Creme mani - Boycottega

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Creme mani - Boycottega
CREME MANI
SCHEDA ANALITICA
DOVE
Marchio: DOVE
Società: UNILEVER
Presentazione
Multinazionale anglo-olandese attiva nei settori alimentare (54%), igiene personale (28%),
detergenti per la casa (18%). Si colloca al 120esimo posto della graduatoria mondiale (seconda
dietro a Nestlé nel settore alimentare). Si colloca al 124esimo posto delle imprese mondiali. Risulta
3° a livello mondiale nell’alimentare dietro a Nestlè e a Kraft, 2° nella cosmesi dietro
Procter&Gamble 2° nella pulizia e cura della casa dietro a P&G (2011) (www. Impreseallasbarra.it)
Ha un giro d’affari di 40 miliardi di euro e utili per 5 miliardi e mezzo.
Impiega 179 mila persone, la metà di queste in Asia e in Africa, paesi in cui si trova anche la metà
degli stabilimenti del gruppo. Controlla il 4% del commercio internazionale di olio di palma
(piantagioni proprie in Ghana e Costa d’Avorio) e il 12% del commercio internazionale di tè
(piantagioni proprie in India, Kenya, Tanzania). Nel 2006 ha speso in pubblicità 4,6 miliardi di
dollari
posizionandosi
al
secondo
posto
nella
graduatoria
mondiale.
Nel 2011 il gruppo ha fatturato circa 46,5 miliardi di euro, per il 41% in Asia e Africa, per il 33%
nelle Americhe, per il 26% in Europa.
Ha realizzato profitti per 4,6 miliardi di euro Nel 2011
il gruppo impiega 169 mila persone di cui 25 mila in piantagioni di proprietà. Il 58% è impiegato in
Asia e in Africa, il 25% nelle Americhe, il 17 % in Europa. Gli stabilimenti produttivi sono oltre
250.
(www. Impreseallasbarra.it)
Principali marchi controllati: Lipton (aranciate cole e simili); Lipton, Tè Ati (tè); Lipton
(camomilla e infusi); Algida, Carte D'Or, Eldorado, Sorbetterai di Ranieri (gelati e snack surgelati);
Dante, Bertolli, San Giorgio (olio di oliva), Maya, (margarina, olio di semi, yogurt e dessert);
Rama, Flora, Foglia d’Oro, Gradina (margarina); Bertolli (pomodori e passate, sughi pronti); Findus
(piatti surgelati, verdure surgelate, carne surgelata, pesce surgelato); Iglo (pesce surgelato); Calvè,
Mayò, Top-Down, Hellmann's, Colman’s, Amora, Knorr (maionese e salse varie); Knorr (dadi,
sughi pronti, piatti pronti, riso, pomodori e passate, sale); Mazena, Pfanni (piatti pronti); Flora
(yogurt e dessert, latte); Becel (yogurt e dessert); Santa Rosa (marmellate, frutta in scatola, legumi e
verdure in scatola, pomodori e passate, succhi di frutta); Coccolino (ammorbidenti ed altri additivi);
Surf, Omo, Sun (saponi e detersivi per bucato); Cif, Lysoform, Vim (detersivi superfici dure);
Svelto (detersivi per stoviglie); Axe, Clear, Dove, Lux, Sunsilk, Timotei (saponi e detergenti);
Dove, Axe, Rexona, Impulse, Sunsilk, Vaseline, (creme cosmetiche); Mentadent, Pepsodent, Signal
(dentifrici); Axe (prodotti da barba).
Struttura e settori ( dicembre2011) La struttura odierna del gruppo Unilever è anomala perché è
controllata da due società ciascuna delle quali ha il proprio azionariato di riferimento e la proprietà
di specifiche società. Inoltre hanno sede in due paesi diversi: una il Olanda, Unilever NV, l’altra in
Gran Bretagna, Unilever Plc. Tuttavia esse agiscono come un’unica struttura in virtù di accordi
sociali, di uno stesso apparato dirigente e della proprietà comune di varie imprese. Le principali
società del gruppo sono una cinquantina, ma numerose altre operano in 100 paesi.
La nascita della multinazionale si può far risalire al 1929. I settori di attività di Unilever sono
l’alimentare (49% del giro di affari), cosmesi e igiene personale ( 33%), detergenti e detersivi per la
casa ( 18%). In quanto impresa di trasformazione dei grassi, Unilever fin dall’inizio ha spinto la
propria presenza in Africa e Asia per controllare direttamente la produzione di olio di palma. Oggi
ne commercia il 3% a livello mondiale proveniente in parte dalle piantagioni che gestisce in Ghana,
tramite la partecipata “ Twifo Oil Palm Piantations”.
Nel marzo 2011 Unilever ha
diminuito le proprie attività in Ghana.
Nel corso del tempo Unilever si è inserita anche nella
produzione di tè con numerose piantagioni in Kenia e in altre regioni dell’Africa orientale, dove
risulta essere il maggio possidente terriero. Controlla il 12 % del commercio internazionale di tè
nero, è anche un grande acquirente di pomodori, circa il 6% della produzione mondiale.
Nell’ottobre 2010 Unilever ha ceduto il marchio Findus, anche per quanto riguarda il marchio
italiano, al gruppo inglese Bird Eye Iglo.
Nel novembre 2010 Unilever ha acquisito dal
gruppo Sara Lee, per 1,2 miliardi di euro, il ramo d’azienda che commercializza in Europa prodotti
per il corpo e per la pulizia dei tessuti, diventato proprietario dei marchi Badedas, Fissan, Depilzero,
Glysolid, Neutral, Brylcream.
Nel maggio 2011 ha acquisito la proprietà del gruppo di
origine statunitense “ Alberto Culver” attivo nel settore dei saponi e detergenti con vari marchi di
proprietà
tra
cui
Noxzema.
Nel 2011 Unilever ha speso 6 miliardi di euro in pubblicità. ( www.impreseallasbarra.org)
UNILEVER IN ITALIA opera attraverso
la società Unilever Italy Holding e le sue quattro filiali,
Unileve Italia Mkt Operations, Unilever Italia Manufacturing, Unilever Italia Logistic, Unilever
Italia Administrative Services. Si posiziona 1° tra le imprese fornitrici dei supermercati con 3
miliardi di euro di fatturato. Impiega circa due mila persone distribuite in quattro stabilimenti
produttivi: Caivano NA ( gelati) Casalpusterlengo Lodi ( detersivi), Pozzilli Isernia ( prodotti per la
casa) e Sanguinetto VR ( dadi, sughi, marmellate).
( www.impreseallasbarra.org)
PROPRIETA’ (luglio 2012)
La proprietà delle due società al vertice del gruppo,
l’olandese Unilever NV e la britannica Unilever PLC, è estremamente frammentata e si riconduce
ad un’ampia varietà di soggetti. Tra i più attivi sono gli istituti finanziari ( banche, assicurazioni,
fondi), tra cui citiamo l’olandese ING Group e lo statunitense Blackrock. La proprietà passa
velocemente di mano e al febbraio nessun azionista detiene quote rilevanti del capitale oltre il 5%. (
www.impreseallasbarra.org) .
