Un mare d`amore

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Un mare d`amore
Un mare d’amore
Quindici novembre, festa del patrono della città: Solenni celebrazioni di mezzo secolo
con Santa Messa celebrata dal vescovo e pranzo popolare nelle sale della Parrocchia con
le massime autorità cittadine. Intorno alla chiesa banchetti colorati pieni di spezie, dolci
e giocattoli, assediati da bambini vestiti a festa.
In fondo al lungo viale, la banda musicale sta per iniziare la sua lunga ed emozionante
marcia lungo le strade cittadine.
Ai margini della piazza una signora rotta dalle fatiche della vita, anziana, molto anziana,
vestita di nero. Un fazzoletto grigio in testa le teneva i capelli bianchi e lucenti, color
argento, raccolti in due bande ben tese sulla fronte ed annodati dietro la nuca. Sulle spalle
un pesante scialle nero, fatto a mano, ricamato con grandi fiori neri.. Camminava
lentamente ed un po’ curva, aiutandosi con un vecchio bastone: occhi al suolo pieni di
candore e di umiltà, che ogni tanto sollevava per orientarsi.
Appoggiò la sua borsa nera fra i piedi e con un’espressione soddisfatta respirò
profondamente a pieni polmoni. Si sedette sul muricciolo del lungomare, spossata dalla
sua malinconia, una malinconia densa come il rimorso, che forse gli gravava addosso come
una veste di peccato.
Guardò lontano all’orizzonte cercando con lo sguardo l’infinito. Il mare accese di fuoco il
suo volto e le rivestì di spuma la memoria.
I bronzi suonavano a distesa, ora tutti insieme, ora uno dopo l’altro, ed i raggi del timido
sole, filtrato dalla nuvolosa foschia riflettevano fuggenti bagliori dei lucidi ottoni delle
banda banda cittadina. La gente fluiva dai vicoli, dalle strade adiacenti, dalle piazze e si
riversava lungo il vialone polverulento in uno strepitio giocondo: allegra, sorridente, in
fila, per mano, a braccetto, con passo svelto, smaniosa di arrivare alla chiesa.
Giovani, anziani, donne, bambini, tutti vestiti a festa. Si cercavano l’uno con l’altro, con
gli occhi commossi, quasi trasfigurati, lanciandosi sguardi di bontà, di fede, di gentilezza e
di solidarietà in un delirio di ideali, in un bisogno frenetico di giustizia, d’amore e di
umanità. Il popolo di Maremma. Figli, mogli, mamme, e parenti tutti, di pescatori, di
minatori, di agricoltori, di artigiani, con solide radici che si perdevano nei labirinti del
passato.
- Signora, non posso lasciarla entrare nella piazza, il nome che lei mi dice non risulta dalla
lista degli invitati, da quella delle autorità e nemmeno da quella dei parenti dei
componenti la banda. C’è troppa gente signora, troppa confusione. Non può entrare, lei è
anziana, potrebbe capitarle qualcosa, …e poi, con questo vento che tira potrebbe pure
prendersi un malanno. Ho delle disposizioni precise, non posso far entrare nessuno senza
invito scritto. Oggi è la festa più grande dell’anno, ci sono tutte persone importanti.-.
L’uomo sorrideva e per non turbarla pronunciava le parole con calma, con fatica, senza
distogliere un attimo lo sguardo da quel volto chiaro fatto ancora più limpido da due occhi
sereni traboccanti di innocenza.
- No, no, guardi signor carabiniere, io l’invito ce l’ho, tutti l’anni me lo danno, io sto qui
nella zona..., el mi bimbo è pescatore co’ le barche de la coperativa, lo conoscano tutti, è il
più bello di tutta la Maremma, ha 23 anni e arriverà fra poco con tutta la banda.
Oggi è la su’ festa, lui sona,… sona la tromba, è ‘n prima fila, …vedrà che spettacolo…,
vedrà com’è bello ‘l mi’ bimbo co’ la divisa della banda e co’ la tromba che lustra come ‘no
specchio. Ieri gliel’ho luicidata io sa’. …e ciò lavorato tutto ‘l giorno e oggi lo voglio vede’,
…è bello bello, so’ già quindici anni che vengo alla festa a vedello, lui è pescatore, ma
ripara ‘nche le barche, io so’ la su’ mamma , …chiami, ..chiami ‘l maresciallo o ‘l prete se
‘n ci crede…!!
