Creme mani - Boycottega
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Creme mani - Boycottega
CREME MANI SCHEDA ANALITICA DOVE Marchio: DOVE Società: UNILEVER Presentazione Multinazionale anglo-olandese attiva nei settori alimentare (54%), igiene personale (28%), detergenti per la casa (18%). Si colloca al 120esimo posto della graduatoria mondiale (seconda dietro a Nestlé nel settore alimentare). Si colloca al 124esimo posto delle imprese mondiali. Risulta 3° a livello mondiale nell’alimentare dietro a Nestlè e a Kraft, 2° nella cosmesi dietro Procter&Gamble 2° nella pulizia e cura della casa dietro a P&G (2011) (www. Impreseallasbarra.it) Ha un giro d’affari di 40 miliardi di euro e utili per 5 miliardi e mezzo. Impiega 179 mila persone, la metà di queste in Asia e in Africa, paesi in cui si trova anche la metà degli stabilimenti del gruppo. Controlla il 4% del commercio internazionale di olio di palma (piantagioni proprie in Ghana e Costa d’Avorio) e il 12% del commercio internazionale di tè (piantagioni proprie in India, Kenya, Tanzania). Nel 2006 ha speso in pubblicità 4,6 miliardi di dollari posizionandosi al secondo posto nella graduatoria mondiale. Nel 2011 il gruppo ha fatturato circa 46,5 miliardi di euro, per il 41% in Asia e Africa, per il 33% nelle Americhe, per il 26% in Europa. Ha realizzato profitti per 4,6 miliardi di euro Nel 2011 il gruppo impiega 169 mila persone di cui 25 mila in piantagioni di proprietà. Il 58% è impiegato in Asia e in Africa, il 25% nelle Americhe, il 17 % in Europa. Gli stabilimenti produttivi sono oltre 250. (www. Impreseallasbarra.it) Principali marchi controllati: Lipton (aranciate cole e simili); Lipton, Tè Ati (tè); Lipton (camomilla e infusi); Algida, Carte D'Or, Eldorado, Sorbetterai di Ranieri (gelati e snack surgelati); Dante, Bertolli, San Giorgio (olio di oliva), Maya, (margarina, olio di semi, yogurt e dessert); Rama, Flora, Foglia d’Oro, Gradina (margarina); Bertolli (pomodori e passate, sughi pronti); Findus (piatti surgelati, verdure surgelate, carne surgelata, pesce surgelato); Iglo (pesce surgelato); Calvè, Mayò, Top-Down, Hellmann's, Colman’s, Amora, Knorr (maionese e salse varie); Knorr (dadi, sughi pronti, piatti pronti, riso, pomodori e passate, sale); Mazena, Pfanni (piatti pronti); Flora (yogurt e dessert, latte); Becel (yogurt e dessert); Santa Rosa (marmellate, frutta in scatola, legumi e verdure in scatola, pomodori e passate, succhi di frutta); Coccolino (ammorbidenti ed altri additivi); Surf, Omo, Sun (saponi e detersivi per bucato); Cif, Lysoform, Vim (detersivi superfici dure); Svelto (detersivi per stoviglie); Axe, Clear, Dove, Lux, Sunsilk, Timotei (saponi e detergenti); Dove, Axe, Rexona, Impulse, Sunsilk, Vaseline, (creme cosmetiche); Mentadent, Pepsodent, Signal (dentifrici); Axe (prodotti da barba). Struttura e settori ( dicembre2011) La struttura odierna del gruppo Unilever è anomala perché è controllata da due società ciascuna delle quali ha il proprio azionariato di riferimento e la proprietà di specifiche società. Inoltre hanno sede in due paesi diversi: una il Olanda, Unilever NV, l’altra in Gran Bretagna, Unilever Plc. Tuttavia esse agiscono come un’unica struttura in virtù di accordi sociali, di uno stesso apparato dirigente e della proprietà comune di varie imprese. Le principali società del gruppo sono una cinquantina, ma numerose altre operano in 100 paesi. La nascita della multinazionale si può far risalire al 1929. I settori di attività di Unilever sono l’alimentare (49% del giro di affari), cosmesi e igiene personale ( 33%), detergenti e detersivi per la casa ( 18%). In quanto impresa di trasformazione dei grassi, Unilever fin dall’inizio ha spinto la propria presenza in Africa e Asia per controllare direttamente la produzione di olio di palma. Oggi ne commercia il 3% a livello mondiale proveniente in parte dalle piantagioni che gestisce in Ghana, tramite la partecipata “ Twifo Oil Palm Piantations”. Nel marzo 2011 Unilever ha diminuito le proprie attività in Ghana. Nel corso del tempo Unilever si è inserita anche nella produzione di tè con numerose piantagioni in Kenia e in altre regioni dell’Africa orientale, dove risulta essere il maggio possidente terriero. Controlla il 12 % del commercio internazionale di tè nero, è anche un grande acquirente di pomodori, circa il 6% della produzione mondiale. Nell’ottobre 2010 Unilever ha ceduto il marchio Findus, anche per quanto riguarda il marchio italiano, al gruppo inglese Bird Eye Iglo. Nel novembre 2010 Unilever ha acquisito dal gruppo Sara Lee, per 1,2 miliardi di euro, il ramo d’azienda che commercializza in Europa prodotti per il corpo e per la pulizia dei tessuti, diventato proprietario dei marchi Badedas, Fissan, Depilzero, Glysolid, Neutral, Brylcream. Nel maggio 2011 ha acquisito la proprietà del gruppo di origine statunitense “ Alberto Culver” attivo nel settore dei saponi e detergenti con vari marchi di proprietà tra cui Noxzema. Nel 2011 Unilever ha speso 6 miliardi di euro in pubblicità. ( www.impreseallasbarra.org) UNILEVER IN ITALIA opera attraverso la società Unilever Italy Holding e le sue quattro filiali, Unileve Italia Mkt Operations, Unilever Italia Manufacturing, Unilever Italia Logistic, Unilever Italia Administrative Services. Si posiziona 1° tra le imprese fornitrici dei supermercati con 3 miliardi di euro di fatturato. Impiega circa due mila persone distribuite in quattro stabilimenti produttivi: Caivano NA ( gelati) Casalpusterlengo Lodi ( detersivi), Pozzilli Isernia ( prodotti per la casa) e Sanguinetto VR ( dadi, sughi, marmellate). ( www.impreseallasbarra.org) PROPRIETA’ (luglio 2012) La proprietà delle due società al vertice del gruppo, l’olandese Unilever NV e la britannica Unilever PLC, è estremamente frammentata e si riconduce ad un’ampia varietà di soggetti. Tra i più attivi sono gli istituti finanziari ( banche, assicurazioni, fondi), tra cui citiamo l’olandese ING Group e lo statunitense Blackrock. La proprietà passa velocemente di mano e al febbraio nessun azionista detiene quote rilevanti del capitale oltre il 5%. ( www.impreseallasbarra.org) . Il consiglio di amministrazione ( luglio 2012) che, grazie ad accordi societari, è lo stesso per le due capogruppo, è composto da 12 persone. Il presidente è Michael Treschow, mentre l’amministratore delegato è Paul Polman. Nel 