Il consiglio di amministrazione ( luglio 2012) che, grazie ad
accordi societari, è lo stesso per le due capogruppo, è composto da 12 persone. Il presidente è
Michael Treschow, mentre l’amministratore delegato è Paul Polman. Nel 2011 Paul Polman ha
ricevuto compensi dal gruppo per 6,6 milioni di euro.
(
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Comportamenti irresponsabili
DIRITTI DEI LAVORATORI
o Action Aid ha denunciato nel 2005 le condizioni di sfruttamento e di sopruso subite dai
lavoratori impiegati da una controllata di Unilever nelle sue piantagioni di tè nel sud dell’India:
paghe basse, braccianti costretti a indebitarsi per sfamare le famiglie e appropriazione indebita di
appezzamenti di terreni occupati da sempre da contadini che non posseggono titoli legali di
proprietà. Nelle piantagioni di tè del Kenya possedute da Unilever ai braccianti e alle loro
famiglie sono assegnati alloggi indecorosi costituiti da un'unica stanza con latrine utilizzate in
comune con le altre famiglie.
o L’ong India Committee of the Netherlands ha denunciato nel 2004 la presenza di 5 mila minori
in una piantagione di cotone posseduta da una società controllata da Unilever nello stato indiano
dell’Andhra Pradesh dove nei campi di cotone lavorano più di 80 mila bambini esposti a sostanze
tossiche e con turni di lavoro fino a 13 ore al giorno. La società incriminata ha reagito allo
scandalo vendendo nel 2005 la sua quota di proprietà.
o L’associazione inglese Global Witness accusa i grandi importatori di cacao, fra cui Unilever, di
favorire con il proprio commercio il conflitto in atto fra governo e movimenti tribali che affligge
la Costa d’Avorio dal 2002 e di cui il cacao rappresentata la principale fonte di finanziamento per
l’acquisto di armi.
o Dal 2004 al 2006 Unilever ha eliminato 40 mila posti di lavoro e ha annunciato di volerne
tagliare altri 20 mila. Nel contempo, nel periodo 2004-2007 il suo fatturato è aumentato di oltre
un miliardo di euro l’anno con un aumento proporzionale degli utili.
o Ovunque nel mondo Unilever attua politiche fortemente antisindacali. Nel 2007 ha licenziato
per rappresaglia 200 dipendenti nella provincia di Cagliari. In India, Brasile e Pakistan ostacola
l’attività sindacale cedendo gli impianti, imponendo l’adesione a sindacati gialli o la restituzione
della tessera sindacale, facendo intervenire la polizia in caso di sciopero, e ricorrendo in modo
massiccio al lavoro precario. In Sud Africa i neri sono destinati soprattutto ai turni notturni e ai
lavori più pesanti, gli attivisti sindacali sono assegnati a mansioni sfavorite. Nell’aprile 2008
Unilever ha rifiutato di intervenire presso l’azienda a cui appalta il trasporto dei suoi prodotti in
Turchia e verso il Medio Oriente per obbligarla, sulla base di una sentenza emessa da un tribunale, a
reintegrare 87 lavoratori licenziati dopo essersi iscritti al sindacato.
o Nel 2009 Unilever è stata accusata dal sindacato internazionale IUF di comportamenti
antisindacali nei confronti dei lavoratori nelle fabbriche di inscatolamento del tè Lipton e Brooke
Bond in Pakistan: chiusura della fabbrica di Karachi e trasferimento delle lavorazioni in una
fabbrica che impiega solo personale interinale; discriminazioni salariali e repressione sindacale
nella fabbrica di Khanewal dove solo 22 dei 500 addetti sono assunti a tempo indeterminato.
(comunicato stampa Ecological Internet (Earth Action Network), aprile 2009). Nell’ottobre del
2009 un accordo siglato dopo che lo IUF aveva presentato un esposto al Punto di Contatto nazionale
britannico per l’osservanza delle linee guida OCSE impegna Unilever a creare 200 posti di lavoro
permanenti nella fabbrica di Khanewal e a garantire tutti i diritti sindacali. (comunicato stampa IUF
26/10/09)
o Unilever è accusata di aver stretto una partnership con il Programma Alimentare Mondiale delle
Nazioni Unite, chiamata “Together for child vitality”, con l’obiettivo dichiarato di combattere la
fame in età infantile, ma con il vero intento di promuovere la sua margarina a marchio Blue Band.
La Dalda Foods, che la produce su licenza in Pakistan (fino al 2003 filiale Unilever, oggi di
proprietà di suoi ex dirigenti), occupa solo lavoratori precari e nel maggio 2008 ne ha licenziati la
metà dopo che questi hanno costituito un sindacato.
Nel novembre 2008 la coalizione olandese United Civilians for Peace ha pubblicato un rapporto che
denuncia il maltrattamento, da parte di Unilever, dei lavoratori palestinesi. La filiale Beigel and
Beigel Ldt, maggior produttore israeliano di snak salati e chackers, controllata al 51% da Unilever,
possiede uno stabilimento nella “ colonia Ariel”, un’area palestinese occupata dagli israeliani.
Secondo la coalizione, Beigel and Beigel Ldt non solo sostiene economicamente la presenza illegale
degli israeliani in territorio abusivo, ma trae vantaggio dal trattamento discriminatorio degli operai
palestinesi, in contrasto col codice stesso adottato da Unilever. In effeti agli operai palestinesi, una
sessantina su un totale di 130 dipendenti, ricevono salari più bassi, sono sottoposti a turni più
gravosi e non possono organizzarsi in sindacato. ( United Civilians for Peace, Improper Advantage:
a study of Unilever’s investment in an illegal Israel Settlement, novembre 2008)
(
www.impreseallasbarra.org)
° Solo nel novembre 2009 di fronte al tavolo di conciliazione dell’OECD, Unilever ha accettato di
porre rimedio alle accuse presentate nel 2008 da IUF, il sindacato internazionale degli
Alimentaristi, che la accusava di ricorrere in maniera abituale all’assunzione di personale precario
nello stabilimento di Khanewal ( Pakistan) allo scopo di abbassare le paghe e di impedire l’attività
sindacale ( UK National Contact Point for the OECD, risoluzione n. URN 09/1570, 20 nov. 2009) (
www.impreseallasbarra.org)
° Nel settembre 2010 la rivista indiana Frontline ha scritto che Unilever non ha ancora assunto
iniziative concrete per risarcire i danni causati dalla sua fabbrica che produceva termometri al
mercurio nella regione del Kodaikanal in India. Nel 2001 tale fabbrica era stata chiusa dopo che
erano stati scoperti 7,4 tonnellate di scarti di vetro contaminati da mercurio, scaricati nei pressi della
foresta Pambar Shola. Tuttavia l’emergenza ambientale è solo la punta dell’iceberg. Ancor più
grave è l’emergenza sanitaria. Decine di lavoratori della fabbrica chiedono giustizia perché
intossicati dal mercurio. Denunciano disturbi neurologici, tremori, disfunzioni renali e casi di aborto
tra il personale femminile. I loro figli soffrono i disturbi tipici dell’avvelenamento da mercurio:
disordini mentali, disturbi cardiaci e deformità congenite ( Frontline, Poisoned Ground, volume 27
– Issue 19, sett. 2010) ( www.impreseallasbarra.org)
o Solo nell’ottobre 2010, di fronte al tavolo di conciliazione dell’OECD; Unilever ha accettato di
porre rimedio alle accuse presentate nel 2007 da IUF, il sindacato internazionale degli
alimentaristi, che la accusava di ostacolare la piena libertà sindacale nella piantagione di tè di
Doom Dooma in India, regione di Assam ( UK National Contact Point for the OECD, risoluzione
n. URN 10/1228, 18 ottobre 2010)
o Nel 2011 varie organizzazioni hanno denunciato forti preoccupazioni sulla correttezza sociale e
ambientale di alcune materie prime che Unilever compra da terzi. Un caso è la vaniglia, che
Unilver utilizza in quantità pari a 127 tonnellate l’anno, equivalente all’1,4% mondiale e che
acquista da vari intermediari commerciali. Buona parte di essa proviene dal Madagascar, dove è
stata accertata una forte presenza di bambini lavoratori, che ben si adattano alle mansioni
monotone e ripetitive della coltivazione della vaniglia. ( Somo, Unilever Overview of
controversial business pactices in 2010, maggio 2011).
