leggi di piu - Ambiente Legale Digesta

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2.10.
FOCUS
dottrina
SANZIONI
di Mario Borghi
La procedura di estinzione delle
contravvenzioni in materia
ambientale della Parte VI-bis
La procedura di estinzione
delle contravvenzioni in
materia ambientale della
Parte VI-bis vista dalla
parte dei controllori
di MARIO BORGHI
Comandante Polizia Locale Provinciale di Terni
ABSTRACT
IN SINTESI
La legge n. 68 del 2015, oltre ad essersi occupata dei nuovi delitti in campo ambientale inseriti
nel Codice Penale, ha anche aggiunto ex novo
la Parte VI bis nel D. Lgs. 152/2006 recante la
disciplina sanzionatoria degli illeciti penali in
materia di tutela ambientale.
• La disciplina bypassa il tradizionale procedimento penale e vede il rapporto diretto tra
Organo di controllo di Polizia Giudiziaria e
responsabile dell’illecito.
• Un procedimento del tutto analogo a quello
vigente dal 1994 in materia di sicurezza sul
lavoro.
• Ruolo fondamentale del Pubblico Ministero
nell’attivazione della procedura.
• Impossibilità di applicazione per le contravvenzioni che prevedono la pena detentiva
dell’arresto non alternativa all’ammenda.
• Elemento fondamentale dell’assenza di danno o pericolo concreto ed attuale di danno
per l’ambiente ai fini esecutivi.
• Il procedimento si concretizza attraverso l’adempimento alle prescrizioni impartite dalla
PG ed il pagamento della sanzione amministrativa.
• Il buon esito porta all’archiviazione del procedimento penale ed all’estinzione della contravvenzione.
Si tratta di un nuovo (per il campo ambientale) metodo di imporre sanzioni meno oneroso
della procedura penale, che vede il ruolo fondamentale dell’organo di controllo con funzioni
di Polizia Giudiziaria, in diretto rapporto con
l’autore dell’illecito.
Dopo un anno e mezzo di “sperimentazione” si
ritiene opportuno fare il punto sull’applicazione
della disciplina, in base ad alcune importanti tematiche di ordine pratico.
Una disamina quindi che si basa proprio sulle
modalità di esecuzione messe in atto da un organo di controllo, durante questo primo periodo.
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FOCUS
dottrina
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SANZIONI
di Mario Borghi
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Schema delle disposizioni introdotte
Parte sesta-bis. D.Lgs 152/2006 - Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in mate-
ria di tutela ambientale.
• L’art. 318 bis1 indica l’ambito in cui opera la
disciplina.
• L’art. 318 ter2 richiama le modalità di esecuzione delle prescrizioni da impartire al contravventore, da parte dell’organo di vigilanza
o della polizia giudiziaria, al fine di eliminare
la contravvenzione accertata.
• L’art. 318 quater3 regola la verifica dell’adempimento e la irrogazione della sanzione da pagarsi in sede amministrativa.
• L’art 318 quinquies4 detta il dovere di comunicazione da parte del Pubblico Ministro che abbia per altri versi notizia di contravvenzione.
• L’art. 318 sexies5 specifica i termini di sospensione del procedimento penale.
• L’art. 318 septies6 prevede l’estinzione della
contravvenzione e seguito dell’adempimento a
quanto stabilito nella prescrizione e del pagamento della sanzione amministrativa.
• L’art. 318 octies7 detta una norma transitoria.
*
1 318-bis. Ambito di applicazione. Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in
materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di
danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.
2 318-ter. Prescrizioni. 1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l’organo di vigilanza, nell’esercizio
delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria
impartisce al contravventore un’apposita prescrizione asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente
nella materia trattata, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente
necessario. In presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determinino un
ritardo nella regolarizzazione, il termine può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per
un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico
ministero.
2. Copia della prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell’ente nell’ambito o al servizio
del quale opera il contravventore.
3. Con la prescrizione l’organo accertatore può imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo
ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose.
4. Resta fermo l’obbligo dell’organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione, ai sensi dell’articolo 347 del codice di procedura penale.
3 318-quater. Verifica dell’adempimento. 1. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione
ai sensi dell’articolo 318-ter, l’organo accertatore verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel
termine indicati dalla prescrizione.
2. Quando risulta l’adempimento della prescrizione, l’organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede
amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’organo
accertatore comunica al pubblico ministero l’adempimento della prescrizione nonché l’eventuale pagamento della
predetta somma.
3. Quando risulta l’inadempimento della prescrizione, l’organo accertatore ne da comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione.
4 318-quinquies. Notizie di reato non pervenute dall’organo accertatore. 1. Se il pubblico ministero prende notizia di
una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico
servizio diversi dall’organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria, ne da’ comunicazione all’organo di vigilanza o alla
polizia giudiziaria affinché provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318-ter e 318-quater.
2. Nel caso previsto dal comma 1, l’organo di vigilanza o la polizia giudiziaria informano il pubblico ministero della
propria attività senza ritardo.
