ANICA SCENARIO

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ANICA SCENARIO
ANICA
ANICA SCENARIO
01/08/2014 Avvenire - Nazionale
Cinquant'anni di VIDEOCLIP
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01/08/2014 Corriere Mercantile - Genova
"Nuovo Casella", miracolo in valle
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01/08/2014 Il Messaggero - Nazionale
Titanus, la storia infinita
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01/08/2014 Il Venerdi di Repubblica
La Palestina senza guerra non è un flm di fantascienza
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01/08/2014 Il Venerdi di Repubblica
comodamente sdraiati, È tutto un altro cinema
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01/08/2014 L'Espresso
draghi per ogni età
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01/08/2014 L'Espresso
senti che biopic
13
01/08/2014 La Gazzetta Del Mezzogiorno - Basilicata
Haber al Lucania Film Festival
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01/08/2014 La Prealpina - Nazionale
Locarno apre ricordando Chaplin
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01/08/2014 La Repubblica - Nazionale
Rosabell sul Trono di spade "Io, prima italiana nella serie sono una guerriera
velenosa"
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01/08/2014 La Stampa - Torino
Cime di celluloide
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01/08/2014 La Stampa - Nazionale
"Da cattiva della tv al cinema dei Vanzina"
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ANICA SCENARIO
12 articoli
01/08/2014
Avvenire - Ed. Nazionale
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AGORÀ spettacoli / Roma
Cinquant'anni di VIDEOCLIP
Una commedia musicale rievoca la storia dei filmati di accompagnamento alle canzoni, inventati da Tullio
Piacentini negli anni Sessanta e presto evoluti nei film "musicarelli" Un successo venuto molto prima degli
americani di Mtv
FULVIO FULVI
Cinquant'anni fa nasceva in Italia il moderno videoclip. Una ricorrenza sulla quale, però, non tutti gli storici
della musica sono d'accordo. Intanto a Roma c'è chi sta celebrando, con qualche mese di anticipo, il mezzo
secolo del filmato musicale made in Italy . Il primo evento messo in pista è uno spettacolo teatrale, mentre a
ottobre cominceranno le riprese di un film sul tema la cui uscita è prevista nell'aprile 2015, in pieno
anniversario. Promotore dei festeggiamenti, l'editore e impresario romano Michele Piacentini, figlio di quel
Tullio Piacentini esercente di sale cinematografiche e poi regista e sceneggiatore che nel 1965 lanciò per la
prima volta le clip a colori di canzoni sceneggiate proiettandole tra un tempo e l'altro di un film, come si
faceva con i siparietti di avanspettacolo. Subito dopo, visto il successo, Piacentini passò alla produzione di
pellicole de llo stesso genere che ben presto furono trasmesse dalla televisione, prima in Italia e poi,
attraverso i network, nel resto del mondo. Insomma, il format del videoclip sarebbe proprio una sua scoperta,
con buona pace degli americani che ne rivendicano la primogenitura: secondo loro, infatti, furono i Soundies
dei jazzisti Louis Jordan e Jimmy Dorsey, prodotti negli anni '40, la forma embrionale del " promotional video
". «La commedia musicale che ha debuttato all'Isola del Cinema di Roma il 16 luglio scorso - spiega
Piacentini junior - si intitola Videoclip Story e, oltre ad essere un omaggio a mio padre, è un viaggio nel
mondo della canzone italiana degli anni '60 e '70: racconta le atmosfere dei set di Cinecittà dove venivano
prodotti questi brevi filmati che hanno ispirato in seguito anche il filone dei "musicarelli" nel quale ogni brano
di successo era il pretesto per una storia d'amore, con una sua ambientazione e i suoi personaggi». Il
musical scritto e diretto da Michele Piacentini è pieno di canzoni live , balletti, divertenti gag e video
dell'epoca, tra cui alcune chicche inedite: «C'è una clip del 1967 di Lucio Dalla che canta Il cielo all'aeroporto
di Linate - racconta l'autore dello spettacolo -, un'altra di Luigi Tenco che interpreta Ho capito che ti amo sulla
scogliera di Capo Boi, in Sardegna, mentre Patty Pravo fa venire i brividi con la sua Qui e là cantata sull'alto
campanile di Subiaco». Un'altra forza dello show sulla "vera storia dei videoclip", che riprenderà in autunno
con repliche sui palcoscenici di Roma e di diverse città italiane, è la prevista presenza di ospiti come Gianni
Morandi, Gianfranco Reverberi, Bobby Solo e altri protagonisti dell'epoca che diventeranno così testimonial
della'invenzione di Tullio Piacentini. «Mio padre cominciò già nel '67 a realizzare, scrivendone anche i
copioni, i primi video - dice il figlio - in collaborazione con le case discografiche: all'inizio il filo conduttore era il
cantanteviandante che si esibiva in una località turistica, vicino a un monumento o davanti a un paesaggio
mozzafiato, poi diventarono delle piccole storie con una loro autonomia narrativa, sempre di due, massimo tre
minuti; nulla a che vedere, dunque, con i primi filmati americani, che erano soprattutto ritagli di concerti dal
vivo». Il primo video che Piacentini produsse e portò in Rai all'interno di uno specifico format è stato, nel
1967, Spaghetti, pollo, insalatina e una tazzina di caffè, a Detroit interpretato da un giovanissimo Fred
Bongusto. Molto più tardi, nel 1981, nasceva negli Usa l'emittente Mtv, la prima quasi interamente dedicata ai
video musicali. In ogni caso, qualunque sia la vera paternità dei videoclip, Tullio Piacentini è entrato nella
storia meritando, nel 2010, a cinque anni dalla scomparsa, il premio del presidente della Repubblica per aver
tenuto alta nel mondo la bandiera della creatività italiana. A lui si devono anche tre lungometraggi da
annoverare tra i musicarelli, 008: operazione ritmo , Questi pazzi, pazzi italiani e Viale della canzone , tutti del
1965. Da allora la tecnica ha fatto passi da gigante e i filmati musicali, dopo un ventennio glorioso trascorso
sugli schermi delle televisioni di tutto il mondo, oggi imperversano senza regole nell'immenso e agitato mare
del web. Nel frattempo il disco è defunto e il suo erede Cd vive una lunga agonia. Ma le emozioni che suscita
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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Avvenire - Ed. Nazionale
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una bella canzone potremmo sempre riviverle, oltre che ai concerti, gustandoci un videoclip. ©
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I PIONIERI
IL FASCINO DEL CINEBOX All'inizio c'era la "canzone illustrata": immagini proiettate su una parete bianca
davanti alla quale un cantante esegue dal vivo il brano da pubblicizzare. L'idea fu degli editori americani di
spartiti musicali Marks e Stern. La canzone si intitolava The Little Lost Child . Era il 1894. Dal sistema della
"lanterna magica" si passò quindi, con l'avvento del cinema sonoro, nel 1926, ai corti della Warner Bros che
mostravano un cantante sulla scena mentre un grammofono in sala riproduceva un disco a 33 giri. Siamo
ancora lontanissimi, però, dalle hollywoodiane e fantasmagoriche clip di Michael Jackson, Thriller , diretta da
John Landis, e Bad , che porta la firma di Martin Scorsese. In mezzo, c'è tanta altra storia. Punto fermo di
questa evoluzione è il video della canzone Dáme si do bytu del regista slavo Ladislav Rychman, girato nel
1958, lo stesso anno in cui si diffusero i Cinebox, "fonografi visivi" inventati dall'italiano Pietro Granelli. Si
trattava di un sofisticato juke-box con il quale si potevano vedere le immagini girate in un set con un divo
della musica nostrana e ascoltare un piccolo brano della sua canzone di successo: mettendo monete in una
fessura della macchina usciva il disco già chiuso in una speciale custodia. Ed è stato proprio il Cinebox la
prima fonte di ispirazione di Tullio Piacentini. (F.Ful.)