2011 Paul Polman ha ricevuto compensi dal gruppo per 6,6 milioni di euro. ( www.impreseallasbarra.org) Comportamenti irresponsabili DIRITTI DEI LAVORATORI o Action Aid ha denunciato nel 2005 le condizioni di sfruttamento e di sopruso subite dai lavoratori impiegati da una controllata di Unilever nelle sue piantagioni di tè nel sud dell’India: paghe basse, braccianti costretti a indebitarsi per sfamare le famiglie e appropriazione indebita di appezzamenti di terreni occupati da sempre da contadini che non posseggono titoli legali di proprietà. Nelle piantagioni di tè del Kenya possedute da Unilever ai braccianti e alle loro famiglie sono assegnati alloggi indecorosi costituiti da un'unica stanza con latrine utilizzate in comune con le altre famiglie. o L’ong India Committee of the Netherlands ha denunciato nel 2004 la presenza di 5 mila minori in una piantagione di cotone posseduta da una società controllata da Unilever nello stato indiano dell’Andhra Pradesh dove nei campi di cotone lavorano più di 80 mila bambini esposti a sostanze tossiche e con turni di lavoro fino a 13 ore al giorno. La società incriminata ha reagito allo scandalo vendendo nel 2005 la sua quota di proprietà. o L’associazione inglese Global Witness accusa i grandi importatori di cacao, fra cui Unilever, di favorire con il proprio commercio il conflitto in atto fra governo e movimenti tribali che affligge la Costa d’Avorio dal 2002 e di cui il cacao rappresentata la principale fonte di finanziamento per l’acquisto di armi. o Dal 2004 al 2006 Unilever ha eliminato 40 mila posti di lavoro e ha annunciato di volerne tagliare altri 20 mila. Nel contempo, nel periodo 2004-2007 il suo fatturato è aumentato di oltre un miliardo di euro l’anno con un aumento proporzionale degli utili. o Ovunque nel mondo Unilever attua politiche fortemente antisindacali. Nel 2007 ha licenziato per rappresaglia 200 dipendenti nella provincia di Cagliari. In India, Brasile e Pakistan ostacola l’attività sindacale cedendo gli impianti, imponendo l’adesione a sindacati gialli o la restituzione della tessera sindacale, facendo intervenire la polizia in caso di sciopero, e ricorrendo in modo massiccio al lavoro precario. In Sud Africa i neri sono destinati soprattutto ai turni notturni e ai lavori più pesanti, gli attivisti sindacali sono assegnati a mansioni sfavorite. Nell’aprile 2008 Unilever ha rifiutato di intervenire presso l’azienda a cui appalta il trasporto dei suoi prodotti in Turchia e verso il Medio Oriente per obbligarla, sulla base di una sentenza emessa da un tribunale, a reintegrare 87 lavoratori licenziati dopo essersi iscritti al sindacato. o Nel 2009 Unilever è stata accusata dal sindacato internazionale IUF di comportamenti antisindacali nei confronti dei lavoratori nelle fabbriche di inscatolamento del tè Lipton e Brooke Bond in Pakistan: chiusura della fabbrica di Karachi e trasferimento delle lavorazioni in una fabbrica che impiega solo personale interinale; discriminazioni salariali e repressione sindacale nella fabbrica di Khanewal dove solo 22 dei 500 addetti sono assunti a tempo indeterminato. (comunicato stampa Ecological Internet (Earth Action Network), aprile 2009). Nell’ottobre del 2009 un accordo siglato dopo che lo IUF aveva presentato un esposto al Punto di Contatto nazionale britannico per l’osservanza delle linee guida OCSE impegna Unilever a creare 200 posti di lavoro permanenti nella fabbrica di Khanewal e a garantire tutti i diritti sindacali. (comunicato stampa IUF 26/10/09) o Unilever è accusata di aver stretto una partnership con il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, chiamata “Together for child vitality”, con l’obiettivo dichiarato di combattere la fame in età infantile, ma con il vero intento di promuovere la sua margarina a marchio Blue Band. La Dalda Foods, che la produce su licenza in Pakistan (fino al 2003 filiale Unilever, oggi di proprietà di suoi ex dirigenti), occupa solo lavoratori precari e nel maggio 2008 ne ha licenziati la metà dopo che questi hanno costituito un sindacato. Nel novembre 2008 la coalizione olandese United Civilians for Peace ha pubblicato un rapporto che denuncia il maltrattamento, da parte di Unilever, dei lavoratori palestinesi. La filiale Beigel and Beigel Ldt, maggior produttore israeliano di snak salati e chackers, controllata al 51% da Unilever, possiede uno stabilimento nella “ colonia Ariel”, un’area palestinese occupata dagli israeliani. Secondo la coalizione, Beigel and Beigel Ldt non solo sostiene economicamente la presenza illegale degli israeliani in territorio abusivo, ma trae vantaggio dal trattamento discriminatorio degli operai palestinesi, in contrasto col codice stesso adottato da Unilever. In effeti agli operai palestinesi, una sessantina su un totale di 130 dipendenti, ricevono salari più bassi, sono sottoposti a turni più gravosi e non possono organizzarsi in sindacato. ( United Civilians for Peace, Improper Advantage: a study of Unilever’s investment in an illegal Israel Settlement, novembre 2008) ( www.impreseallasbarra.org) ° Solo nel novembre 2009 di fronte al tavolo di conciliazione dell’OECD, Unilever ha accettato di porre rimedio alle accuse presentate nel 2008 da IUF, il sindacato internazionale degli Alimentaristi, che la accusava di ricorrere in maniera abituale all’assunzione di personale precario nello stabilimento di Khanewal ( Pakistan) allo scopo di abbassare le paghe e di impedire l’attività sindacale ( UK National Contact Point for the OECD, risoluzione n. URN 09/1570, 20 nov. 2009) ( www.impreseallasbarra.org) ° Nel settembre 2010 la rivista indiana Frontline ha scritto che Unilever non ha ancora assunto iniziative concrete per risarcire i danni causati dalla sua fabbrica che produceva termometri al mercurio nella regione del Kodaikanal in India. Nel 2001 tale fabbrica era stata chiusa dopo che erano stati scoperti 7,4 tonnellate di scarti di vetro contaminati da mercurio, scaricati nei pressi della foresta Pambar Shola. Tuttavia l’emergenza ambientale è solo la punta dell’iceberg. Ancor più grave è l’emergenza sanitaria. Decine di lavoratori della fabbrica chiedono giustizia perché intossicati dal mercurio. Denunciano disturbi neurologici, tremori, disfunzioni renali e casi di aborto tra il personale femminile. I loro figli soffrono i disturbi tipici dell’avvelenamento da mercurio: