Rassegna - Salone dell`editoria sociale

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Rassegna - Salone dell`editoria sociale
SINTESI DELLA RASSEGNA STAMPA
SALONE EDITORIA SOCIALE 2015
Giulio Marcon Diventa fan
Deputato indipendente di Sel. Fondatore campagna Sbilanciamoci
Gioventù bruciata?
Pubblicato: 21/10/2015 09:59 CEST Aggiornato: 21/10/2015 10:00 CEST
o
Gioventù bruciata. Tra crisi e riscatto è il titolo della prossima edizione del Salone
dell'editoria sociale che si terrà a Roma (nel quartiere Testaccio, nella struttura di
Porta Futuro, in via Galvani) dal 22 al 25 ottobre (il programma si può scaricare da
www.editoriasociale.info).
Oltre 30 espositori e più di 50 incontri in 4 giorni di manifestazione dedicati alla
condizione giovanile affrontata con diverse chiavi di lettura: culturale, sociale,
politica, economica. Il titolo di quest'anno fa riferimento al celeberrimo film con
James Dean che sarà ricordato con un dialogo tra Goffredo Fofi e Valerio
Mastandrea e con la proiezione del film rievocativo del 1957 di Robert Altman: The
James Dean Story.
Si parla di università e di lavoro, ma anche di tv e di quella tv che piega i giovani a
logiche narcisiste e consumistiche come il programma di Maria De Filippi: ne
discutono in Che razza di "amici" sociologi e scrittori. Giovani scrittori che come
Nicola Lagioia e Christian Raimo si interrogheranno su un'Italia sempre più malata
e nemica dei giovani. E poi, si parla molto di educazione. La associazione Codici
presenta il volume Crescere nonostante e alcune guide scout ed educatori discutono
della antologia degli scritti di Baden Powell: Il metodo scout. E si parla della
situazione dei giovani migranti in Italia e della condizione giovanile in paesi come
l'Iran, l'Iraq, l'Afganistan. Quest'anno inoltre il Salone conta presenze internazionali
come quelle di Vandana Shiva e di Saskia Sassen che rifletteranno su come stanno
cambiando il mondo e una condizione giovanile sempre di più massificata e
deturpata da una globalizzazione dal volto feroce.
Il film Gioventù bruciata - si dice nell'introduzione al programma scritta da me e
Goffredo Fofi - "esprimeva speranza, rabbia e delusioni di una generazione che si
avvicinava in modo doloroso e contraddittorio all'età adulta... espressione anche del
disagio della generazione di oggi travolta dal consumismo, dal fuoco vacuo delle
vanità, dalla rinuncia alla lotta", ma anche alla ricerca di una propria strada.
"Una strada complicata da un mondo del lavoro che vuole i giovani precari a vita; da
una scuola che invece di dare autonomia impone dipendenza e asservimento; da un
sistema economico che rende i giovani degli obbedienti consumatori.
Su questa strada impervia e sconnessa i segni della ribellione sono purtroppo rari e
riguardano ancora poche minoranze. Che però ci sono e si organizzano, nella scuola
come nei territori, cercando di liberarsi dall'asfissia di un dominio economico,
sociale e culturale che assegna loro il solo compito - come ricordava Benedetto Croce
- di diventare adulti. La settima edizione del Salone dell'editoria sociale getta una
piccola luce su questa realtà contraddittoria della
gioventù bruciata dei nostri tempi. Affinché si risvegli,
si organizzi e lotti per cambiare il proprio destino."
Gioventù bruciata 60 anni dopo: il
Salone dell'editoria sociale si
interroga sulla “generazione
precaria”
Ribelli senza (apparentemente) una causa. Come James Dean, protagonista
nel 1955 (ben sessant’anni fa) di un film, notissimo in Italia con il titolo di
«Gioventù bruciata». Giovani «oltre», fragili e spavaldi, in bilico - oggi - tra
disincanto e nichilismo soft, fluttuanti tra nomadismo mediatico e modernità
liquida, disagio di civiltà e cinismo, passioni tristi e glaciazione dei valori: in
una nuova «età dell’ansia» segnata da un acuto senso di insicurezza. Di
disgregazione. E di costante minaccia al «principio speranza», in un orizzonte
inedito di «crisi» intesa non tanto dal punto di vista economico quanto come
perdita di senso, e di orientamento.
Non è allora un caso che sia dedicata proprio a loro, ai giovani del presente,
la settima edizione del Salone dell’editoria sociale, in programma a Roma
da giovedì 22 a domenica 25 ottobre (Porta Futuro, via Galvani 107: il nuovo
spazio di circa 1800 mq nel cuore di Testaccio, tra via Galvani e via Franklin,
di fronte all’ex Mattatoio) con un programma fitto di ospiti internazionali e
costellato da oltre 40 incontri tra tavole rotonde, presentazioni di libri, video,
film, mostre ed eventi musicali.
Si intitola infatti «Gioventù bruciata. Tra crisi e riscatto» l’iniziativa,
promossa dalle Edizioni dell’Asino, dalla rivista «Lo Straniero» (fondata e
diretta da Goffredo Fofi), dalle associazioni Gli Asini e Lunaria, in
collaborazione con la Comunità di Capodarco, presieduta da don Vinicio
Albanesi, fondatore dell’agenzia giornalistica Redattore Sociale (che è
partner della rassegna), che intende riflettere su una «generazione precaria»,
in cerca di un proprio ”posto al sole“.
E se il titolo del film di 60 anni fa, spiegano Goffredo Fofi e Giulio
Marconpresentando l’iniziativa, «esprimeva speranza, rabbia e delusioni di
una generazione che si avvicinava in modo doloroso e contraddittorio all’età
adulta, è anche l’espressione del disagio della generazione di oggi travolta
dal consumismo, dal fuoco vacuo delle vanità, dalla rinuncia alla lotta». Di
qui, aggiungono Fofi e Marcon, l’esigenza di «declinare il disagio, ma anche i
germi di riscatto di una generazione che cerca faticosamente una propria
strada: una strada complicata da un mondo del lavoro che vuole i giovani
precari a vita; da una scuola che invece di dare autonomia impone
dipendenza e asservimento; da un sistema economico che rende i giovani
degli obbedienti consumatori».
Non solo. Non mancano, in questo scenario, segnali (ed esperienze) in
controtendenza, anche se «su questa strada impervia e sconnessa continuano Fofi e Marcon - i segni della ribellione sono purtroppo rari e
riguardano ancora poche minoranze. Che però ci sono, e si organizzano,
nella scuola come nei territori, cercando di liberarsi dall’asfissia di un dominio
economico, sociale e culturale che assegna loro il solo compito – come
ricordava Benedetto Croce – di “diventare adulti”».
Mettere a fuoco questa realtà contraddittoria della «gioventù bruciata» dei
nostri tempi affinché «si risvegli, si organizzi e lotti per cambiare il proprio
destino» è uno degli obiettivi obiettivi del Salone, che con il suo corredo di
espositori (sigle editoriali, mondo dell’associazionismo) impegnati nel mondo
delle «frontiere nascoste» e spesso invisibili del sociale ”militante“ vuole
intercettare i semi del cambiamento, dar loro spazio e visibilità, riflettere sulle
direzioni possibili (o sull’«utopia di una direzione») di chi sta cercando
faticosamente la propria strada anche dentro una crisi epocale, che segnala il
passaggio dalla società dell’uguaglianza alla società dell’espulsione.
E proprio a questo passaggio sarà dedicata la lectio magistralis dell’ospite più
attesa, la sociologa Saskia Sassen, docente alla Columbia University di New
York, introdotta dal giornalista Giuliano Battiston. Intorno al rapporto tra
politica ed economia si articoleranno poi altri due incontri: quello su «Welfare,
reddito, lavoro» con Andrea Fumagalli, Laura Pennacchi e il vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio, e la presentazione
del Workers Act, il dossier della campagna Sbilanciamoci! sulle politiche per
chi lavora e per chi vorrebbe lavorare.
Tra le tavole rotonde, da segnalare «Un Papa e la sua chiesa», sulle novità
dottrinali e pastorali di papa Francesco; «Miserie dell’università» con – tra gli
altri – Daniele Giglioli, Piergiorgio Giacchè e Paola Splendore; «Due o tre
cose che so di lei», sul femminismo oggi, con Bia Sarasini, Roberta
Mazzanti, Maria Nadotti; «Utopie digitali. Libertà o nuove schiavitù?»
con Carlo Formenti, il collettivo Ippolita e Giuliano Santoro; la nuova
«questione
meridionale»
Leogrande e Mariuccia
con
Carlo
Salvati, coordinati
Donolo,
dalla
Alessandro
giornalistaAlessandra
Coppola. E ancora i diritti, il terzo settore, l’immigrazione, gli strumenti della
solidarietà, con ospiti come Luigi Manconi, Giulio Marcon, Grazia Naletto,
Giovanni Moro, oltre ad altri due ospiti internazionali: lo storico Donald
Sassoon e l’attivista ed ecologista Vandana Shiva.
Il legame tra arti e società accomuna inoltre diversi eventi: la tavola rotonda
su «l’Italia delle diversità», con scrittori come Nicola Lagioia, premio Strega
2015, eChristian Raimo; l’omaggio allo scrittore e giornalista Luca Rastello;
e non mancherà Napoli, con la discussione su «Pulcinella. L’Italia e le sue
maschere», protagonisti lo sceneggiatore Maurizio Braucci e il
regista Pietro Marcello, autore del film «Bella e perduta», preceduto da uno
spettacolo di guarattelle di Bruno Leone; e infine, l’intervento musicale
dei Fratelli Mancuso.
Lunedì 12 Ottobre 2015, 22:26
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La “Gioventù bruciata” al salone
dell'editoria sociale
Dal 22 al 25 ottobre a "Porta Futuro". Tra gli ospiti: Saskia
Sassen, Vandana Shiva, Donald Sassoon
di ELISA CASTELLUCCI
21 ottobre 2015
Giovani a metà strada tra crisi e riscatto
occupazionale, dilaniati dalla precarietà, che
cercano faticosamente una strada, la propria,
all'interno di una società respingente e poco
incline al rispetto dei principi dell'eguaglianza.
Per gli organizzatori della settima edizione
del Salone dell'Editoria Sociale, si tratta
addirittura di una "Gioventù bruciata", sicuramente nei sogni, nelle speranze
e nel cambiamento. Negli spazi testaccini di "Porta Futuro", quelli voluti e
creati nel 2011 da Nicola Zingaretti, allora presidente della Provincia di
Roma, dal 22 ottobre fino a domenica 25 (ingresso gratuito da via Galvani), la
ricetta degli Asini e de Lo Straniero è quella di una quattro giorni di incontri,
tavole rotonde, presentazioni di libri, video, eventi musicali, tutti promossi da
case editrici e realtà del terzo settore. Un programma fittissimo tra scrittori,
sociologi, ospiti internazionali e artisti.
