Rassegna - Salone dell`editoria sociale
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Rassegna - Salone dell`editoria sociale
SINTESI DELLA RASSEGNA STAMPA SALONE EDITORIA SOCIALE 2015 Giulio Marcon Diventa fan Deputato indipendente di Sel. Fondatore campagna Sbilanciamoci Gioventù bruciata? Pubblicato: 21/10/2015 09:59 CEST Aggiornato: 21/10/2015 10:00 CEST o Gioventù bruciata. Tra crisi e riscatto è il titolo della prossima edizione del Salone dell'editoria sociale che si terrà a Roma (nel quartiere Testaccio, nella struttura di Porta Futuro, in via Galvani) dal 22 al 25 ottobre (il programma si può scaricare da www.editoriasociale.info). Oltre 30 espositori e più di 50 incontri in 4 giorni di manifestazione dedicati alla condizione giovanile affrontata con diverse chiavi di lettura: culturale, sociale, politica, economica. Il titolo di quest'anno fa riferimento al celeberrimo film con James Dean che sarà ricordato con un dialogo tra Goffredo Fofi e Valerio Mastandrea e con la proiezione del film rievocativo del 1957 di Robert Altman: The James Dean Story. Si parla di università e di lavoro, ma anche di tv e di quella tv che piega i giovani a logiche narcisiste e consumistiche come il programma di Maria De Filippi: ne discutono in Che razza di "amici" sociologi e scrittori. Giovani scrittori che come Nicola Lagioia e Christian Raimo si interrogheranno su un'Italia sempre più malata e nemica dei giovani. E poi, si parla molto di educazione. La associazione Codici presenta il volume Crescere nonostante e alcune guide scout ed educatori discutono della antologia degli scritti di Baden Powell: Il metodo scout. E si parla della situazione dei giovani migranti in Italia e della condizione giovanile in paesi come l'Iran, l'Iraq, l'Afganistan. Quest'anno inoltre il Salone conta presenze internazionali come quelle di Vandana Shiva e di Saskia Sassen che rifletteranno su come stanno cambiando il mondo e una condizione giovanile sempre di più massificata e deturpata da una globalizzazione dal volto feroce. Il film Gioventù bruciata - si dice nell'introduzione al programma scritta da me e Goffredo Fofi - "esprimeva speranza, rabbia e delusioni di una generazione che si avvicinava in modo doloroso e contraddittorio all'età adulta... espressione anche del disagio della generazione di oggi travolta dal consumismo, dal fuoco vacuo delle vanità, dalla rinuncia alla lotta", ma anche alla ricerca di una propria strada. "Una strada complicata da un mondo del lavoro che vuole i giovani precari a vita; da una scuola che invece di dare autonomia impone dipendenza e asservimento; da un sistema economico che rende i giovani degli obbedienti consumatori. Su questa strada impervia e sconnessa i segni della ribellione sono purtroppo rari e riguardano ancora poche minoranze. Che però ci sono e si organizzano, nella scuola come nei territori, cercando di liberarsi dall'asfissia di un dominio economico, sociale e culturale che assegna loro il solo compito - come ricordava Benedetto Croce - di diventare adulti. La settima edizione del Salone dell'editoria sociale getta una piccola luce su questa realtà contraddittoria della gioventù bruciata dei nostri tempi. Affinché si risvegli, si organizzi e lotti per cambiare il proprio destino." Gioventù bruciata 60 anni dopo: il Salone dell'editoria sociale si interroga sulla “generazione precaria” Ribelli senza (apparentemente) una causa. Come James Dean, protagonista nel 1955 (ben sessant’anni fa) di un film, notissimo in Italia con il titolo di «Gioventù bruciata». Giovani «oltre», fragili e spavaldi, in bilico - oggi - tra disincanto e nichilismo soft, fluttuanti tra nomadismo mediatico e modernità liquida, disagio di civiltà e cinismo, passioni tristi e glaciazione dei valori: in una nuova «età dell’ansia» segnata da un acuto senso di insicurezza. Di disgregazione. E di costante minaccia al «principio speranza», in un orizzonte inedito di «crisi» intesa non tanto dal punto di vista economico quanto come perdita di senso, e di orientamento. Non è allora un caso che sia dedicata proprio a loro, ai giovani del presente, la settima edizione del Salone dell’editoria sociale, in programma a Roma da giovedì 22 a domenica 25 ottobre (Porta Futuro, via Galvani 107: il nuovo spazio di circa 1800 mq nel cuore di Testaccio, tra via Galvani e via Franklin, di fronte all’ex Mattatoio) con un programma fitto di ospiti internazionali e costellato da oltre 40 incontri tra tavole rotonde, presentazioni di libri, video, film, mostre ed eventi musicali. Si intitola infatti «Gioventù bruciata. Tra crisi e riscatto» l’iniziativa, promossa dalle Edizioni dell’Asino, dalla rivista «Lo Straniero» (fondata e diretta da Goffredo Fofi), dalle associazioni Gli Asini e Lunaria, in collaborazione con la Comunità di Capodarco, presieduta da don Vinicio Albanesi, fondatore dell’agenzia giornalistica Redattore Sociale (che è partner della rassegna), che intende riflettere su una «generazione precaria», in cerca di un proprio ”posto al sole“. E se il titolo del film di 60 anni fa, spiegano Goffredo Fofi e Giulio Marconpresentando l’iniziativa, «esprimeva speranza, rabbia e delusioni di una generazione che si avvicinava in modo doloroso e contraddittorio all’età adulta, è anche l’espressione del disagio della generazione di oggi travolta dal consumismo, dal fuoco vacuo delle vanità, dalla rinuncia alla lotta». Di qui, aggiungono Fofi e Marcon, l’esigenza di «declinare il disagio, ma anche i germi di riscatto di una generazione che cerca faticosamente una propria strada: una strada complicata da un mondo del lavoro che vuole i giovani precari a vita; da una scuola che invece di dare autonomia impone dipendenza e asservimento; da un sistema economico che rende i giovani degli obbedienti consumatori». Non solo. Non mancano, in questo scenario, segnali (ed esperienze) in controtendenza, anche se «su questa strada impervia e sconnessa continuano Fofi e Marcon - i segni della ribellione sono purtroppo rari e riguardano ancora poche minoranze. Che però ci sono, e si organizzano, nella scuola come nei territori, cercando di liberarsi dall’asfissia di un dominio economico, sociale e culturale che assegna loro il solo compito – come ricordava Benedetto Croce – di “diventare adulti”». Mettere a fuoco questa realtà contraddittoria della «gioventù bruciata» dei nostri tempi affinché «si risvegli, si organizzi e lotti per cambiare il proprio destino» è uno degli obiettivi obiettivi del Salone, che con il suo corredo di espositori (sigle editoriali, mondo dell’associazionismo) impegnati nel mondo delle «frontiere nascoste» e spesso invisibili del sociale ”militante“ vuole intercettare i semi del cambiamento, dar loro spazio e visibilità, riflettere sulle direzioni possibili (o sull’«utopia di una direzione») di chi sta cercando faticosamente la propria strada anche dentro una crisi epocale, che segnala il passaggio dalla società dell’uguaglianza alla società dell’espulsione. E proprio a questo passaggio sarà dedicata la lectio magistralis dell’ospite più attesa, la sociologa Saskia Sassen, docente alla Columbia University di New York, introdotta dal giornalista Giuliano Battiston. Intorno al rapporto tra politica ed economia si articoleranno poi altri due incontri: quello su «Welfare, reddito, lavoro» con Andrea Fumagalli, Laura Pennacchi e il vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio, e la presentazione del Workers Act, il dossier della campagna Sbilanciamoci! sulle politiche per chi lavora e per chi vorrebbe lavorare. Tra le tavole rotonde, da segnalare «Un Papa e la sua chiesa», sulle novità dottrinali e pastorali di papa Francesco; «Miserie dell’università» con – tra gli altri – Daniele Giglioli, Piergiorgio Giacchè e Paola Splendore; «Due o tre cose che so di lei», sul femminismo oggi, con Bia Sarasini, Roberta Mazzanti, Maria Nadotti; «Utopie digitali. Libertà o nuove schiavitù?» con Carlo Formenti, il collettivo Ippolita e Giuliano Santoro; la nuova «questione meridionale» Leogrande e Mariuccia con Carlo Salvati, coordinati Donolo, dalla Alessandro giornalistaAlessandra Coppola. E ancora i diritti, il terzo settore, l’immigrazione, gli strumenti della solidarietà, con ospiti come Luigi Manconi, Giulio Marcon, Grazia Naletto, Giovanni Moro, oltre ad altri due ospiti internazionali: lo storico Donald Sassoon e l’attivista ed ecologista Vandana Shiva. Il legame tra arti e società accomuna inoltre diversi eventi: la tavola rotonda su «l’Italia delle diversità», con scrittori come Nicola Lagioia, premio Strega 2015, eChristian Raimo; l’omaggio allo scrittore e giornalista Luca Rastello; e non mancherà Napoli, con la discussione su «Pulcinella. L’Italia e le sue maschere», protagonisti lo sceneggiatore Maurizio Braucci e il regista Pietro Marcello, autore del film «Bella e perduta», preceduto da uno spettacolo di guarattelle di Bruno Leone; e infine, l’intervento musicale dei Fratelli Mancuso. Lunedì 12 Ottobre 2015, 22:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA La “Gioventù bruciata” al salone dell'editoria sociale Dal 22 al 25 ottobre a "Porta Futuro". Tra gli ospiti: Saskia Sassen, Vandana Shiva, Donald Sassoon di ELISA CASTELLUCCI 21 ottobre 2015 Giovani a metà strada tra crisi e riscatto occupazionale, dilaniati dalla precarietà, che cercano faticosamente una strada, la propria, all'interno di una società respingente e poco incline al rispetto dei principi dell'eguaglianza. Per gli organizzatori della settima edizione del Salone dell'Editoria Sociale, si tratta addirittura di una "Gioventù bruciata", sicuramente nei sogni, nelle speranze e nel cambiamento. Negli spazi testaccini di "Porta Futuro", quelli voluti e creati nel 2011 da Nicola Zingaretti, allora presidente della Provincia di Roma, dal 22 ottobre fino a domenica 25 (ingresso gratuito da via Galvani), la ricetta degli Asini e de Lo Straniero è quella di una quattro giorni di incontri, tavole rotonde, presentazioni di libri, video, eventi