- Signora, ma che cosa mi dice, se suo figlio ha solo ventitre anni non può dirmi che questo
è il quindicesimo anno che suona nella banda ..e poi… lei mi sembra un po’ in là con gli
anni per avere un figlio così giovane.- Si, si, ..lei è novo di qui, nun pò capi’!!, …chiami il su’ maresciallo e mi lasci entra’. Io so’
stanca, so venuta a piedi e so’ troppo vecchia per questi strapazzi;… nun mi faccia piange’
come l’ultima volta. Io so’ bona, anche ‘l mi bimbo è bono, è il più bravo sonatore di tutta la
banda,..lo vedrà, …lo vedrà stamattina quando tutti gli batteranno le mani... E’ ‘l secondo da
destra in prima fila, è quello più piccino di tutti, …sembra un bambolotto, …gli ho comprato
‘nche le scarpe nove. Guardi, facci finta d’un avemmi visto,… io mi metto a sedè’ in quella
panchina che guarda ‘l mare e non do noia a nissuno, da li vedo arriva’ la banda e sento la
musica bene bene. Eppoi, la tromba del mi’ bimbo si sente bene, in mezzo a tutti quell’altri
strumenti!!
Guardi signor carabiniere, lei mi fa piange’,
…la mi pezzola è già tutta molle,… un si fa così,
…guardi, …m’è gia preso ‘l tremito, ,.. nun mi reggo più nemmeno ‘n piedi.
… si vergogni!!…..si vergogni e basta!! …a trattammi cosi… !!”
- Ma signora…, per favore…io sto solo facendo il mio dovere, non se la prenda così, si
metta in quella panchina, ma non s’allontani, non mi faccia passare dei guai con i miei
superiori, io intanto vedrò di parlare con qualcuno, ma mi raccomando, non si muova.
Guardi, stanno già arrivando tutte le autorità.- Signor maresciallo, lei mi dovrà perdonare, ma la colpa non è mia, è della mia coscienza.
Quella signora anziana, è arrivata qui a, piedi, chissà da dove, stanca, agitata, disperata.
Forse si sente poco bene, avrà perso la memoria,… s’è messa pure a piangere. L’ho fatta
sedere nella panchina dentro la piazza, …non si può mandarla via.., da lì può vedere tutta
la festa, lontano dalla confusione.- Vedi giovanotto, talvolta l’amore è solo un atto di agonia. Ci sono cose nella vita che non
si possono spiegare, però bisogna farle scorrere, scorrere con naturalezza.
Sono ormai tanti anni che quella signora, il giorno della festa del Patrono, siede in quella
panchina. Aveva un figlio di ventitre anni, un ragazzo di barca, un aiutante che sarebbe
diventato un buon pescatore. Suonava la tromba nella banda cittadina,… e la suonava
bene veramente. Io l’ho conosciuto: un ragazzino semplice, umile, buono, rispettoso,
ubbidiente…
Un giorno di maggio, un sabato mattina, mi chiamarono d’urgenza in caserma
gridandomi di correre proprio davanti a questa piazza.
Un’ora prima due ragazzini di una decina d’anni ciascuno, stavano giocando sulla
spiaggia. Era una strana mattinata. Il mare era grigio sotto un cielo di bronzo; senza onde,
senza risacca, senza rumore, ma tremolante ed impaziente di scatenarsi da un momento
all’altro con tutto il suo fragore. Una lama d’oro pallido affiorava a fior d’acqua
dividendo l’orizzonte in due.
Un pallone sfuggì ai ragazzini e cadde in mare a qualche metro dalla riva. Tutti e due
sapevano nuotare ed uno di loro, il più piccolo, si tolse la camicetta e senza neppure
chiedere il permesso alla mamma, si getto in acqua. Il pallone però si allontanava ed il
ragazzino continuò ad inseguirlo.
A circa cento metri da terra riuscì a raggiungerlo, lo strinse con le due mani al petto e
nuotando con i piedi cercò di tornare a riva. Ma il mare, gonfio e livido allungava sempre
più le onde che rapidamente lo portavano al largo.
