilmente con luce naturale e dotati di impianto di illuminazione artificiale sufficiente ad individuarli; B O O K S E I 31 Capitolo 2 2) aerati naturalmente e/o forniti di dispositivi di ventilazione artificiale sistemati e tarati in modo da non provocare correnti d’aria e concentrazioni di gas entro limiti non dannosi agli animali. Se la salute ed il benessere degli animali dipendono da un impianto di ventilazione artificiale, deve essere previsto un adeguato impianto di riserva. Gli impianti di ventilazione artificiale devono essere dotati di un sistema d’allarme che segnali il guasto; il sistema d’allarme deve essere sottoposto a controlli regolari; 3) forniti di acqua potabile o liquidi di qualità e quantità adeguata; 4) dotati di impianti/punti di abbeveraggio/alimentazione rapportati al carico animale in modo da garantire a tutti un adeguato accesso in base alle necessità fisiologiche; 5) facilmente pulibili, lavabili e disinfettabili; pareti lisce o tirate a fino, pavimenti ben raccordati; 6) dotati di spazi calpestabili e di contenzione con caratteristiche tali da evitare posture innaturali, scivolamenti, storpiature, lesioni, sofferenze o stress nell’animale; 7) dotati di lettiera naturale pulita e asciutta e/o di materiali che garantiscano un benessere equivalente; 8) dotati di idonei sistemi di cattura/autocattura per gli interventi di cura e profilassi; 9) predisposti e dotati di idonei impianti per il carico/scarico degli animali; 10) disposti in modo che gli animali possano vedersi tra loro; 11) dotati di impianti e attrezzature per la somministrazione del cibo e dell’acqua concepiti, costruiti ed installati in modo da: – ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti o dell’acqua; – ridurre al minimo le conseguenze negative derivanti da rivalità tra gli animali; – evitare loro inutili sofferenze o lesioni; B O O K S E I 32 Capitolo 2 12)dotati di materiali per le mangiatoie, nei luoghi di riposo, nei depositi del latte e degli alimenti (materassini, separatori, contenitori per acqua e mangimi, vernici ecc.) conformi ai requisiti CE. È opportuno allegare le relative schede tecniche. Gli animali devono essere controllati dal detentore almeno due volte al giorno se ricoverati, o una volta al giorno se allevati all’esterno. ALTRE CONDIZIONI • i motori, le pompe per il vuoto, bruciatori ed impianti per il riscaldamento o condizionamento dell’aria devono essere posizionati esternamente ai locali di allevamento e comunque installati in modo da non costituire fonte di stress e/o inquinamento; • tutti gli impianti devono essere omologati e rispondenti alle norme vigenti di prevenzione e tutela della salute umana; • dovrà essere stipulata una convenzione con ditta autorizzata all’utilizzo o allo smaltimento dei sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano in ottemperanza al Regolamento CE n. 1774/2002; • dovrà essere predisposta idonea vasca e/o attrezzatura per la disinfezione degli automezzi, posta in prossimità dell’entrata aziendale; • si dovranno predisporre idonei silos e/o locali per lo stoccaggio e la preparazione dei mangimi; • è opportuno prevedere un idoneo locale per il veterinario; • il corpo aziendale dovrà essere recintato con adeguata struttura ed altezza, in rapporto alla specie allevata, comprendente il/i ricovero/i. DISPOSIZIONI DI CARATTERE SANITARIO Ai fini di una corretta profilassi sanitaria, gli ovini ed i caprini possono essere tenuti, nello stesso ricovero, insieme ai bovini e bufalini, solo se aventi lo stesso livello sanitario. È vietato allevare gli animali da cortile, i colombiformi ed altre specie di uccelli nei ricoveri di bovini, ovini e caprini. Commento: In questo paragrafo sono riportate solo le condizioni di tipo generale che interessano la totalità degli allevamenti, gli aspetti specifici legati a specie e categoria di animale sono riportati nelle singole schede. B O O K S E I 33 Capitolo 3 CAPITOLOn. 3 6 Bookse Vademecum Fabbricati rurali sui di Mangimi complemento Per fabbricati rurali di complemento, si intendono tutte le costruzioni destinate all’esercizio dell’attività produttiva agricola: fienili, locali di deposito, locali per la conservazione e trasformazione dei prodotti agricoli, nonché forni essiccatoi ed altri annessi rurali; detti fabbricati non devono avere comunicazione diretta con i fabbricati destinati ad uso abitativo. • Fatte salve le norme urbanistiche comunali, i nuovi fabbricati rurali di complemento devono essere realizzati in modo da essere adeguatamente separati dai fabbricati destinati ad uso abitativo. • Possono costituire eccezione alla regola sopra menzionata i fabbricati rurali adibiti alla vendita diretta di prodotti agricoli, che possono essere realizzati in adiacenza alle costruzioni adibite ad uso abitativo. • I locali di deposito delle derrate alimentari per uso zootecnico devono essere idonei a riparare le derrate stesse dalla pioggia ed a preservare la stabilità delle loro caratteristiche merceologiche e sanitarie. B O O K S E I 35 Capitolo 3 • È vietato conservare nei luoghi di deposito e di conservazione delle derrate alimentari per uso zootecnico anticrittogamici, insetticidi, erbicidi ed altri prodotti fitosanitari. • I fienili sopraelevati devono essere dotati di parapetto di protezione contro le cadute dall’alto ed essere accessibili in sicurezza. • I depositi di legname da ardere, paglia, fieno, fascine, nonché di ogni altro materiale infiammabile o esplodente sono soggetti alle norme vigenti per la prevenzione degli incendi. • Il box per cani, da intendersi come struttura comprensiva anche dell’area di pertinenza recintata, qualora esistente, deve essere ubicato ad una distanza non inferiore ai 10 metri lineari dall’abitazione di terzi più vicina. B O O K S E I 36 Capitolo 4 CAPITOLO 4 Bookse n. 6 Norme ambientali Vademecum e di gestione sui agronomica Mangimidegli effluenti GLI EFFLUENTI LIQUIDI E PALABILI DELL’ALLEVAMENTO D.Lgs. 152/99 • Effluenti liquidi Definizione di liquami zootecnici Si definisce liquame zootecnico l’effluente di allevamento, non palabile, derivante dalla miscela di feci, urine, residui alimentari, perdite di abbeverata, acque di veicolazione delle deiezioni. Sono assimilati al liquame, se provenienti dall’attività di allevamento: a) i liquidi di sgrondo percolati da materiali palabili in fase di stoccaggio; b) i liquidi di sgrondo percolati da accumuli di letame; c) le frazioni non palabili di effluenti zootecnici, da destinare all’utilizzazione agronomica, derivanti dal trattamento di effluenti zootecnici; d) i liquidi di sgrondo percolati dai foraggi insilati. B O O K S E I 37 Capitolo 4 • Effluenti palabili Definizione di effluenti di allevamento palabili Si definiscono effluenti di allevamento palabili le deiezioni del bestiame, o una miscela di lettiera e di deiezioni di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, in grado, se disposte in cumulo su platea, di mantenere nel tempo la forma geometrica loro conferita. LA NORMATIVA VIGENTE Il D.Lgs. 152/99, come coordinato dal successivo D.L.vo 258/00, definisce “effluenti di allevamento” tutte le deiezioni animali, solide o liquide che esse siano. Tali deiezioni sono destinate all’utilizzo agronomico, anch’esso definito dal sopraccitato D.Lgs. 152/99 all’art. 2, comma 1, lettere n) ed n-bis) quale “…gestione di effluenti di allevamento dalla loro produzione all’applicazione sul terreno mediante spandimento superficiale, iniezione nel terreno, interramento, mescolatura con gli strati superficiali, finalizzata all’utilizzo delle sostanze nutritive ed ammendanti nei medesimi contenute ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo”. L’utilizzo agronomico non è indiscriminato: esso deve essere effettuato su terreni in connessione funzionale con l’allevamento entro un limite massimo di apporto pari a kg. 340 di Azoto per ettaro (art. 28, comma 7, lettera b). Ai sensi dei sopraccitati D.Lgs. vi la distribuzione sul terreno per l’utilizzo agronomico è soggetta a comunicazione al Sindaco (art. 38, comma 1). L’attuazione di detti Decreti è comunque legata alla normativa di recepimento regionale degli stessi mediante Regolamento locale che alla data della stesura del presente documento non è ancora stato emanato. Pertanto, nelle more del recepimento regionale, conserva efficacia la L. 319/76 (legge Merli) che regolamenta esclusivamente lo smaltimento dei liquami e ne richiede, per l’effettuazione, l’autorizzazione sindacale. Tale legge non fa riferimento al quantitativo di Azoto prodotto dall’azienda zootecnica, bensì definisce il carico massimo di carne per ettaro, precisato in t. 4, che può essere sostenuto dal fondo connesso con l’allevamento B O O K S E I 38 Capitolo 4 ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione allo smaltimento stesso. Risulta quindi importante la definizione delle caratteristiche fisiche dell’effluente, in quanto ad esse è ancora legata la tipologia dell’iter autorizzativo. (vedi schema pag. 21) Gli effluenti: risorsa o rifiuto Il D.Lgs. 22/1997 (normativa-quadro in materia di rifiuti), all’art. 7, comma 3, lettera a) prevede quali “rifiuti speciali” quelli derivanti da attività agricole ed agro-industriali, ricomprendendo in tale accezione gli effluenti di allevamento. Lo stesso D.Lgs. al successivo art. 8, comma 1, lettera c) esclude dal proprio campo di applicazione “le materie fecali e le altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nell’attività agricola”, a condizione che l’utilizzo di tali materie e sostanze sia disciplinato da specifiche disposizioni di legge. In tal senso il D.Lgs. 152/99 che contempla, come già descritto, l’utilizzo agronomico degli effluenti di allevamento, dalla loro produzione all’applicazione sul terreno, prevede anche, all’art. 38, comma 2), tramite adozione di apposito decreto interministeriale e successivi recepimenti regionali, la definizione delle norme tecniche, in specifica ed autonoma disciplina, alle quali sottoporre tale pratica di utilizzo agronomico. Precisa altresì (art. 62, commi 7 e 10) che fino all’entrata in vigore di tali norme di attuazione l’utilizzo agronomico possa essere effettuato nel rispetto delle specifiche disposizioni regionali (qualora esistenti) e delle prescrizioni tecniche della Delibera CIA 4 febbraio 1977 (criteri, metodologie e norme tecniche generali di applicazione della L. 319/76). Ne consegue che tutte le fasi della gestione degli effluenti di allevamento, dalla produzione all’applicazione sul terreno, ivi compresi deposito e trasporto, si devono considerare escluse dal campo di applicazione del D.Lgs. 22/97 purchè sia dimostrabile l’effettivo utilizzo agronomico degli effluenti secondo le modalità previste dalle relative norme vigenti. Si ritiene opportuno evidenziare che la dimostrazione dell’effettivo utilizzo agronomico passa anche attraverso la documentata disponibilità di titolo adeguato ad effettuare le operazioni di spargimento sui fondi interessati. Oltre alla proprietà sono considerati a tutti gli effetti validi l’affitto ed il comodato. Come pure le convenzioni, all’uopo stipulate con proprietari/conduttori di fondi terzi che sottoscrivono la disponibilità alla concimazione di precisati fondi con effluenti di allevamento e ne subordinano la coltivazione da attuare. B O O K S E I 39 Capitolo 4 LA VALUTAZIONE AGRONOMICA DEGLI EFFLUENTI GLI EFFLUENTI LIQUIDI Illustrato, ai sensi del D.Lgs. 152/99 all’art.2, comma 1, lettera u), come la concimazione organica con gli effluenti di allevamento rappresenti anche sotto l’aspetto normativo un mezzo consentito, oltre che economico e razionale, per apportare al terreno gli elementi di fertilità, risulta importante l’oculata gestione della risorsa “effluenti” in modo da trarne il maggior beneficio possibile e contenerne gli aspetti indesiderati. Allo scopo si rende dunque fondamentale: a) La cura della corretta concentrazione delle deiezioni: ogni diluizione (sprechi di abbeverata, sistemi di pulizia obsoleti con utilizzo di volumi abnormi di acqua, apporti di acqua piovana) oltre che interferire negativamente sulla maturazione del prodotto, influisce sui costi dello stoccaggio (sovradimensionamento dei bacini) e dello smaltimento agronomico. b) Il realizzo di manufatti di stoccaggio adeguatamente dimensionati per consentirne un congruo periodo di conservazione: la distribuzione degli effluenti deve sempre essere funzionale alle coltivazioni del fondo. Pertanto un dimensionamento dello stoccaggio di almeno 180 giorni consente di stare al passo con i tempi di coltivo dei seminativi apportando al terreno i nutrienti richiesti dalla coltura nei tempi e nei modi più opportuni evitando di utilizzare il fondo stesso solo ai fini dello smaltimento. c) La pratica di operazioni di omogeneizzazione ed ossigenazione della massa: • l’omogeneizzazione consente di ottenere una massa di effluente con caratteristiche chimico-fisiche pressocchè costanti. Ne sarà avvantaggiata la gestione della massa stessa a livello di stoccaggio (si evita il progressivo addensamento della massa ed il conseguente discapito nelle operazioni di movimentazione e carico) e la maggior precisione della concimazione intesa come apporto di unità fertilizzanti; • l’ossigenazione (= aerazione delle deiezioni e contemporanea miscelazione) consente di accelerare la maturazione della massa dell’effluente, stabilizzando considerevolmente la sostanza organica B O O K S E I 40 Capitolo 4 ed impedendo lo sviluppo di fermentazioni anaerobiche di tipo putrefattivo, responsabili in buona misura degli odori molesti al momento della distribuzione. Una maggior efficacia di trattamento ed una minore spesa energetica possono essere ottenute mediante la tecnica di separazione liquido-solido con allontanamento del carico più difficilmente biodegradabile. d) La predisposizione di un razionale piano di concimazione: ogni coltivazione ha i propri fabbisogni che vanno soddisfatti sapendo che l’eccesso di apporto, analogamente al difetto di apporto, risulta controproducente per la produzione sia a livello della quantità prodotta quanto della qualità stessa del prodotto. Va doverosamente evidenziata anche la possibilità alternativa di sottoporre gli effluenti liquidi al trattamento anaerobico, a suo tempo particolarmente enfatizzato per la produzione di biogas il quale, trasformato a sua volta in energia elettrica, avrebbe potuto soddisfare i fabbisogni energetici dell’azienda stessa e costituire fonte di reddito qualora ceduto all’ENEL. In realtà, in aziende caratterizzate da bassi consumi enegetici, i tempi di ritorno degli investimenti hanno dimostrato la scarsa convenienza del citato investimento finalizzato alla produzione di energia elettrica. Persiste comunque l’opportunità di ricoprire i bacini di stoccaggio sia per contenere gli odori molesti quanto per ridurre le emissioni di ammoniaca. In ogni caso il sistema anaerobico, pur consentendo l’ottenimento di liquami sufficientemente stabilizzati, non garantisce un livello di deodorizzazione pari a quello riscontrabile con il trattamento aerobico. Il Codice di Buona Pratica Agricola, approvato con Decreto Ministeriale del 19 aprile 1999, costituisce in merito il riferimento normativo specifico ed essenziale per il corretto utilizzo degli effluenti liquidi di allevamento. GLI EFFLUENTI SOLIDI Per questa categoria di effluenti all’aspetto fertilizzante vanno aggiunte, il letame bovino su tutti, indiscusse interazioni positive sul suolo sia sotto il profilo delle sue caratteristiche fisico-meccaniche (potere ammendante), quanto sulla possibilità di correggerne eventuali anomalie di reazione e di favorirne l’attività microbica (potere correttivo). Va comunque precisato che è notevole la differenza di comportamento sul B O O K S E I 41 Capitolo 4 suolo da parte dei vari effluenti solidi palabili. Infatti, mentre il letame bovino e le lettiere con supporto cellulosolitico subiscono una degradazione batterica sufficientemente veloce, le lettiere con supporto di materiali ricchi di lignina (trucioli e segatura) sono di degradabilità più lenta e stimolano la formazione di composti organici meno importanti per la fertilità del suolo (acidi fulvici anziché humici). Per entrambe le tipologie di effluente si deve considerare, agli effetti della concimazione azotata, un periodo di cessione piuttosto lungo dell’azoto (almeno 2-3 anni). Per contro la pollina (deiezioni avicole di animali allevati in gabbia, senza supporto di lettiera) mette a disposizione la quasi totalità dell’azoto già dal primo anno di somministrazione, con efficacia paragonabile ai concimi di sintesi; il suo effetto residuo risulta essere blando e quello strutturale praticamente insignificante. Per i materiali palabili è necessario provvedere lo stoccaggio in apposite concimaie, realizzate su platee impermeabilizzate, dotate di cordolo perimetrale e provviste di adeguati pozzettoni di raccolta del percolato. La formazione di cumuli di altezza non superiore a 2 metri, eventualmente oggetto di rimescolamento, garantiscono buone condizioni di maturazione e lo sviluppo di temperature sufficientemente elevate per il controllo dei germi patogeni. Come previsto dal Codice di Buona Pratica Agricola, il periodo di stoccaggio delle lettiere (di paglia, stocchi, segatura e trucioli) e dei materiali solidi palabili può essere più contenuto (si consiglia comunque un periodo di 90-120 giorni). Per loro caratteristiche fisiche detti effluenti sono caratterizzati da maggior compatibilità ambientale e si prestano ad una gestione meno vincolante rispetto agli effluenti liquidi. Possono essere distribuiti sui prati anche nel periodo invernale, come pure non esistono controindicazioni per lo stoccaggio temporaneo, in attesa dello spargimento, sul terreno nudo (con necessaria apposizione di telo o manufatto impermeabilizzante in caso di terreni ad elevata permeabilità). In caso di stoccaggio temporaneo si deve prevedere l’isolamento dalla rete idrico-scolante mediante solco o dosso di contenimento perimetrale del cumulo e la copertura dello stesso al fine di evitare fenomeni di ruscellamento per effetto delle precipitazioni atmosferiche. B O O K S E I 42 Capitolo 4 LA QUANTIFICAZIONE DELLE PRODUZIONI DI EFFLUENTE Nella sottostante tabella sono indicati, in via orientativa stante la possibilità di adozione di disparate soluzioni di allevamento, i volumi di effluente prodotti unitariamente dalle principali categorie di animali d’allevamento. I valori indicati si riferiscono ad ambienti e gestioni di allevamento rispettivamente progettati e programmati secondo il criterio delle migliori tecniche disponibili (MTD), così come previsto dal D.Lgs. 372/99 recante “Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzioni integrate dell’inquinamento”. Tabella 5 Categoria di animali gestione della stabulazione liquame letame mc/mese mc/mese con lettiera senza lettiera con lettiera senza lettiera asporto ogni 3 mesi asporto ogni 1-2 mesi scarico continuo 0,45 1,50 0,60 1,50 0,55 0,55 0,40 – 1,40 1,70 0,80 0,20 0,30 – 1,00 0,90 su lettiera su grigliato 0,04 0,40 0,30 – Suini scrofe in ciclo (ciclo aperto 25 kg.) su grigliato scrofe in ciclo (ciclo chiuso 155 kg.) su grigliato ingrasso (kg. 25-155) su grigliato 0,76 2,33 0,20 – – – Categoria animali mc/anno mc/anno Vacche da latte (p.m. kg.600) stabulazione fissa stabulazione libera a cuccette stabulazione libera a lettiera Bovini da rimonta e vitelloni (p.m. kg. 400) stabulazione libera in box su grigliato su lettiera totale su lettiera solo in zona riposo Vitelli (p.m. kg. 150) svezzamento 1,60 – 0,90 Avicoli da carne lettiera per 100 posti pollo lettiera per 100 posti tacchino (5 cicli/anno) (2,3 cicli/anno) – – 3,20 2,40 Galline ovaiole pollina per 100 posti ovaiola (1 ciclo/anno) 8,50 – Conigli per foro-fattrice (1 foro-fattrice = 1,2 fattrici) 1,62 B O O K S E I 43 Capitolo 4 Tabella 6 CARATTERISTICHE CHIMICHE DI LIQUAMI PRODOTTI DA DIVERSE SPECIE ANIMALI Specie animali Sostanza Secca (% t.q.) Solidi Volatili (% SS) Bovini da latte 10-16 75-85 3,9-6,3 1,0-1,6 3,2-5,2 40-70 © 150-750 © Bovini da carne 7-10 75-85 3,2-4,5 1,0-1,5 2,4-3,9 40-70 © 150-750 © 0,6-2,9 (d) 60-75 1,3-3,1 0,1-1,8 0,4-1,7 30-60 600-1100 Suini 1,5-6,0 65-80 1,5-5,0 0,5-2,0 1,0-3,1 250-800 600-1000(e) Ovaiole 19-25 70-75 10-15 4,0-5,0 3,0-7,5 40-130 Vitelli carne bianca Azoto (a) Fosforo (b) Potassio (b) Rame (kg.t (kg.t(kg.t(mg. kg-1 1 t.q.) 1 t.q.) 1 t.q.) SS) Zinco (mg.kg-1 SS) 390-490 “Manuale reflui zootecnici” (a) si intende l’azoto (N) totale Kjeldahal che comprende N organico più N ammoniacale. (b) Rispettivamente come fosforo (P) totale e potassio (K) totale. Per trasformare il valore indicato di P in anidride fosforica (P2O5) occorre moltiplicare per il fattore 2,29. Per trasformare il valore indicato di K in ossido di potassio (K2O) occorre moltiplicare per il fattore 1,21. (c) Fonti: C.R.P.A.; Mees Veerdinne, K. et al. 1980 - Effluents from Livestock, Applied Sc. Publ., London, p. 400; Van den Meer, H.G. et al., 1987 - Animal manure on grassland and fodder crops. Fertilizer or wastes?, Martinus Nijhoff Publ., Dordrecht, p. 140; AAVV, 1984 - L’elevage porcine et l’environment, ITP-GIDA, Paris, p. 70. (d) Fonti: C.R.P.A.; Veneri, A., 1990 - Informatore Zootecnico, 37 (13) p. 27-32. (e) Per le fasi di svezzamento e magronaggio sono stati determinati valori più elevati, sino a 2400 mg.kg - 1 SS. B O O K S E I 44 Capitolo 4 Tabella 7 QUANTITÀ DI AZOTO, FOSFORO, POTASSIO, RAME, ZINCO NEI REFLUI PRODOTTI IN UN ANNO DALLE VARIE SPECIE ANIMALI (elaborazioni da AA.VV.) Specie animali Azoto (kg.t -1pv) Fosforo (kg.t -1pv) Potassio (kg.t -1pv) Rame (kg.t -1pv) Zinco (kg.t -1pv) Bovini da latte 120-165 33-42 93-138 0,1-0,3 0,6-3,0 Vitelloni 88-150 36-49 81-96 0,1-0,2 0,4-1,9 Vitelli carne bianca 186-256 60-85 54-124 0,1-0,2 1,4-2,7 Suini 142-175 46-60 89-114 0,5-1,6 1,2-2,0 Ovaiole in gabbia 263-380 99-134 99-198 0,2-0,8 2,2-2,8 Boiler 209-328 76-181 38-114 0,1-0,5 0,6-1,2 “Manuale reflui zootecnici” Tabella 8 CARATTERISTICHE DEI LETAMI E DI ALTRI MATERIALI PALABILI PRODOTTI DA DIVERSE SPECIE ZOOTECNICHE Tipo materiale Sostanza secca Solidi volatili Azoto Fosforo Potassio (% t.q.) (% SS) (kg.t -1 t.q.) (kg.t -1 t.q.) (kg.t -1 t.q.) Letame bovino 20-30 75-85 3-7 (a) 0,4-1,7 (a) 3,3-8,3 (a) Letame suino (b) 25 70 4,7 1,8 4,5 Letame suino (lettiera profonda) 42 78 8,2 9,5 12 60-80 75-85 30-47 13-25 14-17 Lettiera esausta polli da carne Lettiera esausta faraone da carne 80 75 35 13 15 Letame ovino 22-40 70-75 6-11 0,7-1,3 12-18 Compost da lettiera bovine © 35-60 40-50 9-13 3-5 14-23 Compost da frazione solida suina 40-80 40-70 14-23 22-25 4-7 Compost da pollina (con paglia) (d) 50-70 55-60 10-20 10-16 – Pollina preessiccata 50-85 60-75 23-43 9-15 14-25 Toderi, G., 1991 - Guida all’uso razionale dei prodotti chimici. Schede di orientamento. Barbabietola da zucchero, Ager, Roma. AA.VV., 1984 - L’elevage porcine et l’environment, ITP-GIDA, Paris, p. 70. Ottenuto da letame proveniente dall’area di riposo di stalle con stabulazione libera a lettiera permanente e dalla miscela di questo con liquami in rapporto di 2,3:1 e 1,5:1 in peso. Ottenuto da una miscela di paglia e pollina in rapporto 1:10 in peso. B O O K S E I 45 Capitolo 4 ASPETTI PROGETTUALI E COSTRUTTIVI DEGLI STOCCAGGI • Stoccaggio di effluenti liquidi Collocazione Nel rispetto delle norme urbanistiche ed edilizie, i contenitori per lo stoccaggio e la maturazione dei liquami zootecnici devono essere collocati in siti, posti possibilmente sottovento, che distino almeno 25 metri dalle abitazioni di terzi ed almeno 50 metri da pozzi o cisterne per l’acqua potabile. Dimensioni È bene evitare la costruzione di stoccaggi eccessivamente grandi in quanto influenzano negativamente la gestione dell’effluente. La dimensione ottimale si colloca tra i 1.000 e 2.000 mc. con avvertenza di non superare lo stoccaggio di 3.000 mc. per bacino. Esigenze superiori possono essere risolte realizzando più bacini, tra loro connessi ma separati. Tenuta Il bacino di stoccaggio deve essere assolutamente impermeabilizzato sia per impedire la fuoriuscita di prodotto quanto per impedirne l’infiltrazione di acqua da falda. Il primo aspetto è responsabile di inquinamento ambientale, il secondo, determinando diluizione della massa di effluente ne condiziona la maturazione e costringe inoltre a maggiori costi di svuotamento delle vasche. Per tale aspetto, su terreni ad elevato livello di falda, sono preferibili le vasche fuori terra in quanto sufficientemente sopraelevate rispetto al livello di falda stesso. Forma La forma da privilegiare è quella circolare per i bacini di dimensioni contenute, mentre è preferibile la scelta della forma ellittica per quelli di consistenza elevata ( > 1.500 mc). Altezza La possibilità di realizzare stoccaggi con pareti di altezza di almeno 3,50 metri, consente di limitare la superficie del manufatto, con beneficio in fatto di riduzione della superficie d’impluvio. Per quest’ultima motivazione sono da preferire le soluzioni con pareti verticali piuttosto che quelle a pareti oblique. Predisposizione alla pulizia Le vasche, soprattutto se di dimensioni notevoli, vanno progettate tenendo B O O K S E I 46 Capitolo 4 conto della possibilità di accesso all’interno del bacino per l’esecuzione di manutenzioni straordinarie, per l’effettuazione di disinfezioni globali del centro di allevamento, per la modifica e l’aggiornamento degli impianti presenti. Materiali di costruzione È possibile ricorrere al tradizionale getto in calcestruzzo come pure all’utilizzo di soluzioni con pannelli prefabbricati. Questi ultimi sono oggetto di buon interesse sia per la velocità di esecuzione delle opere quanto per la duttilità d’impiego (previo recupero) in caso di variazioni delle esigenze di stoccaggio. In forma circolare sono disponibili anche vasche con pareti laterali in lamiera di acciaio inox o vetrificato (soluzione poco adottata). • Stoccaggio di effluenti palabili Per lo stoccaggio delle deiezioni solide bisogna disporre di una platea adeguatamente impermeabilizzata, con basamento in c.a. e di un pozzettone a tenuta per la raccolta della frazione liquida. La forma della platea varia sia in relazione all’allevamento cui è asservita quanto alla tipologia di attrezzatura utilizzata. Pertanto se l’allevamento è la stalla delle vacche da latte con trasporto del letame effettuato con l’elevatore classico, la platea