disordini mentali, disturbi cardiaci e deformità congenite ( Frontline, Poisoned Ground, volume 27 – Issue 19, sett. 2010) ( www.impreseallasbarra.org) o Solo nell’ottobre 2010, di fronte al tavolo di conciliazione dell’OECD; Unilever ha accettato di porre rimedio alle accuse presentate nel 2007 da IUF, il sindacato internazionale degli alimentaristi, che la accusava di ostacolare la piena libertà sindacale nella piantagione di tè di Doom Dooma in India, regione di Assam ( UK National Contact Point for the OECD, risoluzione n. URN 10/1228, 18 ottobre 2010) o Nel 2011 varie organizzazioni hanno denunciato forti preoccupazioni sulla correttezza sociale e ambientale di alcune materie prime che Unilever compra da terzi. Un caso è la vaniglia, che Unilver utilizza in quantità pari a 127 tonnellate l’anno, equivalente all’1,4% mondiale e che acquista da vari intermediari commerciali. Buona parte di essa proviene dal Madagascar, dove è stata accertata una forte presenza di bambini lavoratori, che ben si adattano alle mansioni monotone e ripetitive della coltivazione della vaniglia. ( Somo, Unilever Overview of controversial business pactices in 2010, maggio 2011). Un altro caso è il cacao che proviene in gran parte dall’Africa Occidentale nelle cui piantagioni si fa largo uso di lavoro minorile e di lavoro forzato. Nel 2008, in Costa d’Avorio si contavano 820.000 lavoratori bambini, in Ghana un milione. Si stima che il 15% di essi si trovasse addirittura in condizione di schiavitù ( World Vision Australia, 10 Years on from the Harkin-Engel Cocoa Protocol, aprile 2011) ( www.impreseallasbarra.org). ° Nell’aprile 2011, Somo e ICN, due organizzazioni olandesi specializzate in ricerca sulle imprese, hanno denunciato condizioni di lavoro indegne nella piantagione di tè che Unilever possiede in Kenia nei pressi di Kericho. Le denunce rivelano un alto ricorso al lavoro di avventizi assunti alla giornata che per legge godono di un salario bassissimo senza obbligo di contributi sociali, ritorsioni verso chi svolge attività sindacali, situazioni igieniche e abitative deplorevoli. Sono anche state raccolte testimonianza di donne che dichiarano di subire violenza sessuale da parte dei capi. Già nel 2008 l’associazione Keniota “ Kenia Human Rights Commission” aveva denunciato discriminazioni e abusi di tipo sessuale, giornate lavorative di 11 ore per sei giorni a settimana, alto ricorso agli straordinari spesso obbligatori, comportamenti arroganti dei supervisori. Condizioni di lavoro analoghe sono state rilevate anche in India, presso le piantagioni dei terzisti che riforniscono la filiale Hindustan Unilever Limited ( Somo and ICN, Certified Unilever Tea: Small cup, big difference?, ottobre 2011; The ecologist, PG Tips and Lipton tea hit by sexual harassment and poor conditions? Claims, 13 aprile 2011) ( www.impreseallasbarra.org). ° nel luglio 2012 IUF, il sindacato Internazionale degli Alimentaristi denuncia che Unilever non ha ancora garantito piena libertà sindacale nella piantagione di tè di Doom Dooma in India, regione di Assam. Nell’ottobre 2010 di fronte al tavolo di conciliazione dell’OECD, Unilever aveva accettato di porre rimedio alle accuse presentate fin dal 2007 da IUF. Ma, passati due anni, l’atteggiamento antisindacale del gruppo è perfino più marcato. Al sindacato no è rimasto altro da fare che lanciare una campagna di pressione internazionale per chiedere a Unilever di rispettare gli impegni presi ( IUF, Unilever must respect human Rights-and the agreements i signs, luglio 2012) ( www.impreseallasbarra.org). DIRITTI DEI CONSUMATORI o L’autorità antitrust tedesca ha inflitto nel 2008 una multa complessiva di 37 milioni di euro a Unilever, Sara Lee ed Henkel per aver creato un cartello allo scopo di tenere alti i prezzi di detergenti e prodotti per il corpo. o Unilever non solo non fornisce garanzie sull’assenza di OGM nella sua filiera produttiva, ma ha chiesto nel 2007 all’Unione Europea l’autorizzazione a commercializzare un gelato contenente una proteina OGM. o L’impresa ha dovuto ritirare dal commercio alcuni cibi pronti perché contenenti il colorante Sudan 1, altamente tossico, normalmente usato in solventi, cere, benzine e lucide per scarpe. o Le affermazioni nutrizionali riferite al contenuto in steroli vegetali di alcuni prodotti alimentari Unilever sono state messe in discussioni da indagini giornalistiche e sanzionate dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria. Sostanze tossiche sono state rintracciate tra gli ingredienti dei profumi spray a marca “Axe”. o La Unilever Hong Kong ha ammesso la presenza di melammina nelle bustine di tè al latte Lipton venduto a Hong Kong e Macao. Nell’aprile 2009 Unilever è stata condannata dall’Antitrust italiano al pagamento di una multa pari a 100 mila euro per pubblicità ingannevole. Oggetto della pratica commerciale scorretta uno spot della bevanda Anticolesterolo “Pro Activ” a marchio Becel ( Autorità garante della concorrenza e del mercato, provvedimento n. 19820, 29aprile 2009). ) ( www.impreseallasbarra.org). o Nel dicembre 2010 Unilever è stata condannata dall’Antitrust italiano al pagamento di una multa pari a 18,7 milioni di euro per aver partecipato a un cartello formato da 16 aziende cosmetiche teso ad aumentare i prezzi di listino dei prodotti destinati alla grande distribuzione. ( Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Provvedimento n. 21924, 15 dicembre 2010) ( www.impreseallasbarra.org). ° Nel marzo 2011 l’Antitrust tedesco ha inflitto a Unilever, Dr. Oetker e Kraft una multa complessiva di 38 milioni di euro per aver violato le norme sulla concorrenza. Per anni si erano incontrate per scambiarsi informazioni sulle loro politiche commerciali al fine di mantenere i prezzi elevati. ( Bundeskartellamt, comunicato stampa, 17 marzo 2011 ) ( www.impreseallasbarra.org). ° Nell’aprile 2011 l’Antitrust europeo ha inflitto a Unilever una multa di 104 milioni di euro per aver violato le regole sulla concorrenza, nel settore dei detersivi per il bucato. Tra il 2002 e il 2005 aveva formato un cartello assieme a Henkel e Procter&Gamble per fissare i prezzi dei prodotti in ben otto Paesi (belgio, Francia, Grecia, Germania, Italia, Olanda Portogallo, Spagna) ( Europa.EU, comunicato stampa n.IP/11/473, 13 aprile 2011 ) ( www.impreseallasbarra.org). ° Nel maggio 2011 le autorità