Un altro caso è il cacao che
proviene in gran parte dall’Africa Occidentale nelle cui piantagioni si fa largo uso di lavoro
minorile e di lavoro forzato. Nel 2008, in Costa d’Avorio si contavano 820.000 lavoratori
bambini, in Ghana un milione. Si stima che il 15% di essi si trovasse addirittura in condizione di
schiavitù
( World Vision Australia, 10 Years on from the Harkin-Engel Cocoa Protocol,
aprile 2011)
( www.impreseallasbarra.org).
° Nell’aprile 2011, Somo e ICN, due organizzazioni olandesi specializzate in ricerca sulle
imprese, hanno denunciato condizioni di lavoro indegne nella piantagione di tè che Unilever
possiede in Kenia nei pressi di Kericho. Le denunce rivelano un alto ricorso al lavoro di avventizi
assunti alla giornata che per legge godono di un salario bassissimo senza obbligo di contributi
sociali, ritorsioni verso chi svolge attività sindacali, situazioni igieniche e abitative deplorevoli.
Sono anche state raccolte testimonianza di donne che dichiarano di subire violenza sessuale da
parte dei capi. Già nel 2008 l’associazione Keniota “ Kenia Human Rights Commission” aveva
denunciato discriminazioni e abusi di tipo sessuale, giornate lavorative di 11 ore per sei giorni a
settimana, alto ricorso agli straordinari spesso obbligatori, comportamenti arroganti dei
supervisori. Condizioni di lavoro analoghe sono state rilevate anche in India, presso le
piantagioni dei terzisti che riforniscono la filiale Hindustan Unilever Limited ( Somo and ICN,
Certified Unilever Tea: Small cup, big difference?, ottobre 2011; The ecologist, PG Tips and
Lipton tea hit by sexual harassment and poor conditions? Claims, 13 aprile 2011) (
www.impreseallasbarra.org).
° nel luglio 2012 IUF, il sindacato Internazionale degli Alimentaristi denuncia che Unilever non
ha ancora garantito piena libertà sindacale nella piantagione di tè di Doom Dooma in India,
regione di Assam. Nell’ottobre 2010 di fronte al tavolo di conciliazione dell’OECD, Unilever
aveva accettato di porre rimedio alle accuse presentate fin dal 2007 da IUF. Ma, passati due anni,
l’atteggiamento antisindacale del gruppo è perfino più marcato. Al sindacato no è rimasto altro da
fare che lanciare una campagna di pressione internazionale per chiedere a Unilever di rispettare
gli impegni presi ( IUF, Unilever must respect human Rights-and the agreements i signs, luglio
2012) ( www.impreseallasbarra.org).
DIRITTI DEI CONSUMATORI
o L’autorità antitrust tedesca ha inflitto nel 2008 una multa complessiva di 37 milioni di euro a
Unilever, Sara Lee ed Henkel per aver creato un cartello allo scopo di tenere alti i prezzi di
detergenti e prodotti per il corpo.
o Unilever non solo non fornisce garanzie sull’assenza di OGM nella sua filiera produttiva, ma ha
chiesto nel 2007 all’Unione Europea l’autorizzazione a commercializzare un gelato contenente
una proteina OGM.
o L’impresa ha dovuto ritirare dal commercio alcuni cibi pronti perché contenenti il colorante
Sudan 1, altamente tossico, normalmente usato in solventi, cere, benzine e lucide per scarpe.
o Le affermazioni nutrizionali riferite al contenuto in steroli vegetali di alcuni prodotti alimentari
Unilever sono state messe in discussioni da indagini giornalistiche e sanzionate dall’Istituto
dell’Autodisciplina Pubblicitaria. Sostanze tossiche sono state rintracciate tra gli ingredienti dei
profumi spray a marca “Axe”.
o La Unilever Hong Kong ha ammesso la presenza di melammina nelle bustine di tè al latte
Lipton venduto a Hong Kong e Macao.
Nell’aprile 2009 Unilever è stata condannata dall’Antitrust italiano al pagamento di una multa
pari a 100 mila euro per pubblicità ingannevole. Oggetto della pratica commerciale scorretta uno
spot della bevanda Anticolesterolo “Pro Activ” a marchio Becel ( Autorità garante della
concorrenza e del mercato, provvedimento n. 19820, 29aprile 2009).
)
(
www.impreseallasbarra.org).
o
Nel dicembre 2010 Unilever è stata condannata dall’Antitrust italiano al pagamento di una multa
pari a 18,7 milioni di euro per aver partecipato a un cartello formato da 16 aziende cosmetiche
teso ad aumentare i prezzi di listino dei prodotti destinati alla grande distribuzione. ( Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato, Provvedimento n. 21924, 15 dicembre 2010)
(
www.impreseallasbarra.org).
° Nel marzo 2011 l’Antitrust tedesco ha inflitto a Unilever, Dr. Oetker e Kraft una multa
complessiva di 38 milioni di euro per aver violato le norme sulla concorrenza. Per anni si erano
incontrate per scambiarsi informazioni sulle loro politiche commerciali al fine di mantenere i
prezzi elevati. ( Bundeskartellamt, comunicato stampa, 17 marzo 2011 )
(
www.impreseallasbarra.org).
° Nell’aprile 2011 l’Antitrust europeo ha inflitto a Unilever una multa di 104 milioni di euro per
aver violato le regole sulla concorrenza, nel settore dei detersivi per il bucato. Tra il 2002 e il
2005 aveva formato un cartello assieme a Henkel e Procter&Gamble per fissare i prezzi dei
prodotti in ben otto Paesi (belgio, Francia, Grecia, Germania, Italia, Olanda Portogallo, Spagna) (
Europa.EU, comunicato stampa n.IP/11/473, 13 aprile 2011 ) ( www.impreseallasbarra.org).
