faccio un film - Laboratorio Audiovisivi Friulano

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faccio un film - Laboratorio Audiovisivi Friulano
Laboratorio Audiovisivi Friulano – Premariacco /Ud [email protected]
http://nuke.laboratorio-audiovisivi-friulano.it/
FACCIO UN FILM
È il Potere della luccicanza , quel dono che permette di parlare
senza aprir bocca,
che ci obbliga a inseguire il Sogno del cinema e di fare da
custodi nel nostro Overloock Hotel (Shining di kubrick) ai fantasmi
liberi di manifestarsi in mille forme di poesia (Paola)
Corso Video Anch’io
Cinema amatoriale esperienze dirette a cura di Paola Lirusso
(Tutto il materiale qui di seguito esposto è stato pubblicato sul sito del Laboratorio Audiovisivi Friulano)
Il cinema viene definito “amatoriale”, quando è realizzato da e con strumenti non professionisti e
non per professione.
Con il diffondersi delle cineprese prima e, telecamere poi, il cinema amatoriale è diventato a
portata di molti e, molti si sono e si esprimono artisticamente con il cinema.
Capita comunque che si percepisca una forma di rifiuto, a definire cinema questa forma artistica.
Troppo grande è il divario tra cinema commerciale e cinema amatoriale. Si tratta, a nostro avviso,
esclusivamente di un meccanismo mentale, che differenzia tra forme filmiche. Il cinema amatoriale
può dimostrare la sua forma artistica in quanto è, come quello commerciale, cinema a tutto tondo,
che passa attraverso: una sceneggiatura, alle riprese video, alla recitazione, alla regia, fino al
montaggio. Chiunque può creare un film o creare una forma filmica innovativa. Il cinema
amatoriale ha quindi un grandissimo potenziale artistico-culturale ed è senz’altro libero, più libero
di un cinema assoggettato al mercato. Riteniamo quindi davvero importante qualsiasi forma di
produzione amatoriale.
Non meno importante è il carattere documentaristico che ha assunto in questi ultimi anni.
Un’infinità di materiale filmico, documenta nel corso degli anni, i cambiamenti: di costumi, di
abitudini…i filmini, girati in famiglia, acquistano il fascino storico/sociale del cambiamento. Oggi
possiamo uscire dallo stereotipo del film solo familiare; oggi con i computer e le tecniche video,
possiamo provare, con successo , tecniche artistiche , anche solo riprendendo i nostri figli…ossia
possiamo sentirci al riparo dal confronto con le grandi opere cinematografiche, uno spazio in cui
collocarsi senza paragoni devastanti per la propria dignità e impegno.
Possiamo ben dire che è altra cosa, certo, ma anche che la forma artistica di questo tipo di
produzione, mantiene vivo l’interesse verso i film proiettati nelle sale. Questo crediamo nonostante
lo scetticismo derivato dal calo di presenze di questi ultimi anni.
Noi del Laboratorio Audiovisivi Friulano abbiamo sempre creduto in questa forma artistica e
attraverso l’entusiasmo di alcuni, abbiamo cercato di coinvolgere sempre più gente. Da anni ormai
il nostro presidente Giancarlo Zannier s’impegna gratuitamente in corsi video. Potremmo
quantificare più di 250 persone hanno partecipato con lo scopo di apprendere le tecniche video.
Alcuni poi, si sono indirizzati verso la professione, altri hanno partecipato solo per realizzare al
meglio i loro filmini familiari. Siamo orgogliosi di questo ed è un piacere vedere come tutti siano
più esigenti davanti all’immagine, come siano in grado di discutere di inquadrature, luce,
recitazione , insomma meno pronti ad accettare un prodotto scadente. Questo lo abbiamo verificato
in diverse circostanze; dicevamo che il Laboratorio ha dato e dà molto in questo settore, infatti
anche le nostre produzioni video sono rigorosamente amatoriali, pur essendo molto “professionali”.
Abbiamo realizzato numerosi film cercando di dare il massimo. Non ci lamentiamo dei risultati,
nessuna realtà associativa, in regione, fa questo percorso completo: corsi e realizzazione opere. I
film realizzati sono sempre stati il frutto di un lavoro collettivo che ha coinvolto sempre nuovi
partecipanti, in modo che tutti potessero assaggiare l’impegno di un set cinematografico. Nessuno è
stato mai retribuito è questo è stato sia necessario perché i soldi erano davvero pochissimi, appena
sufficienti per la realizzazione dell’opera , ma anche perché era il nostro modo di vedere l’impegno
“amatoriale” sganciandoci dal “vil danaro”. Certo qualche euro in più non andava buttato, avremmo
potuto operare con più serenità e superare qualche ostacolo in più; però questo è stato fatto e non ci
sono rimpianti.
