Un inglese poeta e soldato in terra dauna

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Un inglese poeta e soldato in terra dauna
Un inglese poeta e soldato in terra dauna∗
Il 15 dicembre 1943 un sergente dell’aviazione inglese, T. I. F.
Armstrong, suonò alla porta di Umberto Fraccacreta, in San Severo, e
chiese di vedere il poeta. Da quell’incontro nacque un’amicizia che
per il tempo, il. modo e l’umana conclusione vale la pena di rievocare.
John Gawsworth (questo pseudonimo Terence Ian Fitton Armstrong usa come un suo più vero nome) era un soldato sui generis;
saggista e poeta, aveva conosciuto la guerra in Africa e, modicamente
eccitato dall’idealismo propagandistico, era senz’altro alieno da atteggiamenti sensualmente eroici. La guerra gli era apparsa in tutta la sua
fondamentale irrazionalità e da questa aveva cercato di salvarsi compiendo con semplicità il suo servizio e cercando di trasformare le tappe obbligate, attraverso l’Algeria, la Tunisia e l’Italia, in una sorta di
viaggio letterario, reso più suggestivo dal ricordo degli illustri predecessori inglesi. Dalla Capitanata, dopo una parentesi a Stabia, Pompei e Sorrento, il corso degli eventi lo avrebbe portato a Vasto, a Roma, in Toscana, poi di nuovo a Napoli, a San Severo, a Bari: infine, in
Egitto e in India. Dovunque egli capitò, non volle perdere l’occasione
di conoscere uomini di cultura, giovani o già maturi, famosi o noti solamente in ristretti ambienti provinciali: tutti gli apparivano cittadini
di una repubblica che non ha o non dovrebbe avere confini. Visitò anche il Croce a Sorrento e ne ebbe in dono, insieme con alcuni opuscoli
politici, i due ultimi volumi della Letteratura della Nuova Italia, La
Poesia e Storie e Leggende Napoletane.
Chi non ha dimenticato l’Italia degli anni 1943-1945, ricorderà che
allora non tutto fu tenebra; molte vecchie idee erano andate in frantumi, subendo la stessa sorte delle cose, ma allo smarrimento si accompagnava un’esigenza di rinnovamento, destinata ad attenuarsi ben presto, a mano a mano che si ristabiliva il ritmo abituale della vita.
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Col titolo Due poeti, pubblicato quale presentazione di Maggio d’Italia - La Gradogna (Foggia, Studio Editoriale Dauno, 1957).
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Sembravano trionfare in quegli anni il pudore della retorica e la rinunzia a nascondere sotto le grandi parole le proprie piccole miserie; ed
anche quella che poi si sarebbe spesso rivelata prudente attesa assumeva allora l’apparenza di una vissuta ricerca, di un nuovo, impreveduto bisogno di nulla accettare senza verifica. E molti uomini di cultura avvertirono effettivamente la necessità di riordinare le proprie idee attraverso un contatto più libero con la cultura straniera. Così,
mentre qualche pacifico viaggiatore di commercio statunitense o qualche calmo impiegato londinese si concedeva il piacere di esercitare in
Italia una autorità che probabilmente non avrebbe mai esercitato in patria, il sergente Armstrong, in meno di un anno di soggiorno, fece
buona messe, benché gran parte del tempo gli fosse preso dal lavoro in
un ufficio cifra; e, ubbidendo al suo temperamento di accurato ordinatore delle proprie esperienze romantiche, prese attenta nota e degli
uomini che conobbe e dei libri ed opuscoli che ebbe in dono. Ma, se
chiedete a John Gawsworth che cosa lo spinse a visitare in quella
giornata decembrina Umberto Fraccacreta, egli vi risponderà semplicemente: « Il fato ».
Quando Gawsworth conobbe Umberto Fraccacreta, questi era
giunto alla conclusione del suo svolgimento artistico; nessuno avrebbe
osato pensare che essa precedeva solo di qualche anno la fine immatura del poeta.