Quando si rese conto dell’impossibilità di tornare a terra e del pericolo che stava correndo
iniziò a gridare. La gente non si accorse di cosa stava succedendo: i ragazzi sono sempre in
mare, tutti i giorni e nelle ore più impensate. Le grida del piccolo si stavano affievolendo e
la distanza da terra aumentava a vista d’occhio. Solo la madre gridava, ma la gente ci
faceva poco caso; le donne gridano sempre quando i ragazzi sono in acqua.
Il figlio di questa anziana signora, con la sua tromba a tracolla, stava tornando da lezione
di musica. Fu forse il primo a comprendere la drammatica situazione. Senza indugiare e
senza riflettere, gettò la tromba ad un lato del marciapiede, si tolse la camicetta, quasi se la
strappò di dosso e come una furia scatenata si buttò in acqua puntando verso il pallone ed
il ragazzino che ormai, distanti forse più di trecento metri, apparivano come una piccola
macchia scura sulla grigia superficie del mare. Passarono forse quindici minuti ed il
giovane nuotando ed arrancando in mezzo alle onde come un forsennato, raggiunse il
ragazzino che a pochi metri da lui, stremato e terrorizzato, lasciò il pallone e svenne.
Intanto da terra partiva una barca a motore che raggiungeva i due proprio quando il
giovane, livido in faccia e con gli occhi quasi fuori delle orbite . stava perdendo le forze.
L’imbarcazione si mise di fianco, tirò a bordo il ragazzino, ma un’onda improvvisa la
sollevò di oltre un metro sopra la superficie dell’acqua. Ricadendo, urtò la testa del
giovane con tutto il suo peso che in un attimo scomparve fra i flutti. Ogni tentativo fu
inutile ed inoltre, in poco meno di quindici minuti infuriò una tempesta che durò ben tre
giorni. La pioggia cadeva a fiumi ed il rombo dei tuoni copriva le grida di disperazione
della gente. Il suo corpo non fu mai trovato.
La mamma, quella signora in quella panchina, cadde quindi in quell abisso di desolazione
in cui si annientano le anime più sublimi. Trascorse sei anni in un ospedale psichiatrico;
aveva perso la ragione. Poi piano piano si è ripresa, ma solo apparentemente; il mondo che
gli ruota intorno, che si agita, che gesticola e che cammina, è per lei un mondo disabitato,
un mondo irreale, scolorito. Solo il passato è presente nella sua memoria. Questo credo che
sia il quindicesimo anno che puntualmente si presenta alla Festa del Patrono; si siede in
quella panchina ad ascoltare la banda che suona e fino all’anno successivo non si vede più
in giro. Quando la tromba fa qualche “a solo” lei si alza in piedi e batte le mani a lungo,
forte forte.
Portale rispetto. Quando la festa finisce trova qualcuno che la riaccompagni a casa. Vive a
cinque chilometri da qui. L’anno prossimo chissà….quella panchina potrebbe essere
vuota.
La mamma dei ragazzini, quella mattina, se avesse potuto si sarebbe strappata il cuore dal
petto per scagliarlo al mare. Le sue atroci grida di disperazione avrebbero coperto il
rumore dei marosi di un uragano, tanto erano forti e strazianti. L’anno successivo ai fatti
si trasferì in un altro paese. Si dice che rimase molto turbata, si ammalò molto
gravemente, ma dopo un paio di anni ho perso i contatti, chissà che fine avrà fatto…
Il maresciallo voltò lentamente le spalle, forse un po’ commosso e si allontanò.
La banda marciava veloce in un carnevale di colori. Il rullar dei tamburi ed il suono delle
trombe a perdifiato, elettrizzavano la folla.
La vecchia signora, in piedi con le braccia distese, batteva forte forte le mani e piangeva.
Piangeva, …e la sua ansia si faceva poco a poco gioia, illuminata da un sorriso celeste.
Le lagrime scendevano lente lungo due brevi solchi, tersi come due cicatrici, segnati dal
tempo sotto gli occhi. Esultava di dolorosa felicità finché, forse esausta, si adagiò a sedere
sulla panchina, continuando però con il capo, con i piedi e con il corpo tutto, a battere il
tempo della banda.
Un’ombra di sorriso le passò sulle labbra come se un’improvvisa pace le avesse illuminato
la torturata mente.