Foto: ESORDI
Foto: Sopra, Nilla Pizzi alla presentazione del primo Cinebox, nel 1958. A sinistra, Luigi Tenco canta en plein
air per le telecamere
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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01/08/2014
Corriere Mercantile - Genova
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CINEMA La sala di proiezione dell'entroterra è passata definitivamente al digitale evitando la chiusura. Ad
agosto in programma quattro mercoledì di proiezioni
"Nuovo Casella", miracolo in valle
A mandarlo avanti quindici volontari. Le poltrone sono dell'ex "Margherita"
on ci saranno più i giovedì sera passati a montare con la pressa Catozzo le varie parti del film da proiettare
nel fine settimana. Non si rischierà più di iniziare una proiezione e accorgersi che gli attori sono a testa in giù
perché la "pizza" è stata arrotolata alla rovescia (è accaduto davvero). Nemmeno capiterà di confondere
l'ordine dei tempi di un kolossal come "Il padrino": primo, terzo e secondo tempo, con flashback involontari
che lasciano interdetto lo spettatore, «d'altronde 'sti registi americani sono strani» (altro episodio autentico,
ma avvenuto in un altro cinema del circondario). Il cinema parrocchiale di Casella, il paese della Vallescrivia
famoso per l'omonimo trenino, esce dall'era analogica e passa indenne la tagliola dei tempi moderni, con un
impianto digitale che implica sì la perdita del romanticismo da celluloide, ma in compenso significa la
sopravvivenza. Sì, perché con la fine dello scorso anno le vecchie pellicole sono andate in soffitta insieme ai
proiettori a bobine, sostituite dal formato digitale (nient'altro che un hard disk contenente film e pubblicità) e
dai relativi macchinari nuovi di zecca e molto, molto costosi. Una pietra tombale su migliaia di sale italiane già
corrose dalla concorrenza dei multisala; non per Casella, che a sorpresa ha rinnovato gli impianti e sta per
inaugurare, mercoledì prossimo, una sorta di anteprima agostana prima dell'inizio ufficiale della stagione,
venerdì 5 settembre. «Eravamo davvero sul punto di arrenderci racconta Lisetta Caligaris, capitana di lungo
corso della squadra di 15 volontari tra cassieri e operatori - perché i costi per il digitale erano davvero alti. Nel
giro di un anno, però, il mercato è cambiato: i prezzi sono scesi quasi della metà e abbiamo deciso di non
mollare». L'investimento di circa 40 mila euro è coperto al 60 per cento dal bando regionale per la
digitalizzazione cinematografica, al quale, con una sorta di preveggenza, il cinema di Casella aveva aderito
prima ancora di prendere la decisione; per il resto c'è un finanziamento che, si auspica, «verrà coperto con gli
incassi del cinema: dalle casse parrocchiali non è stato prelevato un euro», precisa il parroco don Graziano
Pepe, che non ha mai fatto mancare il proprio entusiastico appoggio alla difficile impresa di mantenere in vita
un cinema parrocchiale in Vallescrivia. Già, perché nella vallata che ai tempi d'oro contava una sala in ogni
paese (a Busalla ce n'erano addirittura due), sembrava che all'apocalisse digitale sopravvivesse il solo
Columbia di Ronco Scrivia: invece, i volontari di Casella hanno tenuto in piedi la propria barca: «contiamo sul
pubblico di tutti i comuni del circondario - prosegue la signora Caligaris - perché l'audio e l'immagine, col
digitale, sono pulitissimi, e la sala comoda e confortevole. Le poltrone sono quelle dell'ex teatro Margherita di
via Venti Settembre: riuscì a ottenerle il parroco a cui è dedicata la sala e che ci ha lasciati qualche anno fa,
don Mario Beroldo». La stagione, da settembre a maggio, va avanti secondo un immutabile calendario:
venerdì, sabato e domenica; un film ogni weekend, con l'alternanza tra titoli "generalisti" e altri dedicati ai
bambini: «I grandi pienoni li abbiamo sempre fatti coi cartoni Disney», ricordano i volontari di Casella. Che si
preparano ai quattro mercoledì di agosto con cui daranno il via alla nuova era: dal 6 al 27, nell'ordine, sono in
programma "Maleficent", "Sotto una buona stella", "Belle e Sebastien" e "Smetto quando voglio". E, c'è da
scommettere, quelli del cinema di Casella non smetteranno mai.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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01/08/2014
Il Messaggero - Ed. Nazionale
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(diffusione:210842, tiratura:295190)
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Un'agguerrita retrospettiva al Festival di Locarno riscopre la mitica casa di Goffredo Lombardo che soprattutto
negli anni Cinquanta-Sessanta scrisse la storia del cinema intrecciando con gusto e acume imprenditoriale
commedia e mélo, spettacolo e film d' autore , Totò e "Il Gattopardo". Secondo una ricetta avventurosa e
irripetibile L'OMAGGIO
Titanus, la storia infinita
FREQUENTÒ E A VOLTE INVENTÒ TUTTI I GENERI E TUTTI I REGISTI FU LA SUA GRANDEZZA E LA
SUA CONDANNA
Emiliano Morreale Conservatore della Cineteca Nazionale
Conservare e diffondere la memoria del cinema italiano oggi è molto diverso, e forse più difficile, di quanto
non fosse qualche decennio fa. Da un lato, all'estero il nostro cinema è ancora un mito, anche se a volte
sembra che negli ultimi 40 anni non abbia più prodotto granché. In Italia, d'altra parte, il pubblico sembra
poco attratto dal proprio passato, e al massimo lo incontra occasionalmente, secondo la logica dell'"evento".
[...] Il pericolo, per lo spettatore, i media e le istituzioni, è quello di tornare sempre su una mezza dozzina di
autori e periodi, che "pagano" in Italia e all'estero, ma che al tempo stesso mettono in ombra la ricchezza e la
varietà di questo patrimonio. Raccontare il cinema italiano attraverso la Titanus significa, credo, molte cose.
Significa vederlo come un unicum, come un grande corpo in movimento in cui generi, autori, maestranze,
pubblico si illuminano reciprocamente. VERSO IL BOOM La storia della Titanus riproduce, evidenziandole e
quasi drammatizzandole, alcune linee guida nella storia dello spettacolo cinematografico italiano: la
fuoriuscita dal neorealismo e il suo sciogliersi nei generi, dal mélo alla commedia; il grande momento di
aggiornamento culturale, con i grandi autori dell'epoca del boom; la progressiva frantumazione e opacità del
racconto; infine, il trionfo della televisione.[...] Certo, la storia di Gustavo Lombardo viene da lontano. La fase
del Lombardo distributore comprende già cent'anni fa Cabiria e Sperduti nel buio , e la Casa arriva alla
produzione durante la prima guerra mondiale. Il suo grande momento è però quello che accompagna una
ridefinizione del cinema italiano nel dopoguerra, in un'articolazione assai composita tra alto e basso.
NOUVELLE VAGUE È il quindicennio che va da Catene a Il Gattopardo , attraverso il mélo e la commedia
leggera della seconda metà degli anni '50. Catene , Pane amore e fantasia e Poveri ma belli sono i capisaldi
di questo mutamento; ma è importante anche un film come Il segno di Venere , che già conduce verso la
commedia all'italiana. L'approdo, e l'inizio della fine, è quello che Vittorio Spinazzola definirà "superspettacolo
d'autore" (nel caso della Titanus, Rocco e i suoi fratelli e Il Gattopardo ), contemporaneo al generoso e
sfortunato tentativo di creare una nouvelle vague italiana. Esiste, in tutto questo, uno "stile Titanus"? È chiaro
che la Titanus, anche per la sua estensione temporale e per le sue varie reincarnazioni, non può esser letta
in maniera compatta come la Cines di Emilio Cecchi negli anni '30 o la Lux di Riccardo Gualino nel secondo
dopoguerra, né messa sullo stesso piano delle major americane. Ed è anche vero che il profilo di Lombardo
produttore è più eclettico e mutevole di altri autori più riconoscibili come Dino De Laurentiis o Carlo Ponti.
