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Firmware FEBBRAIO/MARZO 2015 COSTRUIAMO IL KERNEL DI ANDROID POWER INTEGRITY CON FREEWARE “CAD TOOLS” Internet Of Things! LA MISURA DELLA FORZA IN ELETTRONICA LA RICARICA WIRELESS SOMMARIO FEBBRAIO/MARZO 2015 Tips’n tricks EDITORIALE Power Integrity con freeware CAD Tools Caro Tesla... ... stai tornando di moda! Molti tra voi avranno avuto occasione di leggere qualcosa riguardo l’infinita diatriba che si scatenò, a suo tempo, tra i sostenitori di Nikola Tesla e di Guglielmo Marconi su chi fosse stato l’inventore della radio. Battaglia combattuta su terreno inadatto e indubbiamente persa per i primi, nel tentativo, seppur comprensibile, di portare un po’ di lustro oltreoceano. Non intendo di certo entrare nel vivo di una simile polemica in quanto, se lo facessi, questo editoriale potrebbe prolungarsi a dismisura..! Quello che invece si evince chiaramente dall’analisi delle personalità e degli approcci tecnici dei due Scienziati (diversissimi...) è la percezione che questi hanno avuto sull’uso immediato delle onde radio: mentre Marconi comprese immediatamente l’importanza del mezzo come veicolo di trasmissione delle informazioni, brevettandolo a Londra come “Sistema di Telegrafia Senza Fili a Onde Elettriche”, Tesla invece, durante i suoi esperimenti con le onde hertziane, pose grandissima attenzione sulla possibilità di utilizzarle per trasferire energia. Ai tempi si trattava di una pura utopia, vuoi per la limitatezza dei mezzi tecnici e dei materiali a disposizione, vuoi per il livello embrionale della conoscenza in materia. Ma l’idea, quella c’era, forte e chiara. Tornando alla nostra epoca, le tecniche di trasferimento energetico con sistemi a risonanza o ad induzione si usano con successo da anni, in applicazioni medicali (protesi acustiche, pacemaker etc.) e anche commerciali su oggetti di uso comune (spazzolini elettrici, ad es.). La vera novità è invece costituita dalla comparsa di nuovi chip dedicati, appunto, al INside Integrare Velocemente un Dispositivo NFC controllo del processo di ricarica senza fili e destinati ai dispositivi mobili, come telefoni, tablet o quant’altro, destinati a ridurre il numero dei cavi e dei connettori in uso e a semplificare ulteriormente l’uso di dispositivi ormai irrinunciabili. In un articolo di questo numero troverete i dettagli su questi notevoli integrati di ultima generazione. Buona lettura. Roberto Armani Caro Microcontrollore... ma Quanto Consumi? L’Evoluzione della Tecnologia in Automobile Analog La Misura della Forza in Elettronica SPOTlight La Ricarica Wireless dei Dispositivi Mobili LT8616 per le Nuove Esigenze in Campo Automotive Rutronik24: l’E-Commerce dal Volto Umano “Disruptive Week Milan 2015”: Internet Of Things, People and Robots Tools Costruiamo il Kernel di Android News Events TIPS’N TRICKS Power Integrity con freeware “CAD tools” di Mario Rotigni Per farsi un’idea delle prestazioni di massima del sottosistema di alimentazione dei propri circuiti stampati non si deve necessariamente spendere una fortuna. Bisogna però mettere in conto alcune limitazioni e problemi.. R ichiamiamo brevemente la problematica Power Integrity, rimandando il lettore interessato ad approfondire alla serie di articoli richiamata in riferimento 1 ed alla biografia ivi citata. Le richieste relative alle prestazioni del sistema di alimentazione di una moderna applicazione digitale o mista analogico/digitale (Power Distribution Network, PDN nel seguito) si sono fatte più stringenti che in passato. A questo concorrono principalmente le caratteristiche dei circuiti integrati moderni, ma anche esigenze di affidabilità e costo. Le conseguenze di eccessive fluttuazioni nelle tensioni di alimentazione locali ad un circuito integrato, particolarmente CMOS, sono molteplici. Possiamo citare la generazione e propagazione di rumore elettrico nel sistema, le violazioni delle temporizzazioni, incertezze nelle commutazioni (jitter), rischio di emissioni elettromagnetiche abbastanza elevate da far fallire le prove di compatibilità (ed impedire l’ottenimento delle certificazio- Figura 1: Comportamento in frequenza di una rete di disaccoppiamento con regolatore di tensione (semplificata) ni indispensabili alla commercializzazione del prodotto) ed infine la riduzione dell’affidabilità, nel tempo, del prodotto stesso. Osserviamo di conseguenza la crescita dell’importanza delle tecniche di Power Integrity e la loro applicazione in ambiti sempre più ampi. Naturalmente, le applicazioni embedded a singolo microcontrollore avranno esigenze ben diverse da quelle di una scheda madre di un ser- PRODUCT NEWS Collegamento a qualsiasi sensore di temperatura. Massima precisione di misura. Circuito integrato universale linearizza sensori di temperatura con precisione 0,1°C Per ulteriori info: www.linear.com/product/LTC2983 Misurazione della temperatura digitalizzata in °C Termocoppia RTD Typical Application Thermocouple Measurement with Automatic Cold Junction Compensation Typical Temperature Error 2.85V TO 5.25V 1k 0.1µF 1k RSENSE 2k 0.4 0.3 24-BIT ∆∑ ADC 0.2 LINEARIZATION/ FAULT DETECTION 24-BIT ∆∑ ADC SPI INTERFACE –0.3 –0.4 4 3 2 0 –0.1 –0.2 °C/°F THERMISTOR THERMOCOUPLE 0.1 –0.5 –200 0 PT-100 RTD Termistore Diodo 0.5 LTC2983 ERROR (°C) 3904 DIODE Sistema di misura della temperatura multicanale dotato di connessioni dirette ai sensori e uscita digitale linearizzata in °C RTD L’LTC®2983 è un sistema di misura digitale della temperatura ad alta precisione che integra tutti i componenti necessari per eccitare, tarare, misurare e digitalizzare diodi, termistori, termocoppie e RTD. Un’interfaccia SPI fornisce la lettura della temperatura in °C e la configurazione facile di numerose pratiche funzioni, tra cui la compensazione automatica a giunzione fredda, coefficienti di linearizzazione, rilevamento di guasti e due sorgenti di corrente di eccitazione con compensazione automatica dei disallineamenti, inversione di corrente e intervallo di corrente. 200 400 600 800 1000 1200 1400 TEMPERATURE (°C) 2983 TA01b 24-BIT ∆∑ ADC 1 VREF (10ppm/°C) 2983 TA01a Riepilogo delle caratteristiche: LTC2983 • Digitalizza direttamente RTD, termocoppie, termistori e diodi • Alimentazione singola da 2,85V a 5,25V • 20 ingressi flessibili supportano più tipi di sensori • Compensazione automatica del giunto freddo fredda della termocoppia • Coefficienti standard e programmabili dall’utente per la linearizzazione di termocoppie, RTD e termistori • Configurazioni RTD configurabili a 2, 3 e 4 cavi • Misura tensioni negative delle termocoppie senza alimentazione negativa • Rilevamento automatico di bruciatura, cortocircuito e guasto • Ingressi con buffer consentono la protezione esterna e l’interfacciamento diretto con sensori resistivi • Reiezione simultanea a 50Hz/60Hz • Include riferimento di 10ppm/°C (max) • Package LQFP a 48 conduttori, 7 x 7mm Caratteristiche • 0,1°C di precisione e 0,001°C di risoluzione • 20 ingressi flessibili consentono lo scambio dei sensori senza necessità di modifiche hardware • Misurazione di sensori con riferimento a terra • Gli ingressi con buffer consentono la protezione esterna e il filtraggio senza errori di droop • Include riferimento da 10ppm/°C, reti di commutazione, sorgenti di corrente, tre convertitori analogico-digitali ∆∑ a 24 bit, RAM, ROM, e circuiti di linearizzazione di sensori • Coefficienti standard o programmabili integrati • Reiezione simultanea 50/60Hz • Rilevamento automatico di bruciatura, cortocircuito e guasto Linear Technology Italy Srl +39-039-5965080 LTC2983 – Contributo di errore Info e campioni gratuiti www.linear.com/product/LTC2983 Tel.: +39-039-596 50 80 Fax: +39-039-596 50 90 0,5 0,4 0,3 TERMISTORE 0,2 ERRORE (°C) Il circuito integrato ad alte prestazioni per la misura digitale della temperatura LTC2983 di Linear Technology digitalizza direttamente RTD, termocoppie e diodi esterni con precisione di 0,1°C e risoluzione di 0,001°C. Un front end analogico a prestazioni elevate combina convertitori analogico-digitali con buffer, basso rumore e basso offset con i necessari circuiti di eccitazione e controllo per ciascun sensore. Le misure sono eseguite sotto il controllo di un sistema digitale che combina tutti gli algoritmi e la linearizzazione richiesta per ciascuno. L’LTC2983 fornisce un’interfaccia multiplexata ad alta precisione virtualmente per ogni sensore. Misura con precisione segnali assoluti a livello di microvolt provenienti da termocoppie ed esegue misure della resistenza raziometrica di RTD e termistori, linearizza i risultati e li fornisce in °C o °F. Sono disponibili fino a 20 ingressi analogici e le misure digitalizzate possono essere fornite in gradi centigradi o Fahrenheit. L’interfaccia SPI funziona virtualmente con qualsiasi sistema digitale e un sistema di supporto software completo con menu a tendina che consentono la facile personalizzazione del dispositivo. L’LTC2983, semplice ma ricco di funzionalità, si interfaccia con una vasta serie di sensori di temperatura, inclusi termocoppie tipo B, E, J, K, N, S, R, T, RTD a 2, 3 o 4 cavi, termistori da 2,25kΩ a 30kΩ e diodi di rilevamento della temperatura. L’LTC2983 funziona con sensori con riferimento a terra senza bisogno di amplificatori, alimentatori negativi o circuiti di commutazione del livello. I segnali vengono digitalizzati simultaneamente con tre convertitori analogico-digitali ∆∑ a 24 bit ad alta precisione utilizzando un riferimento interno da 10ppm/°C. La compensazione automatica a giunzione fredda della termocoppia può essere eseguita utilizzando qualsiasi tipo di sensore esterno. Il chip include algoritmi di linearizzazione per tutti i più comuni tipi di sensore. I sensori personalizzati possono essere linearizzati con coefficienti specifici programmati sul chip. Le due sorgenti di corrente di eccitazione programmabili presentano l’inversione della corrente e un intervallo di corrente per migliorare la precisione e ridurre il rumore. Per garantire che le misure resistive siano accurate, l’inversione della corrente elimina gli effetti della termocoppia nel sensore resistivo. Il rilevamento guasti specifico del sensore avvisa l’utente in caso di cortocircuiti, circuiti aperti, sovratemperatura, sottotemperatura e l’overrange del convertitore analogico/ digitale. Disponibile sia nella versione commerciale che in quella industriale, l’LTC2983 supporta rispettivamente temperature operative da 0°C a 70°C e da -40°C a 85°C. Attualmente l’LTC2983 è offerto in un package LQFP-48 di 7 x 7mm conforme allo standard RoHS. TERMOCOPPIA 0,1 0 -0,1 DIODO 3904 -0,2 -0,3 RTD -0,4 -0,5 -200 video.linear.com/5174 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 TEMPERATURA (°C) , LT, LTC, LTM, Linear Technology e il logo Linear sono marchi registrati di Linear Technology Corporation. Tutti gli altri marchi sono di proprietà dei rispettivi titolari. Distributori Arrow Electronics Farnell Digi-Key +39-02-661251 +39-02-93995200 800.786.310 TIPS’N TRICKS SKILLS ver per applicazioni di rete. Le tecniche e gli strumenti disponibili vanno quindi dosati e proporzionati adeguatamente alla fascia di complessità, al costo sostenibile e al livello di affidabilità desiderato. La cassetta degli attrezzi Power Integrity comprende sostanzialmente il regolatore di tensione, la distribuzione di massa e alimentazione sul circuito stampato ed i condensatori di disaccoppiamento e filtraggio. Nulla di nuovo, si potrebbe dire. In realtà il primo elemento caratterizzante il paradigma Power Integrity sta nel considerare tutti questi componenti insieme, con i loro effetti del secondo ordine quali le antirisonanze, cooperan- ti a costituire un sistema, la PDN appunto. In particolare, viene sottolineata la necessità di pensare il pcb come un componente avente funzioni fondamentali nel garantire la qualità di segnali ed alimentazioni, piuttosto che come ad un mero supporto alle connessioni tra i componenti attivi e passivi della scheda. Avere una alimentazione stabile di elevata qualità, poco rumorosa e capace di erogare picchi di corrente quando richiesto, senza uscire dai limiti di specifica non è certo una esigenza nuova. Questo è da sempre il primo requisito di ogni progetto elettronico, si tratti di un circuito integrato, una scheda o un sistema. Le Figura 2: Impedenza totale (rosso) risultante dal parallelo di un condensatore ceramico da 47 nF (verde) ed uno da 2,2 uF (blu). caratteristiche dei circuiti logici apparsi negli ultimi anni rendono però qualità e prestazioni del sistema di alimentazione particolarmente critici e bisognosi di un’attenta progettazione. Le tensioni di alimentazione sono andate gradualmente riducendosi per limitare la potenza dissipata e rispettare le caratteristiche elettriche di strutture integrate sempre più piccole. Siamo quindi passati in pochi anni dai classici 5 V ad 1,2 V ed ormai anche a tensioni inferiori al Volt. Le tolleranze ammesse sono spesso passate dal tradizionale +/- 10 % a +/- 5 %, parallelamente con un sensibile aumento delle correnti assorbite e delle frequenze di commutazione, quindi della banda passante richiesta al sistema di alimentazione. Il margine di tensione si e` cosi ridotto da 500 mV a 50 mV. La maggiore criticità del margine disponibile impone tecniche di progettazione e verifica prima della costruzione dei prototipi più attente e sofisticate che in passato, in particolare coinvolgendo programmi di simulazione (CAD). Tali verifiche richiedono l’uso di programmi sofisticati e costosi, come indicato nell’articolo in riferimento 1. Molte piccole e medie aziende hanno difficoltà ad avere accesso a tali programmi, la cui disponibilità è spesso limitata anche in grandi aziende. Pur in presenza di varie forme di flessibilità da parte dei fornitori di CAD, il progettista hardware difficilmente ha modo di usare simulazio- ni della propria PDN. Certamente senza pretendere lo stesso livello di precisione ed accuratezza, l’uso di alcuni programmi freeware può consentire una serie di analisi “what if” utili quanto meno ad uno sgrossamento della problematica di progettazione e di confronto tra soluzioni diverse. Tipicamente c’è un prezzo “non monetario” da pagare, consistente nella limitazione dello stesso strumento a disposizione, in termini di dimensioni del progetto analizzabile, nella performance di simulazione, nel tempo necessario alla predisposizione dell’ambiente di simulazione stesso e nel rischio di introdurre errori dovuti all’intervento manuale, dove invece gli strumenti commerciali lavorano in modo automatico. Abbiamo già dettagliatamente descritto in un articolo precedente uno di questi programmi, il PDN_Tool di ALTERA, vedi riferimento 2. Il PDN_Tool consente di ridimensionare la rete di condensatori di filtro ed analizzarne il comportamento in frequenza. Richiamiamo brevemente l’attenzione sulla risposta in frequenza di una rete capacitiva, un esempio semplificato è visibile in figura 1. In pratica si determina un picco di impedenza dovuto a risonanze parallele (anti risonanza), ad ogni passaggio da un comportamento positivo ad un comportamento induttivo, corrispondente all’incrocio delle differenti risposte in frequenza degli elementi costitutivi della rete in esame. La figura 2 illustra graficamente tale fenomeno. Il PDN_Tool TIPS’N TRICKS SKILLS Figura 3: Discretizzazione pcb (sorgente vedi Riferimento 3) consente di costruire tali curve di risposta ed ottimizzarne il comportamento, almeno a frequenze medie e basse, riducendo al minimo i picchi e mantenendo l’intero profilo al di sotto di un valore limite desiderato (“target impedance”). Il PDN_Tool è basato su un foglio di calcolo Excel; risultati analoghi sono ottenibili, con un po’ di fatica aggiuntiva, attraverso i vari programmi SPICE, anche freeware, disponibili in rete, quali LT-SPICE. Un livello di sofisticazione superiore, sempre utilizzando tecnologie SPICE, si può ottenere discretizzando i piani di alimentazione e massa in un certo numero di celle elementari rappresentate da un circuito equivalente RLC (vedi riferimento 3 e figura 3). Il modello costruito come somma delle celle elementari è poi simulato in SPICE per estrarre il profilo di impedenza come già visto in figura uno e due. Le semplici formule per determinare i parametri RLC delle celle elementari sono presentate, tra l’altro, nel libro indicato in riferimento 4. È del tutto evidente come il tempo richiesto alla preparazione della simulazione sia ben diverso in questo caso, rispetto agli strumenti commerciali che importano la descrizione del circuito stampato direttamente dai file di progetto, sostanzialmente senza alcun intervento manuale. Per analisi più sofisticate occorre passare a tecniche di simulazione diverse, simulatori elettromagnetici in grado di risolvere strutture a due dimensioni e a tre dimensioni, calcolando i parametri elettrici distribuiti sulle superfici o nello spazio. I simulatori a due dimensioni (2D) lavorano su strutture fisiche aventi sezio- TIPS’N TRICKS SKILLS Figura 4: Stripline su pcb, tipica struttura risolvibile, in prima approssimazione, con un simulatore elettromagnetico 2D (sorgente: Internet). ni costanti e lunghezza teoricamente infinita, quanto meno molto grande rispetto alle altre dimensioni. Un esempio classico, visibile in figura 4, è costituito dalla stripline su circuito stampato. La distribuzione delle correnti e di conseguenza della caduta di tensione su un moderno circuito stampato possono essere critiche, in particolare quando si raggiungono alte densità di corrente in zone ristrette del circuito stampato. Questi colli di bottiglia nella distribuzione dell’alimentazione possono costituire un punto debole dell’applicazione e generare nel tempo problemi di affidabilità. L’identificazione dei “punti caldi” può essere realizzata a attraverso l’uso di simulatori 2D, come nel caso del pacchetto freeware FEMM (vedi riferimento 5). Il FEMM (Finite Element Method Magnetics, il nome richiama il procedimento matematico utilizzato) è un simulatore sviluppato per risolvere problemi magnetici ed elettrostatici su geometria planare. Il programma gira su ambienti Windows e Linux utilizzando Wine. Il pacchetto è composto da un’interfaccia grafica, dal generatore di mesh e da vari calcolatori. L’o- perazione di mesh, letteralmente maglia o griglia, consiste nella scomposizione della superficie da analizzare in porzioni elementari nei quali si possa considerare costante la grandezza da calcolare. Per analizzare la caduta di tensione e la distribuzione di corrente sui piani del circuito stampato si può importare un disegno in formato DXF (AutoCAD compatibile), comprendente la sagoma dei piani di alimentazione, di massa e tutte le vie. Il file DXF può richiedere un po’ di lavorazione prima di essere importato, semplificando i profili dei piani e convertendo le curve in linee a 45°. Con una certa perdita di precisione, questo consente di semplificare la geometria da simulare, evitando dettagli troppo minuti che potrebbero far esplodere il tempo di simulazione e l’occupazione di memoria e disco. Il lavoro di preparazione non finisce con l’importazione della descrizione meccanica, ma va completato con la definizione dei parametri elettrici dei conduttori e dei materiali isolanti. Il FEMM non importa i nomi dei segnali e quindi la verifica dell’oggetto sottoposto a simulazione va fatta in modo manuale, per confronto con il file di progetto originale del circuito stampato. Il risultato ottenibile è simile a quanto presentato in figura 5. Un altro interessante freeware è il pacchetto MEFiSTo di Faustus Scientific Corporation. MEFiSTo è l’abbreviazione di “Multi-purpose Electromagnetic Field Simulation Tool”. Anche in questo caso siamo in presenza di un simulatore 2D, in grado di risolvere problemi in cui i parametri calcolati dipendono da una o due dimensione spaziali e dal tempo. La classe di applicazioni è piuttosto ampia, comprendendo anche guide d’onda rettangolari e tutti quei problemi 3D che si possono ridurre o approssimare con modelli 