Ritorniamo al film amatoriale puro, il film di famiglia. Il film di famiglia ha una forza grandissima,
coinvolge tutti, è “memoria collettiva”. Diventa documento, diventa fotografia in movimento. Gli
attori, registi siamo tutti noi e, anche se non c’è una trama narrativa, la trama è il nostro
riconoscerci. Mai ci si pone la domanda sulla veridicità del documento, perché è “assolutamente
vero”. Viene accordata la fiducia, perché a riconoscerne la genuinità, siamo tutti noi che vediamo il
film, in quanto nel nostro inconscio, giace una copia di ciò che vediamo. Viene compresa più la
comunione che la comunicazione, in un film dove si riprende una famiglia che pranza,
riconosciamo i tratti della nostra famiglia quando sta a tavola, piuttosto che un invito a mangiare o
una lettura visiva che segua coerentemente una storia.
Anche la documentazione di una festa o la visione di un paese o altro, risente di questo, in quanto
l’autore mostra “la sua” emozione, piuttosto che il fatto in sé .
Mostrare il proprio film può creare la frattura che, fino alla realizzazione dello stesso, non era
avvenuta, fino al punto anche di banalizzare l’opera…se la mostriamo in famiglia o a pochi amici
riusciamo a creare il phatos che abbiamo noi stessi provato, nel realizzare il film…ma mostrarlo ad
un festival o manifestazione a tema porta necessariamente al confronto del tipo: “Certo che il
Gattopardo, o Odissea 2001…tutta altra cosa” Tutti diventano critici cinematografici e anche il
migliore artista viene stroncato dalle critiche…
Possiamo vedere che un enorme lavoro di preparazione e poi di realizzazione non trova lo spazio
che merita nella mente di chi si interessa di cinema, che non tiene conto dell’interesse, non dico al
cinema, ma almeno all’immagine , nasce e si sviluppa proprio così.
Naturalmente si deve ricercare il meglio, l’opera artistica, questo vale per i festival, ma vale anche
per ciascuno, individuarla è compito della nostra sensibilità.
Come opera l’autore amatoriale:
Le Cineprese
La nascita del cinema risale al 28/12/1875, data della storica serata dei f.lli Lumière. I F.lli Lumière
hanno inventato una macchina da presa che poteva proiettare immagini. Il filmato non aveva suoni e
nemmeno i colori, ma dava movimento a luci e ombre. La macchina da presa era pesante, solo
pochi potevano usarle. Nacque pertanto la cinepresa per amatori che inizialmente doveva servire
per i documentari di guerra. All’inizio esistevano solo formati professionali: 28 mm., 17,5 mm. E
15 mm. Solo nel 1921 si possono vedere le prime cineprese a formato ridotto 9,5 mm. Queste
cineprese ebbero, appunto per la loro leggerezza, un enorme successo. In breve si arrivò al formato
8 mm., double 8 mm. E super 8 mm. Con questi formati tutti potevano accedere al mondo fantastico
del cinema.
Cormons Il Mistero del Flauto
Voglio Fare un film
Di seguito riportiamo alcune interviste a nostri soci collaboratori che hanno realizzato video
amatoriali in diversi settori: scuola, documentario, fiction, spot etc…
Il film documentario nell'era digitale
Intervista a Andrea Camerotto
DEFINIZIONE DI FILM
Nel suo statuto, all’art. 1, la Fiaf (Fédération Internationale des Archives du film), definisce il film
nel modo seguente:
“Per film occorre intendere ogni registrazione di immagini in movimento, con o senza
accompagnamento sonoro, quale che sia il supporto: pellicola cinematografica, nastro video,
videodisco, od ogni altro procedimento conosciuto o da inventare”.
Poniamo alcune domande a Camerotto Andrea fotografo viaggiatore e regista di video documentari
di viaggio
P 1) Qual è la tua posizione nei confronti della distinzione tra film di finzione e film
documentario?
Foto tratta da un documentario di Andrea
A-Provenendo dalla fotografia e con la passione dei viaggi, dello sport, dell’avventura e degli spazi
aperti è naturale che sia maggiormente interessato al film documentario rispetto al film di finzione.
Prediligo certamente un film in cui si documenta la natura, gli animali, le città, le popolazioni, le
situazioni che l’essere umano si è costruito attorno al suo mondo (come le tradizioni, le feste
religiose, i momenti di socialità , i giochi) ed ogni altro momento della sua vita. Pertanto come nella
fotografia, che con uno scatto si ferma un momento, anche nelle riprese video prediligo il fissare
una azione, talvolta irripetibile.