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La procedura di estinzione delle
contravvenzioni in materia
ambientale della Parte VI-bis
Ad un anno e mezzo dall’introduzione, con la legge
22 maggio 2015 n.68, della nuova Parte VI bis “disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e
penali in materia di tutela ambientale” nel Decreto
Legislativo 152/2006, sembra utile effettuare una
disamina di ordine pratico sulla applicazione della
procedura.
Si intendono analizzare alcuni punti procedurali il
cui rilievo è emerso a seguito della pratica effettiva
della nuova disciplina, la cui, portata, forse, ancor
oggi non è ben conosciuta ne da tutti gli organi chiamati ad attuarla né dai soggetti operatori in campo
ambientale che potrebbero, malauguratamente, incappare negli illeciti che la richiamano.
La nuova disciplina introduce un procedimento sanzionatorio per alcuni reati contravvenzionali ambientali che tende ad imporre la sanzione ed al ripristino della regolarità della situazione senza arrivare
all’intervento del giudice.
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SANZIONI
La procedura di estinzione delle
contravvenzioni in materia
ambientale della Parte VI-bis
I principi del “meccanismo”
La lettura della parte VI bis lascia innanzitutto individuare un meccanismo tramite il quale si tende
a pervenire alla estinzione del reato, previa eliminazione della contravvenzione, attraverso il ripristino
della regolarità e del pagamento di una sanzione pecuniaria.
Una procedura che è stata definita come una diversa
via punitiva che senza abbandonare in toto il procedimento penale tradizionale, tende a posticiparlo
alla risoluzione sinergica del conflitto in modo da
adeguare le risposte sanzionatorie alla dimensione
degli avvenimenti ed alla loro particolarità anche
locale8.
In sostanza, secondo tale procedimento, al fine di
“eliminare” la contravvenzione accertata, l’organo
di vigilanza che svolge funzioni di PG o direttamente
la PG, impartisce delle prescrizioni apposite, asseverate tecnicamente dall’ente specializzato competente
nella materia trattata, fissando altresì un termine per
la regolarizzazione che non superi quello tecnicamente necessario9.
Nel nuovo meccanismo si può individuare anche la
volontà del legislatore di superare la procedura in
via amministrativa già prevista per ripristinare la situazione di regolarità attraverso la diffida e sospensione e revoca delle autorizzazioni, tendendo quindi
a ridimensionare la necessità di intervento da parte
della pubblica amministrazione attraverso gli atti di
propria competenza, oltre ad ottenere un non secondario effetto deflattivo sui procedimenti penali.
Occorre dire che la procedura estintiva dei reati ambientali previsti dal D.Lgs. 152/2006, inserita nello
dottrina
di Mario Borghi
stesso decreto nella parte VI bis, non rappresenta
una assoluta novità e ciò in quanto in realtà la stessa
sembra essere piuttosto una trasposizione del procedimento già previsto dal D.Lgs 19/12/1994 n. 758,
recante modificazioni alla disciplina sanzionatoria in
materia di lavoro.
Il richiamo analogico al più datato decreto sul lavoro, oltre ad una oggettiva evidenza, è sicuramente
avallato dalla relazione sulla legge 68/2015 dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione10
laddove viene espressamente riconosciuto che le
disposizioni introdotte alla parte VI bis del D.Lgs.
152/2006 sono modellate sulle previsioni contenute negli articoli 19 e seguenti del D.Lgs. 758/94 e
replicano il meccanismo di estinzione degli illeciti
mediante adempimento delle prescrizioni impartite
e pagamento di somma determinata a titolo di sanzione pecuniaria.
Seppur analogo, il procedimento ex D.Lgs 758/1994
ha però differenze con quello ex parte VI bis D.Lgs.
152/2006, come ad es. la definita individuazione delle fattispecie contravvenzionali cui si deve applicare
- presente in materia di sicurezza sul lavoro- mentre,
nella procedura in campo ambientale, se ne prevede l’applicazione generica alle contravvenzioni che
“non hanno cagionato danno o pericolo concreto ed
attuale di danno alle risorse ambientali urbanistiche
o paesaggistiche protette.”
Per questo nell’analisi delle disposizioni normative
di che trattasi si può far riferimento a quanto già
espresso dalla giurisprudenza per l’analogo procedimento giuslavoristico, dove in primis la Corte Costituzionale11 ha inteso affermare che la normativa
5 318-sexies. Sospensione del procedimento penale. 1. Il procedimento per la contravvenzione è sospeso dal momento
dell’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale fino al momento
in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all’articolo 318-quater, commi 2 e 3, del presente
decreto.
2. Nel caso previsto dall’articolo 318-quinquies, comma 1, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato
al comma 1 del presente articolo.
3. La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre, l’assunzione
delle prove con incidente probatorio, né gli atti urgenti di indagine preliminare, né il sequestro preventivo ai sensi
degli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.
6 318-septies. Estinzione del reato. 1. La contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione
impartita dall’organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall’articolo 318-quater,
comma 2.
2. Il pubblico ministero richiede l’archiviazione se la contravvenzione è estinta ai sensi del comma 1.
3. L’adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a
norma dell’articolo 318-quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza sono valutati ai fini dell’applicazione
dell’articolo 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare è ridotta alla metà del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.