cinesi hanno comminato a Unilever una multa di 200 mila euro per procurato allarme su possibili aumenti di prezzo che avrebbero potuto provocare inflazione nel Paese. ( Financial Times, Unilever fined for China price rise talk, 6 maggio 2011). ) ( www.impreseallasbarra.org). RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI o Il California Air Resources Board ha inflitto nel 2010 una multa di 1,3 milioni di dollari a Unilever per l’inquinamento causato dal suo deodorante spray per uomini Axe, prodotto dalla sua controllata Conopco. La multa si riferisce al contenuto oltre i limiti di composti organici volatili utilizzati come propellenti e responsabili di contribuire alla formazione di ozono a livello del suolo. (RSI news 22/2/10) o Il rapporto “Slaughtering the Amazon”, pubblicato nel giugno 2009 da Greenpeace, denuncia che numerose imprese, fra queste Unilever e Colgate Palmolive, si riforniscono da tre grandi gruppi brasiliani che acquistano bovini destinati alla macellazione da allevamenti illegali situati in aree deforestate dell’Amazzonia dove si pratica anche lavoro in stato di schiavitù. Bertin, uno dei colossi brasiliani della trasformazione della carne, elenca Unilever e Colgate Palmolive fra i maggiori clienti nel settore dell’igiene e della cosmesi. o Unilever acquista olio di palma da un produttore indonesiano che è accusato di appropriarsi illegalmente di terreni appartenenti alle comunità locali e di metterli a coltura dando alle fiamme tratti di foresta. Si calcola che la deforestazione praticata in Indonesia attraverso gli incendi sia causa del 4% delle emissioni globali di anidride carbonica. Per questo Greenpeace chiede a Unilever una selezione oculata dei fornitori e la riduzione degli acquisti di materia prima. o In Ghana le comunità locali della regione del Benso accusano le piantagioni di palma da olio gestite da Unilever di inquinare gravemente i corsi d’acqua. Per risolvere il problema, le autorità hanno dovuto costruire una condotta alternativa. o A seguito di una campagna internazionale, nell’aprile 2009 la più grande impresa produttrice di olio di palma della Costa d’Avorio, Palmci, abbandona un progetto che avrebbe causato la distruzione di 12 mila ettari di foresta vergine nel sud del paese, rifugio di specie animali minacciate, per far posto alla monocoltura della palma da olio. Fra i principali finanziatori del progetto figura Unilever, che sbandierava un impegno a proteggere le foreste locali acquistando solo olio di palma certificato (ma a partire dal 2015). (www.iuf.org, luglio 2009) o Nel 2007 le autorità cinesi hanno comminato a Unilever una multa di 100 mila yuan (14 mila dollari) perché lo stabilimento localizzato nella provincia di Anhui scaricava acque reflue contenenti dosi di inquinanti fuori norma. o Nel 2005 un’inchiesta pubblicata dal quotidiano britannico Guardian rivelava che alcune imprese alimentari, tra cui Unilever, acquistavano soia da fornitori brasiliani che coltivavano su appezzamenti ottenuti attraverso l’abbattimento illegale della foresta amazzonica. Nel febbraio 2010 la California Air Resources Board ha condannato la società Conopco, filiale statunitense del gruppo Unilever , al pagamento di una multa pari a 1,3 milioni di dollari, per violazione della normativa ambientale. La società è accusata di aver messo in circolazione dal 2006 al 2008, un numero pari a 2,8 milioni di bombolette spray contenenti gas fuori norma ( www.arb.ca.gov). (www.impreseallasbarra.org). o Nel corso del 2011 è stato confermato il coinvolgimento di Unilever con imprese del Sud est asiatico compromesse con la distruzione illegale di foreste per far posto a piantagioni di olio di palma. Greenpeace stima che la suddetta deforestazione provochi ogni anno 1,8 miliardi di tonnellate di CO2 pari al 4% delle emissioni globali. L’Indonesia è il terzo produttore di gas serra dietro a USA e Cina. Nonostante Unilever abbia aderito al codice della Roundtable on sustainable palm oil, nell’aprile 2011 Unilever ha ammesso di rifornirsi dalla società malesiana IOI Group che è tra le imprese di olio di palma più compromesse con la deforestazione illegale ( Reuters, Green Palm oil body censures Malaysia IOI, Unilever, 7 aprile 2011; Friends of the Earth Europe, Too Green to be true, marzo 2010) Nel maggio 2011 anche il Financial Times ha avanzato dubbi sulla reale correttezza di filiera dei grandi acquirenti mondiali come Unilevere e Nestlè ( finacial Times, Food producers accused over palmo il, 22 maggio 2011) ( www.impreseallasbarra.org). O Ogni anno il settimanale statunitense Newsweek compila una graduatoria delle multinazionali in base al loro comportamento ambientale. Prende in esame il livello di risorse consumate e di inquinanti emessi, le politiche perseguite, il grado di reputazione raggiunto. La graduatoria è compilata secondo un punteggio che va dalla migliore alla peggiore. Nel 2011 Unilever si posiziona al 292° posto ( Newsweek, Green Ranking 2011) ( www.impreseallasbarra.org). TRASPARENZA o Non ha risposto al questionario del Centro Nuovo Modello di Sviluppo per l’aggiornamento della Guida al consumo critico e non pubblica esaurienti dati sull’impatto ambientale e sociale delle sue attività. Al luglio 2012 il sito del gruppo ( www.unilever.com) dà varie informazioni sui dati economici, ma è più parco di informazioni sulla struttura del gruppo. Pubblica anche un bilancio socio-ambientale che tuttavia evidenzia i dati che mettono in buona luce l’azienda riportando in maniera parziale o non riportando affatto informazioni su argomenti significativi come la presenza nei paradisi fiscali, multe e condanne, forniture ai corpi militari, spese in attività lobbistiche. ( www.impreseallasbarra.org ) VARIE o Unilever fa parte di svariate associazioni portatrici di interessi di impresa: USCIB (United States Council for International Business) nata con lo scopo di rappresentare “i valori e le idee dell’American business” e di promuovere il libero mercato nei confronti dei politici americani ed europei, delle Nazioni Unite e altri organismi internazionali; ICC, la Camera di Commercio Internazionale con sede a Parigi che raggruppa imprese di 90 paesi e che promuove la liberalizzazione del commercio e degli investimenti con rapporti con l’OMC e l’ONU (www.iccwbo.org) ; il Transatlantic Business Dialogue, associazione di