P 2) Nel film documentario le immagini del reale hanno il ruolo di testimonianza ?
A-In un film documentario le immagini certamente hanno un ruolo di testimonianza della realtà
anche se talvolta per raggiungere l’obiettivo del documentario è necessario “forzare” alcune
situazioni che, con la presenza dell’operatore potrebbero venire compromesse.
Così che in determinate situazioni la ripresa viene effettuata da automatismi o videocamere
fisse/nascoste comandate a distanza. Non si spiegherebbero altrimenti riprese video molto
ravvicinate di animali o fenomeni naturali molto pericolosi. Molto spesso però la ripresa video
nasconde volutamente alcuni particolari a favore di altri. In tal caso la testimonianza potrebbe
sembrare incompleta ma è sicuramente funzionale alla rappresentazione che si vuol dare.
Quindi le riprese del film documentario creano emozioni, positive o negative che siano, perché
testimoniano il mondo reale che ci circonda. Questo modo di operare si esprime al meglio nel
“reportage” in cui si evidenziano maggiormente le fasi emotive che provocano le riprese
dell’evento.
P 3) L’uomo che ruolo ha nella realizzazione di un documentario, è solo un braccio che aziona
una macchina?
O nella realizzazione si tralascia un lavoro produttivo e quindi di fatto il compimento di un
prodotto manipolato?
A-La macchina e le attrezzature connesse sono esclusivamente in funzione del progetto che si vuol
realizzare. E’ sempre l’essere umano, con la sua sensibilità e conoscenza, che aziona la macchina al
fine di realizzare immagini che ha precedentemente catturato con i suoi occhi.
Secondo me, anche nel “reportage”, che è l’esempio massimo della immediatezza delle immagini
riprese, è sempre l’occhio dell’operatore che elabora la scena e prontamente decide quando
azionare la macchina da ripresa, trascurando talvolta i canoni classici della fotografia/video: la
nitidezza, la velocità ed il diaframma.
Nel film documentario la scelta delle immagini per la costruzione del progetto prefissato hanno
certamente un processo più lento, legato alla luce, alle condizioni atmosferiche, alle stagioni e alla
ripetitività delle azioni della natura o dell’essere umano.
Tutte le riprese che vengono effettuate sono parte di un lavoro più ampio che vuol rappresentare la
realtà della natura, che vuol divulgare situazioni ai più sconosciute, che vuol raccontare momenti di
vita vissuta.
P 4) Il montaggio quanto rispecchia e rispetta il ruolo di testimonianza nei film documentari?
A-Per la creazione di un film documentario il montaggio finale è fondamentale non per manipolare
la realtà del racconto ma per renderlo più fruibile.
I silenzi di un deserto o i rumori di una foresta vengono certamente resi più emozionanti se
accompagnati da una musica adeguata.
La confusione di una folla è sicuramente più comprensibile se supportata da una voce narrante che
ne spiega le ragioni.
I tagli e le dissolvenze fra le diverse inquadrature non offuscano la veridicità della testimonianza
del film documentario ma ne accrescono l’attenzione e favoriscono la fase emotiva dello spettatore.
Certamente c’è anche il rovescio della medaglia, ogni immagine può essere usata anche per scopi di
propaganda negativa, mistificando la realtà ed enfatizzando falsità costruite opportunamente per
abbindolare gli sciocchi. Ma qui entra in gioco la correttezza e l’etica professionale del ideo
maker!
P 5) Il film documentario nell’era digitale secondo te ha avuto un incremento?
A-Sicuramente l’attrezzatura ed i supporti digitali hanno dato un forte impulso alla realizzazione di
film documentari principalmente per la facilità di realizzazione degli stessi anche in campo
amatoriale. Il passaggio dalle vecchie cineprese a pellicola alle nuove camcorder ha portato
notevoli vantaggi agli appassionati di video. La nuova tecnologia, i pesi e le dimensioni contenute
hanno permesso così una maggior praticità nell’utilizzo delle attrezzature ed una migliore qualità
delle riprese video del film documentario.
Inoltre con i sistemi digitali si possono rivedere immediatamente le riprese effettuate dando modo
di poter correggere o rifare parte del progetto da realizzare.
Ora fare una ripresa ed eseguire il montaggio è diventato molto più semplice ed immediato senza
dover ricorrere a laboratori professionali, dando la possibilità ad ognuno di vestire i panni del
“regista in erba” e realizzare il proprio film documentario
.
P 6) Ci racconti la tua esperienza in fatto di film documentario?