2D. La documentazione fornita con il programma presenta un’ampia selezione di casi trattabili. Il pacchetto è utilizzabile per disegnare i piani di massa e alimentazione del PCB, definire una sorgente di eccitazione ad esem- TIPS’N TRICKS SKILLS pio sinusoidale, sceglierne la posizione e simulare la propagazione delle onde stazionarie eventualmente createsi, studiando quindi i fenomeni di risonanza connessi alla cavità creata dai piani affacciati. La documentazione fornita con il programma si rivela molto interessante. Dopo l’installazione si troverà nella directory HelpDoc/PDF il manuale d’uso, un tutorial ed un e-Book che costituisce una chiara introduzione alla simulazione 2D. L’acquisizione di questa documen- tazione è di per sé una ragione sufficiente a giustificare l’installazione del pacchetto. Vengono chiaramente descritti la teoria alla base del pacchetto (TLM, Transmission Line Modeling Method), la definizione delle condizioni al contorno, gli errori e la loro gestione. Il MEFiSTo è nato come supporto didattico per corsi universitari. Il suo uso è molto facilitato dall’avere un’interfaccia standard Windows, consentendo così al nuovo utente di lavorare in un ambiente familiare. Un’interessante alternativa ai programmi freeware può essere costituita dalle versioni demo o “lite” di programmi commerciali. Generalmente questi hanno qualche limitazione, anche significativa, rispetto ai pacchetti commerciali, essendo limitati nel tempo di utilizzo oppure nella complessità degli oggetti simulati. Il grande vantaggio è la possibilità di valutare di persona, su un proprio progetto, il pacchetto scelto, decidendo solo in seguito se acquistare il pacchetto commerciale in una delle sue versioni, oppure valutare un altro prodotto. Un esempio è rappresentato da Sonnet Lite, entry level di una suite di pacchetti di simulazione 3D con performance e costo crescenti, vedi riferimento sei. Sonnet Lite non ha limitazioni temporali ma limitazione della memoria usabile, nella complessità dell’oggetto simulato, nel numero di punti di osservazione. Il pacchetto si rivela utile nella simulazione di strutture di alimentazione di PCB, stripline, microstrip, cavità risonanti e antenne. Riferimento 1: Power Integrity, rivista Firmware n. 57 e 58, 2010 Riferimento 2: Tips&Tricks Strumenti CAD per Power Integrity rivista Firmware n. 97, Febbraio 2014 Riferimento 3: “Equivalent Circuit Modeling of Multilayered Power/Ground Planes for Fast Transient Simulation” di T.Watanabe, H. Asai, DATE2010, reperibile in internet. Riferimento 4: S. Caniggia, F. Maradei, Signal Integrity and Radiated Emission of High-Speed Digital Systems , John Wiley & Sons Ltd Riferimento 5: link FEMM: http://www.femm. info/wiki/download Riferimento 6: link Sonnet: http://www.sonnetsoftware.com/ Riferimento 7: link MEFiSTo http://www.faustcorp.com/ Figura 5: Distribuzione di tensione sul piano di alimentazione di un circuito stampato (sorgente: Internet). INSIDE Integrare Velocemente un Dispositivo NFC di Luca Stanzani In questo articolo, dopo una breve introduzione al sistema NFC, affronteremo il problema di come integrare con uno sforzo minimo questa tecnologia all’interno di un dispositivo che si sta progettando. M olti di voi già sapranno cos’è la tecnologia NFC, ma per chi ancora non lo sapesse è utile fare un preambolo, non troppo tecnico, per comprendere meglio quali sono le caratteristiche e i recenti sviluppi di questa tecnologia, oggi diffusamente abbinata a prodotti come tablet e smartphone. Figura 1: Architettura NFiC. CENNI SULL’NFC Nel 2004 Philips, Nokia e Sony fondano un consorzio per promuovere e stabilire gli standard della tecnologia NFC (Near Field Communication). Oggi questo consorzio conta oltre 150 membri. La tecnologia NFC, può essere vista come evoluzione della tecnologia RFID (identificazione a radiofrequenza, Radio Frequency IDentification) . Il principio di funzionamento è semplice: si sfrutta la comunicazione radio (sul canale a 13,56MHz) tra due dispositivi: il lettore, che genera un campo elettromagnetico ed il Tag, che eccitato da questo campo elettromagnetico, si attiva ed in- INSIDE via al lettore le informazioni in esso contenute. In realtà il discorso è un po’ più complicato. Esistono tag (che prendono anche il nome di trasponder) diversi tra loro e essenzialmente si distinguono in due categorie: attivi e passivi. Per i tag passivi la complessità realizzativa è relativamente bassa: sono costituiti da un chip, contenente le informazioni; un substrato che funge da supporto; un’antenna, che ha la duplice funzionalità di alimentare il chip mediante il campo magnetico generato dal lettore, e fungere da antenna per lo scambio di informazioni. Chiaramente, a causa della bassa tensione di alimentazione non si ha la potenza necessaria a trasmettere su distanze elevate. Quindi, il limite è di qualche decina di centimetri. I tag attivi, invece, sono più complessi: oltre al chip e all’antenna hanno anche un modulo di alimentazione che permette al dispositivo di trasmettere fino ad una distanza maggiore. La tecnologia NFC quindi permette una connettività wireless bidirezionale a corto raggio (indicativamente fino ad un massimo di 10 cm). Quando due apparecchi NFC (l’Initiator e il Target) vengono accostati entro un raggio di 4 cm, viene creata una rete peer-to-peer tra i due ed entrambi possono inviare e ricevere informazioni. L’ambito d’utilizzo più promettente per la tecnologia NFC è quello dei pagamenti da cellulare, non a caso ormai tutti gli smartphone di fascia alta contengono un lettore NFC. Ma i suoi campi d’impiego sono numerosi: si possono, ad esempio, scaricare dal PC, direttamente su un terminale mobile, prenotazioni alberghiere, ingressi a cinema, teatri, stadi, viaggi in treno o aereo, eccetera, per poi accedere ai relativi servizi avvicinando il proprio terminale ai chioschi elettronici in loco. Dai “chioschi” si potranno anche scaricare (e pagare) giochi, file MP3, video o software. Una delle applicazioni più recenti e promettenti relativamente alla tecnologia NFC è il pagamento “contactless” con i tag NFC integrati nelle carte di credito. OBBIETTIVO NFC Proprio in relazione a quanto detto in precedenza relativamente al rapido sviluppo e diffusione della tecnologia NFC, esiste una opportunità, per chi realizza prodotti o dispositivi elettronici, di cavalcare l’onda dell’NFC e integrare all’interno dei loro design un metodo di comunicazione wireless verso gli smartphone. Per integrare in un dispositivo la tecnologia NFC, attualmente le soluzioni più diffuse sono quella di inserire un tag nel sistema o addirittura inserire un lettore NFC completo; ma entrambe le soluzioni servono semplicemente allo scambio ebook INSIDE Figura 2: Schema a blocchi del dispositivo NFiC AS3953. del contenuto di un pezzo di memoria. Se quello che si vuole fare è una comunicazione con uno scambio dati bidirezionale, allora siamo lontani dall’obbiettivo. Per ottenere queste funzionalità necessariamente gli sforzi aumentano ed è necessario scrivere del codice che consenta di ottenere tutto ciò. Tutto questo comporta un costo in termini di tempo di sviluppo; per questo in alcuni casi una soluzione rapida, già pronta e affidabile, è preferita. COME L’NFC È IMPLEMENTATO OGGI Proprio come un collegamento dati, un canale NFC può essere progettato per comunicare in due modalità. La prima è una comunicazione passiva, dove il dispositivo initiator (il lettore) fornisce il campo radio e il dispositivo target (il tag) risponde modulando questo campo. Il lettore a questo punto legge le informazioni che il tag racchiude nella sua memoria interna. Questo tipo di comunicazione è sufficiente per applicazioni dove l’intento e fare un’autenticazione o un’identificazione. Il secondo tipo di comunicazione è una comunicazione attiva, una completa comunicazione bidirezionale, in cui due dispositivi NFC si scambiano dati su un link half-duplex. Questo tipo di comunicazione può essere utilizzato ad esem- pio per scambiarsi file, informazioni di contatto, foto, etc. In questo caso la comunicazione dati è più versatile rispetto alla connessione ad un tag passivo, espandendo la possibilità di applicazione. Questo però comporta anche l’implementazione di un complesso stack di protocollo NFC da entrambi i lati del link NFC e la necessità che entrambi gli hardware siano dei lettori NFC. Questo significa, per chi vuole implementare tutto ciò, un costo supplementare, non solo di materiali, ma anche in termini di potenza, spazio e sforzi progettuali. Un lettore richiede la realizzazione di un antenna più complessa rispetto ad un tag. Per realizzare un lettore NFC servono esperti in radiofrequenza e in EMC, nonché un tempo di sviluppo lungo. In aggiunta si deve considerare che il progetto di un lettore NFC non può essere autoalimentato da una sorgente “rinnovabile” perché l’antenna richiede un assorbimento di circa 200-300 mA quando trasmette il campo radio. Questo significa assorbire una considerevole quantità di energia dalla sorgente di alimentazione primaria (per esempio una batteria) o addirittura la necessità di avere una batteria dedicata. Questo spiega perché in dispositivi a basso costo, gadget o sensori una comunicazione attiva non viene implementata quasi mai, ma ci si limita alle applicazioni che consentono il semplice inserimento di un tag passivo. LA SOLUZIONE NFIC Se si vuole realizzare una comunicazione bidirezionale , come detto in precedenza, serve molto di più di un singolo tag conforme alla ISO 14443A. Una possibile soluzione è l’architettura NFiC, un acronico creato dalle parole “NFC interface IC”, prodotto dalla azienda Ams. Lo schema semplificato di figura 1 mostra come l’architettura NFiC si inserisce nell’architettura di un sistema . Il suo progetto del circuito RF è molto simile a quello di un tag passivo e fa uso di un’antenna piccola e semplice; ma la cosa ancora più importante è che consente un interfaccia NFC wireless, low-cost e bidirezionale controllata da un microcontrollore e completamente alimentata da energia rinnovabile. Vediamo in dettaglio quali sono le caratteristiche salienti di questa architettura: - L’NFiC può essere usato per uno scambio dati bidirezionale - Il circuito RF è facile da progettare - L’NFiC non si “nutre” dell’alimentazione del sistema ma di “energia recuperata” con la quale può alimentare anche la MCU che la controlla. - L’interfaccia tra la MCU e l’NFiC arriva fino ad un data-rate di 848 Kbps. - Poiche l’NFiC appare come un tag agli occhi della MCU, il suo stack di protocollo è solo una sottoparte dello stack completo richiesto fra due reader NFC. - Come un tag, un dispositivo NFiC può essere certificato più agevolmente di un reader NFC. INSIDE Un’implementazione dell’architettura NFiC risiede nel chip AS3953 della ams e permette a qualsiasi dispositivo o gadget dotato di microcontrollore di offrire una comunicazione bidirezionale NFC. Uno schema a blocchi del dispositivo AS3953 è mostrato in figura 2. Questo IC fornisce un front-end RF con un data framing integrato conforme alla ISO 14443, mentre dal lato MCU offre un interfaccia SPI. In aggiunta dispone di u sistema di energy-harvesting e di gestione dell’alimentazione che lo rendono unico. A bordo ha anche una EEPROM, utilizzabile per memorizzare dei dati o per fornire un pattern di wake-up passivo. Il chip è stato progettato per creare un link veloce tra un dispositivo “reader compliant” con lo standard ISO14443A (PCD) e un microcontrollore. Figura 3: Demo Kit NFiC per AS3953. L’AS3953 viene passivamente alimentato grazie al campo magnetico generato dal dispositivo PCD e quindi non richiede un alimentazione esterna continuativa. Ai terminali LC1 e LC2 del dispositivo va collegata l’antenna e va progettata come se si stesse utilizzando un tag passivo (PICC). Poiché è completamente compatibile con lo standard ISO 14443, richiede un protocollo NFC ridotto e può essere integrato con un minimo sforzo rispetto ad un lettore NFC completo. Dopo una fase iniziale di comunicazione dove viene superato il protocollo anticollisione previsto dallo standard, il PCD invia un comando di wake-up che sveglia il microcontrollore attraverso un interrupt. A questo punto l’AS3953 funziona come collegamento dati tra il microcontrollore e il PCD. Come detto in precedenza l’AS3953 integra una EEPROM e questo aspetto lo rende ideale in applicazioni dove il PCD deve salvare dei dati, anche se il lato SPI non è alimentato, e successivamente letto dal microcontrollore. Oppure un’altra applicazione potrebbe essere quella dove il microcontrollore periodicamente esegue il log di dati in EEPROM, chip che il PCD potrà leggere successivamente anche quando il microcontrollore non è alimentato. Una tensione di alimentazione regolata è disponibile all’esterno dell’IC su di un pin e può essere utilizzata per alimentare ulteriore circuiteria, come per esempio il microcontrollore stesso o un sensore. APPLICAZIONI POSSIBILI STRUMENTI DI SVILUPPO Le applicazioni possibili per l’architettura NFiC ricalcano un po’ quelle che sono attualmente i segmenti di mercato in cui la tecnica NFC sta prendendo piede, che sono: - Smart card interattive e smart card con display - Etichette di scaffale elettroniche per il settore della grande distribuzione - Dispositivi medici - Dispositivi per il collegamento sicuro per il bluethooth o Wifi - Elettronica di consumo - Programmazione passiva dei dispositivi, personalizzazione e attivazione (per settaggi regionali o durante la produzione). Per chi volesse iniziare a sviluppare con l‘AS3953, Ams mette a disposizione un demo kit, le misure disponibili sono 3 e sono mostrate in figura 3. Il costo è di 20$ ed è abbastanza esiguo. AS3953 home page: http://ams.com/eng/ AS3953 AMS home page: http://ams.com/eng mouser INSIDE Caro Microcontrollore… ma Quanto Consumi? di Massimo Sito Spesso le specifiche tecniche relative alle prestazioni di un prodotto vengono espresse nelle condizioni di funzionamento (e di misura) ottimali, nell’intento di metterlo in evidenza ed in posizioni di (apparente..) superiorità rispetto ai concorrenti. Un documento comparativo di TI, volto a confrontare i micro della famiglia MSP430 con quelli a tecnologia XLP di Microchip, ha provocato la comprensibile reazione di quest’ultima: nell’articolo leggiamo gli interessanti esiti del confronto, molto diretto e senza esclusione di colpi! I n un documento messo online (vedi riferimento 1) Texas Instruments ha confrontato i PIC24F Microchip con tecnologia XLP caratterizzata da consumi estremamente ridotti, dell’ordine dei nW, con i propri dispositivi MSP430 con Ultra Low Power. La documentazione TI fa riferimento a otto parametri specifici importanti nelle applicazioni di consumo estremamente ridotto, e in questa si sostiene la superiorità della propria tecnologia rispetto a quella denominata “XLP” di Microchip. Quest’ultima, nell’articolo pubblicato a distanza di qualche mese (vedi riferimento 2) considera ciascuno degli otto elementi ai quali TI si riferisce, rivela i punti discutibili nel documento originale di TI e presenta, alla fine, dei dati ben diversi. Nello specifico, il documento si riferisce ad una prova di laboratorio dove si considerano dei test in cui vengono confrontati un dispositivo MSP 430F2619 – 120 KB, un dispositivo MSP 430 F2011 – 1KB Figura 1: Curve di scarica delle batterie Flash e un PIC 24F16KA102 – 16KB Flash, posti in modalità di funzionamento a basso consumo e in cui si usa, come alimentazione, una batteria a bottone del tipo CR2032 da 3 V: il funzionamento a basso consumo prevede, per tutti i dispositivi, lo Sleep Mode con Watchdog Timer e il Brown Out Reset abilitati. I risultati di provenienza Texas Instruments sono riportati nella tabella 1. Relativamente ad essi, si afferma che il funzionamento in standby è molto importante e i dispositivi hanno una fase di wake-up ogni pochi secondi. INSIDE TABELLA 1: Assorbimenti in Modalità LOW POWER Dispositivo Consumo di corrente Modalità di funzionamento MSP430F2619 - 120 KB Flash 0.4-0.5 μA @ standby WDT,BOR abilitati, Self wake –up, RAM mantenuta MSP430F2011 – 1KB WDT,BOR abilitati, Self wake –up, RAM mantenuta Flash 0.3-0.4 μA @ standby PIC24F16KA102 – 16KB Flash 0.8 μA @ standby La prova di laboratorio fa riferimento ai dati considerati per concludere che il PIC XLP consuma così due volte di più rispetto alla famiglia MSP430F2xx; l’articolo considera quindi otto affermazioni della TI che, riferendosi ad altri modelli della famiglia MSP430F2xx e alla famiglia PIC24F, vogliono sostenere conclusioni similari. AFFERMAZIONE 1: “TUTTI I DISPOSITIVI MSP430 MCU SONO RAGIONEVOLMENTE A BASSO CONSUMO” Dati reali riportati non supportano questa tesi. Ci sono parecchi MSP430 MCU, come ad esempio gli MSP430F2252, che assorbono 100 nA in modalità Sleep. Ci sono anche dispositivi come quelli della famiglia MSP430F553X che richiedono il 1700% in più di corrente in sleep-mode, ovvero 1690 nA. Questo dato differisce di oltre un ordine di grandezza rispetto all’altro, che risulta quindi così non consistente. La tabella 2 illustra la grande differenza dei consumi all’interno della famiglia dei dispositivi MSP430. WDT,BOR abilitati, Self wake –up, RAM mantenuta AFFERMAZIONE2: “L’UTILIZZO CON UNA SORGENTE DI ALIMENTAZIONE DI 1,8V NON È RILEVANTE IN APPLICAZIONI DAL CONSUMO ESTREMAMENTE RIDOTTO” Questa è un’affermazione infondata, dal momento che non considera un serio dato di progetto: il funzionamento della MCU quando si riduce la tensione a causa del progressivo esaurimento della batteria di alimentazione. Per la maggior parte delle industrie di elettonica embedded, la tendenza nella tecnica di consumo estremamente ridotto è quella di far ricorso a batterie come fonte di alimentazione. Questa modalità a consumo estremamente ridotto è divenuta così sinonimo di “alimentazione a batterie” e questo, nelle applicazioni odierne, significa far ricorso ad sorgenti costituite da una o due celle, ovvero o un elemento a bottone come la CR2032, o un paio di Alcaline AA/AAA. In entrambi i casi l’intervallo di tensioni di utilizzo scende al di sotto dei 3,0 V. Nel caso di una batteria alcalina da 1,5 V, la tensione rimane utilizzabile fino a 0,9 V, o 1,8 V nel caso di due batterie. Nel caso della popolare mikroelektronik INSIDE TABELLA 2: Differenza tra i diversi dispositivi Dispositivi TI (Dati a 3V) MSP430F2001 MSP430F2252 MSP430F2619 MSP430F553X Memoria Flash & Pins 2KB 14 pins 8-32 KB 40 pins 92-120 KB 64-80 pins 192-256 KB 80-100 pins LPM5-Off (nA) LPM4 - Storage (nA) LPM3 + WTD (nA) LPM3 + RTC (Simple Timer) Run Mode 8 Mhz with DCO (ma) _ 100 500 900 2.0 _ 100 600 900 2.8 _ 200 600 1100 4.3 100 1690 1800 2600 1.1 CR2032, il campo di tensioni utilizzabili si estende fino a 2,5 V prima che la tensione inizi a decrescere drasticamente, come si vede nella figura 1. Le affermazioni TI sostengono che l’MSP430 è specificamente progettato per le applicazioni basate su alimentazioni a batteria. La scelta di non considerare che tali applicazioni devono in concreto e realisticamente comportare la possibilità di utilizzo anche una volta che la tensione della batteria è scesa sotto il valore nominale, significa che le applicazioni per cui i dispositivi MSP430 sono dedicati non sono le applicazioni basate su alimentazioni a batteria. AFFERMAZIONE 3: “L’MSP È IL MICROCONTROLLORE CHE CONSUMA DI MENO AL MONDO” La documentazione della TI sostiene che i dispositivi MSP 430 consumano meno in tutti i modi di funzionamento. Comunque TI può affermare questo sostenendo che il modo di funzionamento Deep Sleep dei PIC24F dotati di tecnologia XLP sia tanto “pericoloso” quanto “sconveniente” e perciò diminuendone l’importanza. In realtà, i dispositivi MSP430 non includono un modo di funzionamento Deep Sleep, e non è possibile togliere alimentazione alla RAM e ristabilirla (vedi AFFERMAZIONE 5: il modo di funzionamento Deep Sleep è pericoloso). Le correnti di perdita della RAM sono una delle cause di maggior consumo della batteria durante lunghi periodi in