multinazionali statunitensi ed europee che collaborano alla scopo di velocizzare la rimozione delle esistenti barriere al commercio e agli investimenti ed evitare che se ne formino di nuove ( www.tabd.com ) ; l’ ERT (European Round Table) un’associazione europea creata per rappresentare gli interessi delle multinazionali presso le istituzioni europee; le imprese associate sono molto potenti e hanno un fatturato complessivo di 1600 miliardi di euro ( www.ert.be). Unilever aderisce a CIAA, la Confederazione delle Industrie Agro-alimentari dell’Unione Europea, un’associazione che ha lo scopo di rappresentare gli interessi di categoria nei confronti delle istituzioni europee e internazionali. Oltre a Unilever vi aderiscono anche Barilla, Cadbury, Cargill, Coca-Cola, Kraft, Danone, Procter&Gamble, Ferrero, general Mills, Kellog’s, Mars, Heineken, Heinz, Nestlè, Pepsico. Nel 2010 la Confederazione ha coordinato una campagna costata oltre un miliardo di euro per impedire che passasse una proposta del Parlamento Europeo tesa a usare un sistema di bollini rossi e verdi per segnalare gli alimenti da evitare o preferire in base al loro contenuto in grassi. La campagna è andata a segno privilegiando un sistema di informazione meno d’impatto, basato sulla pubblicazione delle chilocalorie. ( EuropeanVoice.com dell’11 marzo 2010, citato su www.corporateeurope.org) ( www.impreseallasbarra.org). o Unilever compare nella lista delle imprese che fanno attività di lobby nei confronti delle autorità di governo degli Stati Uniti (3 miliardi dollari spesi dal 2003 al 2007). A tale scopo nel 2011 ha speso 700 mila dollari ( Center for responsive Politics, www.opensecrets.org) o Unilever è accusata di concedere microcredito alle donne più povere delle zone rurali dell’India con lo scopo di incentivare le attività di vendita porta a porta dei propri prodotti. ARMI ED ESERCITO Nel 2006 le società del gruppo Unilever compaiono nella lista di fornitori delle forze armate statunitensi con contratti dell’ammontare complessivo di 169 milioni di dollari. Nel 2011 Unilever si è posizionata 286 esima tra i fornitori delle forze armate statunitensi, a cui ha venduto prodotti per complessivi 125 milioni di dollari ( www.usaspending.gov) ( www.impreseallasbarra.org). o Unilever compare nella lista delle imprese che commercializzano prodotti per l’igiene e per la casa con ingredienti testati su animali. Unilever ha filiali o sedi operative in Stati con regimi oppressivi: Arabia Saudita, Azerbaijan, Bangladesh, Camerun, Cina, Colombia Cuba, Dominica, Egitto, Etiopia, Filippine, Gambia, Haiti, Indonesia, Iran, Israele, Kyrgystan, Kuwait, libia, Malesia, Marocco, Messico, Nigeria, Pakistan, Qatar, Congo, Russia, Siria, Sri Lanka, Sudan, Tailandia, Tunisia, Uzbekistan, Zimbabwe ( Unilever, Annual Report and Accounts 2011). In Israele, la filiale Beigel and Beigel Ltd, gestisce uno stabilimento in un’area palestinese abusivamente occupata dagli israeliani. I militari sottopongono i lavoratori palestinesi ad ogni forma di vessazione. ( United Civilians for peace, Improper Advantage nov 2008). Nel 2010 Unilever, spinta dalla pressione della società civile, ha espresso l’intenzione di spostare la fabbrica nei territori non occupati di Israele ( www.whoprofits.org) ( www.impreseallasbarra.org). o Unilever è presente in paradisi fiscali tramite filiali , sedi commerciali o finanziarie in Andorra, Antigua&Barbuda, Bahamas, Bahrain, Barbados, Belgio, Belize, Cipro, Costa Rica, Dubai, Germania ( francoforte), Grenada, Hong Kong, Irlanda, Islanda, isole Marshall, Israele ( Tel Aviv) Libano, Liberia, Lussemburg, Macao, Malta, Mauritius, Monaco, Olanda, Panama, Repubblica Dominicana, Santa Lucia, Saint Vincent&le Granadine, Samoa, san marino, Seychelles, Singapore, Somalia, Svizzera, Taiwan, Tonga, Ungheria, Uruguay, USA ( Delaware) Vanuatu ( Unilever, Annual Report and Accounts 2011 Comportamenti responsabili RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI o Unilever sostiene di aver accolto l’invito di Greenpeace a ridurre l’acquisto di olio di palma passando da 1,7 milioni di tonnellate nel 2002 a 800 mila nel 2007. o Nel luglio 2006, in seguito a uno scandalo giornalistico, alcune multinazionali fra cui Unilever, si sono impegnate a rifornirsi esclusivamente da fornitori brasiliani che rispettano le leggi ambientali. o Unilever si è impegnata negli USA a limitare la pubblicità di alimenti e bevande diretta ai minori di 12 anni, nell’ambito della lotta all’obesità infantile. o Secondo una comunicazione inviata a Greenpeace, quasi tutti gli ftalati sarebbero stati eliminati dai prodotti Unilever destinati all’igiene personale e alla casa. Tuttavia l’impresa non ha ancora eliminato ftalati e muschi dai suoi profumi. Fonti: Guida al consumo critico 2008, IUF, RSI News, Asia News, Ecological Internet, Greenpeace, www.impreseallasbarra.org). SCHEDA ANALITICA GLICEMILLE Marchio: COLGATE Società: COLGATE-PALMOLIVE Presentazione Gruppo multinazionale di origine statunitense, attivo nella produzione di detergenti e saponi. Fattura 13,8 miliardi di dollari per il 40% dai prodotti per l’igiene orale, per il 23% dai detergenti per il corpo e il 24% da quelli per la casa. Il restante 13% proviene dalla vendita di cibo per animali a marchio Hill’s. Il gruppo possiede 340 stabilimenti, di cui 280 fuori dagli Stati Uniti, che complessivamente impiegano 36mila persone. La proprietà del gruppo appartiene ad un azionariato diffuso composto per il 71% da banche, assicurazioni e fondi di investimento. Nessuno degli azionisti possiede più del 2% delle quote. A dirigere il gruppo è Reuben Mark che guadagna 12 milioni di dollari l’anno. Colgate-Palmolive spende in pubblicità 1,5 miliardi di dollari (2007). Principali marchi controllati: Colgate, Plax, Periogard, Orogard, (dentifrici), Palmolive, (saponi e detergenti, creme cosmetiche); Douss Douss (saponi e detergenti); Palmolive, Mennen (prodotti da barba); Glicemille (creme cosmetiche); Aiax (detersivi superfici dure); Bravo (detersivi per stoviglie); Aiax, Soflan, Olà (saponi e detersivi per bucati); Fabuloso, Curamorbido (ammorbidenti ed altri additivi). Comportamenti irresponsabili DIRITTI DEI LAVORATORI o Nel 2004 Colgate-Palmolive ha annunciato il taglio di 4.440 posti di lavoro e la chiusura di un terzo dei suoi stabilimenti. A fine 2006 l’organico era già