Esistono però sicuramente dei film Titanus, dei momenti che la Titanus segna col suo stile. PARENTI
POVERI Il mélo fiammeggiante (e spesso letteralmente colorato: Torna!, Maddalena ) degli anni '50, teso a
differenziarsi dai parenti poveri; l'aria gaia e en plein air delle commedie alle soglie del boom; l'aria pensosa
di certi esordienti, più ancora che dei grandi autori come Luchino Visconti. E certe commedie all star e
coloratissime, come il Policarpo, "ufficiale di scrittura" di Mario Soldati o Ferdinando I Re di Napoli di Gianni
Franciolini (e anche, all'opposto, Il giorno più corto di Sergio Corbucci, che si rivede oggi con una certa
malinconia sapendolo operazione di solidarietà collettiva di cento attori verso il produttore sull'orlo del
fallimento). [...] E nei decenni vediamo dipanarsi le relazioni pericolose con la televisione: la Titanus diventa
subito fornitrice di cinema per la RAI, e la osserva in vari film ( Totò lascia o raddoppia? , tra tutti),
confluendovi poi. Insomma, lo studio della Casa ci sospinge continuamente oltre di sé e perfino oltre il cinema
, negli anfratti del sistema dei media e negli intrecci di economia, politica e cultura. [...] SISTEMA
IMPOSSIBILE Il fallimento del progetto-Titanus, col suo intreccio di dimensione internazionale,
superspettacolo d'autore e "operazione nouvelle vague", coincide in fondo con la fine della grandezza del
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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01/08/2014
Il Messaggero - Ed. Nazionale
Pag. 26
(diffusione:210842, tiratura:295190)
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cinema italiano. Nelle espressioni successive, gli elementi ondivaghi, seppur a tratti felici, del progetto di
Lombardo segnano la difficoltà a costruire un progetto coerente, una consonanza tra industria, autori, generi
e pubblico. Di volta in volta i singoli filoni non costruiranno, come era stato negli anni '50, un "sistema".
Tornare a incontrare la galassia Titanus nelle sue incarnazioni non ha in nessun modo un valore nostalgico,
ma significa immergersi in un'atmosfera e in un mondo, scoprire filiazioni e parentele, e ancora una volta
accorgersi che la storia del nostro cinema, "più nota che conosciuta", riserva scoperte ed emozioni nuove che
vanno custodite e rivissute.
Foto: SFARZO E AVVENTURA Sopra Claudia Cardinale Burt Lancaster e Alain Delon in una scena de "Il
Gattopardo" di Luchino Visconti Qui accanto Vittorio Gassman in "L'armata Brancaleone" di Mario Monicelli
Foto: SET E FAMIGLIE Sopra, Marcello Mastroianni e Jacques Perrin in "Cronaca familiare" di Valerio Zurlini
Goffredo Lombardo sul set di "Poveri ma belli", dietro Maurizio Arena e Marisa Allasio. Lombardo dietro a
Antonioni e Monica Vitti
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01/08/2014
Il Venerdi di Repubblica - N.1376 - 1 Agosto 2014
Pag. 114
(diffusione:687955, tiratura:539384)
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spettacoli cercando il lieto fine
La Palestina senza guerra non è un flm di fantascienza
Tiziana Lo Porto
SIRACUSA. Sull'altra sponda del Mediterraneo, gli aerei israeliani hanno appena bombardato la spiaggia
dell'albergo dove alloggia la stampa straniera che segue i fatti di Gaza. Quattro bambini sono morti e molti
altri sono feriti. Stavano giocando a pallone e qualcuno dice che forse le bombe sono cadute così vicine ai
giornalisti per amplificare la portata dell'attacco. Amos Gitai ascolta i racconti dell'ennesimo bombardamento
e poi, come chi non ha bisogno di sapere altro perché cambiano solo i nomi delle strade e dei morti, ma la
storia è sempre la stessa, aggiunge: «È possibile, ma il problema dell'informazione di oggi è lo stesso di ieri:
abbiamo scarsa conoscenza dei fatti, l'enorme quantità di notizie in circolazione ci illude che qualcosa sia
cambiato, ma non è così, facciamo ancora molta fatica a sapere come sono andate veramente le cose». Il
regista israeliano che non piace ai critici israeliani (la sue posizioni politiche sono poco amate dai falchi del
governo e della stampa conservatrice) è in Sicilia, ospite dell'Ortigia Film Festival. È venuto per fare una
lezione su architettura e cinema e per presentare tre dei suoi film più recenti: il road movie Free Zone ,
Lullaby to My Father, documentario sul padre architetto del Bauhaus Munio Gitai, e Ana Arabia , che mostra
con sensibilità e intelligenza la coabitazione tra arabi e israeliani attraverso le storie degli abitanti di un
piccolo borgo in una delle periferie di Tel Aviv. Un piccolo borgo dove la convivenza, di fatto, va avanti.
Tornerà poi in Italia tra qualche settimana, quando alla Mostra del Cinema di Venezia presenterà fuori
concorso il suo nuovo film, Tsili , da un romanzo di Aharon Appelfeld ( Paesaggio con bambina , Guanda, pp.
154, euro 14), ambientato ai tempi della Shoah ma distante dagli stereotipi e interamente girato in yiddish: «In
quegli anni, era la lingua della diaspora e oggi c'è sempre meno gente che lo parla» spiega. «Il cinema
maneggia la memoria, può servire a far rivivere una lingua oppure a far vedere la realtà sotto una luce
diversa. L'arte, quando è vera arte, aiuta a capire le correnti sotterranee, a vedere cose che normalmente
non vedresti. E anche a umanizzare il prossimo, a rifiutarti di guardare l'altro come un nemico. L 'altro è una
persona interessante, con una sua visione del mondo». La sua visione del mondo prevede la coesistenza
pacifica malgrado il conitto? «Non dobbiamo per forza essere d'accordo con tutti su tutto, e dobbiamo
accettare il disaccordo senza desiderare di uccidere chi non la pensa come noi. Capire un principio
apparentemente semplice come questo sarebbe già un buon punto di partenza per migliorare lo stato delle
cose. Nel caso del Medio Oriente la situazione è particolarmente delicata perché la coalizione al potere è
fatta da gente che non vuole la pace. Ogni volta che si arriva a una forma di coesistenza pacifica, c'è sempre
chi lavora per azzerare i progressi fatti e per destabilizzare». Questo, sui due fronti? «Assolutamente sì, da
molto tempo, jihadisti, ultranazionalisti, fanatici religiosi, estrema destra israeliana, sfortunatamente
perseguono lo stesso fine: perpetuare la violenza. Sacrificando un giorno le vite dei tre ragazzi israeliani che
facevano l'autostop, pochi giorni dopo quelle dei quattro bambini palestinesi che giocavano a calcio. E chi sa
quanti altri funerali ci saranno ancora. So bene che è impopolare dirlo, ma la direzione di trattative con i
palestinesi avviata da Yitzhak Rabin - il mio prossimo film sarà proprio sulla sua vita - è un'opzione di gran
lunga migliore della guerra permanente o degli accordi unilaterali. C'è stato un momento in cui una via
d'uscita sembrava possibile, ed è quella la direzione da percorrere. Non ci sono alternative». Come vive un
artista questa situazione? «La settimana scorsa ho ricevuto da Ramallah la richiesta di mostrare il mio
documentario House . E la cosa mi ha commosso. Sono convinto che l'arte sia in grado lavorare sotto pelle e
aprire la mente della gente, mostrando che possiamo prenderci cura del prossimo senza nutrire le nostre vite
di separazioni e conitti. L'unica convivenza possibile è quella basata su una profonda comprensione e non su
un accordo superficiale e temporaneo destinato a sfociare in una nuova guerra. Bisogna lavorare sul lungo
periodo». Ana Arabia è stato distribuito in Israele? «Sì, e mi sembra sia piaciuto. È difcile mostrare un film
come Ana Arabia nel bel mezzo della guerra. L'intenzione del film è andare nella direzione completamente
opposta rispetto alla violenza. Ognuna delle due parti vuole dare un'immagine di sé esclusivamente angelica
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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01/08/2014
Il Venerdi di Repubblica - N.1376 - 1 Agosto 2014
Pag. 114
(diffusione:687955, tiratura:539384)
La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
e un'immagine degli altri totalmente demoniaca. Per me, sono tutti sia angeli che demoni. Nessuno è
innocente, in questa storia. Finché si continuerà a pensare che una delle due parti abbia completamente
ragione e l'altra torto ci sarà guerra. Bisogna accettare che tra gli uomini non esiste la perfezione e che la
soluzione potrà essere soltanto umana». Nell'epistolario che firma con sua madre Efratia (Storia di una
famiglia ebrea, Bompiani, pp. 522, euro 21,50) che adatterà al teatro e porterà in scena il prossimo anno ad
Asti, questa duplicità dell'uomo, angelo e demone, è il tema di una lettera di sua madre. «Lei era molto
impegnata nel difendere i diritti delle donne. E diceva sempre che una società che non rispetta le donne è
segnata ed è destinata a finire. Non possiamo essere autoritari e machi e al tempo stesso volere la pace».
