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INside
Firmware
FEBBRAIO/MARZO 2015
COSTRUIAMO
IL KERNEL
DI ANDROID
POWER INTEGRITY
CON FREEWARE
“CAD TOOLS”
Internet Of Things!
LA MISURA
DELLA FORZA
IN ELETTRONICA
LA RICARICA
WIRELESS
SOMMARIO
FEBBRAIO/MARZO 2015
Tips’n tricks
EDITORIALE
Power Integrity con freeware CAD Tools
Caro Tesla...
... stai tornando di moda! Molti tra voi avranno avuto occasione
di leggere qualcosa riguardo l’infinita diatriba che si scatenò, a suo
tempo, tra i sostenitori di Nikola Tesla e di Guglielmo Marconi su chi
fosse stato l’inventore della radio. Battaglia combattuta su terreno
inadatto e indubbiamente persa per i primi, nel tentativo, seppur
comprensibile, di portare un po’ di lustro oltreoceano. Non intendo
di certo entrare nel vivo di una simile polemica in quanto, se lo
facessi, questo editoriale potrebbe prolungarsi a dismisura..!
Quello che invece si evince chiaramente dall’analisi delle
personalità e degli approcci tecnici dei due Scienziati
(diversissimi...) è la percezione che questi hanno avuto sull’uso
immediato delle onde radio: mentre Marconi comprese
immediatamente l’importanza del mezzo come veicolo di
trasmissione delle informazioni, brevettandolo a Londra come
“Sistema di Telegrafia Senza Fili a Onde Elettriche”, Tesla invece,
durante i suoi esperimenti con le onde hertziane, pose grandissima
attenzione sulla possibilità di utilizzarle per trasferire energia.
Ai tempi si trattava di una pura utopia, vuoi per la limitatezza
dei mezzi tecnici e dei materiali a disposizione, vuoi per il livello
embrionale della conoscenza in materia. Ma l’idea, quella c’era,
forte e chiara. Tornando alla nostra epoca, le tecniche
di trasferimento energetico con sistemi a risonanza o ad induzione
si usano con successo da anni, in applicazioni medicali (protesi
acustiche, pacemaker etc.) e anche commerciali su oggetti di
uso comune (spazzolini elettrici, ad es.). La vera novità è invece
costituita dalla comparsa di nuovi chip dedicati, appunto, al
INside
Integrare Velocemente
un Dispositivo NFC
controllo del processo di ricarica senza fili e
destinati ai dispositivi mobili, come telefoni,
tablet o quant’altro, destinati a ridurre il
numero dei cavi e dei connettori in uso e a
semplificare ulteriormente l’uso di
dispositivi ormai irrinunciabili. In un articolo
di questo numero troverete i dettagli su
questi notevoli integrati di ultima
generazione.
Buona lettura.
Roberto Armani
Caro Microcontrollore...
ma Quanto Consumi?
L’Evoluzione della Tecnologia
in Automobile
Analog
La Misura della Forza in Elettronica
SPOTlight
La Ricarica Wireless dei Dispositivi Mobili
LT8616 per le Nuove Esigenze
in Campo Automotive
Rutronik24: l’E-Commerce
dal Volto Umano
“Disruptive Week Milan 2015”:
Internet Of Things, People and Robots
Tools
Costruiamo il Kernel di Android
News
Events
TIPS’N TRICKS
Power Integrity con
freeware “CAD tools”
di Mario Rotigni
Per farsi un’idea delle prestazioni
di massima del sottosistema
di alimentazione dei propri
circuiti stampati non si deve
necessariamente spendere
una fortuna. Bisogna però mettere
in conto alcune limitazioni
e problemi..
R
ichiamiamo brevemente la problematica Power Integrity, rimandando
il lettore interessato ad approfondire alla
serie di articoli richiamata in riferimento
1 ed alla biografia ivi citata. Le richieste
relative alle prestazioni del sistema di alimentazione di una moderna applicazione
digitale o mista analogico/digitale (Power
Distribution Network, PDN nel seguito) si
sono fatte più stringenti che in passato.
A questo concorrono principalmente le
caratteristiche dei circuiti integrati moderni, ma anche esigenze di affidabilità e
costo. Le conseguenze di eccessive fluttuazioni nelle tensioni di alimentazione
locali ad un circuito integrato, particolarmente CMOS, sono molteplici. Possiamo
citare la generazione e propagazione di
rumore elettrico nel sistema, le violazioni delle temporizzazioni, incertezze nelle
commutazioni (jitter), rischio di emissioni elettromagnetiche abbastanza elevate
da far fallire le prove di compatibilità (ed
impedire l’ottenimento delle certificazio-
Figura 1: Comportamento in frequenza di una rete di disaccoppiamento con regolatore
di tensione (semplificata)
ni indispensabili alla commercializzazione del prodotto) ed infine la riduzione
dell’affidabilità, nel tempo, del prodotto
stesso. Osserviamo di conseguenza la
crescita dell’importanza delle tecniche di
Power Integrity e la loro applicazione in
ambiti sempre più ampi. Naturalmente, le
applicazioni embedded a singolo microcontrollore avranno esigenze ben diverse
da quelle di una scheda madre di un ser-
PRODUCT NEWS
Collegamento a qualsiasi
sensore di temperatura.
Massima precisione di misura.
Circuito integrato universale linearizza sensori di temperatura
con precisione 0,1°C
Per ulteriori info: www.linear.com/product/LTC2983
Misurazione
della
temperatura
digitalizzata
in °C
Termocoppia
RTD
Typical Application
Thermocouple Measurement with Automatic Cold Junction Compensation
Typical Temperature Error
2.85V TO 5.25V
1k
0.1µF
1k
RSENSE
2k
0.4
0.3
24-BIT
∆∑ ADC
0.2
LINEARIZATION/
FAULT DETECTION
24-BIT
∆∑ ADC
SPI
INTERFACE
–0.3
–0.4
4 3
2
0
–0.1
–0.2
°C/°F
THERMISTOR
THERMOCOUPLE
0.1
–0.5
–200 0
PT-100
RTD
Termistore
Diodo
0.5
LTC2983
ERROR (°C)
3904 DIODE
Sistema di misura della temperatura multicanale dotato di connessioni
dirette ai sensori e uscita digitale linearizzata in °C
RTD
L’LTC®2983 è un sistema di misura digitale della temperatura ad alta precisione che integra tutti i componenti necessari per eccitare,
tarare, misurare e digitalizzare diodi, termistori, termocoppie e RTD. Un’interfaccia SPI fornisce la lettura della temperatura in °C e
la configurazione facile di numerose pratiche funzioni, tra cui la compensazione automatica a giunzione fredda, coefficienti di
linearizzazione, rilevamento di guasti e due sorgenti di corrente di eccitazione con compensazione automatica dei disallineamenti,
inversione di corrente e intervallo di corrente.
200 400 600 800 1000 1200 1400
TEMPERATURE (°C)
2983 TA01b
24-BIT
∆∑ ADC
1
VREF (10ppm/°C)
2983 TA01a
Riepilogo delle caratteristiche: LTC2983
• Digitalizza direttamente RTD, termocoppie,
termistori e diodi
• Alimentazione singola da 2,85V a 5,25V
• 20 ingressi flessibili supportano più tipi di sensori
• Compensazione automatica del giunto freddo
fredda della termocoppia
• Coefficienti standard e programmabili dall’utente per
la linearizzazione di termocoppie, RTD e termistori
• Configurazioni RTD configurabili a 2, 3 e 4 cavi
• Misura tensioni negative delle termocoppie senza
alimentazione negativa
• Rilevamento automatico di bruciatura, cortocircuito
e guasto
• Ingressi con buffer consentono la protezione esterna
e l’interfacciamento diretto con sensori resistivi
• Reiezione simultanea a 50Hz/60Hz
• Include riferimento di 10ppm/°C (max)
• Package LQFP a 48 conduttori, 7 x 7mm
Caratteristiche
• 0,1°C di precisione e 0,001°C di
risoluzione
• 20 ingressi flessibili consentono lo
scambio dei sensori senza necessità
di modifiche hardware
• Misurazione di sensori con riferimento
a terra
• Gli ingressi con buffer consentono la
protezione esterna e il filtraggio
senza errori di droop
• Include riferimento da 10ppm/°C, reti
di commutazione, sorgenti di corrente,
tre convertitori analogico-digitali ∆∑
a 24 bit, RAM, ROM, e circuiti di
linearizzazione di sensori
• Coefficienti standard o programmabili
integrati
• Reiezione simultanea 50/60Hz
• Rilevamento automatico di bruciatura,
cortocircuito e guasto
Linear Technology Italy Srl +39-039-5965080
LTC2983 – Contributo di errore
Info e campioni gratuiti
www.linear.com/product/LTC2983
Tel.: +39-039-596 50 80
Fax: +39-039-596 50 90
0,5
0,4
0,3
TERMISTORE
0,2
ERRORE (°C)
Il circuito integrato ad alte prestazioni per la
misura digitale della temperatura LTC2983
di Linear Technology digitalizza direttamente
RTD, termocoppie e diodi esterni con
precisione di 0,1°C e risoluzione di 0,001°C.
Un front end analogico a prestazioni elevate
combina convertitori analogico-digitali con buffer, basso
rumore e basso offset con i necessari circuiti di eccitazione
e controllo per ciascun sensore. Le misure sono eseguite
sotto il controllo di un sistema digitale che combina tutti
gli algoritmi e la linearizzazione richiesta per ciascuno.
L’LTC2983 fornisce un’interfaccia multiplexata ad alta
precisione virtualmente per ogni sensore. Misura con
precisione segnali assoluti a livello di microvolt provenienti
da termocoppie ed esegue misure della resistenza
raziometrica di RTD e termistori, linearizza i risultati e
li fornisce in °C o °F. Sono disponibili fino a 20 ingressi
analogici e le misure digitalizzate possono essere fornite
in gradi centigradi o Fahrenheit. L’interfaccia SPI funziona
virtualmente con qualsiasi sistema digitale e un sistema
di supporto software completo con menu a tendina che
consentono la facile personalizzazione del dispositivo.
L’LTC2983, semplice ma ricco di funzionalità, si
interfaccia con una vasta serie di sensori di temperatura,
inclusi termocoppie tipo B, E, J, K, N, S, R, T, RTD a 2, 3 o
4 cavi, termistori da 2,25kΩ a 30kΩ e diodi di rilevamento
della temperatura. L’LTC2983 funziona con sensori
con riferimento a terra senza bisogno di amplificatori,
alimentatori negativi o circuiti di commutazione del
livello. I segnali vengono digitalizzati simultaneamente
con tre convertitori analogico-digitali ∆∑ a 24 bit ad
alta precisione utilizzando un riferimento interno da
10ppm/°C. La compensazione automatica a giunzione
fredda della termocoppia può essere eseguita utilizzando
qualsiasi tipo di sensore esterno. Il chip include algoritmi di
linearizzazione per tutti i più comuni tipi di sensore. I sensori
personalizzati possono essere linearizzati con coefficienti
specifici programmati sul chip. Le due sorgenti di corrente
di eccitazione programmabili presentano l’inversione
della corrente e un intervallo di corrente per migliorare
la precisione e ridurre il rumore. Per garantire che le
misure resistive siano accurate, l’inversione della corrente
elimina gli effetti della termocoppia nel sensore resistivo.
Il rilevamento guasti specifico del sensore avvisa l’utente
in caso di cortocircuiti, circuiti aperti, sovratemperatura,
sottotemperatura e l’overrange del convertitore analogico/
digitale.
Disponibile sia nella versione commerciale che in
quella industriale, l’LTC2983 supporta rispettivamente
temperature operative da 0°C a 70°C e da -40°C a 85°C.
Attualmente l’LTC2983 è offerto in un package LQFP-48 di
7 x 7mm conforme allo standard RoHS.
TERMOCOPPIA
0,1
0
-0,1
DIODO 3904
-0,2
-0,3
RTD
-0,4
-0,5
-200
video.linear.com/5174
0
200 400 600 800 1000 1200 1400
TEMPERATURA (°C)
, LT, LTC, LTM, Linear Technology e il logo Linear sono marchi
registrati di Linear Technology Corporation. Tutti gli altri marchi
sono di proprietà dei rispettivi titolari.
Distributori
Arrow Electronics
Farnell
Digi-Key
+39-02-661251
+39-02-93995200
800.786.310
TIPS’N
TRICKS
SKILLS
ver per applicazioni di rete. Le tecniche e
gli strumenti disponibili vanno quindi dosati e proporzionati adeguatamente alla
fascia di complessità, al costo sostenibile e al livello di affidabilità desiderato.
La cassetta degli attrezzi Power Integrity
comprende sostanzialmente il regolatore di tensione, la distribuzione di massa
e alimentazione sul circuito stampato
ed i condensatori di disaccoppiamento
e filtraggio. Nulla di nuovo, si potrebbe
dire. In realtà il primo elemento caratterizzante il paradigma Power Integrity sta
nel considerare tutti questi componenti insieme, con i loro effetti del secondo
ordine quali le antirisonanze, cooperan-
ti a costituire un sistema, la PDN appunto. In particolare, viene sottolineata
la necessità di pensare il pcb come un
componente avente funzioni fondamentali nel garantire la qualità di segnali ed
alimentazioni, piuttosto che come ad
un mero supporto alle connessioni tra i
componenti attivi e passivi della scheda.
Avere una alimentazione stabile di elevata qualità, poco rumorosa e capace di
erogare picchi di corrente quando richiesto, senza uscire dai limiti di specifica
non è certo una esigenza nuova. Questo
è da sempre il primo requisito di ogni
progetto elettronico, si tratti di un circuito integrato, una scheda o un sistema. Le
Figura 2: Impedenza totale (rosso) risultante dal parallelo di un condensatore ceramico
da 47 nF (verde) ed uno da 2,2 uF (blu).
caratteristiche dei circuiti logici apparsi
negli ultimi anni rendono però qualità e
prestazioni del sistema di alimentazione particolarmente critici e bisognosi di
un’attenta progettazione. Le tensioni di
alimentazione sono andate gradualmente riducendosi per limitare la potenza
dissipata e rispettare le caratteristiche
elettriche di strutture integrate sempre
più piccole. Siamo quindi passati in pochi anni dai classici 5 V ad 1,2 V ed ormai
anche a tensioni inferiori al Volt. Le tolleranze ammesse sono spesso passate
dal tradizionale +/- 10 % a +/- 5 %, parallelamente con un sensibile aumento
delle correnti assorbite e delle frequenze di commutazione, quindi della banda
passante richiesta al sistema di alimentazione. Il margine di tensione si e` cosi
ridotto da 500 mV a 50 mV. La maggiore
criticità del margine disponibile impone
tecniche di progettazione e verifica prima della costruzione dei prototipi più
attente e sofisticate che in passato, in
particolare coinvolgendo programmi di
simulazione (CAD).
Tali verifiche richiedono l’uso di programmi sofisticati e costosi, come indicato nell’articolo in riferimento 1. Molte
piccole e medie aziende hanno difficoltà ad avere accesso a tali programmi,
la cui disponibilità è spesso limitata anche in grandi aziende. Pur in presenza
di varie forme di flessibilità da parte dei
fornitori di CAD, il progettista hardware
difficilmente ha modo di usare simulazio-
ni della propria PDN. Certamente senza
pretendere lo stesso livello di precisione
ed accuratezza, l’uso di alcuni programmi freeware può consentire una serie di
analisi “what if” utili quanto meno ad uno
sgrossamento della problematica di progettazione e di confronto tra soluzioni
diverse. Tipicamente c’è un prezzo “non
monetario” da pagare, consistente nella
limitazione dello stesso strumento a disposizione, in termini di dimensioni del
progetto analizzabile, nella performance
di simulazione, nel tempo necessario alla
predisposizione dell’ambiente di simulazione stesso e nel rischio di introdurre
errori dovuti all’intervento manuale, dove
invece gli strumenti commerciali lavorano in modo automatico. Abbiamo già
dettagliatamente descritto in un articolo
precedente uno di questi programmi, il
PDN_Tool di ALTERA, vedi riferimento 2.
Il PDN_Tool consente di ridimensionare
la rete di condensatori di filtro ed analizzarne il comportamento in frequenza. Richiamiamo brevemente l’attenzione sulla
risposta in frequenza di una rete capacitiva, un esempio semplificato è visibile in figura 1. In pratica si determina un
picco di impedenza dovuto a risonanze
parallele (anti risonanza), ad ogni passaggio da un comportamento positivo ad
un comportamento induttivo, corrispondente all’incrocio delle differenti risposte in frequenza degli elementi costitutivi
della rete in esame. La figura 2 illustra
graficamente tale fenomeno. Il PDN_Tool
TIPS’N
TRICKS
SKILLS
Figura 3: Discretizzazione pcb (sorgente vedi Riferimento 3)
consente di costruire tali curve di risposta ed ottimizzarne il comportamento,
almeno a frequenze medie e basse, riducendo al minimo i picchi e mantenendo
l’intero profilo al di sotto di un valore limite desiderato (“target impedance”). Il
PDN_Tool è basato su un foglio di calcolo Excel; risultati analoghi sono ottenibili, con un po’ di fatica aggiuntiva, attraverso i vari programmi SPICE, anche
freeware, disponibili in rete, quali LT-SPICE. Un livello di sofisticazione superiore,
sempre utilizzando tecnologie SPICE, si
può ottenere discretizzando i piani di alimentazione e massa in un certo numero
di celle elementari rappresentate da un
circuito equivalente RLC (vedi riferimento 3 e figura 3). Il modello costruito
come somma delle celle elementari è poi
simulato in SPICE per estrarre il profilo di
impedenza come già visto in figura uno e
due. Le semplici formule per determinare i parametri RLC delle celle elementari
sono presentate, tra l’altro, nel libro indicato in riferimento 4. È del tutto evidente
come il tempo richiesto alla preparazione della simulazione sia ben diverso in
questo caso, rispetto agli strumenti commerciali che importano la descrizione del
circuito stampato direttamente dai file di
progetto, sostanzialmente senza alcun
intervento manuale.
Per analisi più sofisticate occorre passare a tecniche di simulazione diverse,
simulatori elettromagnetici in grado di
risolvere strutture a due dimensioni e a
tre dimensioni, calcolando i parametri
elettrici distribuiti sulle superfici o nello
spazio. I simulatori a due dimensioni (2D)
lavorano su strutture fisiche aventi sezio-
TIPS’N
TRICKS
SKILLS
Figura 4: Stripline su pcb, tipica struttura risolvibile, in prima approssimazione, con un simulatore elettromagnetico 2D (sorgente: Internet).
ni costanti e lunghezza teoricamente infinita, quanto meno molto grande rispetto
alle altre dimensioni. Un esempio classico, visibile in figura 4, è costituito dalla
stripline su circuito stampato. La distribuzione delle correnti e di conseguenza
della caduta di tensione su un moderno
circuito stampato possono essere critiche, in particolare quando si raggiungono alte densità di corrente in zone ristrette del circuito stampato. Questi colli
di bottiglia nella distribuzione dell’alimentazione possono costituire un punto
debole dell’applicazione e generare nel
tempo problemi di affidabilità. L’identificazione dei “punti caldi” può essere realizzata a attraverso l’uso di simulatori 2D,
come nel caso del pacchetto freeware
FEMM (vedi riferimento 5). Il FEMM (Finite Element Method Magnetics, il nome
richiama il procedimento matematico
utilizzato) è un simulatore sviluppato per
risolvere problemi magnetici ed elettrostatici su geometria planare. Il programma gira su ambienti Windows e Linux
utilizzando Wine. Il pacchetto è composto da un’interfaccia grafica, dal generatore di mesh e da vari calcolatori. L’o-
perazione di mesh, letteralmente maglia
o griglia, consiste nella scomposizione
della superficie da analizzare in porzioni
elementari nei quali si possa considerare
costante la grandezza da calcolare. Per
analizzare la caduta di tensione e la distribuzione di corrente sui piani del circuito stampato si può importare un disegno
in formato DXF (AutoCAD compatibile),
comprendente la sagoma dei piani di alimentazione, di massa e tutte le vie. Il file
DXF può richiedere un po’ di lavorazione
prima di essere importato, semplificando
i profili dei piani e convertendo le curve
in linee a 45°. Con una certa perdita di
precisione, questo consente di semplificare la geometria da simulare, evitando
dettagli troppo minuti che potrebbero far
esplodere il tempo di simulazione e l’occupazione di memoria e disco. Il lavoro
di preparazione non finisce con l’importazione della descrizione meccanica, ma
va completato con la definizione dei parametri elettrici dei conduttori e dei materiali isolanti. Il FEMM non importa i nomi
dei segnali e quindi la verifica dell’oggetto sottoposto a simulazione va fatta in
modo manuale, per confronto con il file
di progetto originale del circuito stampato. Il risultato ottenibile è simile a quanto
presentato in figura 5.
Un altro interessante freeware è il pacchetto MEFiSTo di Faustus Scientific
Corporation. MEFiSTo è l’abbreviazione di “Multi-purpose Electromagnetic
Field Simulation Tool”. Anche in questo
caso siamo in presenza di un simulatore
2D, in grado di risolvere problemi in cui
i parametri calcolati dipendono da una
o due dimensione spaziali e dal tempo.