musicali, tutti promossi da case editrici e realtà del terzo settore. Un programma fittissimo tra scrittori, sociologi, ospiti internazionali e artisti. "È un'occasione per riflettere su una generazione precaria - sostengono gli ideatori Giuliano Marcon e Goffredo Fofi - travolta dal consumismo e dal fuoco vacuo delle vanità, ma che cerca faticosamente la propria strada anche dentro una crisi epocale, che segnala il passaggio dalla società dell'uguaglianza alla società dell'espulsione". E per liberare i giovani da un'eccessiva operazione recriminatoria, subita in questi anni. "Molte delle colpe che imputiamo a questa generazione, sono da ripartire tra gli adulti, analizzarne le responsabilità, - spiega il curatore del programma Giuliano Battiston - proprio in base a questo passaggio sarà dedicata la lectio magistralis dell'ospite più attesa, la sociologa Saskia Sassen, docente alla Columbia University di New York". Intorno al rapporto tra politica ed economia si articoleranno altri due incontri: quello su "Welfare, reddito, lavoro" con Michele De Palma, Andrea Fumagalli e Laura Pennacchi, e la presentazione del Workers Act, il dossier della campagna "Sbilanciamoci!". Tra le tavole rotonde, da segnalare anche "Un papa e la sua chiesa", sulle novità dottrinali e pastorali di papa Francesco; "Miserie dell'università" con tra gli altri - Daniele Giglioli, Piergiorgio Giacché e Paola Splendore; "Due o tre cose che so di lei", sul femminismo oggi, con Bia Sarasini, Roberta Mazzanti, Maria Nadotti; "Utopie digitali. Libertà o nuove schiavitù?" con Carlo Formenti, il collettivo Ippolita e Giuliano Santoro; la nuova "questione meridionale" con Carlo Donolo, Alessandro Leogrande e Mariuccia Salvati. E ancora i diritti, il terzo settore, l'immigrazione, gli strumenti della solidarietà, con ospiti come Luigi Manconi, Giulio Marcon, Grazia Naletto, Giovanni Moro, lo storico Donald Sassoon e l'attivista ed ecologista Vandana Shiva. Il legame tra arti e società accomuna diversi eventi: la tavola rotonda su "l'Italia delle diversità", con scrittori come Nicola Lagioia, premio Strega 2015, e Christian Raimo; l'omaggio allo scrittore e giornalista Luca Rastello; la discussione su "Pulcinella. L'Italia e le sue maschere", con lo sceneggiatore Maurizio Braucci e il regista Pietro Marcello, autore del film "Bella e perduta", preceduto da uno spettacolo di guarattelle di Bruno Leone; l'intervento musicale dei Fratelli Mancuso. La settima edizione del Salone dell'editoria sociale si concluderà poi la sera di domenica 25 ottobre, con un'intervista di Goffredo Fofi all'attore e regista Valerio Mastandrea. Gli espulsi dell’economia globale Il nuovo libro di Saskia Sassen Giuliano Battiston 21 ottobre 2015 In occasione della visita in Italia di Saskia Sassen, che giovedì 22 ottobre terrà una lectio magistralis al Salone dell’editoria sociale (www.editoriasociale.info) di Roma, pubblichiamo una recensione al suo ultimo libro, Espulsioni. Brutalità e complessità nell’economia globale. Saskia Sassen, docente di Sociologia alla Columbia University di New York, tra le interpreti più autorevoli dei processi di globalizzazione, da molti anni cerca di decifrare la lenta decomposizione dell’economia politica del ventesimo secolo. Nel suo ultimo libro, Espulsioni. Brutalità e complessità nell’economia globale (il Mulino, pp. 296, euro 25), compie un passo ulteriore, guidata da un proposito perfino più ambizioso rispetto a quelli che ne hanno orientato la ricerca in libri come Territorio, autorità, diritti(Bruno Mondadori, 2008) o Una sociologia della globalizzazione (Einaudi, 2008): individuare, comprendere e interpretare – dall’interno – la fase storica nella quale viviamo. Dare un nome a processi ancora sotterranei, opachi, spesso invisibili, ma le cui conseguenze condizionano già – in modo negativo, spesso esiziale – i progetti di vita di gran parte dell’umanità. Oltre che la sopravvivenza della biosfera. Per l’autrice di Città globali vivremmo infatti nel pieno di una transizione storica fondamentale: l’esaurimento del ciclo di crescente inclusione sociale ed economica caratteristico del keynesismo e l’emergere, sulle sue macerie, di un nuovo paradigma. Quello delle espulsioni. Espulsioni di individui, comunità, imprese e luoghi dagli ambiti della società, dell’economia, della biosfera. La transizione è ancora in corso, sostiene Saskia Sassen, ma la rottura rispetto al passato è già radicale: la fase del capitalismo avanzato in cui siamo entrati a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso è diversa e nuova rispetto alla precedente, perché “ha visto reinventati i suoi meccanismi di accumulazione primitiva”. Il periodo keynesiano, precisa Sassen, era tutt’altro che perfetto, caratterizzato com’era da disuguaglianza, concentrazione di ricchezza, povertà, razzismo, ma era guidato da una logica inclusiva, dalla tendenza a incorporare fasce di popolazione sempre più ampie – in particolare i lavoratori – dentro il sistema. Non si trattava di una scelta “altruista”, solidale, ma di un dato strutturale, sistemico: nel secondo dopoguerra le componenti cruciali delle economie di mercato occidentali (e in parte, sostiene Sassen, delle economie comuniste di Stato) erano l’alta intensità del capitale fisso, la standardizzazione della produzione, l’ampliamento dei centri urbani. La logica organizzativa dell’economia, dunque, era inclusiva perché il sistema richiedeva l’espansione della produzione e del consumo, l’allargamento della classe media. In altre parole, produzione e consumo di massa esigevano una logica espansiva e inclusiva. A partire dagli anni Ottanta le cose iniziano a cambiare verso: la crescita economica non è più trainata dalla grande espansione delle economie materiali, ma dalla finanziarizzazione onnivora. Vengono dunque meno gli sforzi concertati per inserire i poveri e gli emarginati nel vivo delle realtà politiche ed economiche, si indeboliscono progressivamente i presupporti egalitari e keynesiani alla base del progetto di costruzione di una società giusta ma imperfetta, e comincia a emergere una nuova dinamica, quella dell’esclusione. O, meglio, dell’espulsione. Non si tratta infatti – sottolinea l’autrice di Espulsioni – dell’ennesima variante della vecchia esclusione sociale, perché quest’ultima avveniva e avviene all’interno di un sistema e, in quanto tale, può essere ridimensionata, migliorata, perfino eliminata. Le espulsioni invece attraversano domini e sistemi diversi, dalle prigioni ai campi profughi, dallo sfruttamento finanziario alle distruzioni ambientali. L’elenco degli esempi forniti è lungo, e copre settori molto diversi: l’impoverimento della classe media nei paesi ricchi; lo sfratto di milioni di piccoli agricoltori nei paesi poveri a causa dei 220 milioni di ettari di terra acquistati da investitori e governi stranieri dal 2006 a oggi; il crescente numero degli indigenti e degli sfollati nei paesi poveri, ammassati nei campi profughi formali o informali; l’ampia popolazione attiva considerata in eccesso che vive nei ghetti e negli slum; le ingenti porzioni di biosfera espulse dal loro spazio vitale a causa delle tecniche estrattive; il ricorso all’incarcerazione come mezzo di gestione del “surplus sociale” negli Stati Uniti. Processi diversi, differenziati, altamente specifici, che però indicano una medesima tendenza sotterranea: l’espulsione. Per afferrare questa tendenza, per leggerla nella sua interezza, per evitare di confonderla con dinamiche simili ma diverse, proprie di un’epoca che non c’è più o che sta sparendo, Saskia Sassen effettua una precisa scelta metodologica: archivia le tradizionali griglie analitiche che “articolano la nostra conoscenza dell’economia, della società e dell’interazione con la biosfera” e decide di combinare ricerca empirica e ricodificazione concettuale, aderenza al livello elementare dei fatti e ambizione teoretica. Gli strumenti usati fin qui, spiega, non soltanto sono inefficaci nel descrivere e comprendere le trasformazioni in corso, ma risultano perfino controproducenti, perché nella loro obsolescenza ci hanno fatto tardare “a capire e classificare i poteri e le dinamiche che sono emersi dalle macerie”. Facciamo qualche esempio, per rendere le cose più chiare: gli economisti che contestano il modello neoliberista puntano il dito sulla crescente disuguaglianza, come sintomo delle patologie del capitalismo. Per Saskia Sassen, al contrario, la nozione di disuguaglianza rischia di nascondere più di quanto riveli. Perché se è vero che le economie di mercato avanzate sono sempre state contraddistinte da una certa disuguaglianza, e che l’ordine di grandezza della disuguaglianza di oggi distingue l’attuale fase del capitalismo da quella dei decenni posti-bellici, è ancora più vero – argomenta Sassen – che interpretare questa differenza come un semplice salto di scala, come un semplice incremento della disuguaglianza o della povertà “significa precludersi la possibilità di cogliere la tendenza di fondo”. Quella verso l’espulsione. Un altro esempio: siamo stati abituati a imputare le patologie del capitalismo alle elite predatorie. Ebbene, per Saskia Sassen oggi più che delle elite predatorie dovremmo preoccuparci delle “formazioni predatorie”. Cosa sono? Formazioni complesse, che assemblano una varietà di elementi: elite, certo, ma anche vere e proprie capacità sistemiche, mercati, innovazioni tecniche (di mercato e finanziarie), strumenti legali e contabili, funzioni altamente specifiche abilitate dai governi (in particolare dai rami esecutivi). Non più, dunque, i magnati con cilindro, sigaro e bastone, ma processi complessi, dove la complessità fa spesso il paio con la brutalità degli esiti e concorre a determinare l’invisibilità delle cause, perché quanto più complesso è il sistema, tanto più difficile è risalire alle responsabilità. In questo senso, sottolinea l’autrice di Espulsioni, se verso il fondo della scala sociale, per le masse di poveri e