Lei pensa veramente che la pace sia realizzabile e non solo una speranza? «Si può trovare una soluzione
confederativa, in cui palestinesi e israeliani abbiano la propria indipendenza. Si è versato troppo sangue e
non è realistico pensare di interrompere gli scontri da un giorno all'altro con un semplice annuncio. Troppa
gente è morta, il rancore e il desiderio di vendetta sono forti. Ma le due parti hanno diritto all'indipendenza e
all'autonomia, magari prendendo come esempio l'Europa: gli europei si sono uccisi tra loro nei modi più
brutali, è morta molta più gente che in Medio Oriente, hanno quasi distrutto un intero continente. E poi, però,
sono riusciti a costruire una pace duratura e addirittura un'unità politica ed economica. È vero però che
questa nuova coesione si è formata solo quando i Paesi in guerra si sono trovati davanti a un muro, quando
hanno capito di essere a un passo dalla distruzione dell'intero continente». E, da voi, oggi quanto è lontano
quel punto? «È terribilmente vicino. Per questo spero che in Medio Oriente ci si decida a trovare una
soluzione. Sperare che accada non è un'illusione. Dobbiamo continuare a pensare che sia possibile. Le idee
sono più forti delle armi e dei soldi, e possono cambiare il Pianeta. È di idee che dobbiamo parlare».
Foto: A sinistra, Amos Gitai e, nella foto grande, un'immagine tratta da Tsili il suo ultimo flm che sarà
presentato, fuori concorso, alla prossima Mostra del cinema di Venezia
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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01/08/2014
Il Venerdi di Repubblica - N.1376 - 1 Agosto 2014
Pag. 78
(diffusione:687955, tiratura:539384)
comodamente sdraiati, È tutto un altro cinema
Micol Passariello
Coperte, lenzuola fresche e cuscini morbidi su cui accomodarsi. Benvenuti al cinema. Altro che poltrone
reclinabili e poggiatesta. L'ultima tendenza in fatto di teatri trasforma la proiezione in un'esperienza
letteralmente da sogno. Stavolta la novità non arriva da Londra o New York, ma dalla Grecia. Dove l'Olympia
Cinema di Atene si è trasformato nel più comodo del Paese, sostituendo alle sedute veri letti matrimoniali.
«L'idea l'ho avuta partecipando a un evento a Parigi», ha raccontato il proprietario del teatro, durante
un'intervista a un giornale greco. «La Parisian Music Hall era stata riempita per una sera con letti Ikea al
posto delle poltrone: era per pubblicizzare una linea di materassi della casa svedese, ma l'ho trovata un'idea
geniale, così l'ho utilizzata per riportare in vita un vecchio cinema d'essai chiuso da anni: è stato un successo
». La notizia ha fatto il giro del mondo e ha dato il via a un nuovo filone di sale con ogni comfort. Vedi
l'Electric Cinema di Londra. Che oltre a ofrire un servizio a cinque stelle, (champagne, finger food , mega
schermi e acustica perfetta, accomoda i suoi (fortunati) ospiti su letti di pelle, con tavolino per drink e cibarie,
e persino un cameriere personale a disposizione. Per gli incontentabili ci sono anche i privé per proiezioni
riservate tra amici. Negli Stati Unti la moda è stata accolta solo dalla catena Gold Class Cinema, ma in Asia
ha conosciuto un boom. A Jakarta, in Indonesia, i Blitz Megaplex ofrono divaniletto di velluto. A Kuala
Lumpur, Malesia, il teatro Beanie accoglie i suoi clienti su dormeuse piene di cuscini. A Bangkok, Tailandia, il
Paragon Cineplex non solo ofre sofà da hotel di lusso, ma coccola i suoi cinefili con una cene servite a letto.
Ma occhio al prezzo: un biglietto costa circa 80 euro.
Foto: A sinistra, il cinema beanie di Kuala Lumpur (Malesia), sopra il blitz megaplex di Jakarta (Indonesia). In
alto, l' olympia cinema di Atene
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
DOLCE VITA
01/08/2014
L'Espresso - N.31 - 7 Agosto 2014
Pag. 78
(diffusione:369755, tiratura:500452)
draghi per ogni età
Un eroe disabile. Una bella vichinga. Richiami a "Guerre stellari". E un libro per bambini diventa un film per
tutti
Oscar cOsulich
Al cinema il 2014 è l'anno del dragone. L'invasione è iniziata con "Godzilla", che ha festeggiato il suo
sessantesimo compleanno ritornando sugli schermi lo scorso maggio. E l'anno si chiuderà a dicembre con il
feroce Smaug nel terzo capitolo dello "Hobbit" di Peter Jackson. Non tutti i draghi però sono cattivi. E il 16
agosto gli spettatori italiani ritroveranno quelli più affettuosi e simpatici nella storia di "Dragon Trainer 2" di
Dean DeBlois. Il flm, che è stato presentato a Cannes, al festival d'animazione di Annecy e a quello di
Taormina, è il secondo capitolo della trilogia cominciata nel 2010 da "Dragon Trainer" di DeBlois con Chris
Sanders. Un cartoon che è piaciuto moltissimo in tutto il mondo: costato 165 milioni di dollari, ne ha incassati
quasi 500, dimostrandosi uno dei migliori successi prodotti dalla DreamWorks. Per questo secondo capitolo
della saga, DeBlois vanta già un incasso vicino ai 400 milioni di dollari, a fronte di un budget di 145 milioni. I
due flm sono liberamente ispirati a una serie di undici romanzi per bambini dell'inglese Cressida Cowell. Il
segreto dell'operazione però sta nell'adattamento, che il patron della DreamWork Jeffrey Katzenberg in
persona, dopo un primo tentativo che non lo soddisfaceva, decise di affdare a Sanders e DeBlois, freschi del
successo di "Lilo & Stitch" della Disney, storia dell'amicizia tra un alieno "politicamente scorretto" e un'orfana
hawaiana. I due, sostenuti dall'esperta produttrice Bonnie Arnold (vedi riquadro in queste pagine), impiegano
quattordici mesi solo per decidere come narrare la vicenda del giovane vichingo Hiccup ("singhiozzo", in
inglese), gracile fglio del forzuto capovillaggio di Berk, isola dei mari del nord che Hiccup presenta con queste
parole: «Questa è Berk. È dodici giorni a nord di disperazione e pochi gradi a sud di morire di freddo. Si trova
esattamente sul "meridiano della miseria". Il mio villaggio: in una parola, solido. È qui da sette generazioni,
ma ogni singola costruzione è nuova. Abbiamo la pesca, la caccia e un'incantevole vista del tramonto. L'unico
problema sono le infestazioni: in molti posti hanno topi, o zanzare, noi abbiamo... i draghi!». «Non volevamo
realizzare un flm "per bambini"», spiega a "L'Espresso" il quarantaquattrenne regista canadese DeBlois. «O