La classe di applicazioni è piuttosto ampia, comprendendo anche guide d’onda
rettangolari e tutti quei problemi 3D che
si possono ridurre o approssimare con
modelli 2D. La documentazione fornita con il programma presenta un’ampia
selezione di casi trattabili. Il pacchetto è utilizzabile per disegnare i piani di
massa e alimentazione del PCB, definire
una sorgente di eccitazione ad esem-
TIPS’N
TRICKS
SKILLS
pio sinusoidale, sceglierne la posizione
e simulare la propagazione delle onde
stazionarie eventualmente createsi, studiando quindi i fenomeni di risonanza
connessi alla cavità creata dai piani affacciati. La documentazione fornita con
il programma si rivela molto interessante. Dopo l’installazione si troverà nella
directory HelpDoc/PDF il manuale d’uso,
un tutorial ed un e-Book che costituisce
una chiara introduzione alla simulazione
2D. L’acquisizione di questa documen-
tazione è di per sé una ragione sufficiente a giustificare l’installazione del pacchetto. Vengono chiaramente descritti
la teoria alla base del pacchetto (TLM,
Transmission Line Modeling Method), la
definizione delle condizioni al contorno,
gli errori e la loro gestione. Il MEFiSTo è
nato come supporto didattico per corsi
universitari. Il suo uso è molto facilitato
dall’avere un’interfaccia standard Windows, consentendo così al nuovo utente
di lavorare in un ambiente familiare.
Un’interessante alternativa ai programmi
freeware può essere costituita dalle versioni demo o “lite” di programmi commerciali. Generalmente questi hanno qualche
limitazione, anche significativa, rispetto ai
pacchetti commerciali, essendo limitati nel
tempo di utilizzo oppure nella complessità
degli oggetti simulati. Il grande vantaggio
è la possibilità di valutare di persona, su
un proprio progetto, il pacchetto scelto,
decidendo solo in seguito se acquistare
il pacchetto commerciale in una delle sue
versioni, oppure valutare un altro prodotto. Un esempio è rappresentato da Sonnet
Lite, entry level di una suite di pacchetti di
simulazione 3D con performance e costo
crescenti, vedi riferimento sei. Sonnet Lite
non ha limitazioni temporali ma limitazione
della memoria usabile, nella complessità
dell’oggetto simulato, nel numero di punti
di osservazione. Il pacchetto si rivela utile
nella simulazione di strutture di alimentazione di PCB, stripline, microstrip, cavità
risonanti e antenne.
Riferimento 1: Power Integrity, rivista Firmware n. 57 e 58, 2010
Riferimento 2: Tips&Tricks Strumenti CAD per
Power Integrity rivista Firmware n. 97, Febbraio 2014
Riferimento 3: “Equivalent Circuit Modeling
of Multilayered Power/Ground Planes for Fast
Transient Simulation” di T.Watanabe, H. Asai,
DATE2010, reperibile in internet.
Riferimento 4: S. Caniggia, F. Maradei, Signal
Integrity and Radiated Emission of High-Speed
Digital Systems , John Wiley & Sons Ltd
Riferimento 5: link FEMM: http://www.femm.
info/wiki/download
Riferimento 6: link Sonnet: http://www.sonnetsoftware.com/
Riferimento 7: link MEFiSTo http://www.faustcorp.com/
Figura 5: Distribuzione di tensione sul piano di alimentazione di un circuito stampato (sorgente: Internet).
INSIDE
Integrare Velocemente
un Dispositivo NFC
di Luca Stanzani
In questo articolo, dopo una breve
introduzione al sistema NFC,
affronteremo il problema di come
integrare con uno sforzo minimo
questa tecnologia all’interno di un
dispositivo che si sta progettando.
M
olti di voi già sapranno cos’è la tecnologia NFC, ma per chi ancora non
lo sapesse è utile fare un preambolo, non
troppo tecnico, per comprendere meglio
quali sono le caratteristiche e i recenti
sviluppi di questa tecnologia, oggi diffusamente abbinata a prodotti come tablet
e smartphone.
Figura 1: Architettura NFiC.
CENNI SULL’NFC
Nel 2004 Philips, Nokia e Sony fondano
un consorzio per promuovere e stabilire
gli standard della tecnologia NFC (Near
Field Communication). Oggi questo consorzio conta oltre 150 membri.
La tecnologia NFC, può essere vista
come evoluzione della tecnologia RFID
(identificazione a radiofrequenza, Radio
Frequency IDentification) .
Il principio di funzionamento è semplice: si sfrutta la comunicazione radio (sul
canale a 13,56MHz) tra due dispositivi: il
lettore, che genera un campo elettromagnetico ed il Tag, che eccitato da questo
campo elettromagnetico, si attiva ed in-
INSIDE
via al lettore le informazioni in esso contenute.
In realtà il discorso è un po’ più complicato. Esistono tag (che prendono anche
il nome di trasponder) diversi tra loro e
essenzialmente si distinguono in due categorie: attivi e passivi.
Per i tag passivi la complessità realizzativa è relativamente bassa: sono costituiti da un chip, contenente le informazioni; un substrato che funge da supporto;
un’antenna, che ha la duplice funzionalità di alimentare il chip mediante il campo
magnetico generato dal lettore, e fungere da antenna per lo scambio di informazioni. Chiaramente, a causa della bassa
tensione di alimentazione non si ha la
potenza necessaria a trasmettere su distanze elevate.
Quindi, il limite è di qualche decina di
centimetri.
I tag attivi, invece, sono più complessi:
oltre al chip e all’antenna hanno anche
un modulo di alimentazione che permette al dispositivo di trasmettere fino ad
una distanza maggiore.
La tecnologia NFC quindi permette una
connettività wireless bidirezionale a corto raggio (indicativamente fino ad un
massimo di 10 cm).
Quando due apparecchi NFC (l’Initiator
e il Target) vengono accostati entro un
raggio di 4 cm, viene creata una rete peer-to-peer tra i due ed entrambi possono
inviare e ricevere informazioni.
L’ambito d’utilizzo più promettente per
la tecnologia NFC è quello dei pagamenti da cellulare, non a caso ormai tutti gli
smartphone di fascia alta contengono un
lettore NFC.
Ma i suoi campi d’impiego sono numerosi: si possono, ad esempio, scaricare
dal PC, direttamente su un terminale mobile, prenotazioni alberghiere, ingressi a
cinema, teatri, stadi, viaggi in treno o aereo, eccetera, per poi accedere ai relativi
servizi avvicinando il proprio terminale ai
chioschi elettronici in loco.
Dai “chioschi” si potranno anche scaricare (e pagare) giochi, file MP3, video o
software. Una delle applicazioni più recenti e promettenti relativamente alla
tecnologia NFC è il pagamento “contactless” con i tag NFC integrati nelle carte
di credito.
OBBIETTIVO NFC
Proprio in relazione a quanto detto in precedenza relativamente al rapido sviluppo
e diffusione della tecnologia NFC, esiste
una opportunità, per chi realizza prodotti o dispositivi elettronici, di cavalcare
l’onda dell’NFC e integrare all’interno dei
loro design un metodo di comunicazione
wireless verso gli smartphone.
Per integrare in un dispositivo la tecnologia NFC, attualmente le soluzioni più
diffuse sono quella di inserire un tag nel
sistema o addirittura inserire un lettore
NFC completo; ma entrambe le soluzioni servono semplicemente allo scambio
ebook
INSIDE
Figura 2: Schema a blocchi del dispositivo NFiC AS3953.
del contenuto di un pezzo di memoria.
Se quello che si vuole fare è una comunicazione con uno scambio dati bidirezionale, allora siamo lontani dall’obbiettivo.
Per ottenere queste funzionalità necessariamente gli sforzi aumentano ed è necessario scrivere del codice che consenta di ottenere tutto ciò.
Tutto questo comporta un costo in termini di tempo di sviluppo; per questo in alcuni casi una soluzione rapida, già pronta e affidabile, è preferita.
COME L’NFC È IMPLEMENTATO OGGI
Proprio come un collegamento dati, un
canale NFC può essere progettato per
comunicare in due modalità.
La prima è una comunicazione passiva,
dove il dispositivo initiator (il lettore)
fornisce il campo radio e il dispositivo
target (il tag) risponde modulando questo campo.
Il lettore a questo punto legge le informazioni che il tag racchiude nella sua
memoria interna. Questo tipo di comunicazione è sufficiente per applicazioni
dove l’intento e fare un’autenticazione o
un’identificazione.
Il secondo tipo di comunicazione è una
comunicazione attiva, una completa comunicazione bidirezionale, in cui due dispositivi NFC si scambiano dati su un
link half-duplex. Questo tipo di comunicazione può essere utilizzato ad esem-
pio per scambiarsi file, informazioni di
contatto, foto, etc.
In questo caso la comunicazione dati è
più versatile rispetto alla connessione ad
un tag passivo, espandendo la possibilità di applicazione. Questo però comporta
anche l’implementazione di un complesso
stack di protocollo NFC da entrambi i lati
del link NFC e la necessità che entrambi
gli hardware siano dei lettori NFC.
Questo significa, per chi vuole implementare tutto ciò, un costo supplementare,
non solo di materiali, ma anche in termini
di potenza, spazio e sforzi progettuali.
Un lettore richiede la realizzazione di un
antenna più complessa rispetto ad un
tag. Per realizzare un lettore NFC servono esperti in radiofrequenza e in EMC,
nonché un tempo di sviluppo lungo. In
aggiunta si deve considerare che il progetto di un lettore NFC non può essere
autoalimentato da una sorgente “rinnovabile” perché l’antenna richiede un assorbimento di circa 200-300 mA quando
trasmette il campo radio.
Questo significa assorbire una considerevole quantità di energia dalla sorgente
di alimentazione primaria (per esempio
una batteria) o addirittura la necessità di
avere una batteria dedicata.
Questo spiega perché in dispositivi a
basso costo, gadget o sensori una comunicazione attiva non viene implementata
quasi mai, ma ci si limita alle applicazioni
che consentono il semplice inserimento
di un tag passivo.
LA SOLUZIONE NFIC
Se si vuole realizzare una comunicazione
bidirezionale , come detto in precedenza, serve molto di più di un singolo tag
conforme alla ISO 14443A. Una possibile
soluzione è l’architettura NFiC, un acronico creato dalle parole “NFC interface
IC”, prodotto dalla azienda Ams.
Lo schema semplificato di figura 1 mostra come l’architettura NFiC si inserisce
nell’architettura di un sistema . Il suo progetto del circuito RF è molto simile a quello di un tag passivo e fa uso di un’antenna
piccola e semplice; ma la cosa ancora più
importante è che consente un interfaccia
NFC wireless, low-cost e bidirezionale controllata da un microcontrollore e completamente alimentata da energia rinnovabile.
Vediamo in dettaglio quali sono le caratteristiche salienti di questa architettura:
- L’NFiC può essere usato per uno scambio dati bidirezionale
- Il circuito RF è facile da progettare
- L’NFiC non si “nutre” dell’alimentazione
del sistema ma di “energia recuperata”
con la quale può alimentare anche la
MCU che la controlla.
- L’interfaccia tra la MCU e l’NFiC arriva
fino ad un data-rate di 848 Kbps.
- Poiche l’NFiC appare come un tag agli
occhi della MCU, il suo stack di protocollo è solo una sottoparte dello stack
completo richiesto fra due reader NFC.
- Come un tag, un dispositivo NFiC può
essere certificato più agevolmente di
un reader NFC.
INSIDE
Un’implementazione
dell’architettura
NFiC risiede nel chip AS3953 della ams e
permette a qualsiasi dispositivo o gadget
dotato di microcontrollore di offrire una
comunicazione bidirezionale NFC. Uno
schema a blocchi del dispositivo AS3953
è mostrato in figura 2.
Questo IC fornisce un front-end RF con
un data framing integrato conforme alla
ISO 14443, mentre dal lato MCU offre un
interfaccia SPI. In aggiunta dispone di u
sistema di energy-harvesting e di gestione dell’alimentazione che lo rendono unico. A bordo ha anche una EEPROM, utilizzabile per memorizzare dei dati o per
fornire un pattern di wake-up passivo.
Il chip è stato progettato per creare un
link veloce tra un dispositivo “reader
compliant” con lo standard ISO14443A
(PCD) e un microcontrollore.
Figura 3: Demo Kit NFiC per AS3953.
L’AS3953 viene passivamente alimentato
grazie al campo magnetico generato dal
dispositivo PCD e quindi non richiede un
alimentazione esterna continuativa. Ai terminali LC1 e LC2 del dispositivo va collegata l’antenna e va progettata come se si
stesse utilizzando un tag passivo (PICC).
Poiché è completamente compatibile
con lo standard ISO 14443, richiede un
protocollo NFC ridotto e può essere integrato con un minimo sforzo rispetto ad
un lettore NFC completo.
Dopo una fase iniziale di comunicazione
dove viene superato il protocollo anticollisione previsto dallo standard, il PCD invia un comando di wake-up che sveglia il
microcontrollore attraverso un interrupt.
A questo punto l’AS3953 funziona come
collegamento dati tra il microcontrollore e il PCD. Come detto in precedenza
l’AS3953 integra una EEPROM e questo
aspetto lo rende ideale in applicazioni
dove il PCD deve salvare dei dati, anche
se il lato SPI non è alimentato, e successivamente letto dal microcontrollore.
Oppure un’altra applicazione potrebbe
essere quella dove il microcontrollore
periodicamente esegue il log di dati in
EEPROM, chip che il PCD potrà leggere
successivamente anche quando il microcontrollore non è alimentato.
Una tensione di alimentazione regolata
è disponibile all’esterno dell’IC su di un
pin e può essere utilizzata per alimentare
ulteriore circuiteria, come per esempio il
microcontrollore stesso o un sensore.
APPLICAZIONI POSSIBILI
STRUMENTI DI SVILUPPO
Le applicazioni possibili per l’architettura
NFiC ricalcano un po’ quelle che sono attualmente i segmenti di mercato in cui la tecnica
NFC sta prendendo piede, che sono:
- Smart card interattive e smart card con
display
- Etichette di scaffale elettroniche per il
settore della grande distribuzione
- Dispositivi medici
-
Dispositivi per il collegamento sicuro
per il bluethooth o Wifi
- Elettronica di consumo
- Programmazione passiva dei dispositivi,
personalizzazione e attivazione (per settaggi regionali o durante la produzione).
Per chi volesse iniziare a sviluppare con
l‘AS3953, Ams mette a disposizione un
demo kit, le misure disponibili sono 3 e
sono mostrate in figura 3. Il costo è di
20$ ed è abbastanza esiguo.
AS3953
home
page:
http://ams.com/eng/
AS3953
AMS home page: http://ams.com/eng
mouser
INSIDE
Caro Microcontrollore…
ma Quanto Consumi?
di Massimo Sito
Spesso le specifiche tecniche
relative alle prestazioni
di un prodotto vengono espresse
nelle condizioni di funzionamento
(e di misura) ottimali, nell’intento
di metterlo in evidenza ed in
posizioni di (apparente..) superiorità
rispetto ai concorrenti.
Un documento comparativo
di TI, volto a confrontare i micro
della famiglia MSP430 con quelli
a tecnologia XLP di Microchip,
ha provocato la comprensibile
reazione di quest’ultima: nell’articolo
leggiamo gli interessanti esiti
del confronto, molto diretto e senza
esclusione di colpi!
I
n un documento messo online (vedi riferimento 1) Texas Instruments ha confrontato i PIC24F Microchip con tecnologia
XLP caratterizzata da consumi estremamente ridotti, dell’ordine dei nW, con i
propri dispositivi MSP430 con Ultra Low
Power.
La documentazione TI fa riferimento a otto
parametri specifici importanti nelle applicazioni di consumo estremamente ridotto,
e in questa si sostiene la superiorità della
propria tecnologia rispetto a quella denominata “XLP” di Microchip. Quest’ultima,
nell’articolo pubblicato a distanza di qualche mese (vedi riferimento 2) considera
ciascuno degli otto elementi ai quali TI si
riferisce, rivela i punti discutibili nel documento originale di TI e presenta, alla fine,
dei dati ben diversi.
Nello specifico, il documento si riferisce
ad una prova di laboratorio dove si considerano dei test in cui vengono confrontati un dispositivo MSP 430F2619 – 120
KB, un dispositivo MSP 430 F2011 – 1KB
Figura 1: Curve di scarica delle batterie
Flash e un PIC 24F16KA102 – 16KB Flash, posti in modalità di funzionamento
a basso consumo e in cui si usa, come
alimentazione, una batteria a bottone del
tipo CR2032 da 3 V: il funzionamento a
basso consumo prevede, per tutti i dispositivi, lo Sleep Mode con Watchdog
Timer e il Brown Out Reset abilitati. I risultati di provenienza Texas Instruments
sono riportati nella tabella 1. Relativamente ad essi, si afferma che il funzionamento in standby è molto importante
e i dispositivi hanno una fase di wake-up
ogni pochi secondi.
INSIDE
TABELLA 1: Assorbimenti in Modalità LOW POWER
Dispositivo
Consumo di corrente
Modalità di funzionamento
MSP430F2619 - 120 KB Flash 0.4-0.5 μA @ standby
WDT,BOR abilitati, Self wake –up, RAM mantenuta
MSP430F2011 – 1KB
WDT,BOR abilitati, Self wake –up, RAM mantenuta
Flash
0.3-0.4 μA @ standby
PIC24F16KA102 – 16KB Flash 0.8 μA
@ standby
La prova di laboratorio fa riferimento ai
dati considerati per concludere che il
PIC XLP consuma così due volte di più
rispetto alla famiglia MSP430F2xx; l’articolo considera quindi otto affermazioni
della TI che, riferendosi ad altri modelli
della famiglia MSP430F2xx e alla famiglia PIC24F, vogliono sostenere conclusioni similari.
AFFERMAZIONE 1:
“TUTTI I DISPOSITIVI MSP430 MCU
SONO RAGIONEVOLMENTE A BASSO
CONSUMO”
Dati reali riportati non supportano questa tesi. Ci sono parecchi MSP430 MCU,
come ad esempio gli MSP430F2252, che
assorbono 100 nA in modalità Sleep. Ci
sono anche dispositivi come quelli della
famiglia MSP430F553X che richiedono il
1700% in più di corrente in sleep-mode,
ovvero 1690 nA.
Questo dato differisce di oltre un ordine
di grandezza rispetto all’altro, che risulta
quindi così non consistente.
La tabella 2 illustra la grande differenza
dei consumi all’interno della famiglia dei
dispositivi MSP430.
WDT,BOR abilitati, Self wake –up, RAM mantenuta
AFFERMAZIONE2:
“L’UTILIZZO CON UNA SORGENTE DI
ALIMENTAZIONE DI 1,8V NON È RILEVANTE IN APPLICAZIONI DAL CONSUMO ESTREMAMENTE RIDOTTO”
Questa è un’affermazione infondata, dal
momento che non considera un serio
dato di progetto: il funzionamento della MCU quando si riduce la tensione a
causa del progressivo esaurimento della batteria di alimentazione. Per la maggior parte delle industrie di elettonica
embedded, la tendenza nella tecnica di
consumo estremamente ridotto è quella
di far ricorso a batterie come fonte di alimentazione. Questa modalità a consumo
estremamente ridotto è divenuta così sinonimo di “alimentazione a batterie” e
questo, nelle applicazioni odierne, significa far ricorso ad sorgenti costituite da
una o due celle, ovvero o un elemento
a bottone come la CR2032, o un paio di
Alcaline AA/AAA. In entrambi i casi l’intervallo di tensioni di utilizzo scende al
di sotto dei 3,0 V. Nel caso di una batteria alcalina da 1,5 V, la tensione rimane
utilizzabile fino a 0,9 V, o 1,8 V nel caso
di due batterie. Nel caso della popolare
mikroelektronik
INSIDE
TABELLA 2: Differenza tra i diversi dispositivi
Dispositivi TI
(Dati a 3V)
MSP430F2001
MSP430F2252
MSP430F2619
MSP430F553X
Memoria
Flash &
Pins
2KB
14 pins
8-32 KB
40 pins
92-120 KB
64-80 pins
192-256 KB
80-100 pins
LPM5-Off
(nA)
LPM4 - Storage
(nA)
LPM3 + WTD
(nA)
LPM3 + RTC
(Simple Timer)
Run Mode
8 Mhz with
DCO (ma)
_
100
500
900
2.0
_
100
600
900
2.8
_
200
600
1100
4.3
100
1690
1800
2600
1.1
CR2032, il campo di tensioni utilizzabili
si estende fino a 2,5 V prima che la tensione inizi a decrescere drasticamente,
come si vede nella figura 1.
Le affermazioni TI sostengono che
l’MSP430 è specificamente progettato
per le applicazioni basate su alimentazioni a batteria.
La scelta di non considerare che tali
applicazioni devono in concreto e realisticamente comportare la possibilità di
utilizzo anche una volta che la tensione
della batteria è scesa sotto il valore nominale, significa che le applicazioni per
cui i dispositivi MSP430 sono dedicati
non sono le applicazioni basate su alimentazioni a batteria.