indigenti, la nuova dinamica dell’economia si traduce in espulsioni dallo spazio vitale, dall’accesso ai mezzi di sussistenza, dal contratto sociale, per chi si trova al vertice della piramide significa invece liberazione dalle responsabilità, liberazione dai legami di appartenenza alla società. Opporsi alle nuove dinamiche di espulsione significa dunque ricostruirne la genealogia, rendere trasparente ciò che è opaco, dare un nome e un significato ai processi ancora incompiuti che avvengono sotterraneamente. Ma significa allo stesso tempo rendere “concettualmente visibili” gli spazi degli espulsi. Anche se “sfuggono alle misurazioni convenzionali utilizzate da Stati ed economie moderni”, questi spazi non sono un’assenza, una sorta di buco nero, ma, al contrario, una presenza tangibile. “Sono tanti, stanno crescendo e vanno diversificandosi. Sono potenzialmente i nuovi spazi in cui agire, in cui creare economie locali, nuove storie, nuovo modi di appartenenza”. Il futuro, suggerisce Saskia Sassen, potrebbe essere degli espulsi. Saskia Sassen e i predatori della vita perduta - Benedetto Vecchi, 21.10.2015 Derive continentali. Cacciati dal lavoro, dalle terre, mentre intere regioni del pianeta sono lande morte e la povertà assume dimensioni inedite. «Espulsioni», l’ultimo saggio di Saskia Sassen per il Mulino, che sarà presentato domani a Roma a Porta Futuro Ambizione e rigore. Saskia Sassen ha entrambe le caratteristiche. Il suo rigore emerge nella mole di dati raccolti, elaborati e assemblati per dare rilevanza empirica alle ambiziose tesi che propone. Lo ha sempre fatto, in tutte le sue ricerche che hanno scandito una vita accademica all’insegna di un nomadismo intellettuale che l’ha portata a soggiornare in molti paesi – Argentina, Italia, Regno Unito, Stati Uniti – per comprendere una tendenza ormai divenuta realtà, la globalizzazione. Dal suo nomadismo intellettuale è infatti nato Global Cities (Utet), il libro che l’ha fatta conoscere al pubblico (e che è stato più volte aggiornato), ma anche le altre opere sui conflitti dentro e contro la globalizzazione (Globalizzati e scontenti, Il Saggiatore), le migrazioni (Migranti, coloni, rifugiati, Feltrinelli). È però con Territorio, autorità, diritti (Bruno Mondadori) che il puzzle sulla globalizzazione è portato a termine. L’economia mondiale, le trasformazioni della forma-stato, il rapporto tra locale e sovranazionale, le possibili politiche di contenimento e opposizione al capitalismo sono lì, spregiudicatamente messi a tema. La globalizzazione non è una parentesi del capitalismo, è equiparabile alle sue tendenze e alla internalizzazione del capitale che, alla fine dell’Ottocento e nel primo decennio del Novecento, hanno visto dispiegarsi le politiche di potenza coloniali e imperialistiche dei paesi europei e degli Stati Uniti. La globalizzazione ha scosso nelle fondamenta sia le relazioni tra gli stati – il sistema mondo di Giovanni Arrighi e Immanuel Wallerstein – che, nelle formazioni politiche di matrice liberale, il delicato equilibrio tra il potere giuridico, legislativo e esecutivo, assegnando a quest’ultimo un ruolo preponderante sugli altri due. I padroni dell’austerità In questo tramonto dello stato liberale, Saskia Sassen assegnava ai movimenti sociali la funzione di argine politico alla colonizzazione mercantile della vita sociale. Quel che non poteva certo prevedere – il rigore la preserva da qualsiasi deriva profetica è la crisi iniziata nel 2007. Tutto ciò che sembrava solido, si è dissolto nell’aria e invocare il ritorno dello Stato nazionale come trincea da dove combattere il neoliberismo è come gridare alla luna: allevia il disagio, ma non risolve un granché, come d’altronde testimoniano l’esito estivo delle vicende greche. La messa in angolo del governo di Atene da parte dell’Unione europea fa emergere infatti la velleità di chi ha proposto lo stato nazionale come arma politica contro la logica neoliberista dell’Unione europea. Più che abbandonare lo spazio politico europeo, il conflitto contro l’austerità continentale rende evidente che l’unico spazio politico praticabile è proprio quello sovranazionale. Saskia Sassen è un’attenta osservatrice partecipe delle vicende europee – passa molti mesi dell’anno in Inghilterra, dove ha tenuto seminari e corsi alla London School Of Economics e ha visto dispiegarsi la crisi economica che ha messo in ginocchio intere economie nazionali (la Grecia, la Spagna, il Portogallo. L’Italia, stranamente, non è mai citata). Allo stesso tempo ha accumulato dati sulla crescita delle disuguaglianze sociali, sulla povertà, sul degrado ambientale e sulla riduzione di intere regioni dell’Africa in terre di rapina da parte di multinazionali e paesi emergenti. Fatti tutti noti, ma che l’hanno convinta a iniziare un nuovo puzzle, questa volta sulla globalizzazione dopo la crisi, una sorta di mappa sociale della «globalizzazione 2.0». Sicuramente il volume Espulsioni mandato alle stampe dal Mulino (pp. 288, euro 25) è da considerare un tassello di questo nuovo puzzle teso a rendere visibili le tendenze sistemiche sotterranee del capitalismo contemporaneo e a rendere visibili gli «espulsi». Per Sassen l’ultimo decennio ha visto dispiegarsi formazioni predatorie globali composte da imprese finanziarie e da quelle impegnate nella produzione di merci, nell’agricoltura. Il dato più inquietante è che sono formazioni predatorie che si muovono sottotraccia e che si sottraggono allo sguardo pubblico, cioè a quella sfera collettiva che potrebbe mettere in discussione la loro esistenza. Una delle vittime eccellenti della globalizzazione dopo la crisi è dunque la democrazia, senza che questo coincida con l’abolizione di alcuni diritti civili e politici. Il lettore attento riconosce temi e argomenti cari ai teorici del capitalismo estrattivo come David Harvey. Saskia Sassen sottolinea però che quello che descrive è un processo che non vede ancora un punto di equilibrio. Le formazioni predatorie prosperano cioè in una condizione di perenne transizione, dove il passaggio da un capitalismo fondato sull’inclusione gli anni d’oro del welfare state a un capitalismo fondato sulla esclusione, vede una geografia sociale e politica variabile nel tempo e nello spazio. Le faglie della world factory Un libro dunque ambizioso. L’avvio non lascia molti spazi all’ambiguità. Il capitalismo ha imboccato una strada dove sacrificare milioni di uomini e donne e intere regioni del pianeta alle logiche di accumulazione della ricchezza. È un sistema brutale, fondato sull’espulsione e l’esclusione: dal lavoro, dalla casa, dal villaggio, mentre crescono esponenzialmente le terre e acque morte per la selvaggia estrazione di minerali o per coltivazioni intensive di olio di palma o di piante destinante ad essere trasformate in biocarburanti. Milioni di uomini e donne sono così cacciati dal lavoro, a causa delle politiche globali di outsourcing, rendendo l’alta disoccupazione un fenomeno strutturale e permanente in Europa e negli Stati Uniti, con il conseguente innalzamento delle disuguaglianze e della povertà. I cantori del libero mercato non possono certo salvarsi l’anima sostenendo che nei cosiddetti paesi emergenti cresca l’occupazione e una classe media desiderosa di consumare e di occupare finalmente un posto al sole dell’economia mondiale. Questi sono dati transitori, perché il capitalismo, nella sua erranza planetaria, sa che sono paesi da usare fino a quando la ricchezza da estrarre non sarò finita. Le faglie manifestate dalla world factory cinese e dalle economie indiane, brasiliane e sudafricane fanno intravedere che anche in quei paesi la crisi rivela la stessa brutalità avuta in Europa e Stati Uniti. Il numero dei poveri, dei senza tetto, degli espulsi cresce dunque sia nel Nord che nel Sud del pianeta. Interessanti sono anche le pagine dedicate al ruolo della finanza nella «globalizzazione 2.0». Non senza ironia Saskia Sassen descrive come nelle imprese globali finanziarie chi lavora alacremente non sono broker o spregiudicati finanzieri. Questi sono l’ultimo anello di una catena che vede al lavoro fisici, matematici, informatici: tutti dediti alla elaborazione di algoritmi che facciano accelerare il flusso di capitali al fine di accumulare ricchezze «estratte» dalla finanziarizzazione dei i sogni sociali: la casa, il mangiare, il lavoro, la formazione, la salute. Tutti elementi che favoriscono l’indebitamento individuale e delle nazioni, vista la riduzione delle entrate fiscali dovute a politiche indulgenti verso la tassazioni dei profitti. Per fronteggiare la crisi del 2007 dei subprime e quella successiva dei credit default swaps gli stati nazionali sono inoltre intervenuti per salvare imprese troppo grandi per fallire. E lo hanno fatto usando il denaro che i contribuenti hanno versato con le tasse. Una espropriazione ulteriore di ricchezza prodotta dal lavoro vivo sociale. Un altro elemento che nel libro ha un ruolo rilevante è il land grabbing, cioè l’acquisto di terre da parte di imprese agroalimentari o minerarie. Milioni di ettari di paesi africani, dell’Indonesia, dell’Ucraina e della Russia sono state acquistate da multinazionali e stati nazionali – gli Emirati del Golfo, ma anche la Cina e la Corea del Sud – per coltivare alimenti da immettere nel mercato mondiale. Lo stesso vale per le imprese minerarie. La brutalità di questo processo sta nel fatto che in Africa si sono moltiplicate feroci guerre locali condotte da «eserciti» che si candidano a gestire l’ordine pubblico in alcune nazioni e così svolgere un ruolo nelle formazioni predatorie che si muovono nel pianeta. In altri paesi è l’esercito «ufficiale» che caccia dalle terre i contadini. Da qui l’espulsione di milioni di donne e uomini che cercano una via di fuga verso l’Europa e gli Stati Uniti. Ogni distinzione tra rifugiato economico e politico perde così di significato. Anche se, avverte con acume Saskia Sassen, i costi maggiori degli esodi ricade nel Sud globale del