Negli anni della giovinezza la poesia era stata per lui un’attività
ancora occasionale, nata dalla sua particolare condizione psicologica
di uomo profondamente e sinceramente colto, libero da necessità economiche e tuttavia non del tutto ignaro dell’oscuro limite delle sue
forze fisiche. Di qui la duplice anima delle prime raccolte di poesie
(Poemetti, 1929; Elevazione, 1931: versi composti tra il 1918 e il
1930): da un lato il lirismo eclettico, dall’altro l’ispirazione georgica
ed idillica. E sulla via tracciata dai Poemetti aveva insistito (Nuovi p oemetti, 1934), confortato dai notevoli consensi di critici e di lettori, i
quali erano rimasti colpiti dalla rappresentazione descrittiva e narrativa di un mondo ad essi sconosciuto oppure noto soltanto nella sua rude immediatezza. Il mondo della provincia rurale dovette sembrare ad
Umberto Fraccacreta un termine concreto ed originale per la sua operosità letteraria; esso, in realtà, per quanto reso con costante nobiltà
espressiva, servì soprattutto a rivelare al poeta la sua vocazione, a dargli una certezza, che giustificasse moralmente la concentrazione di
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ogni sua energia. Così Umberto Fraccacreta incominciò a vivere in
funzione della propria esperienza estetica ed il ritmo malinconico di
una vita volontariamente attenuata, dalla quale era sgorgata la sua attività artistica, divenne a sua volta, per naturale capovolgimento, uno
strumento di questa. Si può dire, allora, che Umberto Fraccacreta divenne un estetizzante? Non credo. L’estetismo è una rinunzia alle responsabilità mo rali, mentre Umberto Fraccacreta sentì l’attività artistica come una responsabilità penosa e insieme desiderabilissima, come
la luce della sua vita crepuscolare. C’è da dire, piuttosto, che il tema
georgico non poteva condizionare permanentemente la sua vita interiore, poiché nessun tema, per quanto caro ad un poeta, ne domina totalmente l’anima, una volta che abbia trovato forma. Umberto Fraccacreta avverti il pericolo che la fedeltà al tema degenerasse in maniera,
ma oscillò a lungo prima di trovare l’accordo tra la concretezza georgica e il lirismo della pura esperienza interiore. Questa incertezza è
presente ancora nei Motivi lirici (1936), in Antea (1942), in Amore e
terra (1943): dove ai modi narrativi si appoggiano esili fantasie erotiche, inframmezzate da parentesi impressionistiche, di rara limpidezza.
Ma proprio gli anni della guerra, la cui assurdità egli aveva dolorosamente avvertita, maturarono nel poeta un’umanità più concreta e più
libera, ricercata a lungo ed ora rivelatasi anche nel cosciente rinnovamento delle forme metriche.
Il documento di questo trapasso non va cercato nei gruppi di sonetti
(Azzurro e L’arcolaio), che, composti in tempi diversi, formano due
delle tre parti inedite inserite negli Ultimi canti (1948), e neppure in
quelli editi in Sotto i tuoi occhi (1945), quale tenero omaggio alla
memoria della madre. Occorre rifarsi, invece, alla terza parte medita
degli Ultimi canti (Un uomo canta nella notte) ed alla breve raccolta
Vivi e morti (1944; 1945). Qui l’ispirazione provinciale non ha più
squilibri, è ingenua, semplicissima e trova in se stessa la propria mis ura (O aprile, aprile, Luna, Un grillo); oppure avvicina il solitario poeta al suo prossima nella costernazione e nella compassione (Pianeta di
Marte, Venerdì di marzo, Gli addii, Natale 1943).
Tenacemente fedele alla sua casa e alla sua provincia, tutto preso
dalla propria vicenda interiore di artista e conscio che l’opera d’arte o
di pensiero, una volta uscita dalle mani dello scrittore, vive autonoma
ed insofferente di sollecitazioni, Umberto Fraccacreta non si considerò
mai un isolato. La sua cultura, vale a dire il sostrato della sua operosità artistica, lo rivelava vicino al mondo letterario della nuova Italia,
alla spontaneità e alle dissonanze di esso (e per questo provò una istin233
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tiva avversione per l’elemento di artificio che la dittatura aveva introdotto nella vita italiana).. E come egli risaliva con le sue curiosità e le
sue simpatie fino al mondo classico, così, con felice eclettismo, sentì
con piena sincerità i valori della cultura europea, favorito in questo dai
suoi studi linguistici e confermato dai consensi di lettori non italiani.
Il senso della circolarità della cultura europea e l’idea della funzione insostituibile del poeta nella società: ecco quel che Umberto
Fraccacreta aveva in comune con John Gawsworth. Per il resto, due
temperamenti assai diversi. Il primo amava l’espressione, ma anche il
silenzio raccolto, attraverso cui la vita provinciale insegna ad avvertire
il ritmo del tempo e delle cose; Gawsworth, nato a Londra nel 1912,
pubblicò i suoi primi versi a diciannove anni, e da allora la sua attività
di poeta continua senza soste, con eccezionale fecondità. E, se la poesia occupa il primo posto nell’attività letteraria dello scrittore inglese,
egli è noto, tuttavia, anche come narratore, saggista e traduttore 1 .