AFFERMAZIONE 3:
“L’MSP È IL MICROCONTROLLORE
CHE CONSUMA DI MENO AL MONDO”
La documentazione della TI sostiene che
i dispositivi MSP 430 consumano meno in
tutti i modi di funzionamento. Comunque
TI può affermare questo sostenendo che
il modo di funzionamento Deep Sleep dei
PIC24F dotati di tecnologia XLP sia tanto “pericoloso” quanto “sconveniente” e
perciò diminuendone l’importanza.
In realtà, i dispositivi MSP430 non includono un modo di funzionamento Deep
Sleep, e non è possibile togliere alimentazione alla RAM e ristabilirla (vedi AFFERMAZIONE 5: il modo di funzionamento Deep Sleep è pericoloso).
Le correnti di perdita della RAM sono una
delle cause di maggior consumo della
batteria durante lunghi periodi in cui il dispositivo ha un funzionamento ridotto; è
per questo motivo che TI cerca di screditare il modo Deep Sleep, considerandolo
pericoloso o sconveniente. Nessuna delle
due considerazioni è difendibile. Nelle situazioni reali, in cui si considerano applicazioni che prevedono un funzionamento
per molti anni tramite una sola batteria,
non si può sostenere un modo di funzionamento simile come “sconveniente”.
Inoltre la documentazione della TI sostiene
che il Deep Sleep è più che altro un modo
di funzionamento “off” perché si può utiliz-
zare togliendo alimentazione alla maggior
parte degli elementi attivi dei PIC24F.
Comunque , come si può vedere dalla tabella 3, il modo di funzionamento
Deep Sleep si può utilizzare quasi con
ogni combinazione di Brown-out Reset
(BOR), Watchdog Timer (WTD) e Real
Time Clock/Calendar (RTCC), con un
consumo inferiore ai dispositivi MSP430
in ciascuno di questi modi di funzionamento di consumo ridotto.
Sostenere che un dispositivo sia il microcontrollore con il minor consumo al mondo deve sempre comportare esclusioni,
ma escludere modalità di funzionamento
a basso consumo di un concorrente solo
perché il proprio dispositivo non li supporta, non sembra sia un modo obiettivo
di eseguire un confronto.
AFFERMAZIONE 4:
“TUTTI I MODI DI FUNZIONAMENTO
SLEEP SONO UGUALI”
Nella documentazione di TI non si fa accenno ad un modo di funzionamento
Deep Sleep, presumibilmente perché il dispositivo MSP430 non è in grado di offrire
una modalità di funzionamento a basso
consumo paragonabile. Non supportare
una caratteristica non giustifica il fatto di
ignorarla; tuttavia la TI ripetutamente evita
di riconoscere le caratteristiche più vantaggiose dei PIC24F con tecnologia XLP.
La TI, invece, sceglie di ignorare le differenze tra la modalità di funzionamento Sleep
mode e Deep Sleep mode dei PIC24F, preferendo indicare il Deep Sleep mode come
un “modo di memorizzazione” ed evitando
di riconoscerne la flessibilità.
Questo traspare ancor più nel paragone
della modalità LPM4 dei dispositivi MSP430
(Low Power Mode 4), descritto da TI come
“equivalente ad un modo di memorizzazione”, con i valori relativi al funzionamento in
modalità Sleep mode dei PIC24F.
Ironia della sorte, le prestazioni dei microcontrollori PIC® nella modalità di funzionamento Sleep mode sono per lo più
equivalenti al “modo di memorizzazione” dei dispositivi MSP430 e, se i valori
relativi alla modalità Deep Sleep mode
dei PIC24F fossero stati considerati da
TI come si sarebbe dovuto fare, i risultati sarebbero stati ancora più favorevoli a
Microchip.
TABELLA 3: Assorbimento in differenti modalità SLEEP
Memoria Flash
Famiglia di MCU (Dati a 3V)
& Pins
MSP430F2001
MSP430F2252
PIC24F16KA102
2KB
14 pins
8-32 KB
40 pins
4-16 KB
14-28 pins
Corrente
in Lowest
Sleep
Lowest Sle- Lowest Sleep con BOR ep con WDT
Lowest Sleep
con RTCC
100
100
500
900
100
100
600
900
28
36
476
676
INSIDE
funzionamento è possibile solo tramite un
evento esterno e provoca un reset del sistema. È chiaro che ricorrere ad un modo
di funzionamento così limitativo come l’LPM5 per consumare meno va fatto in modo
prudente e solo in quelle applicazioni dove
è possibile un reset del dispositivo tramite
eventi esterni, altrimenti potrebbe essere
considerato pericoloso.
AFFERMAZIONE 6:
“L’MSP430 VINCE NEGLI STUDI DI DURATA DELLA BATTERIA”
Figura 2: Durata di vita di batterie in applicazioni a microcontrollore
Il risultato finale è che il PIC24F ha dimostrato un consumo nel modo Deep Sleep
mode inferiore a quello di ogni altra modalità che i dispositivi MSP430 possano
offrire, senza rinunciare ai diversi modi
con BOR, WTD o RTCC.
AFFERMAZIONE 5:
“LA MODALITA’ DEEP SLEEP È PERICOLOSA”
La modalità di funzionamento Deep Sleep è considerata nella documentazione
della TI come “pericolosa”; afferma che è
un modo di memorizzazione dal momento che uno sleep mode richiede un wake
up, cosa che,secondo gli ingegneri della
Texas Instruments, la modalità Deep Sleep mode del PIC24F non offre.
Ciò non è esatto. Il PIC24F ha sei modi di
wake up dopo il Deep Sleep mode. Dispone di due opzioni autonome di wake-up:
- Il Deep Sleep WDT
- Il Real-Time Clock/Calendar.
Un interrupt esterno o un Master Reset,
POR, o BOR possono a loro volta essere
utilizzati come opzioni di wake-up.
È possibile che TI consideri paragonabili
la modalità Deep Sleep del PIC24F e l’LPM5 del MSP430;questo è, per sua stessa
ammissione, considerato un modo di funzionamento virtuale “off”. Entrando nella
modalità di funzionamento LPM5, si toglie alimentazione al core del processore,
cancellando tutti i dati dai registri, SRAM
e, cosa più significativa, perdendo gli stati dei pin di I/O. Uscire da tale modalità di
Questa affermazione fa riferimento ad un
esempio di utilizzo presentato per illustrare la durata di una batteria. Per gli esempi riportati nella documentazione, la TI fa
uso dei valori “tipici” del foglio specifiche
del proprio dispositivo, ma usa i “massimi
assoluti” ricavati dal foglio dati del microcontrollore PIC. Non c’è nessuna spiegazione nella documentazione sul perché
ciò sia stato fatto o perché possa essere
considerato un paragone appropriato.
Gli esempi riportati nella documentazione della TI considerano due casi: un’applicazione con un duty-cycle dell’ 1% e
un’applicazione con un duty-cycle dello
0.1%. In ciascun esempio la TI usa valori
massimi assoluti dei data sheet quando
calcola la durata di vita della batteria nel
caso del PIC24F, ma valori tipici nel caso
del proprio MSP430.
In aggiunta all’uso scorretto dei dati specifici, il paragone viene fatto senza usare
la modalità di funzionamento di consumo più basso possibile del PIC, il Deep
Sleep. Chiaramente, nel caso di un utilizzo generico, andrebbero utilizzati valori “tipici” per tutto il confronto. Inoltre
si dovrebbero includere tutte le possibili
caratteristiche del microcontrollore.
Quando gli ingegneri della Microchip ricostruirono questo esperimento usando
i dati forniti dalla TI per il rispettivo microcontrollore, ma usando invece quelli
più appropriati nel caso del PIC24F- includendo l’uso del Deep Sleep Mode - i
risultati furono differenti in modo significativo (vedi la figura 2).
Primo, nel caso dell’esempio dell’applicazione con il duty-cycle dell’1 %, invece di ottenere una durata di vita di meno
di 2 anni, il PIC24F rimane operativo per
6,7 anni, che è 4 mesi in più dei migliori dati propri del MSP430. Secondo, nel
caso dell’applicazione con un duty-cycle
dello 0,1 %, il PIC24F rimane operativo
quasi 30 anni, che è approssimativamente 5 anni in più del miglior dato riportato
per l’MSP430. Va notato che un tempo
di vita di 30 anni è teorico, dal momento che sarebbe più lungo delle tabelle di
vita di tipiche celle a bottone CR2032.
AFFERMAZIONE 7:
“L’MSP430 HA IL WAKE-UP PIU’ VELOCE”
Questa affermazione è corretta, dal momento che l’oscillatore digitale dell’MSP430
può iniziare a funzionare e raggiungere un
Members
INSIDE
segnale stabile a 16 MHz in 1 μs, mentre
l’oscillatore RC del PIC24F impiega 2 μs
per funzionare.
Comunque, l’MSP430 può funzionare a
16 MHz solo con una tensione che supera i 3,0 V; al di sotto di questo valore non
è più in grado di garantire un clock ad
una simile frequenza (vedi figura 3).
L’affermazione, dunque, nelle applicazioni alimentate a batteria è puramente
accademica, poiché la tensione nominale è pari a 3,0 V soltanto all’inizio e successivamente il suo valore non può che
scendere. Per inciso, il PIC 24F è in grado di funzionare a 32 MHz a 3,0V.
AFFERMAZIONE 8:
“L’MSP430 è DUE VOLTE PIÙ VELOCE
IN ESECUZIONE”
L’ultima affermazione da confutare è legata all’affermazione 7, che propone che
un periodo di wake-up più breve e un’
esecuzione di codice più rapida comportano una minor perdita di energia. Calcolando l’utilizzo di energia si raggiunge una
conclusione differente. La maggior parte
delle istruzioni dei dispositivi MSP430 richiedono due o più cicli, mentre circa il
90% delle istruzioni dei PIC24F sono di
un solo ciclo. Ciò significa che per una
data operazione, l’architettura del PIC24F
richiede un minor numero di cicli d’istruzione. Meno cicli d’istruzione significa minor impiego del bus e meno transizioni di
gate, che rappresentano la maggior cau-
sa di consumo in un dispositivo CMOS.
L’esempio riportato nella tabella 4 riporta il risultato di un compito semplice ma
eseguito spesso: copiare un array di 32
byte da una parte della memoria in un’altra. Si può vedere che l’MSP430 inizia l’esecuzione del codice 1 μs dopo l’inizializzazione, ma continua ad eseguire codice
a lungo dopo che il PIC24F ha terminato
il compito, con un consumo di energia significativamente maggiore -con un tempo
tre volte superiore- per ottenere lo stesso
risultato. Ciò è dovuto al set di istruzioni
del PIC24F, che dispone di più istruzioni
ad un singolo ciclo e quindi più efficienti
nella loro applicazione.
TABELLA 4: Confronto tra misure
Misure
PIC24F16KA102
MSP430F2619
Avvio del Clock
3 μS
1 μS
Cicli d’istruzione
40
316
Tempo d’esecuzione (@4 MHz)
32 μS @ 2 MIPS
80 μS @4 MIPS
IDD
1.6 mA
1.5 mA
Consumo d’energia IDD*Tempo d’esecuzione@ 3V
158 μJ
363 μJ
CONCLUSIONE
La conclusione che viene tratta da TI nella
sua documentazione è che il dispositivo
MSP430 rappresenta la famiglia di microcontrollori con il consumo più ridotto al
mondo; affermazione che è stata poi confutata negli esempi riportati nell’articolo.
Il PIC24F è stato in realtà progettato per
operazioni a consumo estremamente ridotto in applicazioni in cui l’aspetto del
risparmio energetico è di importanza
primaria.
Si conclude in modo evidente che la famiglia di PIC24F è superiore in caratteristiche e funzioni. Non solo fa il miglior
uso della potenza di una sorgente come
una batteria, ma lo fa anche nel modo più
flessibile ed efficiente.
Progettando un’applicazione in cui il
Figura 3: Frequenza di funzionamento dei microcontrollori in rapporto alla tensione
consumo va controllato, il team dei progettisti non si deve veder aumentata la
difficoltà del compito a causa dei vincoli del microcontrollore. Necessita di una
soluzione che sia semplicemente la migliore e con un funzionamento a consumo estremamente ridotto, qualunque sia
l’applicazione.
La famiglia PIC24F viene incontro a tale
necessità e lo fa senza imporre restrizioni
sull’alimentazione, sulle modalità di sleep o sull’efficienza del codice utilizzato.
Riferimento 1: (Documento diffuso
inizialmente da TI nell’Ottobre 2009)
Riferimento 2: (Documento Micro-chip in
risposta al precedente nel successivo Aprile 2010)
INSIDE
L’evoluzione della tecnologia
in automobile.
di di Giorgio Grimaldi
Oggi il legame tra tecnologia
e auto è strettamente connesso,
e la sempre maggior integrazione
di questa all’interno dei moderni
autoveicoli è un plusvalore che
condiziona sempre più il mercato.
In quest’articolo si considera,
con una breve panoramica,
quello che è stato il percorso
evolutivo dell’elettronica auto
negli ultimi decenni.
F
acendo un “passo indietro” fino a un
centinaio di anni fa, i primi autoveicoli possedevano in pratica solo il sistema
di trazione, manovra e trasmissione, costituito rispettivamente da: motore, freni,
sistema di manovra e trasmissione della
trazione alle ruote. Tutti quei componenti, che non erano direttamente connessi
ad uno dei quattro macro elementi appena indicati, erano considerati opzionali.
Nei successivi 30 anni, la tecnologia
connessa all’elettricità ha avuto un ruolo sempre più forte all’interno dello sviluppo dei “confort”, rendendo dei componenti di serie gli elementi che prima
erano considerati quasi esclusivamente
come “costosi optional”.
La vera svolta è arrivata con l’avvento dei
sistemi di controllo elettronico, comunemente definiti “centraline”, al posto di
quelli precedentemente attuati in modo
meccanico o elettromeccanico.
Ad esempio, cruciale è stata l’introduzione della centralina di controllo motore,
Figura 1a: Esempio di doppino intrecciato
attraverso la quale si sono ottimizzate le
dinamiche di funzionamento di tutto il sistema di trazione, riducendo i costi a vantaggio dell’affidabilità e delle prestazioni.
Oggi in un veicolo sono presenti mediamente tra le venti e le cinquanta centraline (detti nodi), tutte dotate di software
più o meno complesso.
I sistemi più semplici sono dotati esclusivamente di logiche interne, gestiscono
eventi come input e output, con segnali
analogici e digitali ad esse collegati, detti
segnali “Filari”.
Le centraline di categoria più complessa, oltre ad elaborare i dati ricevuti dai
canali filari, comunicano con le altre
INSIDE
centraline ricevendo e trasmettendo informazioni utili attraverso un protocollo
di comunicazione.
Il vantaggio di un’architettura di questo
tipo è la semplicità di ottenere informazioni anche senza la connessione diretta
al sensore. Ad esempio, un’informazione
utile come la temperatura del motore è
utilizzata da molteplici centraline; poiché
è impensabile cablare per ogni centralina un cavo che porti la grandezza analogica, si è scelto allora di connettere il
sensore solamente alla centralina addet-
ta al controllo motore: sarà poi questa a
distribuire le informazioni agli altri dispositivi di controllo attraverso la rete di comunicazione.
LA SCELTA DEL PROTOCOLLO
Nella progettazione di un sistema elettronico all’interno di un veicolo, è necessario prendere in considerazione molteplici
fattori, anche quelli che in qualsiasi altro
ambito si valuterebbero come ininfluenti.
Il primo problema da affrontare è l’instabilità dell’alimentazione, la quale ha una
fortissima dipendenza dal numero dei giri
del motore e dalle condizioni di carico
dell’impianto. Infatti, nel normale funzionamento, solitamente la centralina deve
poter funzionare in escursioni di tensioni
di anche di ±7 V rispetto al valore nominale, senza che l’utente finale percepisca
variazioni o anomalie di servizio.
Ovviamente, per poter rendere tollerabili
queste notevoli variazioni di alimentazione, sono state sviluppate efficaci strategie
progettuali che proteggono i dispositivi di
bordo anche da eventuali segnali transi-
tori che, nella generalità dei casi, potrebbero compromettere definitivamente l’integrità del sistema.
Com’è noto, per isolare un sistema da
eventuali disturbi generati da sorgerti
esterne, è bene isolarlo attraverso uno
schermo metallico, di modo che i disturbi elettromagnetici (EMC) siano riflessi
senza attraversarlo.
In un’automobile i disturbi provenienti
dall’ambiente esterno vengono notevolmente ridotti dalla carrozzeria (che funge, in un certo qual modo, da gabbia di
Figura 1b: Rappresentazione grafica di come le EMC non compromettano l’informazione
su doppino (Mara, questa fa proprio schifo ma non ho alternativa: se vuoi puoi scalarla a base
9 cm, così diventa alta come 1a)
Figura 2: Network CAN su veicolo con nodi principali.
INSIDE
Figura 3: Livelli logici del segnale CAN.
faraday), però questo vantaggio ha un
risvolto negativo che, se non considerato, può compromettere i sistemi elettronici presenti al suo interno.
La carrozzeria infatti, oltre a riflettere le
OEM provenienti dall’esterno del veicolo, riflette allo stesso modo tutti i disturbi elettromagnetici generati dalle molteplici centraline presenti al suo interno,
rischiando così fastidiose risonanze che
potrebbero influenzare quelle che sono
le normali dinamiche di funzionamento
del veicolo.
Figura 4: Esempio di Cablaggi elettrici all’interno di un veicolo di fascia media
È facile intuire come la prima grande soluzione a questo problema non possa
che consistere nella riduzione delle stesse emissioni, attraverso le tecniche già
note descritte anche in un altro mio articolo “Evitare le Emissioni Elettromagnetiche nella progettazione di PCB” pubblicato nel numero 97 di Firmware.
Oltre alla riduzione delle emissioni Elettromagnetiche, è fondamentale proteggere l’intero sistema, progettandolo in
modo che queste interferenze non ne
condizionino il corretto funzionamento.
I componenti maggiormente soggetti a
questa tipologia di interferenza sono quelli che hanno dinamiche molto rapide, ma
con escursioni di tensioni di qualche volt;
stiamo quindi parlando della rete di scambio dati presente a bordo del veicolo.
Per i motivi sopra indicati, si è preferito
adottare una tipologia di comunicazione
bifilare associata ad un protocollo molto
“robusto”, in modo da garantire il corretto funzionamento nelle diverse condizioni di lavoro cui un veicolo può essere
soggetto.
In ambito industriale, il protocollo che si
avvicina di più a quanto descritto sopra
è l’RS-485, costituito da una linea bifilare con all’interno una comunicazione
seriale. In campo automobilistico questa tipologia di comunicazione è stata
leggermente modificata nello standard e
nominata K-Line.
Oggi questo genere di rete di comunicazione è ancora utilizzato, ma principal-
mente come rete ausiliaria, ad esempio
per la diagnosi.
La maggior parte dei produttori di veicoli
utilizza il protocollo che oggi è diventato
quasi lo standard in ambito automobilistico, ovvero il CAN.
IL PROTOCOLLO CAN
L’acronimo CAN sta per: “Controller Area
Network”. Realizzato e brevettato per la
prima volta negli anni ottanta dalla “Robert Bosch GmbH”, si è diffuso a macchia d’olio in ambito automobilistico,
grazie soprattutto alla grande presenza
di Bosch all’interno di questo mercato.
Può utilizzare, come mezzo di trasmissione, una linea a differenza di potenziale bilanciata come la RS-485.
L’immunità ai disturbi EMC può essere
ulteriormente aumentata utilizzando cavi
di tipo “twisted pair” (doppini intrecciati),
dove i due poli sono nominati rispettivamente “CAN-H” e “CAN-L”.
In figura 1a è mostrato un esempio di
doppino e in figura 1b quali vantaggi
apporta se soggetto ad EMI.
La rete nel veicolo è composta da una serie di nodi connessi tutti in parallelo con
Alimentazione e CAN. Attraverso un’architettura parallela del genere, è davvero
semplice per il progettista o il manutentore, riuscire a connettere o disconnettere una centralina senza compromettere
l’integrità della rete stessa.
In figura 2 è riportato un esempio di
Network in un veicolo.
INSIDE
L’architettura della rete appena descritta va anche a vantaggio di una notevole
semplificazione del cablaggio, come mostrato in figura 4.
Oltre alla questione concernente la
semplicità di scambio d’informazioni tra
le diverse centraline, la rete comprende
anche applicazioni destinate a comunicare ai dispositivi a essa connessi eventuali informazioni riguardanti la diagnosi
delle sue parti.
Figura 5: Presa OBD per la connessione
Figura 6: Shield Arduino
alla rete CAN.
CAN-bus
Questo protocollo è caratterizzato da una
velocità di comunicazione che può variare
dai 40 Kbit/s fino a 1 Mbit/s, a vantaggio
della mole di dati trasmessa.
Va altresì considerata la distanza che un
segnale, avente dinamiche così rapide,
può percorrere: per velocità di trasmissione pari a 1Mbit/sec, il segnale non decade per circa 40 cm. Mentre per velocità
pari a 125 Kbit/s, si riescono a percorrere
anche 500 metri. È proprio per tale motivo
che i costruttori di auto optano per velocità che non vanno mai oltre i 500 Kbit/s.