° Nel maggio 2011 le autorità cinesi hanno comminato a Unilever una multa di 200 mila euro per
procurato allarme su possibili aumenti di prezzo che avrebbero potuto provocare inflazione nel
Paese. ( Financial Times, Unilever fined for China price rise talk, 6 maggio 2011). )
(
www.impreseallasbarra.org).
RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI
o Il California Air Resources Board ha inflitto nel 2010 una multa di 1,3 milioni di dollari a
Unilever per l’inquinamento causato dal suo deodorante spray per uomini Axe, prodotto dalla sua
controllata Conopco. La multa si riferisce al contenuto oltre i limiti di composti organici volatili
utilizzati come propellenti e responsabili di contribuire alla formazione di ozono a livello del suolo.
(RSI news 22/2/10)
o Il rapporto “Slaughtering the Amazon”, pubblicato nel giugno 2009 da Greenpeace, denuncia
che numerose imprese, fra queste Unilever e Colgate Palmolive, si riforniscono da tre grandi
gruppi brasiliani che acquistano bovini destinati alla macellazione da allevamenti illegali
situati in aree deforestate dell’Amazzonia dove si pratica anche lavoro in stato di schiavitù.
Bertin, uno dei colossi brasiliani della trasformazione della carne, elenca Unilever e Colgate
Palmolive fra i maggiori clienti nel settore dell’igiene e della cosmesi.
o Unilever acquista olio di palma da un produttore indonesiano che è accusato di appropriarsi
illegalmente di terreni appartenenti alle comunità locali e di metterli a coltura dando alle fiamme
tratti di foresta. Si calcola che la deforestazione praticata in Indonesia attraverso gli incendi sia
causa del 4% delle emissioni globali di anidride carbonica. Per questo Greenpeace chiede a
Unilever una selezione oculata dei fornitori e la riduzione degli acquisti di materia prima.
o In Ghana le comunità locali della regione del Benso accusano le piantagioni di palma da olio
gestite da Unilever di inquinare gravemente i corsi d’acqua. Per risolvere il problema, le autorità
hanno dovuto costruire una condotta alternativa.
o A seguito di una campagna internazionale, nell’aprile 2009 la più grande impresa produttrice di
olio di palma della Costa d’Avorio, Palmci, abbandona un progetto che avrebbe causato la
distruzione di 12 mila ettari di foresta vergine nel sud del paese, rifugio di specie animali
minacciate, per far posto alla monocoltura della palma da olio. Fra i principali finanziatori del
progetto figura Unilever, che sbandierava un impegno a proteggere le foreste locali acquistando
solo olio di palma certificato (ma a partire dal 2015). (www.iuf.org, luglio 2009)
o Nel 2007 le autorità cinesi hanno comminato a Unilever una multa di 100 mila yuan (14 mila
dollari) perché lo stabilimento localizzato nella provincia di Anhui scaricava acque reflue
contenenti dosi di inquinanti fuori norma.
o Nel 2005 un’inchiesta pubblicata dal quotidiano britannico Guardian rivelava che alcune
imprese alimentari, tra cui Unilever, acquistavano soia da fornitori brasiliani che coltivavano su
appezzamenti ottenuti attraverso l’abbattimento illegale della foresta amazzonica.
Nel febbraio 2010 la California Air Resources Board ha condannato la società Conopco, filiale
statunitense del gruppo Unilever , al pagamento di una multa pari a 1,3 milioni di dollari, per
violazione della normativa ambientale. La società è accusata di aver messo in circolazione dal
2006 al 2008, un numero pari a 2,8 milioni di bombolette spray contenenti gas fuori norma (
www.arb.ca.gov). (www.impreseallasbarra.org).
o Nel corso del 2011 è stato confermato il coinvolgimento di Unilever con imprese del Sud est
asiatico compromesse con la distruzione illegale di foreste per far posto a piantagioni di olio di
palma. Greenpeace stima che la suddetta deforestazione provochi ogni anno 1,8 miliardi di
tonnellate di CO2 pari al 4% delle emissioni globali. L’Indonesia è il terzo produttore di gas serra
dietro a USA e Cina.
Nonostante Unilever abbia aderito al codice della Roundtable on sustainable palm oil, nell’aprile
2011 Unilever ha ammesso di rifornirsi dalla società malesiana IOI Group che è tra le imprese di
olio di palma più compromesse con la deforestazione illegale ( Reuters, Green Palm oil body
censures Malaysia IOI, Unilever, 7 aprile 2011; Friends of the Earth Europe, Too Green to be
true, marzo 2010) Nel maggio 2011 anche il Financial Times ha avanzato dubbi sulla reale
correttezza di filiera dei grandi acquirenti mondiali come Unilevere e Nestlè ( finacial Times,
Food producers accused over palmo il, 22 maggio 2011) ( www.impreseallasbarra.org).
O Ogni anno il settimanale statunitense Newsweek compila una graduatoria delle multinazionali
in base al loro comportamento ambientale. Prende in esame il livello di risorse consumate e di
inquinanti emessi, le politiche perseguite, il grado di reputazione raggiunto. La graduatoria è
compilata secondo un punteggio che va dalla migliore alla peggiore. Nel 2011 Unilever si
posiziona al 292° posto ( Newsweek, Green Ranking 2011) ( www.impreseallasbarra.org).
TRASPARENZA
o Non ha risposto al questionario del Centro Nuovo Modello di Sviluppo per l’aggiornamento
della Guida al consumo critico e non pubblica esaurienti dati sull’impatto ambientale e sociale
delle sue attività.
Al luglio 2012 il sito del gruppo ( www.unilever.com) dà varie informazioni sui dati economici, ma è
più parco di informazioni sulla struttura del gruppo.
Pubblica anche un bilancio socio-ambientale che tuttavia evidenzia i dati che mettono in buona luce
l’azienda riportando in maniera parziale o non riportando affatto informazioni su argomenti
significativi come la presenza nei paradisi fiscali, multe e condanne, forniture ai corpi militari, spese
in attività lobbistiche.
( www.impreseallasbarra.org )
VARIE
o Unilever fa parte di svariate associazioni portatrici di interessi di impresa:
USCIB (United
States Council for International Business) nata con lo scopo di rappresentare “i valori e le idee
dell’American business” e di promuovere il libero mercato nei confronti dei politici americani ed
europei, delle Nazioni Unite e altri organismi internazionali;
ICC, la Camera di
Commercio Internazionale con sede a Parigi che raggruppa imprese di 90 paesi e che promuove
la liberalizzazione del commercio e degli investimenti con rapporti con l’OMC e l’ONU
(www.iccwbo.org) ;
il Transatlantic Business Dialogue, associazione di multinazionali
statunitensi ed europee che collaborano alla scopo di velocizzare la rimozione delle esistenti
barriere al commercio e agli investimenti ed evitare che se ne formino di nuove ( www.tabd.com )
; l’ ERT (European Round Table) un’associazione europea creata per rappresentare gli interessi
delle multinazionali presso le istituzioni europee; le imprese associate sono molto potenti e hanno
un
fatturato
complessivo
di
1600
miliardi
di
euro
(
www.ert.be).