"È un'occasione per riflettere su una generazione precaria - sostengono gli
ideatori Giuliano Marcon e Goffredo Fofi - travolta dal consumismo e dal
fuoco vacuo delle vanità, ma che cerca faticosamente la propria strada anche
dentro una crisi epocale, che segnala il passaggio dalla società
dell'uguaglianza alla società dell'espulsione". E per liberare i giovani da
un'eccessiva operazione recriminatoria, subita in questi anni. "Molte delle
colpe che imputiamo a questa generazione, sono da ripartire tra gli adulti,
analizzarne le responsabilità, - spiega il curatore del programma Giuliano
Battiston - proprio in base a questo passaggio sarà dedicata la lectio
magistralis dell'ospite più attesa, la sociologa Saskia Sassen, docente alla
Columbia University di New York".
Intorno al rapporto tra politica ed
economia si articoleranno altri due incontri: quello su "Welfare, reddito,
lavoro" con Michele De Palma, Andrea Fumagalli e Laura Pennacchi, e la
presentazione del Workers Act, il dossier della campagna "Sbilanciamoci!".
Tra le tavole rotonde, da segnalare anche "Un papa e la sua chiesa", sulle
novità dottrinali e pastorali di papa Francesco; "Miserie dell'università" con tra gli altri - Daniele Giglioli, Piergiorgio Giacché e Paola Splendore; "Due o
tre cose che so di lei", sul femminismo oggi, con Bia Sarasini, Roberta
Mazzanti, Maria Nadotti; "Utopie digitali. Libertà o nuove schiavitù?" con
Carlo Formenti, il collettivo Ippolita e Giuliano Santoro; la nuova "questione
meridionale" con Carlo Donolo, Alessandro Leogrande e Mariuccia Salvati. E
ancora i diritti, il terzo settore, l'immigrazione, gli strumenti della solidarietà,
con ospiti come Luigi Manconi, Giulio Marcon, Grazia Naletto, Giovanni Moro,
lo storico Donald Sassoon e l'attivista ed ecologista Vandana Shiva. Il legame
tra arti e società accomuna diversi eventi: la tavola rotonda su "l'Italia delle
diversità", con scrittori come Nicola Lagioia, premio Strega 2015, e Christian
Raimo; l'omaggio allo scrittore e giornalista Luca Rastello; la discussione su
"Pulcinella. L'Italia e le sue maschere", con lo sceneggiatore Maurizio Braucci
e il regista Pietro Marcello, autore del film "Bella e perduta", preceduto da uno
spettacolo di guarattelle di Bruno Leone; l'intervento musicale dei Fratelli
Mancuso. La settima edizione del Salone dell'editoria sociale si concluderà
poi la sera di domenica 25 ottobre, con un'intervista di Goffredo Fofi all'attore
e regista Valerio Mastandrea.
Gli espulsi dell’economia
globale
Il nuovo libro di Saskia
Sassen
Giuliano Battiston
21 ottobre 2015
In occasione della visita in
Italia di Saskia Sassen, che
giovedì 22 ottobre terrà
una lectio magistralis al Salone
dell’editoria sociale
(www.editoriasociale.info) di
Roma, pubblichiamo una
recensione al suo ultimo
libro, Espulsioni. Brutalità e
complessità nell’economia
globale.
Saskia Sassen, docente di
Sociologia alla Columbia University di New York, tra le interpreti
più autorevoli dei processi di globalizzazione, da molti anni cerca
di decifrare la lenta decomposizione dell’economia politica del
ventesimo secolo. Nel suo ultimo libro, Espulsioni. Brutalità e
complessità nell’economia globale (il Mulino, pp. 296, euro 25),
compie un passo ulteriore, guidata da un proposito perfino più
ambizioso rispetto a quelli che ne hanno orientato la ricerca in
libri come Territorio, autorità, diritti(Bruno Mondadori, 2008)
o Una sociologia della
globalizzazione (Einaudi, 2008):
individuare, comprendere e
interpretare – dall’interno – la fase
storica nella quale viviamo. Dare un
nome a processi ancora sotterranei,
opachi, spesso invisibili, ma le cui
conseguenze condizionano già – in
modo negativo, spesso esiziale – i
progetti di vita di gran parte
dell’umanità. Oltre che la
sopravvivenza della biosfera. Per
l’autrice di Città globali vivremmo infatti nel pieno di una
transizione storica fondamentale: l’esaurimento del ciclo di
crescente inclusione sociale ed economica caratteristico del
keynesismo e l’emergere, sulle sue macerie, di un nuovo
paradigma. Quello delle espulsioni. Espulsioni di individui,
comunità, imprese e luoghi dagli ambiti della società,
dell’economia, della biosfera.
La transizione è ancora in corso, sostiene Saskia Sassen, ma la
rottura rispetto al passato è già radicale: la fase del capitalismo
avanzato in cui siamo entrati a partire dagli anni Ottanta del secolo
scorso è diversa e nuova rispetto alla precedente, perché “ha visto
reinventati i suoi meccanismi di accumulazione primitiva”. Il
periodo keynesiano, precisa Sassen, era tutt’altro che perfetto,
caratterizzato com’era da disuguaglianza, concentrazione di
ricchezza, povertà, razzismo, ma era guidato da una logica
inclusiva, dalla tendenza a incorporare fasce di popolazione
sempre più ampie – in particolare i lavoratori – dentro il sistema.
Non si trattava di una scelta “altruista”, solidale, ma di un dato
strutturale, sistemico: nel secondo dopoguerra le componenti
cruciali delle economie di mercato occidentali (e in parte, sostiene
Sassen, delle economie comuniste di Stato) erano l’alta intensità
del capitale fisso, la standardizzazione della produzione,
l’ampliamento dei centri urbani. La logica organizzativa
dell’economia, dunque, era inclusiva perché il sistema richiedeva
l’espansione della produzione e del consumo, l’allargamento della
classe media. In altre parole, produzione e consumo di massa
esigevano una logica espansiva e inclusiva.
A partire dagli anni Ottanta le cose iniziano a cambiare verso: la
crescita economica non è più trainata dalla grande espansione
delle economie materiali, ma dalla finanziarizzazione onnivora.
Vengono dunque meno gli sforzi concertati per inserire i poveri e
gli emarginati nel vivo delle realtà politiche ed economiche, si
indeboliscono progressivamente i presupporti egalitari e
keynesiani alla base del progetto di costruzione di una società
giusta ma imperfetta, e comincia a emergere una nuova dinamica,
quella dell’esclusione. O, meglio, dell’espulsione.
Non si tratta infatti – sottolinea l’autrice di Espulsioni –
dell’ennesima variante della vecchia esclusione sociale, perché
quest’ultima avveniva e avviene all’interno di un sistema e, in
quanto tale, può essere ridimensionata, migliorata, perfino
eliminata. Le espulsioni invece attraversano domini e sistemi
diversi, dalle prigioni ai campi profughi, dallo sfruttamento
finanziario alle distruzioni ambientali. L’elenco degli esempi
forniti è lungo, e copre settori molto diversi: l’impoverimento
della classe media nei paesi ricchi; lo sfratto di milioni di piccoli
agricoltori nei paesi poveri a causa dei 220 milioni di ettari di terra
acquistati da investitori e governi stranieri dal 2006 a oggi; il
crescente numero degli indigenti e degli sfollati nei paesi poveri,
ammassati nei campi profughi formali o informali; l’ampia
popolazione attiva considerata in eccesso che vive nei ghetti e
negli slum; le ingenti porzioni di biosfera espulse dal loro spazio
vitale a causa delle tecniche estrattive; il ricorso all’incarcerazione
come mezzo di gestione del “surplus sociale” negli Stati Uniti.
Processi diversi, differenziati, altamente specifici, che però
indicano una medesima tendenza sotterranea: l’espulsione.
Per afferrare questa tendenza, per leggerla nella sua interezza, per
evitare di confonderla con dinamiche simili ma diverse, proprie di
un’epoca che non c’è più o che sta sparendo, Saskia Sassen
effettua una precisa scelta metodologica: archivia le tradizionali
griglie analitiche che “articolano la nostra conoscenza
dell’economia, della società e dell’interazione con la biosfera” e
decide di combinare ricerca empirica e ricodificazione
concettuale, aderenza al livello elementare dei fatti e ambizione
teoretica. Gli strumenti usati fin qui, spiega, non soltanto sono
inefficaci nel descrivere e comprendere le trasformazioni in corso,
ma risultano perfino controproducenti, perché nella loro
obsolescenza ci hanno fatto tardare “a capire e classificare i poteri
e le dinamiche che sono emersi dalle macerie”.
Facciamo qualche esempio, per rendere le cose più chiare: gli
economisti che contestano il modello neoliberista puntano il dito
sulla crescente disuguaglianza, come sintomo delle patologie del
capitalismo. Per Saskia Sassen, al contrario, la nozione di
disuguaglianza rischia di nascondere più di quanto riveli. Perché
se è vero che le economie di mercato avanzate sono sempre state
contraddistinte da una certa disuguaglianza, e che l’ordine di
grandezza della disuguaglianza di oggi distingue l’attuale fase del
capitalismo da quella dei decenni posti-bellici, è ancora più vero –
argomenta Sassen – che interpretare questa differenza come un
semplice salto di scala, come un semplice incremento della
disuguaglianza o della povertà “significa precludersi la possibilità
di cogliere la tendenza di fondo”. Quella verso l’espulsione.
Un altro esempio: siamo stati abituati a imputare le patologie del
capitalismo alle elite predatorie. Ebbene, per Saskia Sassen oggi
più che delle elite predatorie dovremmo preoccuparci delle
“formazioni predatorie”. Cosa sono? Formazioni complesse, che
assemblano una varietà di elementi: elite, certo, ma anche vere e
proprie capacità sistemiche, mercati, innovazioni tecniche (di
mercato e finanziarie), strumenti legali e contabili, funzioni
altamente specifiche abilitate dai governi (in particolare dai rami
esecutivi). Non più, dunque, i magnati con cilindro, sigaro e
bastone, ma processi complessi, dove la complessità fa spesso il
paio con la brutalità degli esiti e concorre a determinare
l’invisibilità delle cause, perché quanto più complesso è il sistema,
tanto più difficile è risalire alle responsabilità. In questo senso,
sottolinea l’autrice di Espulsioni, se verso il fondo della scala
sociale, per le masse di poveri e indigenti, la nuova dinamica
dell’economia si traduce in espulsioni dallo spazio vitale,
dall’accesso ai mezzi di sussistenza, dal contratto sociale, per chi
si trova al vertice della piramide significa invece liberazione dalle
responsabilità, liberazione dai legami di appartenenza alla società.