7 Art. 318-octies. Norme di coordinamento e transitorie. 1. Le norme della presente parte non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima parte».
8 V.B. Muscatiello – “L’entropia ambientale. Dal boia (improbabile) all’esattore (incerto)” in Dir. Pen. Contemp.
9 Art. 318 ter. 1° co.
10 Corte di Cassazione - Ufficio del Massimario – Settore penale – Rel. III/4/2015 del 29/5/2015.
11 Corte Costituzionale, Sent. n.19 del 18/2/1998.
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tende ad assicurare l’osservanza delle norme per la
tutela dei lavoratori, dove è importante la sanzione
ma soprattutto la regolarizzazione delle violazioni e
l’eliminazione e cessazione delle situazioni dannose
o di pericolo, accompagnata dall’effetto estintivo del
reato così da ottenere anche una deflazione dei procedimenti penali processuali.
Laddove ne ricorrano i presupposti dunque, il preventivo esperimento della procedura di definizione
in via amministrativa costituisce una condizione di
procedibilità dell’azione penale.
Il giudice quindi, prima della pronuncia nel merito dovrà accertare che vi sia la prova della effettiva
notificazione delle prescrizioni impartite, del loro
mancato adempimento o rimozione delle violazioni
nei termini, nonché nel mancato pagamento della relativa sanzione amministrativa12.
*
Ambito di applicazione
Secondo il dettato dell’art. 318 bis, la nuova procedura si applica alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal D.Lgs. 152/2006 che
non abbiano cagionato danno o pericolo concreto
ed attuale di danno alle risorse ambientali urbanistiche o paesaggistiche protette.
Quindi sembrerebbe doversi applicare a tutte le
ipotesi di reati contravvenzionali presenti nel TUA,
mentre ne rimarrebbe escluso solo quanto non contenuto in esso.
In realtà la pratica induce ad individuare altri motivi di esclusione. Infatti se viene letto l’art. 318 bis
unitamente all’art. 318 quater co.2 secondo il quale, una volta constatato l’adempimento della prescrizione impartita, l’organo accertatore ammette a
pagare in sede amministrativa una somma pari ad
un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa, sembra evidente che
tale procedura non possa essere applicata a contravvenzioni sanzionate con la pena del solo arresto,
mancando la pena di riferimento per il calcolo.
Non sembrano invece riscontrarsi problemi sull’applicabilità della procedura nel caso in cui le contravvenzioni prevedano la pena della sola ammenda o
dell’arresto alternativo all’ammenda.
Il concetto trova riscontro anche dalla lettura
dell’art. 318 septies laddove al comma 3 prevede
che l’adempimento alle prescrizioni impartite oltre
il tempo stabilito o con modalità diverse da quelle
indicate dall’organo di vigilanza, seppur non idonee
alla chiusura positiva della procedura di che trattasi, sono valutate comunque ai fini dell’applicazione
dell’art.162 bis del Codice Penale, relativo all’oblazione delle contravvenzioni che sono proprio punite
con pene alternative.
Per quanto concerne le contravvenzioni punite cumulativamente con arresto e con ammenda sembra
doversi propendere per la non applicabilità della
procedura in esame e ciò in quanto una diversa lettura andrebbe essenzialmente a contrastare con il
principio costituzionalmente previsto di proporzionalità della pena in rapporto alla gravità del fatto
commesso13. Si verificherebbero infatti situazioni
in cui illeciti per i quali viene prevista una pena più
gravosa avente appunto una componente detentiva
ed una pecuniaria, verrebbero equiparati ad illeciti
puniti con pene meno gravi in cui la parte detentiva
è alternativa alla parte pecuniaria.
In tal modo, ad esempio, vedremmo comminare la
stessa sanzione amministrativa ex art. 318 quater
comma 2, ad una gestione illecita avente ad oggetto
rifiuti non pericolosi con una stessa fattispecie commessa però con rifiuti pericolosi.
Inoltre l’analogo procedimento di cui al D. Lgs.
758/1994 in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, prevede espressamente l’applicazione della procedura della sanzione amministrativa con prescrizione per le contravvenzioni per le quali sia prevista la
pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda.
Altro elemento di disamina è che risulta plausibile e
ragionevole sostenere che dovrebbe anche essere ammesso alla definizione in via amministrativa, in vista
dell’estinzione del reato e della conseguente richiesta
di archiviazione del PM, il contravventore che abbia
spontaneamente regolarizzato la violazione.
La procedura di estinzione delle
contravvenzioni in materia
ambientale della Parte VI-bis
SANZIONI
di Mario Borghi
Proprio la Corte Costituzionale inquadra la procedura in esame come volta ad ammettere il contravventore, sostanzialmente inadempiente, alla
definizione in via amministrativa ed alla conseguente estinzione del reato. In tal senso si ritiene
possibile una applicazione della disciplina anche
nel caso vi sia una spontanea regolarizzazione da
parte del contravventore , con l’organo di vigilanza che potrà impartire in tal caso la prescrizione
“ora per allora” ovvero verificare l’avvenuta eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
del reato e ad ammettere il contravventore al pagamento della somma determinata sì che lo stesso
possa usufruire dell’estinzione del reato14.