cui il dispositivo ha un funzionamento ridotto; è per questo motivo che TI cerca di screditare il modo Deep Sleep, considerandolo pericoloso o sconveniente. Nessuna delle due considerazioni è difendibile. Nelle situazioni reali, in cui si considerano applicazioni che prevedono un funzionamento per molti anni tramite una sola batteria, non si può sostenere un modo di funzionamento simile come “sconveniente”. Inoltre la documentazione della TI sostiene che il Deep Sleep è più che altro un modo di funzionamento “off” perché si può utiliz- zare togliendo alimentazione alla maggior parte degli elementi attivi dei PIC24F. Comunque , come si può vedere dalla tabella 3, il modo di funzionamento Deep Sleep si può utilizzare quasi con ogni combinazione di Brown-out Reset (BOR), Watchdog Timer (WTD) e Real Time Clock/Calendar (RTCC), con un consumo inferiore ai dispositivi MSP430 in ciascuno di questi modi di funzionamento di consumo ridotto. Sostenere che un dispositivo sia il microcontrollore con il minor consumo al mondo deve sempre comportare esclusioni, ma escludere modalità di funzionamento a basso consumo di un concorrente solo perché il proprio dispositivo non li supporta, non sembra sia un modo obiettivo di eseguire un confronto. AFFERMAZIONE 4: “TUTTI I MODI DI FUNZIONAMENTO SLEEP SONO UGUALI” Nella documentazione di TI non si fa accenno ad un modo di funzionamento Deep Sleep, presumibilmente perché il dispositivo MSP430 non è in grado di offrire una modalità di funzionamento a basso consumo paragonabile. Non supportare una caratteristica non giustifica il fatto di ignorarla; tuttavia la TI ripetutamente evita di riconoscere le caratteristiche più vantaggiose dei PIC24F con tecnologia XLP. La TI, invece, sceglie di ignorare le differenze tra la modalità di funzionamento Sleep mode e Deep Sleep mode dei PIC24F, preferendo indicare il Deep Sleep mode come un “modo di memorizzazione” ed evitando di riconoscerne la flessibilità. Questo traspare ancor più nel paragone della modalità LPM4 dei dispositivi MSP430 (Low Power Mode 4), descritto da TI come “equivalente ad un modo di memorizzazione”, con i valori relativi al funzionamento in modalità Sleep mode dei PIC24F. Ironia della sorte, le prestazioni dei microcontrollori PIC® nella modalità di funzionamento Sleep mode sono per lo più equivalenti al “modo di memorizzazione” dei dispositivi MSP430 e, se i valori relativi alla modalità Deep Sleep mode dei PIC24F fossero stati considerati da TI come si sarebbe dovuto fare, i risultati sarebbero stati ancora più favorevoli a Microchip. TABELLA 3: Assorbimento in differenti modalità SLEEP Memoria Flash Famiglia di MCU (Dati a 3V) & Pins MSP430F2001 MSP430F2252 PIC24F16KA102 2KB 14 pins 8-32 KB 40 pins 4-16 KB 14-28 pins Corrente in Lowest Sleep Lowest Sle- Lowest Sleep con BOR ep con WDT Lowest Sleep con RTCC 100 100 500 900 100 100 600 900 28 36 476 676 INSIDE funzionamento è possibile solo tramite un evento esterno e provoca un reset del sistema. È chiaro che ricorrere ad un modo di funzionamento così limitativo come l’LPM5 per consumare meno va fatto in modo prudente e solo in quelle applicazioni dove è possibile un reset del dispositivo tramite eventi esterni, altrimenti potrebbe essere considerato pericoloso. AFFERMAZIONE 6: “L’MSP430 VINCE NEGLI STUDI DI DURATA DELLA BATTERIA” Figura 2: Durata di vita di batterie in applicazioni a microcontrollore Il risultato finale è che il PIC24F ha dimostrato un consumo nel modo Deep Sleep mode inferiore a quello di ogni altra modalità che i dispositivi MSP430 possano offrire, senza rinunciare ai diversi modi con BOR, WTD o RTCC. AFFERMAZIONE 5: “LA MODALITA’ DEEP SLEEP È PERICOLOSA” La modalità di funzionamento Deep Sleep è considerata nella documentazione della TI come “pericolosa”; afferma che è un modo di memorizzazione dal momento che uno sleep mode richiede un wake up, cosa che,secondo gli ingegneri della Texas Instruments, la modalità Deep Sleep mode del PIC24F non offre. Ciò non è esatto. Il PIC24F ha sei modi di wake up dopo il Deep Sleep mode. Dispone di due opzioni autonome di wake-up: - Il Deep Sleep WDT - Il Real-Time Clock/Calendar. Un interrupt esterno o un Master Reset, POR, o BOR possono a loro volta essere utilizzati come opzioni di wake-up. È possibile che TI consideri paragonabili la modalità Deep Sleep del PIC24F e l’LPM5 del MSP430;questo è, per sua stessa ammissione, considerato un modo di funzionamento virtuale “off”. Entrando nella modalità di funzionamento LPM5, si toglie alimentazione al core del processore, cancellando tutti i dati dai registri, SRAM e, cosa più significativa, perdendo gli stati dei pin di I/O. Uscire da tale modalità di Questa affermazione fa riferimento ad un esempio di utilizzo presentato per illustrare la durata di una batteria. Per gli esempi riportati nella documentazione, la TI fa uso dei valori “tipici” del foglio specifiche del proprio dispositivo, ma usa i “massimi assoluti” ricavati dal foglio dati del microcontrollore PIC. Non c’è nessuna spiegazione nella documentazione sul perché ciò sia stato fatto o perché possa essere considerato un paragone appropriato. Gli esempi riportati nella documentazione della TI considerano due casi: un’applicazione con un duty-cycle dell’ 1% e un’applicazione con un duty-cycle dello 0.1%. In ciascun esempio la TI usa valori massimi assoluti dei data sheet quando calcola la durata di vita della batteria nel caso del PIC24F, ma valori tipici nel caso del proprio MSP430. In aggiunta all’uso scorretto dei dati specifici, il paragone viene fatto senza usare la modalità di funzionamento di consumo più basso possibile del PIC, il Deep Sleep. Chiaramente, nel caso di un utilizzo generico, andrebbero utilizzati valori “tipici” per tutto il confronto. Inoltre si dovrebbero includere tutte le possibili caratteristiche del microcontrollore. Quando gli ingegneri della Microchip ricostruirono questo esperimento usando i dati forniti dalla TI per il rispettivo microcontrollore, ma usando invece quelli più appropriati nel caso del PIC24F- includendo l’uso del Deep Sleep Mode - i risultati furono differenti in modo significativo (vedi la figura 2). Primo, nel caso dell’esempio dell’applicazione con il duty-cycle dell’1 %, invece di ottenere una durata di vita di meno di 2 anni, il PIC24F rimane operativo per 6,7 anni, che è 4 mesi in più dei migliori dati propri del MSP430. Secondo, nel caso dell’applicazione con un duty-cycle dello 0,1 %, il PIC24F rimane operativo quasi 30 anni, che è approssimativamente 5 anni in più del miglior dato riportato per l’MSP430. Va notato che un tempo di vita di 30 anni è teorico, dal momento che sarebbe più lungo delle tabelle di vita di tipiche celle a bottone CR2032. AFFERMAZIONE 7: “L’MSP430 HA IL WAKE-UP PIU’ VELOCE” Questa affermazione è corretta, dal momento che l’oscillatore digitale dell’MSP430 può iniziare a funzionare e raggiungere un Members INSIDE segnale stabile a 16 MHz in 1 μs, mentre l’oscillatore RC del PIC24F impiega 2 μs per funzionare. Comunque, l’MSP430 può funzionare a 16 MHz solo con una tensione che supera i 3,0 V; al di sotto di questo valore non è più in grado di garantire un clock ad una simile frequenza (vedi figura 3). L’affermazione, dunque, nelle applicazioni alimentate a batteria è puramente accademica, poiché la tensione nominale è pari a 3,0 V soltanto all’inizio e successivamente il suo valore non può che scendere. Per inciso, il PIC 24F è in grado di funzionare a 32 MHz a 3,0V. AFFERMAZIONE 8: “L’MSP430 è DUE VOLTE PIÙ VELOCE IN ESECUZIONE” L’ultima affermazione da confutare è legata all’affermazione 7, che propone che un periodo di wake-up più breve e un’ esecuzione di codice più rapida comportano una minor perdita di energia. Calcolando l’utilizzo di energia si raggiunge una conclusione differente. La maggior parte delle istruzioni dei dispositivi MSP430 richiedono due o più cicli, mentre circa il 90% delle istruzioni dei PIC24F sono di un solo ciclo. Ciò significa che per una data operazione, l’architettura del PIC24F richiede un minor numero di cicli d’istruzione. Meno cicli d’istruzione significa minor impiego del bus e meno transizioni di gate, che rappresentano la maggior cau- sa di consumo in un dispositivo CMOS. L’esempio riportato nella tabella 4 riporta il risultato di un compito semplice ma eseguito spesso: copiare un array di 32 byte da una parte della memoria in un’altra. Si può vedere che l’MSP430 inizia l’esecuzione del codice 1 μs dopo l’inizializzazione, ma continua ad eseguire codice a lungo dopo che il PIC24F ha terminato il compito, con un consumo di energia significativamente maggiore -con un tempo tre volte superiore- per ottenere lo stesso risultato. Ciò è dovuto al set di istruzioni del PIC24F, che dispone di più istruzioni ad un singolo ciclo e quindi più efficienti nella loro applicazione. TABELLA 4: Confronto tra misure Misure PIC24F16KA102 MSP430F2619 Avvio del Clock 3 μS 1 μS Cicli d’istruzione 40 316 Tempo d’esecuzione (@4 MHz) 32 μS @ 2 MIPS 80 μS @4 MIPS IDD 1.6 mA 1.5 mA Consumo d’energia IDD*Tempo d’esecuzione@ 3V 158 μJ 363 μJ CONCLUSIONE La conclusione che viene tratta da TI nella sua documentazione è che il dispositivo MSP430 rappresenta la famiglia di microcontrollori con il consumo più ridotto al mondo; affermazione che è stata poi confutata negli esempi riportati nell’articolo. Il PIC24F è stato in realtà progettato per operazioni a consumo estremamente ridotto in applicazioni in cui l’aspetto del risparmio energetico è di importanza primaria. Si conclude in modo evidente che la famiglia di PIC24F è superiore in caratteristiche e funzioni. Non solo fa il miglior uso della potenza di una sorgente come una batteria, ma lo fa anche nel modo più flessibile ed efficiente. Progettando un’applicazione in cui il Figura 3: Frequenza di funzionamento dei microcontrollori in rapporto alla tensione consumo va controllato, il team dei progettisti non si deve veder aumentata la difficoltà del compito a causa dei vincoli del microcontrollore. Necessita di una soluzione che sia semplicemente la migliore e con un funzionamento a consumo estremamente ridotto, qualunque sia l’applicazione. La famiglia PIC24F viene incontro a tale necessità e lo fa senza imporre restrizioni sull’alimentazione, sulle modalità di sleep o sull’efficienza del codice utilizzato. Riferimento 1: (Documento diffuso inizialmente da TI nell’Ottobre 2009) Riferimento 2: (Documento Micro-chip in risposta al precedente nel successivo Aprile 2010) INSIDE L’evoluzione della tecnologia in automobile. di di Giorgio Grimaldi Oggi il legame tra tecnologia e auto è strettamente connesso, e la sempre maggior integrazione di questa all’interno dei moderni autoveicoli è un plusvalore che condiziona sempre più il mercato. In quest’articolo si considera, con una breve panoramica, quello che è stato il percorso evolutivo dell’elettronica auto negli ultimi decenni. F acendo un “passo indietro” fino a un centinaio di anni fa, i primi autoveicoli possedevano in pratica solo il sistema di trazione, manovra e trasmissione, costituito rispettivamente da: motore, freni, sistema di manovra e trasmissione della trazione alle ruote. Tutti quei componenti, che non erano direttamente connessi ad uno dei quattro macro elementi appena indicati, erano considerati opzionali. Nei successivi 30 anni, la tecnologia connessa all’elettricità ha avuto un ruolo sempre più forte all’interno dello sviluppo dei “confort”, rendendo dei componenti di serie gli elementi che prima erano considerati quasi esclusivamente come “costosi optional”. La vera svolta è arrivata con l’avvento dei sistemi di controllo elettronico, comunemente definiti “centraline”, al posto di quelli precedentemente attuati in modo meccanico o elettromeccanico. Ad esempio, cruciale è stata l’introduzione della centralina di controllo motore, Figura 1a: Esempio di doppino intrecciato attraverso la quale si sono ottimizzate le dinamiche di funzionamento di tutto il sistema di trazione, riducendo i costi a vantaggio dell’affidabilità e delle prestazioni. Oggi in un veicolo sono presenti mediamente tra le venti e le cinquanta centraline (detti nodi), tutte dotate di software più o meno complesso. I sistemi più semplici sono dotati esclusivamente di logiche interne, gestiscono eventi come input e output, con segnali analogici e digitali ad esse collegati, detti segnali “Filari”. Le centraline di categoria più complessa, oltre ad elaborare i dati ricevuti dai canali filari, comunicano con le altre INSIDE centraline ricevendo e trasmettendo informazioni utili attraverso un protocollo di comunicazione. Il vantaggio di un’architettura di questo tipo è la semplicità di ottenere informazioni anche senza la connessione diretta al sensore. Ad esempio, un’informazione utile come la temperatura del motore è utilizzata da molteplici centraline; poiché è impensabile cablare per ogni centralina un cavo che porti la grandezza analogica, si è scelto allora di connettere il sensore solamente alla centralina addet- ta al controllo motore: sarà poi questa a distribuire le informazioni agli altri dispositivi di controllo attraverso la rete di comunicazione. LA SCELTA DEL PROTOCOLLO Nella progettazione di un sistema elettronico all’interno di un veicolo, è necessario prendere in considerazione molteplici fattori, anche quelli che in qualsiasi altro ambito si valuterebbero come ininfluenti. Il primo problema da affrontare è l’instabilità dell’alimentazione, la quale ha una fortissima dipendenza dal numero dei giri del motore e dalle condizioni di carico dell’impianto. Infatti, nel normale funzionamento, solitamente la centralina deve poter funzionare in escursioni di tensioni di anche di ±7 V rispetto al valore nominale, senza che l’utente finale percepisca variazioni o anomalie di servizio. Ovviamente, per poter rendere tollerabili queste notevoli variazioni di alimentazione, sono state sviluppate efficaci strategie progettuali che proteggono i dispositivi di bordo anche da eventuali segnali transi- tori che, nella generalità dei casi, potrebbero compromettere definitivamente l’integrità del sistema. Com’è noto, per isolare un sistema da eventuali disturbi generati da sorgerti esterne, è bene isolarlo attraverso uno schermo metallico, di modo che i disturbi elettromagnetici (EMC) siano riflessi senza attraversarlo. In un’automobile i disturbi provenienti dall’ambiente esterno vengono notevolmente ridotti dalla carrozzeria (che funge, in un certo qual modo, da gabbia di Figura 1b: Rappresentazione grafica di come le EMC non compromettano l’informazione su doppino (Mara, questa fa proprio schifo ma non ho alternativa: se vuoi puoi scalarla a base 9 cm, così diventa alta come 1a) Figura 2: Network CAN su veicolo con nodi principali. INSIDE Figura 3: Livelli logici del segnale CAN. faraday), però questo vantaggio ha un risvolto negativo che, se non considerato, può compromettere i sistemi elettronici presenti al suo interno. La carrozzeria infatti, oltre a riflettere le OEM provenienti dall’esterno del veicolo, riflette allo stesso modo tutti i disturbi elettromagnetici generati dalle molteplici centraline presenti al suo interno, rischiando così fastidiose risonanze che potrebbero influenzare quelle che sono le normali dinamiche di funzionamento del veicolo. Figura 4: Esempio di Cablaggi elettrici all’interno di un veicolo di fascia media È facile intuire come la prima grande soluzione a questo problema non possa che consistere nella riduzione delle stesse emissioni, attraverso le tecniche già note descritte anche in un altro mio articolo “Evitare le Emissioni Elettromagnetiche nella progettazione di PCB” pubblicato nel numero 97 di Firmware. Oltre alla riduzione delle emissioni Elettromagnetiche, è fondamentale proteggere l’intero sistema, progettandolo in modo che queste interferenze non ne condizionino il corretto funzionamento. I componenti maggiormente soggetti a questa tipologia di interferenza sono quelli che hanno dinamiche molto rapide, ma con escursioni di tensioni di qualche volt; stiamo quindi parlando della rete di scambio dati presente a bordo del veicolo. Per i motivi sopra indicati, si è preferito adottare una tipologia di comunicazione bifilare associata ad un protocollo molto “robusto”, in modo da garantire il corretto funzionamento nelle diverse condizioni di lavoro cui un veicolo può essere soggetto. In ambito industriale, il protocollo che si avvicina di più a quanto descritto sopra è l’RS-485, costituito da una linea bifilare con all’interno una comunicazione seriale. In campo automobilistico questa tipologia di comunicazione è stata leggermente modificata nello standard e nominata K-Line. Oggi questo genere di rete di comunicazione è ancora utilizzato, ma principal- mente come rete ausiliaria, ad esempio per la diagnosi. La maggior parte dei produttori di veicoli utilizza il protocollo che oggi è diventato quasi lo standard in ambito automobilistico, ovvero il CAN. IL PROTOCOLLO CAN L’acronimo CAN sta per: “Controller Area Network”. Realizzato e brevettato per la prima volta negli anni ottanta dalla “Robert Bosch GmbH”, si è diffuso a macchia d’olio in ambito automobilistico, grazie soprattutto alla grande presenza di Bosch all’interno di questo mercato. Può utilizzare, come mezzo di trasmissione, una linea a differenza di potenziale bilanciata come la RS-485. L’immunità ai disturbi EMC può essere ulteriormente aumentata utilizzando cavi di tipo “twisted pair” (doppini intrecciati), dove i due poli sono nominati rispettivamente “CAN-H” e “CAN-L”. In figura 1a è mostrato un esempio di doppino e in figura 1b quali vantaggi apporta se soggetto ad EMI. La rete nel veicolo è composta da una serie di nodi connessi tutti in parallelo con Alimentazione e CAN. Attraverso un’architettura parallela del genere, è davvero semplice per il progettista o il manutentore, riuscire a connettere o disconnettere una centralina senza compromettere l’integrità della rete stessa. In figura 2 è riportato un esempio di Network in un veicolo. INSIDE L’architettura della rete appena descritta va anche a vantaggio di una notevole semplificazione del cablaggio, come mostrato in figura 4. Oltre alla questione concernente la semplicità di scambio d’informazioni tra le diverse centraline, la rete comprende anche applicazioni destinate a comunicare ai dispositivi a essa connessi eventuali informazioni riguardanti la diagnosi delle sue parti. Figura 5: Presa OBD per la connessione Figura 6: Shield Arduino alla rete CAN. CAN-bus Questo protocollo è caratterizzato da una velocità di comunicazione che può variare dai 40 Kbit/s fino a 1 Mbit/s, a vantaggio della mole di dati trasmessa. Va altresì considerata la distanza che un segnale, avente dinamiche così rapide, può percorrere: per velocità di trasmissione pari a 1Mbit/sec, il segnale non decade per circa 40 cm. Mentre per velocità pari a 125 Kbit/s, si riescono a percorrere anche 500 metri. È proprio per tale motivo che i costruttori di auto optano per velocità che non vanno mai oltre i 500 Kbit/s. Il CAN è considerato tra i protocolli più immuni non solo dai disturbi EMC, ma anche dai possibili guasti che possono colpire la rete. Infatti, essendo il CAN-H esattamente speculare rispetto al CAN-L, il nodo ricevente può verificare la coerenza del messaggio, semplicemente confrontando i due segnali. Entrando più in dettaglio in quello che è il segnale CAN, si osserva una dinamica compresa tra 0 V e 5 V e, nello specifico, si considererà: - segnale logico ALTO se: CAN H > 3,5V e CAN L < 1,5V - segnale logico BASSO se: 1,5 V < CAN H e CAN L < 3,5 V In pratica, si considera livello logico alto (detto Dominante), se la differenza di potenziale è maggiore di 2 V, mentre al di sotto di questa soglia è considerato livello logico basso (detto Recessivo), come mostrato in figura 3. In caso d’interruzione o corto circuito verso GND o VCC di uno dei due canali, i dati continuano comunque a raggiungere il nodo ricevente che riesce comunque, con i dovuti accorgimenti, a decodificare