dovrà avere forma rettangolare e potrà essere interrata o mantenuta a livello terreno; per contro se si utilizzano trasportatori in condotta (pompa a pistone) la platea sarà di forma quadrata ed il manufatto dovrà essere interrato. Nel caso di stoccaggi di lettiere avicole, essa sarà aperta su almeno un lato, realizzata a filo terreno con spalle di contenimento di almeno 2 metri di altezza e pendenza della platea verso il fronte maggiore chiuso. Per quanto concerne il dimensionamento della platea e del pozzettone si tenga in evidenza che: – l’allevamento bovino da latte determina una produzione di letame annua pari a circa 20 volte il peso vivo presente in stalla (peso specifico: circa kg. 900/mc.); i liquami sono pari a 10 volte il peso vivo allevato. Nel calcolo dei liquami si deve inoltre considerare l’apporto delle acque meteoriche variabile nella pianura friulana in 1.2001.600/mm/anno. – l’allevamento avicolo produce annualmente una quantità di lettiera pari alla carne prodotta (con peso vivo medio unitario commercializzato di 3-3,2 kg. per il pollo e di 9,5 kg. per il tacchino). B O O K S E I 47 Capitolo 4 La lettiera non produce quantità apprezzabili di percolati. Per contro si devono considerare gli apporti meteorici che soprattutto in occasione di copiose precipitazioni superano la capacità di imbibimento del truciolo e vanno raccolti separatamente. Raramente comunque si arriva a raccogliere, separatamente, il 20-25 % della quantità di acqua derivata dalle precipitazioni. LE MODALITÀ PER L’UTILIZZO AGRONOMICO Il trasporto Il trasferimento degli effluenti liquidi dalle vasche di stoccaggio al fondo agricolo può essere effettuato in varie modalità evidentemente correlate alla dislocazione del centro di allevamento nel corpo dell’azienda agricola. Nelle condizioni ottimali si può quindi prevedere il trasferimento mediante conduttura fissa in tubatura di PVC a barre, ovvero, pratica più diffusa, con il trasporto a mezzo semovente o trainato, omologato allo scopo. Per quanto concerne i materiali palabili essi vanno trasportati con rimorchi a cassone più o meno attrezzati con fondo mobile e sistema di dispersione ad aspo (letame) o a trabatto (lettiere avicole). La distribuzione La distribuzione degli effluenti va regolata con un piano di concimazione opportunamente redatto considerando: – il contenuto in elementi nutritivi dell’effluente; – i fabbisogni della coltura da fertilizzare; – le caratteristiche della fertilità residua del terreno; – gli apporti atmosferici; – le perdite da dilavamento o percolazione. La distribuzione dei liquami potrà avvenire mediante utilizzo di impianti fissi ovvero di mezzi mobili frequentemente rappresentati da irrigatori semoventi con barra di distribuzione a bassa pressione (irrigazione sottochioma) o provvista di tubi striscianti per la distribuzione sul terreno, come pure da carri botte attrezzati con dispositivi per l’interramento dei liquami stessi. In ogni modo va evitata la distribuzione per aspersione o comunque in grado di indurre la dispersione di aerosol nell’ambiente con conseguenze di natura sanitaria oltre che di disturbo per l’emanazione di cattivi odori. B O O K S E I 48 Capitolo 4 I Regolamenti Comunali possono comunque prescrivere particolari avvertenze nella pratica della concimazione con effluenti di allevamento in considerazione della dislocazione urbanistica dei fondi agricoli interessati agli smaltimenti, delle caratteristiche pedologiche del territorio e della vulnerabilità dello stesso. Pertanto è sempre opportuno, preliminarmente alle effettuazioni di spargimento di liquami, consultare l’ufficio ambiente dell’amministrazione locale interessata e richiederne l’autorizzazione all’utilizzo. Il provvedimento permissivo che autorizza l’utilizzazione agronomica dei liquami, ovvero il diniego motivato dell’autorizzazione viene rilasciato dal Comune entro il termine di 60 giorni dall’istanza. Entro tale periodo l’Ente Locale può acquisire il parere dell’Azienda Sanitaria e del dipartimento territorialmente competente dell’A.R.P.A. (Azienda Regionale per la Protezione dell’Ambiente). B O O K S E I 49 Capitolo 4 EMISSIONI IN ATMOSFERA D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203 Adozioni criteri attuativi e fissazione valori limite di emissione Non esistono norme e limiti imposti per la presenza diffusa di polveri nell’ambiente, dovute alla movimentazione degli animali all’interno dei capannoni; le polveri emesse non sono pertanto soggette a captazione, aspirazione e convogliamento in camino. I comparti aziendali funzionali all’attività di allevamento autorizzabili ai fini del rispetto delle norme in materia di emissioni in atmosfera e relativa qualità dell’aria sono: – l’attività di molitura presente comunemente negli allevamenti ed inserita nell’allegato 2 punto 21 del D.P.R. 25/07/1991 quale attività a ridotto inquinamento atmosferico – molitura cereali con produzione non superiore a 1500kg/g.iter autorizzativo semplificato; – molitura cereali con produzione superiore a 1500 kg/g. iter autorizzativi normale; – gli impianti di essiccazione (cereali) presenti anch’essi in diversi impianti di allevamento ed inseriti nell’Allegato 2 del D.M. 12 luglio 1990; abbisognano di autorizzazione con iter normale. • DPR 25 Luglio 1991: Modifiche dell’atto di indirizzo e coordinamento in materia di emissioni poco significative e di attività a ridotto inquinamento atmosferico, emanato con D.P.C.M. in data 21 Luglio 1989; • D.M. 12 Luglio 1990: Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione. Indicazioni operative: Le domande per l’autorizzazione devono essere indirizzate alla Direzione Regionale dell’Ambiente la quale, ai fini del rilascio, chiederà a sua volta: B O O K S E I 50 Capitolo 4 – al Sindaco di competenza il parere igienico-sanitario (formulato dal Servizio Igiene Pubblica dell’A.S.S.); – all’A.R.P.A. il parere per la parte tecnologica-impiantistica-analitica ➢ Non esistono norme specifiche e limiti di tutela per la presenza di odori. B O O K S E I 51 Capitolo 4 VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (V.I.A.) La procedura della Valutazione d’Impatto Ambientale (V.I.A.) rappresenta uno strumento di controllo per assicurare che nella progettazione di determinate tipologie di opere siano tenuti in considerazione “...gli obiettivi di proteggere la salute e di migliorare la qualità della vita umana al fine di contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale della vita, di garantire l’uso plurimo delle risorse e lo sviluppo sostenibile”; (comma 1, lettera a) dell’art. 2 del DPR 12 aprile 1996). Ed ancora, “...per ciascun progetto siano valutati gli effetti diretti ed indiretti sull’uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo sulle acque di superficie e sotterranee, sull’aria, sul clima, sul paesaggio e sull ‘interazione tra detti fattori sui beni materiali e sul patrimonio culturale ed ambientale” (comma 1, lettera b) dell’art. 2 del DPR 12 aprile 1996). La normativa di riferimento nazionale, in ordine cronologico, è la seguente: L. 349/1986 Istituzione Ministero dell’Ambiente; D.P.C.M. 27 dicembre 1988 Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità di cui all’art. 6 della L.349/1986; L. 146/ 1994 (art. 40) Disposizioni in materia di VIA D.P.R. 12 aprile 1996 Atto di indirizzo e di coordinamento per l’attuazione dell’art. 40 della L. 146/ 1994; D.P.C.M. 3 settembre 1999 Modifiche ed integrazioni al D.P.R. 12 aprile 1996. In questo quadro normativo nazionale si collocano i provvedimenti legislativi regionali: L.R. 43/1990 D.P.G.R. 8 luglio 1996, 0245/Pres B O O K S E I 52 Ordinamento della Valutazione di impatto ambientale nella Regione Friuli Venezia Giulia; Regolamento di esecuzione delle norme della Regione F.V.G. in materia di valutazione di impatto ambientale; Capitolo 4 L.R. 13/1998 D.G.R. 31 marzo 2000, n. 789 D.G.R. 28 agosto 2001, n. 2780 L.R. 13/2003, art. 1 Disposizioni in materia di ambiente, territorio (art. 2, comma 2 e comma 3: istituzione servizio per la valutazione di impatto ambientale presso la Direzione Regionale dell’Ambiente); Indirizzi operativi in materia di valutazione di impatto ambientale; Indirizzi operativi in materia di valutazione di impatto ambientale e revoca della D.G.R. 789/2000; Modifica all’art. 9 della L.R. 43/1990. Spetta all’art. 18 della sopra menzionata L.R. 13/2002 porre definizione alle soglie oltre le quali anche in ambito zootecnico i progetti vanno assoggettati alla procedura di valutazione di impatto ambientale, rimandando all’allegato B) del D.P.R. 12 aprile 1996: – “Impianti per l’allevamento intensivo di pollame o di suini con più di: 40.000 posti pollame, 2000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg), 750 posti scrofe”. Vengono quindi superate le categorie e le soglie previste dall’Allegato al D.P.G.R. 8 luglio 1996, n. 045/Pres. – Regolamento di esecuzione della norme in materia di valutazione di impatto ambientale – ed il tutto viene opportunamente riferito alla normativa nazionale. Sotto il profilo procedurale, mentre vanno sottoposti a valutazione d’impatto ambientale tutti i progetti di cui all’Allegato A) del D.P.R. 12 aprile 1996, nonché quelli descritti nell’Allegato B) qualora ricadenti in aree naturali protette ai sensi della L. 394/1991, per quanto riguarda i progetti di cui all’Allegato B) non ricadenti in aree naturali protette, l’autorità competente (ai sensi della L.R. 13/1998 indicata nella Direzione Regionale dell’Ambiente - Servizio di VIA) verifica se le caratteristiche del progetto richiedono la procedura di valutazione d’impatto ambientale, ovvero, se il progetto dovrà solamente attenersi a precise prescrizioni operative, verificate dagli uffici regionali competenti per materia (ARPA, ASS, IPA ecc.). In ogni caso l’istanza di verifica si conclude con una delibera di compati- B O O K S E I 53 Capitolo 4 bilità ambientale ad opera della Giunta Regionale, pubblicata sul B.U.R. (Bollettino Ufficiale Regionale). Come desumibile dall’art. 6 del D.P.R.G. dell’8 luglio 1996, n. 0245/Pres., qualora il progetto debba effettivamente essere assoggettato alla procedura di valutazione ambientale, il proponente deve predisporre apposito studio, redatto con approccio interdisciplinare, avente fine di illustrare gli impatti temporanei e definitivi sull’ambiente naturale ed antropico derivanti dalle opere proposte ed illustrare, inoltre, in modo dettagliato gli eventuali interventi di mitigazione degli impatti al fine di consentire, da parte dell’autorità competente, un esame tecnico improntato a criteri oggettivi di scientificità ed un giudizio di compatibilità consapevole ed informato. Lo studio deve ancora indicare le corrispondenze tra l’opera e gli strumenti vigenti di programmazione e di pianificazione territoriale generale o di attuazione; come pure deve indicare i vincoli di qualunque natura che possono interessare l’opera o l’intervento. Contestualmente alla presentazione dello studio all’Amministrazione regionale, il soggetto proponente provvede a far pubblicare su un quotidiano locale diffuso sul territorio interessato e su un quotidiano nazionale, l’annuncio dell’avvenuta presentazione, con la specificazione dell’oggetto dell’opera, di una sommaria descrizione di quest’ultima, del proponente della stessa e della localizzazione dell’intervento. Una volta concluso l’iter previsto dalla VIA, il progetto viene infine presentato all’Autorità Amministrativa locale per il rilascio delle concessioni/autorizzazione edilizie del caso. B O O K S E I 54 Capitolo 4 VALORI DI SOGLIA MASSIMA INDICATI PER ALCUNI GAS PRESENTI NEGLI ALLEVAMENTI • AMMONIACA – Valore di soglia massima consigliato: 20 ppm (fonte CIGR Commission International du Genie Rural, 1994) – Valore massimo (per lavoratori, brevi esposizioni) 35 ppm (ACGIH, American Conference of Governmental Industrial Hygienists) – Esposizione prolungata (8 ore per i lavoratori, 24 ore per gli animali): 10 ppm (CRPA, Centro Ricerche Produzioni Animali, 1995) • ANIDRIDE CARBONICA – Valore di soglia massimo consigliato: 3000 ppm (fonte CIGR Commission International du Genie Rural, 1994) – Valore massimo (per i lavoratori, brevi esposizioni): 30000 ppm (ACGIH, American Conference of Governmental Industrial Hygienists) – Esposizione prolungata (8 ore per i lavoratori, 24 ore per gli animali) 2500 ppm (CRPA, Centro Ricerche Produzioni Animali, 1995) • ACIDO SOLFIDRICO – Valore di soglia massimo consigliato: 0,5 ppm solo per brevi periodi(fonte CIGR Commission International du Genie Rural, 1994) – Valore massimo (per i lavoratori, brevi esposizioni): 15 ppm (ACGIH, American Conference of Governmental Industrial Hygienists) – Esposizione prolungata (8 ore per i lavoratori, 24 ore per gli animali) 2,5 ppm (CRPA, Centro Ricerche Produzioni Animali, 1995). B O O K S E I 56 Capitolo 4 SMALTIMENTO DI CONTENITORI CONTENENTI MEDICINALI AD USO ZOOTECNICO Il D.Lgs 22/97 all’art. 7 classifica i rifiuti secondo la loro provenienza in rifiuti urbani e rifiuti speciali e secondo la caratteristica pericolosità in pericolosi e non pericolosi. Per quanto attiene l’origine sono da considerarsi rifiuti speciali quelli derivanti dalle attività agricole e sono considerati speciali pericolosi quelli inseriti nell’allegato D del medesimo Decreto e ora contraddistinti con un asterisco (*). • Il Decreto Ministeriale 26 giugno 2000 n. 219 ha precisamente individuato quali sono i rifiuti provenienti da attività veterinaria identificabili sia come speciali pericolosi o come speciali potenzialmente assimilabili a quelli urbani ai fini della gestione (consegna, raccolta, trattamento e smaltimento). • I contenitori vuoti di farmaci veterinari, nell’allegato I di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), aventi codice CER 180203 (rifiuti la cui raccolta e smaltimento non richiede precauzioni particolari in funzione della prevenzione di infezioni), sono classificati come rifiuti speciali assimilati agli urbani se conformi alle caratteristiche di cui all’art. 5 sempre del medesimo decreto ministeriale. • L’art. 5 promuove la riduzione dei rifiuti da avviare allo smaltimento promuovendo il recupero degli stessi anche tramite raccolte differenziate a condizione che i contenitori non siano visibilmente contaminati da materiale biologico (sangue, liquidi, ecc.). • La Direttiva Comunitaria 9 aprile 2002, attinente al nuovo elenco europeo dei rifiuti, ha classificato tali materiali nella categoria 1501 (imballaggi in plastica, legno, metallo, vetro, misti, composti, carta e cartone). Indicazioni operative: Dalla sintetica esamina della normativa sopra riportata, si ipotizza che i contenitori vuoti di medicinali ad uso veterinario, se accuratamente lavati/sterilizzati e non contenenti sangue o altri liquidi biologici tali da renderli pericolosi, possano essere smaltiti tramite la raccolta dei rifiuti urbani nel rispetto dei Regolamenti Comunali che disciplinano tale servizio. Rimangono in ogni caso applicabili eventuali altri obblighi previsti dal D.Lgs. 22/97. B O O K S E I 57 Capitolo 4 NORMATIVA AMBIENTALE DI INTERESSE ZOOTECNICO • T.U.LL.SS. R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) ➢ Art. 216 e 217 sulle industrie insalubri; ➢ Art. 233, 234, 235 e 236 sulle stalle e concimaie; • Legge 10 maggio 1976 n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento). • Delibera Comitato Interministeriale del 4 febbraio 1977 (Criteri, metodologie e norme tecniche generali di cui all’art. 2, lettera b), d) ed e), della L. 10 maggio 1976 n. 319, recante norme per la tutela delle acque dall’inquinamento) ➢ Art. 2.3 “smaltimento sul suolo…”. • D.M. 12 Luglio 1990 (Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione). • D.P.R. 25 Luglio 1991 (Modifiche dell’atto di indirizzo e coordinamento in materia di emissioni poco significative e di attività a ridotto inquinamento atmosferico, emanato con D.P.C.M. in data 21 Luglio 1989). • L. R. 19 novembre 1991 n. 52 (Norme generali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica). • D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio). • D. M. 5 febbraio 1998 (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22). • D. M. 19 aprile 1999 (Approvazione del codice di buona pratica agronomica). B O O K S E I 58 Capitolo 4 • D.Lgs. 11 maggio 1999 n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole; sostituisce la legge Merli) ➢ Art. 2 definizioni; ➢ Art. 28 criteri generali; ➢ Art. 37 impianti di acquacoltura; ➢ Art. utilizzazione agronomica. • Legge Regionale 3 luglio 2000 n. 13 ➢ Art. 6 (piani regolatori) modificata dalla L.R. 30/04/2003 n. 12 art. 15. • Proposta di Regolamento Comunale di Polizia Rurale redatto dalla Provincia di Pordenone. • Regolamenti locali. B O O K S E I 59 Capitolo 5 CAPITOLO 5 Bookse n. 6 Norme diVademecum prevenzione e sui degli sicurezza Mangimi operatori in ambito zootecnico Corposa è la normativa legata alla tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro, l’azienda agricola può rivelarsi un ambiente alquanto pericoloso per gli operatori e per questo soggetto, a particolare attenzione. Vengono riportati i criteri che più interessano l’azienda zootecnica. CRITERI DI VALUTAZIONE SPISAL DI CARATTERE GENERALE Posti di lavoro e passaggio Art. 11 c.1 del D.P.R. 547/55 modificato dall’art.33 c.13 del D.Lgs. 626/94 I posti di lavoro e passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l’investimento da parte di macchinari, attrezzi, materiali, imballi di foraggio ecc; in caso di impossibilità di adozione di mezzi tecnici, si devono approntare misure o cautele adeguate; Art. 11 c. 3 del D.P.R. 547/55 modificato dall’art. 33 c. 13 del D.Lgs. 626/94 I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all’aperto utilizzati o occupati dai lavoratori durante le loro attività devo- B O O K S E I 61 Capitolo 5 no essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli possa avvenire in modo sicuro. Art. 11 c.6 del D.P.R. 547/55 modificato dall’art.33 c.13 del D.Lgs 626/94 I luoghi di lavoro all’aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente. Vie di circolazione Art. 8 c.1 del D.P.R. 547/55 come sostituito dall’art. 33 c.3 del D.Lgs 626/94 Le vie di circolazione, comprese scale, banchine e rampe di carico, devono essere progettate in modo che i pedoni ed i veicoli possano utilizzarle in piena sicurezza e che i lavoratori operanti nelle vicinanze non corrano alcun rischio. Art. 8 c.2 D.P.R. 547/55 come sostituito dall’art. 33 c.3 del D.Lgs 626/94 Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione dovrà essere riferito al numero potenziale dei circolanti calcolati secondo i parametri caratteristici della produzione zootecnica, o nel caso in cui quanto sopra non sia previsto, in funzione degli utenti. art. 8 del D.P.R. 547/55 come sostituito dall’art. 33 c.3 del D.Lgs 626/94 Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere delimitato un passaggio sicuro per i pedoni. Servizi Art. 39 D.P.R. 303/56 Deve essere realizzato almeno un servizio igienico distinto per sesso, con finestra, comprensivo di antibagno. Art. 40 D.P.R. 303/56 Date le caratteristiche dell’attività lavorativa si chiede la costruzione di uno spogliatoio. Art.li 37 e D.P.R. 303/56 Deve essere realizzata una doccia ogni 5 addetti o frazioni inferiori, contigua allo spogliatoio (trattasi di lavoro insudiciante). Impianti Titolo VII del D.P.R. 547/55 e art. 7 della L. 05/03/1990 n. 46 Tutti gli impianti connessi e funzionali all’allevamento e quelli ausiliari, devono essere costruiti a regola d’arte. B O O K S E I 62 Capitolo 5 Materiali Art. 7 c. 1 lettera d del D.P.R. 303/56 I materiali di intonaco devono essere atossici, facilmente pulibili per ottenere adeguate condizioni di igiene. Pavimenti Art. 10 del D.P.R. 547/55 Le aperture esistenti nel suolo o nel pavimento dei luoghi o degli ambienti di lavoro o di passaggio, comprese le fosse ed i pozzi, devono essere provviste di solide coperture e di parapetti atti ad impedire la caduta di persone. Quando dette misure non siano attuabili, le aperture devono essere munite di apposite segnalazioni di pericolo; Per le finestre sono consentiti parapetti di altezza non inferiore di cm 90 quando non vi siano condizioni di pericolo. Scale Art. 16 del D.P.R. 547/55 - UNI 10804/99 I gradini delle scale fisse, devono avere pedata ed alzate dimensionate a regola d’arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito; dette scale ed i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale con arresto al piede o di altra difesa equivalente; le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano. Art. 16 del D.P.R. 547/55 - UNI 10804/99 I gradini devono di norma essere a pianta rettangolare con pedata non inferiore a 30 cm. e alzata non superiore a 17 cm.. Comunque dovranno essere di 64 cm, quale somma del doppio dell’alzata più la pedata. La larghezza della scala non deve essere inferiore a 80 cm. Le pedate dei gradini devono essere di tipo antisdrucciolo quando la scala sia asservita ad un’uscita di emergenza, deve avere pianerottoli con lato minimo non inferiore a 1.2 metri. UNI 10804/99 Le scale di accesso a locali tecnici od ad impianti possono avere caratteristiche diverse nel rispetto dell’art. 16 del D.P.R. 547/55; nel caso di scale a chiocciola, la parte con pedata inferiore a 10 cm deve essere resa inaccessibile e provvista di corrimano ad altezza compresa tra B O O K S E I 63 Capitolo 5 0.9 ed 1 metro. La pedata, a 40 cm. dal limite interno del gradino, non dovrà essere inferiore a 30 cm. Art. 26 D.P.R. 547/55 I parapetti devono essere costruiti con materiale rigido e resistente; devono avere un’altezza di almeno un metro devono essere costruiti e fissati in modo da poter resistere, nell’insieme ed in ogni loro parte, al massimo sforzo cui potrebbero essere assoggettati, tenuto conto sia delle condizioni ambientali, sia della loro specifica funzione. Porte - portoni vie di fuga ed uscite di emergenza Art. 14 c.1 del D.P.R. 547/55 come modificato dall’art. 33 del D.Lgs. 626/94 Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall’interno durante il lavoro; nel computo della superficie apribile si deve tener conto anche delle parti di edificio aperte. Art. 14 c.8 del D.P.R. 547/55 come modificato dall’art. 33 c.2 del D.Lgs. 626/94 e D.P.R. 08/06/1982 n. 524 Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia comunque sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza. Art. 14 del D.P.R. 547/55 come modificato dall’art. 33 c. 2 del D.Lgs. 626/94 Le porte scorrevoli verticalmente devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide e di cadere. D.M. 10/03/98 Le uscite di sicurezza devono garantire vie di fuga di lunghezza non > a 30 metri da qualsiasi punto del locale e comunque in funzione del rischio. Altezze dei locali Art. 6 del D.P.R. 303/56 come modificato dall’art. 33 del D.Lgs. 626/94 e dall’art. 16 c.4 del D.Lgs. 242/96 L’altezza dei locali di lavoro non deve essere inferiore a 3 metri. B O O K S E I 64 Capitolo 5 Illuminazione Art. 10 del D.P.R. 303/56 come modificato dall’art. 33 c.8 del D.Lgs. 626/94 e dall’art. 16 c.7 del D.Lgs. 242/96 Se non vi sono comprovate necessità di gestione dell’allevamento (per le quali dovrà essere richiesta deroga), gli ambienti, i posti di lavoro, ed i passaggi devono essere illuminati con luce naturale e artificiale in modo da assicurare sempre una sufficiente visibilità Art. 10 comma 1 e 2 D.P.R. 303/56 - Art. 28 e 29 D.P.R. 547/55 In ogni singolo ambiente di lavoro l’illuminazione naturale diretta deve corrispondere ad almeno: a. 1/10 della superficie utile di calpestio, per locali con superficie utile in pianta sino a 1000 mq; b. 1/12 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i 1000 mq e fino a 3000 mq; c. 1/30 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i 3000 mq e fino a 5000 mq; d. 1/50 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i 5000 mq. Art. 10 comma 1 e 2 D.P.R. 303/56 - Art. 28 e 29 D.P.R. 547/55 In ogni caso deve essere garantita la presenza di aperture finestrate trasparenti della sup. minima di 1.00 mq, indicativamente ogni 20 metri di sviluppo lineare del fabbricato, posizionate ad una quota non superiore a 1.30 metri dal pavimento, al fine di permettere la visuale esterna; ove il layout dell’edificio non consenta il rispetto delle distanze indicate, le superfici vetrate potranno essere realizzate sulla parte superiore delle porte di uscita all’esterno. Art. 7 D.P.R. 303/56 Deve essere garantito il facile e sicuro accesso per la pulizia delle superfici illuminanti a soffitto. La superficie illuminante deve essere rapportata al coefficiente di trasmissione della luce offerto dal vetro incolore e trasparente; per i coefficienti di trasmissione più bassi è necessario adeguare proporzionalmente la superficie illuminante. Art. 10 comma 1 e 2 D.P.R. 303/56 - Art. 28 e 29 D.P.R. 547/55 Nei locali ove la presenza di addetti è a carattere saltuario: esempio depositi e magazzini non presidiati. a) 1/30 della superficie utile di calpestio per locali con superficie utile in pianta fino a 400 mq.; b) 1/50 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i 400 mq. B O O K S E I 65 Capitolo 5 Aerazione Art. 9 D.P.R. 303/56 La superficie delle finestre apribile di ogni singolo locale di lavoro deve corrispondere ad almeno, escludendo nel computo le porte ed i portoni: a) 1/20 della superficie utile di calpestio per i locali con superficie utile in pianta sino a 1000 mq; b) 1/24 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i primi 1000 mq e fino a 3000 mq; c) 1/60 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i primi 3000 mq e fino a 5000 mq; d) 1/100 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i 5000 mq.. Dei valori sopra citati sono esclusi i contributi dovuti a porte o assimilati. Le aperture devono essere uniformemente distribuite su tutte le superfici a diretto contatto con l’esterno in modo da garantire un omogeneo ricambio d’aria; i comandi di apertura devono essere di facile uso ed accesso. Art. 9 D.P.R. 303/56 Nei locali ove la presenza di addetti è a carattere saltuario: es. depositi e magazzini non presidiati, la superficie delle finestre apribile di ogni singolo locale di lavoro deve corrispondere ad almeno, escludendo nel computo le porte ed i portoni: c) 1/30 della superficie utile di calpestio per locali con superficie utile in pianta fino a 400 mq.; d) 1/50 