Opporsi alle nuove dinamiche di espulsione significa dunque
ricostruirne la genealogia, rendere trasparente ciò che è opaco,
dare un nome e un significato ai processi ancora incompiuti che
avvengono sotterraneamente. Ma significa allo stesso tempo
rendere “concettualmente visibili” gli spazi degli espulsi. Anche
se “sfuggono alle misurazioni convenzionali utilizzate da Stati ed
economie moderni”, questi spazi non sono un’assenza, una sorta
di buco nero, ma, al contrario, una presenza tangibile. “Sono tanti,
stanno crescendo e vanno diversificandosi. Sono potenzialmente i
nuovi spazi in cui agire, in cui creare economie locali, nuove
storie, nuovo modi di appartenenza”. Il futuro, suggerisce Saskia
Sassen, potrebbe essere degli espulsi.
Saskia Sassen e i predatori della vita perduta
- Benedetto Vecchi, 21.10.2015
Derive continentali. Cacciati dal lavoro, dalle terre, mentre intere
regioni del pianeta sono lande morte e la povertà assume dimensioni
inedite. «Espulsioni», l’ultimo saggio di Saskia Sassen per il Mulino, che
sarà presentato domani a Roma a Porta Futuro
Ambizione e rigore. Saskia Sassen ha entrambe le caratteristiche. Il suo rigore
emerge nella mole di dati raccolti, elaborati e assemblati per dare rilevanza
empirica alle ambiziose tesi che propone. Lo ha sempre fatto, in tutte le sue
ricerche che hanno scandito una vita accademica all’insegna di un nomadismo
intellettuale che l’ha portata a soggiornare in molti paesi – Argentina, Italia,
Regno Unito, Stati Uniti – per comprendere una tendenza ormai divenuta
realtà, la globalizzazione. Dal suo nomadismo intellettuale è infatti nato
Global Cities (Utet), il libro che l’ha fatta conoscere al pubblico (e che è stato
più volte aggiornato), ma anche le altre opere sui conflitti dentro e contro la
globalizzazione (Globalizzati e scontenti, Il Saggiatore), le migrazioni
(Migranti, coloni, rifugiati, Feltrinelli).
È però con Territorio, autorità, diritti (Bruno Mondadori) che il puzzle sulla
globalizzazione è portato a termine. L’economia mondiale, le trasformazioni
della forma-stato, il rapporto tra locale e sovranazionale, le possibili politiche
di contenimento e opposizione al capitalismo sono lì, spregiudicatamente
messi a tema. La globalizzazione non è una parentesi del capitalismo, è
equiparabile alle sue tendenze e alla internalizzazione del capitale che, alla fine
dell’Ottocento e nel primo decennio del Novecento, hanno visto dispiegarsi le
politiche di potenza coloniali e imperialistiche dei paesi europei e degli Stati
Uniti.
La globalizzazione ha scosso nelle fondamenta sia le relazioni tra gli stati – il
sistema mondo di Giovanni Arrighi e Immanuel Wallerstein – che, nelle
formazioni politiche di matrice liberale, il delicato equilibrio tra il potere
giuridico, legislativo e esecutivo, assegnando a quest’ultimo un ruolo
preponderante sugli altri due.
I padroni dell’austerità
In questo tramonto dello stato liberale, Saskia Sassen assegnava ai movimenti
sociali la funzione di argine politico alla colonizzazione mercantile della vita
sociale. Quel che non poteva certo prevedere
– il rigore la preserva da qualsiasi deriva profetica è la crisi iniziata nel 2007.
Tutto ciò che sembrava solido, si è dissolto nell’aria e invocare il ritorno dello
Stato nazionale come trincea da dove combattere il neoliberismo è come
gridare alla luna: allevia il disagio, ma non risolve un granché, come d’altronde
testimoniano l’esito estivo delle vicende greche.
La messa in angolo del governo di Atene da parte dell’Unione europea fa
emergere infatti la velleità di chi ha proposto lo stato nazionale come arma
politica contro la logica neoliberista dell’Unione europea. Più che abbandonare
lo spazio politico europeo, il conflitto contro l’austerità continentale rende
evidente che l’unico spazio politico praticabile è proprio quello
sovranazionale.
Saskia Sassen è un’attenta osservatrice partecipe delle vicende europee – passa
molti mesi dell’anno in Inghilterra, dove ha tenuto seminari e corsi alla London
School Of Economics e ha visto dispiegarsi la crisi economica che ha messo in
ginocchio intere economie nazionali (la Grecia, la Spagna, il Portogallo. L’Italia,
stranamente, non è mai citata). Allo stesso tempo ha accumulato dati sulla
crescita delle disuguaglianze sociali, sulla povertà, sul degrado ambientale e
sulla riduzione di intere regioni dell’Africa in terre di rapina da parte di
multinazionali e paesi emergenti. Fatti tutti noti, ma che l’hanno convinta a
iniziare un nuovo puzzle, questa volta sulla globalizzazione dopo la crisi, una
sorta di mappa sociale della «globalizzazione 2.0».
Sicuramente il volume Espulsioni mandato alle stampe dal Mulino (pp. 288,
euro 25) è da considerare un tassello di questo nuovo puzzle teso a rendere
visibili le tendenze sistemiche sotterranee del capitalismo contemporaneo e a
rendere visibili gli «espulsi». Per Sassen l’ultimo decennio ha visto dispiegarsi
formazioni predatorie globali composte da imprese finanziarie e da quelle
impegnate nella produzione di merci, nell’agricoltura. Il dato più inquietante è
che sono formazioni predatorie che si muovono sottotraccia e che si
sottraggono allo sguardo pubblico, cioè a quella sfera collettiva che potrebbe
mettere in discussione la loro esistenza. Una delle vittime eccellenti della
globalizzazione dopo la crisi è dunque la democrazia, senza che questo coincida
con l’abolizione di alcuni diritti civili e politici.
Il lettore attento riconosce temi e argomenti cari ai teorici del capitalismo
estrattivo come David Harvey. Saskia Sassen sottolinea però che quello che
descrive è un processo che non vede ancora un punto di equilibrio. Le
formazioni predatorie prosperano cioè in una condizione di perenne
transizione, dove il passaggio da un capitalismo fondato sull’inclusione gli anni
d’oro del welfare state a un capitalismo fondato sulla esclusione, vede una
geografia sociale e politica variabile nel tempo e nello spazio.
Le faglie della world factory
Un libro dunque ambizioso. L’avvio non lascia molti spazi all’ambiguità. Il
capitalismo ha imboccato una strada dove sacrificare milioni di uomini e donne
e intere regioni del pianeta alle logiche di accumulazione della ricchezza. È un
sistema brutale, fondato sull’espulsione e l’esclusione: dal lavoro, dalla casa, dal
villaggio, mentre crescono esponenzialmente le terre e acque morte per la
selvaggia estrazione di minerali o per coltivazioni intensive di olio di palma o di
piante destinante ad essere trasformate in biocarburanti. Milioni di uomini e
donne sono così cacciati dal lavoro, a causa delle politiche globali di
outsourcing, rendendo l’alta disoccupazione un fenomeno strutturale e
permanente in Europa e negli Stati Uniti, con il conseguente innalzamento delle
disuguaglianze e della povertà. I cantori del libero mercato non possono certo
salvarsi l’anima sostenendo che nei cosiddetti paesi emergenti cresca
l’occupazione e una classe media desiderosa di consumare e di occupare
finalmente un posto al sole dell’economia mondiale. Questi sono dati transitori,
perché il capitalismo, nella sua erranza planetaria, sa che sono paesi da usare
fino a quando la ricchezza da estrarre non sarò finita. Le faglie manifestate dalla
world factory cinese e dalle economie indiane, brasiliane e sudafricane fanno
intravedere che anche in quei paesi la crisi rivela la stessa brutalità avuta in
Europa e Stati Uniti. Il numero dei poveri, dei senza tetto, degli espulsi cresce
dunque sia nel Nord che nel Sud del pianeta.
Interessanti sono anche le pagine dedicate al ruolo della finanza nella
«globalizzazione 2.0». Non senza ironia Saskia Sassen descrive come nelle
imprese globali finanziarie chi lavora alacremente non sono broker o
spregiudicati finanzieri. Questi sono l’ultimo anello di una catena che vede al
lavoro fisici, matematici, informatici: tutti dediti alla elaborazione di algoritmi
che facciano accelerare il flusso di capitali al fine di accumulare ricchezze
«estratte» dalla finanziarizzazione dei i sogni sociali: la casa, il mangiare, il
lavoro, la formazione, la salute. Tutti elementi che favoriscono l’indebitamento
individuale e delle nazioni, vista la riduzione delle entrate fiscali dovute a
politiche indulgenti verso la tassazioni dei profitti.
Per fronteggiare la crisi del 2007 dei subprime e quella successiva dei credit
default swaps gli stati nazionali sono inoltre intervenuti per salvare imprese
troppo grandi per fallire. E lo hanno fatto usando il denaro che i contribuenti
hanno versato con le tasse. Una espropriazione ulteriore di ricchezza prodotta
dal lavoro vivo sociale.
Un altro elemento che nel libro ha un ruolo rilevante è il land grabbing, cioè
l’acquisto di terre da parte di imprese agroalimentari o minerarie. Milioni di
ettari di paesi africani, dell’Indonesia, dell’Ucraina e della Russia sono state
acquistate da multinazionali e stati nazionali – gli Emirati del Golfo, ma anche la
Cina e la Corea del Sud – per coltivare alimenti da immettere nel mercato
mondiale. Lo stesso vale per le imprese minerarie. La brutalità di questo
processo sta nel fatto che in Africa si sono moltiplicate feroci guerre locali
condotte da «eserciti» che si candidano a gestire l’ordine pubblico in alcune
nazioni e così svolgere un ruolo nelle formazioni predatorie che si muovono nel
pianeta. In altri paesi è l’esercito «ufficiale» che caccia dalle terre i contadini. Da
qui l’espulsione di milioni di donne e uomini che cercano una via di fuga verso
l’Europa e gli Stati Uniti. Ogni distinzione tra rifugiato economico e politico
perde così di significato. Anche se, avverte con acume Saskia Sassen, i costi
maggiori degli esodi ricade nel Sud globale del mondo: la maggioranza assoluta
dei rifugiati rimane infatti nel Sud del mondo, mentre nel Nord del pianeta
arriva solo una biblica minoranza di rifugiati economici e politici.