Unilever aderisce a CIAA, la Confederazione delle Industrie Agro-alimentari dell’Unione
Europea, un’associazione che ha lo scopo di rappresentare gli interessi di categoria nei confronti
delle istituzioni europee e internazionali. Oltre a Unilever vi aderiscono anche Barilla, Cadbury,
Cargill, Coca-Cola, Kraft, Danone, Procter&Gamble, Ferrero, general Mills, Kellog’s, Mars,
Heineken, Heinz, Nestlè, Pepsico. Nel 2010 la Confederazione ha coordinato una campagna
costata oltre un miliardo di euro per impedire che passasse una proposta del Parlamento Europeo
tesa a usare un sistema di bollini rossi e verdi per segnalare gli alimenti da evitare o preferire in
base al loro contenuto in grassi. La campagna è andata a segno privilegiando un sistema di
informazione meno d’impatto, basato sulla pubblicazione delle chilocalorie. (
EuropeanVoice.com
dell’11 marzo 2010, citato su www.corporateeurope.org)
( www.impreseallasbarra.org).
o Unilever compare nella lista delle imprese che fanno attività di lobby nei confronti delle autorità
di governo degli Stati Uniti (3 miliardi dollari spesi dal 2003 al 2007). A tale scopo nel 2011 ha
speso 700 mila dollari ( Center for responsive Politics, www.opensecrets.org)
o Unilever è accusata di concedere microcredito alle donne più povere delle zone rurali dell’India
con lo scopo di incentivare le attività di vendita porta a porta dei propri prodotti.
ARMI ED ESERCITO
Nel 2006 le società del gruppo Unilever compaiono nella lista di
fornitori delle forze armate statunitensi con contratti dell’ammontare complessivo di 169 milioni
di dollari. Nel 2011 Unilever si è posizionata 286 esima tra i fornitori delle forze armate
statunitensi, a cui ha venduto prodotti per complessivi 125 milioni di dollari (
www.usaspending.gov) ( www.impreseallasbarra.org).
o Unilever compare nella lista delle imprese che commercializzano prodotti per l’igiene e per la
casa con ingredienti testati su animali.
Unilever ha filiali o sedi operative in Stati con regimi oppressivi: Arabia Saudita, Azerbaijan,
Bangladesh, Camerun, Cina, Colombia Cuba, Dominica, Egitto, Etiopia, Filippine, Gambia, Haiti,
Indonesia, Iran, Israele, Kyrgystan, Kuwait, libia, Malesia, Marocco, Messico, Nigeria, Pakistan,
Qatar, Congo, Russia, Siria, Sri Lanka, Sudan, Tailandia, Tunisia, Uzbekistan, Zimbabwe (
Unilever, Annual Report and Accounts 2011). In Israele, la filiale Beigel and Beigel Ltd, gestisce
uno stabilimento in un’area palestinese abusivamente occupata dagli israeliani. I militari
sottopongono i lavoratori palestinesi ad ogni forma di vessazione.
( United Civilians
for peace, Improper Advantage nov 2008). Nel 2010 Unilever, spinta dalla pressione della società
civile, ha espresso l’intenzione di spostare la fabbrica nei territori non occupati di Israele
( www.whoprofits.org) ( www.impreseallasbarra.org).
o Unilever è presente in paradisi fiscali tramite filiali , sedi commerciali o finanziarie in Andorra,
Antigua&Barbuda, Bahamas, Bahrain, Barbados, Belgio, Belize, Cipro, Costa Rica, Dubai,
Germania ( francoforte), Grenada, Hong Kong, Irlanda, Islanda, isole Marshall, Israele ( Tel
Aviv) Libano, Liberia, Lussemburg, Macao, Malta, Mauritius, Monaco, Olanda, Panama,
Repubblica Dominicana, Santa Lucia, Saint Vincent&le Granadine, Samoa, san marino,
Seychelles, Singapore, Somalia, Svizzera, Taiwan, Tonga, Ungheria, Uruguay, USA ( Delaware)
Vanuatu ( Unilever, Annual Report and Accounts 2011
Comportamenti responsabili
RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI
o Unilever sostiene di aver accolto l’invito di Greenpeace a ridurre l’acquisto di olio di palma
passando da 1,7 milioni di tonnellate nel 2002 a 800 mila nel 2007.
o Nel luglio 2006, in seguito a uno scandalo giornalistico, alcune multinazionali fra cui Unilever,
si sono impegnate a rifornirsi esclusivamente da fornitori brasiliani che rispettano le leggi
ambientali.
o Unilever si è impegnata negli USA a limitare la pubblicità di alimenti e bevande diretta ai
minori di 12 anni, nell’ambito della lotta all’obesità infantile.
o Secondo una comunicazione inviata a Greenpeace, quasi tutti gli ftalati sarebbero stati eliminati
dai prodotti Unilever destinati all’igiene personale e alla casa. Tuttavia l’impresa non ha ancora
eliminato ftalati e muschi dai suoi profumi.
Fonti: Guida al consumo critico 2008, IUF, RSI News, Asia News, Ecological Internet,
Greenpeace, www.impreseallasbarra.org).
SCHEDA ANALITICA
GLICEMILLE
Marchio: COLGATE
Società: COLGATE-PALMOLIVE
Presentazione
Gruppo multinazionale di origine statunitense, attivo nella produzione di detergenti e saponi.
Fattura 13,8 miliardi di dollari per il 40% dai prodotti per l’igiene orale, per il 23% dai detergenti
per il corpo e il 24% da quelli per la casa. Il restante 13% proviene dalla vendita di cibo per animali
a marchio Hill’s. Il gruppo possiede 340 stabilimenti, di cui 280 fuori dagli Stati Uniti, che
complessivamente impiegano 36mila persone. La proprietà del gruppo appartiene ad un azionariato
diffuso composto per il 71% da banche, assicurazioni e fondi di investimento. Nessuno degli
azionisti possiede più del 2% delle quote. A dirigere il gruppo è Reuben Mark che guadagna 12
milioni di dollari l’anno. Colgate-Palmolive spende in pubblicità 1,5 miliardi di dollari (2007).
Principali marchi controllati: Colgate, Plax, Periogard, Orogard, (dentifrici), Palmolive, (saponi e
detergenti, creme cosmetiche); Douss Douss (saponi e detergenti); Palmolive, Mennen (prodotti da
barba); Glicemille (creme cosmetiche); Aiax (detersivi superfici dure); Bravo (detersivi per
stoviglie); Aiax, Soflan, Olà (saponi e detersivi per bucati); Fabuloso, Curamorbido (ammorbidenti
ed altri additivi).