A-Amando viaggiare per conoscere luoghi e culture diverse da qualche anno ho abbandonato la
fotografia per dedicarmi alle riprese video. Ho scoperto che è molto più appagante realizzare un
video che racconti situazioni ed eventi a cui ho partecipato con immagini, voci e suoni.
Al rientro a casa, dopo il lavoro di montaggio del film, poter rivedere sullo schermo le immagini, i
colori e i suoni si provano le stesse sensazioni vissute durante il viaggio. Con queste riprese
ritornano alla mente le persone incontrate, le emozioni vissute, le paure e le gioie, che una foto nella
sua staticità non riuscirà a trasmettere completamente. Si riesce in tal modo, presentando il film, a
trasferire parte delle emozioni anche allo spettatore.
Premio, bis delle medie col video
Intervista a Elena Bianconi
PL: Il nuovo riconoscimento alla Guareschi di Porpetto con
“I colori delle emozioni” Così titolava il Messaggero Veneto
il 28/12/2012…facciamo alcune domande all’ insegnante
che ha curato la realizzazione del video, la prof. Elena
Bianconi( socia e partecipante al Video anch’io 2012),
Con il video “I colori delle emozioni” la scuola media di
Porpetto ha vinto il secondo premio regionale “La cultura
della solidarietà vista dai giovani”. La realizzazione del
video, curata dai ragazzi con la sua supervisione ha colpito la
giuria che ha dato questo parere: «Per la capacità di
sintetizzare la dialettica del disagio giovanile/serenità
attraverso convincenti soluzioni sceniche e invenzioni cromatiche per concludersi con i colori
sgargianti della partecipazione sociale attiva».
Vorrei ci parlasse di questa esperienza :
EB: Questa esperienza è nata un po’ per caso quando ci è stato proposto di partecipare al concorso
“La cultura della solidarietà vista dai giovani”. Lo spot intitolato “Un sorriso in compagnia” è
risultato vincitore nel 2011 e sull’onda dell’entusiasmo mio e dei ragazzi abbiamo deciso di
partecipare anche all’edizione 2012 con lo spot dal titolo “Il colore delle emozioni”. Il
riconoscimento è stato una bellissima soddisfazione per tutti i ragazzi e gli insegnanti coinvolti.
PL: 1)La telecamera è stata usata dai ragazzi ? Hanno curato anche l’aspetto tecnico, oppure hanno
partecipato solo alla sceneggiatura del video?
EB: I ragazzi hanno preso parte principalmente alla fase di progettazione della sceneggiatura:
abbiamo analizzato il tema del disagio giovanile, una tra le varie proposte del bando di concorso,
descrivendo i diversi sentimenti per mezzo di immagini e atmosfere sonore contrastanti. Siamo
partiti da un lavoro verbale di ricerca della definizione di disagio giovanile attraverso l’elenco di
emozioni tra cui abbiamo poi scelto insieme quelli più vicine al vissuto quotidiano dei ragazzi.
L’obiettivo è stato poi quello di rendere visibile il disagio attraverso l’uso del colore nero coprendo
le facce dei ragazzi, immobili, silenziosi, in fila, “chiusi nel loro guscio”; in netta contrapposizione
abbiamo creato la seconda scena molto ricca di colori e di movimento a significare la gioia della
comunicazione e dell’aprirsi agli altri.
PL: 2)Il video prodotto è stato usato come compendio ad una materia didattica o è stato considerato
quale mezzo di comunicazione sviluppando quindi l’aspetto creativo?
EB: La produzione del video è stata inserita nel percorso didattico di educazione musicale che è la
mia materia di insegnamento. Abbiamo cercato di sottolineare la negatività dei sentimenti descritti
nella prima parte del video attraverso musica eseguita dagli alunni stessi. Personalmente amo in
modo particolare l’utilizzo di oggetti di recupero o costruiti dai ragazzi per svolgere attività
musicali. In questo caso abbiamo creato un’atmosfera sonora particolarmente inquietante soffiando
in alcune bottiglie di plastica: il “cluster” sonoro si è rivelato particolarmente efficace per
sottolineare l’atmosfera di inquietudine della prima parte dello spot ed è stato spunto per svolgere in
classe un lavoro specifico sulle vibrazioni sonore.
PL: 3)Secondo lei può, la tecnica video, affiancare i libri, il
computer , può contribuire alla formazione culturale dello
studente?