Il CAN è considerato tra i protocolli più
immuni non solo dai disturbi EMC, ma
anche dai possibili guasti che possono
colpire la rete. Infatti, essendo il CAN-H
esattamente speculare rispetto al CAN-L,
il nodo ricevente può verificare la coerenza del messaggio, semplicemente confrontando i due segnali.
Entrando più in dettaglio in quello che è
il segnale CAN, si osserva una dinamica
compresa tra 0 V e 5 V e, nello specifico,
si considererà:
- segnale logico ALTO se: CAN H > 3,5V
e CAN L < 1,5V
- segnale logico BASSO se: 1,5 V < CAN
H e CAN L < 3,5 V
In pratica, si considera livello logico alto
(detto Dominante), se la differenza di potenziale è maggiore di 2 V, mentre al di
sotto di questa soglia è considerato livello logico basso (detto Recessivo), come
mostrato in figura 3.
In caso d’interruzione o corto circuito
verso GND o VCC di uno dei due canali, i
dati continuano comunque a raggiungere
il nodo ricevente che riesce comunque,
con i dovuti accorgimenti, a decodificare
l’informazione trasmessa.
Solitamente, in fase di progettazione
dell’architettura di un SW embedded, circa il 50% del codice scritto ha lo scopo
di asservire tutte le logiche di diagnosi e
gestione delle routine di recupero.
Ovviamente per la risoluzione di un guasto è necessario un intervento da parte
di un tecnico d’officina, il quale interrogherà il sistema e, in funzione della risposta ricevuta, potrà individuare i componenti guasti effettuando l’intervento di
riparazione.
È semplice intuire che i singoli codici di
errore delle varie centraline possono variare a discrezione dei diversi produttori,
e possono differire a seconda del modello di vettura.
Sarà quindi molto difficile, senza un database che ne consenta l’interpretazione, comprendere il significato dei vari
codici diagnostici generati dal sistema.
Oggi la maggior parte dei veicoli di qualsiasi fascia (alta, media o bassa che sia)
è dotata all’interno di una o più reti CAN.
Per i più curiosi, sotto la scatola fusibili è
solitamente presente una “presa diagnostica” (utilizzata dalle officine per eseguire l’analisi del veicolo), così rappresentata in figura 5.
Questo tipo di connettore ha una serie di
poli attraverso i quali è possibile raggiungere, senza particolari difficoltà, i due pin
del CAN.
Come detto precedentemente, all’interno di un veicolo potranno essere presenti altre reti ausiliarie, come la K-Line
o la rete LIN.
Anche queste saranno riportare sulla OBD insieme all’alimentazione e alla
massa, di modo che il sistema di diagnosi utilizzi gli stessi riferimenti di tensione del veicolo per eseguire le operazioni di analisi.
Uno dei protocolli maggiormente usati,
non solo in ambito automobilistico ma
anche per lo sviluppo di applicazioni industriali come macchine a controllo numerico, è il CANopen.
Come anticipato, la codifica del protocollo CAN varia da costruttore a costruttore, ma poiché una rete progettata con
questa tipologia di protocollo presenta
innumerevoli vantaggi in termini di robustezza e semplicità, si è pensato di realizzarne una codifica standard, riuscendo così a garantire un’uniformità tra i vari
costruttori che utilizzano il suddetto sistema di comunicazione.
INSIDE
SVILUPPO HOBBISTICO
SUL PROTOCOLLO CAN
Con l’avvento delle ultime piattaforme di
sviluppo, oltre ai classici protocolli come
SPI, Seriale e I2C, in numerosi modelli di
micro è stato anche aggiunto il protocollo CAN.
Prima, infatti, in caso di assenza di questo driver, era necessario acquistare
moduli addizionali che convertissero il
segnale codificato CAN in uno dei protocolli “canonici”.
Oggi i vari costruttori di microcontrollori
mettono a disposizione degli utenti numerose librerie, semplificando notevolmente la vita del programmatore.
È il caso della nuova famiglia Microchip
PIC18 e PIC32, che all’interno del medesimo componente ha aggiunto, oltre al
CAN, anche Ethernet ed USB.
Negli ultimi anni, i sistemi Open-Source
come Arduino hanno permesso agli hobbisti di avvicinarsi al mondo dell’elettronica, abbattendo le grandi barriere come,
ad esempio, quella della configurazione
di strumenti di sviluppo complessi.
Ad oggi, purtroppo, nella famiglia Arduino
non vi sono micro con driver CAN incorporati, ma con pochi euro è possibile acquistare una shield addizionale che permette
di ricevere ed inviare dati su protocollo
CAN, come mostrato in figura 6.
Grazie a questo sistema moltissimi utenti hanno avuto la possibilità di realizzare piccoli sistemi di infotainment “home
made” all’interno del proprio veicolo,
banana pi
utilizzando informazioni presenti sulla
rete CAN, come le diverse temperature
del motore e dell’abitacolo, il numero di
giri o la velocità istantanea del veicolo,
informazioni che potranno essere plottate su un TFT in maniera più o meno
accattivante, o con l’ausilio di un ricetrasmettitore Bluetooth, si ha la possibilità
di inviare i dati ad un tablet senza necessariamente cablare alcun collegamento
all’interno del veicolo.
CONCLUSIONI
L’avvicendarsi delle sempre più moderne tecnologie, ha apportato negli ultimi
trent’anni grandissimi cambiamenti nel
nostro modo di vivere la quotidianità, e
di certo il mondo dell’automobile non ne
è stato esente.
Difatti, per tutti i lettori della rivista che
trascorrono almeno qualche ora della
loro giornata in automobile, questo articolo potrebbe essere spunto di riflessione sul come, anche all’interno di un
autoveicolo, il firmware sia uno degli
attori principali, e su come l’evoluzione
tecnologica dei sistemi elettromeccanici,
in complessi insiemi di centraline, capaci
di comunicare e cooperare tra loro attraverso protocolli come in CAN, stia migliorando gli standard di sicurezza e confort di chi passa lunghe ore alla guida di
un veicolo.
ANALOG
La Misura della Forza
in Elettronica
di Gaspare Santaera
Spesso, quando si parla di misura
di una forza, il nostro pensiero corre
velocemente ai laboratori
di fisica, tra molle e dinamometri.
Più difficilmente pensiamo, di primo
acchito, alla trasduzione elettrica
di questa entità. In questo articolo
diamo una concisa descrizione
sul principio di funzionamento
dei sensori di forza usati
in elettronica, per poi soffermarci
un su tipo particolaredi estensimetro,
ovvero il sensore FSR400,
descrivendo il percorso alla sua
caratterizzazione e calibrazione
in un’applicazione pratica.
I
n fisica con forza si identifica una grandezza vettoriale che esprime l’interazione tra due o più corpi. Considerato un
corpo in uno stato di quiete o di moto rispetto ad un altro, la forza è quella grandezza capace di modificare lo stato del
primo corpo rispetto al secondo. Nella fisica classica il concetto di forza è presente in tutti i tre principi della dinamica:
- Un corpo mantiene il proprio stato di
quiete o moto rettilineo uniforme, finché una forza non agisce su di esso (1°
principio o principio di Galileo);
- L’accelerazione di un corpo è direttamente proporzionale e ha la stessa direzione
della forza che agisce su esso ed inversamente proporzionale alla sua massa
(2° principio o principio di Newton);
F = ma
- Per ogni forza che un corpo A esercita
su un corpo B, esiste una forza di uguale intensità ma di verso opposto che
agisce dal corpo B al corpo A (3° principio o principio di azione-reazione).
Figura 1: Esempio di Cella di Carico
Figura 2: Esempio Estensimetro
Partendo dal ruolo fondamentale della
concetto di forza presente in natura, esistono svariate unità di misura più o meno
indirette per quantizzarla; la più usata, o
meglio quella definita dal sistema internazionale è il Newton, che come facilmente ricavabile dal secondo principio
della dinamica equivale a
Vista l’enorme importanza del concetto
di forza nell’interazione tra i corpi, diventa altrettanto fondamentale la misura di
quest’ultima in quasi tutte le applicazioni
meccaniche o laddove due corpi entrano
in contatto. In elettronica esistono molteplici tipi di sensori per la misurazione
della forza, differenti tra loro sia dal punto di vista circuitale che per principio di
funzionamento. Tuttavia i più diffusi fanno capo a tre grandi famiglie: Piezoelet-
1 Newton = (1 Kilogrammo * 1 Metro)/
secondo2
ANALOG
SKILLS
trici, Celle di Carico e i più semplici e diffusi Estensimetri Resistivi.
In questo articolo daremo una breve descrizione sul principio di funzionamento
dei sensori di forza citati (per maggiori
informazioni rimandiamo a testi specifici)
per poi soffermarci un su tipo particolare
di estensimetro, ovvero il sensore FSR400,
parlando della sua caratterizzazione e calibrazione in un’applicazione pratica.
SENSORI DI FORZA PIEZOELETTRICI
I sensori di forza piezoelettrici, come
tutti i sensori di questo tipo, si basano
sulla piezoelettricità, ovvero la duplice
proprietà di alcuni materiali cristallini di
polarizzarsi e di creare quindi una differenza di potenziale se sottoposti ad una
deformazione meccanica, e al tempo
stesso di deformarsi in modo elastico se
attraversati da corrente. In pratica, se un
cristallo piezoelettrico viene sollecitato
meccanicamente su due facce opposte,
tra queste si verrà a creare una tensione
Figura 3: Interlink Electronics FSR400
e il cristallo si comporterà come un condensatore, accumulando cariche elettriche sulle proprie facce.
Nei cristalli piezoelettrici, la densità di
carica accumulata (D) è direttamente
proporzionale allo stress meccanico applicato lungo una direzione (S) e alla costante di deformazione piezoelettrica (C)
D = C·S
Conoscendo quindi la costante del materiale e misurando la tensione ai capi
del sensore, si può risalire all’entità della
forza agente sul sensore.
applicazione, non basta avere una stima
dell’entità della forza che agisce sul corpo, ma bisogna anche avere una stima
della tipologia di questa. Ad esempio, un
momento torcente piuttosto che una forza di compressione. Scelto il tipo della
cella, bisognerà scegliere la forma geometrica più opportuna, in funzione della
forza e della struttura su cui verrà montata. Infine, bisognerà scegliere il circuito di condizionamento più adatto: nella
maggior parte dei casi si tratta di sensori
resistivi per i quali va usato un ponte di
Wheatstone.
LE CELLE DI CARICO
Le celle di carico (vedi figura 1)sono
sensori costituiti da una struttura meccanica che si deforma in modo elastico
e lineare ogni qual volta una forza viene
applicata su di essa. La forma geometrica, le dimensioni, il campo di misura ma
soprattutto il modo in cui la forza viene
trasdotta in tensione dipendono dalla tipologia di cella. Il principio di funzionamento si basa sulla concentrazione della
tensione meccanica, ovvero la distribuzione delle tensioni interne ad un materiale sottoposto ad un carico esterno.
Questa è funzione (oltre al tipo di carico in
questione) della geometria del materiale
stesso; ovvero quando un carico agisce
su un materiale deformando la sezione di
quest’ultimo, la distribuzione interna di
tensioni del materiale cambia. Da qui si
capisce che, per una corretta scelta della
cella di carico destinata ad una specifica
GLI ESTENSIMETRI RESISTIVI
Il principio di funzionamento di un estensimetro deriva direttamente dal concetto
di forza elastica, ovvero quello di un corpo che, sottoposto ad una forza esterna, si deforma in modo proporzionale a
questa, creando al suo interno forze atte
ad contrastare la forza stessa. Se il corpo è sufficientemente elastico, una volta
cessata la forza esterna questo ritornerà
nella sua forma originale, annullando le
forze interne createsi precedentemente.
Combinando la relazione Forza/Deformazione espressa dalla legge di Hook
F = kρ
dove F è la forza che agisce sul corpo, k
è la costante elastica del materiale e σ è
la deformazione (si consideri il caso più
semplice di deformazione lineare) dovuta alla forza e la seconda legge di Ohm
R = ρ(A/l)
dove R è la resistenza elettrica del materiale, A ed l sono rispettivamente l’area e la lunghezza di quest’ultimo mentre
con ρ si indica la resistiva intrinseca del
materiale, è possibile ottenere una misura indiretta della forza al variare della
resistenza elettrica del materiale che costituisce il sensore. Nel caso più semplice di deformazione lineare si otterrà ad
esempio una legge del tipo
R =ρAk/F
IL SENSORE FSR400
Il sensore FSR400 della Interlink Electronics è un tipo di estensimetro resistivo,
nello specifico appartiene ad una famiglia di sensori di pressione a semiconduttore, composti da un sottile film conduttivo che come tutti gli estensimetri
cambia la propria resistenza elettrica in
modo inversamente proporzionale alla
forza applicata su di essi.
In dettaglio, il sensore FSR400 ha dimensioni ridotte (diametro esterno di 10 mm,
di cui circa 7,62 mm effettivi), un costo ridotto ed un alta robustezza meccanica;
caratteristiche che lo portano ad essere
una valida soluzione non solo nelle applicazioni tipicamente più automatiche,
ad esempio una valvola la cui apertura è
funzione di una certa forza o pressione,
ma si adatta bene anche in applicazioni
controllate e regolate dal contatto umano,
come ad esempio in un joystick con una
dimensione in più rispetto ad un modello
standard, la pressione dei tasti appunto.
ANALOG
SKILLS
ebv maia
Figura 4: Curva Caratteristica Forza/Resistenza del Sensore
Come descritto, il sensore si presenta
come una banale resistenza variabile, con
il valore di quest’ultima che varia in modo
inversamente proporzionale alla forza applicata su di esso. Nella figura 4 viene
riportata la curva di relazione tra la forza
applicata (in grammi) e la resistenza (in
KOhm) ai suoi capi.
Come visibile nel tracciato, la curva è
chiaramente non lineare, la resistenza del
sensore decresce bruscamente per valori
di forza inferiori a 20 grammi ca, per poi
assumere un andamento a variazione quasi quadratica per valori di forza maggiori.
La prima di queste caratteristiche, ovvero
la brusca variazione di resistenza, è dovuta alla costruzione stessa del sensore ed
alle proprietà meccaniche dei materiali,
mentre per quanto riguarda l’andamento quadratico della curva, quest’ultimo è
funzione della forma del sensore nonché
dell’area di contatto.
ANALOG
SKILLS
Infatti, come si vede nella figura 3, l’area attiva del sensore è un cerchio, mentre per quanto riguarda l’area di contatto, quest’ultima assume quasi sempre la
forma di un ellissoide (si pensi ad un dito
che preme contro un corpo rigido), ovvero quella proiettata sul piano del sensore
da un ellisse. Cerchio ed ellisse appartengono alla stessa famiglia di quadriche
descritte mediante equazioni del secondo ordine anche se, come vedremo in
seguito, la scelta più semplice per modellare una curva come quella mostrata
nella figura 2 è la parabola.
Equazione Canonica del Cerchio:
x2+y2+ax+by+c=0
Equazione Canonica dell’Ellisse:
a2x2+b2y2-a2b2=0
Equazione Canonica della Parabola:
ax2+bx+c-y=0
La misura della forza viene fatta misurando la variazione di resistenza del sensore,
il circuito di condizionamento più semplice da usare per questo tipo di misurazioni è il classico partitore di tensione.
La tensione misurata in uscita dall’amplificatore operazionale (viene usato come
buffer di tensione per la sua resistenza
d’ingresso idealmente infinita) è funzione
della resistenza del sensore.
Al variare della seconda resistenza (Rm)
del partitore varia la curva forza/tensione; in figura 6 sono riportati alcuni valori
tipici.
UTILIZZO DEL SENSORE FSR400
L’utilizzo del sensore è molto semplice:
banalmente basta inserirlo in un partitore
di tensione come mostrato nella figura 5
e fare una serie di misure di forza note per
trovare la curva Forza/Tensione, modellando quest’ultima come una retta. Tuttavia, dalle considerazioni fatte sull’area
di contatto del sensore e sull’andamento
della curva Forza/Tensione al variare della seconda resistenza del partitore (figura 6), si possono facilmente applicare un
paio di accorgimenti in modo da migliorare le prestazioni del sensore e la precisione nelle misure di quest’ultimo.
Per quanto riguarda l’area di contatto, innanzitutto, è consigliabile montare sulla
parte superiore (in contatto con un corpo
estraneo) e sulla parte inferiore del sensore (in contatto con il telaio) uno strato
di materiale cedevole, ad esempio due
dischetti di silicone, in modo tale da distribuire la forza presente sul sensore in
modo più uniforme su tutta la superficie
di quest’ultimo.
Per il calcolo della resistenza da utilizzare
nel partitore di tensione, la scelta migliore
ricade sul valore che permette di allargare
la risoluzione del sensore attorno all’intervallo di forze più opportuno per l’applicazione desiderata.
Data, infatti, la non linearità nel comportamento del sensore, diventa utile centrare quanto più possibile la curva Forza/
Tensione attorno a valori tipici di forza per
l’applicazione desiderata, operativamente se si pensa di lavorare con forze da 100
a 200 grammi (da 0,98 a 1,96 Newton) per
centrare la curva bisognerà mettere nel
partitore una resistenza pari al valore a
vuoto della resistenza del sensore quando su quest’ultimo è presente una forza di
150 grammi. In questo modo se ad esempio il partitore è alimentato con una tensione di 5 V nel caso in cui sul sensore è
presente una forza di 150 grammi in uscita si avrà una tensione di 2,5 V, ovvero si
sarà centrata la tensione d’uscita sul valore medio delle forze considerate.
Sistemati i sensori dal punto di vista
meccanico e dal punto di vista elettrico,
bisogna calcolare i coefficienti che meglio descrivono la curva Forza/Tensione
dei medesimi. Utilizzando una curva del
secondo ordine del tipo: ax2+bx+c=y, ovvero una parabola, dove con x si indicano
i valori di forza e con y le tensioni lette,
per il calcolo dei tre coefficienti basterebbero tre misure diverse, tante quante
le incognite nell’equazione.
Tuttavia acquisendo un maggior numero
di campioni si può scrivere un sistema di
equazioni con più equazioni che incognite
che, con l’aiuto di un programma di calcolo
come Matlab o Scilab, verrebbe poi risolto
ai minimi quadrati, interpolando numericamente i valori letti nelle varie misure.
Figura 5: Circuito di Condizionamento
A tal proposito in questa sede vedremo
un semplice listato per l’interpolazione
della curva di “fitting” delle misure acquisite (ovvero i parametri della parabola) da usarsi in Scilab.
SCILAB è un programma di computazione numerica, è liberamente basato sul linguaggio di programmazione C, ed è molto
simile nelle sue funzionalità al ben più noto
MATLAB, il programma è totalmente gratuito ed è possibile scaricarlo direttamente
dal rispettivo sito (http://www.scilab.org/).
All’apertura, il programma da subito accesso alla console, in cui l’utente può
facilmente scrivere i comandi da dare al
calcolatore. Il programma viene installato con le librerie base che contengono i
comandi e le funzioni matematiche può
comuni, nel caso in cui una determinata
funzione non fosse presente nelle librerie, l’utente può includere altre librerie
ANALOG
SKILLS
Figura : Curva Forza/Tensione al variare di Rm
o creare la funzione desiderata scrivendo, passo dopo passo, l’algoritmo della funzione. Nel nostro caso useremo la
funzione Polyfit ,la quale purtroppo non
è presente nelle librerie standard e che
quindi dovremo creare.
Selezionando dal menù applicazioni “SciNotes”, si aprirà un editor di testo nel quale scriveremo le istruzioni che compongono la nostra funzione; per quanto riguarda
quest’ultime ho leggermente modificato
un listato trovato in rete,
function p = polyfit(x,y,n)
m = lenght(x)
if lenght(y) <> m error(‘x and y must have
same lenght’), end
v = ones(m,n+1)
for i=2:n+1, v(:,i) = x.^v(:,i-1),end
p = (v/y)’
end
Trascurando i dettagli dell’algoritmo, ci
soffermeremo invece sulle caratteristiche comuni a tutte le funzioni, ovvero la
prima e l’ultima riga, le quali delimitano
l’inizio e la fine di ogni funzione.
Nella prima riga è contenuto il nome della funzione (polyfit), è buona norma dare
lo stesso nome al file ed alla funzione,
che sarà quindi il nome da richiamare poi
dalla console. Inoltre, sempre nella prima
riga, vengono definiti gli argomenti della
funzione (x,y,n), nonché i valori d’uscita
di quest’ultima (p).
Adesso, una volta scritta la funzione, basterà salvarla nella directory di lavoro,
per poi poterla comodamente richiamare dalla console o all’interno di un’altra
funzione. Ritornando agli argomenti di
polyfit, questi sono tre, (x,y) che rappresentano le coordinate dei punti che si
vuole interpolare ed (n) che rappresenta
il grado del polinomio d’interpolazione
desiderato.
Le curve di fitting, infatti, vengono restituite in forma di polinomi di grado n scelto dall’utente, così se n=1 la funzione restituirà i coefficienti (a e b) della retta ,
passante in prossimità dei punti dati, se
n = 2 si avranno i coefficienti della parabola , se n=3 della cubica e così via.
Maggiore è il valore di n, maggiore sarà
il grado di accuratezza della curva di fitting. Nel nostro caso n sarà 2, mentre il
vettore delle x conterrà tutti i valori delle forze applicate al sensore e y quelli di
tensione lette.