Comportamenti irresponsabili
DIRITTI DEI LAVORATORI
o Nel 2004 Colgate-Palmolive ha annunciato il taglio di 4.440 posti di lavoro e la chiusura di un
terzo dei suoi stabilimenti. A fine 2006 l’organico era già diminuito di 1.300 unità. Eppure la
multinazionale non sembra passarsela male poiché il fatturato dal 2004 è sempre in crescita e così
anche gli utili.
o Nel 2008 COLGATE ha adottato un codice di condotta che nella parte dedicata ai lavoratori
prevede tra l’altro, l’impegno a garantire un posto di lavoro sicuro e sano, una retribuzione che
consenta ai dipendenti di soddisfare i bisogni fondamentali, il diritto alla libertà di organizzazione
sindacale. Tuttavia il gruppo non specifica quali misure abbia assunto per verificare il rispetto dei
diritti sottoscritti nelle proprie filiere produttive ( Colgate-Palmolive company, Code of Conduci)
( www.impreseallasbarra.org aggiornato agosto 2008)
DIRITTI DEI CONSUMATORI
o Un articolo pubblicato nel 2006 sulla rivista Environmental Science & Technology da un
gruppo di scienziati statunitensi denuncia che Colgate-Palmolive per i suoi dentifrici usa sostanze
che possono recare danni all’organismo umano. In particolare è finito sotto accusa un ingrediente,
il triclosan, che a contatto con il cloro dell’acqua può formare cloroformio, considerato un
probabile cancerogeno. Alcune case produttrici hanno già deciso di non utilizzare più
l’ingrediente. Tuttavia Colgate-Palmolive ritiene il triclosan totalmente sicuro perché approvato
dalle autorità sanitarie statunitensi, mentre, come ci fa sapere la stessa Colgate, il suo uso è in
discussione in Europa (Colgate-Palmolive: Bilancio 2006). All’opposto Greenpeace e WWF che
considerano nociva la sostanza hanno promosso una campagna per bandirne l’uso.
o L’associazione statunitense Environmental Working Group, promotrice della Campagna per i
cosmetici sicuri, dopo aver analizzato circa 300 ingredienti impiegati da Colgate-Palmolive ritiene
che il 25% di essi possano nuocere alla salute. Ad esempio, il floruro di sodio, utilizzato nel 64%
dei prodotti analizzati, anche a basse dosi si è rivelato tossico in diversi test di laboratorio sia per
il sistema nervoso che per l’apparato riproduttivo. Il Canada ne permette un uso limitato, mentre
l’Unione Europea lo considera tossico e da usare con le dovute cautele. I ricercatori
dell’Università di Pittsburgh ritengono che l’esposizione al methylisothiazolinone (MIT),
ingrediente usato nei prodotti a marchio Palmolive e di altre case cosmetiche, potrebbe causare
durante la gravidanza malformazioni al cervello del nascituro.
o Nel 2007 un lotto di dentifricio Herbal White prodotto dalla Colgate in Irlanda e venduto in
Spagna è stato ritirato dal mercato dopo che le autorità sanitarie avevano rilevato una quantità di
microrganismi mesofilici dieci volte superiore a quella ammessa dalle normative e di enterobatteri
due volte superiore.
o Nel 2004 l’Unione federale francese dei consumatori UFC-Que Choisir ha chiesto al ministero
della sanità il ritiro immediato del detergente per la casa Ajax prodotto dalla Colgate-Palmolive,
nella versione liquida al profumo di sapone di Marsiglia. L’accusa è quella di emettere
formaldeide ben al di sopra dei limiti indicati dall’OMS per le persone sensibili.
o Colgate-Palmolive ha ritirato dal mercato i suoi prodotti a marchio Science Diete, una linea di
alimenti per cani, contaminati da una sostanza chimica utilizzata nella plastica, la cui ingestione
ha causato la morte di 14 animali. La multinazionale è uno dei 12 produttori coinvolti, alcuni di
questi hanno patteggiato nella causa avviata dai proprietari degli animali.
o SALUTE DEI CONSUMATORI
Un gruppo di associazioni statunitensi accusa Colgate di
scarsa attenzione per la salute dei consumatori. Nel 2006 è stata lanciata la “Campaign for Safe
Cosmetics” con lo scopo di rendere i consumatori più consapevoli della tossicità e alcuni
ingredienti e responsabilizzare la case produttrici sulla sicurezza dei loro prodotti. La campagna
ha chiesto alle case produttrici di sottoscrivere un codice, il “ Compact for the global production
of Safe Healt and beauty product” che tra i vari punti indica la necessità di adottare la
legislazione europea vista la lacunosità di quella statunitense, e di fare un inventario degli
ingredienti utilizzati sostituendo quelli conosciuti per la loro tossicità per la pelle, il sistema
nervoso, gli ormoni, i geni, la riproduzione e lo sviluppo. Al dicembre 2010, le aziende aderenti
al codice sono oltre1000, ma Colgate non è compresa nonostante i continui inviti della
campagna. Invece è presente la filiale Tom’s of Maine, che ha un piccolo mercato negli Stati
Uniti nel settore dei cosmetici naturali. ( www.safecometics.org) ( www.impreseallasbarra.org)
o
Nel 2011 L’Environmental Working Groups ha censito 300 prodotti per il corpo fabbricati
da Colgate-Palmolive e commercializzati negli Stati Uniti rilevando che molti di essi
contengono ingredienti “ad alto rischio” in quanto tossici per l’organismo, altamente inquinanti
per l’ambiente, pericolosi per chi li fabbrica.
Un esempio è rappresentato dal
fluoruro di sodio, rilevato in 74 prodotti, che è considerato un neurotossico. Anche il DMDM
HYDANTOIN della famiglia delle formaldeide, rilevato in 54 prodotti, è considerato tossico per
il sistema immunitario e irritante per l’epidermide (Environmental Working Groups, Skin Deep
Cosmetic Safety Database 2011) . ( www.impreseallasbarra.org)
o Un’altra sostanza sul banco degli imputati è il TRICLOSAN, un battericida usato nei dentifrici e
nei saponi da vari produttori tra cui Colgate.
Varie associazioni tra cui le statunitensi
Beyond Pesticides e Food&Water Watch, hanno chiesto di bandire tale sostanza perché ci sono
sopsetti che possa nuocere all’organismo umano e una volta scaricato nell’ambiente
contaminare i corsi di acqua. Anche le autorità dell’Unione Europea e degli USA nutrono dubbi
sulla totale salubrità della sostanza chiedono studi più approfonditi, anche se per ora non hanno
l’urgenza di vietarne l’uso ( Federal Register, Vol. 75 No.235, 8 dicembre 2010; European
Commission, Scientific Committee on Consumer Safety, Opinion on Triclosan, giugno 2010) (
www.impreseallasbarra.org)
o CONSUMATORI E LEGALITÀ
Nel marzo 2012 l’Antitrust francese ha multato per 4,6
milioni di euro, la filiale Hill’s per Nutritio SNC per condotte contrarie alle norme sulla
concorrenza
( L’Autorité de la Concurrence, Decision 12-D-10, 20 marzo 2012).