EB: Sicuramente la tecnica video può essere di notevole
aiuto nella formazione della personalità e nello sviluppo
delle capacità comunicative ed artistiche: i ragazzi sono
costantemente immersi in un mondo fatto fondamentalmente
di immagini, in cui però non hanno possibilità di intervenire
e di cui fruiscono in genere passivamente. Poter intervenire
direttamente nelle scelte di realizzazione dello spot secondo
me ha permesso di prendere coscienza della forza del linguaggio visivo e di come questo possa
essere usato per trasmettere messaggi di cui molto spesso non ci rendiamo conto (mi riferisco in
particolare all’uso pubblicitario)
PL:4)In un mondo in cui l’immagine è tutto, ovvero” tutto è immagine” quanto è stata importante la
sceneggiatura?
EB: La sceneggiatura è stata particolarmente importante ed impegnativa: avendo come obiettivo
prioritario quello di coinvolgere tutti i ragazzi è stato indispensabile cercare soluzioni sceniche di
facile realizzazione e vicine alle loro capacità di interpretazione e di esecuzione. Sono partita dalle
loro idee ed ho cercato di renderle visibili attraverso modalità comunicative a loro vicine. Per me è
stato particolarmente importante rispettare l’individualità di ogni alunno permettendo a ciascuno di
scegliere liberamente quale ruolo avere nel lavoro: alcuni si sono dimostrati più partecipi nella fase
di verbalizzazione e progettazione, altri in quella della realizzazione dello spot, altri ancora hanno
collaborato alla realizzazione scenica. Ci tengo particolarmente a precisare che tutti i ragazzi
compaiono nel video in quanto coinvolgere tutti gli alunni, indipendentemente dalle capacità, è un
obiettivo prioritario nell’attività scolastica.
PL: 5)Per concludere: far partecipare i ragazzi alla realizzazione di un video, fiction o documento
può far crescere la consapevolezza, la capacità di discernere tra gli infiniti messaggi divulgati dalla
rete, televisione, cinema etc. Nell’appropriarsi del mezzo c’è stato il rischio di un adattamento ai
tempi in forma passiva e rassegnata … o c’è stata partecipazione creativa?
EB: Purtroppo i tempi scolastici a cui eravamo vincolati non hanno permesso di coinvolgere gli
alunni in tutte le fasi della realizzazione del video: la sceneggiatura è stata creata come lavoro di
gruppo in cui ognuno ha dato il suo contributo con idee molto originali. Per quanto riguarda il titolo
dello spot i ragazzi hanno fatto proposte molto personali e differenziate: mi ha colpita molto il fatto
che, pur di fronte alle stesse immagini, ognuno cogliesse caratteristiche diverse a cui far riferimento
per la scelta del titolo. Il messaggio visivo è sempre molto forte e diretto e di questo i ragazzi, ma
molto spesso anche gli adulti, non sono consapevoli: lavorare alla realizzazione di uno spot
sicuramente ha permesso a tutti di riflettere sulle potenzialità espressive dell’ immagine fornendo
strumenti e spunti per individuare ed osservare con senso critico gli stimoli a cui, consapevolmente
o meno, siamo quotidianamente esposti.
“Quale regista cinematografico vorresti essere e perché”
Intervista a Marco Fabbro
Chiediamo a Marco Fabbro di rispondere ancora ad altre domande da inserire sul
sito...a partire dal suo bel video e dalla mia breve considerazione sullo
stesso.
Paola - The black stuff è un film che lievita ad ogni visione, mostra sfumature
nuove, intrichi che si sciolgono per scorrere verso “l’ignoto”. Le immagini
restano scolpite nella dura roccia del ricordo di film che hanno fatto
storia, i personaggi hanno una psicologia profonda e libera, “il cattivo”
quello che deve essere punito è anche il più fragile e la sua cattiveria
sembra più frutto delle varie interpretazioni che di motivazioni personali.
I passaggi dal colore al BN sono saturi, come pennellate ferme e decise di
un maestro, il tutto si presta a quel gioco d’illusione che ci fa scoprire
il volto di registi sempre presenti nel cuore di chi ama il cinema come
arte. C’è un punto in cui un’ombra quasi si materializza, come fosse una
presenza fantastica che va oltre il film ,ricorda Hitchcock . Dicevo che la
storia lievita dopo più visioni, acquista spazio, tempo...si dilata come
pupilla sollecitata dalla luce, come fosse lei a scolpire il film. Anche le
musiche perfette, hanno a tratti un tocco in più ...il silenzio cupo di
quando il ragazzo dorme sul banco culmina nell’infinito, ma non può
attraversare quel sottile velo che gli permetterebbe di vedere se stesso
protagonista.