Questa intensa vitalità spiega la poetica del Gawsworth: egli non
sembra mirare ad un assoluto lirismo e ad una essenzialità integrale
del linguaggio poetico, crede nell’esistenza di «temi» fondamentali e
permanenti dell’ispirazione (Love Life and Death) e nello stesso tempo non rinunzia alla rievocazione storica, dedica sonetti ed ammette,
in genere, la poesia d’occasione. Che Gawsworth segua le forme poetiche tradizionali e limiti stilisticamente e sentimentalmente la libertà
dell’ispirazione può apparire cosa strana, a prima vista, a molti dei lettori italiani, che risentono l’influenza delle dispute teoriche
dell’ultimo cinquantennio; ma in realtà attraverso queste concezioni il
poeta inglese non ha rinunziato alla propria libertà e piuttosto ha inteso confermarla, nella convinzione che proprio l’atteggiamento antitradizionalista, pur nella sua apparenza limiti intellettualisticamente
l’ispirazione: si spiega, così, la simpatia dichiarata e polemica del
Gawsworth verso i poeti della « Georgian school ». Ed alla mobilità
dell’ispirazione corrisponde in lui la mutevolezza dell’espressione, discorsiva e lirica, insieme, raziocinante e sintetica.
Dei suo rapporti con Umberto Fraccacreta Gawsworth prese nota
nel suo Diario inedito, minuziosamente; ci è facile, così ripercorrerne
la vicenda esterna. Il 24 gennaio del 1944 il poeta pugliese traduce il
1
Cfr. H. PALMER, Post-Victorian Poetry, London, Dent, 1938, pp. 365-366.
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sonetto Benedetto Croce, composto sei giorni prima; il 30 la Dedica
della raccolta Legacy to Love (London, Collins, 1943); il 4 febbraio è
già pronta la versione in prosa del sonetto Umberto Fraccacreta (composto il 24 gennaio) ed il 2 marzo essa è pubblicata dal settimanale «
La Rassegna » di Bari (Anno 11, n. 9). Il 27 marzo le tre versioni, con
a fronte il testo inglese, sono stampate a Vasto in tre foglietti volanti,
per interessamento del Gawsworth; il 26 aprile, ancora a Vasto, le sole
versioni appaiono in un opuscolo, insieme con altre poesie del Gawsworth tradotte da Romualdo Pantini; infine, il 12 maggio un nuovo
volantino reca, col testo a fronte, la versione ritmica del sonetto .a
Umberto Fraccacreta, col titolo O poeto! Apulia! Tra il 14 e il 26
maggio a Vasto, Gawsworth compone Maggio d’Italia, trenta sonetti
scritti con ritmo quasi febbrile, in un momento di particolare esaltazione sentimentale; e il 3 giugno la collana esce in forma di estratto
della rivista « Ariel » (Vol. I, n. .2), edita ad uso dell’VIII Armata. Il
19 luglio Umberto Fraccacreta, che è già in possesso del testo inglese,
fa notare in una lettera al Gawsworth la difficoltà di una rapida traduzione; ma si mette al lavoro e tra il 6 e il 14 agosto essa è condotta a
termine. Il 21 agosto il sonetto a Croce appare nella « Gazzetta del
Mezzogiorno » di Bari, il 15 settembre in « Libera Italia », del Cairo,
dove un altro giornale in lingua italiana, « Fronte unito », pubblica la
versione in prosa del sonetto a Umberto Fraccacreta, col titolo A un
poeta di Puglia, insieme con un’altra versione del poeta pugliese
dall’inglese di Nancy Cunard. Il 25 marzo del ‘45 Mario. Vinciguerra
ne « La Nuova Europa » (Anno II, n. 12) ricorderà con umano calore
l’incontro dei Due poeti ed a lui farà eco, un anno più tardi, una mia
nota in « Puglia » (anno I,. nn. 2-3).