mondo: la maggioranza assoluta dei rifugiati rimane infatti nel Sud del mondo, mentre nel Nord del pianeta arriva solo una biblica minoranza di rifugiati economici e politici. Domande inevase Come interrompere questa discesa negli inferi è domanda alla quale Saskia Sassen non sa dare risposta. C’è amarezza, disincanto nelle pagine di questo libro. È un cambiamento di prospettiva che l’autrice invita a fare. Non c’è nessun punto di resistenza individuato, come invece aveva indicato l’autrice in altri libri. La società civile organizzata o i movimenti sociali non compaiono in questo saggio. Sono qui significanti vuoti rispetto una logica sistemica che non ammette punti di rottura. L’inversione della tendenza non è data. All’orizzonte non c’è nessun potere costituente che può garantire una fuoriuscita dal «capitalismo estrattivo». Ma non c’è neppure nessun potere destituente. La rivolta non è ammessa dalle formazioni predatorie: se si manifesta, va repressa duramente. E le città globali non sono neppure il luogo dove sperimentare forme di democrazia diretta e di cooperazione sociale «alternativa», come Saskia Sassen ha più volte sostenuto nel recente passato. Per il momento, il pensiero critico, l’attitudine critica servono, secondo l’autrice, solo a rendere visibile ciò che è invisibile. Ma per rendere visibile l’invisibile serve un’operazione di verità. E dunque di rivolta, provando a coniugare il potere destituente della rivolta con il potere costituente che dà forma all’altro mondo possibile che l’azione di svelamento operata dai movimenti conducono. In fondo la politicizzazione le relazioni sociali è l’unica azione realistica di svelamento del potere performativo della vita manifestato dalle formazioni predatorie. A Roma il Salone dell’editoria sociale Saskia Sassen sarà protagonista giovedì dell’incontro «Per un’Europa dell’inclusione e dei diritti» alla Sala della regina a Roma (ore 15). L’incontro organizzato dalla Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini è solo su invito. Per chi invece è interessato a una discussione sulle tesi del suo ultimo libro «Espulsioni» (Il Mulino) l’appuntamento è nella giornata d’apertura del Salone dell’editoria sociale che prende il via giovedì a Porta Futuro di Roma (Via Galvani, ore 17.45). Quest’anno il Salone dell’editoria sociale è dedicato al tema della «Gioventù bruciata», cioè alle nuove generazioni che sono colpite dalle politiche di austerità che negano loro il futuro. Ridotti sono i finanziamenti alla formazione, cresce in molti paesi il debito studentesco per pagare le rette universitarie sempre più alte. Minore la possibilità di entrare nel mercato del lavoro (l’esperienza della precarietà è ormai la regola nel capitalismo). Eppure sono sempre i giovani il «target» privilegiato per spregiudicate campagne pubblicitarie di chi vende merci spacciandole per stili di vita più o meno alternativi. Il programma del Salone dell’editoria sociale (consultabile per intero al sito internet: editoriasociale.info) prevede workshop seminari e presentazione di libri. Nella giornata di giovedì, oltre l’incontro con Saskia Sassen, sono da segnalare la tavola rotonda «Il terzo settore alla deriva?» (ore 16) e «Stranieri per forza» (ore 16.15, sala B). Il giorno dopo, ore 16, tavola rotonda su «Welfare, reddito, lavoro. Le sfide della generazione precaria». Alle 18 sarà invece presentato il libro, curato da Sbilanciamoci, «Workers Act». Domenica, invece, è la volta della presentazione del volume «I Muri di Tunisi», un’analisi dei murales e dei graffiti nella capitale tunisina prima e dopo la primavera araba. A presentarlo Michela Becchis, Cecilia Dalla Negra, Luce Lacquanita (autrice del libro) e il graphic journalist Takoua Ben Mohamed. © 2016 IL NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE SALONE DELL’EDITORIA SOCIALE, GIOVANI TRA CRISI E RISCATTO Terza Pagina ROMA – Riflettere su una generazione precaria è il senso di “Gioventù bruciata. Tra crisi e riscatto”, tema di fondo della settima edizione del Salone dell’editoria sociale. Organizzazioni del volontariato, del terzo settore e case editrici che si occupano di temi sociali si incontreranno, insieme a scuole e lettori, per discutere il disagio giovanile, la scalata faticosa nel mondo del lavoro in una società ormai sull’orlo di una crisi epocale. L’età adulta, infatti, sembra essere sinonimo di una generazione sempre meno partecipativa, estranea alla voglia di riscatto. Le poche minoranze, che ancora e sole, provano a smuovere le coscienze, non bastano per una rivoluzione culturale che coinvolga tutti. Puntare un faro su questa gioventù bruciata di oggi, dunque, è l’obiettivo che si propone questa settimana edizione del Salone dell’editoria sociale. L’iniziativa (promossa dalle Edizioni dell’asino, dalla rivista lo Straniero, dalle associazioni Gli Asini e Lunaria in collaborazione con Redattore sociale e Comunità di Capodarco) si terrà a Roma dal 22 al 25 Ottobre, negli spazi di Porta Futuro, nel quartiere di Testaccio. Quattro giorni di incontri per oltre 40 eventi tra presentazioni di libri, tavole rotonde, video ed eventi musicali. Tra gli ospiti, attesissima la sociologa Saskia Sassen, docente alla Columbia University di New York, che verrà introdotta dal giornalista Giuliano Battiston. La Sassen terrà la lectio magistralis“Espulsioni. Oltre la disuguaglianza”, dedicata ai giovani, con uno sguardo speciale verso quelli che cercano, faticosamente, il proprio posto nel mondo. Si parlerà inoltre di diritti, di immigrazione, di strumenti della solidarietà con Luigi Manconi, Giulio Marcon, Giovanni Moro. Grazia Naletto (presidente Lunaria) curerà in particolare il tavolo “Stranieri per forza. I figli dell’immigrazione in Italia” insieme a Marco Carsetti della casa editrice Else, all’attivista rete G2 Lucia Ghebregiorges e il ricercatore sociale Andrea Rampini. Non mancheranno tavoli di discussione come: “Miserie dell’università. Vittime e oppressori” con – tra gli altri – Daniele Giglioli, Piergiorgio Giacchè e Paola Splendore; “Due o tre cose che so di lei. Coscienza femminista: uno sguardo critico e mille pratiche politiche” con Bia Sarasini, Roberta Mazzanti, Maria Nadotti. E ancora sulla questione meridionale “Nel Sud qualcosa è cambiato” con Carlo Donolo, Alessandro Leogrande e Mariuccia Salvati. Ospite anche il Premio Strega 2015 Nicola Lagioia al tavolo “L’Italia delle diversità” con gli scrittori Christian Raimo, Carola Susani ed Eugenio Vendemiale. A chiudere l’evento sarà Goffredo Fofi, nella serata di domenica 25 Ottobre, con l’intervista all’attore e regista Vittorio Mastandrea. di Francesca Coppola Sassen: “Nuovo linguaggio per raccontare gli ultimi nella società che espelle" La sociologa olandese ha presentato in anteprima il suo nuovo libro “Espulsioni. Brutalità e complessità nell'economia globale” nella prima giornata del Salone dell'Editoria Sociale. “Oltre un certo limite la disuguaglianza è inaccettabile, senza ritorno" 23 ottobre 2015 Saskia Sassen ROMA – Sala stracolma per la lectio magistralis di Saskia Sassen, sociologa alla Columbia University di New York, che ha presentato in anteprima il suo nuovo libro “Espulsioni. Brutalità e complessità nell'economia globale” (Il Mulino): la settima edizione del Salone dell'Editoria Sociale, “Gioventù bruciata”, è iniziata con l'appuntamento attesissimo con una delle più importanti studiose dei fenomeni socio-economici, intervistata dal giornalista Giuliano Battiston. Il Salone prosegue oggi con 12 appuntamenti, che approfondiranno le molteplici sfaccettature delle nuove generazioni (“Gioventù bruciatà?” alle 12.15, “Welfare, reddito, lavoro” alle 16.15, “Che razza di amici” alle 18.15, fino alla proiezione di “The James Dean story” di Robert Altman presentato da Goffredo Fofi alle 21), la situazione internazionale (“Iraq, Iran, Afghanistan” alle 12.15, “Religione ed economia” alle 16.15), approfondimenti sui temi economici e sociali (“Il denaro” alle 10.30, “Il futuro del lavoro” alle 18.15, campagna Sbilanciamoci!, “Abolire il carcere”alle 14.30), e vedrà la visita della presidente della Camera Laura Boldrini alle 16. “È un libro molto ambizioso – spiega Battiston, introducendo la studiosa -, che analizza la nuova geografia del potere, nella sua storia e nelle sue pratiche, e lo fa con un metodo poco ortodosso, attraverso ladecomposizione dell'economia politica del ventesimo secolo, per vedere cosa rimane, quali sono i processi opachi, sotterranei”. “Alcune categorie analitiche sono utili per gli economisti, ma non aiutano a capire le situazioni estreme, su cui mi focalizzo in questo libro, in un percorso eccentrico”, risponde Sassen, parlando un ottimo italiano inframezzato da parole spagnole e termini inglesi, in un monologo ricchissimo di spunti e battute. Prende ad esempio il concetto di disuguaglianza, che porta con sé quello di distribuzione: “Ma è un concetto che ha dei limiti – continua -, non parlo della 'social exclusion', che può essere combattuta e cambiata attraverso leggi e cultura, ma di quella parte invisibile, estrema, esclusa. Oltre un certo limite la disuguaglianza è inaccettabile, senza ritorno. La storia ci racconta dei miglioramenti, ma è una verità molto parziale, che ci dissuade dal guardare cosa rimane fuori. A me interessa il margine”. Dall'impoverimento delle classi medie, al landgrabbing, fino alla distruzione della natura da parte di un'economia senza scrupoli, secondo la studiosa sono segni di uno stesso processo in atto, che dall'economia inclusiva del dopoguerra sta portando a una logica di espulsione. Porta ad esempio la riduzione del lago di Aral, o la riduzione del ghiaccio in Groenlandia. “Abbiamo ucciso molta vita, e lasciato terre e acque morte, che escono dalla nostra visuale. Oggi ci sono 40 paesi in guerra. Abbiamo bisogno di trovare nuovi termini per raccontare una storia nuova, utilizziamo ancora il linguaggio di migranti e rifugiati. Ma con queste parole si indicava chi è alla