l’informazione trasmessa. Solitamente, in fase di progettazione dell’architettura di un SW embedded, circa il 50% del codice scritto ha lo scopo di asservire tutte le logiche di diagnosi e gestione delle routine di recupero. Ovviamente per la risoluzione di un guasto è necessario un intervento da parte di un tecnico d’officina, il quale interrogherà il sistema e, in funzione della risposta ricevuta, potrà individuare i componenti guasti effettuando l’intervento di riparazione. È semplice intuire che i singoli codici di errore delle varie centraline possono variare a discrezione dei diversi produttori, e possono differire a seconda del modello di vettura. Sarà quindi molto difficile, senza un database che ne consenta l’interpretazione, comprendere il significato dei vari codici diagnostici generati dal sistema. Oggi la maggior parte dei veicoli di qualsiasi fascia (alta, media o bassa che sia) è dotata all’interno di una o più reti CAN. Per i più curiosi, sotto la scatola fusibili è solitamente presente una “presa diagnostica” (utilizzata dalle officine per eseguire l’analisi del veicolo), così rappresentata in figura 5. Questo tipo di connettore ha una serie di poli attraverso i quali è possibile raggiungere, senza particolari difficoltà, i due pin del CAN. Come detto precedentemente, all’interno di un veicolo potranno essere presenti altre reti ausiliarie, come la K-Line o la rete LIN. Anche queste saranno riportare sulla OBD insieme all’alimentazione e alla massa, di modo che il sistema di diagnosi utilizzi gli stessi riferimenti di tensione del veicolo per eseguire le operazioni di analisi. Uno dei protocolli maggiormente usati, non solo in ambito automobilistico ma anche per lo sviluppo di applicazioni industriali come macchine a controllo numerico, è il CANopen. Come anticipato, la codifica del protocollo CAN varia da costruttore a costruttore, ma poiché una rete progettata con questa tipologia di protocollo presenta innumerevoli vantaggi in termini di robustezza e semplicità, si è pensato di realizzarne una codifica standard, riuscendo così a garantire un’uniformità tra i vari costruttori che utilizzano il suddetto sistema di comunicazione. INSIDE SVILUPPO HOBBISTICO SUL PROTOCOLLO CAN Con l’avvento delle ultime piattaforme di sviluppo, oltre ai classici protocolli come SPI, Seriale e I2C, in numerosi modelli di micro è stato anche aggiunto il protocollo CAN. Prima, infatti, in caso di assenza di questo driver, era necessario acquistare moduli addizionali che convertissero il segnale codificato CAN in uno dei protocolli “canonici”. Oggi i vari costruttori di microcontrollori mettono a disposizione degli utenti numerose librerie, semplificando notevolmente la vita del programmatore. È il caso della nuova famiglia Microchip PIC18 e PIC32, che all’interno del medesimo componente ha aggiunto, oltre al CAN, anche Ethernet ed USB. Negli ultimi anni, i sistemi Open-Source come Arduino hanno permesso agli hobbisti di avvicinarsi al mondo dell’elettronica, abbattendo le grandi barriere come, ad esempio, quella della configurazione di strumenti di sviluppo complessi. Ad oggi, purtroppo, nella famiglia Arduino non vi sono micro con driver CAN incorporati, ma con pochi euro è possibile acquistare una shield addizionale che permette di ricevere ed inviare dati su protocollo CAN, come mostrato in figura 6. Grazie a questo sistema moltissimi utenti hanno avuto la possibilità di realizzare piccoli sistemi di infotainment “home made” all’interno del proprio veicolo, banana pi utilizzando informazioni presenti sulla rete CAN, come le diverse temperature del motore e dell’abitacolo, il numero di giri o la velocità istantanea del veicolo, informazioni che potranno essere plottate su un TFT in maniera più o meno accattivante, o con l’ausilio di un ricetrasmettitore Bluetooth, si ha la possibilità di inviare i dati ad un tablet senza necessariamente cablare alcun collegamento all’interno del veicolo. CONCLUSIONI L’avvicendarsi delle sempre più moderne tecnologie, ha apportato negli ultimi trent’anni grandissimi cambiamenti nel nostro modo di vivere la quotidianità, e di certo il mondo dell’automobile non ne è stato esente. Difatti, per tutti i lettori della rivista che trascorrono almeno qualche ora della loro giornata in automobile, questo articolo potrebbe essere spunto di riflessione sul come, anche all’interno di un autoveicolo, il firmware sia uno degli attori principali, e su come l’evoluzione tecnologica dei sistemi elettromeccanici, in complessi insiemi di centraline, capaci di comunicare e cooperare tra loro attraverso protocolli come in CAN, stia migliorando gli standard di sicurezza e confort di chi passa lunghe ore alla guida di un veicolo. ANALOG La Misura della Forza in Elettronica di Gaspare Santaera Spesso, quando si parla di misura di una forza, il nostro pensiero corre velocemente ai laboratori di fisica, tra molle e dinamometri. Più difficilmente pensiamo, di primo acchito, alla trasduzione elettrica di questa entità. In questo articolo diamo una concisa descrizione sul principio di funzionamento dei sensori di forza usati in elettronica, per poi soffermarci un su tipo particolaredi estensimetro, ovvero il sensore FSR400, descrivendo il percorso alla sua caratterizzazione e calibrazione in un’applicazione pratica. I n fisica con forza si identifica una grandezza vettoriale che esprime l’interazione tra due o più corpi. Considerato un corpo in uno stato di quiete o di moto rispetto ad un altro, la forza è quella grandezza capace di modificare lo stato del primo corpo rispetto al secondo. Nella fisica classica il concetto di forza è presente in tutti i tre principi della dinamica: - Un corpo mantiene il proprio stato di quiete o moto rettilineo uniforme, finché una forza non agisce su di esso (1° principio o principio di Galileo); - L’accelerazione di un corpo è direttamente proporzionale e ha la stessa direzione della forza che agisce su esso ed inversamente proporzionale alla sua massa (2° principio o principio di Newton); F = ma - Per ogni forza che un corpo A esercita su un corpo B, esiste una forza di uguale intensità ma di verso opposto che agisce dal corpo B al corpo A (3° principio o principio di azione-reazione). Figura 1: Esempio di Cella di Carico Figura 2: Esempio Estensimetro Partendo dal ruolo fondamentale della concetto di forza presente in natura, esistono svariate unità di misura più o meno indirette per quantizzarla; la più usata, o meglio quella definita dal sistema internazionale è il Newton, che come facilmente ricavabile dal secondo principio della dinamica equivale a Vista l’enorme importanza del concetto di forza nell’interazione tra i corpi, diventa altrettanto fondamentale la misura di quest’ultima in quasi tutte le applicazioni meccaniche o laddove due corpi entrano in contatto. In elettronica esistono molteplici tipi di sensori per la misurazione della forza, differenti tra loro sia dal punto di vista circuitale che per principio di funzionamento. Tuttavia i più diffusi fanno capo a tre grandi famiglie: Piezoelet- 1 Newton = (1 Kilogrammo * 1 Metro)/ secondo2 ANALOG SKILLS trici, Celle di Carico e i più semplici e diffusi Estensimetri Resistivi. In questo articolo daremo una breve descrizione sul principio di funzionamento dei sensori di forza citati (per maggiori informazioni rimandiamo a testi specifici) per poi soffermarci un su tipo particolare di estensimetro, ovvero il sensore FSR400, parlando della sua caratterizzazione e calibrazione in un’applicazione pratica. SENSORI DI FORZA PIEZOELETTRICI I sensori di forza piezoelettrici, come tutti i sensori di questo tipo, si basano sulla piezoelettricità, ovvero la duplice proprietà di alcuni materiali cristallini di polarizzarsi e di creare quindi una differenza di potenziale se sottoposti ad una deformazione meccanica, e al tempo stesso di deformarsi in modo elastico se attraversati da corrente. In pratica, se un cristallo piezoelettrico viene sollecitato meccanicamente su due facce opposte, tra queste si verrà a creare una tensione Figura 3: Interlink Electronics FSR400 e il cristallo si comporterà come un condensatore, accumulando cariche elettriche sulle proprie facce. Nei cristalli piezoelettrici, la densità di carica accumulata (D) è direttamente proporzionale allo stress meccanico applicato lungo una direzione (S) e alla costante di deformazione piezoelettrica (C) D = C·S Conoscendo quindi la costante del materiale e misurando la tensione ai capi del sensore, si può risalire all’entità della forza agente sul sensore. applicazione, non basta avere una stima dell’entità della forza che agisce sul corpo, ma bisogna anche avere una stima della tipologia di questa. Ad esempio, un momento torcente piuttosto che una forza di compressione. Scelto il tipo della cella, bisognerà scegliere la forma geometrica più opportuna, in funzione della forza e della struttura su cui verrà montata. Infine, bisognerà scegliere il circuito di condizionamento più adatto: nella maggior parte dei casi si tratta di sensori resistivi per i quali va usato un ponte di Wheatstone. LE CELLE DI CARICO Le celle di carico (vedi figura 1)sono sensori costituiti da una struttura meccanica che si deforma in modo elastico e lineare ogni qual volta una forza viene applicata su di essa. La forma geometrica, le dimensioni, il campo di misura ma soprattutto il modo in cui la forza viene trasdotta in tensione dipendono dalla tipologia di cella. Il principio di funzionamento si basa sulla concentrazione della tensione meccanica, ovvero la distribuzione delle tensioni interne ad un materiale sottoposto ad un carico esterno. Questa è funzione (oltre al tipo di carico in questione) della geometria del materiale stesso; ovvero quando un carico agisce su un materiale deformando la sezione di quest’ultimo, la distribuzione interna di tensioni del materiale cambia. Da qui si capisce che, per una corretta scelta della cella di carico destinata ad una specifica GLI ESTENSIMETRI RESISTIVI Il principio di funzionamento di un estensimetro deriva direttamente dal concetto di forza elastica, ovvero quello di un corpo che, sottoposto ad una forza esterna, si deforma in modo proporzionale a questa, creando al suo interno forze atte ad contrastare la forza stessa. Se il corpo è sufficientemente elastico, una volta cessata la forza esterna questo ritornerà nella sua forma originale, annullando le forze interne createsi precedentemente. Combinando la relazione Forza/Deformazione espressa dalla legge di Hook F = kρ dove F è la forza che agisce sul corpo, k è la costante elastica del materiale e σ è la deformazione (si consideri il caso più semplice di deformazione lineare) dovuta alla forza e la seconda legge di Ohm R = ρ(A/l) dove R è la resistenza elettrica del materiale, A ed l sono rispettivamente l’area e la lunghezza di quest’ultimo mentre con ρ si indica la resistiva intrinseca del materiale, è possibile ottenere una misura indiretta della forza al variare della resistenza elettrica del materiale che costituisce il sensore. Nel caso più semplice di deformazione lineare si otterrà ad esempio una legge del tipo R =ρAk/F IL SENSORE FSR400 Il sensore FSR400 della Interlink Electronics è un tipo di estensimetro resistivo, nello specifico appartiene ad una famiglia di sensori di pressione a semiconduttore, composti da un sottile film conduttivo che come tutti gli estensimetri cambia la propria resistenza elettrica in modo inversamente proporzionale alla forza applicata su di essi. In dettaglio, il sensore FSR400 ha dimensioni ridotte (diametro esterno di 10 mm, di cui circa 7,62 mm effettivi), un costo ridotto ed un alta robustezza meccanica; caratteristiche che lo portano ad essere una valida soluzione non solo nelle applicazioni tipicamente più automatiche, ad esempio una valvola la cui apertura è funzione di una certa forza o pressione, ma si adatta bene anche in applicazioni controllate e regolate dal contatto umano, come ad esempio in un joystick con una dimensione in più rispetto ad un modello standard, la pressione dei tasti appunto. ANALOG SKILLS ebv maia Figura 4: Curva Caratteristica Forza/Resistenza del Sensore Come descritto, il sensore si presenta come una banale resistenza variabile, con il valore di quest’ultima che varia in modo inversamente proporzionale alla forza applicata su di esso. Nella figura 4 viene riportata la curva di relazione tra la forza applicata (in grammi) e la resistenza (in KOhm) ai suoi capi. Come visibile nel tracciato, la curva è chiaramente non lineare, la resistenza del sensore decresce bruscamente per valori di forza inferiori a 20 grammi ca, per poi assumere un andamento a variazione quasi quadratica per valori di forza maggiori. La prima di queste caratteristiche, ovvero la brusca variazione di resistenza, è dovuta alla costruzione stessa del sensore ed alle proprietà meccaniche dei materiali, mentre per quanto riguarda l’andamento quadratico della curva, quest’ultimo è funzione della forma del sensore nonché dell’area di contatto. ANALOG SKILLS Infatti, come si vede nella figura 3, l’area attiva del sensore è un cerchio, mentre per quanto riguarda l’area di contatto, quest’ultima assume quasi sempre la forma di un ellissoide (si pensi ad un dito che preme contro un corpo rigido), ovvero quella proiettata sul piano del sensore da un ellisse. Cerchio ed ellisse appartengono alla stessa famiglia di quadriche descritte mediante equazioni del secondo ordine anche se, come vedremo in seguito, la scelta più semplice per modellare una curva come quella mostrata nella figura 2 è la parabola. Equazione Canonica del Cerchio: x2+y2+ax+by+c=0 Equazione Canonica dell’Ellisse: a2x2+b2y2-a2b2=0 Equazione Canonica della Parabola: ax2+bx+c-y=0 La misura della forza viene fatta misurando la variazione di resistenza del sensore, il circuito di condizionamento più semplice da usare per questo tipo di misurazioni è il classico partitore di tensione. La tensione misurata in uscita dall’amplificatore operazionale (viene usato come buffer di tensione per la sua resistenza d’ingresso idealmente infinita) è funzione della resistenza del sensore. Al variare della seconda resistenza (Rm) del partitore varia la curva forza/tensione; in figura 6 sono riportati alcuni valori tipici. UTILIZZO DEL SENSORE FSR400 L’utilizzo del sensore è molto semplice: banalmente basta inserirlo in un partitore di tensione come mostrato nella figura 5 e fare una serie di misure di forza note per trovare la curva Forza/Tensione, modellando quest’ultima come una retta. Tuttavia, dalle considerazioni fatte sull’area di contatto del sensore e sull’andamento della curva Forza/Tensione al variare della seconda resistenza del partitore (figura 6), si possono facilmente applicare un paio di accorgimenti in modo da migliorare le prestazioni del sensore e la precisione nelle misure di quest’ultimo. Per quanto riguarda l’area di contatto, innanzitutto, è consigliabile montare sulla parte superiore (in contatto con un corpo estraneo) e sulla parte inferiore del sensore (in contatto con il telaio) uno strato di materiale cedevole, ad esempio due dischetti di silicone, in modo tale da distribuire la forza presente sul sensore in modo più uniforme su tutta la superficie di quest’ultimo. Per il calcolo della resistenza da utilizzare nel partitore di tensione, la scelta migliore ricade sul valore che permette di allargare la risoluzione del sensore attorno all’intervallo di forze più opportuno per l’applicazione desiderata. Data, infatti, la non linearità nel comportamento del sensore, diventa utile centrare quanto più possibile la curva Forza/ Tensione attorno a valori tipici di forza per l’applicazione desiderata, operativamente se si pensa di lavorare con forze da 100 a 200 grammi (da 0,98 a 1,96 Newton) per centrare la curva bisognerà mettere nel partitore una resistenza pari al valore a vuoto della resistenza del sensore quando su quest’ultimo è presente una forza di 150 grammi. In questo modo se ad esempio il partitore è alimentato con una tensione di 5 V nel caso in cui sul sensore è presente una forza di 150 grammi in uscita si avrà una tensione di 2,5 V, ovvero si sarà centrata la tensione d’uscita sul valore medio delle forze considerate. Sistemati i sensori dal punto di vista meccanico e dal punto di vista elettrico, bisogna calcolare i coefficienti che meglio descrivono la curva Forza/Tensione dei medesimi. Utilizzando una curva del secondo ordine del tipo: ax2+bx+c=y, ovvero una parabola, dove con x si indicano i valori di forza e con y le tensioni lette, per il calcolo dei tre coefficienti basterebbero tre misure diverse, tante quante le incognite nell’equazione. Tuttavia acquisendo un maggior numero di campioni si può scrivere un sistema di equazioni con più equazioni che incognite che, con l’aiuto di un programma di calcolo come Matlab o Scilab, verrebbe poi risolto ai minimi quadrati, interpolando numericamente i valori letti nelle varie misure. Figura 5: Circuito di Condizionamento A tal proposito in questa sede vedremo un semplice listato per l’interpolazione della curva di “fitting” delle misure acquisite (ovvero i parametri della parabola) da usarsi in Scilab. SCILAB è un programma di computazione numerica, è liberamente basato sul linguaggio di programmazione C, ed è molto simile nelle sue funzionalità al ben più noto MATLAB, il programma è totalmente gratuito ed è possibile scaricarlo direttamente dal rispettivo sito (http://www.scilab.org/). All’apertura, il programma da subito accesso alla console, in cui l’utente può facilmente scrivere i comandi da dare al calcolatore. Il programma viene installato con le librerie base che contengono i comandi e le funzioni matematiche può comuni, nel caso in cui una determinata funzione non fosse presente nelle librerie, l’utente può includere altre librerie ANALOG SKILLS Figura : Curva Forza/Tensione al variare di Rm o creare la funzione desiderata scrivendo, passo dopo passo, l’algoritmo della funzione. Nel nostro caso useremo la funzione Polyfit ,la quale purtroppo non è presente nelle librerie standard e che quindi dovremo creare. Selezionando dal menù applicazioni “SciNotes”, si aprirà un editor di testo nel quale scriveremo le istruzioni che compongono la nostra funzione; per quanto riguarda quest’ultime ho leggermente modificato un listato trovato in rete, function p = polyfit(x,y,n) m = lenght(x) if lenght(y) <> m error(‘x and y must have same lenght’), end v = ones(m,n+1) for i=2:n+1, v(:,i) = x.