Convegno SISP 2014 Sezione Sistema Politico Italiano Panel 4.1

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Convegno SISP 2014 Sezione Sistema Politico Italiano Panel 4.1
Convegno SISP 2014
Sezione Sistema Politico Italiano
Panel 4.1
“The Italian political system in the last twenty years: change, adaptation or unfinished transition?”
Autore:
Diego Giannone,
Ricercatore di Scienza Politica,
Dipartimento di Scienze Politiche “Jean Monnet”,
Seconda Università di Napoli,
email: [email protected]
Titolo:
Il potere di moral suasion del Capo dello Stato come indicatore della sua trasformazione strutturale.
Abstract
L’allargamento delle funzioni costituzionali del Capo dello Stato, ampiamente indagato dalla letteratura
giuridica e politologica, è stato descritto utilizzando la metafora della “fisarmonica”. Secondo tale
rappresentazione, la possibilità per il Presidente della Repubblica di ampliare il suo spazio di manovra
è direttamente correlata alla debolezza dei partiti politici. La permanente situazione di crisi del sistema
partitico italiano spiegherebbe, dunque, la centralità assunta dal Capo dello Stato nel corso dell’ultimo
ventennio. Meno indagata, rispetto a quest’ultimo punto, è stata invece l’evoluzione dei cosiddetti
poteri informali del Capo dello Stato, vale a dire di quei poteri non esplicitamente definiti in
Costituzione, ma che il Presidente ha fatto propri attraverso una prassi cumulativa nel corso di vari
decenni. In particolare, due di questi poteri, quello di esternazione e quello di moral suasion,
sviluppatisi soprattutto durante le ultime presidenze, sembrano aver ridefinito la stessa figura
presidenziale, specialmente nel suo rapporto con l’opinione pubblica e con l’esecutivo, al punto da
farne ipotizzare una vera e propria trasformazione strutturale, non più legata dunque solo alla crisi dei
partiti e della rappresentanza. Ricollocando le ultime tre presidenze all’interno dei cambiamenti
strutturali del sistema politico italiano, l’obiettivo del paper è verificare l’ipotesi di una trasformazione
permanente della presidenza utilizzando come indicatore di analisi della sua trasformazione il potere
comunicativo del Capo dello Stato. Attraverso la costruzione di una tipologia di moral suasion
verranno presi in esame alcuni casi emblematici che hanno viste coinvolte le presidenze Scalfaro,
Ciampi e Napolitano nel loro rapporto con l’esecutivo e il legislativo, per ricostruire similarità e
differenze sia nella strategia comunicativa dei presidenti che nella loro capacità di influenzare il law
making e il policy making.
1 Introduzione: la fisarmonica presidenziale e i suoi limiti
Tra i Capi di Stato delle diverse Repubbliche parlamentari europee, il presidente della
Repubblica italiano è quello “forse dotato di maggiori prerogative […] il solo al quale la Costituzione
attribuisce poteri in vario modo precisi e incisivi” (Napolitano in Scalfari, 2012). La constatazione
dell’attuale presidente della Repubblica può non sorprendere se riferita agli sviluppi dell’istituzione
intervenuti nel corso degli ultimi due decenni, mentre sarebbe quantomeno incongrua se fosse
indirizzata a descrivere ruolo e poteri del capo dello Stato nel corso della cosiddetta Prima Repubblica.
Infatti, in un’epoca dominata dai partiti, sia dal punto di vista istituzionale (Vassallo, 1994) che da
quello mediatico (Novelli, 1995), non vi era spazio per figure monocratiche di tipo istituzionale,
fossero queste alla guida di Palazzo Chigi o insediate al Quirinale. Possiamo certamente affermare che,
almeno fino al 1990, il Presidente della Repubblica sia stato una figura secondaria nell’ordinamento
italiano, capace solo in rari casi di esercitare con efficacia i suoi poteri costituzionali,1 soprattutto in
merito alla nomina del Presidente del Consiglio e allo scioglimento delle Camere.