Domande inevase
Come interrompere questa discesa negli inferi è domanda alla quale Saskia
Sassen non sa dare risposta. C’è amarezza, disincanto nelle pagine di questo
libro. È un cambiamento di prospettiva che l’autrice invita a fare. Non c’è
nessun punto di resistenza individuato, come invece aveva indicato l’autrice in
altri libri. La società civile organizzata o i movimenti sociali non compaiono in
questo saggio. Sono qui significanti vuoti rispetto una logica sistemica che
non ammette punti di rottura.
L’inversione della tendenza non è data. All’orizzonte non c’è nessun potere
costituente che può garantire una fuoriuscita dal «capitalismo estrattivo».
Ma non c’è neppure nessun potere destituente. La rivolta non è ammessa
dalle formazioni predatorie: se si manifesta, va repressa duramente. E le
città globali non sono neppure il luogo dove sperimentare forme di
democrazia diretta e di cooperazione sociale «alternativa», come Saskia
Sassen ha più volte sostenuto nel recente passato.
Per il momento, il pensiero critico, l’attitudine critica servono, secondo
l’autrice, solo a rendere visibile ciò che è invisibile.
Ma per rendere visibile l’invisibile serve un’operazione di verità. E dunque di
rivolta, provando a coniugare il potere destituente della rivolta con il potere
costituente che dà forma all’altro mondo possibile che l’azione di svelamento
operata dai movimenti conducono. In fondo la politicizzazione le relazioni sociali
è l’unica azione realistica di svelamento del potere performativo della vita
manifestato dalle formazioni predatorie.
A Roma il Salone dell’editoria sociale
Saskia Sassen sarà protagonista
giovedì dell’incontro «Per un’Europa
dell’inclusione e dei diritti» alla Sala
della regina a Roma (ore 15).
L’incontro
organizzato
dalla
Presidente della Camera dei Deputati
Laura Boldrini è solo su invito. Per chi
invece è interessato a una discussione
sulle tesi del
suo ultimo libro
«Espulsioni»
(Il
Mulino)
l’appuntamento è nella giornata
d’apertura del Salone dell’editoria sociale che prende il via giovedì a Porta
Futuro di Roma (Via Galvani, ore 17.45).
Quest’anno il Salone dell’editoria sociale è dedicato al tema della «Gioventù
bruciata», cioè alle nuove generazioni che sono colpite dalle politiche di
austerità che negano loro il futuro.
Ridotti sono i finanziamenti alla formazione, cresce in molti paesi il debito
studentesco per pagare le rette universitarie sempre più alte. Minore la
possibilità di entrare nel mercato del lavoro (l’esperienza della precarietà è
ormai la regola nel capitalismo).
Eppure sono sempre i giovani il «target» privilegiato per spregiudicate campagne
pubblicitarie di chi vende merci spacciandole per stili di vita più o meno
alternativi.
Il programma del Salone dell’editoria sociale (consultabile per intero al sito
internet: editoriasociale.info) prevede workshop seminari e presentazione di
libri.
Nella giornata di giovedì, oltre l’incontro con Saskia Sassen, sono da segnalare
la tavola rotonda «Il terzo settore alla deriva?» (ore 16) e «Stranieri per forza»
(ore 16.15, sala B).
Il giorno dopo, ore 16, tavola rotonda su «Welfare, reddito, lavoro. Le sfide
della generazione precaria». Alle 18 sarà invece presentato il libro, curato da
Sbilanciamoci, «Workers Act». Domenica, invece, è la volta della presentazione
del volume «I Muri di Tunisi», un’analisi dei murales e dei graffiti nella
capitale tunisina prima e dopo la primavera araba. A presentarlo Michela
Becchis, Cecilia Dalla Negra, Luce Lacquanita (autrice del libro) e il graphic
journalist Takoua Ben Mohamed.
© 2016 IL NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE
SALONE DELL’EDITORIA SOCIALE, GIOVANI
TRA CRISI E RISCATTO
Terza Pagina
ROMA – Riflettere su una generazione precaria è il senso di
“Gioventù bruciata. Tra crisi e riscatto”, tema di fondo della settima
edizione del Salone dell’editoria sociale. Organizzazioni del
volontariato, del terzo settore e case editrici che si occupano di
temi sociali si incontreranno, insieme a scuole e lettori, per
discutere il disagio giovanile, la scalata faticosa nel mondo del
lavoro in una società ormai sull’orlo di una crisi epocale. L’età adulta, infatti, sembra
essere sinonimo di una generazione sempre meno partecipativa, estranea alla voglia di
riscatto. Le poche minoranze, che ancora e sole, provano a smuovere le coscienze, non
bastano per una rivoluzione culturale che coinvolga tutti. Puntare un faro su questa
gioventù bruciata di oggi, dunque, è l’obiettivo che si propone questa settimana edizione
del Salone dell’editoria sociale. L’iniziativa (promossa dalle Edizioni dell’asino, dalla rivista
lo Straniero, dalle associazioni Gli Asini e Lunaria in collaborazione con Redattore sociale
e Comunità di Capodarco) si terrà a Roma dal 22 al 25 Ottobre, negli spazi di Porta
Futuro, nel quartiere di Testaccio. Quattro giorni di incontri per oltre 40 eventi tra
presentazioni di libri, tavole rotonde, video ed eventi musicali.
Tra gli ospiti, attesissima la sociologa Saskia Sassen, docente alla Columbia University di
New York, che verrà introdotta dal giornalista Giuliano Battiston. La Sassen terrà la lectio
magistralis“Espulsioni. Oltre la disuguaglianza”, dedicata ai giovani, con uno sguardo
speciale verso quelli che cercano, faticosamente, il proprio posto nel mondo. Si parlerà
inoltre di diritti, di immigrazione, di strumenti della solidarietà con Luigi Manconi, Giulio
Marcon, Giovanni Moro. Grazia Naletto (presidente Lunaria) curerà in particolare il tavolo
“Stranieri per forza. I figli dell’immigrazione in Italia” insieme a Marco Carsetti della casa
editrice Else, all’attivista rete G2 Lucia Ghebregiorges e il ricercatore sociale Andrea
Rampini.
Non mancheranno tavoli di discussione come: “Miserie dell’università. Vittime e
oppressori” con – tra gli altri – Daniele Giglioli, Piergiorgio Giacchè e Paola Splendore;
“Due o tre cose che so di lei. Coscienza femminista: uno sguardo critico e mille pratiche
politiche” con Bia Sarasini, Roberta Mazzanti, Maria Nadotti. E ancora sulla questione
meridionale “Nel Sud qualcosa è cambiato” con Carlo Donolo, Alessandro Leogrande e
Mariuccia Salvati. Ospite anche il Premio Strega 2015 Nicola Lagioia al tavolo “L’Italia
delle diversità” con gli scrittori Christian Raimo, Carola Susani ed Eugenio Vendemiale. A
chiudere l’evento sarà Goffredo Fofi, nella serata di domenica 25 Ottobre, con l’intervista
all’attore e regista Vittorio Mastandrea.
di Francesca Coppola
Sassen: “Nuovo linguaggio
per raccontare gli ultimi
nella società che espelle"
La sociologa olandese ha presentato in
anteprima il suo nuovo libro “Espulsioni.
Brutalità e complessità nell'economia
globale” nella prima giornata del Salone dell'Editoria Sociale. “Oltre un
certo limite la disuguaglianza è inaccettabile, senza ritorno"
23 ottobre 2015
Saskia Sassen
ROMA – Sala stracolma per la lectio magistralis di Saskia Sassen, sociologa alla Columbia
University di New York, che ha presentato in anteprima il suo nuovo libro “Espulsioni. Brutalità e
complessità nell'economia globale” (Il Mulino): la settima edizione del Salone dell'Editoria Sociale,
“Gioventù bruciata”, è iniziata con l'appuntamento attesissimo con una delle più importanti studiose dei
fenomeni socio-economici, intervistata dal giornalista Giuliano Battiston.
Il Salone prosegue oggi con 12 appuntamenti, che approfondiranno le molteplici sfaccettature delle nuove
generazioni (“Gioventù bruciatà?” alle 12.15, “Welfare, reddito, lavoro” alle 16.15, “Che razza di amici” alle
18.15, fino alla proiezione di “The James Dean story” di Robert Altman presentato da Goffredo Fofi alle 21), la
situazione internazionale (“Iraq, Iran, Afghanistan” alle 12.15, “Religione ed economia” alle 16.15),
approfondimenti sui temi economici e sociali (“Il denaro” alle 10.30, “Il futuro del lavoro” alle 18.15, campagna
Sbilanciamoci!, “Abolire il carcere”alle 14.30), e vedrà la visita della presidente della Camera Laura Boldrini alle
16.
“È
un libro molto ambizioso – spiega Battiston, introducendo la studiosa -, che analizza la nuova
geografia del potere, nella sua storia e nelle sue pratiche, e lo fa con un metodo poco ortodosso,
attraverso ladecomposizione dell'economia politica del ventesimo secolo, per vedere cosa
rimane, quali sono i processi opachi, sotterranei”. “Alcune categorie analitiche sono utili per gli
economisti, ma non aiutano a capire le situazioni estreme, su cui mi focalizzo in questo libro, in un
percorso eccentrico”, risponde Sassen, parlando un ottimo italiano inframezzato da parole spagnole e
termini inglesi, in un monologo ricchissimo di spunti e battute. Prende ad esempio il concetto di
disuguaglianza, che porta con sé quello di distribuzione: “Ma è un concetto che ha dei limiti –
continua -, non parlo della 'social exclusion', che può essere combattuta e cambiata attraverso
leggi e cultura, ma di quella parte invisibile, estrema, esclusa. Oltre un certo limite la
disuguaglianza è inaccettabile, senza ritorno. La storia ci racconta dei miglioramenti, ma è una
verità molto parziale, che ci dissuade dal guardare cosa rimane fuori. A me interessa il margine”.
Dall'impoverimento delle classi medie, al landgrabbing, fino alla distruzione della natura da parte di
un'economia senza scrupoli, secondo la studiosa sono segni di uno stesso processo in atto, che
dall'economia inclusiva del dopoguerra sta portando a una logica di espulsione. Porta ad esempio la
riduzione del lago di Aral, o la riduzione del ghiaccio in Groenlandia. “Abbiamo ucciso molta vita, e
lasciato terre e acque morte, che escono dalla nostra visuale. Oggi ci sono 40 paesi in
guerra. Abbiamo bisogno di trovare nuovi termini per raccontare una storia nuova, utilizziamo
ancora il linguaggio di migranti e rifugiati. Ma con queste parole si indicava chi è alla ricerca di
una vita migliore (better life), mentre qui intendiamo chi cerca semplicemente di sopravvivere
(bare life). Stiamo distruggendo attivamente habitat a cui le persone non possono più tornare”.