Se si utilizza un normale ADC dentro un
microcontrollore si possono utilizzare
come elementi delle y direttamente i va-
lori in uscita dall’ADC stesso, ottenendo
in questo modo la curva Forza/Tick.
Ricapitolando, per il calcolo della curva caratteristica del sensore (Forza/Tensione, Forza/Tick), una volta montati su
quest’ultimo due strati di materiale “soffice” (ad es. due dischetti di silicone), bisognerà acquisire le letture di alcune forze
note (piccoli pesi campione) ed interpolare poi queste misure con un programma
di calcolo, utilizzando una curva del secondo ordine.
Trovata la curva, il sensore è pronto ad
essere usato correttamente; ad ogni lettura il valore della forza agente sul sensore sarà semplicemente espresso dalla
soluzione dell’equazione di secondo grado ax2+bx+c- y =0 dove le x, ovvero le
forze sono le incognite mentre le y sono i
valori di tensione/tick letti.
Un ultima considerazione va fatta, però,
sull’isteresi meccanica dei materiali che
compongono il sensore. Infatti, essendo per natura un sensore deformabile è
piuttosto probabile che dopo un numero
elevato di utilizzi i materiali che lo compongono presentino un po’ di isteresi
meccanica, ovvero restino un po’ deformati e che questa deformazione si ripercuota negativamente sulla curva di caratterizzazione precedentemente stimata.
In questo caso l’ideale sarebbe rifare
la caratterizzazione, ma è non sempre
possibile (si pensi ad un sensore montato in posti non facilmente raggiungibili).
Un piccolo accorgimento per ovviare a
ANALOG
SKILLS
Cella di carico ad alta capacità
per uso industriale
questo problema è quello di modificare il
valore del parametro c, ovvero il termine
noto della parabola, in modo tale da resettare la distanza dall’asse delle ascisse di quest’ultima. Infatti, avendo considerato nell’equazione della parabola le
forze come x e le letture come y, in assenza di forza si ottiene c=y; tuttavia, se
il sensore si è deformato, la curva di caratterizzazione è cambiata e in assenza
di forze il valore della y letta sarà diversa
da c, quindi la soluzione dell’equazione
di secondo grado restituirà valori di x diversi da zero, la risultante delle forze di
deformazione.
Rifare la caratterizzazione è la soluzione
migliore, in quanto si modificano i tre coefficienti dalle parabola. Tuttavia il coefficiente “a” è legato alla concavità/convessità di quest’ultima, mentre il coefficiente
“b” insieme ad “a” identifica l’asse di simmetria, ipotizzando che gli effetti della deformazione siano trascurabili su queste
caratteristiche l’unico coefficiente a variare sarà “c” che restituisce una misura
della distanza tra il vertice della parabola
e l’asse delle ascisse.
Quindi la soluzione più semplice per ovviare agli effetti delle deformazioni sul
sensore è quella di modificare il coefficiente “c” ad ogni avvio dell’applicazione. Ovvero ad ogni avvio dell’applicazione in cui viene usato il sensore effettuare
una lettura a vuoto (in assenza di forze
sul sensore) e riassegnare al coefficiente
“c” il valore di quest’ultima lettura.
In questo articolo abbiamo brevissimamente introdotto i sensori di forza comunemente usati, per poi soffermarci su un
tipo particolare di estensimetro che per
la sue caratteristiche di robustezza meccanica, economicità ed facilità d’utilizzo
può diventare una valida risorsa in tutte
quelle applicazioni (già esistenti o ancora confinate nelle menti dei loro creatori)
dove la misura della forza tra due o più
corpi è fondamentale o semplicemente
un valore aggiunto.
ebook
TOOLS
Costruire un Kernel
Android
di Francesco Pentella
Sapere come ottenere un nuovo
kernel di Android è una cosa
importante, specie se si volesse
realizzare una nuova distribuzione
per una particolare piattaforma
o se si intendesse modificarne alcune
porzioni per esigenze costruttive.
La costruzione di un nuovo kernel
di Android non è un’operazione
semplice, ma seguendo
quest’articolo vedremo come
realizzarla , rendendola un’operazione
semplice e divertente
L
a diffusione di Android è ormai un fatto conclamato, tanto da diventare un
vero caso commerciale-industriale senza precedenti, che porta l’attenzione sul
ruolo dell’open source e sui rispettivi risvolti economici.
Android è un esempio reale di che cosa
possa fare il movimento open source se
lasciato libero di crescere e di confrontarsi; infatti, anche se non è il primo caso,
è riuscito a essere utilizzato in qualsiasi
tipo di piattaforma dimostrando la fattibilità dei progetti open source con le sue
ricadute commerciali.
Che cos’è Android? A questa domanda
daremo tra poco la risposta, anche se
possiamo, senza dubbio, affermare che
non è di certo un sistema operativo, ma
semmai un framework che consente di
essere utilizzato in un’enormità di piattaforme hardware, perché l’obiettivo è
di creare uno stack software open source per gli OEM e gli sviluppatori al fine
di garantire un sistema che permetta la
Figura 1: Correlazione tra Android e Linux
TOOLS
SKILLS
condivisione delle esperienze software insieme alla convenienza di utilizzarlo senza costi su soluzioni hardware tra
loro più disparate.
Certo noi sappiamo che il codice sorgente di Android è aperto, permettendo così
di adattare a proprio consumo il suo codice sorgente per ogni particolare personalizzazione e “porting”.
Il progetto Android prende il via da un
gruppo di società identificate come Open
Handset Alliance, con al centro Google.
Ad oggi, uscito dalla sua fase embrionale,
Android è al centro di ottimi investimenti
di molte aziende presenti in ogni angolo
del mondo; infatti, queste hanno dato un
notevole contributo per migliorarlo e utilizzarlo su tanti differenti dispositivi.
Lo sforzo delle società industriali è stato
indirizzato non sulla quantità delle versioni in relazione alle società coinvolte
ma, semmai, in una singola implementazione di un prodotto condiviso, poiché
l’apertura di una piattaforma di questo
tipo è una condizione necessaria al fine
di consentirne l’uso così capillare.
A detta di diversi sviluppatori, Android si
adatta a una filosofia pragmatica perché,
anche se tante società contribuiscono al
suo successo, è necessario sempre garantirne l’adattamento su diverse piattaforme con l’ovvia personalizzazione delle risorse. L’idea di ottenere un prodotto
condiviso consente di ostacolarne le personalizzazioni incontrollate, per evitare
le implementazioni tra loro incompatibili,
così come sostiene da sempre Android
Open Source.
Non solo, è necessario anche garantire la
compatibilità a livello applicativo, o “Android compatible”. Se da una parte ognuno può utilizzare il suo codice sorgente
dall’altra i costruttori hanno il dovere di
partecipare al programma di compatibilità di Android.
Il progetto Android Open Source è guidato da Google, che mantiene e sviluppa
ulteriormente il framework.
La tecnica utilizzata per favorire la diffusione di Android è di costruire attorno ad
esso innumerevoli sotto-progetti; infatti,
Android non si gestisce come un unico
prodotto software, non si realizza su una
“distribuzione” specifica, ma su una raccolta di parti tra loro sostituibili.
Per questa ragione, lo sviluppo di Android ruota intorno a determinate famiglie identificate con dei nomi in codice:
a questo riguardo in tabella 1 è possibile notare le differenti soluzioni, anche se
occorre considerare anche l’ultima versione, la 5.1 Lollypop in uscita.
A partire dalla release Cupcake, le release sono state identificate con un codice
in funzione della compilazione; ad esempio con FRF85B la prima lettera individua
il nome in codice della famiglia di rilascio,
ad esempio, F è Froyo, la seconda lettera
è un codice filiale che consente a Google di identificare l’esatto ramo di codice con cui la build è stata fatta, mentre
con R è per convenzione che identifica il
Tabella 1 – Versioni di Android
Code name
Version
API Level
Lollipop
5.0
21
KitKat
4.4 - 4.4.4
19
Jelly Bean
4.3.x
18
Jelly Bean
4.2.x
17
Jelly Bean
4.1.x
16
Ice Cream Sandwich
4.0.3 - 4.0.4
15, NDK 8
Ice Cream Sandwich
4.0.1 - 4.0.2
14, NDK 7
Honeycomb
3.2.x
13
Honeycomb
3.1
12, NDK 6
Honeycomb
3.0
11
Gingerbread
2.3.3 - 2.3.7
10
Gingerbread
2.3 - 2.3.2
9, NDK 5
Froyo
2.2.x
8, NDK 4
Eclair
2.1
7, NDK 3
Eclair
2.0.1
6
Eclair
2.0
5
Donut
1.6
4, NDK 2
Cupcake
1.5
3, NDK 1
No code name
1.1
2
No code name
1.0
1
ramo di release primario. Le lettere successive, con le due cifre, identificano il
codice della data, come Q1 2009.
Infine, l’ultima lettera identifica le singole versioni relative allo stesso codice a
partire da A; A è in realtà implicito ed è di
solito omesso per brevità.
È bene ricordare che la data è di per sé una
garanzia della generazione della versione
perché, al solito, questa è puramente indicativa e non comprende le eventuali variazioni minori aggiunte a una build esistente.
Non solo, partendo da Donut, la lista
esatta dei tag con le informazioni legate
al suo build è evidenziata nella tabella 2
limitandoci, per brevità, solo per la release Lollypop.
È anche bene ricordare che le Immagini e
i file binari per dispositivi Nexus possono
essere scaricati dal sito https://developers.google.com/android/nexus/drivers.
Come vediamo dalla figura 1, Android si
presenta sempre con Linux; questo vuol
dire che se volessimo portare il nostro
TOOLS
SKILLS
framework su una piattaforma differente
dovremo sempre pensare di portare per
prima cosa Linux e in seguito, una volta
applicate ed eventuali patch, portare lo
stack Android.
Quando affrontiamo un lavoro di questo
tipo possono presentarsi due possibili
percorsi: o portare Android su una piattaforma già presente o, in alternativa,
costruire Android su una nuova board.
In quest’articolo ci soffermeremo sulla
prima alternativa riservandoci, in futuro,
di portare Android su una nuova scheda
con processore ARM: un’ipotetica board
con risorse pensate allo scopo.
COSTRUIRE IL KERNEL DI ANDROID
PER PANDABOARD
Una volta identificata la board di lavoro dobbiamo cercare il kernel più idoneo per raggiungere lo scopo del nostro
obiettivo.
Per questa ragione il primo passo sarà
quello di identificare il nostro kernel candidato e compilarlo al fine di ottenere la
nostra nuova baseline.
Poiché pensiamo di utilizzare una Pandaboard , allora dobbiamo ottenere un kernel in grado di supportare questa scheda
di sviluppo.
La Pandaboard (vedi figura 2) è una piattaforma di sviluppo a basso costo basata su OMAP4430 con Cortex-A9 e con 1
GB di memoria DDR2. Nella tabella 4
possiamo notarne le diverse caratteristiche fisiche. Ricordiamo che in quest’articolo siamo interessati solo al kernel e
per questa ragione, una volta identificata la scheda, sarà necessario scaricare
e compilare solo il relativo kernel. Una
possibile checklist di lavoro potrebbe essere la seguente.
Per prima cosa è necessario recuperare
l’elenco dei file che sono utili per il nostro
Tabella 2 – Tag e builds per Lollypop
Build
Branch
Devices
LRX22G
android-5.0.2_r1
Nexus 7 (flo/deb/grouper/tilapia), Nexus 10
LRX22C
android-5.0.1_r1
Nexus 4, Nexus 5, Nexus 6 (shamu), Nexus 7 (flo), Nexus 9 (volantis/
volantisg), Nexus 10
LRX21V
android-5.0.0_r7.0.1
Nexus Player (fugu)
LRX21T
android-5.0.0_r6.0.1
Nexus 4
LRX21R
android-5.0.0_r5.1.0.1
Nexus 9 (volantis)
LRX21Q
android-5.0.0_r5.0.1
Nexus 9 (volantis)
LRX21P
android-5.0.0_r4.0.1
Nexus 7 (flo/grouper), Nexus 10
LRX21O
android-5.0.0_r3.0.1
Nexus 5 (hammerhead), Nexus 6 (shamu)
LRX21M
android-5.0.0_r2.0.1
Nexus Player (fugu)
LRX21L
android-5.0.0_r1.0.1
Nexus 9 (volantis)
fortronic
TOOLS
SKILLS
lavoro e per farlo dobbiamo conoscere in
che modo sono inseriti nel database operativo, poiché i progetti sono identificati
nella forma <device>/<vendor>/<name.
A questo riguardo nella tabella 3 si pone
in evidenza la forma utilizzata.
Per questa ragione, per recuperare la baseline riferita alla Pandaboard è necessario intervenire in questo modo:
$ git clone https://android.googlesource.com/device/ti/panda
$ cd panda
$ git log --max-count=1 kernel
Successivamente occorre identificare la
versione del kernel attraverso il ricorso
alla seguente sequenza di comandi, da
shell (ricordiamo che per fare questo lavoro stiamo utilizzando come piattaforma host un sistema Linux):
$ dd if=kernel bs=1 skip=$(LC_ALL=C
grep -a -b -o
$’\x1f\x8b\x08\x00\x00\x00\x00\x00’
kernel | cut -d ‘:’ -f 1) | zgrep -a
‘Linux
version’
In presenza di Nexus 5 (hammerhead), è
possibile ricorrere alla seguente sequenza:
$ dd if=zImage-dtb bs=1 skip=$(LC_ALL=C od -Ad -x -w2 zImage-dtb | grep
8b1f | cut -d ‘ ‘ -f1 | head -1) |
zgrep -a ‘Linux version’
Subito dopo è necessario scaricare le
sorgenti che s’intendono utilizzare, o
meglio la scelta dipende da quale kernel
intendiamo partire o modificare.
Nel nostro caso può essere utile utilizzare i seguenti pacchetti: goldfish, x86_64,
exynos, common, msm, omap, samsung
e tegra. Per fare questa selezione occorre conoscere la funzionalità di ciascun
pacchetto al fine di ottenere quello che
più risponde alle nostre esigenze.
Nel nostro caso,
- Il progetto goldfish contiene i sorgenti
del kernel per le piattaforme emulate.
- Il progetto msm dispone dei sorgenti
per ADP1, ADP2, Nexus One, Nexus 4,
Nexus 5, Nexus 6 e può essere utilizzato come punto di partenza per lavorare
sul chipset Qualcomm.
- Il progetto omap project è utilizzato per
PandaBoard e Galaxy Nexus, oltre ad
essere utilizzato come punto di partenza per lavorare con il chipset TI OMAP.
- Il progetto samsung project è utilizzato per Nexus S e può essere utilizzato
come punto di partenza per lavorare sul
chipset Samsung Hummingbird.
- L’ambiente Tegra è utilizzato per Xoom,
Nexus 7, Nexus 9 e, come al solito,
come punto di partenza per lavorare sul
chipset NVIDIA tegra.
- Il progetto exynos dispone dei sorgenti del kernel per Nexus 10 e, come gli
altri, può essere utilizzato come punto
di partenza per lavorare con il chipset
Samsung Exynos.
iecloud
TOOLS
SKILLS
utilizzando una nostra toolchain. Ci troviamo, così, di fronte a un bivio: o costruirci
la nostra toolchain o scaricare una prebuilt e visto che quest’ultima è già disponibile su “android.googlesource.com”, non
ci rimane altro che configurare il nostro
ambiente di lavoro per scaricarla:
$ export PATH=$(pwd)/prebuilts/
gcc/linux-x86/arm/arm-eabi-4.6/
bin:$PATH
o
$ export PATH=$(pwd)/prebuilts/gcc/darwin-x86/arm/arm-eabi-4.6/bin:$PATH
Figura 2: La Pandaboard OMAP4430
- Infine, il progetto x86_64 può vantare
l’uso dei sorgenti del kernel per Nexus
Player e può essere utilizzato come
punto di partenza per lavorare con i
chipset Intel x86_64.
Per utilizzare tutti questi pacchetti è necessario utilizzare, da shell, il comando
git, così:
$ git clone https://android.googlesource.com/kernel/common.git
$ git clone https://android.googlesource.com/kernel/x86_64.git
$ git clone https://android.googlesource.com/kernel/exynos.git
$ git clone https://android.googlesource.com/kernel/goldfish.git
$ git clone https://android.googlesource.com/kernel/msm.git
$ git clone https://android.googlesource.com/kernel/omap.git
$ git clone https://android.googlesource.com/kernel/samsung.git
$ git clone https://android.googlesource.com/kernel/tegra.git
A questo punto si è conclusa la parte di
definizione del nostro ambiente e inizia la
seconda fase; in altre parole dobbiamo
compilare tutto il nostro nuovo ambiente
In ambiente Linux possiamo a questo
punto scaricare una prebuilt toolchain da:
$ git clone https://android.googlesource.com/platform/prebuilts/gcc/linuxx86/
arm/arm-eabi-4.6
Una volta definite le nostre variabili d’ambiente possiamo procedere alla compilazione dell’intero sistema:
$ export ARCH=arm
$ export SUBARCH=arm
$ export CROSS_COMPILE=arm-eabi$ cd omap
$ git checkout <commit_from_
first_step>
$ make panda_defconfig
$ make
Il file binario, il nostro kernel, si trova ora
posizionato nel folder `arch/arm/boot/zI-
mage` e può essere copiato e utilizzato
ora nel nostro ambiente con Android.
E se avessimo bisogno di un’altra toolchain? Chiariamo subito che una toolchain è un insieme di programmi che permettono di compilare un codice sorgente,
e quindi non solo il kernel. Ogni processore e piattaforma hardware hanno una
loro specifica toolchain e, al solito, tipicamente è possibile reperire una particolare
toolchain collegandosi al sito http://developer.android.com/sdk/ndk/index.html.
Ma non solo: per i più audaci è anche possibile costruirsi da soli la propria toolchain.
Una volta reperita una toolchain, ad esempio android-ndk-r7-linux-x86.tar.bz2, è necessario procedere ad estrarre i file, così:
tar
-jvxf
android-ndk-r7-linux-x86.tar.bz2
Ogni kernel, così come qualsiasi software, viene compilato ricorrendo al comando make. Il programma make invoca uno
specifico file chiamato Makefile: questo
contiene le diverse regole utilizzate per
generare il binario; infatti, un Makefile
contiene le opzioni di configurazione specifiche per quell’immagine binaria.
Qualsiasi porzione o modulo software è
compilato con il programma GCC, ovvero il compilatore C di GNU. Ogni toolchain
ne contiene uno, allo stesso modo anche
un qualsiasi NDK ne ha una versione ottimizzata. È necessario essere, così, sicuri
che durante la compilazione si usi sempre
TOOLS
SKILLS
Tabella 3 – Kernel & locations
Dispositivo
Posizione dell’immagine binaria
Localizzazione del codice Configurazione da utilizzare
sorgente
per il building
Shamu
device/moto/shamu-kernel
kernel/msm
shamu_defconfig
Fugu
device/asus/fugu-kernel
kernel/x86_64
fugu_defconfig
Volantis
device/htc/flounder-kernel
kernel/tegra
flounder_defconfig
hammerhead device/lge/hammerhead-kernel
kernel/msm
hammerhead_defconfig
flo
device/asus/flo-kernel/kernel
kernel/msm
flo_defconfig
deb
device/asus/flo-kernel/kernel
kernel/msm
flo_defconfig
manta
device/samsung/manta/kernel
kernel/exynos
manta_defconfig
mako
device/lge/mako-kernel/kernel
kernel/msm
mako_defconfig
grouper
device/asus/grouper/kernel
kernel/tegra
tegra3_android_defconfig
tilapia
device/asus/grouper/kernel
kernel/tegra
tegra3_android_defconfig
maguro
device/samsung/tuna/kernel
kernel/omap
tuna_defconfig
toro
device/samsung/tuna/kernel
kernel/omap
tuna_defconfig
panda
device/ti/panda/kernel
kernel/omap
panda_defconfig
stingray
device/moto/wingray/kernel
kernel/tegra
stingray_defconfig
wingray
device/moto/wingray/kernel
kernel/tegra
stingray_defconfig
crespo
device/samsung/crespo/kernel
kernel/samsung
herring_defconfig
crespo4g
device/samsung/crespo/kernel
kernel/samsung
herring_defconfig
Tabella 4 – Caratteristiche hardware della Pandaboard
Pandaboard è costruita intorno all’OMAP4 dotata di Cortex-A9 e con le seguenti risorse hardware:
 OMAP4430 Application processor
 1GB low-power DDR2
 Display HDMI v1.3 Connector (Type A) to drive HD displays, DVI-D Connector (can drive a 2nd display,
simultaneous display; requires HDMI to DVI-D adapter), LCD expansion header
 3.5” audio in/out & HDMI Audio out
 Full size SD/MMC card
 Built in 802.11 & Bluetooth v2.1+EDR
 Onboard 10/100 Ethernet
 Expansion: 1xUSB OTG, 2xUSB HS host ports, General purpose expansion header (I2C,  GPMC, USB,
MMC, DSS, ETM)
 JTAG, UART/RS-232, 2 status LEDs, 1GPIO button
una versione GCC della toolchain o della
NDK, per evitare di generare codice non
cross-compilato ma, semmai, utilizzabile
solo una macchina host. Ecco perché diventa importante specificare che il GCC
da utilizzare è quello definito nella variabile CROSS_COMPILE, in questo modo:
CROSS_COMPILE= arm-linux-androideabi-
In questo modo, il path per GCC dovrà
diventare arm-linux-androideabi. Ogni
sviluppatore può utilizzare le opzioni di
compilazione in modo differente perché
dipendono dalla particolare piattaforma
hardware utilizzata. È così possibile utilizzare, ad esempio, il supporto ext4 come
parte del kernel zImage o come modulo
chiamato loadable, ovvero nella forma
name.ko, caricato a init.d/init.rc.