meglio, non volevamo che fosse un cartoon solo per loro. Così abbiamo deciso di far crescere Hiccup
trasformandolo in quindicenne, per rendere più complesso il suo confitto caratteriale col padre e permettergli
una cotta, apparentemente senza speranza, per la bionda Hastrid. Lei è la vichinga perfetta, la più forte
ragazza del villaggio, mentre lui non ha nessuna caratteristica "vichinga"». Hiccup, infatti, è incapace di
vestire i panni di uccisore di draghi, attività cui sono dediti gli abitanti dell'isola. Riesce però a fare amicizia
con la Furia Nera (drago temutissimo e praticamente invisibile, per la sua velocità nel colpire e fuggire), con il
suo aiuto salva villaggio e draghi da una terribile minaccia e combatte eroicamente fino ad essere
gravemente ferito. Quando si risveglia dal coma scopre di aver perso parte della gamba sinistra, ma scopre
anche che nel frattempo il il villaggio ha trovato la pace: grazie a lui tutti ora convivono amabilmente con ogni
tipo di drago. «Sono estremamente grato a Katzenberg per il coraggio che ha dimostrato allora», spiega
DeBlois.«Se il flm fosse stato prodotto dalla Disney, invece che dalla DreamWorks», aggiunge, «dubito che
avremmo potuto far perdere una gamba ad Hiccup». Forte del precedente, DeBlois ha deciso che il coraggio
di Katzenberg andava messo di nuovo alla prova. Così quando il Ceo della DreamWorks Animation gli ha
proposto di girare il sequel, ha immediatamente rilanciato: «Gli ho detto che accettavo se mi dava la
possibilità di realizzarne due, per completare così una trilogia». Una scelta apparentemente azzardata anche
perché, per la prima volta nella sua carriera, DeBlois si assumeva l'onere della regia tutto sulle proprie spalle,
lasciando a Sanders il compito di coproduttore associato. L'idea chiave è stata ambientare il flm cinque anni
dopo il precedente, il che ha creato per "Dragon Trainer 2" una nuova serie di problemi tecnici e narrativi:
«Abbiamo dovuto ridefnire e ricreare i modelli grafci di tutti i personaggi, a partire dal protagonista. Un
ventenne ha proporzioni corporee totalmente diverse da un quindicenne ma Hiccup, pur crescendo in altezza,
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doveva mantenere la sua caratteristica aria goffa e impacciata». All'inizio del nuovo flm, Hiccup viene indicato
come futuro capo villaggio. Ma lui nicchia, non si sente all'altezza del padre, e preferisce dedicarsi
all'esplorazione di nuovi territori volando in groppa all'amato Sdentato (questo il nome che ha dato al suo
drago Furia Nera). In una di queste escursioni, Hiccup fa un incontro sorpredente: dietro un personaggio
misterioso, coperto con una maschera («ispirata al coniglio gigante di "Donnie Darko"», confessa DeBlois) si
nasconde sua madre, che tutti poensavano morta da anni. Dopo questo incontro, sembra che le cose si
mettano per il meglio, ma nuovi pericoli minacciano il villaggio di Berk, scatenando una serie di avventure a
catena che per i cinefli avranno un sapore familiare. «Il modello narrativo è "L'impero colpisce ancora"»,
sorride il regista. «Quando l'ho visto avevo solo una decina d'anni, ma quel flm mi ha segnato
profondamente». Questa passione si notava già in "Mulan", film Disney del 1998, a cui DeBlois ha
collaborato: non a caso c'erano affnità tra la leggenda della giovane guerriera cinese e l'epopea stellare di
George Lucas: il drago Mushu e il grillo Cri-Cri ricostruivano le dinamiche comiche della coppia formata
dall'androide C-3P0 e il robot R2-D2, mentre Mulan, grazie al suo travestimento maschile, era una fusione tra
la principessa Leila Organa e Luke Skywalker, mentre il cattivissimo Shan-Yu era chiaramente ispirato al
temibile Darth Vader. In "Dragon Trainer 2", invece, la similitudine è solo nella costruzione narrativa. Non nel
fnale, però: «"L'Impero colpisce ancora" aveva un fnale sospeso», ride DeBlois. «Gli spettatori furono costretti
ad aspettare il terzo flm per sciogliere nodi importantissimi della trama. Katzenberg mi ha chiesto di non fare
nulla del genere: potevo avere la mia trilogia, ma solo a patto che fosse composta di capitoli godibili anche da
chi ne vedesse uno solo. Così ora, dopo aver narrato la transizione verso l'età adulta di Hiccup in "Dragon
Trainer 2", sto lavorando al flm conclusivo, che questa volta è ambientato immediatamente dopo la fne del
secondo. Dovrebbe essere pronto per il 2017 e chiuderà l'era dei draghi». Almeno di quelli buoni: quelli
cattivi, c'è da giurarci, continueranno a infestare gli schermi. Foto: epa - CorbisQuell'esordiente è figlio mio
La sfida più grande per un produttore? «Produrre il film di un regista esordiente: per me che amo le sfide è
quella che stimola le mie qualità più di ogni altra», sorride Bonnie Arnold, prima di elencare orgogliosamente i
suoi "pupilli": «Quando, nel 1990, ho prodotto "Balla coi lupi", Kevin Costner non aveva mai diretto un film in
vita sua, anche se era già un attore notissimo. Con "Toy Story", nel 1995, è successa la stessa cosa: John
Lasseter aveva già conquistato un Oscar e una nomination con i suoi cortometraggi animati, ma non si era
ancora cimentato con un lungometraggio», ricorda la produttrice. «Oggi Dean DeBlois, che pure aveva già
diretto a quattro mani con Chris Sanders "Lilo & Stitch" e il primo "Dragon Trainer", è per la prima volta
regista assoluto e per me è stato un piacere collaborare all'impresa». Non ha dubbi la Arnold su quali
debbano essere, in questi casi, le doti di una buona produttrice: «Bisogna essere prima di tutto "madri"»,
spiega, «saper guidare il bambino/regista senza inibirlo, riuscendo a non fargli perdere di vista il quadro
complessivo dell'opera, ma lasciandolo libero di esprimere la propria creatività». Ma essere madri non basta:
«Serve anche essere negoziatori, per ottenere tutto quello che serve al film senza creare problemi all'autore
», continua. «E infine bisogna essere buoni insegnanti. Io non ho capacità artistiche, però visualizzo
lucidamente il quadro d'insieme di un film, mentre a volte, se il regista è troppo dentro la sua creatura, rischia
di perdersi nei dettagli. In questo caso avere la sua fiducia permette di essere ascoltata, evitando catastrofi
produttive».