Intanto, gli stessi eventi eccezionali, che erano serviti ad avvicinare i due poeti, li separavano di nuovo. Umberto Fraccacreta seguì Gawsworth con le sue lettere; ma né l’ultimo periodo della guerra, nè gli
anni inquieti del primo dopoguerra erano fatti per favorire costanti relazioni epistolari. Come compagni di viaggio, i due uomini avrebbero
vissuto solo un breve incontro, la cui memoria si sarebbe presto cancellata, se il comune ideale di cultura non lo avesse trasformato in esperienza interiore, conferendogli, insieme, il carattere di un esemplare caso umano. Quando il ritmo della vita tornò normale, Umberto
Fraccacreta era già scomparso; ma ancora recentemente Gawsworth
inviava a Mario Simone, il quale aveva preso contatto con lui per la
Società Dauna di Cultura, il commosso ricordo che qui per la prima
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volta pubblichiamo 2 .
In Algeria, durante la campagna d’Africa del 1943, Gawsworth
aveva espresso la sua pensosa rassegnazione di fronte alla guerra in
una beve poesia, intitolata Moving back 3 . Eccola:
We are going back again — to the mud and the ram — where
guns complain — and stone stain. — We are leaving the mountain
snow. — Once more it is our turn to go back to the advanced Joe. —
It is just, we know... — We are going back again — to our camrades’
graves on the plain, — to the graves sunk in the rain: — we do not
complain. — We say nothing: but think only — (heart-constricted, a
moment lonely): — «Who will be killed this time — and for what crime? » 4 .
Il confronto con questi versi rivelerà al lettore quale mutamento
d’intonazione provocò nel poeta inglese l’esperienza italiana. Senza
dimenticare la realtà sconvolgente della guerra, egli non chiuse gli occhi di fronte alla primavera italiana (e quella del ‘44 fu davvero assurdamente bella) né rifiutò il contatto con una tradizione di cultura, la
cui ricchezza impaccia molte volte gli stessi celebratori di essa. La
somma di impressioni, di sentimenti, di riflessioni, che il soggiorno italiano provocò in Gawsworth, si riassume e prende corpo in una donna, poco più che un’adolescente; il suo cognome non comune ritorna
insistente in ciascuno dei trenta sonetti, in cui si raccoglie la storia (o
la favola?) di un amore breve nel tempo, ma psicologicamente intenso.
Si tratta di una storia interiore, in cui « la Gradogna » è oggetto
più che soggetto. Tuttavia, nei limiti di questa interiorità, non ci tro-
2
Lo ospitiamo col titolo originario Remembered, 1952 nelle pagine che accolgono i
componimenti del G. ispiratigli dai suoi rapporti con la Puglia Dauna (nota di M. S.).
3
Vedi: Poems of the war year compiled by Maurice Wollman, London, Macmillan, 1948, p. 122-123; The collected poems of John Gawsworth, London, Sidgwick and
Jakson, 1948.
4
Ritorno — Torniamo di nuovo — in mezzo al fango e alla pioggia —dove i fucili
gemono — e la pietra s’insanguina. — Lasciamo le nevi montane, —Di nuovo tocca a
noi tornare — contro la prima linea del nemico — E’ giusto, lo sappiamo... — Torniamo di nuovo — alle tombe dei nostri compagni nella pianura — alle tombe affondate
nella pioggia: — non ci lamentiamo. — Non diciamo nulla: ma soltanto pensiamo —
(con il cuore stretto, per un attimo soli): — « chi sarà ucciso questa volta? — e
per qual crimine? ».
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OMAGGIO A GAWSWORTH
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viamo di fronte ad un puro giuoco fantastico oppure a monotone variazioni della sensibilità; il poeta non rinunzia a nessun aspetto della
sua umanità; subisce l’impulso dei sensi accesi dalla primavera, incoraggia le mutevoli vibrazioni del sentimento, ma non respinge la riflessione, dapprima sottomessa alla pseudo-logica dei sentimenti, ma
in ultimo trionfante su di essa, quando è chiamata a giustificare con la
forza della verità la superiorità della rinunzia rispetto al possesso: loss
is gain. Così l’amore, ora espresso con calda sensualità, ora chiuso
nelle forme di un composto madrigale e celato in complicati giri concettuali, diviene trepida tenerezza (Does she not know I leave, lest I
shoul harm?), fino al commosso addio:
O mia Gradogna, while there is one tear
To be released, while one heart still may bleed,
Blieve I loved you, Spring and Italy.