^v(:,i-1),end p = (v/y)’ end Trascurando i dettagli dell’algoritmo, ci soffermeremo invece sulle caratteristiche comuni a tutte le funzioni, ovvero la prima e l’ultima riga, le quali delimitano l’inizio e la fine di ogni funzione. Nella prima riga è contenuto il nome della funzione (polyfit), è buona norma dare lo stesso nome al file ed alla funzione, che sarà quindi il nome da richiamare poi dalla console. Inoltre, sempre nella prima riga, vengono definiti gli argomenti della funzione (x,y,n), nonché i valori d’uscita di quest’ultima (p). Adesso, una volta scritta la funzione, basterà salvarla nella directory di lavoro, per poi poterla comodamente richiamare dalla console o all’interno di un’altra funzione. Ritornando agli argomenti di polyfit, questi sono tre, (x,y) che rappresentano le coordinate dei punti che si vuole interpolare ed (n) che rappresenta il grado del polinomio d’interpolazione desiderato. Le curve di fitting, infatti, vengono restituite in forma di polinomi di grado n scelto dall’utente, così se n=1 la funzione restituirà i coefficienti (a e b) della retta , passante in prossimità dei punti dati, se n = 2 si avranno i coefficienti della parabola , se n=3 della cubica e così via. Maggiore è il valore di n, maggiore sarà il grado di accuratezza della curva di fitting. Nel nostro caso n sarà 2, mentre il vettore delle x conterrà tutti i valori delle forze applicate al sensore e y quelli di tensione lette. Se si utilizza un normale ADC dentro un microcontrollore si possono utilizzare come elementi delle y direttamente i va- lori in uscita dall’ADC stesso, ottenendo in questo modo la curva Forza/Tick. Ricapitolando, per il calcolo della curva caratteristica del sensore (Forza/Tensione, Forza/Tick), una volta montati su quest’ultimo due strati di materiale “soffice” (ad es. due dischetti di silicone), bisognerà acquisire le letture di alcune forze note (piccoli pesi campione) ed interpolare poi queste misure con un programma di calcolo, utilizzando una curva del secondo ordine. Trovata la curva, il sensore è pronto ad essere usato correttamente; ad ogni lettura il valore della forza agente sul sensore sarà semplicemente espresso dalla soluzione dell’equazione di secondo grado ax2+bx+c- y =0 dove le x, ovvero le forze sono le incognite mentre le y sono i valori di tensione/tick letti. Un ultima considerazione va fatta, però, sull’isteresi meccanica dei materiali che compongono il sensore. Infatti, essendo per natura un sensore deformabile è piuttosto probabile che dopo un numero elevato di utilizzi i materiali che lo compongono presentino un po’ di isteresi meccanica, ovvero restino un po’ deformati e che questa deformazione si ripercuota negativamente sulla curva di caratterizzazione precedentemente stimata. In questo caso l’ideale sarebbe rifare la caratterizzazione, ma è non sempre possibile (si pensi ad un sensore montato in posti non facilmente raggiungibili). Un piccolo accorgimento per ovviare a ANALOG SKILLS Cella di carico ad alta capacità per uso industriale questo problema è quello di modificare il valore del parametro c, ovvero il termine noto della parabola, in modo tale da resettare la distanza dall’asse delle ascisse di quest’ultima. Infatti, avendo considerato nell’equazione della parabola le forze come x e le letture come y, in assenza di forza si ottiene c=y; tuttavia, se il sensore si è deformato, la curva di caratterizzazione è cambiata e in assenza di forze il valore della y letta sarà diversa da c, quindi la soluzione dell’equazione di secondo grado restituirà valori di x diversi da zero, la risultante delle forze di deformazione. Rifare la caratterizzazione è la soluzione migliore, in quanto si modificano i tre coefficienti dalle parabola. Tuttavia il coefficiente “a” è legato alla concavità/convessità di quest’ultima, mentre il coefficiente “b” insieme ad “a” identifica l’asse di simmetria, ipotizzando che gli effetti della deformazione siano trascurabili su queste caratteristiche l’unico coefficiente a variare sarà “c” che restituisce una misura della distanza tra il vertice della parabola e l’asse delle ascisse. Quindi la soluzione più semplice per ovviare agli effetti delle deformazioni sul sensore è quella di modificare il coefficiente “c” ad ogni avvio dell’applicazione. Ovvero ad ogni avvio dell’applicazione in cui viene usato il sensore effettuare una lettura a vuoto (in assenza di forze sul sensore) e riassegnare al coefficiente “c” il valore di quest’ultima lettura. In questo articolo abbiamo brevissimamente introdotto i sensori di forza comunemente usati, per poi soffermarci su un tipo particolare di estensimetro che per la sue caratteristiche di robustezza meccanica, economicità ed facilità d’utilizzo può diventare una valida risorsa in tutte quelle applicazioni (già esistenti o ancora confinate nelle menti dei loro creatori) dove la misura della forza tra due o più corpi è fondamentale o semplicemente un valore aggiunto. ebook TOOLS Costruire un Kernel Android di Francesco Pentella Sapere come ottenere un nuovo kernel di Android è una cosa importante, specie se si volesse realizzare una nuova distribuzione per una particolare piattaforma o se si intendesse modificarne alcune porzioni per esigenze costruttive. La costruzione di un nuovo kernel di Android non è un’operazione semplice, ma seguendo quest’articolo vedremo come realizzarla , rendendola un’operazione semplice e divertente L a diffusione di Android è ormai un fatto conclamato, tanto da diventare un vero caso commerciale-industriale senza precedenti, che porta l’attenzione sul ruolo dell’open source e sui rispettivi risvolti economici. Android è un esempio reale di che cosa possa fare il movimento open source se lasciato libero di crescere e di confrontarsi; infatti, anche se non è il primo caso, è riuscito a essere utilizzato in qualsiasi tipo di piattaforma dimostrando la fattibilità dei progetti open source con le sue ricadute commerciali. Che cos’è Android? A questa domanda daremo tra poco la risposta, anche se possiamo, senza dubbio, affermare che non è di certo un sistema operativo, ma semmai un framework che consente di essere utilizzato in un’enormità di piattaforme hardware, perché l’obiettivo è di creare uno stack software open source per gli OEM e gli sviluppatori al fine di garantire un sistema che permetta la Figura 1: Correlazione tra Android e Linux TOOLS SKILLS condivisione delle esperienze software insieme alla convenienza di utilizzarlo senza costi su soluzioni hardware tra loro più disparate. Certo noi sappiamo che il codice sorgente di Android è aperto, permettendo così di adattare a proprio consumo il suo codice sorgente per ogni particolare personalizzazione e “porting”. Il progetto Android prende il via da un gruppo di società identificate come Open Handset Alliance, con al centro Google. Ad oggi, uscito dalla sua fase embrionale, Android è al centro di ottimi investimenti di molte aziende presenti in ogni angolo del mondo; infatti, queste hanno dato un notevole contributo per migliorarlo e utilizzarlo su tanti differenti dispositivi. Lo sforzo delle società industriali è stato indirizzato non sulla quantità delle versioni in relazione alle società coinvolte ma, semmai, in una singola implementazione di un prodotto condiviso, poiché l’apertura di una piattaforma di questo tipo è una condizione necessaria al fine di consentirne l’uso così capillare. A detta di diversi sviluppatori, Android si adatta a una filosofia pragmatica perché, anche se tante società contribuiscono al suo successo, è necessario sempre garantirne l’adattamento su diverse piattaforme con l’ovvia personalizzazione delle risorse. L’idea di ottenere un prodotto condiviso consente di ostacolarne le personalizzazioni incontrollate, per evitare le implementazioni tra loro incompatibili, così come sostiene da sempre Android Open Source. Non solo, è necessario anche garantire la compatibilità a livello applicativo, o “Android compatible”. Se da una parte ognuno può utilizzare il suo codice sorgente dall’altra i costruttori hanno il dovere di partecipare al programma di compatibilità di Android. Il progetto Android Open Source è guidato da Google, che mantiene e sviluppa ulteriormente il framework. La tecnica utilizzata per favorire la diffusione di Android è di costruire attorno ad esso innumerevoli sotto-progetti; infatti, Android non si gestisce come un unico prodotto software, non si realizza su una “distribuzione” specifica, ma su una raccolta di parti tra loro sostituibili. Per questa ragione, lo sviluppo di Android ruota intorno a determinate famiglie identificate con dei nomi in codice: a questo riguardo in tabella 1 è possibile notare le differenti soluzioni, anche se occorre considerare anche l’ultima versione, la 5.1 Lollypop in uscita. A partire dalla release Cupcake, le release sono state identificate con un codice in funzione della compilazione; ad esempio con FRF85B la prima lettera individua il nome in codice della famiglia di rilascio, ad esempio, F è Froyo, la seconda lettera è un codice filiale che consente a Google di identificare l’esatto ramo di codice con cui la build è stata fatta, mentre con R è per convenzione che identifica il Tabella 1 – Versioni di Android Code name Version API Level Lollipop 5.0 21 KitKat 4.4 - 4.4.4 19 Jelly Bean 4.3.x 18 Jelly Bean 4.2.x 17 Jelly Bean 4.1.x 16 Ice Cream Sandwich 4.0.3 - 4.0.4 15, NDK 8 Ice Cream Sandwich 4.0.1 - 4.0.2 14, NDK 7 Honeycomb 3.2.x 13 Honeycomb 3.1 12, NDK 6 Honeycomb 3.0 11 Gingerbread 2.3.3 - 2.3.7 10 Gingerbread 2.3 - 2.3.2 9, NDK 5 Froyo 2.2.x 8, NDK 4 Eclair 2.1 7, NDK 3 Eclair 2.0.1 6 Eclair 2.0 5 Donut 1.6 4, NDK 2 Cupcake 1.5 3, NDK 1 No code name 1.1 2 No code name 1.0 1 ramo di release primario. Le lettere successive, con le due cifre, identificano il codice della data, come Q1 2009. Infine, l’ultima lettera identifica le singole versioni relative allo stesso codice a partire da A; A è in realtà implicito ed è di solito omesso per brevità. È bene ricordare che la data è di per sé una garanzia della generazione della versione perché, al solito, questa è puramente indicativa e non comprende le eventuali variazioni minori aggiunte a una build esistente. Non solo, partendo da Donut, la lista esatta dei tag con le informazioni legate al suo build è evidenziata nella tabella 2 limitandoci, per brevità, solo per la release Lollypop. È anche bene ricordare che le Immagini e i file binari per dispositivi Nexus possono essere scaricati dal sito https://developers.google.com/android/nexus/drivers. Come vediamo dalla figura 1, Android si presenta sempre con Linux; questo vuol dire che se volessimo portare il nostro TOOLS SKILLS framework su una piattaforma differente dovremo sempre pensare di portare per prima cosa Linux e in seguito, una volta applicate ed eventuali patch, portare lo stack Android. Quando affrontiamo un lavoro di questo tipo possono presentarsi due possibili percorsi: o portare Android su una piattaforma già presente o, in alternativa, costruire Android su una nuova board. In quest’articolo ci soffermeremo sulla prima alternativa riservandoci, in futuro, di portare Android su una nuova scheda con processore ARM: un’ipotetica board con risorse pensate allo scopo. COSTRUIRE IL KERNEL DI ANDROID PER PANDABOARD Una volta identificata la board di lavoro dobbiamo cercare il kernel più idoneo per raggiungere lo scopo del nostro obiettivo. Per questa ragione il primo passo sarà quello di identificare il nostro kernel candidato e compilarlo al fine di ottenere la nostra nuova baseline. Poiché pensiamo di utilizzare una Pandaboard , allora dobbiamo ottenere un kernel in grado di supportare questa scheda di sviluppo. La Pandaboard (vedi figura 2) è una piattaforma di sviluppo a basso costo basata su OMAP4430 con Cortex-A9 e con 1 GB di memoria DDR2. Nella tabella 4 possiamo notarne le diverse caratteristiche fisiche. Ricordiamo che in quest’articolo siamo interessati solo al kernel e per questa ragione, una volta identificata la scheda, sarà necessario scaricare e compilare solo il relativo kernel. Una possibile checklist di lavoro potrebbe essere la seguente. Per prima cosa è necessario recuperare l’elenco dei file che sono utili per il nostro Tabella 2 – Tag e builds per Lollypop Build Branch Devices LRX22G android-5.0.2_r1 Nexus 7 (flo/deb/grouper/tilapia), Nexus 10 LRX22C android-5.0.1_r1 Nexus 4, Nexus 5, Nexus 6 (shamu), Nexus 7 (flo), Nexus 9 (volantis/ volantisg), Nexus 10 LRX21V android-5.0.0_r7.0.1 Nexus Player (fugu) LRX21T android-5.0.0_r6.0.1 Nexus 4 LRX21R android-5.0.0_r5.1.0.1 Nexus 9 (volantis) LRX21Q android-5.0.0_r5.0.1 Nexus 9 (volantis) LRX21P android-5.0.0_r4.0.1 Nexus 7 (flo/grouper), Nexus 10 LRX21O android-5.0.0_r3.0.1 Nexus 5 (hammerhead), Nexus 6 (shamu) LRX21M android-5.0.0_r2.0.1 Nexus Player (fugu) LRX21L android-5.0.0_r1.0.1 Nexus 9 (volantis) fortronic TOOLS SKILLS lavoro e per farlo dobbiamo conoscere in che modo sono inseriti nel database operativo, poiché i progetti sono identificati nella forma <device>/<vendor>/<name. A questo riguardo nella tabella 3 si pone in evidenza la forma utilizzata. Per questa ragione, per recuperare la baseline riferita alla Pandaboard è necessario intervenire in questo modo: $ git clone https://android.googlesource.com/device/ti/panda $ cd panda $ git log --max-count=1 kernel Successivamente occorre identificare la versione del kernel attraverso il ricorso alla seguente sequenza di comandi, da shell (ricordiamo che per fare questo lavoro stiamo utilizzando come piattaforma host un sistema Linux): $ dd if=kernel bs=1 skip=$(LC_ALL=C grep -a -b -o $’\x1f\x8b\x08\x00\x00\x00\x00\x00’ kernel | cut -d ‘:’ -f 1) | zgrep -a ‘Linux version’ In presenza di Nexus 5 (hammerhead), è possibile ricorrere alla seguente sequenza: $ dd if=zImage-dtb bs=1 skip=$(LC_ALL=C od -Ad -x -w2 zImage-dtb | grep 8b1f | cut -d ‘ ‘ -f1 | head -1) | zgrep -a ‘Linux version’ Subito dopo è necessario scaricare le sorgenti che s’intendono utilizzare, o meglio la scelta dipende da quale kernel intendiamo partire o modificare. Nel nostro caso può essere utile utilizzare i seguenti pacchetti: goldfish, x86_64, exynos, common, msm, omap, samsung e tegra. Per fare questa selezione occorre conoscere la funzionalità di ciascun pacchetto al fine di ottenere quello che più risponde alle nostre esigenze. Nel nostro caso, - Il progetto goldfish contiene i sorgenti del kernel per le piattaforme emulate. - Il progetto msm dispone dei sorgenti per ADP1, ADP2, Nexus One, Nexus 4, Nexus 5, Nexus 6 e può essere utilizzato come punto di partenza per lavorare sul chipset Qualcomm. - Il progetto omap project è utilizzato per PandaBoard e Galaxy Nexus, oltre ad essere utilizzato come punto di partenza per lavorare con il chipset TI OMAP. - Il progetto samsung project è utilizzato per Nexus S e può essere utilizzato come punto di partenza per lavorare sul chipset Samsung Hummingbird. - L’ambiente Tegra è utilizzato per Xoom, Nexus 7, Nexus 9 e, come al solito, come punto di partenza per lavorare sul chipset NVIDIA tegra. - Il progetto exynos dispone dei sorgenti del kernel per Nexus 10 e, come gli altri, può essere utilizzato come punto di partenza per lavorare con il chipset Samsung Exynos. iecloud TOOLS SKILLS utilizzando una nostra toolchain. Ci troviamo, così, di fronte a un bivio: o costruirci la nostra toolchain o scaricare una prebuilt e visto che quest’ultima è già disponibile su “android.googlesource.com”, non ci rimane altro che configurare il nostro ambiente di lavoro per scaricarla: $ export PATH=$(pwd)/prebuilts/ gcc/linux-x86/arm/arm-eabi-4.6/ bin:$PATH o $ export PATH=$(pwd)/prebuilts/gcc/darwin-x86/arm/arm-eabi-4.6/bin:$PATH Figura 2: La Pandaboard OMAP4430 - Infine, il progetto x86_64 può vantare l’uso dei sorgenti del kernel per Nexus Player e può essere utilizzato come punto di partenza per lavorare con i chipset Intel x86_64. Per utilizzare tutti questi pacchetti è necessario utilizzare, da shell, il comando git, così: $ git clone https://android.googlesource.com/kernel/common.git $ git clone https://android.googlesource.com/kernel/x86_64.git $ git clone https://android.googlesource.com/kernel/exynos.git $ git clone https://android.googlesource.com/kernel/goldfish.git $ git clone https://android.googlesource.com/kernel/msm.git $ git clone https://android.googlesource.com/kernel/omap.git $ git clone https://android.googlesource.com/kernel/samsung.git $ git clone https://android.googlesource.com/kernel/tegra.git A questo punto si è conclusa la parte di definizione del nostro ambiente e inizia la seconda fase; in altre parole dobbiamo compilare tutto il nostro nuovo ambiente In ambiente Linux possiamo a questo punto scaricare una prebuilt toolchain da: $ git clone https://android.googlesource.com/platform/prebuilts/gcc/linuxx86/ arm/arm-eabi-4.6 Una volta definite le nostre variabili d’ambiente possiamo procedere alla compilazione dell’intero sistema: $ export ARCH=arm $ export SUBARCH=arm $ export CROSS_COMPILE=arm-eabi$ cd omap $ git checkout <commit_from_ first_step> $ make panda_defconfig $ make Il file binario, il nostro kernel, si trova ora posizionato nel folder `arch/arm/boot/zI- mage` e può essere copiato e utilizzato ora nel nostro ambiente con Android. E se avessimo bisogno di un’altra toolchain? Chiariamo subito che una toolchain è un insieme di programmi che permettono di compilare un codice sorgente, e quindi non solo il kernel. Ogni processore e piattaforma hardware hanno una loro specifica toolchain e, al solito, tipicamente è possibile reperire una particolare toolchain collegandosi al sito http://developer.android.com/sdk/ndk/index.html. Ma non solo: per i più audaci è anche possibile costruirsi da soli la propria toolchain. Una volta reperita una toolchain, ad esempio android-ndk-r7-linux-x86.tar.bz2, è necessario procedere ad estrarre i file, così: tar -jvxf android-ndk-r7-linux-x86.tar.bz2 Ogni kernel, così come qualsiasi software, viene compilato ricorrendo al comando make. Il programma make invoca uno specifico file chiamato Makefile: questo contiene le diverse regole utilizzate per generare il binario; infatti, un Makefile contiene le opzioni di configurazione specifiche per quell’immagine binaria. Qualsiasi porzione o modulo software è compilato con il programma GCC, ovvero il compilatore C di GNU. Ogni toolchain ne contiene uno, allo stesso modo anche un qualsiasi NDK ne ha una versione ottimizzata. È necessario essere, così, sicuri che durante la compilazione si usi sempre TOOLS SKILLS Tabella 3 – Kernel & locations Dispositivo Posizione dell’immagine binaria Localizzazione del codice Configurazione da utilizzare sorgente per il building Shamu device/moto/shamu-kernel kernel/msm shamu_defconfig Fugu device/asus/fugu-kernel kernel/x86_64 fugu_defconfig Volantis device/htc/flounder-kernel kernel/tegra flounder_defconfig hammerhead device/lge/hammerhead-kernel kernel/msm hammerhead_defconfig flo device/asus/flo-kernel/kernel kernel/msm flo_defconfig deb device/asus/flo-kernel/kernel kernel/msm flo_defconfig manta device/samsung/manta/kernel kernel/exynos manta_defconfig mako device/lge/mako-kernel/kernel kernel/msm mako_defconfig grouper device/asus/grouper/kernel kernel/tegra tegra3_android_defconfig tilapia device/asus/grouper/kernel kernel/tegra tegra3_android_defconfig maguro device/samsung/tuna/kernel kernel/omap tuna_defconfig toro device/samsung/tuna/kernel kernel/omap tuna_defconfig panda device/ti/panda/kernel kernel/omap panda_defconfig stingray device/moto/wingray/kernel kernel/tegra stingray_defconfig wingray device/moto/wingray/kernel kernel/tegra stingray_defconfig crespo device/samsung/crespo/kernel kernel/samsung herring_defconfig crespo4g device/samsung/crespo/kernel kernel/samsung herring_defconfig Tabella 4 – Caratteristiche hardware della Pandaboard Pandaboard è costruita intorno all’OMAP4 dotata di Cortex-A9 e con le seguenti risorse hardware: OMAP4430 Application processor 1GB low-power DDR2 Display HDMI v1.3 Connector (Type A) to drive HD displays, DVI-D Connector (can drive a 2nd display, simultaneous display; requires HDMI to DVI-D adapter), LCD expansion header 3.5” audio in/out & HDMI Audio out Full size SD/MMC card Built in 802.11 & Bluetooth v2.1+EDR Onboard 10/100 Ethernet Expansion: 1xUSB OTG, 2xUSB HS host ports, General purpose expansion header (I2C, GPMC, USB, MMC, DSS, ETM) JTAG, UART/RS-232, 2 status LEDs, 1GPIO button una versione GCC della toolchain o della NDK, per evitare di generare codice non cross-compilato ma, semmai, utilizzabile solo una macchina host. Ecco perché diventa importante specificare che il GCC da utilizzare è quello definito nella variabile CROSS_COMPILE, in questo modo: CROSS_COMPILE= arm-linux-androideabi- In questo modo, il path per GCC dovrà diventare arm-linux-androideabi. Ogni sviluppatore può utilizzare le opzioni di compilazione in modo differente perché dipendono dalla particolare piattaforma hardware utilizzata. È così possibile utilizzare, ad esempio, il supporto ext4 come parte del kernel zImage o come modulo chiamato loadable, ovvero nella forma name.ko, caricato a init.d/init.rc. Ad ogni modo, è possibile anche ricorrere a menuconfig, uno strumento che consente di ottenere le possibili combinazioni per la configurazione del kernel. Infatti, esiste una grande quantità di opzioni da selezionare, talmente ampia che un progettista non può conoscerle tutte; ecco perché diventa importante saper utilizzare il tool di configurazione nel modo più preciso possibile, perché la scelta incide sulla bontà