Foto: il regista dean deblois. sopra: due immagini dal suo nuovo film, "dragon trainer 2"
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senti che biopic
Jimi Hendrix e James Brown. E poi i Beatles, Nick Cave, Elton John. Le biografie di cantanti invadono gli
schermi
Federico Scoppio
Cinema in crisi? Non si direbbe proprio, almeno a guardarlo dalla prospettiva dei "biopic" musicali: quei ritratti
di divi di ieri e di oggi che, tra biografie romanzate e documentari, sono il genere di progetti sicuri su cui
l'industria del cinema in questo periodo continua a investire. Sono appena passati nelle sale italiane
"Mistaken For Stranger" sui The National, frmato da Tom Berninger (fratello del "frontman" della band, Matt)
che ha montato circa 200 ore di riprese artigianali, a volte anche illecite, dei lunghi tour della indie-rock band,
e un omaggio ai Duran Duran frmato da David Lynch. Il visionario regista ha concesso la sua anima a "Duran
Duran: Unstaged" solo a patto che potesse riprendere e montare a suo piacimento le immagini di un concerto
dei protagonisti. E arriverà i Italia a novembre "Get On Up", la storia di James Brown prodotta da Mick
Jagger. Il biopic musicale non è certo una novità. Da "Amadeus" di Milos Forman a "Walk the line" su Johnny
Cash, passando per "Sid & Nancy" sulla storia di Sid Vicious dei Sex Pistols, "De-Loveley" su Cole Porter o
"Bird", il Charlie Parker raccontato da Clint Eastwood, ce ne sono molti. Lo stesso Eastwood è ora nelle sale
con "Jersey Boys", che racconta la storia del gruppo americano poprock The Four Seasons. Eppure mai
come in questi ultimi tempi si è parlato di biopic musicali e di documentari. Galeotto il successo inatteso di
"Searching For Sugar Man", il documentario sulla strana parabola del cantautore Sixto Rodriguez che
addirittura fu premiato al Sundance Film Festival e si aggiudicò un Oscar. A inaugurare il nuovo corso è stato
il regista John Ridley, già premio Oscar come sceneggiatore per "12 anni schiavo", che inizia a girare nei
festival con il suo "Jimi: All Is By My Side", dedicato a Jimi Hendrix e interpretato da André Benjamin, l'André
3000 del duo hip hop Outkast. Ridley concentra la sua storia su un anno cruciale nella carriera di questo
genio della chitarra, quello che precede il suo show al Monterey Pop Festival del 1967, la performance che lo
consacrò. Il 1966, racconta il flm, fu un anno di fuoco, segnato dall'incontro con quello che sarebbe diventato
il suo manager che lo portò via da New York, lo inserì nei club di Londra, ma anche con Linda Keith, allora
fidanzata con Keith Richards dei Rolling Stones. Anche se il flm verrà distribuito nelle sale a partire dalla
metà di settembre, a 44 anni dalla scomparsa del cantante, le polemiche sono già roventi: con la Keith che
già promette un'azione legale nei confronti di chi ha prodotto la pellicola. A sentire l'australiana, cui Hendrix
dedicò niente meno che le parole e le note di "The Wind Cries Mary", il loro rapporto non fu per niente
burrascoso: al contrario lei conserva un ricordo di una persona gentile e affabile. Ma la critica preventiva più
feroce arriva dai puristi, perché Ridley non ha potuto utilizzare le musiche originali di Hendrix. Il veto è
arrivato dalla fondazione intitolata al chitarrista, con alcuni parenti della rockstar in prima fla, che ne detiene i
diritti. E che si è affrettata a promuovere un secondo flm su Hendrix, presentato durante l'ultimo festival di
Cannes. Questa volta nei panni del chitarrista ci sarà l'attore Anthony Mackie ("Million Dollar Baby", "The Hurt
Locker", "Notorius B.I.G." e diversi altri), per la regia di Ol Parker. La sceneggiatura, questa volta, è stata
approvata dagli eredi. E proprio per questo, rispetto alla pellicola di Ridley, il flm avrebbe la possibilità di
utilizzare le musiche originali. E non è poco. Le battaglie con gli eredi sono all'ordine del giorno nella
produzione di un biopic. Sono già sul piede di guerra i parenti di Whitney Houston, per una pellicola che
sembra sia riservata solo al piccolo schermo e che sarà interpretata da Yaya DaCosta, una bella attrice di
Harlem. Ma il più tormentato è il biopic su Freddie Mercury, leader dei Queen, la cui scomparsa nel 1991
lasciò un vuoto incolmabile nel mondo del rock, almeno quanto dubbi atroci sull'integrità morale della
persona. Un caso singolare è "Miles Ahead", su Miles Davis. L'attore di "Hotel Rwanda" e "Iron Man 2" Don
Cheadle ci lavora dal 2006. Nel 2012 furono gli eredi del trombettista più famoso del jazz a dichiarare al "Wall
Street Journal" di aver concesso le autorizzazioni necessarie. Eppure solo in questi giorni iniziano le riprese a
Cincinnati. Cheadle, che sarà interprete e regista del flm, ha deciso di raccontare il periodo più buio di Davis, i
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cinque anni che vanno dal 1975 al 1980, che segnarono il ritiro dalle scene e il periodo più triste e duro della
sua vita. La depressione, l'alcol, l'ulcera, la cocaina, la dipendenza dal sesso e anche il carcere per i mancati
alimenti ai fgli. Miles passava mesi senza uscire di casa, organizzava festini e spesso cacciava malamente i
suoi ospiti per chiudersi in un mutismo terribile. Una ricostruzione non certo semplice di anni poco chiari alle
cronache e persino ai suoi amici e collaboratori più stretti che ne persero le tracce. Sarà per anticipare
possibili problemi che sempre più spesso sono gli eredi a prendere l'iniziativa. Se non i divi stessi. È il caso
del flm sui Beatles da poco annunciato, per la regia di Ron Howard. Voluto da Yoko Ono, Paul McCartney,
Ringo Starr e Olivia Harrison, il flm sarà coprodotto da Nigel Sinclair (che già lavorò ai documentari di Martin
Scorsese su Bob Dylan e George Harrison), racconterà la prima fase della carriera dei Beatles, con l'attività
concertistica dei quattro, dal Cavern Club di Liverpool fno all'ultimo concerto "uffciale", quello di San
Francisco nel 1966, quando Lennon e gli altri furono costretti a raggiungere l'aeroporto della città su un
carrarmato per evitare gli assalti della folla. La settantaduenne Aretha Franklin è al lavoro da tempo per
controllare la sua biografa, "The Queen Of Soul". Mentre Elton John ha iniziato a produrre un flm sulla propria
storia, pensandolo come un musical alla "Moulin Rouge" cucito attorno alle sue canzoni più note. Per il ruolo
di protagonista di "Rocket Man" è stato scelto Tom Hardy, dopo la corsa a due con Justin Timberlake. Fare
un documentario persenta meno problemi. E infatti ne foccano di nuovi e ci sono persino reti televisive che
hanno sdoganato il format e ne assemblano diversi per il proprio palinsesto, specialmente nella notte. Dopo
l'estate arrivanei cinema "20.000 Days On Earth" di Iain Forsyth e Jane Pollard, già premiato al Sundance
Film Festival, che racconta 24 ore di Nick Cave. Il titolo è ispirato a un appunto del cantante e artista
canadese nel quale calcolava approssimativamente il suo tempo di residenza sulla terra. Anche l'ex Nirvana
Dave Grohl si sta cimentando nel genere, ma si tiene alla larga dal suo famoso collega Kurt Cobain e si limita
a documentare le gesta della sua nuova band, i Foo Fighters. Tra i tanti in arrivo, le perle del momento sono
due: in uscita a metà novembre è "Jaco", la storia del rivoluzionario bassista elettrico Jaco Pastorius
scomparso nel 1987 a soli trentasette anni a seguito di un pestaggio. Fortemente voluto dal bassista dei
Metallica Robert Trujillo che l'ha prodotto, il documentario ripercorre il successo e la vita di un uomo che i più
descrivevano come totalmente fuori di testa ma che invece soffriva di un forte bipolarismo che lo portò
all'autodistruzione. Più colorato l'altro: "Mirror To The Soul" racconta cinquanta vivaci anni (dai Venti ai
Cinquanta del secolo passato) di cultura, musica, usi e costumi delle isole caraibiche, così come raccontati
dai cinegiornali originali dell'epoca.