Ad ogni modo, è possibile anche ricorrere
a menuconfig, uno strumento che consente di ottenere le possibili combinazioni per
la configurazione del kernel. Infatti, esiste
una grande quantità di opzioni da selezionare, talmente ampia che un progettista
non può conoscerle tutte; ecco perché diventa importante saper utilizzare il tool di
configurazione nel modo più preciso possibile, perché la scelta incide sulla bontà
dell’immagine generata. Non solo, oggi, i
sorgenti del kernel vengono forniti già con
un set predefinito di parametri che possono essere facilmente impostati.
È utile ricordare che tutti i comandi impostati da shell devono essere eseguiti
all’interno della cartella di lavoro; nel no-
stro caso, ad esempio, può essere panda-defconfig, così:
cd ~/android/kernel/bravo_2.6.35_gb-mr
make
ARCH=arm
CROSS_COMPILE=arm-li-
nux-androideabi- bravo_defconfig
Al termine di questo comando, il sistema
genera un file .config. Questo file contiene tutti i parametri utilizzati per produrre
il kernel. Ogni kernel di solito contiene
un file .config per ogni piattaforma conosciuta, in questo modo sarà possibile
ottenere una versione del kernel per ogni
piattaforma. Ad esempio, supponendo di
utilizzare la board example,
make
ARCH=arm
CROSS_COMPILE=arm-li-
nux-androideabi- example_defconfig
Il kernel, infine, può essere compilato ricorrendo semplicemente al comando :
make -j4 ARCH=arm CROSS_COMPILE=arm-linux-androideabi
Il parametro j4 specifica il numero di job
per eseguire l’operazione: questo parametro è tipicamente uguale al numero
dei core del sistema in uso.
Per inciso, a volte può essere necessario
applicare delle patch al kernel quando
si ha la necessità di modificare parte del
codice perché il software originario, ad
esempio, non risulta essere compatibile
con la piattaforma in uso.
SPOTLIGHT
La Ricarica Wireless
dei Dispositivi Mobili
di Julius Sarkis, Integrated Device Technology
La ricarica senza fili è pronta
a rivoluzionare il settore
dei dispositivi mobili e dei tablet
energivori del giorno d’oggi.
Secondo quanto affermato da alcuni
autorevoli analisti, il mercato
della ricarica wireless nei prossimi
quattro anni crescerà da poco
più di 200 milioni di dollari
a 8,5 miliardi di dollari è la chiave
per concretizzare un tale potenziale
risiederà in una maggiore
integrazione dei semiconduttori.
Q
uello senza fili è destinato a diventare il metodo preferito di ricarica dei
dispositivi mobili quali gli smartphone,
i tablet ed il nuovo formato intermedio
correntemente chiamato “phablet” (neologismo nato dalla fusione delle parole
phone e tablet).
A mano a mano che gli utenti avranno
bisogno di ricaricare le batterie durante il giorno per supportare attività come
accessi intensivi ad Internet, videogiochi ad alta definizione, streaming multimediale e navigazione GPS, la ricarica
senza fili in molte occasioni finirà per diventare la norma.
APPOGGIA E RICARICA
La ricaricare senza fili, che viene attivata
semplicemente posizionando il dispositivo su di un apposito tappetino di ricarica, può offrire ai proprietari di cellulari
una grande facilità e praticità di utilizzo
ma, fino ad ora, i sistemi di ricarica senza
fili sono rimasti generalmente relegati al
Figura 1: Efficienza dei sistemi ad induzione e risonanza, in rapporto al disallineamento in X/Y
SPOTLIGHT
SKILLS
ruolo di novità nel mercato degli accessori e non sono stati presi seriamente in
considerazione come una valida alternativa agli adattatori ed ai cavi tradizionali.
I primi sistemi disponibili si sono infatti
dimostrati scomodi ed ingombranti, rendendo necessario inserire il dispositivo
in una custodia di ricarica prima di posizionarlo sull’apposito tappetino.
I suddetti sistemi si basavano, inoltre,
su di una tecnologia proprietaria, che
ha ostacolato l’interoperabilità tra apparati di produttori differenti.
I prezzi di vendita al dettaglio, infine,
sono rimasti relativamente alti, intorno
agli 80-100 $ per il tappetino e 30-40 $
circa per la custodia.
In conseguenza di tutto ciò, il livello di
vendite di tali prodotti e la loro penetrazione del mercato sono rimasti limitati.
Ciononostante, l’ubiquità attira sempre. La
società di analisi IHS Technology, quando
pubblicò il proprio rapporto del 2014 sull’alimentazione senza fili (“Wireless Power
Report 2014”), pronosticò che il fatturato
ricavato dalla vendita dei trasmettitori e dei
ricevitori di potenza senza fili sarebbe aumentato da 216 milioni di dollari nel 2013 a
8,5 miliardi di dollari nel 2018, registrando
un incremento di quasi quattro volte.
Figura 2. Blocchi funzionali del sistema di ricarica senza fili incorporato nei circuiti integrati
su singolo chip del trasmettitore e del ricevitore.
ardui
SPOTLIGHT
SKILLS
DALLA NOVITÀ ALLA NECESSITÀ
Diversi sono i fattori alla base della fiducia che IHS nutre nella ricarica senza fili.
Uno di questi è il fatto che le principali
industrie del settore si sono unite per sviluppare gli standard necessari a garantire l’interoperabilità fra sistemi di ricarica
e dispositivi mobili di produttori differenti. Questo gruppo comprende aziende di
software e di componenti, fabbricanti di
telefonini ed operatori di rete.
Fra i produttori di semiconduttori che
stanno attivamente contribuendo allo
sviluppo degli standard per la ricarica
senza fili, Integrated Device Technology
(IDT) è un membro del consiglio direttivo
delle associazioni WOC (Wireless Power
Consortium) e A4WP (Alliance for Wireless Power), oltre ad avere uno stretto
legame anche con l’associazione PMA
(Power Matters Alliance). Quelli appena
citati sono i principali gruppi che lavorano alla definizione di standard per la ricarica senza fili. Nel corso di uno sviluppo
all’inizio del 2014, la PMA ha poi unito le
proprie forze con la A4WP.
All’interno dell’ecosistema dell’alimentazione wireless esistono due approcci
tecnici: l’induzione magnetica e la risonanza magnetica.
L’attività dei gruppi WPC e PMA è focalizzata sulla prima tecnica, mentre il gruppo A4WP costituisce l’elemento trainante per gli standard basati sulla risonanza
magnetica. Alcune soluzioni a induzione
vengono già prodotte in serie, mentre la
tecnica basata sulla risonanza magnetica
sembra destinata a passare alla produzione in grande serie solo alla fine del 2014.
Basta un semplice confronto fra i due
approcci per illustrarne le principali differenze contestualizzate in un’applicazione
concreta: l’induzione magnetica richiede
un accoppiamento a distanza ravvicinata
e può raggiungere i migliori livelli elevati di
efficienza quando il disallineamento x/y è
piccolissimo.
Dall’altra parte, la risonanza magnetica
consente una maggiore libertà di posizionamento spaziale, sebbene non sia in
grado di eguagliare l’efficienza di picco
degli approcci basati sull’induzione.
La tecnica ad induzione magnetica raggiunge livelli di efficienza più elevati quando il disallineamento è minimo.
Quella a risonanza magnetica non riesce
ad ottenere le stesse prestazioni nemmeno quando il trasmettitore ed il ricevitore
sono l’uno vicino all’altro, ma l’efficienza
non crolla così rapidamente all’aumentare del disallineamento.
L’associazione WPC ha pubblicato la
specifica di bassa potenza Qi, la quale
definisce l’interfaccia per il trasferimento
di potenza senza contatto fra un trasmettitore ed un ricevitore di potenza, oltre a
stabilire i requisiti di funzionamento e le
specifiche dei test di conformità. Tutti i
dispositivi che recano il logo Qi sono garantiti per essere conformi alle specifiche
stilate dal consorzio WPC e, quindi, per
poter funzionare insieme senza problemi.
Allo stesso modo, il marchio di interoperabilità definito dall’associazione PMA
è presente sugli apparati che rispettano i criteri della PMA. Un ulteriore passo
avanti nell’evoluzione di standard consistenti è il varo, in seno all’IEEE, del gruppo di lavoro sui sistemi di alimentazione
e ricarica senza fili (WPCS-WG: Wireless
Power and Charging Systems Working
Group) con lo scopo di sviluppare le specifiche standard P2100.1™ dell’associazione internazionale IEEE per i sistemi di
alimentazione e di ricarica senza fili.
La norma IEEE P2100.1 stabilisce le specifiche per l’alimentazione e per la ricarica senza fili sia per la sorgente, sia per
i carichi. Nonostante questa normativa
sia al momento focalizzata sull’utilizzo
dell’accoppiamento induttivo, in futuro
verranno presi in considerazione anche
altri tipi di tecnologia.
Una maggiore interoperabilità è la caratteristica essenziale affinché molti degli
scenari di utilizzo già anticipati diventino
attuabili e, tra questi: la ricarica di dispositivi in auto, in spazi pubblici come le stazioni e gli aeroporti, in luoghi quali i bar e
gli stadi sportivi o, ancora, al lavoro.
A casa, invece, la possibilità di ricaricare i dispositivi di tutta la famiglia con un
tappetino comune offre l’opportunità di
bandire adattatori e cavi antiestetici, liberando allo stesso tempo un gran numero di prese elettriche.
Al progressivo emergere di standard affidabili, anche organizzazioni che si ri-
velano indispensabili per la creazione di
un’infrastruttura di supporto ampiamente diffusa possono a loro volta impegnarsi in progetti di ricarica senza fili.
Si sa, ad esempio, che i produttori di automobili sono interessati alla possibilità
di eliminare i cavi dall’interno del veicolo
tramite la ricarica wireless. Alcune ben
note case produttrici hanno dimostrato
sistemi di questo tipo in occasione dei
recenti saloni dell’auto e all’esposizione
dell’elettronica di consumo (CES: Consumer Electronics Show) che si è tenuta a
Las Vegas. In alcuni progetti, in particolare, la tecnologia descritta viene impiegata per alimentare alcuni sistemi interni
al veicolo, come le soluzioni di intrattenimento per i sedili posteriori e l’illuminazione dell’abitacolo.
Oltre a ciò, le basi di ricarica possono essere integrate in elementi come il piano
del tavolo o altri componenti dell’arredamento, oppure in accessori come le lampade da tavolo.
Anche le attività commerciali strutturate
con catene di punti vendita, come i caffè, non vedono l’ora di offrire il servizio di
ricarica senza fili per attirare quei clienti che, oltre ad essere alla ricerca di un
punto di ristoro, necessitano anche di un
rapido “spuntino di carica” per i propri
dispositivi.
Questa tendenza è dimostrata da Starbucks: nel giugno del 2014, infatti, l’azienda annunciò che in collaborazione
con Duracell Powermat stava iniziando
SPOTLIGHT
SKILLS
iniziato ad integrare la tecnologia necessaria per ricevere l’alimentazione o direttamente all’interno del ricevitore degli
smartphone, oppure dentro un guscio
sostitutivo con batteria integrata che può
essere acquistato separatamente.
Figura 3. Il circuito integrato per trasmettitori IDTP9038, realizzato su singolo chip,
minimizza il numero complessivo dei chip e dei componenti passivi esterni nelle configurazioni
con bobine di tipo A5/A11.
la presentazione, a livello nazionale, dei
tappetini di ricarica senza fili presso i propri negozi, a cominciare da quelli situati
nella baia di San Francisco. Allo stesso
modo, anche gli operatori delle reti mobili stanno mostrando interesse per la ricarica senza fili.
Un ben noto operatore, ad esempio, ha
installato una serie di postazioni di ricarica di questo tipo lungo tutto il proprio
stand al Congresso mondiale della telefonia mobile, sfruttandoli come un mez-
zo comodo per garantire ai membri del
proprio gruppo di poter usare ininterrottamente i loro dispositivi per la durata
dell’intero evento.
Ad esempio il modello G3, prodotto di
punta della LG, include ora la tecnologia
adatta a ricevere l’alimentazione senza
fili, grazie al chip IDTP9025 di IDT montato al suo interno.
Questo tipo di soluzione, che elimina la
necessità di utilizzare un’ingombrante
custodia di ricarica, consente di superare un serio ostacolo all’accettazione su
ampia scala della ricarica senza fili.
Gli utenti, infatti, non sono disposti ad
essere penalizzati da peso ed ingombro
aggiuntivi in cambio della possibilità di
ricaricare senza fili i loro dispositivi.
Per quanto riguarda la base di ricarica
senza fili, invece, i venditori di dispositivi portatili potrebbero in futuro inserirne
una fra gli accessori forniti a corredo degli
stessi dispositivi, direttamente nella confezione di vendita; inoltre le basi saranno
necessarie anche in qualsiasi altra postazione nella quale va offerta la ricarica.
COME SUPERARE IL PROSSIMO
OSTACOLO
Presentando il proprio rapporto del 2014
sull’alimentazione senza fili (“Wireless
Power Report 2014”), IHS Technology
evidenziò come alcune delle più importanti marche di dispositivi avevano allora
La chiave giusta per arrivare ad una integrazione estesa della capacità di ricarica senza fili da parte dei produttori dei
dispositivi mobili, così come delle case
automobilistiche, dei mobilieri o di altri
ancora, è il costo.
Il costo della combinazione di ricevitore
e trasmettitore deve scendere sensibilmente al di sotto del listino di 80-100 dollari, tipico dei primi sistemi venduti come
accessori.
La complessità di tali sistemi, infatti, ha
contribuito in modo significativo a determinare il loro elevato prezzo di vendita. Un trasmettitore di potenza a singola
bobina di tipo A1 controllata magneticamente, adatto ad essere impiegato in
una base di ricarica, comprende più di
90 componenti singoli, inclusi nove circuiti integrati.
I suddetti componenti sono necessari per
gestire non solo il passaggio di energia
dal trasmettitore al ricevitore, ma anche
per supportare una comunicazione che
rispetti le specifiche definite da WPC e
PMA per avviare e controllare il processo di ricarica, oltre che per fornire funzioni
addizionali come il rilevamento di oggetti
estranei (FOD: Foreign Object Detection).
Disporre di una procedura di rilevazione degli oggetti estranei affidabile è essenziale per mantenere nel consumatore la fiducia nell’operazione di ricarica
senza fili. Gli utenti, infatti, devono essere certi che non vi siano rischi legati
alla sicurezza in caso la base di ricarica
venisse toccata o qualora un oggetto
metallico fosse presente nelle immediate vicinanze.
Infine, devono essere ridotte al minimo
anche le indesiderate emissioni elettromagnetiche prodotte dal sistema.
SPOTLIGHT
SKILLS
L’INTEGRAZIONE È LA SOLUZIONE
DEL PROBLEMA
I Circuiti integrati caratterizzati da un elevato livello di integrazione sono in grado
di supportare le suddette funzioni in un
singolo dispositivo, come mostrato in figura 2. Oggi consentono di ridurre notevolmente il numero di componenti necessari in un trasmettitore o in un ricevitore
tipici. Questa caratteristica permette ai
produttori di abbassare significativamente il costo della distinta base dei materiali,
semplificando al medesimo tempo la progettazione e snellendo l’assemblaggio.
In un sistema di ricarica senza fili conforme ai criteri stabiliti da WPC, un inverter a mezzo ponte o a ponte intero lato
trasmettitore converte la tensione continua applicata in una corrente alternata,
che viene fatta scorrere in una bobina. Si
possono utilizzare diverse configurazioni, quali: a bobina singola di tipo A1, A5
o A11, oppure a tripla bobina di tipo A6.
La corrente alternata induce, a sua volta,
una tensione alternata nella bobina del
ricevitore.
Quest’ultimo contiene un raddrizzatore
sincrono a ponte intero che converte la
suddetta tensione alternata in una tensione continua, la quale viene poi controllata attraverso un regolatore DC/DC
a commutazione oppure di tipo lineare a
bassa caduta (LDO: Low Drop Out).
IDT offre una famiglia di circuiti integrati
adatti sia al trasmettitore, sia al ricevitore; questi integrati presentano un elevato
4d systems
livello di integrazione e supportano diverse configurazioni degli avvolgimenti, varie architetture degli inverter e differenti
intervalli di tensione in ingresso lato trasmettitore, oltre a molteplici architetture
per la sezione del ricevitore. Vi è la possibilità di scegliere, ad esempio, fra il regolatore a commutazione o quello lineare, e
con l’opzione di integrare una macchina
a stati oppure un microcontrollore.
Tra i vari modelli disponibili, il dispositivo
IDTP9030 fornisce una soluzione compatibile con la specifica di bassa potenza
dell’interfaccia Qi A1/A10, fa parte della
prima generazione di prodotti di IDT ed è
stato anche il primo circuito integrato al
mondo a supportare la progettazione di
un trasmettitore di potenza senza fili su
singolo chip.
Grazie all’impiego di dispositivi come
il modello IDTP9030 o il più recente
IDPT9038, che appartiene alla seconda
generazione di prodotti di IDT destinati
ad applicazioni con configurazioni delle bobine di tipo A5/A11, viene ridotta
al minimo la necessità di componenti
esterni aggiuntivi, come illustrato nella
figura 3.
Tutti e tre i componenti sono integrati
all’interno del trasmettitore IDT:
- IDTP9038 IC Trasmettitore: Sensore di
corrente e Rilevatore di oggetti estranei
- Stadio di Potenza con ponte ad H
- Stadio di pilotaggio e di potenza con
ponte ad H
SPOTLIGHT
SKILLS
- Circuito Integrato di controllo della competizione
Un inverter a ponte intero e ad alta efficienza, che è integrato nel modello
IDTP9038, supporta la configurazione
delle bobine A5/A11 come definite dallo
standard WPC e gestisce la conversione
della tensione continua di ingresso in una
corrente alternata sulla bobina.
È presente, inoltre, un blocco modulatore/demodulatore che rileva, demodula e
decodifica i pacchetti di comunicazione
conformi allo standard WPC.
Nel medesimo dispositivo è integrato
anche un microcontrollore dotato di memorie RAM/ROM, in grado di eseguire le
istruzioni contenute nei pacchetti decodificati in ingresso e di regolare il punto
di lavoro per adattare al ricevitore la potenza del trasmettitore.
Il suo funzionamento multi-modale rende questo dispositivo adatto a supportare non solo entrambi gli standard WPC
e PMA, ma anche i protocolli proprietari
dei clienti, grazie al rilevamento ed alla
commutazione dinamici fra gli stessi protocolli, caratteristiche che garantiscono
la massima flessibilità nella trasmissione
di potenza senza fili.
Questo trasmettitore anche il riconoscimento multilivello di oggetti estranei
ideato da IDT, una funzionalità che impedisce agli utilizzatori di essere esposti a
condizioni di pericolo, quali, ad esempio,
una temperatura eccessiva nel caso in
cui un oggetto metallico venisse posizionato sulla base di ricarica.
L’approccio di riconoscimento a multilivello copre e rileva praticamente tutti gli
scenari, compresi i casi in cui un oggetto
metallico venga appoggiato prima che il
telefono sia posizionato, oppure rimanga
attaccato al retro del telefono, o, ancora,
infilato tra il telefono stesso e la base durante la ricarica.
Utilizzando il dispositivo IDTP9030, è
possibile realizzare un trasmettitore a
singolo chip con un numero complessivo
di soli 30 componenti e a meno di un terzo del costo rispetto ad una tradizionale
soluzione a componenti discreti.
Il modello IDTP9038 rappresenta la prima soluzione disponibili sul mercato per
un trasmettitore di potenza senza fili su
singolo chip conforme allo standard Qi
ed in grado di supportare una tensione
di 5 V in ingresso, arricchisce le caratteristiche e le funzionalità del precedente IDTP9030 e, soprattutto, per la prima
volta incorpora anche un canale di comunicazione di ritorno.
Quest’ultimo permette al trasmettitore di
comunicare e scambiare dati con il ricevitore allo scopo di fornire un’autenticazione sicura a due vie.
Il suddetto dispositivo, infine, presenta
un circuito di controllo proprietario in
grado di offrire, in termini di interferenza elettromagnetica, prestazioni misura-
te inferiori di 10 dB rispetto ai requisiti
definiti dal CISPR, riducendo quindi le
preoccupazioni legate a possibili interferenze con altri apparecchi elettronici
sensibili.
Sono già disponibili sul mercato prodotti
che grazie ai ricevitori di IDT integrano
la capacità di ricarica senza fili e sono
adatti per essere utilizzati con le basi di
ricarica.