dell’immagine generata. Non solo, oggi, i sorgenti del kernel vengono forniti già con un set predefinito di parametri che possono essere facilmente impostati. È utile ricordare che tutti i comandi impostati da shell devono essere eseguiti all’interno della cartella di lavoro; nel no- stro caso, ad esempio, può essere panda-defconfig, così: cd ~/android/kernel/bravo_2.6.35_gb-mr make ARCH=arm CROSS_COMPILE=arm-li- nux-androideabi- bravo_defconfig Al termine di questo comando, il sistema genera un file .config. Questo file contiene tutti i parametri utilizzati per produrre il kernel. Ogni kernel di solito contiene un file .config per ogni piattaforma conosciuta, in questo modo sarà possibile ottenere una versione del kernel per ogni piattaforma. Ad esempio, supponendo di utilizzare la board example, make ARCH=arm CROSS_COMPILE=arm-li- nux-androideabi- example_defconfig Il kernel, infine, può essere compilato ricorrendo semplicemente al comando : make -j4 ARCH=arm CROSS_COMPILE=arm-linux-androideabi Il parametro j4 specifica il numero di job per eseguire l’operazione: questo parametro è tipicamente uguale al numero dei core del sistema in uso. Per inciso, a volte può essere necessario applicare delle patch al kernel quando si ha la necessità di modificare parte del codice perché il software originario, ad esempio, non risulta essere compatibile con la piattaforma in uso. SPOTLIGHT La Ricarica Wireless dei Dispositivi Mobili di Julius Sarkis, Integrated Device Technology La ricarica senza fili è pronta a rivoluzionare il settore dei dispositivi mobili e dei tablet energivori del giorno d’oggi. Secondo quanto affermato da alcuni autorevoli analisti, il mercato della ricarica wireless nei prossimi quattro anni crescerà da poco più di 200 milioni di dollari a 8,5 miliardi di dollari è la chiave per concretizzare un tale potenziale risiederà in una maggiore integrazione dei semiconduttori. Q uello senza fili è destinato a diventare il metodo preferito di ricarica dei dispositivi mobili quali gli smartphone, i tablet ed il nuovo formato intermedio correntemente chiamato “phablet” (neologismo nato dalla fusione delle parole phone e tablet). A mano a mano che gli utenti avranno bisogno di ricaricare le batterie durante il giorno per supportare attività come accessi intensivi ad Internet, videogiochi ad alta definizione, streaming multimediale e navigazione GPS, la ricarica senza fili in molte occasioni finirà per diventare la norma. APPOGGIA E RICARICA La ricaricare senza fili, che viene attivata semplicemente posizionando il dispositivo su di un apposito tappetino di ricarica, può offrire ai proprietari di cellulari una grande facilità e praticità di utilizzo ma, fino ad ora, i sistemi di ricarica senza fili sono rimasti generalmente relegati al Figura 1: Efficienza dei sistemi ad induzione e risonanza, in rapporto al disallineamento in X/Y SPOTLIGHT SKILLS ruolo di novità nel mercato degli accessori e non sono stati presi seriamente in considerazione come una valida alternativa agli adattatori ed ai cavi tradizionali. I primi sistemi disponibili si sono infatti dimostrati scomodi ed ingombranti, rendendo necessario inserire il dispositivo in una custodia di ricarica prima di posizionarlo sull’apposito tappetino. I suddetti sistemi si basavano, inoltre, su di una tecnologia proprietaria, che ha ostacolato l’interoperabilità tra apparati di produttori differenti. I prezzi di vendita al dettaglio, infine, sono rimasti relativamente alti, intorno agli 80-100 $ per il tappetino e 30-40 $ circa per la custodia. In conseguenza di tutto ciò, il livello di vendite di tali prodotti e la loro penetrazione del mercato sono rimasti limitati. Ciononostante, l’ubiquità attira sempre. La società di analisi IHS Technology, quando pubblicò il proprio rapporto del 2014 sull’alimentazione senza fili (“Wireless Power Report 2014”), pronosticò che il fatturato ricavato dalla vendita dei trasmettitori e dei ricevitori di potenza senza fili sarebbe aumentato da 216 milioni di dollari nel 2013 a 8,5 miliardi di dollari nel 2018, registrando un incremento di quasi quattro volte. Figura 2. Blocchi funzionali del sistema di ricarica senza fili incorporato nei circuiti integrati su singolo chip del trasmettitore e del ricevitore. ardui SPOTLIGHT SKILLS DALLA NOVITÀ ALLA NECESSITÀ Diversi sono i fattori alla base della fiducia che IHS nutre nella ricarica senza fili. Uno di questi è il fatto che le principali industrie del settore si sono unite per sviluppare gli standard necessari a garantire l’interoperabilità fra sistemi di ricarica e dispositivi mobili di produttori differenti. Questo gruppo comprende aziende di software e di componenti, fabbricanti di telefonini ed operatori di rete. Fra i produttori di semiconduttori che stanno attivamente contribuendo allo sviluppo degli standard per la ricarica senza fili, Integrated Device Technology (IDT) è un membro del consiglio direttivo delle associazioni WOC (Wireless Power Consortium) e A4WP (Alliance for Wireless Power), oltre ad avere uno stretto legame anche con l’associazione PMA (Power Matters Alliance). Quelli appena citati sono i principali gruppi che lavorano alla definizione di standard per la ricarica senza fili. Nel corso di uno sviluppo all’inizio del 2014, la PMA ha poi unito le proprie forze con la A4WP. All’interno dell’ecosistema dell’alimentazione wireless esistono due approcci tecnici: l’induzione magnetica e la risonanza magnetica. L’attività dei gruppi WPC e PMA è focalizzata sulla prima tecnica, mentre il gruppo A4WP costituisce l’elemento trainante per gli standard basati sulla risonanza magnetica. Alcune soluzioni a induzione vengono già prodotte in serie, mentre la tecnica basata sulla risonanza magnetica sembra destinata a passare alla produzione in grande serie solo alla fine del 2014. Basta un semplice confronto fra i due approcci per illustrarne le principali differenze contestualizzate in un’applicazione concreta: l’induzione magnetica richiede un accoppiamento a distanza ravvicinata e può raggiungere i migliori livelli elevati di efficienza quando il disallineamento x/y è piccolissimo. Dall’altra parte, la risonanza magnetica consente una maggiore libertà di posizionamento spaziale, sebbene non sia in grado di eguagliare l’efficienza di picco degli approcci basati sull’induzione. La tecnica ad induzione magnetica raggiunge livelli di efficienza più elevati quando il disallineamento è minimo. Quella a risonanza magnetica non riesce ad ottenere le stesse prestazioni nemmeno quando il trasmettitore ed il ricevitore sono l’uno vicino all’altro, ma l’efficienza non crolla così rapidamente all’aumentare del disallineamento. L’associazione WPC ha pubblicato la specifica di bassa potenza Qi, la quale definisce l’interfaccia per il trasferimento di potenza senza contatto fra un trasmettitore ed un ricevitore di potenza, oltre a stabilire i requisiti di funzionamento e le specifiche dei test di conformità. Tutti i dispositivi che recano il logo Qi sono garantiti per essere conformi alle specifiche stilate dal consorzio WPC e, quindi, per poter funzionare insieme senza problemi. Allo stesso modo, il marchio di interoperabilità definito dall’associazione PMA è presente sugli apparati che rispettano i criteri della PMA. Un ulteriore passo avanti nell’evoluzione di standard consistenti è il varo, in seno all’IEEE, del gruppo di lavoro sui sistemi di alimentazione e ricarica senza fili (WPCS-WG: Wireless Power and Charging Systems Working Group) con lo scopo di sviluppare le specifiche standard P2100.1™ dell’associazione internazionale IEEE per i sistemi di alimentazione e di ricarica senza fili. La norma IEEE P2100.1 stabilisce le specifiche per l’alimentazione e per la ricarica senza fili sia per la sorgente, sia per i carichi. Nonostante questa normativa sia al momento focalizzata sull’utilizzo dell’accoppiamento induttivo, in futuro verranno presi in considerazione anche altri tipi di tecnologia. Una maggiore interoperabilità è la caratteristica essenziale affinché molti degli scenari di utilizzo già anticipati diventino attuabili e, tra questi: la ricarica di dispositivi in auto, in spazi pubblici come le stazioni e gli aeroporti, in luoghi quali i bar e gli stadi sportivi o, ancora, al lavoro. A casa, invece, la possibilità di ricaricare i dispositivi di tutta la famiglia con un tappetino comune offre l’opportunità di bandire adattatori e cavi antiestetici, liberando allo stesso tempo un gran numero di prese elettriche. Al progressivo emergere di standard affidabili, anche organizzazioni che si ri- velano indispensabili per la creazione di un’infrastruttura di supporto ampiamente diffusa possono a loro volta impegnarsi in progetti di ricarica senza fili. Si sa, ad esempio, che i produttori di automobili sono interessati alla possibilità di eliminare i cavi dall’interno del veicolo tramite la ricarica wireless. Alcune ben note case produttrici hanno dimostrato sistemi di questo tipo in occasione dei recenti saloni dell’auto e all’esposizione dell’elettronica di consumo (CES: Consumer Electronics Show) che si è tenuta a Las Vegas. In alcuni progetti, in particolare, la tecnologia descritta viene impiegata per alimentare alcuni sistemi interni al veicolo, come le soluzioni di intrattenimento per i sedili posteriori e l’illuminazione dell’abitacolo. Oltre a ciò, le basi di ricarica possono essere integrate in elementi come il piano del tavolo o altri componenti dell’arredamento, oppure in accessori come le lampade da tavolo. Anche le attività commerciali strutturate con catene di punti vendita, come i caffè, non vedono l’ora di offrire il servizio di ricarica senza fili per attirare quei clienti che, oltre ad essere alla ricerca di un punto di ristoro, necessitano anche di un rapido “spuntino di carica” per i propri dispositivi. Questa tendenza è dimostrata da Starbucks: nel giugno del 2014, infatti, l’azienda annunciò che in collaborazione con Duracell Powermat stava iniziando SPOTLIGHT SKILLS iniziato ad integrare la tecnologia necessaria per ricevere l’alimentazione o direttamente all’interno del ricevitore degli smartphone, oppure dentro un guscio sostitutivo con batteria integrata che può essere acquistato separatamente. Figura 3. Il circuito integrato per trasmettitori IDTP9038, realizzato su singolo chip, minimizza il numero complessivo dei chip e dei componenti passivi esterni nelle configurazioni con bobine di tipo A5/A11. la presentazione, a livello nazionale, dei tappetini di ricarica senza fili presso i propri negozi, a cominciare da quelli situati nella baia di San Francisco. Allo stesso modo, anche gli operatori delle reti mobili stanno mostrando interesse per la ricarica senza fili. Un ben noto operatore, ad esempio, ha installato una serie di postazioni di ricarica di questo tipo lungo tutto il proprio stand al Congresso mondiale della telefonia mobile, sfruttandoli come un mez- zo comodo per garantire ai membri del proprio gruppo di poter usare ininterrottamente i loro dispositivi per la durata dell’intero evento. Ad esempio il modello G3, prodotto di punta della LG, include ora la tecnologia adatta a ricevere l’alimentazione senza fili, grazie al chip IDTP9025 di IDT montato al suo interno. Questo tipo di soluzione, che elimina la necessità di utilizzare un’ingombrante custodia di ricarica, consente di superare un serio ostacolo all’accettazione su ampia scala della ricarica senza fili. Gli utenti, infatti, non sono disposti ad essere penalizzati da peso ed ingombro aggiuntivi in cambio della possibilità di ricaricare senza fili i loro dispositivi. Per quanto riguarda la base di ricarica senza fili, invece, i venditori di dispositivi portatili potrebbero in futuro inserirne una fra gli accessori forniti a corredo degli stessi dispositivi, direttamente nella confezione di vendita; inoltre le basi saranno necessarie anche in qualsiasi altra postazione nella quale va offerta la ricarica. COME SUPERARE IL PROSSIMO OSTACOLO Presentando il proprio rapporto del 2014 sull’alimentazione senza fili (“Wireless Power Report 2014”), IHS Technology evidenziò come alcune delle più importanti marche di dispositivi avevano allora La chiave giusta per arrivare ad una integrazione estesa della capacità di ricarica senza fili da parte dei produttori dei dispositivi mobili, così come delle case automobilistiche, dei mobilieri o di altri ancora, è il costo. Il costo della combinazione di ricevitore e trasmettitore deve scendere sensibilmente al di sotto del listino di 80-100 dollari, tipico dei primi sistemi venduti come accessori. La complessità di tali sistemi, infatti, ha contribuito in modo significativo a determinare il loro elevato prezzo di vendita. Un trasmettitore di potenza a singola bobina di tipo A1 controllata magneticamente, adatto ad essere impiegato in una base di ricarica, comprende più di 90 componenti singoli, inclusi nove circuiti integrati. I suddetti componenti sono necessari per gestire non solo il passaggio di energia dal trasmettitore al ricevitore, ma anche per supportare una comunicazione che rispetti le specifiche definite da WPC e PMA per avviare e controllare il processo di ricarica, oltre che per fornire funzioni addizionali come il rilevamento di oggetti estranei (FOD: Foreign Object Detection). Disporre di una procedura di rilevazione degli oggetti estranei affidabile è essenziale per mantenere nel consumatore la fiducia nell’operazione di ricarica senza fili. Gli utenti, infatti, devono essere certi che non vi siano rischi legati alla sicurezza in caso la base di ricarica venisse toccata o qualora un oggetto metallico fosse presente nelle immediate vicinanze. Infine, devono essere ridotte al minimo anche le indesiderate emissioni elettromagnetiche prodotte dal sistema. SPOTLIGHT SKILLS L’INTEGRAZIONE È LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA I Circuiti integrati caratterizzati da un elevato livello di integrazione sono in grado di supportare le suddette funzioni in un singolo dispositivo, come mostrato in figura 2. Oggi consentono di ridurre notevolmente il numero di componenti necessari in un trasmettitore o in un ricevitore tipici. Questa caratteristica permette ai produttori di abbassare significativamente il costo della distinta base dei materiali, semplificando al medesimo tempo la progettazione e snellendo l’assemblaggio. In un sistema di ricarica senza fili conforme ai criteri stabiliti da WPC, un inverter a mezzo ponte o a ponte intero lato trasmettitore converte la tensione continua applicata in una corrente alternata, che viene fatta scorrere in una bobina. Si possono utilizzare diverse configurazioni, quali: a bobina singola di tipo A1, A5 o A11, oppure a tripla bobina di tipo A6. La corrente alternata induce, a sua volta, una tensione alternata nella bobina del ricevitore. Quest’ultimo contiene un raddrizzatore sincrono a ponte intero che converte la suddetta tensione alternata in una tensione continua, la quale viene poi controllata attraverso un regolatore DC/DC a commutazione oppure di tipo lineare a bassa caduta (LDO: Low Drop Out). IDT offre una famiglia di circuiti integrati adatti sia al trasmettitore, sia al ricevitore; questi integrati presentano un elevato 4d systems livello di integrazione e supportano diverse configurazioni degli avvolgimenti, varie architetture degli inverter e differenti intervalli di tensione in ingresso lato trasmettitore, oltre a molteplici architetture per la sezione del ricevitore. Vi è la possibilità di scegliere, ad esempio, fra il regolatore a commutazione o quello lineare, e con l’opzione di integrare una macchina a stati oppure un microcontrollore. Tra i vari modelli disponibili, il dispositivo IDTP9030 fornisce una soluzione compatibile con la specifica di bassa potenza dell’interfaccia Qi A1/A10, fa parte della prima generazione di prodotti di IDT ed è stato anche il primo circuito integrato al mondo a supportare la progettazione di un trasmettitore di potenza senza fili su singolo chip. Grazie all’impiego di dispositivi come il modello IDTP9030 o il più recente IDPT9038, che appartiene alla seconda generazione di prodotti di IDT destinati ad applicazioni con configurazioni delle bobine di tipo A5/A11, viene ridotta al minimo la necessità di componenti esterni aggiuntivi, come illustrato nella figura 3. Tutti e tre i componenti sono integrati all’interno del trasmettitore IDT: - IDTP9038 IC Trasmettitore: Sensore di corrente e Rilevatore di oggetti estranei - Stadio di Potenza con ponte ad H - Stadio di pilotaggio e di potenza con ponte ad H SPOTLIGHT SKILLS - Circuito Integrato di controllo della competizione Un inverter a ponte intero e ad alta efficienza, che è integrato nel modello IDTP9038, supporta la configurazione delle bobine A5/A11 come definite dallo standard WPC e gestisce la conversione della tensione continua di ingresso in una corrente alternata sulla bobina. È presente, inoltre, un blocco modulatore/demodulatore che rileva, demodula e decodifica i pacchetti di comunicazione conformi allo standard WPC. Nel medesimo dispositivo è integrato anche un microcontrollore dotato di memorie RAM/ROM, in grado di eseguire le istruzioni contenute nei pacchetti decodificati in ingresso e di regolare il punto di lavoro per adattare al ricevitore la potenza del trasmettitore. Il suo funzionamento multi-modale rende questo dispositivo adatto a supportare non solo entrambi gli standard WPC e PMA, ma anche i protocolli proprietari dei clienti, grazie al rilevamento ed alla commutazione dinamici fra gli stessi protocolli, caratteristiche che garantiscono la massima flessibilità nella trasmissione di potenza senza fili. Questo trasmettitore anche il riconoscimento multilivello di oggetti estranei ideato da IDT, una funzionalità che impedisce agli utilizzatori di essere esposti a condizioni di pericolo, quali, ad esempio, una temperatura eccessiva nel caso in cui un oggetto metallico venisse posizionato sulla base di ricarica. L’approccio di riconoscimento a multilivello copre e rileva praticamente tutti gli scenari, compresi i casi in cui un oggetto metallico venga appoggiato prima che il telefono sia posizionato, oppure rimanga attaccato al retro del telefono, o, ancora, infilato tra il telefono stesso e la base durante la ricarica. Utilizzando il dispositivo IDTP9030, è possibile realizzare un trasmettitore a singolo chip con un numero complessivo di soli 30 componenti e a meno di un terzo del costo rispetto ad una tradizionale soluzione a componenti discreti. Il modello IDTP9038 rappresenta la prima soluzione disponibili sul mercato per un trasmettitore di potenza senza fili su singolo chip conforme allo standard Qi ed in grado di supportare una tensione di 5 V in ingresso, arricchisce le caratteristiche e le funzionalità del precedente IDTP9030 e, soprattutto, per la prima volta incorpora anche un canale di comunicazione di ritorno. Quest’ultimo permette al trasmettitore di comunicare e scambiare dati con il ricevitore allo scopo di fornire un’autenticazione sicura a due vie. Il suddetto dispositivo, infine, presenta un circuito di controllo proprietario in grado di offrire, in termini di interferenza elettromagnetica, prestazioni misura- te inferiori di 10 dB rispetto ai requisiti definiti dal CISPR, riducendo quindi le preoccupazioni legate a possibili interferenze con altri apparecchi elettronici sensibili. Sono già disponibili sul mercato prodotti che grazie ai ricevitori di IDT integrano la capacità di ricarica senza fili e sono adatti per essere utilizzati con le basi di ricarica. Tra questi, va citato l’ultimissimo smartphone G3 di LG, che presenta alcune caratteristiche davvero all’avanguardia, come la ricarica senza fili mantenendo una forma compatta, grazie all’impiego del circuito integrato IDTP9025A di IDT, un ricevitore di potenza senza fili a singolo chip e conforme allo standard WPC. Il dispositivo IDTP9025A risulta ideale anche per i telefoni portatili senza fili, le custodie dei cellulari e per i tablet. Adatto per le applicazioni