Saskia Sassen e Giuliano Battiston al Salone dell'Editoria Sociale
“La
macchina a vapore della nostra epoca è la finanza, che dà un nuovo ordinamento, e decide
cosa è dentro e cosa è fuori. Non le banche, di cui abbiamo bisogno tutti, che vendono ciò che
hanno, il denaro: vende ciò che non ha per invadere in modo distruttivo, è un pericolo. Il profitto
aumenta esponenzialmente con il pericolo, e la finanza trae profitto anche dai più marginali,
dagli studenti indebitati, dagli espropri, con tabelle di numeri che non mostrano le persone. È la
capacità di un sistema di rendere invisibile. Le tendenze profonde degli ultimi 30 anni stanno
ora emergendo”. Mostra dati sulla continua crescita del capitale, appena sfiorato dalla crisi del 2008,
mentre il 65% dei posti di lavoro della classe media è scomparso. Spiega come, dopo il periodo della
'gentrificazione', gli investimenti stanno disurbanizzando le città. “La città è un processo complesso e
incompleto, il nuovo spazio di frontiera dove si incontrano soggetti che non hanno regole
condivise, chi ha e chi è escluso dal potere”.
Una delle strade per contestare questa espulsione, secondo la sociologa olandese, è lavorare su
piccoli progetti di vicinato, “Non comunità, dico vicinato, persone che si conoscono, in un processo di
sussidiarietà. Come cittadini abbiamo perso i nostri diritti”. (elena filicori)
© Copyright Redattore Sociale
Presentazione di Seme Sacro con
Vandana Shiva. Roma 24 ottobre 2015
Sabato 24 Ottobre 2015 ore 10.30, presentazione di SEME SACRO La visione religiosa
dell'origine della vita a Roma al Salone dell'Editoria Sociale, sala A, a Porta Futuro in
via Galvani 108. Intervengono: VANDANA SHIVA, scienziata e presidente di
Navdanya International. IMEON CATSINAS archimandrita e portavoce del patriarca
Bartolomeo di Costantinopoli, GIANNOZZO PUCCI, editore
Il tema del Salone dell'Editoria Sociale in quest'anno 2015 Gioventù bruciata, cioè il
disagio dei giovani di oggi travolti dal consumismo, dall'onnipresenza delle distrazioni
elettroniche, dal fuoco delle vanità , dal sentirsi inutili e precari, dalla rinuncia
all'impegno. La presentazione di Seme Sacro intende lanciare un messaggio.
Affrontare quello che sta accadendo alla nostra casa comune esige ogni impegno e
intelligenza. Non ammissibile che le giovani generazioni restino degli scarti impotenti
parcheggiati in una scuola organizzata secondo concezioni di mezzo secolo fa': il
cambiamento climatico esige altri metodi e competenze per costruirsi il lavoro del
futuro. L'educazione alla spiritualità ecologica spinge a impegnarsi da subito sui temi
essenziali del nostro tempo: quello dei semi il fondamento insostituibile della salute di
tutti, essenziale per affrontare il problema della fame dei poveri del mondo.
http://www.ondazzurra.com/index.php
Mastandrea e Fofi: intervista al Salone
dell'editoria sociale
MERCOLEDÌ 28 OTTOBRE 2015 10:09 FRANCESCA GRASSO
Dal 22 al 25 ottobre, nella sede di Porta Futuro a Testaccio, si è svolta la VII edizione del
Salone dell'editoria sociale, iniziativa che da qualche anno riunisce i piccoli editori romani
chiamati a mostrare le proprie proposte e pubblicazioni.
La particolarità dell'iniziativa è quella di ruotare ogni anno attorno ad un tema differente;
per il Salone del 2015 è stato scelto “Gioventù bruciata, tra crisi e riscatto”, in riferimento al
cult che nel 1955 consacrò il ventiduenne James Dean.
L'iniziativa non si limita ad offrire una sede per l'esibizione ed il commercio di libri, ma
l'attività commerciale si amalgama perfettamente con proposte informative e culturali,
come è avvenuto durante la giornata conclusiva del Salone. Il 25 ottobre, infatti, si è svolta
l'intervista a Valerio Mastandrea condotta da Goffredo Fofi, incontro avvenuto soprattutto
in vista della recente uscita nelle sale di “Non essere cattivo”, film diretto dallo scomparso
Claudio Caligari e prodotto dallo stesso Mastandrea.
Il film e l'evento hanno suscitato un grande interesse da parte del pubblico, soprattutto dal
momento che la pellicola, dopo non esser stata accettata in concorso alla 72 Mostra del
Cinema di Venezia, è stata invece scelta nella sezione “Oscar al miglior film straniero” del
2016 come lavoro rappresentativo dell'Italia. Ma come mai gli Oscar e non Venezia?
Mastandrea spiega che la presenza in concorso di un film girato da un regista scomparso
sarebbe potuta apparire ricattatoria nei confronti della giuria. Di qui la decisione di
presentare il film fuori concorso, dove è stato accolto con grande entusiasmo dei giurati e
del pubblico.
Sotto l'abile direzione di Fofi, l'attore romano spiega quale sia stata la genesi del film e
quanto tutti quelli che hanno collaborato al progetto abbiano creduto in esso. Mastandrea
parla della tortuosa elaborazione del lungometraggio, che si è barcamenato tra la
mancanza di fondi e i serratissimi ritmi di postproduzione, assecondando i quali il film è
stato montato in appena cinque giorni.
Dopo un dialogo tra il critico cinematografico e l'attore il pubblico interviene con alcune
domande, e Mastandrea si rivela particolarmente disponibile e cortese. Gli viene chiesto
quale sia il problema del cinema italiano, domanda che richiede una risposta lunga e
complessa. Si parte dal problema delle sale, poche e mal dislocate nel nostro paese, fino
ad arrivare alla questione della mancanza di buoni sceneggiatori e, soprattutto, al fatidico
problema dei fondi. Il cinema è un'industria e come tale non investe in un prodotto a meno
che non sia di sicuro guadagno. È per questo che in Italia non si vedono film di
fantascienza o azione, generi cui il pubblico non è più abituato nell'ambito del cinema
nostrano.
Eppure, sottolinea Fofi, il cinema italiano non è solo quello delle commedie prodotte da De
Laurentiis. A questo cinema “ufficiale” si oppone un cinema “non ufficiale”, “sotterraneo”,
come quello di Alice Rohrwacher, ancora interessato al cinema come arte, al rapporto tra
l'uomo e la vita. E Mastandrea interviene a presagire la saturazione che il pubblico
avvertirà nel giro di poco tempo rispetto ai prodotti seriali con cui siamo bombardati,
sperando che proprio quel cinema “non ufficiale” riesca a rinascere in tali condizioni.
Senza dubbio il cinema d'autore, “di qualità”, scarseggia in Italia. Attraversiamo da almeno
due decenni una forte crisi del settore, economica e creativa, e solo di rado ci troviamo di
fronte a prodotti che ci facciano sperare nuovamente. Eppure resistiamo con pellicole
come “La Grande Bellezza” e “Non essere cattivo”, film audaci e rischiosi se inseriti nel
nostro panorama, che ci fanno riflettere sul fatto che siamo ancora in grado di produrre
dell'arte e della magia, come solo il buon cinema sa fare.
Francesca Grasso
La "gioventù bruciata" tra
consumi e vanità: torna il
Salone dell'editoria sociale
La kermesse si tiene a Roma da domani al 25
ottobre. Oltre 40 eventi in programma. Apertura con Saskia Sassen
(Columbia University) che terrà una lectio magistralis sulla generazione
precaria. Conclusione con l'attore e regista Valerio Mastandrea intervistato da
Goffredo Fofi
21 ottobre 2015
ROMA - La “Gioventù bruciata. Tra crisi e riscatto” è la cornice tematica della settima edizione
del Salone dell'editoria sociale in programma da domani, giovedì 22 ottobre a domenica 25 negli
spazi di Porta Futuro a Roma. L'evento è promosso da Lunaria, con le Edizioni dell’asino, la rivista Lo
Straniero, l’associazione Gli Asini e in collaborazione con Redattore sociale e Comunità di
Capodarco. La kermesse prevede più di 40 incontri, tra tavole rotonde, presentazioni di libri,
video ed eventi musicali, promossi da case editrici e organizzazioni del terzo settore.
"Un’occasione per riflettere su una generazione precaria, travolta dal consumismo e dal fuoco
vacuo delle vanità, ma che cerca faticosamente la propria strada anche dentro una crisi epocale,
che segnala il passaggio dalla società dell’uguaglianza alla società dell’espulsione".
Proprio a questo passaggio sarà dedicata la lectio magistralis dell’ospite più attesa, la sociologa
Saskia Sassen, docente alla Columbia University di New York, introdotta dal giornalista Giuliano
Battiston. Intorno al rapporto tra politica ed economia si articoleranno altri due incontri: quello su
“Welfare, reddito, lavoro” con Michele De Palma, Andrea Fumagalli e Laura Pennacchi e la
presentazione del Workers Act, il dossier della campagna Sbilanciamoci! sulle politiche per chi
lavora e per chi vorrebbe lavorare.
Tra le tavole rotonde, da segnalare “Un papa e la sua chiesa”, sulle novità dottrinali e pastorali
di papa Francesco; “Miserie dell’università” con – tra gli altri – Daniele Giglioli, Piergiorgio Giacchè e
Paola Splendore; “Due o tre cose che so di lei”, sul femminismo oggi, con Bia Sarasini, Roberta
Mazzanti, Maria Nadotti; “Utopie digitali. Libertà o nuove schiavitù?” con Carlo Formenti, il collettivo
Ippolita e Giuliano Santoro; la nuova “questione meridionale” con Carlo Donolo, Alessandro Leogrande
e Mariuccia Salvati. E ancora i diritti, il terzo settore, l’immigrazione, gli strumenti della solidarietà, con
ospiti come Luigi Manconi, Giulio Marcon, Grazia Naletto, Giovanni Moro, oltre agli altri due
ospiti internazionali: lo storico Donald Sassoon e l’attivista ed ecologista Vandana Shiva.
Il legame tra arti e società accomuna diversi eventi: la tavola rotonda su “l’Italia delle diversità”, con
scrittori come Nicola Lagioia, premio Strega 2015, e Christian Raimo;l’omaggio allo scrittore e
giornalista Luca Rastello; la discussione su “Pulcinella. L’Italia e le sue maschere”, con lo
sceneggiatore Maurizio Braucci e il regista Pietro Marcello, autore del film Bella e perduta, preceduto
da uno spettacolo di guarattelle di Bruno Leone; l’intervento musicale dei Fratelli Mancuso. La settima
edizione del Salone dell’editoria sociale si concluderà la sera di domenica 25 ottobre, con
un’intervista di Goffredo Fofi all’attore e regista Valerio Mastandrea.
