Giusto de` Menabuoi
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Giusto de` Menabuoi
(Ricerca gentilmente effettuata e messa a disposizione da Giuseppe Ferraro, della classe 4AL) Giusto de' Menabuoi (allievo di Giotto, operante a Padova) Giusto de' Menabuoi (Firenze, 1330 circa – Padova, 1390 circa) è stato un pittore italiano, attivo soprattutto a Padova. Trascorse la sua giovinezza in Toscana, formandosi nella cerchia di Maso di Banco (uno dei più fedeli e acuti discepoli di Giotto), poi venne chiamato nel nord Italia, dove si trasferì definitivamente verso il 1370. Trascorse molto tempo a Padova. Tra le sue opere del periodo padovano possiamo trovare: 1) Gli affreschi nella Chiesa degli Eremitani (1370), di cui restano soltanto pochi frammenti. Furono però proprio questi affreschi che gli valsero la cittadinanza padovana, ottenuta in quello stesso anno. Essi sono stati gravemente danneggiati dal bombardamento bellico del 1944. 2) Gli affreschi nella Basilica di Sant'Antonio (1375-1376), in particolare nella cappella del beato Luca Belludi. 3) Gli affreschi nel Battistero del Duomo, il suo lavoro più famoso (sempre realizzato tra il 1375 e il 1376). Cappella del beato Luca Belludi Edificata tra il 1380 ed il 1382 per volere dei fratelli Manfredino e Naimerio Conti, familiari dei Carraresi, la cappella è intitolata anche al Beato Luca Belludi, confratello preferito di S. Antonio e qui sepolto (ecco perché essa viene chiamata anche Cappella dei Conti), nonché protettore degli studenti universitari di Padova. Alle pareti si possono ammirare episodi delle Storie di S. Filippo e S. Giacomo tratti dalla duecentesca Legenda aurea di Jacopo da Varagine ed eseguite da Giusto de’ Menabuoi, allora fine pittore di corte dei Da Carrara. Si tratta inoltre dell'ultimo ciclo di affreschi eseguito da Giusto de' Menabuoi. Gli affreschi, in buona parte deteriorati, sono stati in buona parte rifatti dal Sandri nel 1786 e più volte restaurati. In essa si trova il dipinto murale Incoronazione di Maria Vergine, una delle opere più apprezzate. Negli affreschi della Cappella Belludi (chiamata anche Cappella dei Santi Filippo e Giacomo il Minore o Cappella dei Conti) nella Basilica del Santo (1382) imitò lo stile del suo grande rivale, Altichiero. Fu a Padova che morì. Con Guariento alla Reggia, Altichiero e Giusto de' Menabuoi, si chiude il ciclo del Trecento che si era aperto nel 1303 con Giotto ed il ciclo della Cappella degli Scrovegni, grandi cicli affrescati funzionali alla narrazione della grandezza della Signoria di una città che con i suoi 40.000 abitanti si era venuta a connotare come grande città di rango europeo e sicuramente, per la sua qualità artistica, come una grande capitale della cultura europea del Trecento. Battistero della Cattedrale (gli affreschi di Giusto de’ Menabuoi) L’antico Battistero fu scelto da Fina Buzzaccarini, moglie di Francesco il Vecchio Da Carrara, come luogo di sepoltura per sé e per il marito, scegliendo nel 1378 di affidare la decorazione pittorica a Giusto de’ Menabuoi. Per i suoi affreschi Giusto volle una cupola più alta in cui rappresentò lo splendido Paradiso che ancora oggi si ammira. Alle pareti Storie di Giovanni Battista, della Creazione e di Cristo. Nell’abside scene dell’Apocalisse. Rispetto alle esperienze precedenti, a Padova dovette essere colpito dalle ordinate fissità romaniche e bizantine allora vigenti, come testimonia il grande Paradiso nella cupola del Battistero: la scena è organizzata attorno a un Cristo Pantocratore (“che comanda tutte le cose”), dove ruota un'ipnotica raggiera a più strati con angeli e santi, le cui aureole in file ordinate ricordano, guardate dal basso, le punzonature di una magnifica oreficeria. Nel tamburo dipinse invece Storie della Genesi, sui pennacchi i Profeti ed Evangelisti, dove già dimostrò un estro meno bizantino, come le figure inserite entro veridiche stanze illusionisticamente dipinte. Anche nelle Storie di Cristo e del Battista, sulle pareti, compaiono delle architetture finemente calcolate, dove il pittore inserì le sue solenni e statiche immagini. Più libera appare invece la raffigurazione negli episodi di contorno, come nelle Nozze di Cana, dove una schiera di servitori si muove con naturalezza nella stanza, a differenza degli statici commensali. Dall'analisi di queste scelte stilistiche si evince come l'uso o meno di effetti retrò fosse per Giusto una precisa componente volutamente cercata per fini espressivi e simbolici: è forse l'unico pittore del Trecento che ha la consapevolezza per scegliere via via quale linguaggio adoperare.
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