12 Cass. Pen., Sez. III n. 12483, del 20/3/09.
13 Sul tema del principio di proporzionalità della pena riferibile anche alle sanzioni amministrative Sent. Corte Cost. n.
186/2011.
14 Corte Cost. n. 19 / 1998.
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La procedura di estinzione delle
contravvenzioni in materia
ambientale della Parte VI-bis
SANZIONI
Seppure la pratica delle disposizioni in esame lascia percepire quali ampi margini discrezionali
siano lasciati all’organo di controllo che procede
per l’individuazione del campo applicativo, occorre affermare che permane un ruolo fondamentale da parte del Pubblico Ministero.
La semplice lettura dell’art. 318 ter in cui si afferma che allo scopo di eliminare la contravvenzione
accertata, l’organo di vigilanza impartisce al contravventore una apposita prescrizione asseverata,
lascerebbe già presumere che vi possa essere una
obbligatorietà della procedura.
In tal modo si potrebbe anche evitare l’insorgere
di disparità dovute a valutazioni troppo soggettive da parte degli organi operanti.
Vero è che nella norma tale obbligatorietà è desumibile ma non espressa in modo esplicito ma
è altrettanto vero che l’analogo procedimento ex
D.Lgs. 758/1994 non è stato ritenuto dalla giurisprudenza obbligatorio e ciò in quanto la prescrizione può - non necessariamente deve - essere
impartita dall’organo di vigilanza.
Afferma ancora la Corte che non c’è alcun diritto del contravventore a ricevere la prescrizione di
regolarizzazione dell’organo di vigilanza con assegnazione del relativo termine per adempiere15.
In altra pronuncia sempre in materia di sicurezza
sul lavoro, la Corte afferma che il fatto che l’organo di vigilanza non impartisca alcuna prescrizione di regolarizzazione è una ipotesi legittima
che non condiziona affatto l’esercizio dell’azione
penale16.
Una prescrizione di regolarizzazione dunque che
l’organo di vigilanza può, e non deve, adottare.
Sembra evidente comunque il permanere del ruolo
direttivo e di attivazione da parte del PM che può
addirittura rimandare alla PG il procedimento ai fini
dell’irrogazione delle prescrizioni e della sanzione
amministrativa.
L’art. 318 quinques infatti sancisce che il PM che
prende direttamente la notizia di contravvenzione,
ne da comunicazione all’organo di vigilanza o alla
Polizia Giudiziaria, affinchè provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318 ter e 318 quater. In
questo caso gli organismi operanti informano il PM
della propria attività senza ritardo.
Un ruolo fondamentale dunque, quello del PM,
che deve assicurare che venga attivata la procedura estintiva, anche quando vi sia inerzia da parte
dell’organo operante, rimandando a quest’ultimo la
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di Mario Borghi
Comunicazione di Notizia di Reato richiedendo un
ulteriore valutazione circa la possibilità di procedere
ex parte VI bis. La Polizia Giudiziaria a quel punto
potrà emettere le prescrizioni ovvero confermare la
necessità motivata della consueta procedura penale
(come potrebbe essere la presenza di un pericolo per
l’ambiente generato dal fatto illecito contestato).
Sussiste inoltre nel campo ambientale, e ciò a differenza di quanto previsto in materia di sicurezza sul
lavoro, un ulteriore fondamentale elemento da valutarsi ai fini dell’attivazione del procedimento estintivo, ovverosia la necessità di verificare la mancanza
di danno o pericolo concreto ed attuale di danno per
l’ambiente, ai fini dell’attivazione della procedura.
Si deve aggiungere che il legislatore in materia di
sicurezza sul lavoro ha inteso definire l’ambito di
applicazione della procedura estintiva delle contravvenzioni con il D.Lgs 124/2004 dove all’art 15 lo
individua puntualmente nelle violazioni di carattere
penale punite con la pena alternativa dell’arresto o
dell’ammenda, ovvero con la sola ammenda e detta
l’obbligatorietà della prescrizione ai sensi degli artt.
20 e 21 del D.Lgs 758/1994, nel caso in cui la stessa
sia applicabile.
In merito alla imposizione delle prescrizioni crea
qualche dubbio definire se ciò sia possibile quando
l’illecito contestato sia riconducibile ad una assenza
assoluta del titolo autorizzativo.
Orbene in questo caso la prescrizione non potrebbe
che essere quella di ottenere il rilascio dell’autorizzazione, cosa che però dipende da un atto che deve
essere emesso dall’amministrazione, autorità competente in materia.
In tal senso l’unica possibilità che ha il trasgressore
è di presentare l’istanza nei modi previsti essendo in
possesso dei requisiti richiesti, dopodiché il buon esito è rimesso totalmente al procedimento in capo al
terzo – autorità competente.
In questo caso sembra dunque che non possa essere
prevista la possibilità di impartire la prescrizione di
ottenere l’autorizzazione e ciò in quanto l’adempimento non dipende più dalla volontà del trasgressore (ciò anche secondo la massima ad impossibilia
nemo tenetur).