ricerca di una vita migliore (better life), mentre qui intendiamo chi cerca semplicemente di sopravvivere (bare life). Stiamo distruggendo attivamente habitat a cui le persone non possono più tornare”. Saskia Sassen e Giuliano Battiston al Salone dell'Editoria Sociale “La macchina a vapore della nostra epoca è la finanza, che dà un nuovo ordinamento, e decide cosa è dentro e cosa è fuori. Non le banche, di cui abbiamo bisogno tutti, che vendono ciò che hanno, il denaro: vende ciò che non ha per invadere in modo distruttivo, è un pericolo. Il profitto aumenta esponenzialmente con il pericolo, e la finanza trae profitto anche dai più marginali, dagli studenti indebitati, dagli espropri, con tabelle di numeri che non mostrano le persone. È la capacità di un sistema di rendere invisibile. Le tendenze profonde degli ultimi 30 anni stanno ora emergendo”. Mostra dati sulla continua crescita del capitale, appena sfiorato dalla crisi del 2008, mentre il 65% dei posti di lavoro della classe media è scomparso. Spiega come, dopo il periodo della 'gentrificazione', gli investimenti stanno disurbanizzando le città. “La città è un processo complesso e incompleto, il nuovo spazio di frontiera dove si incontrano soggetti che non hanno regole condivise, chi ha e chi è escluso dal potere”. Una delle strade per contestare questa espulsione, secondo la sociologa olandese, è lavorare su piccoli progetti di vicinato, “Non comunità, dico vicinato, persone che si conoscono, in un processo di sussidiarietà. Come cittadini abbiamo perso i nostri diritti”. (elena filicori) © Copyright Redattore Sociale Presentazione di Seme Sacro con Vandana Shiva. Roma 24 ottobre 2015 Sabato 24 Ottobre 2015 ore 10.30, presentazione di SEME SACRO La visione religiosa dell'origine della vita a Roma al Salone dell'Editoria Sociale, sala A, a Porta Futuro in via Galvani 108. Intervengono: VANDANA SHIVA, scienziata e presidente di Navdanya International. IMEON CATSINAS archimandrita e portavoce del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, GIANNOZZO PUCCI, editore Il tema del Salone dell'Editoria Sociale in quest'anno 2015 Gioventù bruciata, cioè il disagio dei giovani di oggi travolti dal consumismo, dall'onnipresenza delle distrazioni elettroniche, dal fuoco delle vanità , dal sentirsi inutili e precari, dalla rinuncia all'impegno. La presentazione di Seme Sacro intende lanciare un messaggio. Affrontare quello che sta accadendo alla nostra casa comune esige ogni impegno e intelligenza. Non ammissibile che le giovani generazioni restino degli scarti impotenti parcheggiati in una scuola organizzata secondo concezioni di mezzo secolo fa': il cambiamento climatico esige altri metodi e competenze per costruirsi il lavoro del futuro. L'educazione alla spiritualità ecologica spinge a impegnarsi da subito sui temi essenziali del nostro tempo: quello dei semi il fondamento insostituibile della salute di tutti, essenziale per affrontare il problema della fame dei poveri del mondo. http://www.ondazzurra.com/index.php Mastandrea e Fofi: intervista al Salone dell'editoria sociale MERCOLEDÌ 28 OTTOBRE 2015 10:09 FRANCESCA GRASSO Dal 22 al 25 ottobre, nella sede di Porta Futuro a Testaccio, si è svolta la VII edizione del Salone dell'editoria sociale, iniziativa che da qualche anno riunisce i piccoli editori romani chiamati a mostrare le proprie proposte e pubblicazioni. La particolarità dell'iniziativa è quella di ruotare ogni anno attorno ad un tema differente; per il Salone del 2015 è stato scelto “Gioventù bruciata, tra crisi e riscatto”, in riferimento al cult che nel 1955 consacrò il ventiduenne James Dean. L'iniziativa non si limita ad offrire una sede per l'esibizione ed il commercio di libri, ma l'attività commerciale si amalgama perfettamente con proposte informative e culturali, come è avvenuto durante la giornata conclusiva del Salone. Il 25 ottobre, infatti, si è svolta l'intervista a Valerio Mastandrea condotta da Goffredo Fofi, incontro avvenuto soprattutto in vista della recente uscita nelle sale di “Non essere cattivo”, film diretto dallo scomparso Claudio Caligari e prodotto dallo stesso Mastandrea. Il film e l'evento hanno suscitato un grande interesse da parte del pubblico, soprattutto dal momento che la pellicola, dopo non esser stata accettata in concorso alla 72 Mostra del Cinema di Venezia, è stata invece scelta nella sezione “Oscar al miglior film straniero” del 2016 come lavoro rappresentativo dell'Italia. Ma come mai gli Oscar e non Venezia? Mastandrea spiega che la presenza in concorso di un film girato da un regista scomparso sarebbe potuta apparire ricattatoria nei confronti della giuria. Di qui la decisione di presentare il film fuori concorso, dove è stato accolto con grande entusiasmo dei giurati e del pubblico. Sotto l'abile direzione di Fofi, l'attore romano spiega quale sia stata la genesi del film e quanto tutti quelli che hanno collaborato al progetto abbiano creduto in esso. Mastandrea parla della tortuosa elaborazione del lungometraggio, che si è barcamenato tra la mancanza di fondi e i serratissimi ritmi di postproduzione, assecondando i quali il film è stato montato in appena cinque giorni. Dopo un dialogo tra il critico cinematografico e l'attore il pubblico interviene con alcune domande, e Mastandrea si rivela particolarmente disponibile e cortese. Gli viene chiesto quale sia il problema del cinema italiano, domanda che richiede una risposta lunga e complessa. Si parte dal problema delle sale, poche e mal dislocate nel nostro paese, fino ad arrivare alla questione della mancanza di buoni sceneggiatori e, soprattutto, al fatidico problema dei fondi. Il cinema è un'industria e come tale non investe in un prodotto a meno che non sia di sicuro guadagno. È per questo che in Italia non si vedono film di fantascienza o azione, generi cui il pubblico non è più abituato nell'ambito del cinema nostrano. Eppure, sottolinea Fofi, il cinema italiano non è solo quello delle commedie prodotte da De Laurentiis. A questo cinema “ufficiale” si oppone un cinema “non ufficiale”, “sotterraneo”, come quello di Alice Rohrwacher, ancora interessato al cinema come arte, al rapporto tra l'uomo e la vita. E Mastandrea interviene a presagire la saturazione che il pubblico avvertirà nel giro di poco tempo rispetto ai prodotti seriali con cui siamo bombardati, sperando che proprio quel cinema “non ufficiale” riesca a rinascere in tali condizioni. Senza dubbio il cinema d'autore, “di qualità”, scarseggia in Italia. Attraversiamo da almeno due decenni una forte crisi del settore, economica e creativa, e solo di rado ci troviamo di fronte a prodotti che ci facciano sperare nuovamente. Eppure resistiamo con pellicole come “La Grande Bellezza” e “Non essere cattivo”, film audaci e rischiosi se inseriti nel nostro panorama, che ci fanno riflettere sul fatto che siamo ancora in grado di produrre dell'arte e della magia, come solo il buon cinema sa fare. Francesca Grasso La "gioventù bruciata" tra consumi e vanità: torna il Salone dell'editoria sociale La kermesse si tiene a Roma da domani al 25 ottobre. Oltre 40 eventi in programma. Apertura con Saskia Sassen (Columbia University) che terrà una lectio magistralis sulla generazione precaria. Conclusione con l'attore e regista Valerio Mastandrea intervistato da Goffredo Fofi 21 ottobre 2015 ROMA - La “Gioventù bruciata. Tra crisi e riscatto” è la cornice tematica della settima edizione del Salone dell'editoria sociale in programma da domani, giovedì 22 ottobre a domenica 25 negli spazi di Porta Futuro a Roma. L'evento è promosso da Lunaria, con le Edizioni dell’asino, la rivista Lo Straniero, l’associazione Gli Asini e in collaborazione con Redattore sociale e Comunità di Capodarco. La kermesse prevede più di 40 incontri, tra tavole rotonde, presentazioni di libri, video ed eventi musicali, promossi da case editrici e organizzazioni del terzo settore. "Un’occasione per riflettere su una generazione precaria, travolta dal consumismo e dal fuoco vacuo delle vanità, ma che cerca faticosamente la propria strada anche dentro una crisi epocale, che segnala il passaggio dalla società dell’uguaglianza alla società dell’espulsione". Proprio a questo passaggio sarà dedicata la lectio magistralis dell’ospite più attesa, la sociologa Saskia Sassen, docente alla Columbia University di New York, introdotta dal giornalista Giuliano Battiston. Intorno al rapporto tra politica ed economia si articoleranno altri due incontri: quello su “Welfare, reddito, lavoro” con Michele De Palma, Andrea Fumagalli e Laura Pennacchi e la presentazione del Workers Act, il dossier della campagna Sbilanciamoci! sulle politiche per chi lavora e per chi vorrebbe lavorare. Tra le tavole rotonde, da segnalare “Un papa e la sua chiesa”, sulle novità dottrinali e pastorali di papa Francesco; “Miserie dell’università” con – tra gli altri – Daniele Giglioli, Piergiorgio Giacchè e Paola Splendore; “Due o tre cose che so di lei”, sul femminismo oggi, con Bia Sarasini, Roberta Mazzanti, Maria Nadotti; “Utopie digitali. Libertà o nuove schiavitù?” con Carlo Formenti, il collettivo Ippolita e Giuliano Santoro; la nuova “questione meridionale” con Carlo Donolo, Alessandro Leogrande e Mariuccia Salvati. E ancora i diritti, il terzo settore, l’immigrazione, gli strumenti della solidarietà, con ospiti come Luigi Manconi, Giulio Marcon, Grazia Naletto, Giovanni Moro, oltre agli altri due ospiti internazionali: lo storico Donald Sassoon e l’attivista ed ecologista Vandana Shiva. Il legame tra arti e società accomuna diversi eventi: la tavola rotonda su “l’Italia delle diversità”, con scrittori come Nicola Lagioia, premio Strega 2015, e Christian Raimo;l’omaggio allo scrittore e giornalista Luca Rastello; la discussione su “Pulcinella. L’Italia e le sue maschere”, con lo sceneggiatore Maurizio Braucci e il regista Pietro Marcello, autore del film Bella e perduta, preceduto da uno spettacolo di guarattelle di Bruno Leone; l’intervento musicale dei