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i 400 mq. Nei valori sopra citati sono computabili i contributi dovuti a porte o assimilati. Generalmente le aperture devono essere uniformemente distribuite sulle superfici esterne e presentare comandi di apertura di facile uso ed accesso. Art. 9 D.P.R. 303/56 Locali ad uso direzionale: es. attività a carattere amministrativo, uffici, ecc. La superficie aerante di ogni singolo locale deve corrispondere ad almeno: a) 1/10 della superficie utile di calpestio per i locali con superficie utile in pianta sino a 1000 mq; B O O K S E I 66 Capitolo 5 b) 1/12 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i primi 1000 mq e fino a 3000 mq; c) 1/30 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i primi 3000 mq e fino a 5000 mq; d) 1/50 della superficie utile di calpestio per la parte eccedente i 5000 mq.. Dei valori sopra citati sono esclusi i contributi dovuti a porte o assimilati. Le aperture devono essere uniformemente distribuite su tutte le superfici a diretto contatto con l’esterno in modo da garantire un omogeneo ricambio d’aria; i comandi di apertura devono essere di facile uso ed accesso. Aerazione artificiale Art. 9 D.P.R. 303/56 Norma UNI 8852 del gennaio 1987 - Norma UNI 10339 del giugno 1985 A compensazione della aerazione permessa dalla quota finestrata utilizzata per la visuale esterna è ammessa la aerazione artificiale, che può ottenersi tramite ventilazione o condizionamento. L’aerazione artificiale deve comunque intendersi come ricambio d’aria generale e non come mezzo di allontanamento di inquinanti specifici, a meno che gli impianti di aspirazione localizzata di tali inquinanti risultino adeguati quanto a portata e vengano attivati con continuità, a prescindere dalle lavorazioni eseguite. I ricambi d’aria devono essere riferiti al tipo di attività svolta e assicurati da flussi razionalmente distribuiti, in modo da evitare by-pass nella circolazione dell’aria o sacche di ristagno e non arrecare disturbo agli operatori. Gli impianti di condizionamento dell’aria devono essere forniti di dispositivi automatici per il controllo della temperatura e dell’umidità relativa, tarati in base ai criteri indicati. Messa a terra Art. 39 del D.P.R. 547/55 Le strutture metalliche degli edifici, dei recipienti e degli apparecchi metallici, di notevoli dimensioni, situati all’aperto, devono, o per se stessi o mediante conduttore e spandenti appositi, risultare collegati elettricamente a terra in modo da garantire la dispersione delle scariche atmosferiche. B O O K S E I 67 Capitolo 5 COPERTURE Le coperture devono essere realizzate con materiali che ne garantiscano la pedonabilità in sicurezza. • Qualora gli elementi di copertura (lastre in fibrocemento, elementi in materiale plastico traslucido, etc.) non offrano adeguate garanzie di resistenza, deve essere prevista la posa di una sottostante rete fissa di sicurezza, opportunamente calcolata ed ancorata a parti stabili del fabbricato, che tuteli dal rischio di caduta dall’alto nell’eventualità di uno sfondamento degli elementi di copertura soprastanti. • In ogni caso va garantita la presenza di percorsi pedonabili che consentano l’accesso sicuro a tutti i punti della copertura. • Deve essere prevista la realizzazione di elementi fissi di protezione contro il rischio di caduta dall’alto lungo il perimetro della copertura. • Tali elementi devono essere costituiti preferibilmente da parapetti fissi. • Qualora ciò non sia tecnicamente realizzabile, devono essere previsti punti o linee di ancoraggio per imbracature di sicurezza, conformi alla norma UNI EN 795. • I percorsi di accesso ai punti o alle linee di ancoraggio devono essere resi pedonabili in sicurezza e protetti contro i rischi di caduta dall’alto. • Deve essere prevista la realizzazione di una o più scale fisse, protette, che garantiscano un accesso sicuro alla copertura. • Gli elaborati grafici di progetto devono indicare nel dettaglio i sistemi di sicurezza adottati. (art. 7 D.P.R. 303/56, art. 6 D.Lgs. 626/94, art. 4 D.Lgs. 494/96) B O O K S E I 68 Capitolo 5 B O O K S E I 69 Capitolo 5 NORME DI PREVENZIONE ANTINCENDIO Attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi: D.M. 16/02/1982 e successive modifiche ed integrazioni. D.M. 16-2-1982 Modificazioni del decreto ministeriale 27 settembre 1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi. Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 aprile 1982, n. 98. I locali, le attività, i depositi, gli impianti e le industrie pericolose i cui progetti sono soggetti all’esame e parere preventivo dei comandi provinciali dei vigili del fuoco ed il cui esercizio è soggetto a visita e controllo ai fini del rilascio del “Certificato di prevenzione incendi”, nonché la periodicità delle visite successive, sono determinati come dall’elenco allegato che, controfirmato dal Ministro dell’Interno e dal Ministro dell’industria, del commercio e dell’Artigianato, forma parte integrante del presente decreto. I responsabili delle attività soggette alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi di cui al presente decreto hanno l’obbligo di richiedere il rinnovo del “Certificato di prevenzione incendi” quando vi sono modifiche di lavorazione o di struttura, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi, e ogniqualvolta vengano a mutare le condizioni di sicurezza precedentemente accertate indipendentemente dalla data di scadenza dei certificati già rilasciati. La scadenza dei “Certificati di prevenzione incendi” già rilasciati e validi alla data di emanazione del presente decreto, dovrà intendersi modificata secondo i nuovi termini da questo previsti. Agli stabilimenti ed impianti che comprendono, come parti integranti del proprio ciclo produttivo, più attività singolarmente soggette al controllo da parte dei comandi provinciali dei vigili del fuoco, dovrà essere rilasciato un unico “Certificato di prevenzione incendi” relativo a tutto il complesso e con scadenza triennale”. B O O K S E I 70 Capitolo 5 Elenco dei depositi e industrie pericolose soggetti alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi (art. 4 L. 26/07/1965 n. 966); sono riportate alcune delle attività potenzialmente interessate. Attività Periodicità della visita (in anni) 4b. Depositi di gas combustibili in serbatoi fissi: disciolti o liquefatti 6 5b. Depositi di gas comburenti in serbatoi fissi: liquefatti per capacità complessiva superiore a 2 mc 6 9. Impianti per il trattamento di prodotti ortofrutticoli e cereali utilizzanti gas combustibili 6 15. Depositi liquidi infiammabili e/o combustibili: b) per uso industriale o artigianale o agricolo o privato, per capacità geometrica complessiva superiore a 25 mc 3 18. Impianti fissi di distribuzione di benzine, gasolio e miscele per autotrazione ad uso pubblico e privato con o senza stazione di servizio 6 35. Mulini per cereali ed altre macinazioni con potenzialità giornaliera superiore a 20 t. e relativi depositi 6 36. Impianti per l’essiccazione dei cereali e di vegetali in genere con depositi di capacità superiore a 50 t. di prodotto essiccato 6 46. Depositi di legnami da costruzione e da lavorazione, di legna da ardere, di paglia, di fieno, di canne, di fascine, di carbone vegetale e minerale, di carbonella, di sughero ed altri prodotti affini; esclusi i depositi all’aperto con distanze di sicurezza esterne non inferiori a 100 m misurate secondo le disposizioni di cui al punto 2.1 del D.M. 30/11/83: da 500 a 1.000 q.li > a 1.000 q.li 6 3 60. Depositi di concimi chimici a base di nitrati e fosfati e di fitofarmaci, con potenzialità globale superiore a 500 q.li 6 64. Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori endotermici di potenza complessiva > a 25 Kw 6 91. Impianti per la produzione di calore alimentati a combustibile solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 100.000 Kcal/h 6 B O O K S E I 71 Capitolo 5 D.P.R. 12-1-1998 n. 37 Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell’articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59. Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 marzo 1998, n. 57. Si riportano alcuni articoli di maggior interesse: 2. Parere di conformità 1. Gli enti e i privati responsabili delle attività di cui al comma 4 dell’articolo 1 sono tenuti a richiedere al comando l’esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni o di modifiche di quelli esistenti (4). 2. Il comando esamina i progetti e si pronuncia sulla conformità degli stessi alla normativa antincendio entro quarantacinque giorni dalla data di presentazione. Qualora la complessità del progetto lo richieda, il predetto termine, previa comunicazione all’interessato entro 15 giorni dalla data di presentazione del progetto, è differito al novantesimo giorno. In caso di documentazione incompleta od irregolare ovvero nel caso in cui il comando ritenga assolutamente indispensabile richiedere al soggetto interessato l’integrazione della documentazione presentata, il termine è interrotto, per una sola volta, e riprende a decorrere dalla data di ricevimento della documentazione integrativa richiesta. Ove il comando non si esprima nei termini prescritti, il progetto si intende respinto (4/a). 3. Rilascio del certificato di prevenzione incendi. 1. Completate le opere di cui al progetto approvato, gli enti e privati sono tenuti a presentare al comando domanda di sopralluogo in conformità a quanto previsto nel decreto di cui all’articolo 1, comma 5. 2.. Entro novanta giorni dalla data di presentazione della domanda il comando effettua il sopralluogo per accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio richiesti. Tale termine può essere prorogato, per una sola volta, di quarantacinque giorni, dandone motivata comunicazione all’interessato. 3. Entro quindici giorni dalla data di effettuazione del sopralluogo viene rilasciato all’interessato, in caso di esito positivo, il certificato di pre- B O O K S E I 72 Capitolo 5 venzione incendi che costituisce, ai soli fini antincendio, il nulla osta all’esercizio dell’attività. 4. Qualora venga riscontrata la mancanza dei requisiti di sicurezza richiesti, il comando ne dà immediata comunicazione all’interessato ed alle autorità competenti ai fini dell’adozione dei relativi provvedimenti. 5. Fatto salvo quanto disposto dal comma 1, l’interessato, in attesa del sopralluogo, può presentare al comando una dichiarazione, corredata da certificazioni di conformità dei lavori eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta che sono state rispettate le prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio e si impegna al rispetto degli obblighi di cui all’articolo 5. Il comando rilascia all’interessato contestuale ricevuta dell’avvenuta presentazione della dichiarazione che costituisce, ai soli fini antincendio, autorizzazione provvisoria all’esercizio dell’attività. 6. Al fine di evitare duplicazioni, nel rispetto del criterio di economicità, qualora il sopralluogo richiesto dall’interessato debba essere effettuato dal comando nel corso di un procedimento di autorizzazione che preveda un atto deliberativo propedeutico emesso da organi collegiali dei quali è chiamato a far parte il comando stesso, il termine di cui al comma 2 non si applica dovendosi far riferimento ai termini procedimentali ivi stabiliti. 4. Rinnovo del certificato di prevenzione incendi. 1. Ai fini del rinnovo del certificato di prevenzione incendi, gli interessati presentano al comando, in tempo utile e comunque prima della scadenza del certificato, apposita domanda conforme alle previsioni contenute nel decreto di cui all’articolo 1, comma 5, corredata da una dichiarazione del responsabile dell’attività, attestante che non è mutata la situazione riscontrata alla data del rilascio del certificato stesso, e da una perizia giurata, comprovante l’efficienza dei dispositivi, nonché dei sistemi e degli impianti antincendio. Il comando, sulla base della documentazione prodotta, provvede entro quindici giorni dalla data di presentazione della domanda. 5. Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività. 1. Gli enti e i privati responsabili di attività soggette ai controlli di prevenzione incendi hanno l’obbligo di mantenere in stato di efficienza i B O O K S E I 73 Capitolo 5 sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze temporali che sono indicate dal comando nel certificato di prevenzione o all’atto del rilascio della ricevuta a seguito della dichiarazione di cui all’articolo 3, comma 5. Essi provvedono, in particolare, ad assicurare una adeguata informazione e formazione del personale dipendente sui rischi di incendio connessi con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l’insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio. 2. I controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione, l’informazione e la formazione del personale, che vengono effettuati, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei responsabili dell’attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del comando. 3. Ogni modifica delle strutture o degli impianti ovvero delle condizioni di esercizio dell’attività, che comportano una alterazione delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, obbliga l’interessato ad avviare nuovamente le procedure previste dagli articoli 2 e 3 del presente regolamento. 6. Procedimento di deroga. 1. Qualora gli insediamenti o gli impianti sottoposti a controllo di prevenzione incendi e le attività in essi svolte presentino caratteristiche tali da non consentire l’integrale osservanza della normativa vigente, gli interessati, secondo le modalità stabilite dal decreto di cui all’articolo 1, comma 5, possono presentare al comando domanda motivata per la deroga al rispetto delle condizioni prescritte. 2. Il comando esamina la domanda e, con proprio motivato parere, la trasmette entro trenta giorni dal ricevimento, all’ispettorato regionale dei vigili del fuoco. L’ispettore regionale, sentito il comitato tecnico regionale di prevenzione incendi, di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, si pronuncia entro sessanta giorni dalla ricezione, dandone contestuale comunicazione al comando ed al richiedente. L’ispettore regionale dei vigili del fuoco trasmette ai competenti organi tecnici centrali del Corpo nazionale B O O K S E I 74 Capitolo 5 dei vigili del fuoco i dati inerenti alle deroghe esaminate per la costituzione di una banca dati, da utilizzare per garantire i necessari indirizzi e l’uniformità applicativa nei procedimenti di deroga. 7. Nulla osta provvisorio. 1. I soggetti che hanno ottenuto il nulla osta provvisorio per le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 dicembre 1984, n. 818, sono tenuti all’osservanza delle misure più urgenti ed essenziali di prevenzione incendi indicate nel decreto 8 marzo 1985 del Ministro dell’interno, nonché all’osservanza degli obblighi di cui all’articolo 5 del presente regolamento. Il nulla osta provvisorio consente l’esercizio dell’attività ai soli fini antincendio, salvo l’adempimento agli obblighi previsti dalla normativa in materia di prevenzione incendi, ivi compresi gli obblighi conseguenti alle modifiche degli impianti e costruzioni esistenti nonché quelli previsti nei casi richiamati all’articolo 4, comma secondo, della legge 26 luglio 1965, n. 966, nei termini stabiliti dalle specifiche direttive emanate dal Ministero dell’interno per singole attività o gruppi di attività di cui all’allegato al decreto 16 febbraio 1982 del Ministro dell’interno. Tali direttive, ove non già emanate, devono essere adottate entro il 31 dicembre 2004. Normativa tecnica specifica • Criteri generali: D.M. 10/03/1998 (criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro). • Oli minerali: D.M. 31/07/1934 (Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, l’immagazzinamento, l’impiego o la vendita di oli minerali e per il trasporto degli olii stessi) ed aggiornamenti successivi in merito a depositi. • Contenitori di ossigeno liquido, tank ed evaporatori freddi per uso industriale: Circolare n. 99 del 15/10/1964. • Serbatoi di GPL: D.M. 31 marzo 1984 (norme di sicurezza per la progettazione, la costruzione, l’installazione e l’esercizio dei depositi di gas di petrolio liquefatto con capacità complessiva non superiore a 5 mc) e gli aggiornamenti ed integrazioni apportate con specifiche direttive del Ministero in merito a modalità e tipologie di installazioni di GPL e successive modifiche ed integrazioni. B O O K S E I 75 Capitolo 5 • Impianti termici alimentati a gasolio: Circolare n. 73 del 29/07/1971 (impianti termici ad olio combustibile o a gasolio – istruzioni per l’applicazione delle norme contro l’inquinamento atmosferico; disposizioni ai fini della prevenzione incendi). • Impianti termici alimentati a gas combustibile (metano e/o GPL): D.M. 12/4/1996 (Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti termici alimentati da combustibili gassosi). • Gruppi elettrogeni: Circolare n. 31 del 31 agosto 1978 (Norme di sicurezza per l’installazione di motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice elettrica o a macchina operatrice). • Distributori mobili: D.M. 19.03.1990 (Norme per il rifornimento di carburanti, a mezzo di contenitori – distributori mobili, per macchine in uso presso aziende agricole, cave e cantieri). B O O K S E I 76 Capitolo 5 IMPIANTI ELETTRICI Norma Tecnica CEI n° 64-8 del 01/01/1998 Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua. Parte 7: Ambienti ed applicazioni particolari. Strutture adibite ad uso agricolo o zootecnico Campo di applicazione Le prescrizioni particolari della presente Sezione si applicano a tutte le parti degli impianti elettrici fissi delle strutture agricole e zootecniche, sia all’interno che all’esterno degli edifici, (quali per esempio stalle, pollai, porcilaie, locali di preparazione dei mangimi, locali di immagazzinaggio del fieno e della paglia e depositi di fertilizzanti). Le prescrizioni della presente Sezione non si applicano agli impianti elettrici dei locali destinati ad usi residenziali. Prescrizioni per la sicurezza Protezione contro i contatti diretti ed indiretti Dove si utilizzano circuiti a bassissima tensione di sicurezza (SELV), qualunque sia la tensione nominale, si deve prevedere la protezione contro i contatti diretti a mezzo di: – barriere od involucri che presentino almeno il grado di protezione IPXXB, oppure – un isolamento in grado di sopportare una tensione di prova di 500 V in c.a. per 1 min. I circuiti che alimentano prese a spina devono essere protetti mediante _ 30 mA. interruttori differenziali aventi corrente differenziale nominale I∆n < Per l’applicazione della misura di protezione contro i contatti indiretti a mezzo di interruzione automatica dell’alimentazione, la tensione di contatto limite convenzionale nei luoghi previsti per la custodia del bestiame è UL = 25 V in c.a., valore efficace, oppure 60 V in c.c. ondulata e si applicano le prescrizioni specificate in 481.3.1.1. In un luogo destinato alla custodia di animali, i collegamenti equipotenziali supplementari devono connettere tutte le masse e le masse estranee che possono essere toccate dagli stessi animali, ed il conduttore di protezione dell’impianto. Nota - Si raccomanda di disporre una griglia metallica nel suolo e di collegarla al conduttore di protezione. B O O K S E I 77 Capitolo 5 Protezione contro gli effetti termici Per gli elementi scaldanti del tipo radiante si deve avere una distanza da animali o da materiali combustibili di almeno 0,5 m, salvo più severe istruzioni da parte del costruttore. Protezione contro l’incendio Per ragioni di protezione contro gli incendi, deve essere installato un interruttore differenziale avente una corrente differenziale nominale di funzionamento non superiore a 0,5 A. Gli apparecchi di riscaldamento utilizzati nei locali in cui vengono allevati animali devono essere fissati in modo da mantenere una distanza appropriata dagli stessi animali e dai materiali combustibili in modo tale da evitare qualsiasi rischio di scottature agli animali e di incendio. Protezione negli ambienti a maggiori rischio in caso di incendio Nota - Negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio si devono applicare le prescrizioni previste per tali ambienti (Sezione 751). Inoltre particolare attenzione deve essere posta ai problemi legati all’evacuazione degli animali in caso di emergenza. Apparecchiatura di protezione, di sezionamento e di comando Nota - Si raccomanda di proteggere i circuiti terminali mediante un interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale la più bassa possibile, e comunque non superiore a 30 mA, tenuto conto della necessità di evitare interventi intempestivi. Dispositivi di sezionamento e di comando I dispositivi di comando e di emergenza, compreso l’arresto di emergenza, non devono essere installati in posizioni accessibili agli animali o tali che non possano essere raggiunti dagli operatori per la presenza di animali, tenendo conto delle situazioni che possono presentarsi in caso di panico degli animali stessi. Altri componenti elettrici Note: 1 - Quando recinzioni elettriche siano poste in prossimità di linee aeree, si raccomanda di osservare distanze appropriate allo scopo di limitare le correnti di induzione. B O O K S E I 78 Capitolo 5 2 - Nel caso di allevamenti di animali su larga scala, si raccomanda di prendere in considerazione i Capitoli 35 e 56, specialmente per i sistemi di sopravvivenza degli stessi animali. CAPITOLO 35 - Alimentazione dei servizi di sicurezza Generalità Nota - La necessità dei servizi di sicurezza e la loro natura sono frequentemente regolati dalle autorità preposte, i cui regolamenti devono in tal caso essere osservati. Sono ammesse le seguenti sorgenti per i servizi di sicurezza: – batterie di accumulatori – pile – altri generatori indipendenti dall’alimentazione ordinaria – linea di alimentazione effettivamente indipendente da quella ordinaria (art. 562.4). Classificazione L’alimentazione dei servizi di sicurezza può essere: – non automatica, quando la sua messa in servizio richiede l’intervento di un operatore – automatica, quando la sua messa in servizio non richiede l’intervento di un operatore. L’alimentazione automatica dei servizi di sicurezza è classificata, in base al tempo entro cui diviene disponibile, come segue: – di continuità: assicura la continuità dell’alimentazione, entro condizioni specificate per il periodo transitorio, per esempio per quanto riguarda le variazioni di tensione e di frequenza; – ad interruzione brevissima: alimentazione disponibile in un tempo non superiore a 0,15 s; – ad interruzione breve: alimentazione disponibile in un tempo superiore a 0,15 s, ma non superiore a 0,5 s; – ad interruzione media: alimentazione disponibile in un tempo superiore a 0,5 s, ma non superiore a 15 s; – ad interruzione lunga: alimentazione disponibile in un tempo superiore a 15 s. B O O K S E I 79 Capitolo 5 CAPITOLO 56 - Alimentazione dei servizi di sicurezza Generalità Per i servizi di sicurezza deve essere scelta una sorgente che mantenga l’alimentazione per una durata adeguata. Per i servizi di sicurezza che devono funzionare in caso di incendio, tutti i componenti elettrici devono presentare, sia per costruzione sia per installazione, una resistenza al fuoco di durata adeguata. Per la protezione contro i contatti indiretti sono da preferire le misure che non comportano l’interruzione automatica del circuito al primo guasto a terra. I componenti elettrici devono essere disposti in modo da facilitare le verifiche periodiche e la manutenzione. Sorgenti Nota - Le batterie di avviamento dei veicoli non soddisfano in genere le prescrizioni per le sorgenti di alimentazione dei servizi di sicurezza. Le sorgenti di alimentazione dei servizi di sicurezza devono essere installate a posa fissa ed in modo tale che non possano essere influenzate negativamente da guasti dell’alimentazione ordinaria. Le sorgenti di alimentazione dei servizi di sicurezza devono essere situate in un luogo appropriato, accessibile solo a persone addestrate. Il luogo delle sorgenti di alimentazione deve essere convenientemente ventilato in modo che eventuali fumi e gas da esse prodotti non possano propagarsi in luoghi occupati da persone. Non sono ammesse alimentazioni separate, da una rete pubblica di distribuzione indipendente dalla rete ordinaria di alimentazione, a meno che non si possa assicurare, come improbabile, che le due alimentazioni possano mancare contemporaneamente. La sorgente di alimentazione dei servizi di sicurezza non deve essere utilizzata per altri scopi. Quando siano disponibili tuttavia più sorgenti, queste possono essere utilizzate come alimentazioni di riserva, purché, in caso di guasto su una sorgente, la potenza ancora disponibile sia sufficiente per assicurare la messa in servizio ed il funzionamento di tutti i servizi di sicurezza; questo comporta in genere il distacco automatico dei componenti elettrici che non svolgano un servizio di sicurezza. B O O K S E I 80 Capitolo 5 Quanto indicato da 562.2 a 562.5 non si applica ai componenti elettrici che siano alimentati individualmente da batterie di accumulatori incorporate. Circuiti di alimentazione dei servizi di sicurezza I circuiti di alimentazione dei servizi di sicurezza devono essere indipendenti dagli altri circuiti. Nota - Questo significa che un guasto elettrico, un intervento, una modifica su un circuito non compromette il corretto funzionamento di un altro circuito. Questo può rendere necessarie separazioni con materiali resistenti al fuoco, involucri o circuiti con percorsi diversi. I circuiti dei servizi di sicurezza non devono attraversare luoghi con pericolo di incendio, a meno che non siano resistenti al fuoco. I circuiti non devono in ogni caso attraversare luoghi con pericolo di esplosione. Nota - Si raccomanda di evitare, per quanto possibile, che i circuiti attraversino luoghi con pericolo di incendio. La protezione contro i sovraccarichi, prescritta in 473.1, può essere omessa. I dispositivi di protezione contro le sovracorrenti devono essere scelti ed installati in modo da evitare che una sovracorrente in un circuito comprometta il corretto funzionamento degli altri circuiti dei servizi di sicurezza. I dispositivi di protezione, di comando e di sezionamento devono essere chiaramente identificati e raggruppati