D-In qualche modo ti collochi tra quelli che fanno cinema non solo per
esprimere te stesso, ma soprattutto per omaggiare il cinema e i suoi
autori..... , se vuoi vorrei tu ci dicessi “Quale regista cinematografico
vorresti essere e perché” (libero di essere te stesso
Foto tratta da The black stuff
R- Marco Fabbro
Intanto volevo ringraziarti per le bellissime parole che hai scritto riguardo il mio primo
cortometraggio "The Black Stuff". Come hai notato anche tu ci sono alcune citazioni che fanno
riferimento a film e registi che mi hanno ispirato fino adesso e che in qualche modo mi hanno
influenzato nel corso dei miei anni di studi. In particolare in "The Black Stuff " si affronta un tema
che è proposto in molti film di Martin Scorsese e Brian De Palma, ovvero la Femme Fatal. Mi piace
molto pensare al rapporto tra l'uomo e la donna come ad un rapporto conflittuale e passionale allo
stesso tempo. Un rapporto che aiuta a rendere molto dinamica e drammatica la storia in quanto il
personaggio è azione come dice Syd Field e può portare la storia verso sviluppi interessanti da
trattare. Adesso mi viene in mente "Casinò" di Martin Scorsese, un film che a dire il vero non ha
avuto il successo sperato ma che a me è piaciuto molto. In questo film il rapporto tra Robert De
Niro e Sharon Stone (Nominata all'Oscar) è conflittuale, pieno di rancore, vendicativo ma allo
stesso tempo passionale. Ecco, questi elementi mi piacerebbe ampliare, se il mio corto potesse
diventare un progetto più importante come un lungometraggio, la vendetta e la passione che
"convivono" e si commistionano in un rapporto umano che porta l'azione verso sviluppi drammatici.
Inoltre di Martin Scorsese oltre al genere che a me appassiona molto come il "gangster movie" e il
"thriller psicologico", amo la regia. Il regista newyorkese usa la macchina da presa in modo
eccezionale. Mi piace il modo in cui studia l'inquadratura perfetta, i movimenti virtuosistici tipici
anche di un altro regista come Paolo Sorrentino e soprattutto le riprese dall'alto come se ci fosse un
occhio onnisciente che osserva la situazione drammatica da spettatore esterno. La ripresa dall'alto in
particolare l'ho usata nelle scene chiave di "The Black Stuff". Mi piaceva molto l'idea di qualcuno
che quasi spiasse o quasi godesse a vedere quella tensione drammatica , uno spettatore onnisciente
appunto o forse come direbbe Martin Scorsese, l'occhio di Dio.
Parlando adesso di tutta la sequenza in bianco e nero finale del mio cortometraggio ci sono ovvi
riferimenti a Psycho del genio Alfred Hitchcock, in particolare alla scena in cui avviene il dialogo
tra Marion e Norman nella stanza del motel in cui alloggia la protagonista. In questa scena è
magistrale come Hitchcock gestisce il campo e controcampo tra i due protagonisti, usando il punto
di vista, l'angolazione e la scala dei piani per ottenere un effetto di tensione e suspence incredibili.
Nell'ultima parte del mio corto anch'io ho voluto utilizzare un linguaggio grammaticale simile a
quello utilizzato dal regista in Psycho in quanto tutto si gioca sul campo e controcampo tra i due
attori per rendere drammatica l'azione e il dialogo. Innanzitutto all'inizio del dialogo tra i miei due
attori ci sono diverse angolazioni della macchina da presa, il killer è ripreso dal basso mentre il
barista è ripreso dall'alto per creare una situazione di inferiorità. Infatti il barista è timoroso durante
la prima parte del dialogo con il killer e non si sente a proprio agio. Mano a mano che prosegue il
dialogo l'angolazione diventa parallela, sullo stesso piano in quanto il racconto del barista diventa
via via più drammatico e ,nel personaggio cresce sempre di più una rabbia che rompe quella
barriera di diffidenza che c'era all'inizio della conversazione tra i due personaggi.
Contemporaneamente all'angolazione cambia anche la scala dei piani. Ho voluto partire da un piano
americano fino ad arrivare ad un primissimo piano man mano che cresce la tensione, come se la
macchina da presa volesse entrare nell'animo frustrato del personaggio, come se volessimo entrare
nella psiche del barista e capire le motivazioni che lo spingono ad assoldare un killer. Se poi la
scena viene girata completamente in bianco e nero, tutto questo diventa una chiara celebrazione del
Cinema Classico Americano. Anche se a dire il vero il bianco e nero utilizzato non è quello
classico, ho voluto "modernizzarlo" un pò, renderlo più attuale e per fare questo ho chiesto al mio
amico e Direttore della Fotografia Andrea Martelli di saturare i colori fino a creare un bianco quasi
"bruciato" come si dice in gergo e un nero scurissimo in modo tale che ci fosse uno stacco netto tra
il bianco e il nero anche sui volti dei protagonisti. Quindi abbiamo ricreato una luce dura tipica dei
noir americani a cui si rifà anche Martin Scorsese. L'idea di questo originale bianco/nero mi è
venuta in mente ripensando ai film tratti dalle graphic novel come Sin City e The Spirit dove
appunto viene usato un colore molto saturato come se fossero pagine di un tipico fumetto in bianco
e nero.