diminuito di 1.300 unità. Eppure la multinazionale non sembra passarsela male poiché il fatturato dal 2004 è sempre in crescita e così anche gli utili. o Nel 2008 COLGATE ha adottato un codice di condotta che nella parte dedicata ai lavoratori prevede tra l’altro, l’impegno a garantire un posto di lavoro sicuro e sano, una retribuzione che consenta ai dipendenti di soddisfare i bisogni fondamentali, il diritto alla libertà di organizzazione sindacale. Tuttavia il gruppo non specifica quali misure abbia assunto per verificare il rispetto dei diritti sottoscritti nelle proprie filiere produttive ( Colgate-Palmolive company, Code of Conduci) ( www.impreseallasbarra.org aggiornato agosto 2008) DIRITTI DEI CONSUMATORI o Un articolo pubblicato nel 2006 sulla rivista Environmental Science & Technology da un gruppo di scienziati statunitensi denuncia che Colgate-Palmolive per i suoi dentifrici usa sostanze che possono recare danni all’organismo umano. In particolare è finito sotto accusa un ingrediente, il triclosan, che a contatto con il cloro dell’acqua può formare cloroformio, considerato un probabile cancerogeno. Alcune case produttrici hanno già deciso di non utilizzare più l’ingrediente. Tuttavia Colgate-Palmolive ritiene il triclosan totalmente sicuro perché approvato dalle autorità sanitarie statunitensi, mentre, come ci fa sapere la stessa Colgate, il suo uso è in discussione in Europa (Colgate-Palmolive: Bilancio 2006). All’opposto Greenpeace e WWF che considerano nociva la sostanza hanno promosso una campagna per bandirne l’uso. o L’associazione statunitense Environmental Working Group, promotrice della Campagna per i cosmetici sicuri, dopo aver analizzato circa 300 ingredienti impiegati da Colgate-Palmolive ritiene che il 25% di essi possano nuocere alla salute. Ad esempio, il floruro di sodio, utilizzato nel 64% dei prodotti analizzati, anche a basse dosi si è rivelato tossico in diversi test di laboratorio sia per il sistema nervoso che per l’apparato riproduttivo. Il Canada ne permette un uso limitato, mentre l’Unione Europea lo considera tossico e da usare con le dovute cautele. I ricercatori dell’Università di Pittsburgh ritengono che l’esposizione al methylisothiazolinone (MIT), ingrediente usato nei prodotti a marchio Palmolive e di altre case cosmetiche, potrebbe causare durante la gravidanza malformazioni al cervello del nascituro. o Nel 2007 un lotto di dentifricio Herbal White prodotto dalla Colgate in Irlanda e venduto in Spagna è stato ritirato dal mercato dopo che le autorità sanitarie avevano rilevato una quantità di microrganismi mesofilici dieci volte superiore a quella ammessa dalle normative e di enterobatteri due volte superiore. o Nel 2004 l’Unione federale francese dei consumatori UFC-Que Choisir ha chiesto al ministero della sanità il ritiro immediato del detergente per la casa Ajax prodotto dalla Colgate-Palmolive, nella versione liquida al profumo di sapone di Marsiglia. L’accusa è quella di emettere formaldeide ben al di sopra dei limiti indicati dall’OMS per le persone sensibili. o Colgate-Palmolive ha ritirato dal mercato i suoi prodotti a marchio Science Diete, una linea di alimenti per cani, contaminati da una sostanza chimica utilizzata nella plastica, la cui ingestione ha causato la morte di 14 animali. La multinazionale è uno dei 12 produttori coinvolti, alcuni di questi hanno patteggiato nella causa avviata dai proprietari degli animali. o SALUTE DEI CONSUMATORI Un gruppo di associazioni statunitensi accusa Colgate di scarsa attenzione per la salute dei consumatori. Nel 2006 è stata lanciata la “Campaign for Safe Cosmetics” con lo scopo di rendere i consumatori più consapevoli della tossicità e alcuni ingredienti e responsabilizzare la case produttrici sulla sicurezza dei loro prodotti. La campagna ha chiesto alle case produttrici di sottoscrivere un codice, il “ Compact for the global production of Safe Healt and beauty product” che tra i vari punti indica la necessità di adottare la legislazione europea vista la lacunosità di quella statunitense, e di fare un inventario degli ingredienti utilizzati sostituendo quelli conosciuti per la loro tossicità per la pelle, il sistema nervoso, gli ormoni, i geni, la riproduzione e lo sviluppo. Al dicembre 2010, le aziende aderenti al codice sono oltre1000, ma Colgate non è compresa nonostante i continui inviti della campagna. Invece è presente la filiale Tom’s of Maine, che ha un piccolo mercato negli Stati Uniti nel settore dei cosmetici naturali. ( www.safecometics.org) ( www.impreseallasbarra.org) o Nel 2011 L’Environmental Working Groups ha censito 300 prodotti per il corpo fabbricati da Colgate-Palmolive e commercializzati negli Stati Uniti rilevando che molti di essi contengono ingredienti “ad alto rischio” in quanto tossici per l’organismo, altamente inquinanti per l’ambiente, pericolosi per chi li fabbrica. Un esempio è rappresentato dal fluoruro di sodio, rilevato in 74 prodotti, che è considerato un neurotossico. Anche il DMDM HYDANTOIN della famiglia delle formaldeide, rilevato in 54 prodotti, è considerato tossico per il sistema immunitario e irritante per l’epidermide (Environmental Working Groups, Skin Deep Cosmetic Safety Database 2011) . ( www.impreseallasbarra.org) o Un’altra sostanza sul banco degli imputati è il TRICLOSAN, un battericida usato nei dentifrici e nei saponi da vari produttori tra cui Colgate. Varie associazioni tra cui le statunitensi Beyond Pesticides e Food&Water Watch, hanno chiesto di bandire tale sostanza perché ci sono sopsetti che possa nuocere all’organismo umano e una volta scaricato nell’ambiente contaminare i corsi di acqua. Anche le autorità dell’Unione Europea e degli USA nutrono dubbi sulla totale salubrità della sostanza chiedono studi più approfonditi, anche se per ora non hanno l’urgenza di vietarne l’uso ( Federal Register, Vol. 75 No.235, 8 dicembre 2010; European Commission, Scientific Committee on Consumer Safety, Opinion on Triclosan, giugno 2010) ( www.impreseallasbarra.org) o CONSUMATORI E LEGALITÀ Nel marzo 2012 l’Antitrust francese ha multato per 4,6 milioni di euro, la filiale Hill’s per Nutritio SNC per condotte contrarie alle norme sulla concorrenza ( L’Autorité de la Concurrence, Decision 12-D-10, 20 marzo 2012). La stessa autorità, nel dicembre 2011, aveva multato per complessivi 35 milioni di euro anche