in luoghi accessibili solo a persone addestrate. I dispositivi di allarme devono essere chiaramente identificati. Scelta degli apparecchi utilizzatori Negli impianti di illuminazione, il tipo di lampade da usare deve essere compatibile con la durata di commutazione dell’alimentazione allo scopo di mantenere il livello di illuminazione specificato. Nei componenti elettrici alimentati da due circuiti diversi, un guasto su un circuito non deve compromettere né la protezione contro i contatti indiretti, né il corretto funzionamento dell’altro circuito. Tali componen- B O O K S E I 81 Capitolo 5 ti elettrici devono essere collegati, se necessario, al conduttore di protezione di entrambi i circuiti. Prescrizione particolari per i servizi di sicurezza con sorgenti non in grado di funzionare in parallelo Devono essere prese precauzioni atte ad evitare la messa in parallelo delle sorgenti, per esempio mediante interblocchi meccanici. La protezione contro i cortocircuiti e contro i contatti indiretti in caso di guasto deve essere assicurata per ciascuna sorgente. Prescrizione particolari per i servizi di sicurezza con sorgenti in grado di funzionare in parallelo Nota - Il funzionamento in parallelo di sorgenti indipendenti richiede in genere l’autorizzazione dei distributori di energia elettrica. Questi possono richiedere dispositivi particolari, per esempio per impedire ritorni di energia. La protezione contro i cortocircuiti e contro i contatti indiretti deve essere assicurata sia quando l’impianto è alimentato separatamente da una qualunque delle due sorgenti sia quando è alimentato da entrambe le sorgenti in parallelo. Si devono prendere precauzioni, quando necessario, per limitare la circolazione di corrente nei collegamenti tra i punti neutri delle sorgenti, in particolare per quanto riguarda l’effetto della terza armonica. B O O K S E I 82 Capitolo 5 NORMATIVA RELATIVA ALLA PREVENZIONE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO • Circ. Min. Interno del 15/02/51 Normative antincendio • D.P.R. 547/55 Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro • D.P.R. 303/56 Norme generali per l’igiene del lavoro • Circ. Min. LL.PP. 3151 del 23/05/77 Criteri tecnici di valutazione nelle costruzioni edilizie • L.R. 44/85 Altezze minime e principali requisiti igienico-sanitari dei locali adibiti a uffici • D.Lgs. 19 settembre 1994 n°626 Attuazione delle direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro • D.M. 10 marzo 1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro • Norme di Buona Tecnica: Norme UNI B O O K S E I 83 B O O K S E I 84 Capitolo 6 CAPITOLO 6 Bookse n. 6 Norme specifiche Vademecum di protezione sui legate alla Mangimi specie allevata SCHEDA ALLEVAMENTO BOVINO-BUFALINO DA LATTE Caratteristiche della struttura di allevamento I ricoveri chiusi per gli animali devono rispettare: – minimo mt. 3 di altezza, – destinare almeno una volumetria minima per U.B.A. di mc. 30 di aria in rapporto alla superficie totale e comunque non meno di 2 mq. di superficie x U.B.A. in posta fissa e 2.5 mq. per la cuccetta, senza calcolare le altre superfici del ricovero. ❑ I ricoveri per gli animali devono disporre di un’area opportunamente attrezzata per consentire un’idonea separazione e isolamento, essa deve contenere almeno il 10% delle U.B.A. presenti. ❑ Nelle stalle a stabulazione libera, è opportuno disporre di un box idoneo per il parto: – minimo 6 mq. di superficie per bovina; – dimensionare il/i box per contenere almeno il 5% delle bovine in produzione. ❑ In caso di stalla con stabulazione all’aperto, la superficie a disposizione non deve scendere sotto gli 8 mq./capo, avere pavimentazione in ❑ B O O K S E I 85 Capitolo 6 cemento a tenuta, rialzo di contenimento nel perimetro e con pendenze adeguate allo scolo delle urine in vasca. ❑ Predisporre un’apposita area per la mungitura e dei locali, servizi ed accessori in conformità al DPR 54/97 e/o al D.M. 185/91; ❑ Predisporre un apposito locale/armadio/frigo per la custodia dei farmaci veterinari in ottemperanza del D.Lgs. 119/92 e succ.ve mod.ni ed integr.ni; ❑ Predisporre idonea area funzionale di ricovero per i vitelli vitelli fino a 8 settimane in box singoli: – larghezza del box non inferiore all’altezza al garrese dell’animale, – lunghezza del box almeno pari alla lunghezza dell’animale; I box non dovranno avere muri compatti, ma pareti divisorie traforate per consentire un contatto diretto, visivo e tattile tra gli animali; vitelli allevati in gruppo: – vitelli < a 150 kg minimo 1,5 mq. l’uno, – vitelli da 150 a 220 kg minimo 1,7 mq l’uno, – vitelli > a 220 kg minimo 1,8 mq l’uno; ➢ Fatti salvi i disciplinari relativi agli allevamenti a carattere biologico, agli allevamenti destinati alla sperimentazione animale. Caratteristiche delle poste Posta fissa, lunghezza 190/200 cm x larghezza 120/125 cm, inclinazione 1,5-2% e comunque proporzionata agli standards di razza; ❑ Cuccette, lunghezza 235-260 cm x larghezza 120-130 cm, inclinazione 1-1,5%; ❑ Caratteristiche delle attrezzature L’attacco a catena dovrà consentire le posizioni e gli atteggiamenti fisiologici dell’animale; gli attacchi non dovranno provocare ferite o contusioni all’animale, cedere sostanze tossiche e dovranno essere lavabili e disinfettabili; ❑ Predisporre un numero di autocatturanti equivalente al numero di capi previsti, sono preferibili quelli con sgancio di sicurezza; ❑ B O O K S E I 86 Capitolo 6 Scheda vacche da latte libera fissa a) Definizione progettuale di stabulazione zona alimentazione zona riposo posta lettiera permanente cuccette zona esercizio funzionale di mungitura area mungitura sala d’attesa sala mungitura di complemento box tori box parto box vitelli infermeria isolamento corsia di foraggiamento corsie di servizio laterali alla posta box tori box vitelli infermeria isolamento locali di servizio sala latte sala motori deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio sala latte sala motori deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio b) Definizione gestionale gestione effluenti (nell’allevamento) liquami vasche sottogrigliato trattamenti ricircolo letame ossigenazione trattamenti chimici vasche esterne tipologia di asporto tracimazione pompaggio ruspetta letame lettiera permanente organizzazione della pulizia stoccaggio effluenti (fuori dell’allevamento) platea letame (dimensionamento) platea letame + pozzettone vasche liquami (dimensionamento) ricambio aria naturale naturale + movimentazione forzata B O O K S E I 88 sistema di asporto platea letame + pozzettone naturale naturale + movimentazione forzata Capitolo 6 c) Definizioni costruttive fondazioni continua a plinti struttura cemento metallica metallico-lignea copertura fibrocemento pannellatura sandwich tegola tamponamenti getto cls (calcestruzzo) mattoni reti frangivento d) Tutela ambientale scarichi effluenti zootecnici ➝ utilizzo agronomico ➝ calcolo dell’N (azoto) ➝ piano di concimazione civili ➝ trattamento e dispersione e) Stoccaggi delle scorte vasche per insilati dimensionamento fienili dimensionamento depositi cereali /mangimi dimensionamento B O O K S E I 89 Capitolo 6 SCHEDA - ALLEVAMENTO BOVINO INGRASSO E DA RIMONTA Caratteristiche delle strutture di allevamento I ricoveri chiusi per gli animali devono rispettare minimo mt. 3 di altezza. ❑ Devono disporre di mangiatoie in cemento o altro materiale facile da lavare e disinfettare. ❑ Devono disporre di almeno due punti di abbeverata per box, pulibili all’esterno. ❑ L’indice di finestratura dei ricoveri non deve scendere sotto i 0.08 mq./mq. di superficie coperta, la presenza del cupolino centrale di aerazione favorisce una corretta aerazione interna. ❑ ❑ In caso di paddoks esterni, la superficie a disposizione non deve scendere sotto gli 8 mq./capo, avere pavimentazione in cemento a tenuta, rialzo di contenimento nel perimetro e con pendenze adeguate allo scolo delle urine in vasca. ❑ Predisporre un idoneo corridoio di cattura e di carico – scarico degli animali e/o di sistemi analoghi. ❑ Predisporre un apposito locale/armadio/frigo per la custodia dei farmaci veterinari in ottemperanza del D.Lgs. 119/92 e successive modificazioni ed integrazioni. ❑ Predisporre idonee prese per la circolazione dell’aria sotto ai grigliati per evitare dannosi accumuli di gas tossici. ❑ La distanza minima tra il liquame e il grigliato non deve essere < ai 30 cm. ❑ È preferibile individuare un box infermeria e recupero degli animali traumatizzati, capace di accogliere almeno il 2% degli animali presenti, dotato di zona riposo fornita di lettiera asciutta e confortevole, con pavimenti realizzati in materiale antisdrucciolo e con uno spazio di almeno 4 mq. per animale. B O O K S E I 90 Capitolo 6 Caratteristiche dei box ❑ Box per torello fine ciclo: superficie minima/capo mq. 2.50 su grigliato e di mq. 5 su lettiera. ❑ Box per bovino da rimonta: superficie minima/capo mq. 4.00 su grigliato e di mq. 8.00 su lettiera permanente. Caratteristiche delle attrezzature ❑ Gli eventuali attacchi non dovranno provocare ferite o contusioni all’animale, cedere sostanze tossiche e dovranno essere lavabili e disinfettabili. ❑ Predisporre un numero di autocatturanti equivalente al numero di capi previsti, sono preferibili quelli con sgancio di sicurezza. B O O K S E I 91 Capitolo 6 Scheda bovino ingrasso libera fissa a) Definizione progettuale di stabulazione tipologia di pavimentazione grigliato dimensione posta lettiera permanente mista spazio unitario a disposizione spazio di mangiatoia locali di servizio infermeria isolamento deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio infermeria isolamento deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio b) Definizione gestionale gestione effluenti (nell’allevamento) liquami vasche sottogrigliato ricircolo letame tipologia di asporto ossigenazione vasche esterne tipologia di asporto tracimazione pompaggio letame dimensionamento superfici a lettiera stoccaggio effluenti (fuori dell’allevamento) platea letame (dimensionamento) vasche liquami (dimensionamento) ricambio aria naturale naturale + movimentazione forzata c) Definizioni costruttive fondazioni continua a plinti struttura cemento metallica copertura fibrocemento pannellatura sandwich tamponamenti getto cls (calcestruzzo) mattoni reti frangivento B O O K S E I 92 platea letame (dimensionamento) naturale naturale + movimentazione forzata Capitolo 6 d) Tutela ambientale scarichi effluenti zootecnici ➝ utilizzo agronomico ➝ calcolo dell’N (azoto) ➝ piano di concimazione civili ➝ trattamento e dispersione e) Stoccaggi delle scorte vasche per insilati dimensionamento fienili dimensionamento depositi cereali /mangimi dimensionamento B O O K S E I 93 Capitolo 6 Scheda bovino da rimonta libera in box in gabbia a) Definizione progettuale vitelli tipologia di pavimentazione grigliato caratteristiche e dimensione gabbia lettiera permanente mista spazio unitario a disposizione spazio di mangiatoia locali di servizio (se già non previsti) infermeria isolamento deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio infermeria isolamento deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio b) Definizione gestionale gestione effluenti (nell’allevamento) liquami vasche sottogrigliato ricircolo letame ossigenazione vasche esterne tipologia di asporto tracimazione pompaggio letame dimensionamento superfici a lettiera letame sistema di raccolta tipologia di asporto tipologia di asporto stoccaggio effluenti (fuori dell’allevamento) platea letame (dimensionamento) vasche liquami (dimensionamento) platea letame (dimensionamento) vasche liquami (dimensionamento) ricambio aria naturale con ausilio di movimentazione d’aria naturale con ausilio di movimentazione d’aria c) Definizioni costruttive fondazioni continua a plinti struttura cemento metallica copertura fibrocemento pannellatura sandwich tamponamenti getto cls (calcestruzzo) mattoni B O O K S E I 94 Capitolo 6 d) Tutela ambientale scarichi effluenti zootecnici ➝ utilizzo agronomico civili ➝ trattamento e dispersione ➝ calcolo dell’N (azoto) ➝ piano di concimazione e) Stoccaggi delle scorte vasche per insilati dimensionamento fienili dimensionamento depositi cereali /mangimi dimensionamento B O O K S E I 95 Capitolo 6 SCHEDA - ALLEVAMENTO BOVINO LINEA VACCA – VITELLO Commento: L’allevamento bovino linea vacca – vitello rientra nella zootecnia di tipo ecosostenibile ed ecocompatibile in quanto tende ad ottenere il miglior rapporto tra animale ed ambiente con un giusto carico di presenza per non deteriorare le risorse presenti. Questo ritorno alla naturalità dovrebbe favorire il massimo benessere animale, il minimo utilizzo di alimenti complementari di origine industriale, dei prodotti chimici di sintesi e dei farmaci veterinari. Generalmente questi allevamenti si configurano come biologici o di agricoltura organica (Reg. 2092/91) e sono situati in aree poco contaminate o distanti da industrie, strade importanti, inceneritori, discariche ecc.; tale loro caratteristica favorisce l’ottenimento di carne di qualità (meno grassa) e ragionevolmente esente da residui da trattamenti farmacologici. Le zone vocate per l’impianto di un allevamento di questo tipo sono quelle montane e collinari ove il bestiame è a conduzione semibrada con alimentazione a pascolo per 8-10 mesi (variabile in base alle differenti aree italiane) nutrendosi di foraggere spontanee e con integrazione da novembre a tutto marzo. I ricoveri per gli animali sono ridotti al minimo indispensabile se collocati in zone montane e collinari distanti dai centri abitati, o più complessi se ottenuti da una riconversione di un allevamento tradizionale e ricadenti in aree limitrofe a questi. Generalmente vengono utilizzate a ricovero delle semplici tettoie chiuse sui tre lati ove tutto il bestiame può trovare riparo. Si riportano comunque dei criteri, derivanti dall’allevamento tradizionale, che in base alle singole situazioni possono essere tenuti in considerazione. Caratteristiche delle strutture di allevamento I ricoveri per gli animali devono rispettare: – minimo mt. 3 di altezza, – destinare almeno mc. 30 di aria in rapporto alla superficie totale e/o 2 mq. x U.B.A. (unità di bovino adulto), senza calcolare le altre superfici del ricovero. ❑ Predisporre di idoneo locale di isolamento per i casi di insorgenza di malattie infettive e diffusive contemplate nel Regolamento di Polizia Veterinaria, il locale deve contenere almeno il 10% delle U.B.A. presenti. ❑ B O O K S E I 96 Capitolo 6 ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ In caso di paddoks esterni, la superficie a disposizione non deve scendere sotto gli 16 mq./capo, avere pavimentazione in cemento a tenuta, rialzo di contenimento nel perimetro e con pendenze adeguate allo scolo delle urine in vasca. I recinti devono avere una superficie/capo non < a 50 mq e comunque dimensionati in relazione allo stato qualitativo della cotica del prato/pascolo. Si dovranno prevedere abbeveratoi e mangiatoie proporzionati al carico animale. Predisposizione di apposito locale/armadio/frigo per la custodia dei farmaci veterinari in ottemperanza del D.Lgs. 119/92 e successive modificazioni ed integrazioni. Tutto l’impianto di allevamento dovrà essere recintato con rete metallica e/o filo elettrico. Caratteristiche delle attrezzature ❑ Predisporre di un numero di autocatturanti equivalente o superiore al numero di capi previsti, sono preferibili quelli con sgancio di sicurezza. B O O K S E I 97 Capitolo 6 ALLEVAMENTO DI VITELLI A CARNE BIANCA D.Lgs. 30/12/1992 n. 533 modificato dal D.Lgs. 01/09/1998 n. 331. 1.1. Il presente decreto stabilisce i requisiti minimi che devono essere previsti negli allevamenti per la protezione dei vitelli. 2.1 Ai fini del presente decreto si intende per: a) vitello: un animale della specie bovina di età inferiore a sei mesi; b) autorità competente: il Ministero della Sanità (Salute) come previsto dall’art. 9. 3.1 A decorrere dal 1° gennaio 1994 e per un periodo transitorio di quattro anni, tutte le aziende di nuova costruzione o ristrutturate e attivate per la prima volta dopo tale data, devono soddisfare ai seguenti requisiti minimi: – i vitelli stabulati in gruppo devono poter disporre di uno spazio libero di mq 1,5 per ogni capo di kg 150 di peso vivo, sufficiente a consentire loro di voltarsi e di sdraiarsi senza alcun impedimento; – i recinti e le poste, nel caso in cui i vitelli siano stabulati in recinti individuali o vincolati alla posta, devono essere costruiti con pareti perforate e devono avere una larghezza non inferiore a cm 90, più o meno il 10%, oppure a 0.80 volte l’altezza del garrese. 3.2 Le disposizioni di cui al paragrafo 1 non si applicano alle aziende con meno di 6 vitelli. 3.3 A decorrere dal 1° gennaio 1998, tutte le aziende di nuova costruzione o ristrutturate e tutte le aziende che entrano in funzione per la prima volta dopo tale data, devono rispettare le seguenti prescrizioni: a) nessun vitello di età superiore alle otto settimane deve essere rinchiuso in un recinto individuale, a meno che un veterinario non abbia certificato il suo stato di salute o il suo comportamento esiga che sia isolato dal gruppo al fine di essere sottoposto ad un trattamento diagnostico o terapeutico. La larghezza del recinto individuale deve essere almeno pari all’altezza del garrese del vitello, misurata quando l’animale è in posizione eretta, e la lunghezza deve essere almeno pari alla lunghezza del vitello, misurata dalla punta del naso all’estremità caudale della tuberosità B O O K S E I 98 Capitolo 6 ischiatica e moltiplicata per 1.1. Ogni recinto individuale per vitelli, salvo quelli destinati ad isolare gli animali malati, non deve avere muri compatti, ma pareti divisorie traforate che consentano un contatto diretto, visivo e tattile tra i vitelli; b) per i vitelli allevati in gruppo, lo spazio libero disponibile per ciascun vitello deve essere pari ad almeno 1,5 mq per ogni vitello di peso inferiore a 150 kg, ad almeno 1,7 mq per ogni vitello di peso vivo superiore a 150 kg e inferiore a 220 kg e ad almeno 1,8 mq per ogni vitello di peso vivo superiore a 220 kg (comma così sostituito dall’art. 1 D.Lgs. 1° settembre 1998, n. 331 che ha inoltre, così disposto: “art. 2. Norma transitoria. – 1. Le aziende di nuova costruzione o ristrutturate e le aziende che entrano in funzione per la prima volta dopo il 1° gennaio 1998 si adeguano alle prescrizioni di cui all’art. 3, comma 3, del D.Lgs. 30/12/1992 n. 533, come sostituito dall’art. 1, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto”. 4.1 Il Ministero della Sanità, coordina la vigilanza sugli allevamenti, perché siano realizzate per i vitelli condizioni conformi alle disposizioni del presente decreto. 5.1. Le prescrizioni contenute nell’allegato al presente decreto possono essere modificate, ove sia necessario al fine di tener conto dei progressi scientifici in materia, secondo le procedure comunitarie e fatta salva l’adozione di misure più severe. 6.1. Il Ministero della Sanità, sentita la conferenza delle regioni, adotta piani di ispezioni che siano effettuate dal Ministero stesso, dalle autorità regionali e locali e dalle Unità sanitarie locali al fine di accertare l’osservanza delle disposizioni del presente decreto e del suo allegato; tali ispezioni possono essere effettuate anche in concomitanza di controlli realizzati per altri fini, prendendo in considerazione per ogni anno un campione statisticamente rappresentativo dei vari sistemi di allevamento. 2. Ogni due anni, prima dell’ultimo giorno feriale del mese di aprile e per la prima volta entro il 30 aprile 1996, il Ministero della Sanità informa la Commissione delle Comunità Europee in merito ai risultati delle ispezioni effettuate nei due anni precedenti, nonché in merito al numero delle ispezioni effettuate in rappor- B O O K S E I 99 Capitolo 6 to al numero di aziende in attività su tutto il territorio nazionale. 7.1. Gli animali in importazione, provenienti da Paesi Terzi, devono essere accompagnati da un certificato rilasciato dalla competente autorità del paese di provenienza che attesti che i medesimi hanno ricevuto un trattamento almeno equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria, quale quello previsto dal presente decreto. 8.1. Il Ministero della Sanità presta tutta la necessaria assistenza agli esperti veterinari inviati dalla Commissione delle Comunità Europee al fine di verificare il rispetto e l’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale dei criteri minimi comuni per la protezione dei vitelli di allevamento. 2. Il Ministero della Sanità adotta i provvedimenti ritenuti necessari in conseguenza della notifica dei risultati del controllo degli esperti di cui al comma 1. 9.1. Il Ministero della Sanità con proprio regolamento adotta norme integrative e di applicazione del presente decreto e dispone le verifiche necessarie perché siano ammessi agli scambi soltanto gli animali trattati conformemente alle presenti disposizioni. 2. Le regioni a statuto ordinario ed a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano possono prevedere o mantenere norme più severe e stabilire le relative sanzioni pecuniarie amministrative, informandone il Ministero della Sanità. 3. Ferma restando la competenza generale del Comune a vigilare sul rispetto delle norme di protezione degli animali anche tramite guardie zoofile delle associazioni di volontariato, fatte salve le competenze per la vigilanza sulle violazioni all’art. 727 del Codice Penale, le Unità sanitarie locali nell’ambito della vigilanza di cui all’art. 6, lettera u), della L. 23/12/1978 n. 833, controllano l’applicazione delle disposizioni del presente decreto. 4. Il Ministero della Sanità comunica alla Commissione le disposizioni più severe adottate anche in applicazione delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa e delle disposizioni della L. 14/10/1985 n. 623. 10.1. Omissis. B O O K S E I 100 Capitolo 6 11.1. Salvo che il fatto costituisca reato, chi viola le disposizioni di cui all’art. 3, comma 1 e di cui all’articolo 3, comma 3, del presente decreto è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire tre milioni a lire diciotto milioni. Allegato l. I materiali utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione, e in particolare, dei recinti e delle attrezzature con i quali i vitelli possono venire a contatto, non devono essere nocivi per i vitelli e devono poter essere accuratamente puliti e disinfettati. 2. Fino all’istituzione di regole comunitarie in materia, l’installazione delle apparecchiature e dei circuiti elettrici deve essere conforme alla regolamentazione, in vigore volta ad evitare qualsiasi scossa elettrica. 3. L’isolamento termico, il riscaldamento e la ventilazione devono consentire di mantenere entro limiti non dannosi per i vitelli la circolazione dell’aria, la quantità di polvere, la temperatura, l’umidità relativa dell’aria e le concentrazioni di gas. 4. Ogni impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute ed il benessere dei vitelli deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Gli eventuali difetti riscontrati devono essere eliminati immediatamente; se ciò non fosse possibile, occorre prendere le misure adeguate per salvaguardare la salute ed il benessere dei vitelli fino a che non sia effettuata la riparazione, ricorrendo in particolare a metodi alternativi disponibili di alimentazione e provvedendo a mantenere condizioni ambientali soddisfacenti. Se si utilizza un impianto di ventilazione artificiale, occorre prevedere un opportuno sistema sostitutivo che permetta un ricambio di aria sufficiente per preservare la salute e il benessere dei vitelli in caso di guasti all’impianto, nonché un sistema di allarme che segnali i guasti all’allevatore. Il sistema di allarme deve essere verificato regolarmente. 5. I vitelli non devono restare continuamente al buio. A tal fine, onde soddisfare le loro esigenze comportamentali e fisiologiche, è opportuno prevedere, date le diverse condizioni climatiche degli Stati membri, una illuminazione adeguata naturale o artificiale che, in quest’ultimo caso, dovrà essere almeno equivalente alla durata di illuminazio- B O O K S E I 101 Capitolo 6 ne naturale normalmente disponibile tra le ore 9.00 e le ore 17.00. Dovrà inoltre essere disponibile un’illuminazione adeguata (fissa o mobile) di intensità sufficiente per consentire di controllare i vitelli in qualsiasi momento. 6. Tutti i vitelli allevati in gruppo o in recinti devono essere controllati almeno una volta al giorno dal proprietario o dal responsabile degli animali. Gli eventuali vitelli malati o feriti devono riceve immediatamente le opportune cure. I vitelli malati o feriti devono, se necessario, poter essere isolati in locali appropriati con lettiera asciutta e confortevole. Qualora il vitello non reagisca al trattamento dell’allevatore, occorre chiedere al più presto il parere del veterinario. 7. I locali di stabulazione devono essere costruiti in modo da consentire ad ogni vitello: – di coricarsi, giacere, alzarsi ed accudire a sé stesso senza difficoltà, – di vedere altri vitelli. 8. Se si utilizza un attacco, questo non deve provocare lesioni al vitello e deve essere regolarmente esaminato ed eventualmente aggiustato in modo da assicurare una posizione confortevole. Ogni attacco deve essere sufficientemente lungo per consentire ai vitelli di muoversi secondo quanto disposto al paragrafo 7. Esso deve essere concepito in modo da evitare, per quanto possibile, qualsiasi rischio di strangolamento o ferimento. 9. La stalla, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati regolarmente in modo da prevenire infezioni incrociate o lo sviluppo di organismi infettivi. Gli escrementi, l’urina e i foraggi che non sono stati mangiati o che sono caduti sul pavimento devono essere rimossi con la dovuta regolarità per ridurre al minimo gli odori e la presenza di mosche o roditori. 10. I pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità per evitare lesioni ai vitelli e devono essere costruiti in modo da non causare lesioni o sofferenza ai vitelli, in piedi o coricati. Essi devono essere adeguati alle dimensioni ed al peso dei vitelli e costituire una superficie rigida, piana e stabile. La zona in cui si coricano i vitelli deve essere confortevole, pulita, adeguatamente prosciugata e non dannosa per i vitelli. Per tutti i vitelli di età inferiore a due settimane deve essere B O O K S E I 102 Capitolo 6 prevista una lettiera adeguata. 