Un altro regista che mi affascina molto e al quale per alcuni elementi mi ispiro è Quentin Tarantino.
Mi piace come stravolge, in ogni suo film, i classici canoni cinematografici come l'utilizzo di piani
sequenza dove in realtà qualsiasi regista avrebbe evitato l'uso in quanto è più funzionale un'ellissi
temporale, lo sguardo diretto alla macchina da presa (come fa anche Woody Allen ) ed in
particolare i tempi incredibilmente lunghi dei dialoghi ma affatto stancanti. Io trovo che i dialoghi
siano il punto di forza nelle sceneggiature di Tarantino; sono brillanti, dinamici, tengono lo
spettatore incollato allo schermo. In particolare vorrei citare una frase del regista per far capire il
suo modo di pensare un film:
"Quello che tento sempre di fare è di usare le strutture che vedo nei romanzi e applicarle al
cinema. Per un romanziere non è un problema cominciare una storia dalla metà. Ho pensato
che, se si riuscisse a concepire un sistema cinematografico analogo, sarebbe molto eccitante".
Queste frasi sono il riassunto del modo di vedere e di agire del regista americano. Per quanto
riguarda il mio corto mi sono ispirato al suo modo di raccontare in modo atemporale la trama, in cui
solo alla fine si ricollocano tutti i pezzi del puzzle nel grande quadro che è il film. La scelta di
realizzare un corto molto dialogato alla Tarantino inoltre è stata una scommessa, non è semplice
tenere incollato lo spettatore con dei dialoghi ben costruiti, che scorrano bene e che abbiano un
fluire continuo fino alla fine del film però penso che il corto in generale scorra bene e che il tempo
percepito sia minore di 16 min. Se vi dicono alla fine del film: è fluido, scorre bene, mi ha dato
l'impressione che durasse meno che 16 min...vuol dire che hai fatto un buon lavoro, è un ottimo
commento.
Per concludere se volete una risposta netta e decisa sul regista che più vorrei essere o che più degli
altri mi ispira questo è sicuramente Martin Scorsese però in questo corto ho voluto fondere il
tradizionale con il moderno, il classico con l'alternativo ripensando a diversi modi di "fare regia" da
Scorsese a Tarantino, da Hitchcock a Sorrentino. Ho cercando in parte di immedesimarmi in questi
grandi autori nella realizzazione di un corto come "The Black Stuff" che comprende diversi
elementi a me cari, tipici del genere noir-thriller che ho descritto fino adesso e questo oltre a tutto il
duro lavoro che c'è stato dietro ha reso la creazione del progetto molto stimolante, appassionante e
sicuramente eccitante.
Partecipare alla realizzazione di un video è come partecipare
al gioco più bello intervista a Giancarlo Zannier
"Fare un film significa migliorare la vita, sistemarla a modo proprio, significa prolungare i
giochi dell’infanzia”
(François Truffaut)
P - Chiediamo a Giancarlo Zannier Presidente del LAF a che punto sono le riprese del video
Il Mistero del Flauto
G - Ormai siamo a buon punto, mancano alcune scene e poi possiamo iniziare il montaggio del
video.
P- Volevamo chiederti come e se, la popolazione di Premariacco ha partecipato alla
realizzazione del video.
G - Il video è stato realizzato parte presso i ruderi di S.Giusto , in alcuni siti di Premariacco e parte
a Cormons per le riprese al chiuso.
Devo dire che mi meraviglia sempre la disponibilità degli abitanti di Premariacco, ci permettono di
fare riprese anche nelle case se serve,un esempio il video degli Azzano , abbiamo frequentato
diverse famiglie che ci hanno ospitato e permesso di riprendere anche all’interno delle abitazioni.
Tutti sanno che noi siamo un’associazione culturale e nessuno trae profitti , anzi… il più delle volte
ci autofinanziamo visto che quando facciamo riprese stiamo fuori l’intera giornata (benzina per
spostamenti, piccoli pasti, bere etc.) loro ci conoscono e ci apprezzano anche per questo. Ci
sentiamo come se fossimo utili e stimolo alla fantasia di ognuno di loro.
P - Per realizzare il video da quale idea siete partiti?