che richiedono dimensioni estremamente ridotte, come avviene per i dispositivi che si possono indossare, il dispositivo IDTP9026 integra un circuito di ricarica della batteria ed un ricevitore di potenza senza fili in un contenitore (CSP: Chip Scale Package) da 40 pin di dimensioni pari a 2,21 mm x 3,41 mm. La dimensione della soluzione complessiva risulta inferiore a 30 mm2, misura significativa se confrontata con i 65 mm2 delle altre soluzioni attualmente disponibili. Il dispositivo IDTP9026, inoltre, è pienamente compatibile con il trasmettitore di potenza senza fili IDTP9038, che integra un inverter a ponte intero “ad H” ed è il primo trasmettitore sul mercato a singolo chip conforme alle specifiche WPC con ingresso a 5 V. CONCLUSIONE La ricarica wireless sta guadagnando terreno, in quanto rappresenta un aspetto rilevante dell’infrastruttura delle comunicazioni mobili. Gli analisti del settore e svariate organizzazioni commerciali ritengono ora che un grande numero di consumatori ricaricherà il proprio dispositivo portatile senza usare cavi di collegamento e impiegando, piuttosto, tappetini di ricarica in postazioni che vanno dall’abitazione all’aeroporto o all’automobile. Ora che esistono standard consolidati in grado di garantire una interoperabilità diffusa, la ricarica senza fili richiede trasmettitori e ricevitori fortemente integrati che rispettino i suddetti standard allo scopo di mettere a frutto il potenziale di questa tecnologia, che diventerà per certo il metodo di ricarica preferito da quanti utilizzano dispositivi portatili in ogni dove. SPOTLIGHT LT8616 per le Nuove Esigenze in Campo Automotive di Jeff Gruetter, Product Marketing Engineer Linear Technology Corporation Poiché le auto continuano a essere dotate di un numero sempre crescente di sistemi elettronici volti a migliorare la sicurezza, il comfort, l’efficienza e le prestazioni oltre a ridurre al minimo le dannose emissioni di scarico, non sorprende che richiedano soluzioni di conversione della potenza di dimensioni inferiori e con prestazioni superiori. Nell’ articolo vediamo quali sono le caratteristiche di un integrato in grado di soddisfare queste nuove esigenze. S econdo Strategy Analytics, “si prevede che la richiesta di dispositivi a semiconduttori adatti crescerà a un tasso annuo medio composto del 5% nei prossimi sette anni e il valore totale del mercato sarà di oltre 41 miliardi di dollari entro il 2021 rispetto a 27,5 miliardi nel 2013”. Lo studio condotto da Strategy Analytics afferma pure che la richiesta di microcontrollori e dispositivi a semiconduttori di alimentazione sarà alla base di oltre il 40% delle entrate. Le previsioni di Strategy Analytics sull’aumento della percentuale di sistemi elettronici presenti nelle auto sono in larga parte espresse in forma quantitativa, ma più interessante è il ruolo prevalente svolto dai nuovi circuiti integrati di alimentazione in questa crescita. I progetti di tali circuiti devono offrire: 1) prestazioni elevate in un ampio intervallo di tensioni, compresa la gestione di transitori a livelli maggiori di 36 V; Figura 1. La miriade di sistemi elettronici che possono essere presenti nelle auto moderne SPOTLIGHT SKILLS 2) la massima efficienza possibile, per ridurre al minimo i problemi di natura termica e ottimizzare l’autonomia della batteria; 3) corrente a riposo ultra-bassa (<10 µA) per rendere possibili sistemi “alwaysOn”, come sistemi di sicurezza, di controllo ambientale e di informazione-intrattenimento, che devono rimanere inseriti senza scaricare la batteria del veicolo quando il motore (l’alternatore) non è in funzione; 4) il minimo ingombro possibile, il ché spesso richiede più linee di tensione per ridurre al minimo lo spazio necessario per i circuiti di conversione della potenza; 5) frequenze di commutazione pari ad almeno 2 MHz, per prevenire il rumore di commutazione nella banda radio AM e mantenere le dimensioni della soluzione molto contenute. L’obiettivo nell’ottenere livelli prestazionali superiori dei circuiti integrati di alimentazione è quello di consentire la progettazione di un numero sempre maggiore di sistemi elettronici, sempre più complessi, presenti nelle auto. Specifiche applicazioni che danno impulso a questa crescita sono individuabili in ogni parte del veicolo. Per esempio, i nuovi sistemi di sicurezza: controllo della posizione in corsia, controllo di sicurezza adattativo, funzionamento automatico degli indicatori di svolta e dell’attenuazione della luminosità dei fari; i sistemi telematici di informazione ed intrattenimento, che continuano a evolversi e riuniscono ancora più funzionalità in uno spazio già ridotto, devono supportare un numero sempre crescente di applicazioni web; sistemi avanzati di gestione del motore, con l’implementazione di circuiti di avvio/arresto, circuiti di controllo del motore e trasmissioni che impiegano molteplici circuiti elettronici, oltre a sistemi di gestione del telaio e della catena cinematica, pensati per migliorare simultaneamente le prestazioni, la sicurezza e il comfort. Alcuni anni fa, questi sistemi erano presenti solo in auto di lusso, ma adesso sono usuali nei modelli di qualsiasi produttore, accelerando ulteriormente la crescita dei circuiti integrati di alimentazione nel settore automobilistico. La figura 1 mostra la miriade di sistemi elettronici che possono essere presenti nelle auto moderne. TRANSITORI NEI SISTEMI AUTOMOBILISTICI Sebbene la tensione nominale del sistema di alimentazione di un’auto sia pari a 12 V, il suo valore può comunque variare da 9 V a 16 V, in funzione dei periodi di tempo in cui l’alternatore la sta caricando. Inoltre, la tensione di una batteria al piombo-acido varia in modo notevole durante possibili condizioni temporanee: può diminuire sino a 3,5 V durante un avviamento a freddo e in situazioni di avvio-arresto, mentre può aumenta- Figura 2. Il regolatore LT8616 in una situazione di tensione a 4 V dovuta ad avviamento a freddo e di tensione a 36 V dovuta a scollegamento transitorio del carico re sino a 36 V in caso di scollegamento del carico. Quindi, i circuiti integrati di alimentazione devono essere in grado di regolare con precisione l’uscita in un ampio intervallo di variazione della tensione d’ingresso. La notevole variazione transitoria della tensione in situazioni di avviamento a freddo o avvio-arresto e di scollegamento del carico per una batteria al piombo-acido è illustrata nella figura 2. Si noti che l’appropriato circuito integrato di alimentazione (l’LT8616 in questo caso) regola con precisione l’uscita a 3,3 V in entrambe queste situazioni. FUNZIONAMENTO AD ALTA EFFICIENZA Il funzionamento ad alta efficienza dei circuiti integrati di gestione della potenza in applicazioni automobilistiche è importantissimo per due motivi fondamentali. Anzitutto, quanto più efficiente è la conversione della potenza, tanto minore è la quantità di energia sprecata sotto forma di calore. Poiché il calore è il nemico dell’affidabilità a lungo termine di qualsiasi sistema elettronico, deve essere gestito efficacemente, il ché in genere richiede dei dissipatori; questi rendono la soluzione generale più complessa, ingombrante e SPOTLIGHT SKILLS costosa. In secondo luogo, qualsiasi parte dell’energia elettrica sprecata nei veicoli elettrici o ibridi ne riduce direttamente l’autonomia. Fino a poco tempo fa, i circuiti integrati monolitici ad alta tensione di gestione della potenza e i raddrizzatori sincroni ad alta efficienza erano mutuamente esclusivi poiché i necessari processi di fabbricazione non potevano supportare entrambi i tipi di progetto. Da sempre, le soluzioni con la massima efficienza sono state offerte da controller ad alta tensione che utilizzavano MOSFET esterni per il raddrizzamento sincrono; tuttavia, queste configurazioni sono relativamente complesse e ingombranti per applicazioni a potenze inferiori a 15 W rispetto a una soluzione alternativa basata su circuiti monolitici. Fortunatamente, ora sono disponibili sul mercato nuovi circuiti integrati di gestione della potenza che offrono sia alta tensione (42 V) che alta efficienza grazie al raddrizzamento sincrono interno. Figura 3. Schema tipico dell’LT8616 per l’impiego nel settore auto per ottenere un’uscita a 5 V e 1,5 A e un’altra a 3,3 V e 2,5 A SPOTLIGHT SKILLS Figura 4. Curve dell’efficienza dell’LT8616 Figura 5. Curva della caduta di tensione per il circuito della Figura 2 dell’LT8616 I SISTEMI “ALWAYS-ON” RICHIEDONO UNA CORRENTE ULTRA-BASSA gnali digitali (DSP) e circa il 20% di questi richiede la modalità di funzionamento “always-On”. In questi sistemi, i circuiti integrati di conversione della potenza devono funzionare in due modalità diverse. Molti sottosistemi elettronici devono funzionare in modalità di “standby” oppure “keep alive”, assorbendo una corrente a riposo minima a una tensione regolata mentre si trovano in uno di tali stati. Questi circuiti sono presenti nella maggior parte dei sistemi di alimentazione elettronici di navigazione, di protezione dei passeggeri, sicurezza e gestione del motore. Inoltre, ciascuno di essi può essere dotato di numerosi microprocessori e microcontrollori. La maggior parte delle auto di lusso incorpora oltre 150 di tali processori di se- Anzitutto, quando il veicolo è in funzione, i circuiti di conversione della potenza che alimentano questi DSP in genere funzionano alla massima corrente, fornita dalla batteria e dall’impianto di carica; ma quando il sistema di accensione del veicolo è disinserito, i microprocessori di questi sistemi devono rimanere in funzione, in modo tale che i loro circuiti integra- ti di alimentazione mantengano in uscita una tensione costante, pur assorbendo una corrente minima dalla batteria. Poiché possono essere simultaneamente in funzione oltre 30 di questi processori “always-On”, alla batteria viene richiesto di erogare una potenza significativa anche mentre il sistema di accensione è disinserito. Complessivamente, possono essere necessarie centinaia di milliampere per alimentare questi processori sempre in attività, per cui la batteria potrebbe scaricarsi completamente nell’arco di alcuni giorni. Quindi, la corrente a riposo di questi circuiti integrati di alimentazione deve essere ridotta drasticamente per preservare la durata della batteria senza aumentare né le dimensioni né la complessità dei sistemi elettronici. Fino a poco tempo fa, il requisito di funzionamento ad alta tensione d’ingresso e quello di bassa corrente a riposo erano parametri mutuamente esclusivi per un convertitore CC/CC. Per gestire meglio questi requisiti, dieci anni fa, numerose case automobilistiche hanno specificato una corrente a riposo <100 µA per ciascun convertitore CC/CC “always-On”, ma attualmente si preferisce una corrente inferiore a 10 µA. Fortunatamente, è stata introdotta una nuova generazione di circuiti integrati di alimentazione che offre correnti a riposo minori di 5 µA nella modalità di standby. CIRCUITI DI CONVERSIONE DELLA POTENZA PIÙ COMPATTI Esistono vari modi per ridurre le dimensio-ni dei circuiti di conversione della potenza. In genere, il componente più grande del circuito non è rappresentato dal circuito integrato, ma dagli induttori e dai condensatori esterni, le cui dimensioni possono essere ridotte drasticamente aumentando la frequenza di commutazione di tale circuito integrato da 400 kHz a 2 MHz; ma per ottenere questo risultato in modo efficace, il circuito integrato deve assicurare alta efficienza a queste maggiori frequenze, e ciò finora non era attuabile. Ma impiegando nuovi processi e tecniche di progettazione, sono stati sviluppati circuiti integrati di alimentazione sincroni che offrono efficienza superiore al 92 % e frequenza di commutazione pari a 2 MHz. Il funzionamento ad alta efficienza riduce al minimo la perdita di potenza, eliminando la necessità di dissipatori termici, e ha l’ulteriore vantaggio di prevenire il rumore di commutazione nella banda di frequenza AM, il ché è cruciale in qualsiasi sistema elettronico sensibile al rumore. Un altro modo per ridurre drasticamente le dimensioni dei circuiti di conversione della potenza consiste nell’usare un convertitore doppio anziché due dispositivi singoli, quando sono necessarie due linee di tensione separate. Poiché un circuito integrato di conversione doppio è solo di pochissimo più gran- SPOTLIGHT SKILLS de di un equivalente convertitore singolo, il suo ingombro può essere pari alla metà rispetto a due convertitori singoli separati. Inoltre, i convertitori doppi sono progettati per ridurre al minimo la diafonia indesiderata tra i canali, mentre la diafonia tra due convertitori singoli adiacenti può creare problemi, a meno che entrambi non siano sincronizzati con lo stesso clock; ma l’inclusione di un clock e del circuito di sincronismo esterni aumenta le dimensioni, la complessità e il costo dell’intero circuito. NUOVE SOLUZIONI ALTERNATIVE Il Linear Technology LT8616 è il primo di una famiglia di regolatori buck sincroni ad alta tensione, di tipo multi-uscita. L’intervallo di tensioni d’ingresso – da 3,4 V a 42 V – lo rende ideale per applicazioni auto soggette a transitori sia a bassa tensione, come in condizioni di avviamento a freddo o di avvio-arresto, sia ad alta tensione come in condizioni di disinserimento del carico. I suoi due canali sono in grado di produrre una corrente di uscita continua pari a 1,5A e 2,5 A, controllando le tensioni in uscita da 0,8 V sino a un valore leggermente inferiore a VIN; il regolatore è quindi ideale per molte linee di alimentazione collegate direttamente a quella della batteria del veicolo. Una tale soluzione a doppia uscita, semplice e molto compatta, elimina la necessità di qualsiasi diodo esterno. Lo schema circuitale del regolatore è mostrato nella figura 3. Il circuito di raddrizzamento sincrono dell’LT8616 include MOSFET superiori e inferiori per ciascun canale, che assicurano efficienza sino al 95 %. La figura 4 mostra che il regolatore può conseguire un’efficienza superiore al 95 % mentre alimenta un carico di 5 V con tensione d’ingresso nominale di 12 V e al 94 % mentre alimenta un carico di 3,3 V simultaneamente, anche a una frequenza di commutazione relativamente alta di 700 kHz. Questo funzionamento ad alta efficienza riduce al minimo lo spreco di potenza ed elimina la necessità di dissipatori termici anche nella maggior parte delle applicazioni con spazio angusto. Nei veicoli elettrici e ibridi, ciò può comportare direttamente un aumento dell’autonomia tra una carica e l’altra della batteria. Inoltre, la modalità di funzionamento Burst Mode® riduce la corrente a riposo in assenza di carico a soli 5 µA, per entrambi i canali, rendendo il regolatore ideale per applicazioni “always-On”, in cui la tensione regolata deve essere mantenuta costante, anche a vuoto, per massimizzare la durata della batteria. Questo è particolarmente importante a causa del numero crescente di sistemi sempre attivi. Non solo: una topologia pensata per il funzionamento Burst Mode con ripple bassissimo riduce al minimo il rumore di uscita, a meno di 10 mVP-P , per iqrf SPOTLIGHT SKILLS cui il regolatore è adatto per applicazioni sensibili al rumore. Se l’applicazione richiede il sincronismo esterno, la funzione Burst Mode può essere sostituita con uno schema di frequenza a salto di impulsi. Il funzionamento con bassissima caduta di tensione dell’LT8616s è pure particolarmente vantaggioso in applicazioni che devono regolare le uscite in condizioni di avvio/arresto o di avviamento a freddo. La figura 5 mostra che anche quando la tensione d’ingresso scende sotto la tensione di uscita programmata, 5 V in questo caso, l’uscita è sempre a 500 mV a 2 A sotto la tensione d’ingresso, non appena questa supera 2,9 V. Ciò è importante poiché molti moduli di controllo elettronici (ECM, Electronic Control Module) richiedono uno o più microprocessori/microcontroller; sebbene questi siano progettati per funzionare a tensione nominale di 5 V, continuano a funzionare con tensioni di alimentazione inferiori, sino a 3 V. Quindi in una situazione di avviamento a freddo, l’ingresso può diminuire sino a 3,4 V e il microprocessore continuerà a funzionare, evitando l’arresto dell’ECM. Inoltre, un tempo On minimo dell’LT8616 pari a soli 30 ns rende possibile il funzionamento a frequenza costante di 2 MHz da un ingresso di 24 V a un’uscita di 1,5 V, mettendo in grado il progettista di ottimizzare l’efficienza e al tempo stesso evitare cruciali bande di frequenza sensibili al rumore, come quelle radio AM. Anche con una tensione d’ingresso maggiore di 16 V, l’LT8616 produrrà una tensione di uscita ben regolata anche a valori bassissimi, sino a 1 V. Poiché il funzionamento a frequenze di commutazione più alte riduce le dimensioni dei componenti esterni, la frequenza di commutazione di 2 MHz dell’LT8616 consente di ottenere una soluzione molto compatta. Non è tutto: sono state implementate tecniche di progettazione speciali per ridurre al minimo il rischio di problemi da interferenza elettromagnetica o di compatibilità elettromagnetica. L’LT8616 è basato su una configurazione a doppio canale: ciascuno di essi integra interruttori di potenza ad alta efficienza superiori e inferiori dotati del necessario diodo di boost; l’oscillatore, i circuiti di controllo e di logica sono condivisi e integrati in una sola piastrina. I due canali sono sfasati di 180 gradi per ridurre al minimo il ripple d’ingresso e di uscita. Speciali tecniche di progettazione e un nuovo processo ad alta velocità assicurano alta efficienza in un ampio intervallo di tensioni d’ingresso, mentre la topologia in current mode dell’LT8616 offre risposta rapida ai transitori ed eccellente stabilità di anello. Altre funzionalità: compensazione interna, indicatori dei livelli adeguati di alimentazione, affidabile protezione contro i cortocircuiti, rilevazione del carico/ avvio graduale in uscita e protezione termica. La combinazione del contenitore QFN da 3mm x 6mm o TSSOP dotato di dissipatori avanzati, entrambi a 28 conduttori, e dell’elevata frequenza di commutazione mantiene piccole le dimensioni degli induttori e dei condensatori esterni, offrendo un ingombro ridotto con un’ottima efficienza termica. CONCLUSIONE La rapida diffusione di sistemi elettronici molto complessi nelle automobili ha creato una richiesta ancora maggiore di circuiti integrati di gestione della potenza. Offrendo circuiti integrati di alimentazione a doppia uscita, i progettisti di sistemi destinati al settore auto possono ridurre drasticamente lo spazio necessario per i circuiti di conversione della potenza. Avvalendosi di frequenze di commutazione di 2 MHz è inoltre possibile ridurre notevolmente le dimensioni dei componenti esterni – ossia i condensatori di uscita e gli induttori – offrendo una soluzione a due linee di alimentazione molto compatta ma anche molto robusta, in grado di tollerare i transitori presenti in condizioni di avvio-arresto, avviamento a freddo e rimozione del carico, e che regola con precisione entrambe le uscite. Inoltre, le correnti a riposo ultra-basse rendono questi dispositivi ideali per sistemi “always-On”. Mentre vengono aggiunti sempre più sistemi elettronici in spazi sempre più angusti, diventa anche cruciale ridurre al minimo l’ingombro e al tempo stesso massimizzare l’efficienza della soluzione. La nuova generazione di circuiti integrati di alimentazione che risponde a questi requisiti è già disponibile, aprendo la strada a un ulteriore incremento della quantità di sistemi elettronici installabili nei veicoli di domani. SPOTLIGHT “Disruptive Week Milan 2015”: Internet of Things, People and Robots a cura della Redazione In arrivo la XIV edizione di M2M Forum che torna il 28 e 29 aprile a Milano assieme a Robobusiness Europe 2015 ed altri eventi internazionali su tecnologie innovative all’interno della nascente Disruptive Week Milan. Secondo le previsioni recentemente formulate dagli analisti di Gartner, entro il 2015 i device in grado di connettersi alla Rete per trasferire