Tra questi, va citato l’ultimissimo smartphone G3 di LG, che presenta alcune
caratteristiche davvero all’avanguardia,
come la ricarica senza fili mantenendo
una forma compatta, grazie all’impiego
del circuito integrato IDTP9025A di IDT,
un ricevitore di potenza senza fili a singolo chip e conforme allo standard WPC.
Il dispositivo IDTP9025A risulta ideale
anche per i telefoni portatili senza fili, le
custodie dei cellulari e per i tablet.
Adatto per le applicazioni che richiedono
dimensioni estremamente ridotte, come
avviene per i dispositivi che si possono
indossare, il dispositivo IDTP9026 integra un circuito di ricarica della batteria
ed un ricevitore di potenza senza fili in
un contenitore (CSP: Chip Scale Package) da 40 pin di dimensioni pari a 2,21
mm x 3,41 mm.
La dimensione della soluzione complessiva risulta inferiore a 30 mm2, misura significativa se confrontata con i 65 mm2
delle altre soluzioni attualmente disponibili. Il dispositivo IDTP9026, inoltre, è
pienamente compatibile con il trasmettitore di potenza senza fili IDTP9038, che
integra un inverter a ponte intero “ad H”
ed è il primo trasmettitore sul mercato
a singolo chip conforme alle specifiche
WPC con ingresso a 5 V.
CONCLUSIONE
La ricarica wireless sta guadagnando
terreno, in quanto rappresenta un aspetto rilevante dell’infrastruttura delle comunicazioni mobili.
Gli analisti del settore e svariate organizzazioni commerciali ritengono ora che
un grande numero di consumatori ricaricherà il proprio dispositivo portatile senza
usare cavi di collegamento e impiegando,
piuttosto, tappetini di ricarica in postazioni che vanno dall’abitazione all’aeroporto
o all’automobile.
Ora che esistono standard consolidati in
grado di garantire una interoperabilità diffusa, la ricarica senza fili richiede trasmettitori e ricevitori fortemente integrati che
rispettino i suddetti standard allo scopo
di mettere a frutto il potenziale di questa
tecnologia, che diventerà per certo il metodo di ricarica preferito da quanti utilizzano dispositivi portatili in ogni dove.
SPOTLIGHT
LT8616 per le Nuove Esigenze
in Campo Automotive
di Jeff Gruetter, Product Marketing Engineer
Linear Technology Corporation
Poiché le auto continuano a essere
dotate di un numero sempre
crescente di sistemi elettronici volti
a migliorare la sicurezza, il comfort,
l’efficienza e le prestazioni oltre
a ridurre al minimo le dannose
emissioni di scarico, non sorprende
che richiedano soluzioni
di conversione della potenza
di dimensioni inferiori e con prestazioni
superiori. Nell’ articolo vediamo
quali sono le caratteristiche di un
integrato in grado di soddisfare
queste nuove esigenze.
S
econdo Strategy Analytics, “si prevede che la richiesta di dispositivi a
semiconduttori adatti crescerà a un tasso annuo medio composto del 5% nei
prossimi sette anni e il valore totale del
mercato sarà di oltre 41 miliardi di dollari
entro il 2021 rispetto a 27,5 miliardi nel
2013”. Lo studio condotto da Strategy
Analytics afferma pure che la richiesta di
microcontrollori e dispositivi a semiconduttori di alimentazione sarà alla base di
oltre il 40% delle entrate.
Le previsioni di Strategy Analytics
sull’aumento della percentuale di sistemi
elettronici presenti nelle auto sono in larga parte espresse in forma quantitativa,
ma più interessante è il ruolo prevalente
svolto dai nuovi circuiti integrati di alimentazione in questa crescita.
I progetti di tali circuiti devono offrire:
1) prestazioni elevate in un ampio intervallo di tensioni, compresa la gestione
di transitori a livelli maggiori di 36 V;
Figura 1. La miriade di sistemi elettronici che possono essere presenti nelle auto moderne
SPOTLIGHT
SKILLS
2) la massima efficienza possibile, per
ridurre al minimo i problemi di natura
termica e ottimizzare l’autonomia della
batteria;
3) corrente a riposo ultra-bassa (<10 µA)
per rendere possibili sistemi “alwaysOn”, come sistemi di sicurezza, di controllo ambientale e di informazione-intrattenimento, che devono rimanere
inseriti senza scaricare la batteria del
veicolo quando il motore (l’alternatore)
non è in funzione;
4) il minimo ingombro possibile, il ché
spesso richiede più linee di tensione
per ridurre al minimo lo spazio necessario per i circuiti di conversione della
potenza;
5) frequenze di commutazione pari ad almeno 2 MHz, per prevenire il rumore di
commutazione nella banda radio AM e
mantenere le dimensioni della soluzione molto contenute.
L’obiettivo nell’ottenere livelli prestazionali superiori dei circuiti integrati di
alimentazione è quello di consentire
la progettazione di un numero sempre
maggiore di sistemi elettronici, sempre
più complessi, presenti nelle auto. Specifiche applicazioni che danno impulso a
questa crescita sono individuabili in ogni
parte del veicolo.
Per esempio, i nuovi sistemi di sicurezza: controllo della posizione in corsia,
controllo di sicurezza adattativo, funzionamento automatico degli indicatori di
svolta e dell’attenuazione della luminosità dei fari; i sistemi telematici di informazione ed intrattenimento, che continuano
a evolversi e riuniscono ancora più funzionalità in uno spazio già ridotto, devono
supportare un numero sempre crescente
di applicazioni web; sistemi avanzati di
gestione del motore, con l’implementazione di circuiti di avvio/arresto, circuiti di controllo del motore e trasmissioni
che impiegano molteplici circuiti elettronici, oltre a sistemi di gestione del telaio e della catena cinematica, pensati per
migliorare simultaneamente le prestazioni, la sicurezza e il comfort. Alcuni anni
fa, questi sistemi erano presenti solo in
auto di lusso, ma adesso sono usuali nei
modelli di qualsiasi produttore, accelerando ulteriormente la crescita dei circuiti integrati di alimentazione nel settore
automobilistico. La figura 1 mostra la
miriade di sistemi elettronici che possono essere presenti nelle auto moderne.
TRANSITORI NEI SISTEMI AUTOMOBILISTICI
Sebbene la tensione nominale del sistema di alimentazione di un’auto sia pari a
12 V, il suo valore può comunque variare
da 9 V a 16 V, in funzione dei periodi di
tempo in cui l’alternatore la sta caricando. Inoltre, la tensione di una batteria al
piombo-acido varia in modo notevole
durante possibili condizioni temporanee: può diminuire sino a 3,5 V durante
un avviamento a freddo e in situazioni
di avvio-arresto, mentre può aumenta-
Figura 2. Il regolatore LT8616 in una situazione di tensione a 4 V dovuta ad avviamento a freddo
e di tensione a 36 V dovuta a scollegamento transitorio del carico
re sino a 36 V in caso di scollegamento
del carico. Quindi, i circuiti integrati di
alimentazione devono essere in grado
di regolare con precisione l’uscita in un
ampio intervallo di variazione della tensione d’ingresso.
La notevole variazione transitoria della tensione in situazioni di avviamento a
freddo o avvio-arresto e di scollegamento del carico per una batteria al piombo-acido è illustrata nella figura 2.
Si noti che l’appropriato circuito integrato di alimentazione (l’LT8616 in questo
caso) regola con precisione l’uscita a 3,3
V in entrambe queste situazioni.
FUNZIONAMENTO AD ALTA EFFICIENZA
Il funzionamento ad alta efficienza dei
circuiti integrati di gestione della potenza
in applicazioni automobilistiche è importantissimo per due motivi fondamentali.
Anzitutto, quanto più efficiente è la conversione della potenza, tanto minore è la
quantità di energia sprecata sotto forma
di calore.
Poiché il calore è il nemico dell’affidabilità a lungo termine di qualsiasi sistema
elettronico, deve essere gestito efficacemente, il ché in genere richiede dei
dissipatori; questi rendono la soluzione
generale più complessa, ingombrante e
SPOTLIGHT
SKILLS
costosa. In secondo luogo, qualsiasi parte dell’energia elettrica sprecata nei veicoli elettrici o ibridi ne riduce direttamente l’autonomia. Fino a poco tempo fa, i
circuiti integrati monolitici ad alta tensione di gestione della potenza e i raddrizzatori sincroni ad alta efficienza erano
mutuamente esclusivi poiché i necessari
processi di fabbricazione non potevano
supportare entrambi i tipi di progetto. Da
sempre, le soluzioni con la massima efficienza sono state offerte da controller ad
alta tensione che utilizzavano MOSFET
esterni per il raddrizzamento sincrono;
tuttavia, queste configurazioni sono relativamente complesse e ingombranti per
applicazioni a potenze inferiori a 15 W rispetto a una soluzione alternativa basata
su circuiti monolitici.
Fortunatamente, ora sono disponibili sul
mercato nuovi circuiti integrati di gestione della potenza che offrono sia alta tensione (42 V) che alta efficienza grazie al
raddrizzamento sincrono interno.
Figura 3. Schema tipico dell’LT8616 per l’impiego nel settore auto per ottenere un’uscita
a 5 V e 1,5 A e un’altra a 3,3 V e 2,5 A
SPOTLIGHT
SKILLS
Figura 4. Curve dell’efficienza dell’LT8616
Figura 5. Curva della caduta di tensione
per il circuito della Figura 2
dell’LT8616
I SISTEMI “ALWAYS-ON” RICHIEDONO
UNA CORRENTE ULTRA-BASSA
gnali digitali (DSP) e circa il 20% di questi richiede la modalità di funzionamento
“always-On”.
In questi sistemi, i circuiti integrati di
conversione della potenza devono funzionare in due modalità diverse.
Molti sottosistemi elettronici devono funzionare in modalità di “standby” oppure
“keep alive”, assorbendo una corrente a
riposo minima a una tensione regolata
mentre si trovano in uno di tali stati.
Questi circuiti sono presenti nella maggior parte dei sistemi di alimentazione
elettronici di navigazione, di protezione
dei passeggeri, sicurezza e gestione del
motore. Inoltre, ciascuno di essi può essere dotato di numerosi microprocessori
e microcontrollori.
La maggior parte delle auto di lusso incorpora oltre 150 di tali processori di se-
Anzitutto, quando il veicolo è in funzione, i circuiti di conversione della potenza che alimentano questi DSP in genere
funzionano alla massima corrente, fornita dalla batteria e dall’impianto di carica;
ma quando il sistema di accensione del
veicolo è disinserito, i microprocessori di
questi sistemi devono rimanere in funzione, in modo tale che i loro circuiti integra-
ti di alimentazione mantengano in uscita
una tensione costante, pur assorbendo
una corrente minima dalla batteria.
Poiché possono essere simultaneamente in funzione oltre 30 di questi processori “always-On”, alla batteria viene richiesto di erogare una potenza significativa
anche mentre il sistema di accensione è
disinserito.
Complessivamente, possono essere
necessarie centinaia di milliampere per
alimentare questi processori sempre in
attività, per cui la batteria potrebbe scaricarsi completamente nell’arco di alcuni giorni.
Quindi, la corrente a riposo di questi circuiti integrati di alimentazione deve essere ridotta drasticamente per preservare
la durata della batteria senza aumentare
né le dimensioni né la complessità dei sistemi elettronici.
Fino a poco tempo fa, il requisito di funzionamento ad alta tensione d’ingresso
e quello di bassa corrente a riposo erano
parametri mutuamente esclusivi per un
convertitore CC/CC.
Per gestire meglio questi requisiti, dieci
anni fa, numerose case automobilistiche
hanno specificato una corrente a riposo
<100 µA per ciascun convertitore CC/CC
“always-On”, ma attualmente si preferisce una corrente inferiore a 10 µA. Fortunatamente, è stata introdotta una nuova
generazione di circuiti integrati di alimentazione che offre correnti a riposo minori
di 5 µA nella modalità di standby.
CIRCUITI DI CONVERSIONE
DELLA POTENZA PIÙ COMPATTI Esistono
vari modi per ridurre le dimensio-ni dei
circuiti di conversione della potenza. In
genere, il componente più grande del
circuito non è rappresentato dal circuito
integrato, ma dagli induttori e dai condensatori esterni, le cui dimensioni possono
essere ridotte drasticamente aumentando la frequenza di commutazione di tale
circuito integrato da 400 kHz a 2 MHz; ma
per ottenere questo risultato in modo efficace, il circuito integrato deve assicurare
alta efficienza a queste maggiori frequenze, e ciò finora non era attuabile.
Ma impiegando nuovi processi e tecniche di progettazione, sono stati sviluppati circuiti integrati di alimentazione sincroni che offrono efficienza superiore al
92 % e frequenza di commutazione pari
a 2 MHz.
Il funzionamento ad alta efficienza riduce
al minimo la perdita di potenza, eliminando la necessità di dissipatori termici, e ha
l’ulteriore vantaggio di prevenire il rumore
di commutazione nella banda di frequenza AM, il ché è cruciale in qualsiasi sistema elettronico sensibile al rumore.
Un altro modo per ridurre drasticamente
le dimensioni dei circuiti di conversione
della potenza consiste nell’usare un convertitore doppio anziché due dispositivi
singoli, quando sono necessarie due linee di tensione separate.
Poiché un circuito integrato di conversione doppio è solo di pochissimo più gran-
SPOTLIGHT
SKILLS
de di un equivalente convertitore singolo,
il suo ingombro può essere pari alla metà
rispetto a due convertitori singoli separati.
Inoltre, i convertitori doppi sono progettati per ridurre al minimo la diafonia indesiderata tra i canali, mentre la diafonia
tra due convertitori singoli adiacenti può
creare problemi, a meno che entrambi non siano sincronizzati con lo stesso
clock; ma l’inclusione di un clock e del
circuito di sincronismo esterni aumenta
le dimensioni, la complessità e il costo
dell’intero circuito.
NUOVE SOLUZIONI ALTERNATIVE
Il Linear Technology LT8616 è il primo di
una famiglia di regolatori buck sincroni ad alta tensione, di tipo multi-uscita.
L’intervallo di tensioni d’ingresso – da 3,4
V a 42 V – lo rende ideale per applicazioni auto soggette a transitori sia a bassa
tensione, come in condizioni di avviamento a freddo o di avvio-arresto, sia ad
alta tensione come in condizioni di disinserimento del carico.
I suoi due canali sono in grado di produrre una corrente di uscita continua pari a
1,5A e 2,5 A, controllando le tensioni in
uscita da 0,8 V sino a un valore leggermente inferiore a VIN; il regolatore è quindi ideale per molte linee di alimentazione
collegate direttamente a quella della batteria del veicolo.
Una tale soluzione a doppia uscita, semplice e molto compatta, elimina la necessità di qualsiasi diodo esterno.
Lo schema circuitale del regolatore è
mostrato nella figura 3.
Il circuito di raddrizzamento sincrono
dell’LT8616 include MOSFET superiori e
inferiori per ciascun canale, che assicurano efficienza sino al 95 %.
La figura 4 mostra che il regolatore può
conseguire un’efficienza superiore al 95
% mentre alimenta un carico di 5 V con
tensione d’ingresso nominale di 12 V e al
94 % mentre alimenta un carico di 3,3 V
simultaneamente, anche a una frequenza di commutazione relativamente alta di
700 kHz.
Questo funzionamento ad alta efficienza riduce al minimo lo spreco di potenza ed elimina la necessità di dissipatori
termici anche nella maggior parte delle
applicazioni con spazio angusto. Nei veicoli elettrici e ibridi, ciò può comportare
direttamente un aumento dell’autonomia
tra una carica e l’altra della batteria.
Inoltre, la modalità di funzionamento
Burst Mode® riduce la corrente a riposo in assenza di carico a soli 5 µA, per
entrambi i canali, rendendo il regolatore ideale per applicazioni “always-On”,
in cui la tensione regolata deve essere
mantenuta costante, anche a vuoto, per
massimizzare la durata della batteria.
Questo è particolarmente importante a
causa del numero crescente di sistemi
sempre attivi. Non solo: una topologia
pensata per il funzionamento Burst Mode
con ripple bassissimo riduce al minimo il
rumore di uscita, a meno di 10 mVP-P , per
iqrf
SPOTLIGHT
SKILLS
cui il regolatore è adatto per applicazioni
sensibili al rumore.
Se l’applicazione richiede il sincronismo
esterno, la funzione Burst Mode può essere sostituita con uno schema di frequenza a salto di impulsi.
Il funzionamento con bassissima caduta
di tensione dell’LT8616s è pure particolarmente vantaggioso in applicazioni che
devono regolare le uscite in condizioni di
avvio/arresto o di avviamento a freddo.
La figura 5 mostra che anche quando
la tensione d’ingresso scende sotto la
tensione di uscita programmata, 5 V in
questo caso, l’uscita è sempre a 500 mV
a 2 A sotto la tensione d’ingresso, non
appena questa supera 2,9 V.
Ciò è importante poiché molti moduli
di controllo elettronici (ECM, Electronic
Control Module) richiedono uno o più microprocessori/microcontroller; sebbene
questi siano progettati per funzionare a
tensione nominale di 5 V, continuano a
funzionare con tensioni di alimentazione
inferiori, sino a 3 V.
Quindi in una situazione di avviamento
a freddo, l’ingresso può diminuire sino a
3,4 V e il microprocessore continuerà a
funzionare, evitando l’arresto dell’ECM.
Inoltre, un tempo On minimo dell’LT8616
pari a soli 30 ns rende possibile il funzionamento a frequenza costante di 2 MHz
da un ingresso di 24 V a un’uscita di 1,5
V, mettendo in grado il progettista di ottimizzare l’efficienza e al tempo stesso
evitare cruciali bande di frequenza sensibili al rumore, come quelle radio AM.
Anche con una tensione d’ingresso maggiore di 16 V, l’LT8616 produrrà una tensione di uscita ben regolata anche a valori bassissimi, sino a 1 V.
Poiché il funzionamento a frequenze di
commutazione più alte riduce le dimensioni dei componenti esterni, la frequenza di commutazione di 2 MHz dell’LT8616
consente di ottenere una soluzione molto
compatta. Non è tutto: sono state implementate tecniche di progettazione speciali per ridurre al minimo il rischio di problemi da interferenza elettromagnetica o
di compatibilità elettromagnetica.
L’LT8616 è basato su una configurazione
a doppio canale: ciascuno di essi integra
interruttori di potenza ad alta efficienza
superiori e inferiori dotati del necessario
diodo di boost; l’oscillatore, i circuiti di
controllo e di logica sono condivisi e integrati in una sola piastrina.
I due canali sono sfasati di 180 gradi per
ridurre al minimo il ripple d’ingresso e di
uscita. Speciali tecniche di progettazione e un nuovo processo ad alta velocità assicurano alta efficienza in un ampio
intervallo di tensioni d’ingresso, mentre
la topologia in current mode dell’LT8616
offre risposta rapida ai transitori ed eccellente stabilità di anello.
Altre funzionalità: compensazione interna, indicatori dei livelli adeguati di alimentazione, affidabile protezione contro i cortocircuiti, rilevazione del carico/
avvio graduale in uscita e protezione
termica.
La combinazione del contenitore QFN da
3mm x 6mm o TSSOP dotato di dissipatori avanzati, entrambi a 28 conduttori, e
dell’elevata frequenza di commutazione
mantiene piccole le dimensioni degli induttori e dei condensatori esterni, offrendo un ingombro ridotto con un’ottima efficienza termica.
CONCLUSIONE
La rapida diffusione di sistemi elettronici
molto complessi nelle automobili ha creato una richiesta ancora maggiore di circuiti integrati di gestione della potenza.
Offrendo circuiti integrati di alimentazione a doppia uscita, i progettisti di sistemi
destinati al settore auto possono ridurre
drasticamente lo spazio necessario per i
circuiti di conversione della potenza.
Avvalendosi di frequenze di commutazione di 2 MHz è inoltre possibile ridurre notevolmente le dimensioni dei componenti esterni – ossia i condensatori di uscita
e gli induttori – offrendo una soluzione a
due linee di alimentazione molto compatta ma anche molto robusta, in grado di
tollerare i transitori presenti in condizioni
di avvio-arresto, avviamento a freddo e rimozione del carico, e che regola con precisione entrambe le uscite.
Inoltre, le correnti a riposo ultra-basse rendono questi dispositivi ideali per sistemi
“always-On”.
Mentre vengono aggiunti sempre più sistemi elettronici in spazi sempre più angusti,
diventa anche cruciale ridurre al minimo
l’ingombro e al tempo stesso massimizzare
l’efficienza della soluzione.
La nuova generazione di circuiti integrati di alimentazione che risponde a questi requisiti è già disponibile, aprendo
la strada a un ulteriore incremento della
quantità di sistemi elettronici installabili
nei veicoli di domani.
SPOTLIGHT
“Disruptive Week Milan 2015”:
Internet of Things, People and Robots
a cura della Redazione
In arrivo la XIV edizione di M2M
Forum che torna il 28 e 29 aprile
a Milano assieme a Robobusiness
Europe 2015 ed altri eventi
internazionali su tecnologie
innovative all’interno della nascente
Disruptive Week Milan.
Secondo le previsioni recentemente formulate dagli analisti di Gartner, entro il
2015 i device in grado di connettersi
alla Rete per trasferire dati saranno 4.9
miliardi, con una crescita di 30 punti
percentuali rispetto al 2014; successivamente, nel 2020, l’Internet of Things dovrebbe essere rappresentato da circa 25
miliardi di oggetti.