G - Per realizzare questo video siamo partiti da un’idea, i ruderi di S.Giusto, abbiamo deciso di
ricreare un ambiente storico seppur legato all’oggi .L’amministrazione comunale ha avviato i lavori
per la valorizzazione di questo misterioso rudere diverso tempo fa. I reperti trovati nella prima
settimana di lavori risalgono all’epoca romana al progetto ha collaborato anche l’equipe
archeologica. Proprio partendo da questi scavi ci è venuta l’idea di documentare l’evento , poiché
per noi è un gioco ci siamo calati alla nostra infanzia per trarre spunto, per ampliare l’idea. Ci
siamo identificati nel mistero e allo stesso tempo abbiamo capito che realizzando il video di fatto
avremmo coinvolto i diversi volti di questa terra. Noi improvvisiamo e anche gli attori, abitanti del
luogo, partecipano al gioco improvvisando … i ragazzini coinvolti sono i ragazzi che già
partecipano alla vita del Paese, gli adulti sono tutti quelli che vi gravitano attorno; ci sono gli
abitanti e i corsisti del corso video Anch’io che partecipano utilizzando i mezzi a loro più
congeniali. C’ è anche una partecipazione indiretta … ricordo un pomeriggio di riprese al
monumento di Premariacco, certamente alcuni cittadini del luogo ci ha visto e si era affacciato alle
finestre per guardare, non mi andava bene che si vedesse gente, non c’entravano con la scena, ho
fatto un segno con le braccia e loro hanno capito e si sono ritirati in casa. Fantastici i nostri
compaesani, ogni volta che abbiamo avuto bisogno di qualcosa loro gentilmente si sono prestati,
mai hanno protestato per la nostra invadenza … credo sia giusto dedicare questo video a tutti gli
abitanti di Premariacco. Tutto questo ci fa sentire parte di una comunità che accetta le proprie radici
ma sa anche ampliare lo sguardo agli altri, a coloro che propongono un’idea per conservare e
mostrare il proprio ideale di condivisione e ,perché no? Di creatività. Ora ci mettiamo all’opera per
terminarlo , sappiamo che i tempi sono lunghi, non è semplice organizzare tutti coinvolgendo chi
ha fatto il corso, ragazzini che studiano e le loro famiglie, seppur disponibili siamo in tanti e
ciascuno con diversi impegni. Approfitto per ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato e quelli
che hanno collaborato al video e ringraziamo il Comune per aver assecondato il nostro progetto.
Il legame fra il film e l’esperienza esistenziale del suo autore
Frasi ricavate dal web
"Credo alla mutazione del genere umano e alle continue trasformazioni e ricerche, soprattutto a
quelle più ardite del cinema".
"Il cinema vivrà una grande trasformazione, che lo aiuterà a scavare di nuovo dentro gli uomini, a
guardare nella società proprio per la paura che a volte genera la tecnica, e penso anche alla
genetica, a molti rami della scienza. Andiamo verso anni di grandissimo interesse scientifico,
emotivo e culturale e il cinema saprà farne tesoro se analizzerà lo smarrimento degli uomini, degli
artisti, degli scenziati. La tecnica dona all'uomo infinite possibilità". "Io lavoro con i miei sogni o
incubi..." "Niente è vero. Tutto è permesso"DAVID CRONENBERG
"Avrei voluto veder accadere cose nella mia vita. Sapevo che niente era come sembrava, ma non
riuscivo a trovarne una prova", "Il mio film è composto della materia di cui sono fatti gli incubi. Io
ho paura di molte cose, ma soprattutto delle bocche e dei denti degli uomini...".è David Lynch
"Oggi sono per un cinema e per un pubblico che non abbiano paura delle emozioni, e lo spettatore
che cerco è quello capace di abbandonarsi al lavoro inconscio svolto dal film, e di
parteciparvi".Bernardo Bertolucci
"Quello che voglio mostrare è che i problemi non sono mai pratici o politici. I veri problemi sono
sempre dentro di noi".Krzysztof Kieslowski
"Io voglio mostrare a cosa può assomigliare un albero quando lo si vede per la prima volta nella
vita"Werner Herzog
"Comunque, nei miei film non vi è nulla che sia dovuto al caso, anche se non esiste una
sceneggiatura scritta".Abbas Kiarostami
"A me gli attori professionisti fanno l'effetto delle marionette. Lei tira i fili e si muovono, lascia i fili
e cadono inerti sul palcoscenico. …”"Nella realtà le cose hanno un senso, sullo schermo un'altro: o
la gente è finta o tutto quanto si presenta non è altro che una imitazione. Quindi non credo al
documentario""La felicità non si trova, ma la speranza di trovarla nutre l'umanità". Otar Iosseliani