dati saranno 4.9 miliardi, con una crescita di 30 punti percentuali rispetto al 2014; successivamente, nel 2020, l’Internet of Things dovrebbe essere rappresentato da circa 25 miliardi di oggetti. Anche nel mondo industriale ci sono già le prime conseguenze che qualcuno individua come la Quarta Rivoluzione Industriale o la Smart Factory. Se la Internet of Things (IoT) è uno scenario in cui oggetti, animali o persone sono dotati di identificatori unici e della possibilità di trasferire automaticamente i dati su una rete senza richiedere alcuna interazione uomo-uomo o uomo-computer, l’Industrial Internet of Things (IIoT) traspone questo concetto su oggetti e impianti industriali, dove macchine, sensori, software e dati sono interconnessi tra di loro e integrati nella rete. SPOTLIGHT SKILLS 1 5 ecipation frae r ti ved p er is res als s s e c n Ac ofessio to pr M2M Forum is part of April 27-30, 2015 - Milan ROBOTICS, M2M, IoT, WIRELESS 2.0, WEARABLE TECH, SMART ENERGY Un’integrazione destinata ad operare grandi cambiamenti alle modalità con le quali le aziende e i singoli lavorano. Dispositivi intelligenti e adattabili insieme a piattaforme scalabili ed efficaci dal punto di vista dei costi sono al centro della trasformazione e possono rendere questa opportunità una realtà concreta. A causa della complessità degli ambienti in cui spesso questi dispositivi BROUGHT TO YOU BY: l CONTACTS: [email protected] - Phone: +39 0287156782 m2m SPOTLIGHT SKILLS industriali operano, o dei processi mission-critical dei quali fanno parte, le soluzioni IIoT devono soddisfare requisiti molto impegnativi dal punto di vista dell’affidabilità e sicurezza. Di tutto questo e molto altro se ne parlerà a M2M Forum 2015 (www.m2mforum. it), che si svolgerà il 28 e 29 Aprile presso l’Atahotel Expo Fiera. La manifestazione - che dal 2002 è il riferimento per il mondo della comunicazione tra macchine e l’Internet of Things - è occasione per fare il punto sullo stato dell’arte delle tecnologie e delle applicazioni realizzate ad oggi ma soprattutto uno sguardo ai modelli di business e alle sfide future che attendono gli operatori italiani ed esteri. L’evento è ideato e organizzato da Innovability (www.innovability.it) e nella scorsa edizione ha visto oltre 1200 partecipanti da 19 paesi diversi, 78 aziende sponsor, espositori e partner, 193 incontri bilateriali di business matching. UN’OFFERTA INFORMATIVA VARIEGATA M2M Forum nel suo nutrito programma di conferenze porrà in evidenza, oltre all’ambito industriale, anche le tematiche legate allo sviluppo delle Smart City e all’efficienza energetica, dando ampio spazio alle soluzioni dedicate a Smart Home e Smart Lighting. La domanda di energia sta infatti crescendo a livello mondiale con un ritmo sostenuto e questo spinge a una riprogettazione e ottimizzazione dell’intero siste- ma di produzione, distribuzione e immagazzinamento. La necessità di sostituire gli impianti e le infrastrutture obsolete ed inefficienti è un fattore fondamentale che porterà a far evolvere le attuali infrastrutture sino a renderle “intelligenti”, quindi in grado di ottimizzare i rendimenti e ridurre consumi e costi. IOX = INTERNET OF PEOPLE AND THINGS L’IoT rappresenta oggi per gli operatori del settore web e startupper una grande opportunità di business e un mercato emergente ma una delle sfide oggi è tentare di dare dei confini ad un mercato con aspettative di crescita importanti, cercando di segmentare al suo interno le potenziali aree applicative e di identificare le nuove filiere tecnologiche. Scopo di IoX, nuova area di M2M Forum, è creare un ecosistema e ponte tra gli operatori di queste nuove filiere che partono dagli “storici” player del mondo dell’Elettronica e della Automazione Industriale per finire con i nuovi operatori Web 2.0, Maker e del Crowdesign, passando per il mondo IT e Telco. In particolare sarà data attenzione al rapporto, molto italiano, tra le Smart Things, la UX user experience e il Design (anche partecipativo) secondo l’idea che “l’oggetto intelligente deve essere anche bello e funzionale e viceversa”. Questa focalizzazione ben si innesta sulla nostra tradizione e cultura artigiana di alta qualità che oggi ha la sua evoluzione “smart” con la nascita del fenomeno Fab Labs. SPOTLIGHT SKILLS PANORAMICA SULLE INNOVAZIONI DELLE TECNOLOGIE DI BASE Il programma offrirà inoltre approfondimenti sulle piattaforme tecnologiche per l’M2M più innovative, concentrando l’attenzione su argomenti quali il Data Center e il Fog Computing, rispettivamente cuore e sistema nervoso delle infrastrutture M2M/IoT, ma anche i Big Data e i servizi Cloud, la IoT Cybersecurity e il Device Management, le reti di sensori e i dispositivi destinati ad utilizzi in ambienti ostili. Infine, nel programma delle conferenze una sessione curata dalla redazione di Firmware è dedicata alle nuove filiere tecnologiche che si stanno sviluppando grazie all’Internet delle Cose. GLI ALTRI APPUNTAMENTI DELLA DISRUPTIVE WEEK A fianco di M2M Forum ci sarà RoboBusiness Europe (www.robobusiness.eu): il principale evento B2B in Europa per la robotica di servizio. È l’edizione europea dell’americano Conference & Expo RoboBusiness LeadershipSummit, che ha appena compiuto 10 anni. L’evento si svolgerà il 29 e 30 Aprile nella stessa location di M2M Forum e offrirà due grandi novità: la prima ricerca sulla nascente Internet of Robotics Things ovvero la convergenza tra robotica e Internet delle Cose e il lancio del CRO Chief Robotics Officier, la nuova figura aziendale a “ponte” tra la robotica e l’in- formation technology tradizionale. M2M Forum e Robobusiness Europe sono parte della nuova Disruptive Week che nasce per riunire sinergicamente a Milano in un’unica settimana gli appuntamenti internazionali dedicati alle tecnologie più innovative e dirompenti, quali Internet of Things, Robotics, Smart Energy, Wearable Technologies, Droni, ecc. (www.disruptiveweek.com). Nel 2015 si svolge nella settimana che termina al 1 Maggio, giornata di apertura di Expo 2015. Questo posizionamento favorirà ancora di più l’attrazione di partecipanti esteri potranno unire business e leasure. UN EVENTO LEADER, TANTE RAGIONI PER PARTECIPARE M2M Forum adotta da sempre il format di una mostra-convegno fortemente orientata a soddisfare le esigenze informative dei partecipanti, che potranno usufruire di conferenze di alta qualità, con presenze sia italiane che internazionali, approfondimenti di carattere tecnico e commerciale, incontri continui con gli operatori del settore e con i rappresentanti delle istituzioni nell’area espositiva, one-2-one business meeting. Per maggiori informazioni, per il programma delle conferenze e la registrazione gratuita previo accredito, è disponibile il sito web dell’evento www.m2mforum.it . econais SPOTLIGHT Rutronik 24: l’E-Commerce dal Volto Umano a cura della Redazione Abbiamo incontrato Pino Cosenza, Country Manager di Rutronik Italia, in occasione del lancio ufficiale del nuovo sito Rutronik 24. Dopo circa due anni di sperimentazione in Germania, l’Head Quarter di Rutronik ha infatti deciso che i tempi fossero maturi per lanciare Rutronik 24 nelle main countries: Italia, Inghilterra, Francia, Nordic, Svizzera. D: Un sito di e-commerce? Ne sentivate il bisogno? R: La devo subito correggere: Rutronik 24 non è un sito di e-commerce! Il nostro “commitment” è quello di raggiungere un numero maggiore di clienti, attualmente non presidiati dalla distribuzione di componentistica elettronica, ma con il nostro stile “personale”! D: Interessante, si spieghi meglio R: Il mercato Italiano arriva a circa 5mila clienti attivi, ma ne bastano solo 600 per raggiungere il 90% del mercato. Su questi 600 ci siamo (come la maggior parte dei nostri concorrenti) ma per raggiungere il resto dei clienti in modo capillare ci serve necessariamente il web. La nostra idea è quella di far evolvere il business gestito da persone, intendiamo per questo investire sia sul web, ma anche (e soprattutto) sulle persone. Per noi è infatti fondamentale che ci sia la persona che va sul campo, che spie- ga il sistema e al tempo stesso fa una selezione dei clienti, migliore di quanto può fare il cliente da solo “profilandosi” sul sito. D: Investirete quindi in persone, farete nuove assunzioni? R: Certamente! Per fare questo lavoro saranno assunte persone competenti nella vendita di componentistica elettronica, che potranno tornare indietro dal campo con le informazioni che servono e che siano al tempo stesso qualificanti per l’azienda. Non è nostra politica mandare dai clienti neofiti del settore. D: Questo è sicuramente interessante! Ci parli un po’ più nel dettaglio di Rutronik 24, come funziona? R: Rutronik 24 è per noi un portale destinato anche ai clienti storici di Rutronik, funzionando in parallelo sul sistema gestionale Rutronik, l’interfaccia web offre ai clienti la possibilità di entrare in Pino Cosenza Country Manager di Rutronik Italia SPOTLIGHT SKILLS maniera sicura sulle informazioni degli ordini, disponibilità, listini e informazioni specifiche dell’azienda. Il cliente può inserire direttamente l’ordine bypassando la struttura di Rutronik, questo rende decisamente più snello l’approccio commerciale. D: Ci può svelare la politica dei prezzi al pubblico di Rutronik 24? R: L’approccio sui prezzi è molto vicino ai livelli della cultura industriale, senza il tradizionale incremento dovuto alla specificità del canale web. Non vogliamo assolutamente distorcere la filosofia di Rutronik, è stato chiamato Rutronik 24 per rimarcare il fatto che rappresenta uno strumento di comunicazione, non un business a parte. Quello che vogliamo ottenere è un incremento dei clienti che possiamo raggiungere grazie al web ma al tempo stesso aumentare i flussi tra cliente ed azienda. Sistema di E-Commerce Multi-Piattaforma di Rutronik D: Ci viene quindi da dire Rutronik 24: l’e-commerce dal volto umano! R: Rutronik è tutt’ora una azienda privata. Ha un’impronta personale molto, molto forte. Esiste ancora un proprietario da quarant’anni e non ha mai cambiato il quartier generale. Questo fatto, che rappresenta il valore unico di Rutronik e determina tutte le scelte dell’azienda, rimarca continuamente in modo imprescindibile l’importanza dell’aspetto umano. D:Sicuramente! Tra l’altro la sede italiana che Lei dirige ha appena compiuto 10 anni… R: Vero! L’abbiamo festeggiato pubblicando un libro celebrativo. La relazione personale è la cosa più importante, il fattore distintivo dell'azienda, ed è lì che facciamo la differenza. I prezzi e i prodotti sono quelli di tutti gli altri distributori, inutile illuderci. La chiave non è rappresentata dal fatturato (peraltro interessante) ma dal fatto che le persone siano nel team da molto tempo, restano fedeli con il piacere di lavorare per l’azienda, condividendone gli obbiettivi. Questo rappresenta la vera qualità dell’azienda, in controtendenza con quello che succede nei grossi gruppi ove una persona non sa più per chi sta lavorando. In Rutronik entrano in gioco fattori meritocratici e non quelli di “cost reduction”. D: Per chiudere, può darci qualche numero? R: Rutronik ha aperto i suoi uffici in Italia nel 2004, ad oggi da zero fatturato al 6% del mercato con crescita anno su anno a tassi doppi o tripli rispetto a quelli del mercato. Rutronik nel mondo conta 1300 dipendenti, e con i suoi 800 milioni di fatturato è il terzo distributore Europeo. NEWS Nuovo Chip Maia da EBV Elektronik Alimentazione da 1,8 V a 3,8 V, in modalità di ingresso differenziali o pseudo-differenziali versioni per temperature commerciali, industriali Ultra Low Power con una varietà di configurazioni dei canali MUX. e automotive (da -40°C a 125°C). I prezzi partono Assorbimento il low power ridotto a 0,27 uA I segnali degli ingressi single-ended possono da $18,39/cad. per 1000 unità. La scheda di Completamente schermato anche essere convertiti sull’intervallo di ingressi valutazione DC2071A per la famiglia di ADC SAR Potenza in uscita: + 12 dBm differenziali del nucleo dell’ADC tramite LTC2373 è disponibile sul sito www.linear.com/ Conforme alle direttive EU R&TTE la condivisione di un singolo circuito driver demo o tramite gli uffici vendita locali di Linear Stack Wireless M-Bus EN13757-4:2013 e OMS, esterno tra i pin MUXOUT/ADCIN presenti Technology. con esempi applicativi a supporto di diverse sul dispositivo. Questo consente all’utente specifiche di misura di ottenere dall’ADC le massime prestazioni SNR Riepilogo delle caratteristiche: LTC2373-18 Spazio di memoria destinato alle applicazioni a 100dB su otto ingressi single-ended. Throughput a 1Msps EBV Elektronik, un’Azienda del Gruppo Avnet, ha lanciato il nuovo chip Maia in occasione utente L’LTC2373-18 fa parte di una famiglia Risoluzione di 18 bit con NMC (No Missing Code) di convertitori analogico-digitali SAR a 16/18 bit Multiplexer a 8 canali con intervallo di ingressi dell’Embedded Word 2015 di Norimberga. Esempi di applicazione multiplexato a 8 canali che comunicano tramite selezionabile Si tratta di un modulo RF Sub-G per applicazioni M-Bus Wireless interfacce SPI compatibili, con velocità Differenziale completo Wireless M-Bus e OMS, nato dalla collaborazione Lettura Automatica delle Misure (AMR) di campionamento di 500ksps e 1Msps Pseudo-differenziale unipolare tra Weptech e STMicroelectronics. Infrastrutture Avanzate di Misura (AMI) e ottengono SNR di 100dB a 18 bit e SNR di 96dB Pseudo-differenziale bipolare Il dispositivo, chiamato Maia all’interno Misure di portata su Gas e Acqua a 16 bit con l’intervallo di ingressi differenziali INL: ±2,5LSB (max.) del programma EBVchips, è destinato a diverse Contatori Elettrici completo a ±4,096V. La famiglia LTC2373 integra SNR: 100dB (differenziale completo)/95,5dB applicazioni nel settore delle misure, comprese Misuratori di Calore, Ripartitori di consumo un riferimento di precisione (bandgap) con bassa (pseudo-differenziale) (tipico) a fIN = 1kHz la lettura automatica della misura (AMR), energetico deriva e un coefficiente di temperatura massimo THD: –110dB (tipico) a fIN = 1kHz la struttura metrica avanzata (AMI), misure su gas Lettori Dati e Concentratori garantito di 20ppm/ºC e un buffer di riferimento Sequencer programmabile e fluidi, elettricità nonché le letture di calorimetri, in un package QFN-32 compatto di 25mm2. Compressione del guadagno digitale selezionabile lettori di dati e concentratori. Il dispositivo è alimentato da un’unica fonte di Alimentazione singola da 5V con tensioni di I/O Il modulo RF, che verrà rilasciato in un contenitore alimentazione da 5V e consuma solo 40mW a 1Msps. da 1,8V a 5V compatto (15x14 mm) e adatto al montaggio Il dispositivo LTC2373-18 è disponibile oggi nelle Interfaccia I/O seriale compatibile un ricetrasmettitore sub-G a basso consumo Convertitore analogicodigitale SAR a 18 bit SPIRIT1, un Balun BALF-SPI-01D3. Inoltre il Linear Technology Corporation presenta di riferimento dispositivo incorpora i layer M-Bus e OMS l’LTC2373-18, un convertitore analogico-digitale Nessun ritardo di pipeline, nessuna latenza secondo le specifiche OMS 3.x e 4.x, permettendo SAR (successive approximation register) a 18 bit del ciclo il collegamento ad un’antenna esterna. Il modulo e 1Msps e 8 canali con eccellenti prestazioni SNR Dissipazione di potenza di 40mW (tipica) sarà precertificato e conforme alle norme CE. di 100dB. L’LTC2373-18 è dotato di un sequencer Funzionamento garantito fino a 125°C programmabile in grado di memorizzare fino Package QFN a 32 conduttori, 5 x 5mm SMT, possiede un microcontrollore ULP STM32L0, Caratteristiche Tecniche a 16 parole di controllo per configurare Dimensioni compatte di 15x14 mm con montaggio il multiplexer (MUX) e l’intervallo di ingressi. SMT Questo consente di combinare facilmente intervalli con lo standard SPI Riferimento onboard di 2,048V e buffer EVENTS www.fwonline.it SAVE MILANO 2105 SAVE - Mostra Fiera Automazione, Strumentazione, Sensori èun appuntamento innovativo che unisce unaparte espositiva in fiera ad una forte componente formativa. Area espositiva dove incontrare agli stand i principali leader di settore, centinaia di convegni e workshop accessibili per gli operatori qualificati, molti eventi internazionali e un evento speciale in contemporanea, gli operatori professionali accedono gratuitamente alla mostra e usufruiscono di tutti i servizi. Dove: Milano Quando: 16 aprile 2015 sarà in contemporanea a IOT “Internet Of Things”, conferenza destinata agli sviluppatori delle connessioni nel mondo Internet. “Stay Connected!” Dove: Hyatt REGENCY, Santa Clara (CA) Quando: 6-7 maggio 2015 SPS ITALIA Obiettivi di crescita assicurati per la terza edizione di SPS/IPC/DRIVES Italia, la fiera italiana di riferimento delle Tecnologie per l’Automazione Industriale organizzata da Messe Frankfurt Italia. Dove: Parma Quando: 12-14 maggio 2015 MULTICORE EXPO DEVICE DEVELOPERS’ CONFERENCE 2015 Evento mondiale dedicato ai sistemi embedded multicore. Due giornate di sessioni tecniche e business con la possibilità di seguire training formativi con esperti del settore. L’avvenimento Device Developers’ Conference è un’opportunità per informarsi sugli ultimi sviluppi tecnologici. Destinata a progettisti di hardware, meccanica dei dispositivi, sviluppatori software, gestori di reparti collaudo e produzione: una giornata dedicata ad esplorare ed approfondire il meglio del pensiero tecnico mondiale. Dove: Bristol, UK, Holiday Inn Quando: 12-14 maggio 2015 MICROCHIP’S MASTERS CONFERENCE Microchip’s MASTERs Conference è divenuta il punto di riferimento per I progettisti embedded. Le varie edizioni sono dislocate in 6 paesi e prevedono sessioni di training, workshop e corsi per tutti i livelli. Gli argomenti trattati vanno dal motor control, power supply design, lighting control, communication protocols (USB e TCP/IP), programmazione C, display grafici e tecnologia touchsens, progettazione di sistemi analogici. Dove: Phoenix, Arizona Quando: 19-22 agosto 2015 IBC 2015 L’evento annuale dedicato ai professionisti della creazione, gestione e divulgazione dell’entertainment a livello mondiale. Vengono presentate le nuove tecnologie dell’industria elettronica attraverso numerose conferenze a cui prendono parte leader mondiali dell’industria elettronica. Dove: Amsterdam Quando: 10-14 settembre 2015 ILLUMINOTRONICA 2015 Human Centric Lighting Technologies Un riferimento unico in Italia che si propone, di identificare tecnologie, soluzioni e sistemi intelligenti nella illuminazione a LED e nella domotica per il benessere e la sicurezza dell’individuo. Dove: Padova Quando: 8-10 Ottobre 2015 DIRETTORE RESPONSABILE Ufficio Abbonamenti Maurizio Del Corso INWARE srl Via Giotto, 7 DIRETTORE TECNICO 20032 Cormano (MI) Roberto Armani Per informazioni, sottoscrizione o rinnovo dell’abbonamento: DIRETTORE MARKETING [email protected] Antonio Cirella Tel. 02.66504794 Fax 02. 42101817 Art Director Mara Florian Hanno collaborato in questo numero: Giorgio Grimaldi, Jeff Gruetter, Francesco L’ufficio abbonamenti è disponibile telefonicamente dal lunedì al venerdì dalle 14,30 alle 17,30. Tel. 02. 66504794 Fax 02. 42101817 Autorizzazione Pentella, Mario Rotigni, alla pubblicazione Gaspare Santaera, Julius Tribunale di Milano n. 20 Sarkis, Massimo Sito, Luca del 16/01/2006 Stanzani. © Copyright Direzione Redazione Tutti i diritti di riproduzione INWARE srl o di traduzione degli articoli Via Giotto, 7 pubblicati sono riservati. 20032 Cormano (MI) Manoscritti, disegni e fotografie Tel. 02.66504794 sono di proprietà di Inware Fax 02.42101817 Edizioni srl. [email protected] www.inwaredizioni.it Redazione: [email protected] Pubblicitá per l’Italia Agostino Simone Tel. 347 2230684 [email protected] Europe and Americas Elisabetta Rossi Tel. +39 328 3245956 [email protected] È vietata la riproduzione anche parziale degli articoli salvo espressa autorizzazione scritta dell’editore. I contenuti pubblicitari sono riportati senza responsabilità, a puro titolo informativo. 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