Certo è che a quest’ultimo potrà essere sempre prescritto di attivarsi nel richiedere l’autorizzazione
compiendo tutto ciò che è necessario e propedeutico ai fini dell’ottenimento della stessa per cui non
si potrà prescrivere di ottenere una autorizzazione
entro un certo termine, ma sarà possibile prescrivere
di presentare la richiesta completa di tutto quanto
occorra per il rilascio del provvedimento.
15 Cass. Pen., Sez. III, n. 5864 del 17/02/2011.
16 Cass. Pen., Sez. III n. 26758 del 12/7/2010.
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Organo accertatore asseveratore ed autorità
competente
Il complesso della disciplina sanzioni-prescrizioni,
prevede l’esigenza di attivare l’operato di un organo di vigilanza dotato necessariamente di idonee
competenze tecniche e di assicurare al contravventore la possibilità di usufruire del procedimento di estinzione che si basa essenzialmente sull’effettiva eliminazione delle conseguenze dannose o
pericolose del reato e che si estende anche quando
le prescrizioni o i tempi non siano stati rispettati.
L’articolo 318 ter individua quale soggetto operativo nell’azione regolatrice – sanzionatoria l’organo di vigilanza nell’esercizio delle funzioni di PG
di cui all’art. 55 del cpp, ovvero la polizia giudiziaria.
In tal senso sembra volersi chiaramente riservare
la titolarità dell’azione di applicazione di tale procedure ai soli soggetti titolari di funzioni di PG
senza però nulla richiedere circa una eventuale
specializzazione o il possesso di competenze particolari.
Questo fatto crea sicuramente qualche problema
operativo dato che nel campo ambientale non esistono organi di vigilanza con competenza esclusiva e pertanto possono, o meglio devono, intervenire all’occorrenza , tutti i soggetti titolari di
qualifica di PG ai sensi dell’art. 57 cpp.
Questo elemento è confermato anche dalla introduzione (a differenza della analoga disciplina sulla
sicurezza sul lavoro) dell’istituto dell’asseverazione delle prescrizioni da parte di un organo tecnico, come a voler sostenere che comunque tutti gli
organi di controllo con funzioni di PG possono
operare e procedere nell’attivazione della procedura, perché poi saranno coadiuvati, al momento
della necessità, di un supporto tecnico prestato da
uno specifico organo specializzato.
Su quale sia l’organo che debba essere chiamato ad
asseverare le prescrizioni non vi è una specifica definizione.
Questo compito può essere demandato principalmente all’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale quale organo di controllo tecnico in materia
ambientale, ma anche all’Autorità competente al
rilascio delle autorizzazioni nella materia soggetta a
controllo.
Andando ad analizzare il similare e più collaudato
procedimento di cui al D.Lgs. 758/94 si evince che
in esso non vi è alcuna necessità di asseverare le prescrizioni impartite e viene espressamente previsto
che per le contravvenzioni in materia di sicurezza dei
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lavoratori non si applicano le norme vigenti in tema
di Diffida e di Disposizioni (Art. 25).
In tal senso sembrano sorgere perplessità proprio nel
caso in cui l’illecito contravvenzionale dipenda proprio dal mancato rispetto del contenuto delle autorizzazioni laddove sembrerebbe essere preferibile un
coinvolgimento dell’ente titolare della materia quale
autorità competente.
In questo modo si avrebbe la possibilità di rispondere all’esigenza di asseverare le prescrizioni necessarie unitamente alla necessità di emettere gli atti di
diffida amministrativa previsti dal Testo Unico ambientale in materia di AIA, rifiuti, acque, emissioni
in atmosfera, che sono tutti elementi fondamentali ai
fini del controllo sul “funzionamento” complessivo
dell’atto autorizzativo.
Si verifica infatti, nel caso di prescrizioni ex parte VI
bis impartite senza il coinvolgimento dell’autorità
competente, e loro rispetto con estinzione del reato,
di perdere traccia del precedente che invece dovrebbe essere sempre considerato nell’ambito dell’economia dell’autorizzazione rilasciata.
Si ritiene dunque che, laddove sia applicabile la procedura ex parte VI bis, sia sempre importante coordinare le prescrizioni (asseverate o meno) impartite
dalla PG e le prescrizioni secondo Diffida emessa
dall’autorità competente in materia, ex articoli 29
decies, 130, 208, 278 del D. Lgs 152/2006.
Vi è insomma la necessità di avere una comunicazione tra organi di vigilanza / PG e Autorità competente
in materia che potrebbe non coincidere con l’organo
tecnico chiamato ad asseverare le prescrizioni, permanendo la necessità che si attui un collegamento tra
l’organo che deve asseverare e l’autorità competente
all’emissione dell’atto di diffida, atto la cui portata
sembra affievolita a seguito dell’introduzione delle
prescrizioni e sanzione amministrativa.
Su questo giova evidenziare che sussistono differenze
sulla ratio che contraddistingue l’atto amministrativo di diffida-sospensione-revoca con la prescrizione
ex parte VI bis.
L’uno infatti è preordinato a curare la “vita” del
provvedimento autorizzativo con il suo corretto rispetto, mentre l’altro è mirato essenzialmente a ripristinare una situazione di regolarità a seguito della
commissione di un illecito.