Fratelli Mancuso. La settima edizione del Salone dell’editoria sociale si concluderà la sera di domenica 25 ottobre, con un’intervista di Goffredo Fofi all’attore e regista Valerio Mastandrea. © Copyright Redattore Sociale LA NUOVA SARDEGNA LUNEDÌ 19 OTTOBRE 2015 19 ■ e-mail: [email protected] Editoria “Gioventù bruciata”, tra crisi e riscatto Si apre giovedì a Roma la settima edizione del Salone dell’editoria sociale, quattro giorni di dibattiti e di incontri Attenzione alla realtà contradditoria della gioventù dei nostri tempi Perché si risvegli, si organizzi e lotti per cambiare il proprio destino ◗ ROMA È dedicata al tema «Gioventù bruciata. Tra crisi e riscatto» la settima edizione del Salone dell'editoria sociale, l'iniziativa promossa dalle Edizioni dell'asino, dalla rivista Lo Straniero, dalle associazioni Gli Asini e da Lunaria in collaborazione con Redattore sociale e Comunità di Capodarco. Più di quaranta incontri (il programma completo è su www.editoriasociale.info), tra tavole rotonde, presentazioni di libri, video ed eventi musicali, promossi da case editrici e organizzazioni del terzo settore e ospitati negli spazi di Porta Futuro a Roma, da giovedì 22 a domenica 25 ottobre. Un'occasione per riflettere su una generazione precaria, travolta dal consumismo e dal fuoco vacuo delle vanità, ma che cerca faticosamente la propria strada anche dentro una crisi epocale, che segnala il passaggio dalla società dell'uguaglianza alla società dell'espulsione. Proprio a questo passaggio sarà dedicata la lectio magistralis dell'ospite più attesa, la sociologa Saskia Sassen, docente alla Columbia University di New York, introdotta dal giornalista Giuliano Battiston. Intorno al rapporto tra politica ed economia si articoleranno altri due incontri: quello su «Welfare, reddito, lavoro» con Michele De Palma, Andrea Fumagalli e Laura Pennacchi e la presentazione del «Workers Act», il dossier della campagna «Sbilancia- La sociologa Saskia Sassen, uno degli ospiti internazionali del Salone dell’editoria sociale moci!» sulle politiche per chi lavora e per chi vorrebbe lavorare. Tra le tavole rotonde, da segnalare «Un papa e la sua chiesa», sulle novità dottrinali e pastorali di papa Francesco; «Miserie dell'università» con – tra gli altri – Daniele Giglioli, Piergiorgio Giacchè e Paola Splendore; «Due o tre cose che so di lei», sul femminismo oggi, con Bia Sarasini, Roberta Mazzan- ti, Maria Nadotti; «Utopie digitali. Libertà o nuove schiavitù?» con Carlo Formenti, il collettivo Ippolita e Giuliano Santoro; «La nuova questione meridionale» con Carlo Donolo, Alessandro Leogrande e Mariuccia Salvati. E ancora i diritti, il terzo settore, l'immigrazione, gli strumenti della solidarietà, con ospiti come Luigi Manconi, Giulio Marcon, Grazia Naletto, Giovanni Moro, ol- tre agli altri due ospiti internazionali: lo storico Donald Sassoon e l'attivista ed ecologista Vandana Shiva. Il legame tra arti e società accomuna diversi eventi: la tavola rotonda su «L'Italia delle diversità», con scrittori come Nicola Lagioia, premio Strega 2015, e Christian Raimo; l'omaggio allo scrittore e giornalista Luca Rastello; la discussione su «Pulcinella. L'Italia e le sue maschere», con lo sceneggiatore Maurizio Braucci e il regista Pietro Marcello, autore del film «Bella e perduta», preceduto da uno spettacolo di guarattelle di Bruno Leone; l'intervento musicale dei Fratelli Mancuso. Il Salone si concluderà la sera di domenica 25 con un'intervista di Goffredo Fofi, direttore de Lo Straniero, all'attore e regista Valerio Mastandrea. «Quest’anno – spiega Fofi – cerchiamo di declinare il disagio, ma anche i germi di riscatto di una generazione che cerca faticosamente una propria strada. Una strada complicata da un mondo del lavoro che vuole i giovani precari a vita; da una scuola che invece di dare autonomia impone dipendenza e asservimento; da un sistema economico che rende i giovani degli obbedienti consumatori». «Su questa strada impervia e sconnessa – aggiunge Goffredo Fofi – i segni della ribellione sono purtroppo rari e riguardano ancora poche minoranze. Che però ci sono e si organizzano, nella scuola come nei territori, cercando di liberarsi dall' asfissia di un dominio economico, sociale e culturale che assegna loro il solo compito – come ricordava Benedetto Croce – di diventare adulti. Vogliamo gettare una piccola luce su questa realtà contraddittoria della gioventù bruciata dei nostri tempi. Affinché si risvegli, si organizzi e lotti per cambiare il proprio destino». (red.c.) «Contro la logica dei soliti festival» Nicola Villa, della rivista “Gli Asini”, spiega quali sono gli obiettivi dell’iniziativa ◗ ROMA «Quando decidemmo di organizzare la prima edizione del Salone dell'editoria sociale, nel 2009, quello che avevamo in mente, sfidando la logica spettacolare e commerciale dell' “evento”, era realizzare non un contenitore di incontri, ma un seminario abbastanza coerente e incentrato su temi specifici di attualità. Negli anni l'idea iniziale si è chiarita ulteriormente. Abbiamo rafforzato il programma, passando da temi più generici, come “Educazione e intervento sociale”, a più specifici, come “Le Americhe e noi”». Così Nicola Villa, redattore della rivista «Gli Asini», uno dei soggetti che organizzano il Salone, spiega la filosofia di un’iniziativa lontanissima dai soliti festival. Nell'anniversario della morte di James Dean, l'edizione di quest'anno ha come titolo “Gioventù bruciata”... «Sì e come sotto titolo abbiamo scelto Sottotitolo “Tra crisi e riscatto”, per specificare, se ce ne fosse bisogno, che la crisi Non un contenitore di autoreferenziali performance di autori, ma un’occasione per riflettere e per approfondire grandi temi legati all’attualità è del mondo degli adulti e di una società che è stata trasformata per sfruttarli e distrarli. Un tema che verrà coniugato anche in ottica internazionalee avrà come ideale chiusura un ricordo dello scrittore e giornalista Luca Rastello, di recente scomparso, esempio più autentico di attivista e intellettuale impegnato di questo nostro presente così ingiusto e gravoso da decifrare. Il suo ultimo romanzo, “I buoni” (Chiarelettere), è forse il punto più alto, letterario e di riflessione, di quella “editoria sociale” che abbiamo immaginato in questi anni». Che dimensioni ha oggi Goffredo Fofi questa realtà? «Non esistono ricerche recenti e aggiornate sulla produzione di libri, dossier, riviste con argomento sociale. In parte questo è dovuto alla mancanza di un coordinamento tra le riviste e le case editrici più sensibili a questi temi, per la loro naturale debolezza. Si pensi all'importanza di riviste come “Lo straniero” e “Confronti”, sempre troppo minoritarie. Esistono delle realtà locali molto interessanti come il Cesvot in Toscana e lo Spes nel Lazio, che fanno un lavoro di documentazione costante sul volontariato e il terzo settore, mentre soprattutto al sud non si Tra gli ospiti Saskia Sassen, Donald Sasoon e Vandana Shiva Chiusura domenica con un'intervista di Goffredo FoFi a Valerio Mastandrea hanno vere e proprie case editrici impegnate su questi temi e con una missione pedagogica rivolta al sociale. Per quanto riguarda il meridione, se non fosse per la Meridiana di Molfetta e, in parte, la calabrese Rubettino, il panorama sarebbe desertificato anche dopo la chiusura di un'importante casa editrice come la napoletana Ancora del Mediterraneo, uno dei cataloghi più interessanti degli ultimi trent'anni. In questi anni, tra mille difficoltà soprattutto dovute alla distribuzione e alla recessione dell'industria libraria, hanno consolidato il loro lavoro culturale, resistendo, alcune case editrici Nicola Lagioia, vincitore del Premio Strega 2015, sarà anche lui al Salone con una chiara impostazione educativa. Può fare qualche esempio? Si possono ricordare il lavoro di consolidamento della cultura libertaria da parte di Eleuthera; la rinascita delle Edizioni di Comunità di Adriano Olivetti; le conferme di case editrici con una chiara impronta filo- sofica e letteraria come Jaca Book, Quodlibet e Nottetempo; la scoperta delle culture altre, di confine e non, come Sudamerica e Nord-Europa, grazie al lavoro di Keller, Nuova frontiera, Sur e Iperborea. Ma da questa rapida rassegna sono molti di più gli editori assenti che quelli citati». (red.c.) 09-OTT-2015 pagina 11 foglio 1 24 A G O R À c u l t u r a Genova. Il fascino e le suggestioni dell’Equilibrio al Festival della scienza C ol suggestivo titolo Equilibrio, inizia giovedì e si chiude il 1° novembre la sedicesima edizione del Festival della scienza di Genova. Un concetto, quello di equilibrio, che verrà affrontato in conferenze, laboratori, mostre e spettacoli, con l’obiettivo di raccontare la scienza in modo coinvolgente. Oltre al ministro della Difesa Pinotti e al ministro sull’Istruzione Giannini ci sarà l’astronauta Samantha Cristofo- retti. Molti gli ospiti internazionali: il premio Pulitzer Jared Diamond, il genetista Tim Spector, l’astrofisico John Barrow; lo psicologo Laurence Steinberg (che parlerà del cervello degli adolescenti, al centro del suo ultimo saggio), Mark Miodownik, ingegnere dei materiali. Ma anche il filosofo Giulio Giorello, il fisico Giorgio Parisi e Tomaso Poggio, direttore del laboratorio di intelligenza artificiale del Mit di Boston. Martedì 20 Ottobre 2015 Roma. Arte e architettura: documentari su Burri, De Chirico e Le Corbusier È partita ieri a Roma la nona edizione del Festival internazionale di documentari su arte e architettura, curato dall’associazione culturale Art Doc e promosso dal comitato tecnico scientifico della casa dell’Architettura, dove si tengono le proiezioni e gli incontri ogni sera dalle ore 18, Le Corbusier fino al 23 ottobre. Il programma di quest’anno propone documentari su architetti e designer come Eileen Gray, Franco Palpacelli, Tobia Scarpa e artisti tra cui Alberto Burri per l’anno del suo centenario, Massimo Catalani, Giorgio De Chirico, Jan Fabre, Alberto Garutti, Claes