11. A tutti i vitelli deve essere fornita un’alimentazione adeguata alla loro età ed al loro peso e conforme alle loro esigenze comportamentali e fisiologiche, onde favorire buone condizioni di salute e di benessere. Gli alimenti devono avere un tenore di ferro sufficiente, nonché un minimo di mangime solido contenente fibre digeribili (da 100 a 200 grammi, tenendo conto dell’età dell’animale) per garantire buone condizioni di salute e di benessere ed un buon ritmo di crescita dei vitelli e soddisfare le loro esigenze comportamentali. Tuttavia, l’obbligo di un quantitativo minimo di alimenti secchi contenenti fibre deperibili non è prescritto per la produzione di vitelli a carne bianca. Ai vitelli non deve essere messa la museruola. 12. Tutti i vitelli devono essere nutriti almeno una volta al giorno. Se i vitelli sono stabulati in gruppo e non sono alimentati “ad libitum” o mediante un sistema automatico di alimentazione, ciascuno vitello deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri vitelli del gruppo. 13. A partire dalla seconda settimana di età, ogni vitello deve poter disporre di acqua fresca adeguata in quantità sufficiente oppure poter soddisfare il proprio fabbisogno in liquidi bevendo altre bevande. 14. Le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere concepite, costruite, installate e mantenute in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti o B O O K S E I 103 Capitolo 6 dell’acqua destinati ai vitelli. ALLEVAMENTO DI SUINI DA INGRASSO D.Lgs. 30/12/1992 n.534. 1. Il presente decreto stabilisce le norme minime per la protezione dei suini confinati per l’allevamento e l’ingrasso. 2.1. Ai sensi del presente decreto si intende per: – suino: un animale della specie suina, di qualsiasi età, allevato per la riproduzione o l’ingrasso; – di sesso maschile che ha raggiunto la pubertà ed è destinato alla riproduzione; 2) scrofetta: un suino di sesso femminile che ha raggiunto la pubertà, ma non ha ancora partorito; 3) scrofa: un suino di sesso femminile che ha già partorito una prima volta; 4) scrofa in allattamento: un suino di sesso femminile nel periodo tra la fase perinatale e lo svezzamento dei lattonzoli; 5) scrofa asciutta e gravida: una scrofa nel periodo tra lo svezzamento e la fase perinatale; 6) lattonzolo: un suino dalla nascita allo svezzamento; 7) suinetto: un suino dallo svezzamento all’età di 10 settimane; 8) suino all’ingrasso: un suino dall’età di 10 settimane alla macellazione o all’impiego come riproduttore; 9) autorità competente: il Ministero della sanità secondo quanto previsto all’art. 9. 3.1. A decorrere dal 1 gennaio 1994 tutte le aziende di nuova costruzione o ricostruite e/o messe in funzione per la prima volta devono soddisfare almeno i requisiti seguenti: a) la superficie libera disponibile per ciascun suinetto o suino all’ingrasso allevato in gruppo deve essere pari almeno a: 1) 0,15 m2 per i suini di peso medio pari o inferiore a 10 kg; 2) 0,20 m2 per i suini di peso medio compreso tra 10 e 20 kg; 3) 0,30 m2 per i suini di peso medio compreso tra 20 e 30 kg; 4) 0,40 m2 per i suini di peso medio compreso tra 30 e 50 kg; 5) 0,55 m2 per i suini di peso medio compreso tra 50 e 85 kg; 6) 0,65 m2 per i suini di peso medio compreso tra 85 e 110 kg; 7) 1 m2 per i suini di peso medio superiore a 110 kg. B O O K S E I 104 Capitolo 6 2. A decorrere dal 1 gennaio 1998 le norme minime di cui sopra si applicano a tutte le aziende. 3. La costruzione o la sistemazione degli impianti in cui sono utilizzati attacchi per le scrofe e le scrofette è vietata a decorrere dal 1 gennaio 1996, tuttavia l’utilizzazione degli impianti costruiti anteriormente al 1 gennaio 1996 e che non soddisfano i requisiti di cui al comma 1 può essere autorizzata dall’autorità competente sulla scorta dei risultati delle ispezioni previste dall’art. 7, comma 1 per un periodo che non oltrepassi in nessun caso i cinque anni dal predetto termine. 4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle aziende con meno di sei suini o cinque scrofe con i loro lattonzoli. 4.1. Le condizioni relative all’allevamento di suini devono essere conformi almeno alle disposizioni generali stabilite nell’allegato; tuttavia, sino al 30 giugno 1995, il sindaco può autorizzare una deroga alle disposizioni enunciate al capitolo I, paragrafi 3, 5, 8 e 11 di detto allegato, sentite le associazioni protezioniste del luogo. 5.1. Salvo che per l’adozione di misure più severe, le prescrizioni contenute nell’allegato possono essere modificate secondo le procedure comunitarie per tener conto dei progressi scientifici. 6.1. Il Ministero della Sanità adotta, sentita la conferenza delle regioni, piani di ispezioni che siano effettuate dal Ministero stesso, dalle autorità regionali e locali e dalle Unità sanitarie locali per accertare l’osservanza delle disposizioni del presente decreto e del suo allegato; tali ispezioni, che possono essere effettuate in concomitanza di controlli attuati per altri fini, riguardano ogni anno un campione statisticamente rappresentativo dei vari sistemi di allevamento nel territorio nazionale. 2. Ogni due anni, prima dell’ultimo giorno feriale del mese di aprile e, per la prima volta, prima del 30 aprile 1996, il Ministero della Sanità informa la commissione in merito ai risultati delle ispezioni effettuate nei due esercizi precedenti conformemente al presente articolo, compreso il numero delle ispezioni effettuate rispetto al numero degli impianti situati nel territorio. 7.1. Per essere importati nella comunità gli animali provenienti da un paese terzo devono essere accompagnati da un certificato rilasciato B O O K S E I 105 Capitolo 6 dall’autorità competente di questo paese, il quale attesta che hanno beneficiato di un trattamento almeno equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria quale quello previsto dal presente decreto. 8.1. Il Ministero della Sanità fornisce l’assistenza necessaria agli esperti della commissione CEE che effettuano ispezioni secondo le procedure comunitarie ed adotta le misure necessarie per tener conto dei risultati di tali ispezioni 9.1. Il Ministro della Sanità con proprio regolamento adotta norme integrative e di applicazione del presente decreto e dispone le verifiche necessarie perché siano ammessi agli scambi soltanto animali trattati conformemente alle presenti disposizioni. 2. Le regioni a statuto ordinario ed a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano possono prevedere o mantenere norme più severe e stabilire le relative sanzioni pecuniarie amministrative, informandone il Ministero della Sanità. 3. Ferma restando la competenza generale del comune a vigilare sul rispetto delle norme di protezione degli animali anche tramite le guardie zoofile delle associazioni di volontariato, fatte salve le competenze per la vigilanza sulle violazioni all’art. 727 del Codice penale, le Unità Sanitarie Locali nell’ambito della vigilanza di cui all’art. 6 lettera u) della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (3), controllano l’applicazione delle disposizioni del presente decreto. 4. Il Ministero della Sanità comunica alla commissione le disposizioni più severe adottate anche in applicazione delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa e delle disposizioni della legge 1985, n. 623 (4). 10.1. Omissis. 11.1. Salvo che il fatto costituisca reato, chi viola le disposizioni di cui all’art. 3, commi 1 e 3, e dell’art. 4 del presente decreto è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire tre milioni a lire diciotto milioni. B O O K S E I 106 Capitolo 6 ALLEGATO CAPITOLO I Condizioni generali 1. I materiali utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione, e in particolare dei recinti e delle attrezzature con i quali i suini possono venire a contatto, non devono essere nocivi per i suini e, devono poter essere accuratamente puliti e disinfettati. 2. Fino all’istituzione di regole comunitarie in materia, l’installazione delle apparecchiature e dei circuiti elettrici deve essere conforme alla regolamentazione nazionale in vigore volta ad evitare qualsiasi scossa elettrica. 3. L’isolamento termico, il riscaldamento e la ventilazione devono consentire di mantenere entro limiti non dannosi per i suini la circolazione dell’aria, la quantità di polvere, la temperatura, l’umidità relativa dell’aria e le concentrazioni di gas. 4. Ogni impianto automatico o meccanico indispensabili per la salute ed il benessere dei suini deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Gli eventuali difetti riscontrati devono, essere eliminati immediatamente; se ciò non fosse possibile, occorre prendere le misure adeguate per salvaguardare la salute ed il benessere dei suini fino a che non sia effettuata la riparazione, ricorrendo in particolare a metodi alternativi di alimentazione e provvedendo a mantenere condizioni ambientali soddisfacenti. Se si utilizza un impianto di ventilazione artificiale, occorre prevedere un adeguato impianto sostitutivo che permetta un ricambio di aria sufficiente per preservare la salute e il benessere dei suini in caso di guasti all’impianto, nonché un sistema di allarme che segnali i guasti all’allevatore. Il sistema di allarme deve essere verificato regolarmente. 5. I suini non devono restare continuamente al buio. A tal fine, onde soddisfare le loro esigenze, comportamentali e fisiologiche, e opportuno prevedere, date le diverse condizioni climatiche degli Stati membri, un’illuminazione adeguata naturale o artificiale che, in quest’ultimo caso, dovrà essere almeno equivalente alla durata di illuminazione naturale normalmente disponibile tra le ore 9,00 e le 17.00. Dovrà inoltre B O O K S E I 107 Capitolo 6 essere disponibile un’illuminazione adeguata (fissa o mobile) di intensità sufficiente per consentire di controllare i suini in qualsiasi momento. 6. Tutti i suini allevati in gruppo o in recinti devono essere controllati almeno una volta al giorno dal proprietario o dal responsabile degli animali. Gli eventuali suini malati o feriti devono ricevere immediatamente le opportune cure. I suini malati o feriti devono, se necessario, poter essere isolati in locali appropriati con lettiera asciutta e confortevole. Qualora i suini non reagiscano alle cure dell’allevatore, occorre chiedere al più presto il parere del veterinario. 7. Qualora i suini vengano tenuti in gruppo, occorre prendere misure opportune per evitare lotte che vadano al di là di un comportamento normale. I suini che presentano una costante aggressività nei confronti degli altri o sono vittime dell’aggressività vanno isolati o allontanati dal gruppo. 8. I locali di stabulazione devono essere costruiti in modo da consentire ad ogni suino: – di coricarsi, giacere ed alzarsi senza difficoltà; – di disporre di una zona pulita adibita al riposo; – di vedere altri suini. 9. Se si utilizza un attacco, questo non deve provocare lesioni al suino e deve essere regolarmente esaminato ed eventualmente aggiustato in modo da assicurare una posizione, confortevole. Ogni attacco deve essere sufficientemente lungo per consentire ai suini di muoversi secondo quanto disposto al paragrafo 8. L’attacco deve essere concepito in modo da evitare, per quanto possibile, qualsiasi rischio di strangolamento e di ferimento. 10. La stalla, i recinti, le attrezzature gli utensili destinati ai suini devono essere puliti e disinfettati regolarmente in modo da prevenire infezioni incrociate o lo sviluppo di organismi infettivi. Gli escrementi, l’urina e i foraggi che non sono stati mangiati o che sono caduti sul pavimento devono essere eliminati con la dovuta regolarità per ridurre gli odori e la presenza di mosche o roditori. 11. I pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità per evitare lesioni ai suini e devono essere costruiti in modo da consentire B O O K S E I 108 Capitolo 6 loro di stare in piedi o coricarsi senza subire lesioni o sofferenze. Essi devono essere adeguati alle dimensioni ed al peso dei suini e costituire una superficie rigida, piana e stabile. La zona in cui i suini si coricano deve essere confortevole, pulita, adeguatamente prosciugata e non dannosa per i suini. Qualora sia prevista una lettiera, deve essere pulita, asciutta e non dannosa per i suini. 12. A tutti i suini devono essere forniti ogni giorno un’alimentazione adeguata alla loro età ed al loro peso e conforme alle loro esigenze comportamentali e fisiologiche, onde favorire buone condizioni di salute e di benessere. 13. Tutti i suini devono essere nutriti almeno una volta al giorno. Se i suini sono stabulati in gruppo e non sono alimentati “ad libitum” o mediante un sistema automatico di alimentazione, ciascun suino deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri suini del gruppo. 14. A partire dalla seconda settimana di età, ogni suino deve poter disporre di acqua fresca adeguata e sufficiente, oppure poter soddisfare il proprio bisogno di liquidi bevendo altre bevande. 15. Le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere concepite, costruite, installate e mantenute in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti o dell’acqua destinata ai suini. 16. Tenuto conto delle condizioni ambientali e della densità degli animali, oltre alle misure normalmente adottate per evitare i morsi alle code e altri comportamenti anormali e per permettere loro di soddisfare le proprie esigenze comportamentali, tutti i suini devono poter disporre di paglia, o altro materiale oppure di un altro oggetto sostitutivo. CAPITOLO II Disposizioni specifiche per le varie categorie di suini A) I. Verri I recinti per i verri devono essere sistemati e costruiti in modo da permettere all’animale di girarsi e di avere il contatto uditivo, olfattivo e visi- B O O K S E I 109 Capitolo 6 vo con gli altri suini e devono comprendere una zona pulita per il riposo. La zona in cui l’animale può coricarsi deve essere asciutta e confortevole. Inoltre la superficie minima di un recinto per verro adulto è di 6 mq. Occorre tuttavia prevedere una superficie maggiore qualora i recinti siano, utilizzati per l’accoppiamento. B) II. Scrofe e scrofette 1. Le scrofe gravide e le scrofette devono, se necessario, essere sottoposte a trattamento contro i parassiti interni o esterni. Esse devono, se sono sistemate negli stalli da parto, essere pulite. 2. Devono disporre di una zona per coricarsi pulita, adeguatamente prosciugata e confortevole e, se necessario, deve essere loro fornita una lettiera adeguata. 3. Dietro alla scrofa alla scrofetta deve essere prevista una zona libera che renda agevole il parto naturale o assistito. 4. Le porcilaie da parto in cui le scrofe possono muoversi liberamente devono essere provviste di strutture (quali ad esempio apposite sbarre) destinate a proteggere i lattonzoli. C) III. Lattonzoli 1. Ove necessario i lattonzoli devono disporre di una fonte dì calore e di una zona solida, asciutta e confortevole, separata da quella occupata dalla scrofa, nella quale potersi coricare e riposare tutti contemporaneamente. 2. Nel caso si usi una gabbia da parto, i lattonzoli devono disporre di spazio sufficiente per poter essere allattati senza difficoltà. 3. Qualora sia praticata, la castrazione di suini di sesso maschile di più di quattro settimane deve essere effettuata, sotto anestesia, da un veterinario o da altra persona qualificata, nell’osservanza della legislazione nazionale. 4. Il mozzamento della coda e dei denti non deve essere effettuato in modo sistematico, ma soltanto quando nell’allevamento si constatino lesioni alle mammelle delle scrofe, alle orecchie o alle code dei suini le quali possono essere evitate soltanto con tali operazioni. Se la troncatura dei denti è necessaria, deve venire, asportata solo la parte terminale degli incisivi e l’operazione deve aver luogo entro i primi sette giorni di vita. 5. I lattonzoli non devono essere staccati dalla scrofa prima che abbiano raggiunto un’età di tre settimane, a meno che la permanenza presso la B O O K S E I 110 Capitolo 6 madre influenzi negativamente il benessere oppure la salute loro o di quest’ultima. D) IV. Suinetti e suini all’ingrasso Occorre formare i gruppi di suini quanto prima dopo lo svezzamento. I suini dovrebbero essere tenuti in gruppi stabili, riducendo il più possibile le commistioni. B O O K S E I 111 Capitolo 6 Scheda - suini da ingrasso a) Definizione progettuale capannone ventilazione naturale con corsia di defecazione esterna senza corsia di defecazione esterna tipologia di pavimentazione: grigliato pavimento unito con lettiera pavimento unito senza lettiera mista spazio unitario a disposizione spazio di mangiatoia spazio di mangiatoia sistema di distribuzione degli alimenti a liquido a secco a terra in mangiatoia locali di servizio infermeria cucina di preparazione dell’alimentazione deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio estrazione d’aria tipologia di pavimentazione: grigliato pavimento unito mista spazio unitario a disposizione a liquido a secco a terra in mangiatoia infermeria cucina di preparazione dell’alimentazione deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio b) Definizione gestionale ricambio d’aria pendenze tetto cupolino finestratura apparecchiatura ausiliaria finestratura di emergenza apparecchiatura ausiliaria stoccaggio effluenti liquami (ventilazione naturale - estrazione d’aria) sottogrigliato dimensionamento vasconi sistemi di trattamento ossigenazione trattamento enzimatico trattamento oligolitico vasche esterne sistemi di asporto dimensionamento sistemi di trattamento separazione liquido/solido ossigenazione miscelazione B O O K S E I 112 Capitolo 6 lettiera (ventilazione naturale) dimensionamento lettiera permanente sistemi di asporto dimensionamento stoccaggi esterni smaltimento mortalità contenitore frigorifero c) Definizioni costruttive fondazioni continua a plinti struttura cemento metallica copertura fibrocemento pannellatura sandwich tamponamenti getto cls (calcestruzzo) mattoni d) Tutela ambientale scarichi effluenti zootecnici ➝ utilizzo agronomico ➝ calcolo dell’N (azoto) ➝ piano di concimazione valutazione impatto ambientale verifica soglie e) Stoccaggi delle scorte depositi cereali /mangimi dimensionamento f) Altre sistemi di raffrescamento scelta tipologia B O O K S E I 113 Capitolo 6 SCHEDA - ALLEVAMENTO SUINI RIPRODUTTORI Scheda - suini riproduttori a) Definizione progettuale definizioni di interesse comune stimolazione ventilazione naturale in box in gabbia estrazione d’aria in box in gabbia gestazione ventilazione naturale in box in gabbia estrazione d’aria in box in gabbia tipologia di pavimentazione spazio unitario a disposizione sistema di distribuzione alimenti tipologia di pavimentazione tipologia di pavimentazione svezzamento ventilazione naturale in box estrazione d’aria in box tipologia di pavimentazione verri ventilazione naturale in box estrazione d’aria in box tipologia di pavimentazione B O O K S E I 114 grigliato pavimento unito mista spazio unitario a disposizione sistema di distribuzione alimenti parto ventilazione naturale in gabbia estrazione d’aria in gabbia locali di servizio infermeria / isolamento sala prelievo seme deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio grigliato pavimento unito mista grigliato pavimento unito mista sistema di distribuzione alimenti grigliato parziale pavimento unito con lettiera senza lettiera sistema di distribuzione alimenti grigliato parziale pavimento unito con lettiera senza lettiera sistema di distribuzione alimenti Capitolo 6 b) Definizione gestionale gestione effluenti liquami vasche sottogrigliato vasche esterne lettiera dimensionamento vasconi sistemi di trattamento ossigenazione trattamento enzimatico trattamento oligolitico sistemi di asporto dimensionamento sistemi di trattamento separazione liquido/solido ossigenazione miscelazione sistemi di pulizia sistemi di asporto dimensionamento stock smaltimento mortalità contenitore frigorifero c) Definizioni costruttive fondazioni continua a plinti struttura cemento metallica fibrocemento pannellatura sandwich copertura tamponamenti getto cls (calcestruzzo) mattoni d) Tutela ambientale scarichi effluenti zootecnici ➝ utilizzo agronomico ➝ calcolo dell’N (azoto) ➝ piano di concimazione civili ➝ trattamento e dispersione valutazione impatto ambientale verifica soglie e) Stoccaggi delle scorte depositi cereali /mangimi dimensionamento B O O K S E I 115 Capitolo 6 SCHEDA - SUINI ALLEVATI ALL’APERTO Tale pratica di allevamento nasce per offrire un duplice vantaggio: quello economico per certi ambiti territoriali non altrimenti interessati e di un ritorno d’immagine per l’attenzione alla salubrità, all’habitat naturale e alla difesa delle tradizioni. Anche questo tipo di allevamento si sviluppa quindi in un ottica biologica per il territorio. Questa pratica consiste nel reintrodurre in opportuni ambiti agricolopastorali suini che hanno la possibilità di alimentarsi e coricarsi in parte allo stato brado ed in parte con il lavoro umano. Per quanto riguarda le condizioni di vita, il maiale deve avere spazio sufficiente per deambulare e grufolare. • Per le scrofe in fase di gestazione ed allattamento, bisogna prevedere dei recinti della superficie di 400 mq per nidiata provvisti di capannina; i riproduttori possono essere tenuti all’aperto. • I suini dai 25/30 kg possono seguire due strade: 1) essere destinati all’ingrasso in allevamenti di tipo tradizionale; 2) rimanere in allevamento in spazi aperti, destinando una superficie/capo non < ai 50 mq e comunque relazionata alla capacità del territorio di fornire alimentazione spontanea. Le strutture indicate per questo tipo di allevamento sono: – ricoveri semplici in legno o in terra e paglia; – abbeveratoi e mangiatoie proporzionati al carico animale; – recinzione dell’area con rete metallica o altro materiale idoneo. B O O K S E I 117 Capitolo 6 ALLEVAMENTO AVICOLO - GALLINE OVAIOLE DECRETO LEGISLATIVO 29 luglio 2003, n. 267 Attuazione delle direttive 1999/74/CE e 2002/4/CE, per la protezione delle galline ovaiole e la registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 219 del 20-9-2003 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l'articolo 117 della Costituzione; Vista la legge 30 luglio 2002, n. 180, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive comunitarie 1999/45/CE, 1999/74/CE, 1999/105/CE, 2000/52/CE, 2001/109/CE, 2002/4/CE e 2002/25/CE; Vista la legge 1° marzo 2002, n. 39, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (legge comunitaria 2001); Vista la direttiva 1999/74/CE del Consiglio, del 19 luglio 1999, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole; Vista la direttiva 2002/4/CE della Commissione, del 30 gennaio 2002, relativa alla registrazione degli stabilimenti di allevamento di galline ovaiole di cui alla direttiva 1999/74/CE del Consiglio; Visto il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 146, recante attuazione della direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli allevamenti; Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni; Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 12 marzo 2003; Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 luglio 2003; Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro B O O K S E I 118 Capitolo 6 della salute, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, delle politiche agricole e forestali e per gli affari regionali; Emana il seguente decreto legislativo: Art. 1. Definizioni e ambito di applicazione 1. Il presente decreto stabilisce le norme minime da rispettare per assicurare la protezione delle galline ovaiole. 2. Ai fini del presente decreto si intende per: a) proprietario o detentore: qualsiasi persona fisica o giuridica che, anche temporaneamente, è responsabile o si occupa degli animali; b) autorità competente: il Ministero della Salute e quali autorità sanitarie territorialmente competenti: le regioni, le province autonome e le Aziende Sanitarie Locali; c) galline ovaiole: le galline della specie Gallus gallus, mature per la deposizione di uova, allevate ai fini della produzione di uova non destinate alla cova; d) nido: uno spazio separato, i cui componenti escludono per il pavimento qualsiasi utilizzo di rete metallica o plastificata che possa entrare in contatto con i volatili, previsto per la deposizione delle uova di una singola gallina o di un gruppo di galline, così detto nido di gruppo; e) lettiera: il materiale allo stato friabile che permette alle ovaiole di soddisfare le loro esigenze etologiche; f) gabbia: uno spazio chiuso destinato ad ospitare le galline ovaiole in un sistema a batteria; g) sistema a batteria: un insieme di gabbie disposte in fila su un unico piano o incastellate; h) zona utilizzabile: una zona avente una larghezza minima di 30 cm, una pendenza massima del 14 per cento sovrastata da uno spazio libero avente un'altezza minima di 45 cm. Gli spazi destinati a nido non fanno parte della zona utilizzabile; i) unità produttiva: un capannone dove vengono allevate in tutto o in parte le galline ovaiole; l) allevamento: insieme di una o più unità produttive situate nella stessa area. B O O K S E I 119 Capitolo 6 3. Il presente decreto non si applica agli stabilimenti con meno di 350 galline ovaiole e a quelli di allevamento di galline ovaiole riproduttrici, nei confronti dei quali trovano comunque applicazione le prescrizioni di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 146. Art. 2. Obblighi del proprietario o del detentore di galline ovaiole 1. Ferme restando le disposizioni di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 146, il proprietario o il detentore deve rispettare le disposizioni di cui all'allegato A al presente decreto, nonché, a decorrere dalle date in essi indicate, quelle di cui: a) all'allegato B, nel caso di utilizzo di sistemi alternativi; b) all'allegato C, nel caso di utilizzo di gabbie non modificate; c) all'allegato D, nel caso di utilizzo di gabbie modificate. Art. 3. Divieti 1. A decorrere: a) dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è vietato costruire o mettere in funzione per la prima volta le gabbie di cui al punto 1 dell'allegato C; b) dal 1° gennaio 2012, è vietato utilizzare nell'allevamento le gabbie di cui al numero 1 dell'allegato C. Art. 4. Registrazione degli allevamenti 1. Colui che intende avviare uno stabilimento di allevamento di galline ovaiole chiede la registrazione dello stesso ai Servizi Veterinari della Azienda Sanitaria competente per territorio, inviando per iscritto i dati di cui al numero 1 dell'allegato E al presente decreto, prima dell'inizio dell'attività. 