© Copyright Redattore Sociale
LA NUOVA SARDEGNA LUNEDÌ 19 OTTOBRE 2015
19
■ e-mail: [email protected]
Editoria
“Gioventù bruciata”, tra crisi e riscatto
Si apre giovedì a Roma la settima edizione del Salone dell’editoria sociale, quattro giorni di dibattiti e di incontri
Attenzione
alla realtà
contradditoria della
gioventù dei nostri tempi
Perché si risvegli,
si organizzi e lotti
per cambiare
il proprio destino
◗ ROMA
È dedicata al tema «Gioventù
bruciata. Tra crisi e riscatto» la
settima edizione del Salone
dell'editoria sociale, l'iniziativa promossa dalle Edizioni
dell'asino, dalla rivista Lo Straniero, dalle associazioni Gli
Asini e da Lunaria in collaborazione con Redattore sociale e
Comunità di Capodarco. Più di
quaranta incontri (il programma completo è su www.editoriasociale.info), tra tavole rotonde, presentazioni di libri, video ed eventi musicali, promossi da case editrici e organizzazioni del terzo settore e
ospitati negli spazi di Porta Futuro a Roma, da giovedì 22 a
domenica 25 ottobre. Un'occasione per riflettere su una generazione precaria, travolta dal
consumismo e dal fuoco vacuo
delle vanità, ma che cerca faticosamente la propria strada
anche dentro una crisi epocale, che segnala il passaggio dalla società dell'uguaglianza alla
società dell'espulsione. Proprio a questo passaggio sarà
dedicata la lectio magistralis
dell'ospite più attesa, la sociologa Saskia Sassen, docente alla Columbia University di New
York, introdotta dal giornalista
Giuliano Battiston. Intorno al
rapporto tra politica ed economia si articoleranno altri due
incontri: quello su «Welfare,
reddito, lavoro» con Michele
De Palma, Andrea Fumagalli e
Laura Pennacchi e la presentazione del «Workers Act», il dossier della campagna «Sbilancia-
La sociologa Saskia Sassen, uno degli ospiti internazionali del Salone dell’editoria sociale
moci!» sulle politiche per chi lavora e per chi vorrebbe lavorare.
Tra le tavole rotonde, da segnalare «Un papa e la sua chiesa», sulle novità dottrinali e pastorali di papa Francesco; «Miserie dell'università» con – tra
gli altri – Daniele Giglioli, Piergiorgio Giacchè e Paola Splendore; «Due o tre cose che so di
lei», sul femminismo oggi, con
Bia Sarasini, Roberta Mazzan-
ti, Maria Nadotti; «Utopie digitali. Libertà o nuove schiavitù?» con Carlo Formenti, il collettivo Ippolita e Giuliano Santoro; «La nuova questione meridionale» con Carlo Donolo,
Alessandro Leogrande e Mariuccia Salvati. E ancora i diritti, il terzo settore, l'immigrazione, gli strumenti della solidarietà, con ospiti come Luigi
Manconi, Giulio Marcon, Grazia Naletto, Giovanni Moro, ol-
tre agli altri due ospiti internazionali: lo storico Donald Sassoon e l'attivista ed ecologista
Vandana Shiva.
Il legame tra arti e società accomuna diversi eventi: la tavola rotonda su «L'Italia delle diversità», con scrittori come Nicola Lagioia, premio Strega
2015, e Christian Raimo;
l'omaggio allo scrittore e giornalista Luca Rastello; la discussione su «Pulcinella. L'Italia e
le sue maschere», con lo sceneggiatore Maurizio Braucci e
il regista Pietro Marcello, autore del film «Bella e perduta»,
preceduto da uno spettacolo
di guarattelle di Bruno Leone;
l'intervento musicale dei Fratelli Mancuso.
Il Salone si concluderà la sera di domenica 25 con un'intervista di Goffredo Fofi, direttore
de Lo Straniero, all'attore e regista Valerio Mastandrea.
«Quest’anno – spiega Fofi –
cerchiamo di declinare il disagio, ma anche i germi di riscatto di una generazione che cerca faticosamente una propria
strada. Una strada complicata
da un mondo del lavoro che
vuole i giovani precari a vita;
da una scuola che invece di dare autonomia impone dipendenza e asservimento; da un sistema economico che rende i
giovani degli obbedienti consumatori».
«Su questa strada impervia e
sconnessa – aggiunge Goffredo Fofi – i segni della ribellione
sono purtroppo rari e riguardano ancora poche minoranze.
Che però ci sono e si organizzano, nella scuola come nei territori, cercando di liberarsi dall'
asfissia di un dominio economico, sociale e culturale che assegna loro il solo compito – come ricordava Benedetto Croce
– di diventare adulti. Vogliamo
gettare una piccola luce su questa realtà contraddittoria della
gioventù bruciata dei nostri
tempi. Affinché si risvegli, si organizzi e lotti per cambiare il
proprio destino». (red.c.)
«Contro la logica dei soliti festival»
Nicola Villa, della rivista “Gli Asini”, spiega quali sono gli obiettivi dell’iniziativa
◗ ROMA
«Quando decidemmo di organizzare la prima edizione del
Salone dell'editoria sociale, nel
2009, quello che avevamo in
mente, sfidando la logica spettacolare e commerciale dell'
“evento”, era realizzare non un
contenitore di incontri, ma un
seminario abbastanza coerente e incentrato su temi specifici
di attualità. Negli anni l'idea
iniziale si è chiarita ulteriormente. Abbiamo rafforzato il
programma, passando da temi
più
generici,
come
“Educazione e intervento sociale”, a più specifici, come “Le
Americhe e noi”». Così Nicola
Villa, redattore della rivista «Gli
Asini», uno dei soggetti che organizzano il Salone, spiega la filosofia di un’iniziativa lontanissima dai soliti festival.
Nell'anniversario della morte di James Dean, l'edizione di
quest'anno ha come titolo
“Gioventù bruciata”...
«Sì e come sotto titolo abbiamo scelto Sottotitolo “Tra crisi
e riscatto”, per specificare, se
ce ne fosse bisogno, che la crisi
Non un contenitore
di autoreferenziali
performance di autori,
ma un’occasione
per riflettere
e per approfondire
grandi temi legati
all’attualità
è del mondo degli adulti e di
una società che è stata trasformata per sfruttarli e distrarli.
Un tema che verrà coniugato
anche in ottica internazionalee avrà come ideale chiusura
un ricordo dello scrittore e
giornalista Luca Rastello, di recente scomparso, esempio più
autentico di attivista e intellettuale impegnato di questo nostro presente così ingiusto e
gravoso da decifrare. Il suo ultimo romanzo, “I buoni” (Chiarelettere), è forse il punto più
alto, letterario e di riflessione,
di quella “editoria sociale” che
abbiamo immaginato in questi
anni».
Che dimensioni ha oggi
Goffredo Fofi
questa realtà?
«Non esistono ricerche recenti e aggiornate sulla produzione di libri, dossier, riviste
con argomento sociale. In parte questo è dovuto alla mancanza di un coordinamento tra
le riviste e le case editrici più
sensibili a questi temi, per la loro naturale debolezza. Si pensi
all'importanza di riviste come
“Lo straniero” e “Confronti”,
sempre troppo minoritarie.
Esistono delle realtà locali molto interessanti come il Cesvot
in Toscana e lo Spes nel Lazio,
che fanno un lavoro di documentazione costante sul volontariato e il terzo settore, mentre soprattutto al sud non si
Tra gli ospiti
Saskia Sassen,
Donald Sasoon
e Vandana Shiva
Chiusura domenica
con un'intervista
di Goffredo FoFi
a Valerio Mastandrea
hanno vere e proprie case editrici impegnate su questi temi
e con una missione pedagogica rivolta al sociale. Per quanto
riguarda il meridione, se non
fosse per la Meridiana di Molfetta e, in parte, la calabrese
Rubettino, il panorama sarebbe desertificato anche dopo la
chiusura di un'importante casa editrice come la napoletana
Ancora del Mediterraneo, uno
dei cataloghi più interessanti
degli ultimi trent'anni. In questi anni, tra mille difficoltà soprattutto dovute alla distribuzione e alla recessione dell'industria libraria, hanno consolidato il loro lavoro culturale, resistendo, alcune case editrici
Nicola Lagioia, vincitore del Premio Strega 2015, sarà anche lui al Salone
con una chiara impostazione
educativa.
Può fare qualche esempio?
Si possono ricordare il lavoro
di consolidamento della cultura libertaria da parte di Eleuthera; la rinascita delle Edizioni di Comunità di Adriano Olivetti; le conferme di case editrici con una chiara impronta filo-
sofica e letteraria come Jaca
Book, Quodlibet e Nottetempo; la scoperta delle culture altre, di confine e non, come Sudamerica e Nord-Europa, grazie al lavoro di Keller, Nuova
frontiera, Sur e Iperborea. Ma
da questa rapida rassegna sono molti di più gli editori assenti che quelli citati». (red.c.)
09-OTT-2015
pagina 11
foglio 1
24 A G O R À c u l t u r a
Genova. Il fascino e le suggestioni
dell’Equilibrio al Festival della scienza
C
ol suggestivo titolo Equilibrio,
inizia giovedì e si chiude il 1°
novembre la sedicesima edizione del Festival della scienza di Genova. Un concetto, quello di
equilibrio, che verrà affrontato in
conferenze, laboratori, mostre e spettacoli, con l’obiettivo di raccontare la
scienza in modo coinvolgente. Oltre
al ministro della Difesa Pinotti e al
ministro sull’Istruzione Giannini ci
sarà l’astronauta Samantha Cristofo-
retti. Molti gli ospiti internazionali: il
premio Pulitzer Jared Diamond, il genetista Tim Spector, l’astrofisico John
Barrow; lo psicologo Laurence Steinberg (che parlerà del cervello degli adolescenti, al centro del suo ultimo
saggio), Mark Miodownik, ingegnere
dei materiali. Ma anche il filosofo Giulio Giorello, il fisico Giorgio Parisi e
Tomaso Poggio, direttore del laboratorio di intelligenza artificiale del Mit
di Boston.
Martedì
20 Ottobre 2015
Roma. Arte e architettura: documentari
su Burri, De Chirico e Le Corbusier
È
partita ieri a Roma la nona edizione del Festival internazionale di documentari su arte e
architettura, curato dall’associazione culturale Art Doc e promosso dal comitato tecnico
scientifico della casa dell’Architettura, dove si tengono le proiezioni e gli incontri ogni sera dalle ore 18,
Le Corbusier
fino al 23 ottobre. Il programma di quest’anno propone documentari su architetti e designer come Eileen Gray, Franco Palpacelli, Tobia Scarpa e artisti tra cui Alberto Burri per l’anno del suo centenario, Massimo Catalani, Giorgio De Chirico, Jan Fabre, Alberto Garutti,
Claes Oldenburg e Giuliano Vangi. Questa sera si tiene una serata speciale
per rendere omaggio a Le Corbusier, per i cinquant’anni dalla morte.