Oldenburg e Giuliano Vangi. Questa sera si tiene una serata speciale per rendere omaggio a Le Corbusier, per i cinquant’anni dalla morte. Roma. I giovani, la crisi e il desiderio di riscatto al Salone dell’editoria sociale G ioventù bruciata. Tra crisi e riscatto è il tema del Salone dell’editoria sociale, al via a Roma il 22 ottobre fino a domenica 25; giunto alla settima edizione, è promosso da Edizioni dell’asino e dalla rivista Lo Straniero, associazioni Gli Asini e Lunaria in collaborazione con l’agenzia Redattore sociale e Comunità di Capodarco. Oltre 40 gli eventi, dalle presentazioni di libri alle tavole rotonde, in programma a Porta Futuro, in via Galvani 108. Fra gli ospiti, la sociologa Saskia Sassen, docente alla Columbia University di New York, e l’attore Valerio Mastandrea, che verrà intervistato dal critico Goffredo Fofi nella sera conclusiva. Sabato 24 alle 16 don Vinicio Albanesi, don Giacomo Panizza e il vaticanista Iacopo Scaramuzzi interverranno su "Un papa e la sua Chiesa". (L.Bad.) Rivelazioni. La singolare storia di un falso a sanguigna di Monna Lisa commissionata dall’autore del famoso "ratto" del 1911 a un amico ticinese GIOCONDA Dal furto alla copia dal vivo ROBERTO FESTORAZZI S tregati da una donna, ma non in carne e ossa: una dama dipinta. Questa è la storia, scoperta dall’autore di questo articolo, di due uomini avvinti dal potere di fascinazione di un’opera d’arte diventata famosa grazie al gesto eclatante di un furto che ha eccitato la fantasia di Gabriele D’Annunzio, di Picasso, di Apollinaire e di molti altri artisti e intellettuali, inclusi registi di cinema. È la storia del furto della Gioconda, una vicenda tortuosa che include, oggi lo sappiamo, un capitolo rimasto sepolto per oltre un secolo. I protagonisti di questo retroscena, che viene finalmente alla luce, sono due amici. Uno è Vincenzo Peruggia, un emigrato italiano originario del paese di Dumenza, in provincia di Varese, al confine con la Svizzera. È lui l’autore del ratto del dipinto leonardesco, staccato da una parete del Louvre la mattina di lunedì 21 agosto 1911, per finire in balia del suo sequestratore per oltre due anni, fino a quando, nel dicembre del 1913, la polizia italiana non lo recupera, a Firenze, facendo scattare le manette ai polsi del ladro. L’altro uomo è un suo collega decoratore svizzero, che abita appena al di là della frontiera, nel villaggio confinante con Dumenza, Astano, nella landa ticinese del Malcantone. Proprio a lui, Peruggia affida il compito più delicato: quello di ritrarre la Gioconda, dal vivo, cioè in presenza dell’opera originale. A che scopo? Non certo per fabbricare un ennesimo falso, quanto piuttosto per lasciargli il ricordo imperituro della donna che ama. Una femmina più palpitante e vera delle tante su cui ha posato il suo sguardo di rubacuori. Una dama che ha sedotto l’umanità con quel suo ambiguo accenno di sorriso, con la sua composta e segreta armonia. Certamente, a Peruggia, Monna Lisa dovette scottare, tra le mani, con il trascorrere del tempo. L’artigiano dumentino credette di riscattare l’onore proprio, e quello di tutti gli italiani emigrati in Francia, rubando il quadro che riteneva erroneamente essere frutto delle razzie napoleoniche nella Penisola. Il suo atto assomiglia tanto a una delle provocazioni futuriste in voga all’epoca. Ma si sbaglia a credere che Peruggia fosse animato soltanto da nobili ideali patriottici. Coesistevano, in lui, Mentre la disegna, Marco de Marchi, in arte "Richin", si invaghìsce dell’opera leonardesca affidatagli da Vincenzo Peruggia e le scrive versi strampalati e innamorati in cui la chiama col diminutivo, come si fa con la "morosa". Quando l’amico viene arrestato lui fugge in Argentina. Fa ritorno anni dopo tenendo nascosto il suo segreto. Scoperto il disegno, un nipote ne ha ricostruito la vicenda IL LADRO. Vincenzo Peruggia, autore del furto anche propositi più venali: tanto è vero che si recò a Londra, con l’opera vinciana, per tentare di venderla a un mercante inglese. Alla fine, su suggerimento di D’Annunzio, ripiegò sull’antiquario fiorentino Alfredo Geri, che fece però scattare la trappola con l’intervento della polizia. In tutto questo rincorrersi di peripezie al limite dell’incredibile, si intarsia la vicenda dell’intervento del suo amico elvetico, vale a dire il copista. Si tratta di un personaggio che il pubblico non conosce: il suo nome è Marco de Marchi, in arte "Richin". Nato nel 1884, tre anni più giovane del Peruggia, "Richin" frequenta la scuola di disegno di Dumenza, ai cui corsi è iscritto anche Vincenzo. Guadagnatosi il diploma di adornato, de Marchi va a Milano a perfezionare la sua mano, all’accademia d’arte di Brera. I due compagni poi si separano. Peruggia emigra in Francia, mentre "Richin" raggiunge il fratello Quinto a Buenos Aires, per dedicarsi alla decorazione del palazzo di governo, del Teatro Colón e di altri importanti edifici della capitale argentina. Nel 1905, i due fratelli astanesi rimpatriano, per separarsi di nuovo. Mentre Quinto resta in Svizzera, Marco si stabilisce a Parigi, dove rimane fino al 1913. Sono proprio gli anni del rapimento della Gioconda. Quel che accade è stato ricostruito dall’attuale detentore della "copia" del capolavoro leonardesco, il pronipote di de Marchi, Mar- Arte. «Felicità» di Edgardo Ratti Nato nel 1925. Pittore, scultore e mastro vetraio. Una parabola artistica iniziata a Brera, sotto l’influenza del tonalismo e dell’informale lombardo, fino alle recenti installazioni di grande impegno sociale co Morandi, bancario in pensione di 73 anni. La cosiddetta "copia" di Monna Lisa, anzitutto, ne riproduce quasi fedelmente le dimensioni: 70 centimetri per 45, contro i 77 per 53 dell’originale su legno. Mentre la Gioconda è nelle disponibilità di Peruggia, nella sua abitazione parigina al numero 5 di Rue de l’Hôpital Saint-Louis, occultata sotto il tavolo da pranzo, interviene Richin. Il seguito del racconto è la parte più interessante, e affascinante, di tutta quanta la storia. Mentre de Marchi la ritrae, con una matita color seppia, la dama pare balzar fuori dalla nuda materialità che la segrega, da quattro secoli. L’artista svizzero pare avvinto dalla stessa, magica, carica di seduzione che domina il suo amico Peruggia da quando è divenuto possessore della Gioconda. Comincia allora a scrivere vere e proprie lettere d’amore alla donna, nel suo sconnesso italiano influenzato dal lessico ispanico per via delle sue avventure d’emigrazione. In uno di questi messaggi, così le si rivolge: «Lisa vi dirò che mi sembra una rondinella, è tutta allegra tiene una mirata pare di desirme asta ora non ti conosco muy seria, con una man». Come interpretare questo frammento? Monna Lisa gli pare allegra come una rondinella, ha uno sguardo («mirata», cioè mirada) che esprime il desiderio di un contatto carnale («pare di desirme»), nel momento stesso («asta ora», cioè hasta hora) in cui la ritrae. La signora non pare mossa da intenzioni rispettabili («non ti conosco muy seria»), ma la sua mano sembra animarsi per uscire dal quadro come il segnale inequivocabile di una profferta amorosa. Queste parole, fissate su una striscia di carta, sono emerse, insieme ad altri documenti, quando la "copia" della Gioconda è stata staccata dal fondale e dalla cornice, alla presenza di un notaio di Lugano. Non v’è alcun dubbio che questa riproduzione, o meglio interpretazione, dell’opera di Leonardo sia l’unica realizzata nel tempo in cui essa rimase nelle disponibilità del Peruggia. In un altro messaggio, d’altra parte, il copista così si rivolge all’amico: «Caro fratello Vi. [Vincenzo, cioè Peruggia] Lisina non sarà rittoccata [sic]». L’erede di "Richin", Morandi, ha riesumato la "Lisina" da un vecchio ripostiglio di casa, e si è talmente appassionato alla sua storia da aver composto il puzzle che ne certifica l’origine. A Dumenza e ad Astano, mi racconta, la gente aveva per decenni sussurrato il legame di "Richin" con il furto della Gioconda. Si diceva che un astanese avesse dipinto un celebre quadro. Di quale si trattasse, non era difficile immaginarlo. Ma nessuna prova era emersa al riguardo; fino al ritrovamento della copia nascosta. A coronamento di tutta questa trama, bisogna spiegare che Peruggia, e la sua famiglia, rimasero scottati dagli strascichi giudiziari del trafugamento. L’artigiano dumentino subì un processo conclusosi con una condanna, tutto sommato mite: un anno e quindici giorni di carcere, poi ridotti a sette mesi e otto giorni, in considerazione di alcune attenuanti, come le motivazioni patriottiche del gesto. Resta il fatto che Vincenzo Peruggia aveva un’indole beffarda, perché riuscì a rientrare in Francia, da dove era stato espulso, manomettendo la sua identità. Morì in terra straniera l’8 ottobre 1925. Crollò, stroncato da un infarto, davanti alla figlioletta di un anno, con in mano una bottiglia di champagne e un piatto di pasticcini: quel giorno compiva infatti 44 anni. Quanto a de Marchi, si tenne stretta la riproduzione, evitando di consegnarla al committente e amico. Temendo di finire nei guai, come complice di quello che la stampa dell’epoca definì «delitto estetico», portò il disegno ad Astano, e lo tenne ben celato, attento a non lasciarsi sfuggire neanche una parola al riguardo. Tuttavia, la vox populi riuscì a intercettare il segreto, proteggendo l’identità dell’autore astanese della Gioconda voluta dal Peruggia. "Richin", allarmato dagli esiti giudiziari del caso, pensò bene di cambiare aria, tornando in Argentina, da dove rimpatriò definitivamente nel 1924. Morì nel 1957. © RIPRODUZIONE RISERVATA Bellinzona, Locarno, Balerna: la Svizzera celebra Edgardo Ratti PIERO DEL GIUDICE S COPIA. Un’immagine della «Gioconda» realizzata in Svizzera da Marco de Marchi ono aperte nel Canton Ticino sino al 1° novembre tre mostre di Edgardo Ratti: al Museo Civico di Villa dei Cedri di Bellinzona, nell’agorà della Sopracenerina a Locarno, alla Civica galleria del Torchio