2. Per i fini di cui al comma 1, i Servizi Veterinari iscrivono in un registro gli allevamenti attribuendo a ciascuno di essi un numero distintivo unico, in conformità a quanto prescritto all'allegato E al presente decreto; nel caso di utilizzo di registri già in uso per i fini stabiliti da altre normative del settore veterinario, tali registri devono comunque contenere tutti i dati necessari per la registrazione degli allevamenti, B O O K S E I 120 Capitolo 6 nonché il numero distintivo attribuito a ciascuno di essi. 3. Il proprietario o il detentore di galline ovaiole che abbia lo stabilimento di allevamento in attività alla data di entrata in vigore del presente decreto, invia i dati di cui al comma 1 al Servizio Veterinario dell'Azienda Sanitaria competente per territorio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; il Servizio veterinario dell'Azienda Sanitaria competente per territorio provvede agli adempimenti di cui al comma 2 entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta. Nessun allevamento già in attività alla data di entrata in vigore del presente decreto può continuare l'attività qualora non abbia ottemperato a quanto disposto dal presente comma. 4. Il proprietario o il detentore deve notificare tempestivamente eventuali modifiche dei dati di cui al comma 1 ai Servizi Veterinari della Azienda Sanitaria competente per territorio, che provvedono all'immediato aggiornamento del registro degli allevamenti. 5. I registri degli stabilimenti di cui al presente articolo devono essere messi a disposizione nel caso di cui all'articolo 6, comma 1, nonché per il rintraccio delle uova immesse sul mercato, destinate al consumo umano. 6. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nessun allevamento può iniziare l'attività qualora non sia stato registrato e non abbia ricevuto l'assegnazione del numero distintivo conformemente a quanto prescritto al presente articolo ed alle disposizioni di cui all'allegato E al presente decreto. 7. Le spese derivanti dalle procedure connesse alle attività di cui al presente articolo, sono a carico del richiedente sulla base del costo effettivo del servizio reso, secondo tariffe e modalità da stabilire con disposizione regionale. Art. 5. Attività ispettiva 1. Le autorità sanitarie territorialmente competenti: a) procedono ad ispezioni per la verifica del rispetto delle disposizioni del presente decreto, da effettuare anche in occasione di altri controlli e mantengono la documentazione dei risultati delle singole ispezioni effettuate; b) all'atto del controllo indicano, nel verbale di accertamento, le carenze riscontrate e le conseguenti prescrizioni con i relativi tempi di adeguamento; B O O K S E I 121 Capitolo 6 c) trasmettono al Ministero della Salute, per il tramite degli assessorati regionali competenti, una relazione sulle ispezioni di cui alla lettera a), al fine della predisposizione e presentazione alla Commissione europea di una relazione complessiva sulle ispezioni effettuate sul territorio nazionale. Art. 6. Controlli comunitari 1. Gli esperti veterinari della Commissione europea e del Ministero della Salute, anche al fine di garantire l'applicazione uniforme sul territorio nazionale, possono procedere a controlli per: a) verificare che siano rispettati i requisiti stabiliti dal presente decreto; b) accertare che le ispezioni di cui all'articolo 5 siano effettuate secondo le modalità stabilite in sede nazionale e comunitaria. 2. Le autorità sanitarie territorialmente competenti forniscono l'assistenza necessaria agli esperti veterinari della Commissione europea nell'espletamento dell'incarico di cui al comma 1 e vigilano sull'applicazione delle misure conseguenti agli esiti dei controlli effettuati ai sensi del presente articolo. Art. 7. Sanzioni amministrative 1. Salvo che il fatto costituisca reato, il proprietario o il detentore che violi le disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) dell'articolo 2, e quelle di cui al numero 8 dell'allegato A, nonché i divieti di cui all'articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.550,00 euro a 9.300,00 euro. 2. L'autorità competente, valutata la gravità delle carenze riscontrate nel corso dei controlli, può sospendere l'applicazione della sanzione di cui al comma 1 in caso di tempestivo e puntuale adeguamento alle prescrizioni dettate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a). La sospensione è automaticamente revocata in caso di reiterazione delle violazioni e non può essere concessa in caso di recidiva. 3. Nel caso di reiterazione delle violazioni di cui al comma 1, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata fino alla metà ed è disposta la sospensione dell'attività svolta, a fine ciclo, da uno a tre mesi con riferimento alle unità produttive risultate non conformi; nell'ipotesi di sospensione dell'attività, il proprietario o il detentore è tenuto B O O K S E I 122 Capitolo 6 comunque ad assicurare il benessere delle galline ovaiole. Fermo restando che in tale periodo di sospensione dell'attività non vanno computati i periodi di vuoto biologico e di vuoto sanitario. 4. Il proprietario o detentore che ometta di richiedere la registrazione prevista all'articolo 4, commi 1 e 3, entro i termini indicati al medesimo articolo 4, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 515,00 euro a 3.090,00 euro, nonché la sospensione dell'attività fino all'avvenuta registrazione dello stabilimento di allevamento; all'accertamento di tale violazione consegue sempre la registrazione d'ufficio dell'allevamento, con spese a carico del soggetto interessato, determinate ai sensi dell'articolo 4, comma 7. Art. 8. Disposizioni finali 1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione il presente decreto legislativo si applica, per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto al recepimento delle direttive 1999/74/CE e 2002/4/CE, sino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. 2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 233, recante attuazione della direttiva 86/113/CEE, che stabilisce norme minime per la protezione delle galline ovaiole in batteria. 3. Gli allegati al presente decreto sono modificati con regolamento adottato dal Ministro della salute, al fine di adeguarli alle modifiche tecniche dettate in sede comunitaria. 4. Le caratteristiche tecniche del nido e della lettiera di cui all'allegato D, numeri 2 e 3, sono definite con apposito regolamento da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali. 5. Il divieto di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), non si applica nel caso in cui sia provato che le gabbie di cui al punto 1 dell'allegato C sono state commissionate prima del 31 dicembre 2002. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. B O O K S E I 123 Capitolo 6 SCHEDA - GALLINE OVAIOLE Condizioni specifiche • Aperture dotate di dispositivi antiuccelli. • Predisposizione di idoneo impianto per la distribuzione e la somministrazione di prodotti farmacologici in acqua da bere. • I capannoni di allevamento devono avere un’altezza minima di mt. 3, aperture dotate di dispositivi antiuccelli. • Deve essere garantita un’illuminazione artificiale che preveda una variazione di minima e massima in relazione alle esigenze produttive e fisiologiche dei soggetti. • I locali di allevamento devono essere opportunamente isolati sia come copertura che come tamponatura. • Nei capannoni di allevamento a ventilazione naturale, la pendenza del controsoffitto non deve essere < al 25%. • In presenza di capannoni di allevamento a ventilazione forzata, gli stessi devono essere dotati di sistemi automatici di apertura delle finestre e luci equivalenti all’esterno. • Predisporre un idoneo impianto di estrazione dell'aria con densità > di 15 capi/mq e con presenza di deiezioni. • Predisporre idonea vasca di raccolta degli effluenti, rapportata al numero di capi e sufficiente per un periodo di 180 giorni, copribile. • Predisporre un adeguato centro di stoccaggio ed eventuale selezione delle uova. • Recinzione del corpo aziendale con struttura e altezza idonea (non < a mt. 2). B O O K S E I 124 Capitolo 6 Scheda - galline ovaiole a) Definizione progettuale definizioni di interesse comune verifica dimensione gabbie tipologia di gestione degli effluenti (v. punto b) impianto idrico di somministrazione medicinali silos per mangimi medicati impianto di illuminazione sistema di ventilazione naturale tipologia di impianto gabbie dimensionamento finestrature cupolino pendenze tetto estrazione d'aria tipologia di impianto gabbie dimensionamento aperture emergenza impianti allarme generatore sistemi di prevenzione misto tipologia di impianto gabbie dimensionamento aperture cupolino pendenze tetto dimensionamento aperture emergenza impianti allarmeparto locali di servizio deposito uova deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio b) Definizione gestionale gestione effluenti raccolta e stoccaggio sotto gabbia dimensionamento stoccaggio tipologia di ventilazione sistemi di asporto e pulizia trattamenti (chimici, fisici e chimico-fisici) stoccaggio esterno sistemi di asporto dimensionamento stoccaggio trattamenti (chimici, fisici e chimico-fisici) B O O K S E I 126 Capitolo 6 smaltimento mortalità contenitore frigorifero c) Definizioni costruttive fondazioni continua a plinti struttura cemento metallica fibrocemento pannellatura sandwich copertura tamponamenti getto cls (calcestruzzo) mattoni pannellatura sandwich d) Tutela ambientale scarichi effluenti zootecnici ➝ utilizzo agronomico ➝ calcolo dell’N (azoto) ➝ piano di concimazione civili ➝ trattamento e dispersione valutazione impatto ambientale verifica soglie e) Stoccaggi delle scorte deposito uova dimensionamento f) Altre sistemi di raffrescamento scelta tipologia B O O K S E I 127 Capitolo 6 SCHEDA - ALLEVAMENTO DI POLLI E TACCHINI DA CARNE Condizioni specifiche • I capannoni di allevamento devono avere un’altezza minima di mt. 3, aperture dotate di dispositivi antiuccelli. • Deve essere garantita l’illuminazione naturale da una superficie finestrata non inferiore al 5% della superficie di allevamento. • Deve essere garantita un’illuminazione artificiale minima di 5 lux/mq all’altezza della testa degli animali, in presenza dell’operatore in allevamento minimo 30 lux/mq in aumento in base ai fabbisogni operativi e fino a 120Lux/mq. • I locali di allevamento devono essere opportunamente isolati sia come copertura che come tamponatura; • Nei capannoni di allevamento a ventilazione naturale, la pendenza del controsoffitto non deve essere < al 25%. • In presenza di capannoni di allevamento a ventilazione forzata, gli stessi devono essere dotati di sistemi automatici di apertura delle finestre e luci equivalenti all’esterno. • Predisporre idoneo impianto per la distribuzione e la somministrazione di prodotti farmacologici in acqua da bere. • Predisporre idonea vasca di raccolta degli effluenti rapportata al carico animale e per un periodo di stoccaggio di 120 g., copribile. • Recintare il corpo aziendale con struttura e altezza idonea (non < a mt.2) e comunque in conformità alle normative comunali. ❖ Polli da carne: prevedere una superficie di allevamento idonea ad ospitare un carico max. di 11 capi/metro in caso di ventilazione naturale (carico max. finale di 25kg/mq); di 15 capi/mq in caso di ventilazione forzata (estrazione e non movimentazione) carico max finale di 35 kg/mq, variazioni sono ammesse in base alle % di presenza tra maschi e femmine. ❖ Tacchini da carne: prevedere una superficie di allevamento idonea ad ospitare un carico max. di 3.5 capi/metro in caso di ventilazione naturale (carico max. finale di 35kg/mq); di 4.5 capi/mq in caso di ventilazione forzata (estrazione e non movimentazione) carico max finale di 35 kg/mq, variazioni sono ammesse in base alle percentuali di presenza tra maschi e femmine. B O O K S E I 128 Capitolo 6 Scheda - polli e tacchini da carne a) Definizione progettuale definizioni di interesse comune impianto di distribuzione alimenti impianto di abbeverata impianto di somministrazione medicinali silos per mangimi medicati impianto di illuminazione sistemi di oscuramento sistema di ventilazione naturale densità capi dimensionamento finestrature cupolino pendenze tetto estrazione d'aria densità capi dimensionamento aperture emergenza impianti allarme generatore di corrente sistemi di prevenzione misto densità capi dimensionamento aperture cupolino pendenze tetto dimensionamento aperture emergenza impianti allarme locali di servizio deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio b) Definizione gestionale gestione effluenti platea di stoccaggio dimensionamento eventuali sistemi di trattamento smaltimento mortalità contenitore frigorifero B O O K S E I 130 Capitolo 6 c) Definizioni costruttive fondazioni continua a plinti struttura cemento metallica fibrocemento pannellatura sandwich copertura tamponamenti getto cls (calcestruzzo) mattoni pannellatura sandwich d) Tutela ambientale scarichi effluenti zootecnici ➝ utilizzo agronomico ➝ calcolo dell’N (azoto) ➝ piano di concimazione civili ➝ trattamento e dispersione valutazione impatto ambientale verifica soglie e) Stoccaggi delle scorte deposito trucioli / materiali di lettiera dimensionamento f) Altre sistemi di raffrescamento scelta tipologia B O O K S E I 131 Capitolo 6 SCHEDA - ALLEVAMENTO CUNICOLO Condizioni specifiche • Aperture dotate di dispositivi antiuccelli. • I capannoni di allevamento devono avere un’altezza minima di mt. 3, aperture dotate di dispositivi antiuccelli. • Deve essere garantita una illuminazione artificiale che preveda una variazione di minima e massima in relazione alle esigenze produttive e fisiologiche dei soggetti. • I locali di allevamento devono essere opportunamente isolati sia come copertura e come tamponatura. • Nei capannoni di allevamento a ventilazione naturale, la pendenza del controsoffitto non deve essere < al 25%. • In presenza di capannoni di allevamento a ventilazione forzata, gli stessi devono essere dotati di sistemi automatici di apertura delle finestre e luci equivalenti all’esterno. • Predisporre idoneo impianto per la distribuzione e la somministrazione di prodotti farmacologici in acqua da bere. • Predisporre un idoneo impianto di estrazione dell'aria con densità > di 15 capi/mq e con presenza di deiezioni. • Cubatura d’aria non inferiore a 0.20 mc. /capo. • Gabbie da riproduzione unicellulari: superficie minima di 0.30 mq. con nido interno. • Gabbie da riproduzione unicellulari: superficie minima di 0.25 mq. con nido esterno. • Nidi: superficie non inferiore a 0.07 mq.. • Gabbie autosvezzanti: sup. non inferiore a 0.3 mq./capo. • Gabbie per ingrasso: sup. non inferiore a 0.40 mq./capo. • Mangiatoie: lunghezza non inferiore a cm. 5 – 7/capo, inferiori solo se con razionamento a volontà, abbeveratoi in base al tipo utilizzato. • Predisporre idonea vasca di raccolta degli effluenti, rapportata al n. di capi e sufficiente per un periodo di 180 giorni, copribile. • Recintare il corpo aziendale con struttura e altezza idonea (non < a mt. 2). B O O K S E I 132 Capitolo 6 Scheda - conigli (ciclo chiuso) a) Definizione progettuale definizioni di interesse comune verifica dimensione gabbie riproduzione verifica dimensione gabbie ingrasso sistema distribuzione alimenti manuale automatizzato tipologia di gestione degli effluenti (v. punto b) impianto idrico di somministrazione medicinali silos per mangimi medicati impianto di illuminazione sistema di ventilazione naturale dimensionamento finestrature cupolino pendenze tetto estrazione d'aria dimensionamento aperture emergenza impianti allarme generatore sistemi di prevenzione misto dimensionamento aperture emergenza cupolino pendenze tetto impianti allarme locali di servizio deposito prodotti medicinali servizi igienici-spogliatoio locali ufficio b) Definizione gestionale gestione effluenti stoccaggio esterno dimensionamento stoccaggio sistemi di asporto e pulizia trattamenti (chimici, fisici e chimico-fisici) smaltimento mortalità contenitore frigorifero B O O K S E I 134 Capitolo 6 c) Definizioni costruttive fondazioni continua a plinti struttura cemento metallica fibrocemento pannellatura sandwich copertura tamponamenti getto cls (calcestruzzo) mattoni pannellatura sandwich d) Tutela ambientale scarichi effluenti zootecnici ➝ utilizzo agronomico ➝ calcolo dell’N (azoto) ➝ piano di concimazione civili ➝ trattamento e dispersione d) Stoccaggi delle scorte deposito materiali di consumo dimensionamento f) Altre sistemi di raffrescamento scelta tipologia B O O K S E I 135 Capitolo 6 SCHEDA - ALLEVAMENTO DI SELVAGGINA (FAGIANI - PERNICI E STARNE) Pulcinaia: 1) aerata naturalmente: dimensionata a contenere non più di 30 fagiani/mq. fino ai 30 gg., (30/mq. per starne e pernici) poi sfoltire; 2) provvista di ventilazione forzata: 45 fagiani/mq. (50-60 /mq. per starne e pernici); Svezzamento, dai 30 ai 60 giorni circa: 1) areazione naturale max 20 capi/mq; 2) areazione forzata max 25 capi/mq. Selvaggina in allevamento: prevedere idonei parchetti a terra in grado di ospitare gruppi di non oltre 10 femmine per maschio. Tali strutture devono essere opportunamente dotate di impianti di abbeverata e distribuzione di alimenti; – Le voliere devono essere opportunamente chiuse da idonea rete, creare un ambiente simil-naturale (terreno coltivato a cereali, graminacee ed altra vegetazione erbacea) sistemato in modo di favorire il deflusso delle acque; – In caso di allevamento a ciclo chiuso predisporre idoneo locale per la conservazione delle uova. B O O K S E I 136 Capitolo 6 SCHEDA - ALLEVAMENTO OVINO - CAPRINO Caratteristiche della struttura di allevamento • Prevedere una zona di alimentazione sopraelevata di circa 0.40 mt, se usata anche per mungitura h. di 0.80 mt; • Prevedere una zona di riposo normalmente su lettiera permanente (paglia) o materiale equivalente; • Pavimentazione in cemento e/o terra battuta, tenendo conto che la pulizia delle deiezioni si deve effettuare in periodo non superiore ai 6 mesi e/o con altezza di letame max. di mt. 0.35; • Spazio / capo indifferenziato (zona riposo / alimentazione) non inferiore a 1.7 mq./capo; • Cubatura/capo non inferiore ai 6 mc.; • Paddoks con possibilità di pascolamento, la superficie deve essere non inferiore a 4/5 mq./capo; • Paddoks senza possibilità di pascolamento, la superficie deve essere non inferiore a 7/8 mq./capo; • Recinzione del corpo aziendale con rete metallica di altezza non inferiore a 1.5 mt.. B O O K S E I 138 Capitolo 7 CAPITOLO 7 Bookse n. 6 Allevamenti Vademecum con sui metodo diMangimi produzione biologico Vengono riportati alcuni articoli ed allegati del Regolamento del Consiglio, di nostro interesse. Reg. (CEE) 24-6-1991 n. 2092/91 2092 Regolamento del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari. Pubblicato nella G.U.C.E. 22 luglio 1991, n. L 198. Entrato in vigore il 22 luglio 1991. Campo di applicazione Articolo 1 1. Il presente regolamento si applica ai prodotti sotto indicati, nella misura in cui rechino o siano destinati a recare indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico: a) i prodotti agricoli vegetali non trasformati; anche gli animali e i prodotti animali non trasformati, nella misura in cui i principi che B O O K S E I 141 Capitolo 7 regolano la produzione e le norme specifiche di controllo applicabili figurino negli allegati I e III; b) i prodotti agricoli vegetali e animali trasformati destinati all’alimentazione umana composti essenzialmente di uno o più ingredienti di origine vegetale e/o animale; c) i mangimi, i mangimi composti per animali e le materie prime per mangimi, non contemplati dalla lettera a) con effetto dall’entrata in vigore del regolamento della Commissione di cui al paragrafo 3. 2. In deroga al paragrafo 1, qualora l’allegato I non fissi norme dettagliate di produzione per talune specie animali, si applicano le norme in materia di etichettatura e di controllo previste rispettivamente all’articolo 5 e agli articoli 8 e 9 per tali specie e i relativi prodotti, ad eccezione dell’acquacoltura e dei prodotti dell’acquacoltura. In attesa dell’inserimento di norme dettagliate di produzione si applicano norme nazionali o, in mancanza di queste, norme private, accettate o riconosciute dagli Stati membri. 3. Entro il 24 agosto 2001, la Commissione presenta, conformemente alla procedura di cui all’articolo 14, una proposta di regolamento sui requisiti in materia di etichettatura e di controllo e le misure cautelative per i prodotti menzionati al paragrafo 1, lettera c) , purché tali requisiti si riferiscano al metodo di produzione biologico. In attesa dell’adozione del regolamento di cui al primo comma, ai prodotti di cui al paragrafo 1, lettera c) si applicano norme nazionali in conformità della legislazione comunitaria o, in mancanza di queste, norme private accettate o riconosciute dagli Stati membri. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si considera che un prodotto reca indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico quando, nell’etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, il prodotto stesso, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi sono caratterizzati dalle indicazioni che sono in uso in ciascuno Stato membro, che suggeriscono all’acquirente che il prodotto, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi sono stati ottenuti conformemente alle norme di produzione di cui all’articolo 6 e in particolare sono caratterizzati dai termini in appresso o dai corrispondenti termini derivati (come bio, eco, ecc.) o diminutivi in uso, soli o combinati, salvo che detti termini non si applichino ai prodotti agricoli contenuti nelle derrate alimentari o nei mangi- B O O K S E I 142 Capitolo 7 mi o non abbiano in modo evidente alcun rapporto con il metodo di produzione: – in spagnolo: ecológico, – in danese: økologisk, – in tedesco: ökologisch, biologisch, – in greco: (6), – in inglese: organic, – in francese: biologique, – in italiano: biologico, – in olandese: biologisch, – in portoghese: biológico, – in finlandese: luonnonmukainen, – in svedese: ekologisk. Articolo 3 Il presente regolamento si applica, fatte salve le altre disposizioni comunitarie o nazionali, in conformità del diritto comunitario riguardante i prodotti specificati all’articolo 1, quali le disposizioni che disciplinano la produzione, la preparazione, la commercializzazione, l’etichettatura e il controllo, compresa la normativa in materia di prodotti alimentari e di alimentazione degli animali Definizioni Articolo 4 Ai fini del presente regolamento, si intende per: 1) “etichettatura”: le diciture, le indicazioni, i marchi di fabbrica o di commercio, le immagini o i simboli presenti su imballaggi, documenti, cartoncini, etichette, nastri e fascette che accompagnano o concernono i prodotti di cui all’articolo 1; 2) “produzione”: le operazioni effettuate in un’azienda agricola volte alla produzione, all’imballaggio e alla prima etichettatura, quali prodotti ottenuti con metodo biologico, di prodotti agricoli ottenuti in tale azienda (8); 3) “preparazione”: le operazioni di conservazione e/o di trasformazione di prodotti agricoli (compresa la macellazione e il sezionamento per i B O O K S E I 143 Capitolo 7 prodotti animali) nonché il condizionamento e/o modifiche apportate all’etichettatura relativamente alla presentazione del metodo di produzione biologico apportate all’etichettatura dei prodotti freschi, conservati e/o trasformati (9); 4) “commercializzazione”: la detenzione o l’esposizione a scopo di vendita, la messa in vendita, la vendita, la consegna o qualsiasi altro modo di immissione in commercio; 5) “operatore”: la persona fisica o giuridica che produce, prepara o importa da Paesi terzi i prodotti di cui all’articolo 1 ai fini della loro commercializzazione, o che commercializza tali prodotti; 6) “ingredienti”: le sostanze (compresi gli additivi) usate per la preparazione dei prodotti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), definiti all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 79/112/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità; 7) “prodotti fitosanitari”: i prodotti definiti nell’articolo 2, punto 1, della direttiva 79/117/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1978, relativa al divieto di immettere in commercio e impiegare prodotti fitosanitari contenenti determinate sostanze attive, modificata da ultimo dalla direttiva 89/365/CEE; 8) “detergenti”: le sostanze e i preparati ai sensi della direttiva 73/404/CEE del Consiglio, del 22 novembre 1973, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai detergenti, modificata da ultimo dalla direttiva 86/94/CEE, destinati alla pulitura di taluni prodotti contemplati dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera a); 9) “prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato”: ogni singolo prodotto quale definito all’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 79/112/CEE; 10) “elenco degli ingredienti”: l’elenco degli ingredienti di cui all’articolo 6 della direttiva 79/112/CEE. 11) “produzioni animali”: le produzioni di animali terrestri, domestici o addomesticati (inclusi gli insetti) e di specie acquatiche allevate in acqua dolce, salata o salmastra. I prodotti della caccia e della pesca di animali selvatici non sono considerati come provenienti da produzioni biologiche; B O O K S E I 144 Capitolo 7 12) “organismo geneticamente modificato (OGM)”: qualsiasi organismo cui si applica la definizione di cui all’articolo 2 della direttiva 90/220/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati; 13) “derivato di OGM”: una sostanza prodotta con/o a partire da OGM, ma che non ne contiene; 14) “uso di OGM e di derivati di OGM”: il loro uso quali prodotti alimentari, ingredienti alimentari (compresi gli additivi e gli aromatizzanti), coadiuvanti tecnologici (compresi i solventi di estrazione), alimenti, mangimi composti, materie prime per mangimi, additivi per mangimi, coadiuvanti tecnologici per mangimi, taluni prodotti utilizzati nell’alimentazione per gli animali di cui alla direttiva 82/471/CEE, prodotti fitosanitari, prodotti medicinali veterinari, concimi, ammendanti del terreno, sementi, materiale di moltiplicazione vegetale e animale; 15) “medicinali veterinari”: i prodotti cui si applica la definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali; 16) “medicinali omeopatici veterinari”: i prodotti definiti all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 92/74/CEE del Consiglio, del 22 settembre 1992, che amplia il campo d’applicazione della direttiva 81/851/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative ai medicinali veterinari e che fissa disposizioni complementari per i medicinali omeopatici veterinari; 17) “mangimi”: i prodotti definiti all’articolo 2, lettera a), della direttiva 79/373/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979 relativa alla commercializzazione dei mangimi composti per animali; 18) “materie prime per mangimi”: i prodotti definiti all’articolo 2, lettera a), della direttiva 96/25/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, relativa alla circolazione delle materie prime per alimenti degli animali, che modifica le direttive 70/524/CEE, 74/63/CEE, 82/471/CEE e 93/74/CEE e abroga la direttiva 77/101/CEE); 19) “mangimi composti per animali”: i prodotti definiti all’articolo 2, let- B O O K S E I 145 Capitolo 7 tera b), della direttiva 79/373/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, relativa alla commercializzazione dei mangimi composti per animali; 20) “additivi per mangimi”: i prodotti definiti all’articolo 2, lettera a), della direttiva 70/524/CEE, del Consiglio, del 23 novembre 1970, relativa agli additivi nell’alimentazione degli animali; 21) “taluni prodotti impiegati nell’alimentazione degli animali”: prodotti nutrizionali ai sensi della direttiva 82/4717CEE del Consiglio, del 30 giugno 1982, relativa a taluni prodotti impiegati nell’alimentazione degli animali; 22) “unità/azienda/azienda di allevamento con metodo di produzione biologico”: l’unità o l’azienda o l’azienda di allevamento conforme alle norme del presente regolamento; 23) “mangimi/materie prime per mangimi ottenuti con metodo di produzione biologico”: i mangimi/le materie prime per mangimi prodotti conformemente alle norme di produzione di cui all’articolo 6; 24) “mangimi/materie prime per mangimi di conversione”: i mangimi/le materie prime per mangimi che rispondono alle norme di produzione di cui all’articolo 6, eccetto per il periodo di conversione in cui dette norme si applicano per almeno un anno prima della raccolta; 25) “mangimi/materie prime per mangimi convenzionali”: i mangimi/le materie prime per mangimi che non rientrano nelle categorie di cui ai punti 23 e 24. B O O K S E I 146 Capitolo 7 Allegato I Norme per la produzione biologica a livello aziendale Vegetali e prodotti vegetali 1.1. Le norme di produzione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettere a), b) e d), figuranti nel presente allegato devono di regola essere state applicate negli appezzamenti per un periodo di conversione di almeno due anni prima della semina o, nel caso di pascoli, di almeno due anni prima della loro utilizzazione come alimenti per animali ottenuti dall’agricoltura biologica o ancora, nel caso delle colture perenni diverse dai prati, di almeno tre anni prima del primo raccolto dei prodotti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a). Il periodo di conversione decorre non prima della data in cui il produttore ha notificato la propria attività, ai sensi dell’articolo 8, e sottoposto la propria azienda al regime di controllo di cui all’articolo 9. 