La crisi del sistema dei partiti e la fine della cosiddetta Prima Repubblica, con l’avvio di quella
che Pasquino ha definito una “infinita transizione” (2001: 317), hanno contribuito a determinare una
serie di cambiamenti istituzionali che hanno portato a una lunga e costante metamorfosi anche del ruolo
e della figura presidenziale. Si è assistito, secondo alcuni autori, a un allargamento delle funzioni
presidenziali coincidente con la sempre più manifesta debolezza dei partiti politici. Per descrivere
questa trasformazione, Giuliano Amato ha utilizzato la metafora della fisarmonica nel tentativo di
illustrare anche visivamente l’estrema elasticità e flessibilità delle funzioni costituzionali del Capo
dello Stato. La fisarmonica presidenziale si allargherebbe fino alla sua massima estensione nelle fasi di
1
Casi che, generalmente, si sono presentati in fasi di acuta instabilità politica. Il Presidente Gronchi, ad esempio, fu capace
di influenzare la soluzione di due crisi di governo nella delicata fase di passaggio dal centrismo ai governi di centrosinistra.
2 debolezza dei partiti politici, per richiudersi, invece, nei momenti in cui i partiti si dimostrino forti e
capaci di limitare l’estendersi dei poteri presidenziali (Pasquino 2012). Utile certamente a spiegare
alcune fasi di estremo attivismo presidenziale, questa suggestiva metafora contiene però una serie di
limiti che la rendono scarsamente capace di chiarire alcune delle trasformazioni intercorse nell’ultimo
ventennio.
Il primo limite della fisarmonica è quello di descrivere i poteri presidenziali “in negativo”,
facendoli dipendere esclusivamente (o prevalentemente) dalla forza dei partiti politici e tralasciando, o
comunque trascurando, altre variabili altrettanto importanti che attengono alla dimensione istituzionale
del sistema politico, come pure alle sue caratteristiche strutturali e comunicative. Viene meno, ad
esempio, una analisi comparata con il ruolo e i poteri del Presidente del Consiglio (Criscitiello 2004)
per verificare come e se i poteri del Capo dello Stato siano mutati al variare di quelli. Come pure manca
un qualsiasi collegamento con il livello del raccordo governo-maggioranza, la cui forza certamente non
dipende solo da quella dei partiti politici.2 Dal punto di vista strutturale, invece, la metafora sembra
ignorare alcuni cambiamenti comuni a numerose democrazie parlamentari, come la progressiva
personalizzazione della politica (Calise 2010) e la tendenza alla presidenzializzazione del sistema
politico stesso (Poguntke e Webb 2005): quali effetti hanno questi processi sulla figura del Capo dello
Stato (Amoretti e Giannone 2011)? Come ne modificano la posizione all’interno del “triangolo
decisionale” di cui fa parte assieme al governo e al parlamento? Infine, legata a questi cambiamenti
strutturali, vi è anche una trasformazione della comunicazione politica, connessa al ruolo sempre più
centrale di vecchi e nuovi media e all’affermarsi di logiche che rendono nei fatti sempre meno
praticabile una concezione “riservata” delle diverse cariche istituzionali, le quali, invece, sono sempre
più spinte a “stare sulla scena”, ad agire e a reagire agli input provenienti dal sistema dei media e
2
L’attivismo di Ciampi nel corso degli anni del governo Berlusconi II, dotato di una forte maggioranza parlamentare, è
emblematico su questo punto.
3 dall’opinione pubblica.
La metafora della fisarmonica coglie un aspetto certamente importante della trasformazione
presidenziale, sottolineando come il normale funzionamento del sistema politico dipenda, innanzitutto,
dallo stato di salute dei partiti politici. Ma questa focalizzazione rischia di suggerire che la
trasformazione della figura presidenziale sia un processo: a) contingente (e quindi eccezionale, perché
legato a particolari fasi emergenziali del percorso politico-istituzionale, superate le quali il Presidente
tornerebbe ad esercitare il suo ruolo in maniera per così dire “normale”); b) sostanzialmente derivato ed
eteronomo (perché dipendente dalla debolezza dei partiti politici); c) prevalentemente interistituzionale (perché legato alle dinamiche interne al sistema politico-istituzionale e, dunque,
sostanzialmente estraneo alle trasformazioni che, più in generale, hanno investito la politica e il suo
rapporto con il sistema dei media).