la capogruppo Colgate Palmolive Company e la filiale Colgate Palmolive Services SA. Le società sono ree di aver organizzato un cartello con altre imprese per fissare al rialzo i prezzi dei detersivi a discapito dei consumatori (L’Autorité de la Concurrence, Decision 11-D-17, 8 dicembre 2011) . Nel dicembre 2010 Colgate-Palmolive Spa è stata condannata dall’antitrust italiano al pagamento di una multa pari a 2,467 milioni di euro per avere partecipato a un cartello formato da 16 aziende cosmetiche teso ad aumentare i prezzi di listino dei prodotti destinati alla grande distribuzione ( Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Provvedimento 21924 del 15 dicembre 2010) . In diverse altre occasioni Colgate è stata raggiunta da provvedimenti sanzionatori da parte delle autorità che vigilano sul mercato. Nel dicembre 2009 la filiale svizzera Gaba è stata multata per 5 mlioni di dollari, nel gennaio 2010 è toccato ad una filiale spagnola con tre milioni di dollari, mentre le rispettive autorità nazionali stanno ancora indagando su violazioni da parte delle filiali di Olanda, Francia e Germania ( Colgate-Palmolive Company, Form 10K2010) (www.impreseallasbarra.org) RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI o Il rapporto “Slaughtering the Amazon”, pubblicato nel giugno 2009 da Greenpeace, denuncia che numerose imprese, fra queste Unilever e Colgate Palmolive, si riforniscono da tre grandi gruppi brasiliani che acquistano bovini destinati alla macellazione da allevamenti illegali situati in aree deforestate dell’Amazzonia dove si pratica anche lavoro in stato di schiavitù. Bertin, uno dei colossi brasiliani della trasformazione della carne, elenca Unilever e Colgate Palmolive fra i maggiori clienti nel settore dell’igiene e della cosmesi. o Nel 2007 le autorità ambientali degli Stati Uniti, hanno multato Colgate-Palmolive complessivamente per 26 mila dollari dopo aver riscontrato 8 violazioni alla normativa ambientale. Nel marzo 2007 Colgate-Palmolive, citata in giudizio dalle autorità statunitensi, ha patteggiato il pagamento di 2,8 milioni di dollari per danni ambientali causati al territorio di Penham in Georgia, rimasto pesantemente inquinato dalle attività di un complesso industriale in cui era presente anche il gruppo Colgate ( Environmental Protection Agency, enforcement actions archive 2007) (www.impreseallasbarra.org) o Nel 2007 le attività del gruppo hanno rilasciato nell’atmosfera 675 milioni di chilogrammi di gas serra. o Nell’aprile 2008 le autorità ambientali dell’Ohio, negli USA, hanno comminato a ColgatePalmolive company una multa di 14.200 dollari, per aver trattato in maniera scorretta alcuni rifiuti pericolosi prodotto dallo stabilimento vicino alla cittadina di Cambridge ( Lawyers and settlements, waste water violations, 8 aprile 2008 (www.impreseallasbarra.org) o Nel 2010 le attività produttive del gruppo hanno rilasciato in atmosfera 700 milioni di chilogrammi di gas serra, all’incirca quanto l’anno precedente ( Carbon disclosure project, S&P 500 report 2010 (www.impreseallasbarra.org) o o TRASPARENZA o non ha risposto al Centro Nuovo Modello di Sviluppo per l’aggiornamento alla Guida al consumo critico. Rende pubblici alcuni dati sull’impatto ambientale e sociale delle sue attività, ma sono utilizzati soprattutto a scopo di immagine. o Interpellata nel 2006 da Greenpeace, Colgate-Palmolive si è rifiutata di fornire informazioni sufficienti riguardo alle sostanze chimiche impiegate nei suoi prodotti. o Al maggio 2012 il sito della filiale italiana ( www.colgate.it) è solo di tipo commerciale. Quello della capogruppo ( www.colgate.com) riporta numerose informazioni anche se non sempre di facile accesso sulla struttura del gruppo, sulla proprietà, sui dati economici. Pubblica un bilancio socio-ambientale che riporta alcune informazioni riguardo al comportamento dell’azienda in ambito ambientale e sociale. Tuttavia dà risalto soprattutto agli aspetti che possono mettere in buona luce il gruppo, tralasciando questioni come le multe e condanne inflitte al gruppo dall’antitrust, il ricorso ai paradisi fiscali, la presenza nei regimi oppressivi, le forniture ai militari. (www.impreseallasbarra.org) ARMI ED ESERCITO o Nel 2006 Colgate-Palmolive ha fornito prodotti alle forze armate statunitensi per un ammontare di 40,5 milioni di dollari. o Nel corso del 2011 Colgate ha stipulato 4 contratti di fornitura con le forze armate statunitensi, per l’ammontare complessivo di 26,5 milioni di dollari ( www.usaspending.gov) ( www.impreseallasbarra.org) VARIE o Reuben Mark, capo del consiglio di amministrazione del gruppo, siede anche nel consiglio di amministrazione del gruppo statunitense Time Warner, proprietario tra l’altro delle riviste Time e Fortune, di numerosi canali televisivi e della casa di produzione cinematografica “Warner Bros”. o Nel 2005 ha speso 90 mila dollari in attività di lobby nei confronti delle forze politiche statunitensi. o Nel 2011 ha speso 740mila dollari in attività di lobby nei confronti delle forze governative statunitensi ( www.opensecrets.org) ( www.impreseallasbarra.org) o fa parte di USCIB (United States Council for International Business), associazione che raggruppa le maggiori imprese mondiali, nata con lo scopo di rappresentare “i valori e le idee dell’American business” e di promuovere il libero mercato nei confronti dei politici americani ed europei, delle Nazioni Unite e altri organismi internazionali. o Nel dicembre 2005 le autorità fiscali del Brasile hanno comminato alla divisione brasiliana di Colgate-Palmolive una multa di 64 milioni di dollari per evasione fiscale. La multinazionale è ricorsa in appello. o L’associazione animalista Peta denuncia che Colgate-Palmolive è tra le imprese coinvolte nella sperimentazione sugli animali. o REGIMI OPPRESSIVI: ha filiali in Cina, Malesia, Tailandia, Filippine, Marocco, Turchia, Messico ( Colgate-Palmolive Co, Form 10-K, 2011) (( www.impreseallasbarra.org) o PARADISI FISCALI La casa madre è dominiliata nel Delaware, USA. Altre 15 filiali sono domiciliate in Delaware, 3 a Singapore, 2 in Svizzera, 2 a Hong Kong, 2 in Belgio, 2 in Olanda, 1 in Irlanda, 1 nelle isole Vergini Britanniche, una in Uruguay ( Colgate-Palmlive Co, Form 10K, 2011) (( www.impreseallasbarra.org) o BIOPIRATERIA: varie associazioni indiane, tra cui l’Association of Manufactures