1.2. L’autorità o l’organismo di controllo può tuttavia decidere, d’intesa con l’autorità competente, di riconoscere retroattivamente come facenti parte del periodo di conversione eventuali periodi anteriori durante i quali: a) gli appezzamenti facevano parte di un programma di applicazione del regolamento (CEE) n. 2078/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, relativo a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell’ambiente e con la cura dello spazio naturale, o del capo VI del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti ovvero nel quadro di un altro programma ufficiale, a condizione che i programmi di cui trattasi garantiscano che nessun prodotto non compreso nell’allegato II, parti A e B, sia stato utilizzato su detti appezzamenti; b) gli appezzamenti erano superfici agricole o allo stato naturale non trattate con nessuno dei prodotti non compresi nell’allegato II, parti A e B. Tale periodo potrà essere preso in considerazione retroattivamente soltanto qualora l’autorità o l’organismo di controllo abbia ottenuto prove sufficienti che le condizioni suddette erano soddisfatte per un periodo di almeno tre anni. 1.3. L’autorità o l’organismo di controllo può decidere, con il consenso dell’autorità competente, che in certi casi il periodo di conversione sia prolungato oltre la durata stabilita al punto 1.1, tenuto conto dell’utilizzazione anteriore degli appezzamenti. B O O K S E I 147 Capitolo 7 1.4. Per gli appezzamenti già convertiti o in corso di conversione all’agricoltura biologica che sono trattati con un prodotto non figurante nell’allegato II, lo Stato membro ha facoltà di ridurre il periodo di conversione ad una durata inferiore a quella stabilita al punto 1.1 nei due casi seguenti: a) per gli appezzamenti trattati con un prodotto non compreso nell’allegato II, parte B, nel quadro di un’azione di lotta contro una malattia o un parassita resa obbligatoria per una determinata coltura vegetale dall’autorità competente dello Stato membro nel suo territorio o in alcune parti di esso; b) per gli appezzamenti trattati con un prodotto non compreso nell’allegato II, parte A o B, nel quadro di prove scientifiche approvate dall’autorità competente dello Stato membro. La durata del periodo di conversione è fissata tenendo conto di tutti gli elementi seguenti: – la decomposizione del fitofarmaco in causa deve garantire, alla fine del periodo di conversione, un livello insignificante di residui nel suolo, nonché nel vegetale ove si tratti di coltura perenne, – il raccolto successivo al trattamento non può essere commercializzato con un riferimento al modo di produzione biologico, – lo Stato membro interessato deve informare gli altri Stati membri e la Commissione della propria decisione di effettuare il trattamento obbligatorio. 2.1. La fertilità e l’attività biologica del suolo devono essere mantenute o aumentate in primo luogo mediante: a) la coltivazione di leguminose, di concimi verdi o di vegetali aventi un apparato radicale profondo nell’ambito di un adeguato programma di rotazione pluriennale; b) l’incorporazione di letame proveniente da allevamenti biologici, nel rispetto delle disposizioni e delle restrizioni di cui alla parte B, punto 7.1, del presente allegato; c) l’incorporazione di altro materiale organico, compostato o meno, prodotto da aziende che operano nel rispetto delle norme del presente regolamento. 2.2. L’integrazione con altri concimi organici o minerali di cui all’allegato II è consentita a titolo eccezionale qualora: – un nutrimento adeguato dei vegetali in rotazione o il condizionamento del terreno non possano essere ottenuti con i soli mezzi indicati al precedente paragrafo, lettera a), b) e c), – per quanto riguarda i prodotti dell’allegato II relativi a concime e/o B O O K S E I 148 Capitolo 7 escrementi di animali: l’impiego di tali prodotti è consentito solo se, in combinazione con il concime animale di cui al precedente paragrafo 2.1, lettera b), sono rispettate le limitazioni di cui alla parte B, sezione 7.1, del presente allegato. 2.3. Per l’attivazione del compost possono essere utilizzate preparazioni appropriate a base di vegetali o di microrganismi non geneticamente modificati ai sensi dell’articolo 4, punto 12. Ai fini contemplati dal presente paragrafo e dal paragrafo 2.1 possono essere utilizzate anche le cosiddette “preparazioni biodinamiche”, a base di polveri di roccia, letame o piante. 2.4. È consentita l’utilizzazione di preparazioni appropriate di microrganismi non geneticamente modificati ai sensi dell’articolo 4, punto 12, autorizzate in agricoltura generale nello Stato membro interessato, per migliorare le condizioni generali del terreno o la disponibilità di nutrienti nel terreno o nelle colture, qualora la necessità di tale utilizzazione sia stata riconosciuta dall’organismo di controllo o dall’autorità di controllo. 3. La lotta contro i parassiti, le malattie e le piante infestanti si impernia sul seguente complesso di misure: – scelta di specie e varietà adeguate; – programma di rotazione appropriato; – coltivazione meccanica; – protezione dei nemici naturali dei parassiti, grazie a provvedimenti ad essi favorevoli (ad esempio siepi, posti per nidificare, diffusione di predatori); – eliminazione delle malerbe mediante bruciatura. Possono essere utilizzati i prodotti di cui all’allegato II soltanto in caso di pericolo immediato che minacci le colture. 4. La raccolta di vegetali commestibili e delle loro parti, che crescono naturalmente nelle aree naturali, nelle foreste e nelle aree agricole, è considerata metodo di produzione biologico, sempreché: – queste aree non abbiano subito trattamenti con prodotti diversi da quelli indicati nell’allegato II per un periodo di tre anni precedente la raccolta; – la raccolta non comprometta l’equilibrio dell’habitat naturale e la conservazione delle specie nella zona di raccolta. 5. Per la produzione di funghi, possono essere utilizzati substrati composti esclusivamente dei seguenti materiali: 5.1. Concime animale e deiezioni animali (compresi i prodotti di cui B O O K S E I 149 Capitolo 7 all’allegato II, parte A, primo, secondo, terzo e quarto trattino, del regolamento (CEE) n. 2092/91): a) provenienti da aziende che applicano il metodo di produzione biologico, oppure b) rispondenti ai requisiti stabiliti nell’allegato II, parte A, primo, secondo, terzo e quarto trattino, del regolamento (CEE) n. 2092/91, entro il limite massimo del 25% [*], e unicamente qualora il prodotto di cui al punto 5.1 a) non sia disponibile; 5.2. prodotti di origine agricola, diversi da quelli menzionati al punto 5.1 (per esempio paglia), provenienti da aziende che applicano il metodo di produzione biologico; 5.3. torba non trattata chimicamente; 5.4. legno non trattato con sostanze chimiche dopo il taglio; 5.5. minerali di cui all’allegato II, parte A del regolamento (CEE) n. 2092/91, acqua e terra. [*] Questa percentuale è calcolata sul peso totale dell’insieme dei componenti del substrato - escluso il materiale di copertura - prima del compostaggio e senza aggiunta di acqua. Animali e prodotti animali In attesa che venga adottata la proposta di cui all’articolo 1, paragrafo 2, e ai fini della preparazione di ingredienti menzionati all’articolo 5, paragrafo 3, lettera a), gli animali devono essere allevati secondo le norme nazionali che disciplinano la zootecnia biologica o, in mancanza di tali norme, secondo pratiche riconosciute a livello internazionale. Prodotti animali delle seguenti specie: bovini (comprese le specie bubalus e bison), suini, ovini, caprini, equidi e pollame 1. Principi generali 1.1. Le produzioni animali rappresentano una componente dell’attività di numerose aziende agricole operanti nel settore dell’agricoltura biologica. 1.2. Le produzioni animali devono contribuire all’equilibrio dei sistemi di produzione agricola rispondendo alle esigenze di elementi nutritivi delle colture e migliorando la sostanza organica del suolo. Esse contri- B O O K S E I 150 Capitolo 7 buiscono in tal modo a creare e a mantenere rapporti di complementarità fra terra e vegetale, vegetale e animali, animale e terra. Quale parte di questo concetto, la produzione senza terra non è conforme alle norme del presente regolamento. 1.3. Impiegando risorse naturali rinnovabili (deiezioni zootecniche, colture di leguminose, colture foraggere), il binomio coltura-allevamento e i sistemi di pascolo consentono la salvaguardia e il miglioramento della fertilità del suolo a lungo termine e contribuiscono allo sviluppo di un’agricoltura sostenibile. 1.4. L’allevamento praticato nel quadro dell’agricoltura biologica è una produzione legata alla terra. Tranne qualora esista un’autorizzazione eccezionale del presente allegato, gli animali devono disporre di un’area di pascolo. Il numero di capi per unità di superficie sarà limitato in misura tale da consentire una gestione integrata delle produzioni animali e vegetali a livello di unità di produzione e in modo da ridurre al minimo ogni forma di inquinamento, in particolare del suolo e delle acque superficiali e sotterranee. La consistenza del patrimonio zootecnico sarà essenzialmente connessa alla superficie disponibile al fine di evitare i problemi del sovrappascolo e dell’erosione e di consentire lo spargimento delle deiezioni animali onde escludere danni all’ambiente. Nel capitolo 7 figurano norme dettagliate per l’uso di deiezioni organiche. 1.5. Nell’agricoltura biologica, tutti gli animali appartenenti ad una stessa unità di produzione devono essere allevati nel rispetto delle norme contenute nel presente regolamento. 1.6. Tuttavia è ammessa nell’azienda la presenza di animali che non sono allevati secondo le disposizioni del presente regolamento purché l’allevamento di questi animali abbia luogo in un’unità distinta, provvista di stalle e pascoli nettamente separati da quelli adibiti alla produzione conforme alle norme del presente regolamento, e a condizione che si tratti di animali di specie diversa. 1.7. In deroga a questo principio, gli animali che non sono allevati secondo le disposizioni del presente regolamento possono utilizzare, ogni anno per un periodo limitato di tempo, il pascolo di unità conformi al regolamento stesso, purché tali animali provengano da allevamenti estensivi [come definito all’articolo 6, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 950/97 e, ove si tratti di specie non menzionate in tale regolamento, il numero di animali per ettaro sia equivalente a 170 kg di azoto per ettaro all’anno B O O K S E I 151 Capitolo 7 come definito nell’allegato VII del presente regolamento] e nessun altro animale soggetto alle prescrizioni del presente regolamento sia presente sullo stesso pascolo nello stesso tempo. Questa deroga è subordinata all’autorizzazione preventiva dell’organismo o dell’autorità di controllo. 1.8. In forza di una seconda deroga a questo principio, gli animali allevati secondo le prescrizioni del presente regolamento possono utilizzare un’area di pascolo comune purché: a) l’area non sia stata trattata con prodotti diversi da quelli previsti all’allegato II del presente regolamento per un periodo di almeno tre anni; b) qualsiasi animale che utilizzi il pascolo in questione e non sia soggetto alle prescrizioni del presente regolamento provenga da allevamenti estensivi, quali definiti all’articolo 6, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 950/97; oppure, ove si tratti di specie non menzionate in tale regolamento, il numero di animali per ettaro sia equivalente a 170 kg di azoto per ettaro all’anno come definito nell’allegato VII del presente regolamento; c) i prodotti animali derivanti da animali allevati secondo le disposizioni del presente regolamento, nel periodo in cui utilizzavano il pascolo comune, non siano considerati di origine biologica, a meno che si dimostri in modo soddisfacente all’organismo o all’autorità di controllo che essi sono stati nettamente separati da altri animali non rispondenti ai requisiti del presente regolamento. 2. Conversione 2.1. Conversione di aree associate a produzioni animali biologiche 2.1.1. In caso di conversione di un’unità di produzione, l’intera superficie dell’unità utilizzata per l’alimentazione degli animali deve rispondere alle norme di produzione dell’agricoltura biologica, utilizzando i periodi di conversione stabiliti nella parte A del presente allegato “Vegetali e prodotti vegetali”. 2.1.2. In deroga a questo principio, il periodo di conversione può essere ridotto di 1 anno per i pascoli, i parchetti all’aperto e gli spiazzi liberi utilizzati da specie non erbivore. Detto periodo può essere ridotto a 6 mesi se le aree interessate non sono state sottoposte, in anni recenti, a trattamenti con prodotti diversi da quelli previsti nell’allegato II del presente regolamento. Questa deroga deve essere autorizzata dall’organismo o dall’autorità di controllo. B O O K S E I 152 Capitolo 7 2.2. Conversione di animali e prodotti animali 2.2.1. I prodotti animali possono essere venduti con la denominazione biologica soltanto se gli animali sono stati allevati secondo le norme del presente regolamento per un periodo di almeno: – 12 mesi per gli equini ed i bovini (comprese le specie Bubalus e Bison) destinati alla produzione di carne ed in ogni caso per almeno tre quarti della loro vita; – 6 mesi per i piccoli ruminanti ed i suini; tuttavia, per un periodo transitorio che scade il 24 agosto 2003, il periodo per i suini è di 4 mesi; – 6 mesi per gli animali da latte; tuttavia per un periodo transitorio che scade il 24 agosto 2003, il periodo è di 3 mesi; – 10 settimane per il pollame introdotto prima dei 3 giorni di età e destinato alla produzione di carne; – 6 settimane per le ovaiole. 2.2.2. In deroga al paragrafo 2.2.1 e per la costituzione del patrimonio, i vitelli e i piccoli ruminanti che sono destinati alla produzione di carne possono essere venduti con la denominazione biologica per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2003, purché: – provengano da un allevamento estensivo; – siano stati allevati nell’unità biologica fino al momento della vendita o della macellazione per un periodo minimo di 6 mesi per i vitelli e di 2 mesi per i piccoli ruminanti; – l’origine degli animali sia conforme alle condizioni di cui al quarto e quinto trattino del paragrafo 3.4. 2.3. Conversione simultanea 2.3.1. In deroga ai punti 2.2.1, 4.2 e 4.4 nel caso di conversione simultanea dell’intera unità di produzione - compresi animali, pascoli e/o area utilizzata per il foraggio - il periodo totale di conversione combinato per tutti questi elementi è ridotto a 24 mesi, fatte salve le condizioni seguenti: a) la deroga si applica soltanto agli animali esistenti e alla loro progenie e nel contempo anche all’area utilizzata per foraggio/pascolo prima dell’inizio della conversione; b) gli animali sono nutriti principalmente con prodotti dell’unità di produzione. 3. Origine degli animali 3.1. Nella scelta delle razze o delle varietà si deve tener conto della capa- B O O K S E I 153 Capitolo 7 cità degli animali di adattarsi alle condizioni locali nonché della loro vitalità e resistenza alle malattie. Inoltre le razze e le varietà devono essere selezionate al fine di evitare malattie specifiche o problemi sanitari connessi con alcune razze e varietà utilizzate nella produzione intensiva (ad esempio sindrome da stress dei suini, PME, morte improvvisa, aborto spontaneo, nascita difficoltosa con taglio cesareo, ecc.), dando la preferenza a razze e varietà autoctone. 3.2. Gli animali devono provenire da unità di produzione che osservino le norme di produzione di cui all’articolo 6 e al presente allegato ed essere mantenuti per tutta la loro vita in questo sistema di produzione. 3.3. Come prima deroga e previa autorizzazione dell’organismo o dell’autorità di controllo, il bestiame esistente nell’unità di produzione che non è conforme alle norme del presente regolamento può essere convertito. 3.4. Come seconda deroga, in caso di prima costituzione del patrimonio e in mancanza di un numero sufficiente di animali ottenuti con metodi biologici, possono essere introdotti nelle unità di produzione biologiche animali ottenuti con metodi non biologici alle seguenti condizioni: – pollastrelle destinate alla produzione di uova, purché in età non superiore alle 18 settimane; – pulcini destinati alla produzione di carne, con meno di 3 giorni quando lasciano l’unità in cui sono stati prodotti; – bufali di meno di 6 mesi; – vitelli e puledri allevati secondo le norme del presente regolamento subito dopo lo svezzamento e in ogni caso di meno di 6 mesi; – pecore e capre allevate secondo le norme del presente regolamento subito dopo lo svezzamento e in ogni caso di meno di 45 giorni; – suinetti allevati secondo le norme del presente regolamento subito dopo lo svezzamento e di peso inferiore a 25 kg. 3.5. La suddetta deroga, che deve essere preventivamente autorizzata dall’organismo o dall’autorità di controllo, è applicabile durante un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2003. 3.6. Come terza deroga, il rinnovo o la ricostituzione del patrimonio sono autorizzati dall’organismo o dall’autorità di controllo in mancanza di animali ottenuti con metodi biologici e nei seguenti casi: a) elevata mortalità degli animali a causa di problemi sanitari o di catastrofi; b) pollastrelle di età non superiore a 18 settimane destinate alla produzione di uova; B O O K S E I 154 Capitolo 7 c) pollame di meno di tre giorni destinato alla produzione di carne e suinetti subito dopo lo svezzamento e di peso inferiore a 25 kg. I casi di cui alle lettere b) e c) sono autorizzati per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2003. 3.7. Nel caso di suini, pollastrelle e pollame destinato (110) alla produzione di carne, questa deroga transitoria è riesaminata prima della scadenza per vagliare eventuali possibilità di proroga di tale scadenza. 3.8. Come quarta deroga, al fine di completare l’incremento naturale e di garantire il rinnovo del patrimonio, in mancanza di animali ottenuti con metodi biologici e unicamente con l’autorizzazione dell’organismo o dell’autorità di controllo, possono essere introdotti annualmente, entro un massimo del 10% del bestiame bovino o equino adulto (comprese le specie Bubalus e Bison) e del 20% del bestiame suino, ovino o caprino adulto dell’azienda, animali - ad esempio animali di sesso femminile (nullipari) - provenienti da allevamenti non biologici. 3.9. Le percentuali previste dalla suddetta deroga non si applicano alle unità di produzione di meno di dieci equini o bovini, o di meno di cinque suini, ovini o caprini. Per tali unità qualsiasi rinnovo di cui sopra è limitato al massimo di un capo all’anno. 3.10. Dette percentuali possono essere maggiorate, fino al 40%, dietro parere favorevole dell’organismo o dell’autorità di controllo, nei seguenti casi particolari: – estensione significativa dell’azienda; – cambiamento della razza; – sviluppo di una nuova produzione. 3.11. Come quinta deroga, l’introduzione di maschi riproduttori provenienti da allevamenti non biologici è autorizzata a condizione che gli animali vengano successivamente allevati e nutriti per il resto della loro vita secondo le norme enunciate nel presente regolamento. 3.12. Qualora gli animali provengano da unità non conformi al presente regolamento, secondo le condizioni e i limiti indicati ai punti da 3.3 a 3.11, i relativi prodotti potranno essere venduti come prodotti biologici soltanto se saranno stati rispettati i periodi indicati al punto 2.2.1; nel corso di detti periodi devono essere osservate tutte le norme enunciate nel presente regolamento. 3.13. Nel caso di animali ottenuti da unità non conformi al presente B O O K S E I 155 Capitolo 7 regolamento si deve rivolgere particolare attenzione alle norme sanitarie. L’organismo o l’autorità di controllo può prescrivere, a seconda della situazione locale, disposizioni particolari come controlli preventivi e periodi di quarantena. 3.14. La Commissione presenterà una relazione entro il 31 dicembre 2003 relativa alla disponibilità di animali allevati con metodi biologici per presentare, se del caso, una proposta al comitato permanente, volta ad assicurare che tutta la produzione di carne con metodi biologici provenga da animali nati e cresciuti in aziende che praticano il metodo di produzione biologico. 4. Alimentazione 4.1. L’alimentazione è finalizzata a una produzione di qualità piuttosto che a massimizzare la produzione stessa, rispettando nel contempo le esigenze nutrizionali degli animali nei vari stadi fisiologici. Le pratiche di ingrasso sono autorizzate nella misura in cui sono reversibili in qualsiasi stadio dell’allevamento. È vietata l’alimentazione forzata. 4.2. Gli animali devono essere alimentati con alimenti biologici. 4.3. Inoltre gli animali devono essere allevati in conformità delle norme del presente allegato, preferibilmente con alimenti prodotti dall’unità o, qualora ciò non sia possibile, con alimenti provenienti da altre unità o imprese conformantisi alle disposizioni del presente regolamento. 4.4. L’incorporazione nella razione alimentare di alimenti in fase di conversione è autorizzata fino ad un massimo del 30% in media della formula alimentare. Allorché gli alimenti in fase di conversione provengono da un’unità della propria azienda, la percentuale può arrivare al 60%. Tali percentuali sono espresse in percentuale di sostanza secca degli alimenti di origine agricola (112). 4.5. L’alimentazione di base dei mammiferi giovani è il latte naturale, di preferenza quello materno. Tutti i mammiferi devono essere nutriti con latte naturale per un periodo minimo che dipende dalle varie specie: 3 mesi per bovini (incluse le specie Bubalus e Bison) ed equini, 45 giorni per ovini e caprini e 40 giorni per i suini. 4.6. Se del caso, gli Stati membri designano le zone o le regioni in cui è praticabile la transumanza (compresi gli spostamenti di animali verso i pascoli montani), fatte salve le disposizioni sull’alimentazione degli animali di cui al presente allegato. B O O K S E I 156 Capitolo 7 4.7. Per gli erbivori, i sistemi di allevamento devono basarsi in massima parte sul pascolo, tenuto conto delle disponibilità di pascoli nei vari periodi dell’anno. Almeno il 60% della materia secca di cui è composta la razione giornaliera deve essere costituito da foraggi freschi, essiccati o insilati. Tuttavia l’autorità o l’organismo di controllo può permettere, per gli animali da latte, la riduzione al 50% per un periodo massimo di 3 mesi all’inizio della lattazione. 