La stessa autorità, nel dicembre 2011, aveva multato per complessivi 35 milioni di euro anche la
capogruppo Colgate Palmolive Company e la filiale Colgate Palmolive Services SA.
Le società sono ree di aver organizzato un cartello con altre imprese per fissare al rialzo i prezzi
dei detersivi a discapito dei consumatori (L’Autorité de la Concurrence, Decision 11-D-17, 8
dicembre 2011) .
Nel dicembre 2010 Colgate-Palmolive Spa è stata
condannata dall’antitrust italiano al pagamento di una multa pari a 2,467 milioni di euro per
avere partecipato a un cartello formato da 16 aziende cosmetiche teso ad aumentare i prezzi di
listino dei prodotti destinati alla grande distribuzione ( Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato,
Provvedimento
21924
del
15
dicembre
2010)
.
In diverse altre occasioni Colgate è stata raggiunta da provvedimenti sanzionatori da parte delle
autorità che vigilano sul mercato.
Nel dicembre 2009 la filiale svizzera Gaba è stata
multata per 5 mlioni di dollari, nel gennaio 2010 è toccato ad una filiale spagnola con tre milioni
di dollari, mentre le rispettive autorità nazionali stanno ancora indagando su violazioni da parte
delle filiali di Olanda, Francia e Germania ( Colgate-Palmolive Company, Form 10K2010)
(www.impreseallasbarra.org)
RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI
o Il rapporto “Slaughtering the Amazon”, pubblicato nel giugno 2009 da Greenpeace, denuncia
che numerose imprese, fra queste Unilever e Colgate Palmolive, si riforniscono da tre grandi
gruppi brasiliani che acquistano bovini destinati alla macellazione da allevamenti illegali
situati in aree deforestate dell’Amazzonia dove si pratica anche lavoro in stato di schiavitù.
Bertin, uno dei colossi brasiliani della trasformazione della carne, elenca Unilever e Colgate
Palmolive fra i maggiori clienti nel settore dell’igiene e della cosmesi.
o Nel 2007 le autorità ambientali degli Stati Uniti, hanno multato Colgate-Palmolive
complessivamente per 26 mila dollari dopo aver riscontrato 8 violazioni alla
normativa
ambientale. Nel marzo 2007 Colgate-Palmolive, citata in giudizio dalle autorità statunitensi, ha
patteggiato il pagamento di 2,8 milioni di dollari per danni ambientali causati al territorio di
Penham in Georgia, rimasto pesantemente inquinato dalle attività di un complesso industriale in
cui era presente anche il gruppo Colgate ( Environmental Protection Agency, enforcement
actions archive 2007) (www.impreseallasbarra.org)
o Nel 2007 le attività del gruppo hanno rilasciato nell’atmosfera 675 milioni di chilogrammi di
gas serra.
o Nell’aprile 2008 le autorità ambientali dell’Ohio, negli USA, hanno comminato a ColgatePalmolive company una multa di 14.200 dollari, per aver trattato in maniera scorretta alcuni
rifiuti pericolosi prodotto dallo stabilimento vicino alla cittadina di Cambridge ( Lawyers and
settlements, waste water violations, 8 aprile 2008 (www.impreseallasbarra.org)
o Nel 2010 le attività produttive del gruppo hanno rilasciato in atmosfera 700 milioni di
chilogrammi di gas serra, all’incirca quanto l’anno precedente ( Carbon disclosure project, S&P
500 report 2010 (www.impreseallasbarra.org)
o
o
TRASPARENZA
o non ha risposto al Centro Nuovo Modello di Sviluppo per l’aggiornamento alla Guida al
consumo critico. Rende pubblici alcuni dati sull’impatto ambientale e sociale delle sue attività, ma
sono utilizzati soprattutto a scopo di immagine.
o Interpellata nel 2006 da Greenpeace, Colgate-Palmolive si è rifiutata di fornire informazioni
sufficienti riguardo alle sostanze chimiche impiegate nei suoi prodotti.
o Al maggio 2012 il sito della filiale italiana ( www.colgate.it) è solo di tipo commerciale. Quello
della capogruppo ( www.colgate.com) riporta numerose informazioni anche se non sempre di
facile accesso sulla struttura del gruppo, sulla proprietà, sui dati economici. Pubblica un
bilancio socio-ambientale che riporta alcune informazioni riguardo al comportamento
dell’azienda in ambito ambientale e sociale. Tuttavia dà risalto soprattutto agli aspetti che
possono mettere in buona luce il gruppo, tralasciando questioni come le multe e condanne
inflitte al gruppo dall’antitrust, il ricorso ai paradisi fiscali, la presenza nei regimi oppressivi, le
forniture ai militari. (www.impreseallasbarra.org)
ARMI ED ESERCITO
o Nel 2006 Colgate-Palmolive ha fornito prodotti alle forze armate statunitensi per un ammontare
di 40,5 milioni di dollari.
o Nel corso del 2011 Colgate ha stipulato 4 contratti di fornitura con le forze armate statunitensi,
per l’ammontare complessivo di 26,5 milioni di dollari ( www.usaspending.gov)
( www.impreseallasbarra.org)
VARIE
o Reuben Mark, capo del consiglio di amministrazione del gruppo, siede anche nel consiglio di
amministrazione del gruppo statunitense Time Warner, proprietario tra l’altro delle riviste Time e
Fortune, di numerosi canali televisivi e della casa di produzione cinematografica “Warner Bros”.
o Nel 2005 ha speso 90 mila dollari in attività di lobby nei confronti delle forze politiche
statunitensi.
o Nel 2011 ha speso 740mila dollari in attività di lobby nei confronti delle forze governative
statunitensi ( www.opensecrets.org) ( www.impreseallasbarra.org)
o fa parte di USCIB (United States Council for International Business), associazione che
raggruppa le maggiori imprese mondiali, nata con lo scopo di rappresentare “i valori e le idee
dell’American business” e di promuovere il libero mercato nei confronti dei politici americani ed
europei, delle Nazioni Unite e altri organismi internazionali.
o Nel dicembre 2005 le autorità fiscali del Brasile hanno comminato alla divisione brasiliana di
Colgate-Palmolive una multa di 64 milioni di dollari per evasione fiscale. La multinazionale è
ricorsa in appello.
o L’associazione animalista Peta denuncia che Colgate-Palmolive è tra le imprese coinvolte nella
sperimentazione sugli animali.
o REGIMI OPPRESSIVI: ha filiali in Cina, Malesia, Tailandia, Filippine, Marocco, Turchia,
Messico ( Colgate-Palmolive Co, Form 10-K, 2011) (( www.impreseallasbarra.org)
o PARADISI FISCALI La casa madre è dominiliata nel Delaware, USA. Altre 15 filiali sono
domiciliate in Delaware, 3 a Singapore, 2 in Svizzera, 2 a Hong Kong, 2 in Belgio, 2 in Olanda,
1 in Irlanda, 1 nelle isole Vergini Britanniche, una in Uruguay ( Colgate-Palmlive Co, Form 10K, 2011) (( www.impreseallasbarra.org)
o BIOPIRATERIA:
varie associazioni indiane, tra cui l’Association of Manufactures of
Ayurvedic Medicines accusano Colgate di Biopirateria. L’azienda ha depositato negli USA il
brevetto per una nuova formulazione di dentifricio che, secondo le associazioni indiane è copiata
da un’antica ricetta tradizionale indiana. L’associazione ha chiesto allo stato indiano di intentare
causa all’azienda ( Herald Sun, Colgate accused of toothpaste recipe Theft, 21 ottobre 2010). (
www.impreseallasbarra.org)
Fonti: Guida al consumo critico, ed. 2008; RSI News, Greenpeace, www.impreseallasbarra.org
SCHEDA ANALITICA
NIVEA
MARCHIO: NIVEA
SOCIETA’: BEIERSDORF
Presentazione
Gruppo multinazionale chimico di origine tedesca, con sede ad Amburgo. Fattura 5,5 miliardi di.