of Ayurvedic Medicines accusano Colgate di Biopirateria. L’azienda ha depositato negli USA il brevetto per una nuova formulazione di dentifricio che, secondo le associazioni indiane è copiata da un’antica ricetta tradizionale indiana. L’associazione ha chiesto allo stato indiano di intentare causa all’azienda ( Herald Sun, Colgate accused of toothpaste recipe Theft, 21 ottobre 2010). ( www.impreseallasbarra.org) Fonti: Guida al consumo critico, ed. 2008; RSI News, Greenpeace, www.impreseallasbarra.org SCHEDA ANALITICA NIVEA MARCHIO: NIVEA SOCIETA’: BEIERSDORF Presentazione Gruppo multinazionale chimico di origine tedesca, con sede ad Amburgo. Fattura 5,5 miliardi di. Produce e commercializza prodotti per il corpo (85% del fatturato) e cerotti e nastri adesivi (15%). Il controllo del gruppo appartiene alla famiglia tedesca Herz, tramite Maxingvest, con il 51% del capitale azionario. Maxingvest è contemporaneamente proprietaria al 100% del gruppo Tchibo. Beiersdorf AG è quotata presso la Borsa di Francoforte. I suoi marchi sono: 8x4 atrix basis Curad Elastoplast Eucerin Florena FUTURO Hansaplast JUVENA Labello la prairie Marlies Möller Nivea SBT: Skin Biology Therapy Tesa Il 50,49% della società è controllato da Tchibo Holding AG. Quest'ultima a sua volta appartiene alla famiglia Herz. Beiersdorf è presente in tutto il mondo con 150 consociate; in particolare, si focalizza sui Paesi con una crescita sopra la media. La crema NIVEA è stata la prima emulsione stabile e la prima crema idratante ed è uno dei più grandi brand al mondo nella cura della pelle. it.wikipedia.org/wiki/Beiersdorf_(azienda) Comportamenti irresponsabili DIRITTI DEI LAVORATORI Tchibo è un grande commerciante di caffè, tra i primi 5 a livello mondiale, è quindi corresponsabile delle cattive condizioni in cui versano i contadini del sud del mondo. Nel 2005 la Campagna Abiti Puliti denuncia che in Bangladesh i responsabili dello stabilimento dell’azienda A-One che produce in appalto per varie aziende tra cui Tchibo, hanno licenziato o costretto a “dimissioni forzate” 246 lavoratori che avevano espresso la volontà di organizzarsi in un consiglio di fabbrica. Sono stati portati alla luce casi di lavoro minorile e generali condizioni di lavoro poco dignitose. RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI Nel 2006 Greenpeace ha assegnato all’impresa il “codice rosso” per la presenza di sostanze tossiche per l’ambiente e l’organismo umano, contenute nei prodotti da essa commercializzati Per confezionare i prodotti vengono usati ogni anno 2 mila tonnellate di alluminio e 5 mila tonnellate di plastica vergine. Comportamenti responsabili Entro il 2020 il Gruppo Beiersdorf si è impegnato a raggiungere importanti traguardi per ridurre il consumo di risorse e l'impatto ambientale dei prodotti. In particolare il Gruppo intende arrivare a generare la metà dei prodotti con un impatto ambientale molto ridotto, ad abbattere del 30% l'emissione di anidride carbonica per prodotto venduto, a promuovere il miglioramento delle condizioni di vita di mezzo milione di bambini attraverso l'accesso all'istruzione. Un percorso che è stato definito una vera e propria roadmap che non parte da zero. Beiersdorf si è infatti già mosso su vari fronti per la riduzione di rifiuti da packaging attraverso la diffusione delle ricariche, con l'impiego di materiali riciclabili su quasi il 100% dei prodotti e l'adozione, nel 2011, di nuovi packaging più leggeri che consentono risparmi fino al 55,7% sul peso dell'imballo. «La sostenibilità è un valore chiave che dimostra la nostra responsabilità verso le persone non meno che verso l'ambiente – dichiara Luisa Bianchi Direttore delle Risorse Umane Beiersdorf Southern Europe Italy/Greece. Desideriamo che i nostri dipendenti e collaboratori possano identificarsi e sentirsi coinvolti nei valori e nella cultura dell'azienda. Per questo, la qualità della vita, la sicurezza e la salute sono al centro di nostre iniziative come l'attivazione dal 2011 del telelavoro e lo studio di attività che sostengano il work-life balance di chi ha figli piccoli o genitori anziani». In Italia Beiersdorf è presente con una filiale che occupa 200 dipendenti in cui sono promosse iniziative soprattutto di sostenibilità sociale. Ad esempio, sono offerte visite mediche di controllo per la prevenzione oncologica realizzate con la collaborazione dell'équipe dell’Associazione Nazionale Volontari Lotta contro i Tumori. I dipendenti possono usufruire gratuitamente di visite specialistiche basilari come il Pap Test o il controllo dermatologico di nei senza dover programmare richieste di permesso orario o giorni di ferie e senza sottostare ai ben noti tempi d'attesa del Servizio Sanitario Nazionale. Altre forme di sostegno al benessere della comunità aziendale sono la facoltà per le madri con figli di età inferiore ai tre anni di accedere al part-time e la possibilità, aperta a tutti, di usufruire dell'orario flessibile. ( it.wikipedia.org/wiki/Beiersdorf_(azienda). . (linkedin.com/groups/Beiersdorf-Italia-4181474) Fonti: Guida al consumo critico, 2008 - Campagna Abiti Puliti – www.beiersdorf.com SCHEDA ANALITICA WELEDA MARCHIO: WELEDA SOCIETA’: WELEDA Presentazione Società tedesca che basa la propria attività sulla filosofia antroposofica secondo cui l’individuo è inteso in relazione con il mondo, l’ambiente e la società e mai disgiunto dai regni della natura. Comportamenti responsabili - nella formulazione dei propri prodotti non utilizza sostanze di sintesi (conservanti, coloranti, oli minerali, ecc.) si serve esclusivamente di materie prime di origine naturale e frutto di coltivazioni biologiche e biodinamiche o da raccolta spontanea. - i tensioattivi utilizzati sono tutti completamente e rapidamente biodegradabili perché derivanti da olio di noce di cocco o da zucchero. - pone attenzione agli imballi dei prodotti utilizzando materiali biodegradabili e, nella maggior parte dei casi, utilizzando un unico involucro (evitando volumi di rifiuti dovuti a inutili strati di imballo). - non utilizza OGM. - non utilizza sostanze animali provenienti da vertebrati morti e non ha mai utilizzato test sugli animali. - sostiene in tutto il mondo percorsi di auto-sviluppo che consentono condizioni di vita dignitose e prospettive di crescita per i fornitori delle materie prime. Fonte: Weleda, www.econsumi.com