Due distinti procedimenti con obbiettivi diversi di
cui si individua la necessità per entrambi e senza i
quali si andrebbero a vanificare importanti strumenti di gestione ambientale quali la diffida, la sospensione financo la revoca dell’autorizzazione all’esercizio di attività ed impianti.
Anche in materia di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti si pone la necessità di coordinare
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contravvenzioni in materia
ambientale della Parte VI-bis
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La procedura di estinzione delle
contravvenzioni in materia
ambientale della Parte VI-bis
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la procedura prescrittiva di cui alla parte VI bis, tramite la quale si impone la rimozione dei rifiuti ed il
ripristino dei luoghi con l’analoga procedura prevista dall’art. 192 D.Lgs. 152/2006, attraverso l’ordinanza sindacale.
Si può ritenere in questo caso che laddove sia applicabile la procedura ex parte VI bis, non essendo stato riscontrato danno o pericolo di danno per l’ambiente, questa debba contenere anche la prescrizione
di rimuovere (o far rimuovere) i rifiuti a carico del
responsabile dell’illecito contravvenzionale, senza la
necessità che intervenga l’ordinanza sindacale ex art.
192 D. Lgs. 152/2006.
Nel caso in cui invece, sia ravvisabile un danno o
pericolo concreto ed attuale di danno ambientale
per cui non sia possibile procedere ex parte VI bis e
quindi si debba procedere secondo la normale procedura penale, dovrà allora essere emanata anche l’ordinanza sindacale ai fini della rimozione dei rifiuti ed
il ripristino dello stato dei luoghi.
In merito è di interesse una recente pronuncia della
giurisprudenza amministrativa secondo cui è riconosciuta la legittimità di un ordinanza sindacale emanata a seguito di un inadempimento alle prescrizioni,
impartite da un ARPA ai sensi dell’art. 318 ter D.Lgs
152/2006, al fine della rimozione di rifiuti abbandonati e depositati in modo irregolare17.
L’art. 318 septies al comma 3 richiama , in caso di
adempimento oltre i termini o in caso di adempimento con modalità diverse da quelle impartite con
la prescrizione, l’applicazione dell’art 162 bis c.p.
con la somma da pagare ridotta della metà del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione
commessa.
Sembrerebbe una precisazione superflua in quanto
è proprio il dettato dell’art. 162 bis cp che prevede
tale sanzione.
In realtà si è voluto probabilmente differenziare la
sanzione da quella contenuta nell’analogo caso in
materia di sicurezza sul lavoro laddove l’art. 24 del
D.Lgs. 758/1994 prevede lo stesso rimando all’art.
162 bis cp, ma individua la somma da versare ridotta ad un quarto del massimo in luogo della metà del
massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.
In tal modo si manifesta l’intenzione del legislatore
di ribadire la differenza della sanzione in peggior misura per coloro che non abbiano rispettato i tempi
dell’adempimento ovvero abbiano adempiuto con
modalità difformi e per i quali si proceda ai sensi
dell’art. 162 bis c.p.
*
Concetto di danno ambientale nella Parte VI-bis
L’articolo 318 bis individua l’ambito applicativo
della procedura estintiva dei reati contravvenzionali
previsti nel d. lgs 152/2006, riservandolo a quelli che
non hanno cagionato danno o pericolo concreto ed
attuale di danno alle risorse ambientali urbanistiche
o paesaggistiche protette.
Assume quindi un valore fondamentale, ai fini
della procedibilità secondo le prescrizioni estintive, soffermarsi sul concetto di Danno Ambientale
Un concetto che non coincide con quello previsto
dal medesimo TUA in quanto il legislatore ha inteso né richiamare l’art. 300 né citare chiaramente
il termine “Danno Ambientale”.
Anche in questo caso dunque occorre un opera di
analisi sul caso in esame da parte dell’operatore di
vigilanza che non potrà basarsi evidentemente sul
concetto di danno ambientale ex art. 300 ma dovrà
estendere la sua analisi anche agli ambiti urbanistici
e paesaggistici con un accurato lavoro interpretativo.
Sussistono infatti alcune differenze terminologiche
come il fatto che nell’art. 318 bis non si parla di
danno ambientale ma si è voluto utilizzare il diverso
termine di “danno alle risorse ambientali” cui si è
aggiunto anche il riferimento alle “risorse urbanistiche e paesaggistiche protette”.
Lo stesso concetto di “risorse ambientali” risulta
nuovo, dato che l’articolo 300 fa riferimento a “risorse naturali”.
Sembrerebbe dunque che si sia voluto allargare il
concetto di danno ambientale che non è limitato a
quello di cui all’art. 300 D.Lgs. 152/2006 ma è un
più generico danno alle “risorse ambientali urbanistiche e paesaggistiche protette” non volendo perciò
limitare la procedibilità alle sole risorse naturali o
utilità assicurate da queste.
Vero è che in tal senso può essere richiamata la definizione di Danno fornita dalla direttiva 2004/35/
CE secondo cui in riferimento all’ambiente si definisce danno un mutamento negativo misurabile di una
risorsa naturale o un deterioramento misurabile di
un servizio di una risorsa naturale che può prodursi
direttamente o indirettamente.