di Balerna. Di questo artista nato a Vira nel 1925 sul lago Maggiore, che compie novanta anni in questi giorni, viene così esposta l’opera dal 1950 a oggi. Gli oli, la grafica, le sculture lignee, in pietra e in alabastro, vetrate e progetti di vetrate. È una parabola artistica che si accende, nel cuore del se- colo scorso, sotto la guida dei maestri dell’accademia di Brera, sotto influenza del tonalismo e del primo informale lombardo, un lungo percorso che arriva alle installazioni di esplicito impegno sociale che sono le "finestre" (su catastrofi, guerre, migrazioni, fame) ciclo degli ultimi due anni del suo lavoro. Ratti è pittore e scultore, ed è maestro vetraio. La sua opera, anche discontinua, non priva di suggestioni culturali della koiné della Svizzera del nord (nel periodo del cosidetto "costruttivismo" è debitore degli epigoni di Max Bill, nelle sculture più astratte e concet- tuali si rifà alla scena di ArtBasel), in questa occasione di messa in mostra globale (le mostre coprono il Sopraceneri e il Sottoceneri, come dicono i ticinesi, cioè il territorio cantonale) conferma le sue costanti originali, le ragioni di base della sua espressione artistica. Queste ragioni sono salde per un costante rapporto con la natura - le acque, la luce, il tempo ciclico delle stagioni, le materie proprie al suo lavoro: il legno, la pietra, il vetro - e nella sua libera e anarcoide adesione alla religiosità popolare. Religiosità del lavoro e delle speranze nelle valli ticinesi quando il Ticino era un luo- go, uno spazio culturale e storico preciso, una provincia rurale ed operaia, non una variante poco percettibile della globalizzazione finanziaria (banche, comitati di affari avvocati fiduciari, oggi). Guarda egli infatti nella concezione, nella resa formale - prima di tutto negli esiti delle sculture lignee di Maternità esclusive di protezione, di poveri Cristi nella passione - a un non poi così remoto, dunque, romanico ticinese e insieme alle sculture popolari vallerane (le santelle, le edicole votive ai bivi montani). Le sculture del romanico ticinese - campione ne è San Nicolao di Giornico ai piedi delle Alpi - non mettono in scena né il peccato, né la cacciata, né la punizione, ma lepri, buoi, cinghiali e maiali nella facciata e nei capitelli, manifestazioni figurali si direbbe di una chiesa patarina e contadina. E secoli dopo, nelle santelle controriformiste ai passi, si elencano gli strumenti della passione (corona di spine, tenaglia, chiodi, spugna…) e si ricorda al viandante. Funzione di guida e memento delle opere di anonimi artigiani, come accade da sempre con l’arte popolare e ornamentale: «Le immagini degli dei si onorano, ma si disprezzano gli scultori che le hanno fat- te» (Seneca). Il cammino di Ratti sempre collima con la fabbrilità artigiana. Così evidente nelle vetrate: il grande ciclo, religioso e laico della chiesa parrocchiale di Biasca, la croce della chiesina del monastero di clausura di Orselina, le vetrate della chiesa di Corteglia, e negli spazi secolari (ville, case comunali, case di cultura). Vetrate forti di colori e trasparenze acquee, mosaici ingranditi in una gigantografia atletica, dove calce, formelle di vetro, lame rotanti per il taglio, cartoni di progetto, mescolano ardore artistico e manualità artigianale. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA CUCCAGNA COMINCIA DAL MUSEO MADRE SASKIA SASSEN E L’EDITORIA SOCIALE Roma - Gioventù bruciata. Tra crisi, precarietà e riscatto è questo il tema della VII edizione del Salone dell’editoria sociale, promossa dalle Edizioni dell’Asino. Più di 40 incontri, tra tavole rotonde, presentazioni di libri, video e concerti negli spazi di Porta Futuro, dal 22 al 25 ottobre. Attesissima la lectio magistralis della sociologa Saskia Sassen. Il 25 ottobre Goffredo Fofi intervista dal vivo l’attore Valerio Mastandrea. Poi, approfondimenti sul tema dei figli dell’immigrazione in Italia. Un incontro con Marco Revelli su quel che resta della politica. Mentre Vittorio Giacopini racconta i libri di Juan José Saer. E ancora da non perdere la presentazione del libro I muri di Tunisi (Exorma) di Luce Lacquaniti. il programma sul sito www.editoriasociale.info Napoli - Per la giornata del contemporaneo indetta dalla rete Amaci, che riunisce i musei del contemporaneo in Italia, dal 10 ottobre il Museo Madre presenta una nuova opera in situ di Daniel Buren, dal titolo Axer / Désaxer. (in foto) Si tratta del secondo intervento dell’artista francese al Madre, dopo il lavoro Come un gioco da bambini (la cui chiusura - visto il successo - è stata posticipata al 29 febbraio). E poi Desiderata di Mark Leckey e, nell’ambito de L’albero della cuccagna Nutrimenti dell’arte, a cura di Achille Bonito Oliva, una nuova opera dello scultore toscano Marco Bagnoli. Il programma completo, realizzato in collaborazione con Electa è sul sito: www. madrenapoli.it Cinema mignon. Ma solo di nome Montelupo Fiorentino Coraggiosa rassegna di cinema d’autore. Il MontelupoFilmFest, dal 16 al 18 ottobre, va in scena al cinema Mignon. L’apertura è affidata a Bola Cà Bola Là, docufilm portoghese di Luís Sousa. www.montelupofilmfest.it Le tre sorelle in Germania Roma - La giovane drammaturga Rebekka Kricheldorf si cimenta in una riscrittura de Le tre sorelle di Cechov nello spettacolo Villa Dolorosa, in scena fino al 13 ottobre al Teatro Vascello. Il contesto diventa quello della Germania di oggi. Lo spettacolo è di Roberto Rustioni, diretto da Gabriele Albanese. 10 ottobre 2015 87 LE STAR DEL JAZZ IN EMILIA Ferrara - Il 16 ottobre parte la lunga carovana del jazz nella città emiliana con la XVII edizione di Ferrara in Jazz che arriverà fino al 30 aprile, tra le storiche mura del Torrione S. Giovanni e in altre storiche location. L’apertura venerdì 16 è affidata al quintetto di un fuoriclasse come il trombettista Wallace Roney (in foto) A ruota grandi protagonisti del jazz internazionale. I nomi parlano da soli: Uri Caine, Wallace Roney, Rob Mazurek, Gary Bartz, Tim Berne, Eumir Deodato, Kevin Hays, Bill Carrothers, Gabriele Mirabassi, Michael Formanek, Bennie Maupin, Dave Binney, Drew Gress, Ray Anderson, Zhenya Strigalev, Eric Harland e altri. http://www.illibraio.it/roma-salone-editoria-sociale-258448/ http://www.sociale.it/2015/10/22/il-salone-delleditoria-sociale-2015/ http://www.romatoday.it/eventi/salone-dell-editoria-sociale-dal-22-al-25-ottobre-2015-roma.html http://www.piuculture.it/2015/10/salone-dell-editoria-sociale-2015-2/ http://autori.fanpage.it/salone-dell-editoria-sociale-roma-22-25-ottobre-2015/ http://www.coreonline.it/web/culture/il-salone-editoria-sociale-2015-risponde-alla-crisi/ http://www.performare.eu/news/in-primo-piano/item/423-salone-dell-editoria-sociale-2015-venerd %C3%AC-23-ottobre-2015,-dalle-10-30-alle-12-00-via-galvani,-roma.html http://www.romadaleggere.it/salone-delleditoria-sociale-2015/ http://www.gliamantideilibri.it/settima-edizione-del-salone-delleditoria-sociale/ http://www.42linee.it/news-salone-delleditoria-sociale-dal-22-al-25-ottobre-2015/#more-900 http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/10/21/news/salone_dell_editoria_sociale-125613411/ http://www.sbilanciamoci.org/2015/10/sbilanciamoci-al-salone-delleditoria-sociale-2/ http://www.abuondiritto.it/it/eventi/910-abolire-il-carcere-al-salone-dell-editoria-sociale.html# http://culturability.org/notizie/highlight/al-via-il-salone-delleditoria-sociale/ http://www.reset.it/libri/espulsioni-economia-globale-saskia-sassen http://lostraniero.net/1772-2/ http://www.culturiamo.com/salone-delleditoria-sociale-roma/ http://www.radiocittafutura.it/index.php/eventi/713-a-roma-il-salone-dell-editoria-sociale http://www.paoline.it/news/novita-libri/684-le-paoline-al-salone-dell-editoria-sociale.html http://www.ilmattino.it/napoli/periferie/giovent_ugrave_bruciata_salone_editoria_sociale1293462.html http://www.cronachediordinariorazzismo.org/salone-delleditoria-sociale/ http://www.animaperilsociale.it/salone-dell-editoria-sociale-dal-22-al-25-ottobre-2015-porta-futurotestaccio-roma/ http://www.comunicareilsociale.com/2015/10/19/salone-delleditoria-sociale-giovani-tra-crisi-eriscatto/ http://www.oasisociale.it/news/editoria-sociale-codici-crescere-nonostante.html http://www.ricostruireinsieme.it/2015/10/13/il-tema-dellimmigrazione-nella-vii-edizione-delsalone-delleditoria-sociale/ http://www.cartadiroma.org/news/al-salone-delleditoria-sociale-il-primo-rapporto-sullo-stato-deidiritti-in-italia/ http://www.comune.bologna.it/sportellosociale/notizie/2731/81727 https://www.youtube.com/watch?v=QqA7gnWYUCY http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/493159/Sassen-Nuovo-linguaggio-perraccontare-gli-ultimi-nella-societa-che-espelle http://ilmanifesto.info/la-gioventu-bruciata-dalla-precarieta-permanente/ http://www.confinionline.it/it/principale/Informazione/news.aspx?prog=59970 http://movimenti.ning.com/events/gioventu-bruciata-al-salone-dell-editoria-sociale http://www.daedalusopera.it/la-gioventu-bruciata-al-centro-della-vii-edizione-del-salonedelleditoria-sociale/ http://www.huffingtonpost.it/giulio-marcon/gioventu-bruciata_b_8344428.html http://www.exormaedizioni.com/appuntamenti/salone-delleditoria-sociale-gioventu-bruciata/ http://www.navdanyainternational.it/it/eventi-navdanya-international/286-presentazione-di-semesacro-con-vandana-shiva-roma-24-ottobre-2015 http://www.minori.it/it/evento/gioventu-bruciata-il-cinema-e-la-societa http://www.retisolidali.it/serve-un-patto-tra-generazioni-fondato-sulla-legalita/ http://ilmanifesto.info/saskia-sassen-e-i-predatori-della-vita-perduta/ https://www.portafuturo.it/attivita/salone-delleditoria-sociale-7 http://www.informagiovaniroma.it/cultura-e-spettacolo/appuntamenti-e-iniziative/letteratura/salonedell-editoria-sociale-2015 http://www.allwebitaly.it/evento/roma-22-25-ottobre-salone-dell-editoria-sociale-2015 http://www.welfarenetwork.it/a-roma-il-salone-dell-editoria-sociale-la-settima-edizione-al-viadomani-20151021/