4.8. In deroga al punto 4.2 è autorizzato, durante un periodo transitorio che scade il 24 agosto 2005, l’impiego in proporzioni limitate di alimenti convenzionali, qualora l’allevatore non sia in grado di procurarsi alimenti esclusivamente ottenuti con metodi di produzione biologica. La percentuale massima annua autorizzata di alimenti convenzionali è del 10% per gli erbivori e del 20% per le altre specie. Dette percentuali sono calcolate annualmente in rapporto alla materia secca degli alimenti di origine agricola. La percentuale massima autorizzata di alimenti convenzionali nella razione giornaliera, fatta eccezione per i periodi di transumanza, è pari al 25%, calcolata in percentuale di materia secca. 4.9. In deroga al paragrafo 4.8, nei casi di perdita della produzione foraggiera, di focolai di malattie infettive, di contaminazione ad opera di sostanze tossiche o in seguito a incendi, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare, per un periodo di tempo limitato e per una zona determinata, una percentuale più alta di mangimi convenzionali sempreché tale autorizzazione sia giustificata. Previa approvazione dell’autorità competente, l’autorità o l’organismo di controllo applica la presente deroga a singoli operatori. Gli Stati membri si informano reciprocamente e informano la Commissione in merito alle deroghe concesse. 4.10. Per il pollame la razione utilizzata nella fase d’ingrasso deve contenere almeno il 65% di un miscuglio di cereali, colture proteiche e semi oleosi. 4.11. I foraggi freschi, essiccati o insilati devono essere aggiunti alla razione giornaliera di suini e pollame. 4.12. Solo i prodotti elencati nell’allegato II, parte D, sezioni 1.5 e 3.1 possono essere usati rispettivamente come additivi e come ausiliari di fabbricazione di insilati. 4.13. Le materie prime di origine agricola per mangimi convenzionali possono essere usate per l’alimentazione degli animali solo se elencate nell’allegato II, parte C, sezione C.1 (materie prime di origine vegetale per man- B O O K S E I 157 Capitolo 7 gimi), fatte salve le restrizioni quantitative previste dal presente allegato, e solo se sono prodotte o preparate senza uso di solventi chimici. 4.14. Le materie prime di origine animale per mangimi (convenzionali, prodotte biologicamente) elencate nell’allegato II, parte C, sezione C. 2, possono essere usate solo nel rispetto delle restrizioni quantitative previste dal presente allegato. 4.15. Al più tardi il 24 agosto 2003, la parte C, sezioni 1, 2, 3 e la parte D dell’allegato II sono rivedute allo scopo di ritirarne in particolare le materie prime convenzionali di mangimi di origine agricola prodotti in quantità sufficiente nella comunità secondo il metodo di produzione biologico. 4.16. Per soddisfare le esigenze nutrizionali degli animali, possono essere usati per l’alimentazione animale solo i prodotti elencati nell’allegato II, parte C, sezione 3 (materie prime di origine minerale per mangimi), e la parte D, sezioni 1.1 (elementi in tracce) e 1.2 (vitamine, provitamine e sostanze di effetto analogo chimicamente ben definite). 4.17. Solo i prodotti elencati nell’allegato II, parte D, sezioni 1.3 (enzimi) e 1.4 (microrganismi), 1.6 (agenti leganti, antiagglomeranti e coagulanti), 2 (alcuni prodotti utilizzati nell’alimentazione animale) e 3 (ausiliari di fabbricazione dei mangimi) possono essere usati nell’alimentazione degli animali per gli scopi indicati per le suddette categorie. Antibiotici, coccidiostatici, medicinali, stimolanti della crescita o altre sostanze intese a stimolare la crescita o la produzione non sono utilizzati nell’alimentazione degli animali. 4.18. Alimenti, materie prime per mangimi, mangimi composti, additivi per mangimi, ausiliari di fabbricazione dei mangimi e certi prodotti usati nell’alimentazione animale non devono essere stati prodotti con l’impiego di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati. 5. Profilassi e cure veterinarie 5.1. La profilassi nella zootecnica biologica è basata sui seguenti principi: a) scelta delle razze o delle linee e ceppi appropriati di animali, come specificato nel capitolo 3; b) applicazione di pratiche di allevamento adeguate alle esigenze di ciascuna specie che stimolino un’elevata resistenza alle malattie ed evitino le infezioni; B O O K S E I 158 Capitolo 7 c) uso di alimenti di alta qualità, abbinato a movimento regolare fisico e accesso ai pascoli, stimolando così le difese immunologiche naturali degli animali; d) adeguata densità degli animali, evitando così il sovraffollamento e qualsiasi problema sanitario che ne potrebbe derivare. 5.2. I suddetti principi dovrebbero limitare i problemi sanitari, in modo da tenerli sotto controllo essenzialmente mediante prevenzione. 5.3. Se, malgrado le suddette misure preventive, un animale è malato o ferito, esso deve essere curato immediatamente e, se necessario, isolato in appositi locali. 5.4. L’uso di medicinali veterinari nell’agricoltura biologica deve essere conforme ai seguenti principi: a) i prodotti fitoterapici (ad esempio estratti vegetali - esclusi gli antibiotici - essenze, ecc.), omeopatici (ad esempio sostanze vegetali, animali o minerali), gli oligoelementi e i prodotti elencati all’allegato II, parte C, sezione 3, sono preferiti agli antibiotici o ai medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica, purché abbiano efficacia terapeutica per la specie animale e tenuto conto delle circostanze che hanno richiesto la cura; b) qualora l’uso dei suddetti prodotti non sia verosimilmente efficace, o non si dimostri tale per le malattie o le ferite, e qualora la cura sia essenziale per evitare sofferenze o disagi all’animale, possono essere utilizzati antibiotici o medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica sotto la responsabilità di un veterinario; c) è vietato l’uso di medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o di antibiotici per trattamenti preventivi. 5.5. Oltre ai suddetti principi, si applicano le seguenti norme: a) è vietato l’impiego di sostanze destinate a stimolare la crescita o la produzione (compresi antibiotici, coccidiostatici e altri stimolanti artificiali della crescita) nonché l’uso di ormoni o sostanze analoghe destinati a controllare la riproduzione (ad esempio al fine di indurre o sincronizzare gli estri) o ad altri scopi. Tuttavia possono essere somministrati ormoni a singoli animali nell’ambito di trattamenti terapeutici veterinari; b) sono autorizzati le cure veterinarie degli animali, nonché i trattamenti degli edifici, delle attrezzature e dei locali prescritti dalla normativa nazionale o comunitaria, compreso l’impiego di sostanze immunologiche ad uso veterinario se è riconosciuta la presenza di malattie nella B O O K S E I 159 Capitolo 7 zona in cui è situata l’unità di produzione. 5.6. Qualora debbano essere impiegati medicinali veterinari è necessario specificare in modo chiaro: il tipo di prodotto (indicando anche i principi attivi in esso contenuti) e i dettagli della diagnosi; la posologia; il metodo di somministrazione; la durata del trattamento e il tempo di sospensione stabilito dalla legge. Queste informazioni devono essere dichiarate all’autorità o all’organismo di controllo prima che gli animali o i prodotti animali siano commercializzati con la denominazione biologica. Gli animali trattati devono essere chiaramente identificati, singolarmente per il bestiame di grandi dimensioni; singolarmente o a gruppi per il pollame e il bestiame di piccole dimensioni. 5.7. Il tempo di sospensione tra l’ultima somministrazione di medicinali veterinari allopatici ad un animale in condizioni normali di utilizzazione e la produzione di derrate alimentari ottenuta con metodi biologici da detti animali deve essere di durata doppia rispetto a quello stabilito dalla legge o, qualora tale tempo non sia precisato, di 48 ore. 5.8. Ad eccezione delle vaccinazioni, delle cure antiparassitarie e dei piani obbligatori di eradicazione attuati negli Stati membri, nel caso in cui un animale o un gruppo di animali sia sottoposto a più di due o massimo tre cicli di trattamenti con medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o antibiotici in un anno (o a più di un ciclo di trattamenti se la sua vita produttiva è inferiore a un anno), gli animali interessati o i prodotti da essi derivati non possono essere venduti come prodotti ottenuti conformemente alle disposizioni del presente regolamento. Tali animali devono essere sottoposti ai periodi di conversione previsti al capitolo del presente allegato, con il consenso dell’autorità o dell’organismo di controllo. 6. Metodi di gestione zootecnica, trasporto ed identificazione dei prodotti animali 6.1. Metodi zootecnici 6.1.1. In linea di principio, la riproduzione di animali allevati biologicamente deve basarsi su metodi naturali. È tuttavia consentita l’inseminazione artificiale. Sono invece vietate altre forme di riproduzione artificiale o assistita (ad esempio il trapianto di embrioni). 6.1.2. Operazioni quali l’applicazione di anelli di gomma alle code degli B O O K S E I 160 Capitolo 7 ovini, la recisione della coda o dei denti, la spuntatura del becco o la decornazione non devono essere praticate sistematicamente sugli animali nell’agricoltura biologica. Alcune di queste operazioni possono tuttavia essere autorizzate dall’autorità o dall’organismo di controllo per motivi di sicurezza (ad esempio decornazione degli animali giovani) o al fine di migliorare la salute, il benessere o l’igiene degli animali. Tali operazioni devono essere effettuate all’età più opportuna da personale qualificato, riducendo al minimo ogni sofferenza per gli animali. 6.1.3. La castrazione è consentita per mantenere la qualità dei prodotti e le pratiche tradizionali di produzione (suini, manzi, capponi, ecc.) ma solo alle condizioni stabilite nell’ultima frase del punto 6.1.2. 6.1.4. È vietata la stabulazione fissa. Ciò nondimeno, in deroga a tale principio, l’autorità o l’organismo di controllo può autorizzare tale prassi su un singolo animale, previa motivazione da parte dell’operatore che ciò è necessario per ragioni di sicurezza o benessere dell’animale e che tale prassi viene applicata solo per un limitato periodo di tempo. 6.1.5. In deroga alle disposizioni del punto 6.1.4, la stabulazione fissa può essere praticata in edifici esistenti prima del 24 agosto 2000, purché sia previsto regolare movimento fisico e l’allevamento avvenga conformemente ai requisiti in materia di benessere degli animali, con zone confortevoli provviste di lettiera nonché gestione individuale. Tale deroga, che dev’essere autorizzata dall’autorità o dall’organismo di controllo, si applica per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2010. 6.1.6. Con un’ulteriore deroga, nelle piccole aziende è permessa la stabulazione fissa se non è possibile allevare gli animali in gruppi adeguati ai requisiti di comportamento, purché almeno due volte alla settimana abbiano accesso a pascoli o a spazi liberi all’aperto. Tale deroga, che dev’essere autorizzata dall’autorità o dall’organismo di controllo, si applica ad aziende che soddisfano le norme nazionali in materia di zootecnia biologica vigenti fino al 24 agosto 2000, in mancanza, le norme private accettate o riconosciute dagli Stati membri. 6.1.7. Anteriormente al 31 dicembre 2006 la Commissione presenta una relazione sull’attuazione del punto 6.1.5. 6.1.8. Se gli animali vengono allevati in gruppo, la dimensione di quest’ultimo deve essere commisurata alle fasi di sviluppo e alle esigenze comportamentali delle specie interessate. È vietato tenere gli animali in condizioni, o sottoporli ad un regime alimentare, che possano indurre B O O K S E I 161 Capitolo 7 anemia. 6.1.9. L’età minima per la macellazione del pollame è di: 81 giorni per i polli, 150 giorni per i capponi, 49 giorni per le anatre di Pechino, 70 giorni per le femmine di anatra muta, 84 giorni per i maschi di anatra muta, 92 giorni per le anatre bastarde, 94 giorni per le faraone, 140 giorni per i tacchini e le oche. Ove i produttori non rispettino queste età minime per la macellazione, devono usare ceppi a crescita lenta. 6.2. Trasporto 6.2.1 Il trasporto degli animali deve effettuarsi in modo da affaticare il meno possibile gli animali, conformemente alla normativa nazionale o comunitaria in vigore. Le operazioni di carico e scarico devono svolgersi con cautela e senza usare alcun tipo di stimolazione elettrica per costringere gli animali. È vietato l’uso di calmanti allopatici prima e nel corso del trasporto. 6.2.2. Nella fase che porta alla macellazione e al momento della macellazione gli animali devono essere trattati in modo da ridurre al minimo lo stress. 6.3. Identificazione dei prodotti animali 6.3.1. L’identificazione degli animali e dei prodotti animali deve essere garantita per tutto il ciclo di produzione, preparazione, trasporto e commercializzazione. 7. Deiezioni zootecniche 7.1. Il quantitativo totale impiegato nell’azienda di deiezioni zootecniche secondo la definizione della direttiva 91/676/CEE non può superare 170 kg N per ettaro all’anno di superficie agricola utilizzata, quantitativo previsto nell’allegato III della suddetta direttiva. Se necessario, la densità totale degli animali sarà ridotta per evitare il superamento dei limiti sopracitati. 7.2. Per determinare la appropriata densità degli animali di cui sopra le B O O K S E I 162 Capitolo 7 unità di bestiame adulto equivalenti a 170 kg N/ha per anno di superficie agricola utilizzata per le varie categorie di animali saranno determinate dalle autorità competenti degli Stati membri tenendo conto, a titolo orientativo, della tabella riportata nell’allegato VII. 7.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri qualsiasi variazione rispetto alla tabella e le ragioni che giustificano tali modifiche. Tale prescrizione si riferisce soltanto al calcolo del numero massimo di animali, allo scopo di garantire che il limite di 170 kg di azoto da deiezioni zootecniche/ha/anno non sia superato. Ciò lascia impregiudicata la densità del bestiame ai fini della salute e del benessere degli animali di cui al capitolo 8 e nell’allegato VIII. 7.4. Le aziende che praticano il metodo di produzione biologico possono stabilire una cooperazione esclusivamente (118) con altre aziende ed imprese soggette alle disposizioni di cui al presente regolamento ai fini dello spargimento delle deiezioni in eccesso prodotto con metodi biologici. Il limite massimo di 170 kg di azoto di effluenti/ha/anno di superficie agricola utilizzata sarà calcolato in base all’insieme delle unità di produzione biologica che partecipano alla cooperazione. 7.5. Gli Stati membri possono stabilire limiti inferiori a quelli specificati nei punti da 7.1 a 7.4, tenendo conto delle caratteristiche della zona in questione, dell’applicazione di altri fertilizzanti azotati al terreno e dell’apporto di azoto alle colture mediante assorbimento dal suolo. 7.6. Gli impianti destinati allo stoccaggio di deiezioni zootecniche devono essere di capacità tale da impedire l’inquinamento delle acque per scarico diretto o ruscellamento e infiltrazione nel suolo. 7.7. Onde garantire la corretta gestione della fertilizzazione, gli impianti per le deiezioni zootecniche devono avere una capacità di stoccaggio superiore a quella richiesta per il periodo più lungo dell’anno nel quale la concimazione del terreno non è opportuna (conformemente alle corrette prassi agricole stabilite dagli Stati membri) o è vietata, nel caso in cui le unità di produzione siano situate in una zona definita vulnerabile per i nitrati. 8. Aree di pascolo e edifici zootecnici 8.1. Principi generali B O O K S E I 163 Capitolo 7 8.1.1. Le condizioni di stabulazione degli animali devono rispondere alle loro esigenze biologiche ed etologiche (per esempio quelle di carattere comportamentale per quanto concerne libertà di movimento e benessere adeguati). Gli animali devono disporre di un accesso agevole alle mangiatoie e agli abbeveratoi. L’isolazione, il riscaldamento e l’aerazione dei locali di stabulazione devono garantire che la circolazione dell’aria, i livelli di polvere, la temperatura, l’umidità relativa dell’aria e la concentrazione di gas siano mantenuti entro limiti non nocivi per gli animali. I locali devono consentire un’abbondante ventilazione e illuminazione naturale. 8.1.2. I pascoli, gli spiazzi liberi e i parchetti all’aria aperta devono all’occorrenza offrire, in funzione delle condizioni climatiche locali e delle razze in questione, un riparo sufficiente dalla pioggia, dal vento, dal sole e dalle temperature estreme. 8.2. Densità del bestiame e protezione della vegetazione da un pascolo eccessivo 8.2.1. Non è obbligatorio prevedere locali di stabulazione nelle regioni aventi condizioni climatiche che consentono agli animali di vivere all’aperto. 8.2.2. La densità di bestiame nelle stalle deve assicurare il conforto e il benessere degli animali in funzione, in particolare, della specie, della razza e dell’età degli animali. Si terrà conto altresì delle esigenze comportamentali degli animali, che dipendono essenzialmente dal sesso e dall’entità del gruppo. La densità ottimale sarà quella che garantisce il massimo benessere agli animali, offrendo loro una superficie sufficiente per stare in piedi liberamente, sdraiarsi, girarsi, pulirsi, assumere tutte le posizioni naturali e fare tutti i movimenti naturali, ad esempio sgranchirsi e sbattere le ali. 8.2.3. Le superfici minime delle stalle e degli spiazzi liberi all’aperto e le altre caratteristiche di stabulazione per le varie specie e categorie di animali sono riportate nell’allegato VIII. 8.2.4. La densità del bestiame tenuto all’aperto in pascoli, altri terreni erbosi, lande, paludi, brughiere e altri habitat naturali o seminaturali deve essere sufficientemente bassa in modo da evitare che il suolo diventi fangoso e la vegetazione sia eccessivamente brucata. 8.2.5. I fabbricati, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati per evitare contaminazioni e la proliferazione di orga- B O O K S E I 164 Capitolo 7 nismi patogeni. Soltanto i prodotti elencati nell’allegato II, parte E, possono essere utilizzati per la pulizia e disinfezione delle stalle e degli impianti zootecnici. Le feci, le urine, gli alimenti non consumati o frammenti di esso devono essere rimossi con la necessaria frequenza, al fine di limitare gli odori ed evitare di attirare insetti o roditori. Soltanto i prodotti elencati nell’allegato II, parte B, sezione 2, possono essere utilizzati per l’eliminazione di insetti e altri parassiti nei fabbricati e negli altri impianti dove viene tenuto il bestiame. 8.3. Mammiferi 8.3.1. Fatte salve le disposizioni del punto 5.3, tutti i mammiferi devono avere accesso a pascoli o a spiazzi liberi o a parchetti all’aria aperta che possono essere parzialmente coperti, e devono essere in grado di usare tali aree ogniqualvolta lo consentano le loro condizioni fisiologiche, le condizioni climatiche e lo stato del terreno, a meno che vi siano requisiti comunitari o nazionali relativi a specifici problemi di salute degli animali che lo impediscano. Gli erbivori devono avere accesso ai pascoli ogniqualvolta lo consentano le condizioni. 8.3.2. Nei casi in cui gli erbivori hanno accesso ai pascoli durante il periodo del pascolo e quando il sistema di stabulazione invernale permette agli animali la libertà di movimento, si può derogare all’obbligo di prevedere spiazzi liberi o parchetti all’aria aperta nei mesi invernali. 8.3.3. Fatta salva l’ultima frase del punto 8.3.1, i tori di più di un anno di età devono avere accesso a pascoli o a spiazzi liberi o a parchetti all’aria aperta. 8.3.4. In deroga al punto 8.3.1, la fase finale di ingrasso dei bovini, dei suini e delle pecore per la produzione di carne può avvenire in stalla, purché il periodo in stalla non superi un quinto della loro vita e comunque per un periodo massimo di tre mesi. 8.3.5. I locali di stabulazione devono avere pavimenti lisci ma non sdrucciolevoli. Almeno metà della superficie totale del pavimento deve essere solida, il che significa né grigliato, né graticciato. 8.3.6. I locali di stabulazione devono avere a disposizione un giaciglio/area di riposo confortevole, pulito e asciutto con una superficie sufficiente, costituito da una costruzione solida non fessurata. L’area di riposo deve comportare una lettiera ampia e asciutta, costituita da paglia o da materiali naturali adatti. La lettiera può essere depurata e arricchita con tutti i prodotti minerali autorizzati come concime nell’agricoltura B O O K S E I 165 Capitolo 7 biologica ai sensi dell’allegato II, parte A. 8.3.7. Per quanto riguarda l’allevamento di vitelli, a decorrere dal 24 agosto 2000, tutte le aziende senza eccezioni si conformano alla direttiva 91/629/CEE del Consiglio che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli. È tuttavia vietato l’allevamento di vitelli in box individuali dopo una settimana di età. 8.3.8. Per quanto riguarda l’allevamento dei suini, a decorrere dal 24 agosto 2000, tutte le aziende si conformano alla direttiva 91/630/CEE del Consiglio, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini. Tuttavia le scrofe devono essere tenute in gruppi, salvo che nelle ultime fasi della gestazione e durante l’allattamento. I lattonzoli non possono essere tenuti in batterie iaflat decksli o in gabbie apposite. Gli spazi riservati al movimento devono permettere le deiezioni per consentire agli animali di grufolare. Per grufolare possono essere usati diversi substrati. 8.4. Pollame. 8.4.1. Il pollame deve essere allevato all’aperto e non può essere tenuto in gabbie. 8.4.2. Gli uccelli acquatici devono avere accesso a un corso d’acqua, a uno stagno o a un lago ogniqualvolta le condizioni climatiche lo consentano per rispettare le esigenze di benessere degli animali o le condizioni igieniche. 8.4.3. I ricoveri per il pollame devono soddisfare le seguenti condizioni minime: – almeno un terzo deve essere solido, vale a dire non composto da assicelle o da graticciato, e dev’essere ricoperto di lettiera composta ad esempio di paglia, trucioli di legno, sabbia o torba; – nei fabbricati adibiti all’allevamento di galline ovaiole una parte sufficiente della superficie accessibile alle galline deve essere destinata alla raccolta degli escrementi; – devono disporre di un numero sufficiente di posatoi di dimensione adatta all’entità del gruppo e alla taglia dei volatili come stabilito nell’allegato VIII. – devono essere dotati di uscioli di entrata/uscita di dimensioni adeguate ai volatili, la cui lunghezza cumulata è di almeno 4 m per 100 m2 della superficie utile disponibile per i volatili; – ciascun ricovero non deve contenere più di: 4.800 polli, B O O K S E I 166 Capitolo 7 3.000 galline ovaiole, 5.200 faraone, 4.000 femmine di anatra muta o di Pechino, 3.200 maschi di anatra muta o di Pechino o altre anatre, 2.500 capponi, oche o tacchini. – la superficie totale utilizzabile dei ricoveri per il pollame allevato per la produzione di carne per ciascuna unità di produzione non supera i 1.600 m2. 8.4.4. Per le galline ovaiole la luce naturale può essere completata con illuminazione artificiale in modo da mantenere la luminosità per un massimo di 16 ore giornaliere, con un periodo continuo di riposo notturno senza luce artificiale di almeno 8 ore. 8.4.5. Il pollame deve poter accedere a parchetti all’aperto ogniqualvolta le condizioni climatiche lo consentano e, nei limiti del possibile, per almeno un terzo della sua vita. I parchetti devono essere in maggior parte ricoperti di vegetazione, essere dotati di dispositivi di protezione e consentire agli animali un facile accesso ad un numero sufficiente di abbeveratoi e mangiatoie. 8.4.6. Nell’intervallo tra l’allevamento di due gruppi di volatili si procederà ad un vuoto sanitario, operazione che comporta la pulizia e la disinfezione del fabbricato e dei relativi attrezzi. Parimenti, al termine dell’allevamento di un gruppo di volatili, il parchetto sarà lasciato a riposo per il tempo necessario alla ricrescita della vegetazione e per operare un vuoto sanitario. Gli Stati membri stabiliscono il periodo in cui il parchetto deve essere lasciato a riposo e comunicano la loro decisione alla Commissione e agli altri Stati membri. Questi requisiti non si applicano a piccole quantità di pollame che non sia chiuso in un parchetto e che sia libero di razzolare tutto il giorno. 8.5. Deroga generale in merito alla stabulazione del bestiame 8.5.1. In deroga ai requisiti di cui ai punti 8.3.1, 8.4.2, 8.4. 3 e 8.4.5, e alle densità di stabulazione di cui all’allegato VIII, le autorità competenti degli Stati membri possono concedere deroghe ai requisiti di detti punti e dell’allegato VIII per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2010. Tale deroga si applica esclusivamente alle aziende dedite all’allevamento aventi edifici preesistenti, costruiti anteriormente al 24 agosto 1999 e nella misura in cui tali edifici adibiti all’allevamento soddisfano le norme nazionali concernenti la produzione biologica in vigore anteriormente a tale data o, in B O O K S E I 167 Capitolo 7 mancanza, le norme private accettate o riconosciute dagli Stati membri. 8.5.2. Gli operatori che beneficiano di tale deroga presentano all’autorità o all’organo di ispezione un piano contenente le misure che garantiscono, fino al termine della deroga, il rispetto delle disposizioni contenute nel presente regolamento. B O O K S E I 168 Bibliografia Bookse n. 6 Vademecum Bibliografia sui Mangimi Testi consultati R. Chiumenti - Costruzioni rurali 1987 ed. Ed agricole. Fonti: C.R.P.A.; Mees Veerdinne, K. et al. 1980 Effluents from Livestock, Applied Sc. Publ., London, p. 400; Van den Meer, H.G. et al., 1987 Animal manure on grassland and fodder crops. Fertilizer or wastes?, Martinus Nijhoff Publ., Dordrecht, p. 140; AAVV, 1984 - L’elevage porcine et l’environment, ITP-GIDA, Paris, p. 70. Fonti: C.R.P.A..; Veneri, A., 1990 - Informatore Zootecnico, 37 (13) p. 27-32. Toderi, G., 1991 - Guida all’uso razionale dei prodotti chimici. Schede di orientamento. Barbabietola da zucchero, Ager, Roma. Proposta di Regolamento di Polizia Rurale per i comuni della Provincia di Pordenone - Provincia di Pordenone. B O O K S E I 169 È consentita la riproduzione e la traduzione, sia integrale che in riassunto, di articoli e di notizie soltanto a condizione che ne sia citata la fonte e per fini di sanità pubblica e non a scopo di lucro. Finito di stampare in Febbraio 2004 500 copie