Roma. I giovani, la crisi e il desiderio
di riscatto al Salone dell’editoria sociale
G
ioventù bruciata. Tra crisi e
riscatto è il tema del Salone dell’editoria sociale, al
via a Roma il 22 ottobre fino a domenica 25; giunto alla settima edizione, è promosso da Edizioni dell’asino e dalla rivista Lo
Straniero, associazioni Gli Asini e
Lunaria in collaborazione con l’agenzia Redattore sociale e Comunità di Capodarco. Oltre 40 gli eventi, dalle presentazioni di libri
alle tavole rotonde, in programma
a Porta Futuro, in via Galvani 108.
Fra gli ospiti, la sociologa Saskia
Sassen, docente alla Columbia University di New York, e l’attore Valerio Mastandrea, che verrà intervistato dal critico Goffredo Fofi nella sera conclusiva. Sabato 24 alle
16 don Vinicio Albanesi, don Giacomo Panizza e il vaticanista Iacopo Scaramuzzi interverranno su
"Un papa e la sua Chiesa". (L.Bad.)
Rivelazioni. La singolare storia di un falso a sanguigna di Monna Lisa
commissionata dall’autore del famoso "ratto" del 1911 a un amico ticinese
GIOCONDA Dal furto
alla copia dal vivo
ROBERTO FESTORAZZI
S
tregati da una donna, ma non in
carne e ossa: una dama dipinta.
Questa è la storia, scoperta dall’autore di questo articolo, di due
uomini avvinti dal potere di fascinazione di un’opera d’arte diventata famosa grazie al gesto eclatante di un furto che ha eccitato la fantasia di Gabriele D’Annunzio, di Picasso, di Apollinaire e di molti altri artisti e intellettuali, inclusi registi di cinema.
È la storia del furto della Gioconda, una vicenda tortuosa che include, oggi lo sappiamo, un capitolo rimasto sepolto per oltre un
secolo. I protagonisti di questo retroscena,
che viene finalmente alla luce, sono due amici. Uno è Vincenzo Peruggia, un emigrato
italiano originario del paese di Dumenza, in
provincia di Varese, al confine con la Svizzera. È lui l’autore del ratto del dipinto leonardesco, staccato da una parete del Louvre la
mattina di lunedì 21 agosto 1911, per finire
in balia del suo sequestratore per oltre due anni, fino a quando, nel dicembre del 1913, la
polizia italiana non lo recupera, a Firenze, facendo scattare le manette ai polsi del ladro.
L’altro uomo è un suo collega decoratore svizzero, che abita appena al di là della frontiera, nel villaggio confinante con Dumenza, Astano, nella landa ticinese del Malcantone.
Proprio a lui, Peruggia affida il compito più
delicato: quello di ritrarre la Gioconda, dal
vivo, cioè in presenza dell’opera originale. A
che scopo? Non certo per fabbricare un ennesimo falso, quanto piuttosto per lasciargli
il ricordo imperituro della donna che ama. Una femmina più palpitante e vera delle tante su cui ha posato il suo sguardo di rubacuori. Una dama che ha sedotto l’umanità
con quel suo ambiguo accenno di sorriso,
con la sua composta e segreta armonia.
Certamente, a Peruggia, Monna Lisa dovette scottare, tra le mani, con il trascorrere del
tempo. L’artigiano dumentino credette di riscattare l’onore proprio, e quello di tutti gli italiani emigrati in Francia, rubando il quadro
che riteneva erroneamente essere frutto delle razzie napoleoniche nella Penisola. Il suo
atto assomiglia tanto a una delle provocazioni futuriste in voga all’epoca. Ma si sbaglia
a credere che Peruggia fosse animato soltanto
da nobili ideali patriottici. Coesistevano, in lui,
Mentre la disegna, Marco
de Marchi, in arte "Richin",
si invaghìsce dell’opera
leonardesca affidatagli da
Vincenzo Peruggia e le scrive
versi strampalati e innamorati
in cui la chiama col
diminutivo, come si fa con
la "morosa". Quando l’amico
viene arrestato lui fugge
in Argentina. Fa ritorno anni
dopo tenendo nascosto
il suo segreto. Scoperto
il disegno, un nipote
ne ha ricostruito la vicenda
IL LADRO. Vincenzo Peruggia, autore del furto
anche propositi più venali: tanto è vero che
si recò a Londra, con l’opera vinciana, per
tentare di venderla a un mercante inglese. Alla fine, su suggerimento di D’Annunzio, ripiegò sull’antiquario fiorentino Alfredo Geri, che fece però scattare la trappola con l’intervento della polizia.
In tutto questo rincorrersi di peripezie al limite dell’incredibile, si intarsia la vicenda dell’intervento del suo amico elvetico, vale a dire il copista. Si tratta di un personaggio che il
pubblico non conosce: il suo nome è Marco
de Marchi, in arte "Richin". Nato nel 1884,
tre anni più giovane del Peruggia, "Richin"
frequenta la scuola di disegno di Dumenza,
ai cui corsi è iscritto anche Vincenzo. Guadagnatosi il diploma di adornato, de Marchi
va a Milano a perfezionare la sua mano, all’accademia d’arte di Brera. I due compagni
poi si separano. Peruggia emigra in Francia,
mentre "Richin" raggiunge il fratello Quinto
a Buenos Aires, per dedicarsi alla decorazione del palazzo di governo, del Teatro Colón e
di altri importanti edifici della capitale argentina. Nel 1905, i due fratelli astanesi rimpatriano, per separarsi di nuovo. Mentre
Quinto resta in Svizzera, Marco si stabilisce
a Parigi, dove rimane fino al 1913. Sono proprio gli anni del rapimento della Gioconda.
Quel che accade è stato ricostruito dall’attuale detentore della "copia" del capolavoro
leonardesco, il pronipote di de Marchi, Mar-
Arte.
«Felicità» di Edgardo Ratti
Nato nel 1925. Pittore, scultore
e mastro vetraio. Una parabola
artistica iniziata a Brera,
sotto l’influenza del tonalismo
e dell’informale lombardo,
fino alle recenti installazioni
di grande impegno sociale
co Morandi, bancario in pensione di 73 anni. La cosiddetta "copia" di Monna Lisa, anzitutto, ne riproduce quasi fedelmente le dimensioni: 70 centimetri per 45, contro i 77 per
53 dell’originale su legno. Mentre la Gioconda è nelle disponibilità di Peruggia, nella sua
abitazione parigina al numero 5 di Rue de
l’Hôpital Saint-Louis, occultata sotto il tavolo da pranzo, interviene Richin.
Il seguito del racconto è la parte più interessante, e affascinante, di tutta quanta la storia. Mentre de Marchi la ritrae, con una matita color seppia, la dama pare balzar fuori
dalla nuda materialità che la segrega, da quattro secoli. L’artista svizzero pare avvinto dalla stessa, magica, carica di seduzione che domina il suo amico Peruggia da quando è divenuto possessore della Gioconda. Comincia allora a scrivere vere e proprie lettere d’amore alla donna, nel suo sconnesso italiano
influenzato dal lessico ispanico per via delle
sue avventure d’emigrazione. In uno di questi messaggi, così le si rivolge: «Lisa vi dirò
che mi sembra una rondinella, è tutta allegra
tiene una mirata pare di desirme asta ora non
ti conosco muy seria, con una man».
Come interpretare questo frammento? Monna Lisa gli pare allegra come una rondinella,
ha uno sguardo («mirata», cioè mirada) che
esprime il desiderio di un contatto carnale
(«pare di desirme»), nel momento stesso («asta ora», cioè hasta hora) in cui la ritrae. La
signora non pare mossa da intenzioni rispettabili («non ti conosco muy seria»), ma
la sua mano sembra animarsi per uscire dal
quadro come il segnale inequivocabile di una profferta amorosa. Queste parole, fissate
su una striscia di carta, sono emerse, insieme ad altri documenti, quando la "copia"
della Gioconda è stata staccata dal fondale e
dalla cornice, alla presenza di un notaio di
Lugano.
Non v’è alcun dubbio che questa riproduzione, o meglio interpretazione, dell’opera di
Leonardo sia l’unica realizzata nel tempo in
cui essa rimase nelle disponibilità del Peruggia. In un altro messaggio, d’altra parte, il copista così si rivolge all’amico: «Caro fratello
Vi. [Vincenzo, cioè Peruggia] Lisina non sarà
rittoccata [sic]».
L’erede di "Richin", Morandi, ha riesumato la
"Lisina" da un vecchio ripostiglio di casa, e si
è talmente appassionato alla sua storia da aver composto il puzzle che ne certifica l’origine. A Dumenza e ad Astano, mi racconta,
la gente aveva per decenni sussurrato il legame di "Richin" con il furto della Gioconda. Si diceva che un astanese avesse dipinto
un celebre quadro. Di quale si trattasse, non
era difficile immaginarlo. Ma nessuna prova
era emersa al riguardo; fino al ritrovamento
della copia nascosta.
A coronamento di tutta questa trama, bisogna spiegare che Peruggia, e la sua famiglia,
rimasero scottati dagli strascichi giudiziari
del trafugamento. L’artigiano dumentino subì
un processo conclusosi con una condanna,
tutto sommato mite: un anno e quindici giorni di carcere, poi ridotti a sette mesi e otto
giorni, in considerazione di alcune attenuanti, come le motivazioni patriottiche del
gesto.
Resta il fatto che Vincenzo Peruggia aveva
un’indole beffarda, perché riuscì a rientrare
in Francia, da dove era stato espulso, manomettendo la sua identità. Morì in terra straniera l’8 ottobre 1925. Crollò, stroncato da un
infarto, davanti alla figlioletta di un anno, con
in mano una bottiglia di champagne e un
piatto di pasticcini: quel giorno compiva infatti 44 anni.
Quanto a de Marchi, si tenne stretta la riproduzione, evitando di consegnarla al committente e amico. Temendo di finire nei guai,
come complice di quello che la stampa dell’epoca definì «delitto estetico», portò il disegno ad Astano, e lo tenne ben celato, attento
a non lasciarsi sfuggire neanche una parola
al riguardo. Tuttavia, la vox populi riuscì a intercettare il segreto, proteggendo l’identità
dell’autore astanese della Gioconda voluta
dal Peruggia. "Richin", allarmato dagli esiti
giudiziari del caso, pensò bene di cambiare
aria, tornando in Argentina, da dove rimpatriò definitivamente nel 1924. Morì nel 1957.