Da notare anche il richiamo alle risorse paesaggistiche che per essere considerate devono anche essere
protette.
Ecco dunque che emerge nuovamente il puntuale lavoro interpretativo da parte dell’operatore che viene
chiamato ad individuare l’ambito di applicazione
della nuova procedura ex parte VI bis.
Un lavoro che diventa fondamentale e che differenzia
17 TAR Toscana Sez. II n. 1611 del 8/11/2016.
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dottrina
2.10.
in questo senso la procedura in materia ambientale
da quella antinfortunistica dove si parla di impartire
le prescrizioni allo scopo di eliminare le contravvenzioni senza richiamare la necessità di verifiche circa
la presenza o meno di danni o pericolo di danni a
persone o impianti.
In campo ambientale dunque esiste un elemento
selettivo non trascurabile da parte della PG della
assenza di danno o pericolo concreto ed attuale di
danno , che deve essere considerato e valutato ai fini
della procedibilità ex parte VI bis.
*
La somma da pagare in sede amministrativa
In merito alla sanzione pecuniaria che deve essere
pagata una volta adempiuto alle prescrizioni impartite, la stessa viene definita come una “somma” da pagarsi in “sede amministrativa”, la cui
“ammissione al pagamento” viene rimessa al solo
intervento della Polizia Giudiziaria.
Anche nella citata relazione dell’ufficio del massimario della corte di cassazione settore penale del
29/5/2015 relativa alla legge 68/2015, al punto riguardante l’estinzione delle contravvenzioni ambientali si afferma tra l’altro che il procedimento è
regolato dall’articolo 318 septies che prevede l’estinzione della contravvenzione a seguito sia del
buon esito della prescrizione che dal pagamento
della sanzione amministrativa cui consegue l’archiviazione del procedimento da parte del PM.
La stessa corte dunque individua nella somma da pagare la natura di sanzione amministrativa.
Lo stesso legislatore aveva anticipato tale soluzione
nella legge n. 383 del 18/10/2001 “Primi interventi per il rilancio dell’economia” dove si delegava il
governo all’adozione di decreti legislativi in materia
di tutela ambientale al fine di introdurre una causa
estintiva speciale di reati ambientali in connessione
ad ordini di fare emanati dalla pubblica amministrazione, consistente nel pagamento di una somma di
denaro a titolo di sanzione pecuniaria amministrativa non inferiore alla metà del massimo di quella
prevista per il reato commesso e nell’ottemperanza
all’ordine di fare mirante a ricondurre il destinatario
dell’ordine al rispetto della normativa ambientale.
Orbene l’articolo 12 della legge 689/1981 stabilisce
che le disposizioni in materia di sanzioni amministrative si osservano in quanto applicabili e solo che
non sia diversamente stabilito per tutte le violazioni
per le quali è prevista la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma di denaro anche quando
questa sanzione non è prevista in sostituzione di una
sanzione penale mentre il combinato disposto degli
articoli 17 e 29 della legge 689/1981 individua quale
sia l’organo cui viene attribuita la funzione amministrativa per materia.
Nel campo delle sanzioni amministrative la Corte
Costituzionale ha affermato che la disciplina delle
sanzioni spetta al soggetto competente a regolare la
materia la cui inosservanza costituisce l’atto sanzionabile18.
A questo si ricollega l’individuazione dell’ente titolato ad introitare i proventi delle sanzioni per le quali,
essendo configurate come somme amministrative,
sembra evidente che debba seguirsi il principio secondo cui siano le autorità competenti nella materia
in cui si interviene.
Tali autorità competenti vengono menzionate dallo
stesso D. Lgs. 152/2006 che non solo le individua ,
ma detta anche le finalità per cui le somme introitate
devono essere utilizzate.
Ai sensi dell’articolo 263 ad esempio, le somme provenienti da sanzioni amministrative in materia di
rifiuti devono essere finalizzate dall’autorità competente al miglioramento dei controlli.
La stessa corte Costituzionale per le sanzioni amministrative ha rimarcato che la relativa competenza
non si radica in una autonoma materia ma accede
alle materie sostanziali. La disciplina delle sanzioni
spetta dunque al soggetto competente a regolare la
materia la cui inosservanza costituisce l’atto sanzionabile19.
Altra evidenza in merito è che l’ammontare della somma da pagare in sede amministrativa non è
sindacabile nel quantum da parte della PG operante
in quanto lo stesso viene stabilito in via categorica
dall’art. 318 quater co.2 pari ad un quarto del massimo dell’ammenda prevista per l’illecito commesso.
Risulta quindi onere esclusivo della PG contestare la
somma da pagare in sede amministrativa avendo un
solo importo, senza poter dare gradualità alla sanzione magari in riferimento alla gravità dell’illecito
accertato.
Neanche si riscontra alcuna facoltà da parte del contravventore ammesso al pagamento della somma
amministrativa di chiedere una rateizzazione della
stessa.
Da notare che nella legge 68/2015 è prevista la prorogabilità dei termini per adempiere alla prescrizione impartita ai sensi dell’art. 318 ter, mentre non è
stata prevista alcuna dilazione del termine perentorio per il pagamento della sanzione amministrativa
che viene fissato in 30 giorni20.