Foto: andré 2000 in "JiMi aLL iS BY MY SidE". Sotto: iL fiLM Su nick cavE E (a SiniStra) Sui duran duran
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La Gazzetta Del Mezzogiorno - Basilicata
Pag. 48
(diffusione:48275, tiratura:63756)
Haber al Lucania Film Festival
L' attore bolognese sarà ospite d'eccezione alla rassegna cinematografica di Pisticci
PIERO MIOLLA l PISTICCI. Cinema, cultura, incontri e musica con la "cilie gina" rappre sentata da
Alessandro Haber : questo è il Lucania Film Festival, la kermesse del corto made in Basilicata, organizzata
dall'associazione Allelammie, che porterà in scena, dal 10 al 13 agosto, la sua 15° edizione nel centro storico
di Pisticci. Come sempre i veri protagonisti del Lff saranno i film da tutto il mondo: la selezione tra 1500 titoli
ha portato la giuria a comporre la griglia delle pellicole in concorso, inserite quest'anno nelle categorie "
Fiction" ed "Animazione". Due titoli ucraini andranno invece a contendersi la "Elle" per la sezione
lungometraggi. Per il resto il Lff 2014 parlerà italiano e lucano, grazie alle sezioni "Spazio Italia" e "Lu cania
Film Makers". La giuria internazionale sarà composta dalle registe russe Olg a e Tatiana Poliektova , e Jan
Broberg Carter , compositrice americana. Haber, attore e regista bolognese, incontrerà i registi del Lff per una
conversazione sul cinema: successivamente, assieme al Quartetto Meridies, presenterà "El Tango", un
concerto che reinterpreta e racconta il tango argentino di Astor Piazzolla. Il Lff ospiterà il documentario backsta g e del film "Che strano chiamarsi Federico", che racconta l'omaggio che il maestro Scola disegna
per Federico Fellini: a presentarlo interverrà Silvia Scola. Quello di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi,
creativi materani freschi del successo del film commedia "A m o re o ggi", è un gradito ritorno al Lff, la cui
storia è connessa quella del giovane regista Giuseppe Marco Albano, che proietterà i corti "Anna" e "T
hriller", premiato all'Ortigia Film Festival. Felice Vino racconterà, invece, i misteri dell'acqua nella sua
"Protocollo S", prima web serie girata in Basilicata. Torna al Lff anche Carlo Infante: il creatore di Urban
Experience, dopo la partecipazione dell'anno scorso, aveva già fatto ritorno a Pisticci per tenere a battesimo
P-Stories, il progetto di narrazione dal basso ideato da Allelammie: terrà due cine walk show, il primo lungo i
percorsi fotografici di Luchino Visconti, il secondo riguardante alcune opere degli autori presenti. E' un ritorno
anche quello di Franco Arminio, che presenterà il festival "La luna e i calanchi" in programma ad Aliano a fine
agosto. La musica resta protagonista di Allelammie: ospiterà Jazz e Calvino, sorprendente rilettura in jazz
dell'opera di Italo Calvino, ed Emerson Leal, musicista brasiliano. La chiusura, il 13 agosto, sarà affidata ai
Moorings, band francese di ispirazione irish folk.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
NEL SEGNO DI FELLINI Sarà presentato anche il documentario - backstage del film «Che strano chiamarsi
Federico» che racconta l'omaggio di Scola al cineasta I CORTI UNIVERSALI Al concorso hanno partecipato
1500 registi provenienti da tutto il mondo per le categorie « Fiction » ed «Animazione»
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La Prealpina - Ed. Nazionale
Pag. 49
(diffusione:38000)
LOCARNO - (n.f.) Il film di Charlie Chaplin "Tempi Moderni" inaugurerà la 67° edizione del Festival
Internazionale del Film di Locarno, in programma sulla riva ticinese del Lago Maggiore dal 6 al 16 agosto
2014.
La scelta di uno dei capolavori di Charlie Chaplin è dovuta alla celebrazione dei 100 anni della sua nascita.
L'evento si terrà mercoledi 6 agosto alle ore 16 all'Auditorium Fevi e la proiezione sarà accompagnata dalla
musica dal vivo dell'Orchestra della Svizzera Italiana diretta da Philippe Béran.
La proiezione è organizzata in collaborazione con le Settimane Musicali di Ascona e gode del sostegno di
Eventi More e dell'Ente Regione per lo Sviluppo Locarnese e Vallemaggia.
La direzione del Festival ha attribuito per il 2014 il Pardo alla Carriera al regista spagnolo Victor Erice, classe
1940, che durante la rassegna cinematografica terrà una conversazione con il pubblico del Festival.
L'omaggio sarà corredato da una serie di proiezioni dei film del regista spagnolo che consentiranno di
ripercorrere l'opera, costellata da tre lungometraggi e da una serie di corti e medio metraggi che hanno
segnato la storia recente del cinema europeo con la poesia e la profondità delle sue vicende.
Carlo Chatrian, direttore artistico del Festival, spiega «sono molto felice di accogliere Victor Erice a Locarno. I
suoi film, pochi ma tutti estremamente importanti nel contesto del cinema moderno, portano il segno di un
cineasta libero e coerente, capace di dare una forma personale ai suoi racconti, combinando memoria privata
e collettiva. La sua è una di quelle voci uniche che il Festival del Film di Locarno si è dato il compito di
riconoscere e sostenere».
Il Premio Raimondo Rezzonico 2014, dedicato alla memoria dell'ex presidentissimo del Festival, rende
omaggio ai produttori di film e quest'anno sarà assegnato a Nansun Shi, produttrice di Hong Kong,
protagonista sulla scena asiatica da oltre trent'anni contribuendo al successo internazionale del cinema di
Hong Kong attraverso la sua attività con lo studio di Cinema City e successivamente con la Film Workshop,
fondata insieme al regista e produttore Tsui Hark nel 1984. Al Festival verranno proiettati alcuni film da lei
prodotti e terrà una conversazione col pubblico.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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Locarno apre ricordando Chaplin
01/08/2014
La Repubblica - Ed. Nazionale
Pag. 41
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Rosabell sul Trono di spade "Io, prima italiana nella serie sono una
guerriera velenosa"
La Laurenti Sellers, 18 anni, nella quinta stagione della fiction cult e alla Mostra di Venezia con "I nostri
ragazzi" di Ivano De Matteo
ARIANNA FINOS
L'ITALIANA sul Trono di spade arriva dritta dal ComiCon di San Diego, dov'è stata presentata la quinta
stagione della serie Hbo. Rosabell Laurenti Sellers, padre italiano e madre americana, è stata scelta per il
ruolo di Tyene Sand, una delle belle e letali figlie di Oberyn Martell: malgrado l'aspetto mite, è un'esperta di
veleni. Rosabell, diciott'anni, è l'innocenza in persona: arriva in calzoncini a fiori e capelli corti in un bar di
Trastevere. Si gusta il cappuccino pensando che il giorno dopo partirà per Belfast. «Iniziamo le riprese del
Trono negli studi. Spero tanto di essere libera per la Mostra di Venezia».
È tra i protagonisti di I nostri ragazzi di Ivano De Matteo, alle Giornate degli autorie in sala a settembre. «Tra
noi c'è un rapporto speciale dai tempi di Gli equilibristi . Un'esperienza bellissima, anche per la presenza di
Valerio Mastandrea. Spero di girare ancora con lui». De Matteo ha detto di essere stato «folgorato dal libro
La cena di Herman Koch, mi colpiva il dilemma che sconvolge due coppie, Alessandro Gassmann e Barbora
Bobulova, Giovanna Mezzogiorno e Luigi Lo Cascio, su una bravata grave fatta dai figli. Cosa si fa in questi
casi? Li proteggio li denunci?». Rosabelle Jacopo Olmo Antinori interpretano i due adolescenti.
«Siamo due cugini, io sono una "pariolina", abiti firmati, iPhone e minicar... Un personaggio molto diverso da
me ma similea persone che conosco, quindi facile da copiare».
Prima di essere presa non conosceva la serie, «ho capito che era un fenomeno dalla reazione degli altri. Il
mio agente mi ha chiesto di girare da sola un video, a casa, in cui cercavo di uccidere qualcuno. Qualche
settimana dopo, ero a Londra, mi telefonano: "I creatori di Game of thrones vogliono farti il secondo provino".