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Bellinzona, Locarno, Balerna: la Svizzera celebra Edgardo Ratti
PIERO DEL GIUDICE
S
COPIA. Un’immagine della «Gioconda» realizzata in Svizzera da Marco de Marchi
ono aperte nel Canton Ticino sino al 1°
novembre tre mostre
di Edgardo Ratti: al
Museo Civico di Villa dei Cedri di Bellinzona, nell’agorà
della Sopracenerina a Locarno, alla Civica galleria del
Torchio di Balerna. Di questo artista nato a Vira nel
1925 sul lago Maggiore, che
compie novanta anni in
questi giorni, viene così esposta l’opera dal 1950 a oggi. Gli oli, la grafica, le sculture lignee, in pietra e in alabastro, vetrate e progetti
di vetrate.
È una parabola artistica che
si accende, nel cuore del se-
colo scorso, sotto la guida
dei maestri dell’accademia
di Brera, sotto influenza del
tonalismo e del primo informale lombardo, un lungo
percorso che arriva alle installazioni di esplicito impegno sociale che sono le
"finestre" (su catastrofi,
guerre, migrazioni, fame) ciclo degli ultimi due anni del
suo lavoro.
Ratti è pittore e scultore, ed
è maestro vetraio. La sua opera, anche discontinua,
non priva di suggestioni culturali della koiné della Svizzera del nord (nel periodo
del cosidetto "costruttivismo" è debitore degli epigoni di Max Bill, nelle sculture più astratte e concet-
tuali si rifà alla scena di ArtBasel), in questa occasione
di messa in mostra globale
(le mostre coprono il Sopraceneri e il Sottoceneri, come dicono i ticinesi, cioè il
territorio cantonale) conferma le sue costanti originali, le ragioni di base della
sua espressione artistica.
Queste ragioni sono salde
per un costante rapporto
con la natura - le acque, la
luce, il tempo ciclico delle
stagioni, le materie proprie
al suo lavoro: il legno, la pietra, il vetro - e nella sua libera e anarcoide adesione
alla religiosità popolare. Religiosità del lavoro e delle
speranze nelle valli ticinesi
quando il Ticino era un luo-
go, uno spazio culturale e
storico preciso, una provincia rurale ed operaia, non una variante poco percettibile della globalizzazione finanziaria (banche, comitati di affari avvocati fiduciari, oggi). Guarda egli infatti
nella concezione, nella resa
formale - prima di tutto negli esiti delle sculture lignee
di Maternità esclusive di
protezione, di poveri Cristi
nella passione - a un non poi
così remoto, dunque, romanico ticinese e insieme alle
sculture popolari vallerane
(le santelle, le edicole votive
ai bivi montani).
Le sculture del romanico ticinese - campione ne è San
Nicolao di Giornico ai piedi
delle Alpi - non mettono in
scena né il peccato, né la
cacciata, né la punizione,
ma lepri, buoi, cinghiali e
maiali nella facciata e nei
capitelli, manifestazioni figurali si direbbe di una chiesa patarina e contadina. E
secoli dopo, nelle santelle
controriformiste ai passi, si
elencano gli strumenti della passione (corona di spine, tenaglia, chiodi, spugna…) e si ricorda al viandante. Funzione di guida e
memento delle opere di anonimi artigiani, come accade da sempre con l’arte
popolare e ornamentale:
«Le immagini degli dei si onorano, ma si disprezzano
gli scultori che le hanno fat-
te» (Seneca).
Il cammino di Ratti sempre
collima con la fabbrilità artigiana. Così evidente nelle
vetrate: il grande ciclo, religioso e laico della chiesa
parrocchiale di Biasca, la
croce della chiesina del monastero di clausura di Orselina, le vetrate della chiesa
di Corteglia, e negli spazi secolari (ville, case comunali,
case di cultura). Vetrate forti di colori e trasparenze acquee, mosaici ingranditi in
una gigantografia atletica,
dove calce, formelle di vetro, lame rotanti per il taglio,
cartoni di progetto, mescolano ardore artistico e manualità artigianale.
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LA CUCCAGNA
COMINCIA DAL
MUSEO MADRE
SASKIA SASSEN
E L’EDITORIA
SOCIALE
Roma - Gioventù bruciata.
Tra crisi, precarietà e riscatto è questo il tema della VII
edizione del Salone dell’editoria sociale, promossa
dalle Edizioni dell’Asino.
Più di 40 incontri, tra tavole
rotonde, presentazioni di
libri, video e concerti negli
spazi di Porta Futuro, dal
22 al 25 ottobre. Attesissima la lectio magistralis della sociologa Saskia Sassen.
Il 25 ottobre Goffredo Fofi
intervista dal vivo l’attore
Valerio Mastandrea. Poi,
approfondimenti sul tema
dei figli dell’immigrazione
in Italia. Un incontro con
Marco Revelli su quel che
resta della politica. Mentre
Vittorio Giacopini racconta i libri di Juan José Saer.
E ancora da non perdere
la presentazione del libro
I muri di Tunisi (Exorma)
di Luce Lacquaniti. il programma sul sito www.editoriasociale.info
Napoli - Per la giornata
del contemporaneo indetta dalla rete Amaci, che
riunisce i musei del contemporaneo in Italia, dal
10 ottobre il Museo Madre
presenta una nuova opera in situ di Daniel Buren,
dal titolo Axer / Désaxer. (in
foto) Si tratta del secondo intervento dell’artista
francese al Madre, dopo il
lavoro Come un gioco da
bambini (la cui chiusura
- visto il successo - è stata
posticipata al 29 febbraio).
E poi Desiderata di Mark
Leckey e, nell’ambito de
L’albero della cuccagna
Nutrimenti dell’arte, a cura
di Achille Bonito Oliva, una
nuova opera dello scultore
toscano Marco Bagnoli. Il
programma completo, realizzato in collaborazione
con Electa è sul sito: www.
madrenapoli.it
Cinema
mignon.
Ma solo
di nome
Montelupo Fiorentino Coraggiosa rassegna di
cinema d’autore. Il MontelupoFilmFest, dal 16 al
18 ottobre, va in scena al
cinema Mignon. L’apertura è affidata a Bola Cà Bola
Là, docufilm portoghese di
Luís Sousa.
www.montelupofilmfest.it
Le tre
sorelle in
Germania
Roma - La giovane drammaturga Rebekka Kricheldorf si
cimenta in una riscrittura de
Le tre sorelle di Cechov nello
spettacolo Villa Dolorosa, in
scena fino al 13 ottobre al
Teatro Vascello. Il contesto
diventa quello della Germania di oggi. Lo spettacolo è
di Roberto Rustioni, diretto
da Gabriele Albanese.
10 ottobre 2015
87
LE STAR
DEL JAZZ
IN EMILIA
Ferrara - Il 16 ottobre parte
la lunga carovana del jazz
nella città emiliana con la
XVII edizione di Ferrara in
Jazz che arriverà fino al 30
aprile, tra le storiche mura
del Torrione S. Giovanni e in
altre storiche location. L’apertura venerdì 16 è affidata
al quintetto di un fuoriclasse come il trombettista Wallace Roney (in foto) A ruota grandi protagonisti del
jazz internazionale. I nomi
parlano da soli: Uri Caine,
Wallace Roney, Rob Mazurek, Gary Bartz, Tim Berne,
Eumir Deodato, Kevin Hays,
Bill Carrothers, Gabriele Mirabassi, Michael Formanek,
Bennie Maupin, Dave Binney, Drew Gress, Ray Anderson, Zhenya Strigalev, Eric
Harland e altri.
http://www.illibraio.it/roma-salone-editoria-sociale-258448/
http://www.sociale.it/2015/10/22/il-salone-delleditoria-sociale-2015/
http://www.romatoday.it/eventi/salone-dell-editoria-sociale-dal-22-al-25-ottobre-2015-roma.html
http://www.piuculture.it/2015/10/salone-dell-editoria-sociale-2015-2/
http://autori.fanpage.it/salone-dell-editoria-sociale-roma-22-25-ottobre-2015/
http://www.coreonline.it/web/culture/il-salone-editoria-sociale-2015-risponde-alla-crisi/
http://www.performare.eu/news/in-primo-piano/item/423-salone-dell-editoria-sociale-2015-venerd
%C3%AC-23-ottobre-2015,-dalle-10-30-alle-12-00-via-galvani,-roma.html
http://www.romadaleggere.it/salone-delleditoria-sociale-2015/
http://www.gliamantideilibri.it/settima-edizione-del-salone-delleditoria-sociale/
http://www.42linee.it/news-salone-delleditoria-sociale-dal-22-al-25-ottobre-2015/#more-900
http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/10/21/news/salone_dell_editoria_sociale-125613411/
http://www.sbilanciamoci.org/2015/10/sbilanciamoci-al-salone-delleditoria-sociale-2/
http://www.abuondiritto.it/it/eventi/910-abolire-il-carcere-al-salone-dell-editoria-sociale.html#
http://culturability.org/notizie/highlight/al-via-il-salone-delleditoria-sociale/
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http://www.comune.bologna.it/sportellosociale/notizie/2731/81727
https://www.youtube.com/watch?v=QqA7gnWYUCY
http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/493159/Sassen-Nuovo-linguaggio-perraccontare-gli-ultimi-nella-societa-che-espelle
http://ilmanifesto.info/la-gioventu-bruciata-dalla-precarieta-permanente/
http://www.confinionline.it/it/principale/Informazione/news.aspx?prog=59970
http://movimenti.ning.com/events/gioventu-bruciata-al-salone-dell-editoria-sociale
http://www.daedalusopera.it/la-gioventu-bruciata-al-centro-della-vii-edizione-del-salonedelleditoria-sociale/
http://www.huffingtonpost.it/giulio-marcon/gioventu-bruciata_b_8344428.html
http://www.exormaedizioni.com/appuntamenti/salone-delleditoria-sociale-gioventu-bruciata/
http://www.navdanyainternational.it/it/eventi-navdanya-international/286-presentazione-di-semesacro-con-vandana-shiva-roma-24-ottobre-2015
http://www.minori.it/it/evento/gioventu-bruciata-il-cinema-e-la-societa
http://www.retisolidali.it/serve-un-patto-tra-generazioni-fondato-sulla-legalita/
http://ilmanifesto.info/saskia-sassen-e-i-predatori-della-vita-perduta/
https://www.portafuturo.it/attivita/salone-delleditoria-sociale-7
http://www.informagiovaniroma.it/cultura-e-spettacolo/appuntamenti-e-iniziative/letteratura/salonedell-editoria-sociale-2015
http://www.allwebitaly.it/evento/roma-22-25-ottobre-salone-dell-editoria-sociale-2015
http://www.welfarenetwork.it/a-roma-il-salone-dell-editoria-sociale-la-settima-edizione-al-viadomani-20151021/