Terminata la versione, Umberto Fraccacreta non ebbe più occasione di riprenderla; ed ora egli non è più tra noi, per dedicare ad essa
le sue cure, con l’abituale amore della precisione. Per questo la pubblicazione di Maggio d’Italia non è stata decisa senza molte esitazioni. Si trattava di far conoscere un inedito, che l’autore non aveva rivisto e neppure aveva destinato alle stampe; e che, d’altra parte, pur
senza mo dificare sostanzialmente la fisionomia dell’opera di Umberto
Fraccacreta, costituisce una testimonianza di singolare valore umano.
Ma ogni incertezza venne meno allorché Salvatore Rosati accettò di
sottoporre a revisione il manoscritto, che ora, dieci anni dopo la
scomparsa del poeta pugliese. vede finalmente la luce.
A NTONIO CASIGLIO
Tre poesie di John Gawsworth
I
O POET OF APULIA!
Under Garganos’s height (whence Michael came),—sworded in
spirit only, swift to catch — the suns’s glint that sets ripened corn aflame — ad weave its beaty taut as a rick’s trhatch, — you were begat, Apulian poet, friend —into whose grey Palazzo, conquering —
and uniformed, I entered strange, to tend — the fraterna! handshake
of all men who sing. — «Poor Italy!» You mourned each shattered
town — the villa ges where famine crept and stilled — the innate cadence of your people’s harts, — and yet withheld from off your face a
frown, — sensing a poet brother whom Fate willed — but not himself
— to war against your arts.
24 January 1944
* * *
Di sotto alla montagna del Gargano — (ivi l’Angelo apparve), sol
armato — nel tuo spirito e immerso nel gran fiato — che accende
d’un bagliore caldo il grano, — o poeta pugliese tu sei nato, — nel
cui palazzo a stringerti la mano —
a nome dei poeti io su dal
piano — giunsi straniero in veste di soldato. — « Povera Italia! »
L’arse tu piangevi — città e ville ove la fame ha rese — mute le nenie
in cuore al popol tuo; — ma un poeta fratello in me vedevi, — per volere del fato — e non già suo — venuto a guerreggiar nel tuo paese.
San Severo, marzo 1944.
Traduzione di UMBERTO FRACCACRETA
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_______________________________________________________________________OMAGGIO ALLA P UGLIA
II
REMEMBERED, 1952
When I remember — Those warring years — And San Severo, —
Sudden tears — Start to my eyes — For a poet born —
Where
mountains rise, — To look out on corn. — Sudden tears — Then fill
my eyes — For a man of no fears — Who loved sunrise, — Sun on
Gargano, — Sun on the plain: — May Michael’s blessing — Conserve his grain.
* * *
Quando ricordo quegli anni di guerra — e San Severo, un improvviso pianto — affiora agli occhi miei, per un poeta — nato là d ove s’alzan le montagne, — a contemplar nella pianura il grano.— Ed
improvviso m’empie gli occhi il pianto — per un uomo sicuro dai timori, — a cui fu caro il sole del mattino — alto sopra il Gargano e
sopra il piano: — gli protegga l’Arcangelo il suo grano.
Londra, novembre 1952
Traduzione di ANTONIO CASIGLIO
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JOHN GAWSWORTH___________________________________________________________________________
III
« LA FRATERNA STRETTA DI MANO... »
And. overall, Gargano smiles... — And Michael’s cornspears prick
the piain — With bursting goodwill in sharp spires — Of molten Apulian grain — To mark the day his Province thinks — Umberto used
most goiden inks.
I would I were where once we walked — In his grey town, when
War’s dark cloud — Obliterated most we talked. — And yet our whispers have grown loud — In echo of our love and peace — When now
I cannot find release — Momently. Still I yet shall come — To my
most dear friend’s harvest home.
* * *
E, al di sopra di tutto, il Gargano sorride... — e le lance dei grano
dell’Arcangelo bucano la pianura — con erompente buon volere in
aguzzi steli — di liquefatto frumento d’Apulia — per segnare il giorno in cui la sua provincia crede — che Umberto usò gl’inchiostri più
dorati.
Vorrei star dove un tempo passeggiammo — nella sua città grigia,
quando l’oscura nube della guerra — cancellava gran parte di quel
che dicevamo. — Eppure i nostri bisbigli son divenuti voce alta —
nell’eco dei nostro amore e della nostra pace — or quando io non
posso trovare respiro — un momento. Eppure, ancora tornerò — al
raccolto dell’amico mio carissimo.
Londra, aprile 1957
Traduzione di SALVATORE ROSATI
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