La procedura di estinzione delle
contravvenzioni in materia
ambientale della Parte VI-bis
SANZIONI
di Mario Borghi
18 Corte Cost. Sentenze n. 271 / 2012 ; n. 384 / 2005 e n. 12 / 2004.
19 Corte Cost. sent. 271 /2012.
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2.10.
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dottrina
La procedura di estinzione delle
contravvenzioni in materia
ambientale della Parte VI-bis
SANZIONI
di Mario Borghi
Altro elemento di rilievo è che nella procedura in
esame non viene prevista alcuna considerazione della eventuale recidiva dell’autore dell’illecito ai fini
della applicazione o meno della procedura ovvero ai
fini della definizione dell’ammontare della sanzione.
Questo chiaramente genera una ulteriore singolarità del procedimento in esame anche rispetto alle
altre forme sanzionatorie sia di carattere penale che
amministrativo dove la legge 689/81 prevede appunto l’elemento aggravante della reiterazione della
condotta.
Si può verificare quindi che un soggetto che adempia
pedissequamente alle prescrizioni impartite e paghi
regolarmente la somma amministrativa, potrà reiterare le proprie azioni illecite e continuare a godere
dei benefici della procedura ex parte VI bis.
In questo senso si rileva ancora l’importanza del coinvolgimento dell’autorità competente nella materia
dell’illecito, la quale al verificarsi di nuove contestazioni potrà adottare le misure previste dal TUA che
incidono sulla validità dell’atto autorizzativo quali la
diffida, la sospensione fino alla revoca dell’atto stesso
a seconda della gravità del fatto commesso.
*
Applicabilità della responsabilità ex D.Lgs.
231/2001
In merito alla procedura ex parte VI bis si rileva che
la stessa nulla rileva circa il riconoscimento della responsabilità amministrativa da reato delle persone
giuridiche ai sensi del D.Lgs. 231 / 2001.
In tal senso quindi, anche nel caso in cui il responsabile della contravvenzione, adempiendo al dettato
della PG ed al pagamento della somma amministrativa, giunga alla estinzione del reato commesso, risponderà comunque della responsabilità ex 231/01
se non prova di rientrare nelle circostanze esimenti
previste in materia.
Ecco che emerge ancora la necessità di una completa
informazione al PM da parte della PG operante ai
fini di una completa e compiuta attivazione del procedimento sanzionatorio complessivamente inteso.
ambientale.
Una nuova procedura che intende velocizzare la
“soluzione” dei procedimenti penali e soprattutto
limitare l’afflusso degli stessi di fronte al Giudice,
laddove, si ribadisce, vi sia assenza di danno per
l’ambiente.
Una procedura quindi che negli intenti deve essere
più snella ed efficace, mantenendo gli scopi fondamentali di sanzionare l’autore del fatto illecito e soprattutto di indurlo ad eliminare effetti o conseguenze del reato commesso.
Esistono però degli elementi selettivi sulla procedibilità con il nuovo meccanismo, che nel campo
ambientale, oltre al limite delle contravvenzioni di
minore gravità, prevede anche l’assenza non solo del
danno alle risorse ambientali ma anche al pericolo
che tale danno possa verificarsi.
Proprio su questa verifica si basa la buona applicazione della procedura ex parte VI bis, e sulla stessa
verifica deve esplicarsi l’azione dell’organo di vigilanza e polizia giudiziaria chiamato ad intervenire,
sul quale grava la grande responsabilità di “selezionare” le ipotesi di reato per cui impartire le prescrizioni ai fini dell’estinzione della contravvenzione.
La polizia giudiziaria deve quindi analizzare non solo
se la fattispecie accertata rientra tra i casi di possibile applicazione della nuova procedura, avendo su
questo la supervisione del Pubblico Ministero, ma
anche, e soprattutto, accertare la presenza o meno
del “danno o pericolo concreto ed attuale di danno
alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche
protette”.
*
CONCLUSIONI
Alla luce delle considerazioni sopra riportate risulta
evidente come la “novella” della parte VI bis inserita
nel D.Lgs 152/2006 seppur non nuova nel panorama normativo in funzione sanzionatoria, rappresenti comunque una assoluta novità per la materia
Questa verifica sul danno dunque, rappresenta il
più significativo “vaglio” di ingresso nella procedura in esame e rappresenta uno strumento nelle
mani e nella responsabilità della polizia giudiziaria, dove neanche il pubblico ministero ha incisivi
poteri di intervento.
Si afferma ancora una volta l’accrescersi della responsabilità della moderna polizia giudiziaria nel
campo ambientale, che viene chiamata a svolgere
azioni sempre più incisive nell’ambito procedurale
e che necessita di sempre aggiornate competenze e
cognizioni operative unitamente ad efficienti basi
tecniche.
Una necessità cui non possono sottrarsi gli attuali
organi di controllo e vigilanza, soprattutto se dotati di funzioni di polizia giudiziaria, che operano
nel delicato settore della tutela ambientale.
20 in argomento Sent. Cass. Pen. III n. 28831 del 15/5/2008.
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