Anche nel mondo industriale ci sono già
le prime conseguenze che qualcuno individua come la Quarta Rivoluzione Industriale o la Smart Factory. Se la Internet of Things (IoT) è uno scenario in cui
oggetti, animali o persone sono dotati di
identificatori unici e della possibilità di
trasferire automaticamente i dati su una
rete senza richiedere alcuna interazione
uomo-uomo o uomo-computer, l’Industrial Internet of Things (IIoT) traspone questo concetto su oggetti e impianti industriali, dove macchine, sensori,
software e dati sono interconnessi tra di
loro e integrati nella rete.
SPOTLIGHT
SKILLS
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M2M Forum is part of
April 27-30, 2015 - Milan
ROBOTICS, M2M, IoT, WIRELESS 2.0,
WEARABLE TECH, SMART ENERGY
Un’integrazione destinata ad operare
grandi cambiamenti alle modalità con le
quali le aziende e i singoli lavorano.
Dispositivi intelligenti e adattabili insieme a piattaforme scalabili ed efficaci dal
punto di vista dei costi sono al centro
della trasformazione e possono rendere
questa opportunità una realtà concreta.
A causa della complessità degli ambienti in cui spesso questi dispositivi
BROUGHT TO YOU BY:
l
CONTACTS: [email protected] - Phone: +39 0287156782
m2m
SPOTLIGHT
SKILLS
industriali operano, o dei processi mission-critical dei quali fanno parte, le soluzioni IIoT devono soddisfare requisiti molto impegnativi dal punto di vista
dell’affidabilità e sicurezza.
Di tutto questo e molto altro se ne parlerà
a M2M Forum 2015 (www.m2mforum.
it), che si svolgerà il 28 e 29 Aprile presso
l’Atahotel Expo Fiera.
La manifestazione - che dal 2002 è il
riferimento per il mondo della comunicazione tra macchine e l’Internet
of Things - è occasione per fare il punto sullo stato dell’arte delle tecnologie e
delle applicazioni realizzate ad oggi ma
soprattutto uno sguardo ai modelli di business e alle sfide future che attendono
gli operatori italiani ed esteri.
L’evento è ideato e organizzato da Innovability (www.innovability.it) e nella scorsa edizione ha visto oltre 1200 partecipanti da 19 paesi diversi, 78 aziende
sponsor, espositori e partner, 193 incontri
bilateriali di business matching.
UN’OFFERTA INFORMATIVA VARIEGATA
M2M Forum nel suo nutrito programma
di conferenze porrà in evidenza, oltre
all’ambito industriale, anche le tematiche
legate allo sviluppo delle Smart City e
all’efficienza energetica, dando ampio
spazio alle soluzioni dedicate a Smart
Home e Smart Lighting.
La domanda di energia sta infatti crescendo a livello mondiale con un ritmo
sostenuto e questo spinge a una riprogettazione e ottimizzazione dell’intero siste-
ma di produzione, distribuzione e immagazzinamento. La necessità di sostituire
gli impianti e le infrastrutture obsolete ed
inefficienti è un fattore fondamentale che
porterà a far evolvere le attuali infrastrutture sino a renderle “intelligenti”, quindi
in grado di ottimizzare i rendimenti e
ridurre consumi e costi.
IOX = INTERNET OF PEOPLE AND THINGS
L’IoT rappresenta oggi per gli operatori
del settore web e startupper una grande opportunità di business e un mercato emergente ma una delle sfide oggi è
tentare di dare dei confini ad un mercato con aspettative di crescita importanti,
cercando di segmentare al suo interno le
potenziali aree applicative e di identificare le nuove filiere tecnologiche.
Scopo di IoX, nuova area di M2M Forum, è creare un ecosistema e ponte tra
gli operatori di queste nuove filiere che
partono dagli “storici” player del mondo
dell’Elettronica e della Automazione Industriale per finire con i nuovi operatori Web 2.0, Maker e del Crowdesign,
passando per il mondo IT e Telco.
In particolare sarà data attenzione al rapporto, molto italiano, tra le Smart Things, la UX user experience e il Design
(anche partecipativo) secondo l’idea che
“l’oggetto intelligente deve essere anche
bello e funzionale e viceversa”.
Questa focalizzazione ben si innesta sulla nostra tradizione e cultura artigiana di
alta qualità che oggi ha la sua evoluzione “smart” con la nascita del fenomeno
Fab Labs.
SPOTLIGHT
SKILLS
PANORAMICA SULLE INNOVAZIONI
DELLE TECNOLOGIE DI BASE
Il programma offrirà inoltre approfondimenti sulle piattaforme tecnologiche
per l’M2M più innovative, concentrando
l’attenzione su argomenti quali il Data
Center e il Fog Computing, rispettivamente cuore e sistema nervoso delle
infrastrutture M2M/IoT, ma anche i Big
Data e i servizi Cloud, la IoT Cybersecurity e il Device Management, le reti
di sensori e i dispositivi destinati ad utilizzi in ambienti ostili.
Infine, nel programma delle conferenze una sessione curata dalla redazione
di Firmware è dedicata alle nuove filiere
tecnologiche che si stanno sviluppando
grazie all’Internet delle Cose.
GLI ALTRI APPUNTAMENTI
DELLA DISRUPTIVE WEEK
A fianco di M2M Forum ci sarà RoboBusiness Europe (www.robobusiness.eu):
il principale evento B2B in Europa per la
robotica di servizio. È l’edizione europea
dell’americano Conference & Expo RoboBusiness LeadershipSummit, che ha
appena compiuto 10 anni.
L’evento si svolgerà il 29 e 30 Aprile nella
stessa location di M2M Forum e offrirà
due grandi novità: la prima ricerca sulla
nascente Internet of Robotics Things ovvero la convergenza tra robotica e
Internet delle Cose e il lancio del CRO
Chief Robotics Officier, la nuova figura
aziendale a “ponte” tra la robotica e l’in-
formation technology tradizionale. M2M
Forum e Robobusiness Europe sono parte della nuova Disruptive Week che nasce per riunire sinergicamente a Milano
in un’unica settimana gli appuntamenti
internazionali dedicati alle tecnologie più
innovative e dirompenti, quali Internet
of Things, Robotics, Smart Energy,
Wearable Technologies, Droni, ecc.
(www.disruptiveweek.com).
Nel 2015 si svolge nella settimana che
termina al 1 Maggio, giornata di apertura di Expo 2015. Questo posizionamento favorirà ancora di più l’attrazione
di partecipanti esteri potranno unire business e leasure.
UN EVENTO LEADER, TANTE RAGIONI
PER PARTECIPARE
M2M Forum adotta da sempre il format
di una mostra-convegno fortemente
orientata a soddisfare le esigenze informative dei partecipanti, che potranno usufruire di conferenze di alta qualità,
con presenze sia italiane che internazionali, approfondimenti di carattere tecnico
e commerciale, incontri continui con gli
operatori del settore e con i rappresentanti delle istituzioni nell’area espositiva,
one-2-one business meeting.
Per maggiori informazioni, per il programma delle conferenze e la registrazione
gratuita previo accredito, è disponibile il
sito web dell’evento www.m2mforum.it .
econais
SPOTLIGHT
Rutronik 24: l’E-Commerce
dal Volto Umano
a cura della Redazione
Abbiamo incontrato Pino Cosenza,
Country Manager di Rutronik Italia,
in occasione del lancio ufficiale
del nuovo sito Rutronik 24.
Dopo circa due anni di
sperimentazione in Germania,
l’Head Quarter di Rutronik ha infatti
deciso che i tempi fossero maturi
per lanciare Rutronik 24 nelle main
countries: Italia, Inghilterra, Francia,
Nordic, Svizzera.
D: Un sito di e-commerce? Ne sentivate
il bisogno?
R: La devo subito correggere: Rutronik
24 non è un sito di e-commerce! Il nostro
“commitment” è quello di raggiungere un
numero maggiore di clienti, attualmente
non presidiati dalla distribuzione di componentistica elettronica, ma con il nostro
stile “personale”!
D: Interessante, si spieghi meglio
R: Il mercato Italiano arriva a circa 5mila
clienti attivi, ma ne bastano solo 600 per
raggiungere il 90% del mercato. Su questi 600 ci siamo (come la maggior parte
dei nostri concorrenti) ma per raggiungere il resto dei clienti in modo capillare ci
serve necessariamente il web.
La nostra idea è quella di far evolvere il
business gestito da persone, intendiamo
per questo investire sia sul web, ma anche (e soprattutto) sulle persone.
Per noi è infatti fondamentale che ci sia
la persona che va sul campo, che spie-
ga il sistema e al tempo stesso fa una
selezione dei clienti, migliore di quanto
può fare il cliente da solo “profilandosi”
sul sito.
D: Investirete quindi in persone, farete
nuove assunzioni?
R: Certamente! Per fare questo lavoro
saranno assunte persone competenti
nella vendita di componentistica elettronica, che potranno tornare indietro dal
campo con le informazioni che servono
e che siano al tempo stesso qualificanti
per l’azienda. Non è nostra politica mandare dai clienti neofiti del settore.
D: Questo è sicuramente interessante! Ci
parli un po’ più nel dettaglio di Rutronik
24, come funziona?
R: Rutronik 24 è per noi un portale destinato anche ai clienti storici di Rutronik, funzionando in parallelo sul sistema
gestionale Rutronik, l’interfaccia web
offre ai clienti la possibilità di entrare in
Pino Cosenza
Country Manager di Rutronik Italia
SPOTLIGHT
SKILLS
maniera sicura sulle informazioni degli
ordini, disponibilità, listini e informazioni specifiche dell’azienda. Il cliente può
inserire direttamente l’ordine bypassando la struttura di Rutronik, questo rende decisamente più snello l’approccio
commerciale.
D: Ci può svelare la politica dei prezzi al
pubblico di Rutronik 24?
R: L’approccio sui prezzi è molto vicino
ai livelli della cultura industriale, senza il
tradizionale incremento dovuto alla specificità del canale web.
Non vogliamo assolutamente distorcere
la filosofia di Rutronik, è stato chiamato
Rutronik 24 per rimarcare il fatto che rappresenta uno strumento di comunicazione, non un business a parte.
Quello che vogliamo ottenere è un incremento dei clienti che possiamo raggiungere grazie al web ma al tempo stesso
aumentare i flussi tra cliente ed azienda.
Sistema di E-Commerce Multi-Piattaforma di Rutronik
D: Ci viene quindi da dire Rutronik 24:
l’e-commerce dal volto umano!
R: Rutronik è tutt’ora una azienda privata. Ha un’impronta personale molto, molto forte. Esiste ancora un proprietario da
quarant’anni e non ha mai cambiato il
quartier generale.
Questo fatto, che rappresenta il valore unico di Rutronik e determina tutte
le scelte dell’azienda, rimarca continuamente in modo imprescindibile l’importanza dell’aspetto umano.
D:Sicuramente!
Tra l’altro la sede italiana che Lei dirige
ha appena compiuto 10 anni…
R: Vero! L’abbiamo festeggiato pubblicando un libro celebrativo.
La relazione personale è la cosa più
importante, il fattore distintivo dell'azienda, ed è lì che facciamo la differenza. I prezzi e i prodotti sono quelli di
tutti gli altri distributori, inutile illuderci.
La chiave non è rappresentata dal fatturato (peraltro interessante) ma dal
fatto che le persone siano nel team da
molto tempo, restano fedeli con il piacere di lavorare per l’azienda, condividendone gli obbiettivi. Questo rappresenta la vera qualità dell’azienda, in
controtendenza con quello che succede nei grossi gruppi ove una persona non sa più per chi sta lavorando. In
Rutronik entrano in gioco fattori meritocratici e non quelli di “cost reduction”.
D: Per chiudere, può darci qualche numero?
R: Rutronik ha aperto i suoi uffici in Italia
nel 2004, ad oggi da zero fatturato al 6%
del mercato con crescita anno su anno
a tassi doppi o tripli rispetto a quelli del
mercato. Rutronik nel mondo conta
1300 dipendenti, e con i suoi 800 milioni
di fatturato è il terzo distributore
Europeo.
NEWS
Nuovo Chip Maia
da EBV Elektronik
Alimentazione da 1,8 V a 3,8 V, in modalità
di ingresso differenziali o pseudo-differenziali
versioni per temperature commerciali, industriali
Ultra Low Power
con una varietà di configurazioni dei canali MUX.
e automotive (da -40°C a 125°C). I prezzi partono
Assorbimento il low power ridotto a 0,27 uA
I segnali degli ingressi single-ended possono
da $18,39/cad. per 1000 unità. La scheda di
Completamente schermato
anche essere convertiti sull’intervallo di ingressi
valutazione DC2071A per la famiglia di ADC SAR
Potenza in uscita: + 12 dBm
differenziali del nucleo dell’ADC tramite
LTC2373 è disponibile sul sito www.linear.com/
Conforme alle direttive EU R&TTE
la condivisione di un singolo circuito driver
demo o tramite gli uffici vendita locali di Linear
Stack Wireless M-Bus EN13757-4:2013 e OMS,
esterno tra i pin MUXOUT/ADCIN presenti
Technology.
con esempi applicativi a supporto di diverse
sul dispositivo. Questo consente all’utente
specifiche di misura
di ottenere dall’ADC le massime prestazioni SNR
Riepilogo delle caratteristiche: LTC2373-18
Spazio di memoria destinato alle applicazioni
a 100dB su otto ingressi single-ended.
Throughput a 1Msps
EBV Elektronik, un’Azienda del Gruppo
Avnet, ha lanciato il nuovo chip Maia in occasione
utente
L’LTC2373-18 fa parte di una famiglia
Risoluzione di 18 bit con NMC (No Missing Code)
di convertitori analogico-digitali SAR a 16/18 bit
Multiplexer a 8 canali con intervallo di ingressi
dell’Embedded Word 2015 di Norimberga.
Esempi di applicazione
multiplexato a 8 canali che comunicano tramite
selezionabile
Si tratta di un modulo RF Sub-G per applicazioni
M-Bus Wireless
interfacce SPI compatibili, con velocità
Differenziale completo
Wireless M-Bus e OMS, nato dalla collaborazione
Lettura Automatica delle Misure (AMR)
di campionamento di 500ksps e 1Msps
Pseudo-differenziale unipolare
tra Weptech e STMicroelectronics.
Infrastrutture Avanzate di Misura (AMI)
e ottengono SNR di 100dB a 18 bit e SNR di 96dB
Pseudo-differenziale bipolare
Il dispositivo, chiamato Maia all’interno
Misure di portata su Gas e Acqua
a 16 bit con l’intervallo di ingressi differenziali
INL: ±2,5LSB (max.)
del programma EBVchips, è destinato a diverse
Contatori Elettrici
completo a ±4,096V. La famiglia LTC2373 integra
SNR: 100dB (differenziale completo)/95,5dB
applicazioni nel settore delle misure, comprese
Misuratori di Calore, Ripartitori di consumo
un riferimento di precisione (bandgap) con bassa
(pseudo-differenziale) (tipico) a fIN = 1kHz
la lettura automatica della misura (AMR),
energetico
deriva e un coefficiente di temperatura massimo
THD: –110dB (tipico) a fIN = 1kHz
la struttura metrica avanzata (AMI), misure su gas
Lettori Dati e Concentratori
garantito di 20ppm/ºC e un buffer di riferimento
Sequencer programmabile
e fluidi, elettricità nonché le letture di calorimetri,
in un package QFN-32 compatto di 25mm2.
Compressione del guadagno digitale selezionabile
lettori di dati e concentratori.
Il dispositivo è alimentato da un’unica fonte di
Alimentazione singola da 5V con tensioni di I/O
Il modulo RF, che verrà rilasciato in un contenitore
alimentazione da 5V e consuma solo 40mW a 1Msps.
da 1,8V a 5V
compatto (15x14 mm) e adatto al montaggio
Il dispositivo LTC2373-18 è disponibile oggi nelle
Interfaccia I/O seriale compatibile
un ricetrasmettitore sub-G a basso consumo
Convertitore analogicodigitale SAR a 18 bit
SPIRIT1, un Balun BALF-SPI-01D3. Inoltre il
Linear Technology Corporation presenta
di riferimento
dispositivo incorpora i layer M-Bus e OMS
l’LTC2373-18, un convertitore analogico-digitale
Nessun ritardo di pipeline, nessuna latenza
secondo le specifiche OMS 3.x e 4.x, permettendo
SAR (successive approximation register) a 18 bit
del ciclo
il collegamento ad un’antenna esterna. Il modulo
e 1Msps e 8 canali con eccellenti prestazioni SNR
Dissipazione di potenza di 40mW (tipica)
sarà precertificato e conforme alle norme CE.
di 100dB. L’LTC2373-18 è dotato di un sequencer
Funzionamento garantito fino a 125°C
programmabile in grado di memorizzare fino
Package QFN a 32 conduttori, 5 x 5mm
SMT, possiede un microcontrollore ULP STM32L0,
Caratteristiche Tecniche
a 16 parole di controllo per configurare
Dimensioni compatte di 15x14 mm con montaggio
il multiplexer (MUX) e l’intervallo di ingressi.
SMT
Questo consente di combinare facilmente intervalli
con lo standard SPI
Riferimento onboard di 2,048V e buffer
EVENTS
www.fwonline.it
SAVE
MILANO 2105
SAVE - Mostra Fiera
Automazione,
Strumentazione, Sensori
èun appuntamento
innovativo che unisce
unaparte espositiva in fiera
ad una forte componente
formativa.
Area espositiva dove
incontrare agli stand
i principali leader di settore,
centinaia di convegni
e workshop accessibili
per gli operatori qualificati,
molti eventi internazionali
e un evento speciale
in contemporanea,
gli operatori professionali
accedono gratuitamente
alla mostra e usufruiscono
di tutti i servizi.
Dove: Milano
Quando: 16 aprile 2015
sarà in contemporanea
a IOT “Internet Of Things”,
conferenza destinata
agli sviluppatori delle
connessioni nel mondo
Internet. “Stay Connected!”
Dove: Hyatt REGENCY,
Santa Clara (CA)
Quando: 6-7 maggio 2015
SPS ITALIA
Obiettivi di crescita
assicurati per la terza
edizione di
SPS/IPC/DRIVES Italia, la
fiera italiana di riferimento
delle Tecnologie per
l’Automazione Industriale
organizzata da Messe
Frankfurt Italia.
Dove: Parma
Quando: 12-14 maggio 2015
MULTICORE EXPO
DEVICE DEVELOPERS’
CONFERENCE 2015
Evento mondiale dedicato
ai sistemi embedded
multicore. Due giornate di
sessioni tecniche e business
con la possibilità di seguire
training formativi con esperti
del settore. L’avvenimento
Device Developers’
Conference è un’opportunità
per informarsi sugli ultimi
sviluppi tecnologici.
Destinata a progettisti
di hardware, meccanica
dei dispositivi, sviluppatori
software, gestori di reparti
collaudo e produzione:
una giornata dedicata
ad esplorare ed approfondire
il meglio del pensiero
tecnico mondiale.
Dove: Bristol, UK, Holiday
Inn
Quando: 12-14 maggio 2015
MICROCHIP’S MASTERS
CONFERENCE
Microchip’s MASTERs
Conference è divenuta
il punto di riferimento
per I progettisti embedded.
Le varie edizioni sono
dislocate in 6 paesi
e prevedono sessioni
di training, workshop e corsi
per tutti i livelli.
Gli argomenti trattati vanno
dal motor control, power
supply design, lighting
control, communication
protocols (USB e TCP/IP),
programmazione C, display
grafici e tecnologia touchsens, progettazione
di sistemi analogici.
Dove: Phoenix, Arizona
Quando: 19-22 agosto 2015
IBC 2015
L’evento annuale dedicato
ai professionisti
della creazione, gestione
e divulgazione
dell’entertainment a livello
mondiale.
Vengono presentate
le nuove tecnologie
dell’industria elettronica
attraverso numerose
conferenze a cui prendono
parte leader mondiali
dell’industria elettronica.
Dove: Amsterdam
Quando: 10-14 settembre
2015
ILLUMINOTRONICA 2015
Human Centric Lighting
Technologies
Un riferimento unico
in Italia che si propone,
di identificare tecnologie,
soluzioni e sistemi
intelligenti nella
illuminazione a LED
e nella domotica
per il benessere
e la sicurezza dell’individuo.
Dove: Padova
Quando: 8-10 Ottobre 2015
DIRETTORE RESPONSABILE
Ufficio Abbonamenti
Maurizio Del Corso
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DIRETTORE TECNICO
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DIRETTORE MARKETING
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Tel. 02.66504794
Fax 02. 42101817
Art Director
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Hanno collaborato in questo numero:
Giorgio Grimaldi, Jeff
Gruetter, Francesco
L’ufficio abbonamenti
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al venerdì
dalle 14,30 alle 17,30.
Tel. 02. 66504794
Fax 02. 42101817
Autorizzazione
Pentella, Mario Rotigni,
alla pubblicazione
Gaspare Santaera, Julius
Tribunale di Milano n. 20
Sarkis, Massimo Sito, Luca
del 16/01/2006
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© Copyright
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