Mi hanno sottoposta a allenamenti intensivi di spada e arti marziali». Ha appena finito di vedere la seconda
serie, «mi piacciono gli attori, con la serietà shakespearianae incursioni in un britannico moderno e
volgarissimo. Non so se sarò buona o cattiva, devo vendicare la morte di mio padre: dal mio punto di vista è
la scelta giusta, ma ammazzare la gente forse non lo è». Nella serie ci sono scene di nudo, «ho firmato un
contratto per scoprire solo il seno». A settembre andrà a vivere a Londra, «mi hanno preso alla Guildhall
School, è stato più difficile che col Trono di spade . Un altro talento in fuga dall'Italia, «non ci sono possibilità,
studi ma non ti danno speranze. Quando torno da un viaggio sono felice già in aereo, ma restare qui non la
considero un'opzione». Fuori dal set, c'è l'impegno. «Sono andata al Festival d'arte autoprodotta al centro
sociale Forte Prenestino, non mi conosce nessuno, vendevo le mie magliette a tre euro. Ho uno studio di
serigrafia a Velletri. Maglie sui No borders, per i No Tav, all'ultima manifestazione di Torino ho regalato le mie
t-shirt con scritto "La casa si prende": vederle indossate nel corteo mi ha emozionato». L'ANNUNCIO
"LASCEREMO IL VALLE OCCUPATO IL 10 AGOSTO" «Siamo disponibili ad accettare i termini della
proposta avanzata dal Teatro di Roma e ad indicare la data della nostra uscita dal Teatro Valle per il 10
agosto» Lo dichiara la Fondazione Teatro Valle Bene Comune che chiedono ulteriori incontri per definire la
collaborazione. MUSICA LOLLAPALOOZA FESTIVAL SU REPUBBLICA.IT Eminem, Kings of Leon, Arctic
Monkeys sono alcune delle star del Lollapalooza Festival, da oggi al 3 nel Grant Park di Chicago. La
maratona - dalle 14 alle 22 ora locale, 7 ore in meno in Italia - sarà su Repubblica.it in diretta streaming:
concerti, interviste e il backstage.
CARRIERA AL CINEMA Fra i film più recenti di Rosabell Laurenti Sellers ci sono Gli equilibristi (che le è
valso un Nastro d'argento), Buongiorno papà e Passione sinistra TELEVISIONE È nel cast della fiction di
RaiUno Una grande famiglia, ha lavorato in Cenerentola e nel film tv Mi ricordo Anna Frank
Foto: CUGINI Rosabell Laurenti Sellers e Jacopo Olmi Antinori in una scena del film "I nostri ragazzi"
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R2 ROMA
01/08/2014
La Stampa - Torino
Pag. 52
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Si apre domani per concludersi sabato prossimo, la quarta edizione del «Sestriere Film Festival, dalle
montagne olimpiche ... uno sguardo sul mondo» organizzato dall'Associazione Montagna Italia con il Comune
di Sestriere. In proiezione al cinema Fraiteve ventidue pellicole provenienti da Italia,Francia,Argentina,
Cile,Usa,Iran. Numerosi gli eventi collaterali, ideati dagli organizzatori:si proietta anche un video dedicato ai
Ca.sta, i campionati di sci delle truppe alpine. Come per le edizioni passate, sembra mancare un «filo» che
leghi le proposte cinematografiche, in un Festival che stenta a trovare una collocazione nel panorama
cinematografico alpino. Da segnalare che nei giorni del Festival, il maestro Carlo Piffer sarà protagonista
dello «Scalpello d'oro».
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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Cime di celluloide
01/08/2014
La Stampa - Ed. Nazionale
Pag. 30
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Da cattiva della tv al cinema dei Vanzina"
L' attrice Giulia Michelini: la serialità che gran fatica In "Torno indietro e cambio vita" scopro la mia vena
comica «La fiction è stata come un marchio a fuoco che mi ha segnata troppo»
ADRIANA MARMIROLI ROMA
Si può dire che a Mediaset Giulia Michelini è cresciuta: aveva 17 anni al debutto in Distretto di polizia . Oggi,
alla vigilia dei 30, è la star delle produzioni che Taodue realizza per Canale 5: dal 1° settembre per la sesta
volta nei panni della cattivissima Rosy Abate in Squadra Antimafia. E subito dopo protagonista della miniserie
Il bosco , diretta da Eros Puglielli. «Rosy è personaggio entrato in punta di piedi in Squadra , ma alla lunga ha
mangiato il terreno a tutti. Spietata e senza scrupoli ha conquistato l'Italia», spiega. Un punto debole però l'ha
anche lei: il figlio, e gliel'hanno ucciso. «La troviamo in un ospedale psichiatrico giudiziario: non è impazzita,
ma si è estraniata dalla realtà per via del grande dolore provato. In tutta questa stagione la vedremo
abbastanza distaccata e ai margini del conflitto. Anche se per fare un favore al vicequestore Calcaterra farà
scelte pericolose che la rimettono in gioco. Anche con il redivivo Da Silva - uno dei punti di forza della
stagione - vivrà momenti decisivi...» «E lo confermo. Avevo chiesto che in questa stagione Rosy fosse messa
un po' da parte: sono stata accontentata. Mi pare che come personaggio abbia detto tutto. E poi ho una
famiglia cui dedicarmi (madre single, ha un bambino di 9 anni, ndr). Vorrei sospendere per un po' con i ritmi
forsennati della lunga serialità». Dopo «Squadra Antimafia» è riuscita a interpretare «Il bosco». «Si è trattato
di poche puntate. Ed era bello cambiare. Puglielli è bravissimo a costruire storie dalle atmosfere un po'
mystery. Il mio personaggio, Nina, è ragazza poco stabile, che ha ottenuto la cattedra di psicologia nella
cittadina natale che aveva lasciato molti anni prima. Presente e passato (l'inspiegabile abbandono della
madre, che torna in flashback) ma anche immaginario si mescolano...». Già la immaginiamo in un seguito.
«Me lo auguro per i miei compagni di lavoro, Claudio Gioè, Andrea Sartoretti, Gianmarco Tognazzi, e per
Puglielli. Ma non per me». Si era detto che lei voleva lasciare. Ha appena finito di girare «Torno indietro e
cambio vita»: un cambio di vita vero, dai drammoni - ancorché in giallo - della tv al cinema light dei Vanzina
Bros. «Un gruppo di trentenni - Bova, Memphis, io... - è riportato indietro nel tempo e rivive i propri 17 anni,
ha una seconda chance, ma restando adulto nel corpo. Alcuni ne hanno coscienza, ma non io. La serialità è
stato un marchio a fuoco che mi ha segnata per un po' di tempo. Ora mi pare di essere uscita da quella
dimensione unica. E poiché mi piace sorprendere, punto sulla commedia. Anche se sto ancora cercando di
capire la mia vena comica» . Non dovrebbe essere difficile avendo lavorato con Zalone e «i soliti idioti»
Biggio e Mandelli. «Sono stati casi fortuiti...? Però è vero, sono stata coinvolta in casi abbastanza estremi e
istruttivi». Lei ha cominciato a 17 anni, era ancora al liceo. «E dopo il liceo mi ero anche iscritta all'università.
L'ho lasciata non per recitare ma perché ero incinta. Facevo fatica a entrare nei banchi...». E poi si è trovata
a fare solo l'attrice. Nessun fuoco sacro? «Il lavoro andava bene. Ma il fuoco sacro non l'ho mai avuto.
Neppure adesso. Definirmi attrice mi riesce difficile. Recitare è ancora un gioco». Fatto molto molto
seriamente.
Lavoro & Famiglia Ora mi pare di essere uscita dalla dimensione unica delle lunghe produzioni. Ho anche
un figlio di nove anni a cui dedicarmi L'attrice Michelini
Foto: Sul set fin da giovanissima
Foto: Giulia Michelini, quasi trentenne, è la star di Taodue per Canale 5
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/08/2014 - 01/08/2014
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Intervista