Produce e commercializza prodotti per il corpo (85% del fatturato) e cerotti e nastri adesivi (15%).
Il controllo del gruppo appartiene alla famiglia tedesca Herz, tramite Maxingvest, con il 51% del
capitale azionario.
Maxingvest è contemporaneamente proprietaria al 100% del gruppo
Tchibo.
Beiersdorf AG è quotata presso la Borsa di Francoforte. I suoi marchi sono: 8x4 atrix basis Curad
Elastoplast Eucerin Florena FUTURO Hansaplast JUVENA Labello la prairie Marlies Möller
Nivea SBT: Skin Biology Therapy Tesa
Il 50,49% della società è controllato
da Tchibo Holding AG. Quest'ultima a sua volta appartiene alla famiglia Herz.
Beiersdorf è presente in tutto il mondo con 150 consociate; in particolare, si focalizza sui Paesi con
una crescita sopra la media.
La crema NIVEA è stata la prima emulsione stabile e la prima
crema idratante ed è uno dei più grandi brand al mondo nella cura della pelle.
it.wikipedia.org/wiki/Beiersdorf_(azienda)
Comportamenti irresponsabili
DIRITTI DEI LAVORATORI



Tchibo è un grande commerciante di caffè, tra i primi 5 a livello mondiale, è quindi
corresponsabile delle cattive condizioni in cui versano i contadini del sud del mondo.
Nel 2005 la Campagna Abiti Puliti denuncia che in Bangladesh i responsabili dello
stabilimento dell’azienda A-One che produce in appalto per varie aziende tra cui Tchibo,
hanno licenziato o costretto a “dimissioni forzate” 246 lavoratori che avevano espresso la
volontà di organizzarsi in un consiglio di fabbrica.
Sono stati portati alla luce casi di lavoro minorile e generali condizioni di lavoro poco
dignitose.
RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI
 Nel 2006 Greenpeace ha assegnato all’impresa il “codice rosso” per la presenza di sostanze
tossiche per l’ambiente e l’organismo umano, contenute nei prodotti da essa
commercializzati
 Per confezionare i prodotti vengono usati ogni anno 2 mila tonnellate di alluminio e 5 mila
tonnellate di plastica vergine.
Comportamenti responsabili
Entro il 2020 il Gruppo Beiersdorf si è impegnato a raggiungere importanti traguardi per ridurre il
consumo di risorse e l'impatto ambientale dei prodotti. In particolare il Gruppo intende arrivare a
generare la metà dei prodotti con un impatto ambientale molto ridotto, ad abbattere del 30%
l'emissione di anidride carbonica per prodotto venduto, a promuovere il miglioramento delle
condizioni di vita di mezzo milione di bambini attraverso l'accesso all'istruzione. Un percorso che è
stato definito una vera e propria roadmap che non parte da zero. Beiersdorf si è infatti già mosso su
vari fronti per la riduzione di rifiuti da packaging attraverso la diffusione delle ricariche, con
l'impiego di materiali riciclabili su quasi il 100% dei prodotti e l'adozione, nel 2011, di nuovi
packaging più leggeri che consentono risparmi fino al 55,7% sul peso dell'imballo. «La sostenibilità
è un valore chiave che dimostra la nostra responsabilità verso le persone non meno che verso
l'ambiente – dichiara Luisa Bianchi Direttore delle Risorse Umane Beiersdorf Southern Europe
Italy/Greece. Desideriamo che i nostri dipendenti e collaboratori possano identificarsi e sentirsi
coinvolti nei valori e nella cultura dell'azienda. Per questo, la qualità della vita, la sicurezza e la
salute sono al centro di nostre iniziative come l'attivazione dal 2011 del telelavoro e lo studio di
attività che sostengano il work-life balance di chi ha figli piccoli o genitori anziani». In Italia
Beiersdorf è presente con una filiale che occupa 200 dipendenti in cui sono promosse iniziative
soprattutto di sostenibilità sociale. Ad esempio, sono offerte visite mediche di controllo per la
prevenzione oncologica realizzate con la collaborazione dell'équipe dell’Associazione Nazionale
Volontari Lotta contro i Tumori. I dipendenti possono usufruire gratuitamente di visite
specialistiche basilari come il Pap Test o il controllo dermatologico di nei senza dover programmare
richieste di permesso orario o giorni di ferie e senza sottostare ai ben noti tempi d'attesa del Servizio
Sanitario Nazionale. Altre forme di sostegno al benessere della comunità aziendale sono la facoltà
per le madri con figli di età inferiore ai tre anni di accedere al part-time e la possibilità, aperta a
tutti, di usufruire dell'orario flessibile. ( it.wikipedia.org/wiki/Beiersdorf_(azienda). .
(linkedin.com/groups/Beiersdorf-Italia-4181474)
Fonti: Guida al consumo critico, 2008 - Campagna Abiti Puliti – www.beiersdorf.com
SCHEDA ANALITICA
WELEDA
MARCHIO: WELEDA
SOCIETA’: WELEDA
Presentazione
Società tedesca che basa la propria attività sulla filosofia antroposofica secondo cui l’individuo è
inteso in relazione con il mondo, l’ambiente e la società e mai disgiunto dai regni della natura.
Comportamenti responsabili
- nella formulazione dei propri prodotti non utilizza sostanze di sintesi (conservanti, coloranti, oli
minerali, ecc.) si serve esclusivamente di materie prime di origine naturale e frutto di coltivazioni
biologiche e biodinamiche o da raccolta spontanea.
- i tensioattivi utilizzati sono tutti completamente e rapidamente biodegradabili perché derivanti
da olio di noce di cocco o da zucchero.
- pone attenzione agli imballi dei prodotti utilizzando materiali biodegradabili e, nella maggior
parte dei casi, utilizzando un unico involucro (evitando volumi di rifiuti dovuti a inutili strati di
imballo).
- non utilizza OGM.
- non utilizza sostanze animali provenienti da vertebrati morti e non ha mai utilizzato test sugli
animali.
- sostiene in tutto il mondo percorsi di auto-sviluppo che consentono condizioni di vita dignitose
e prospettive di crescita per i fornitori delle materie prime.
Fonte: Weleda, www.econsumi.com