Ma al cospetto di una debolezza quasi cronica del sistema partitico – come quella registrata per
larghe fasi dell’ultimo ventennio – dovremmo forse concludere di essere di fronte a una “estensione
infinita” dei poteri presidenziali, e dunque a un Capo dello Stato che, da “motore di riserva”, sia
diventato, come qualcuno ha scritto, il “dominus effettivo della scena politica del Paese” (Galli Della
Loggia 2011)? Una spiegazione, quest’ultima, che non regge se teniamo conto del fatto che la
fisarmonica presidenziale si riferisce esclusivamente ai “poteri costituzionali” del Capo dello Stato: e
che, dunque, è l’estensione di questi ultimi (in particolare, il potere di nomina del Presidente del
Consiglio, il potere di scioglimento delle Camere e il potere di promulgazione e/o rinvio motivato delle
leggi) a dovere spiegare la metamorfosi presidenziale. Sebbene non vi sia nella letteratura giuridica e
politologica una interpretazione unanime su come questi poteri si siano evoluti nel corso dell’ultimo
ventennio,3 ad ogni modo espressioni quali “repubblica presidenziale” o “presidenzialismo di fatto”
3
Secondo alcuni, infatti, si sarebbe registrata una sorta di “presidenzializzazione” di questi poteri, mentre altri sottolineano
una sostanziale continuità rispetto alla Prima Repubblica, con il Capo dello Stato che, in alcuni casi (vedi potere di nomina
4 restano generalmente lontane dalle analisi rigorose che provano a descrivere la complessità del
cambiamento istituzionale in atto, trovando al contempo vasta eco sui mezzi di informazione e nei
commenti giornalistici. Probabilmente la ragione più forte per respingere questo tipo di espressioni
risiede proprio nella Costituzione, con il limite all’espansione dei poteri presidenziali costituito
dall’obbligo della controfirma ministeriale (art. 89 della Cost.), che di fatto impedisce al Presidente di
fare di essi un uso totalmente autonomo. Se, dunque, la Presidenza della Repubblica risulta oggi
un’istituzione centrale del sistema politico, questa centralità solo in parte può essere attribuita a una
nuova interpretazione dei poteri costituzionali, dovendo invece esserne ricercate le cause in un uso
innovativo e diverso di altri poteri del Capo dello Stato, non definiti dalla Carta costituzionale.
Un secondo limite della fisarmonica presidenziale è che essa sembra non tenere in debita
considerazione una serie di cambiamenti strutturali che hanno investito il sistema politico italiano (ma
non solo) nell’ultimo quarto di secolo. Vanno ricordati, ad esempio, la fine della Guerra Fredda e
l’intensificarsi del processo di integrazione europea. La prima, infatti, avrebbe favorito l’instaurarsi di
un clima politico post-ideologico e il crollo di una narrativa fondata su identità perfettamente
oppositive, con la conseguente disponibilità di uno spazio politico e simbolico per la creazione di una
nuova identità nazionale (Thomassen e Forlenza 2011). Il processo di integrazione avrebbe invece
favorito un rafforzamento della leadership personale (Fabbrini 2012), della quale avrebbe dunque
usufruito non solo il leader dell’esecutivo, chiamato a rappresentare il Paese nelle varie riunioni del
Consiglio Europeo, ma anche la Presidenza della Repubblica. Questa, infatti, ha sia tratto dalla
“legittimazione internazionale” un ulteriore fondamento per la propria azione, sia trasformato in un
dato istituzionale permanente la gestione duale (governo-Quirinale) della politica comunitaria (Scaccia
2013).
del Primo ministro a seguito delle leggi elettorali del 1994 e del 2005), avrebbe addirittura subito un indebolimento delle
sue prerogative costituzionali.
5 Sul tema della personalizzazione e su quello, per certi aspetti parallelo, della
presidenzializzazione della politica italiana (Calise 2005) va senz’altro sottolineato come gli studi si
siano concentrati prevalentemente sulla leadership partitica e sul rafforzamento del leader
dell’esecutivo, tralasciando quasi del tutto anche solo l’ipotesi che un simile processo potesse
coinvolgere organi monocratici non partitici e privi di poteri esecutivi, quali la Presidenza della
Repubblica (Amoretti e Giannone 2011). Eppure, quale unico organo monocratico formalmente
previsto dal nostro ordinamento, questa istituzione avrebbe avuto, almeno in teoria, tutte le
caratteristiche (e le opportunità) per sfruttare alcune delle dinamiche e dei meccanismi del processo di
presidenzializzazione, favorendo in tal modo una autonoma trasformazione delle funzioni e del ruolo
presidenziale, al punto da poterne ipotizzare una metamorfosi strutturale e permanente.
Per spiegare meglio quest’ultimo punto, occorre fare riferimento al terzo limite della
fisarmonica presidenziale, vale a dire al fatto di riferirsi specificamente ai “poteri costituzionali” del
Capo dello Stato. Come già detto, per quanto vaga e in alcuni aspetti ambigua rispetto alla figura
presidenziale (Luciani e Volpi 1997), la Carta Costituzionale pone comunque un freno sia alla capacità
di iniziativa autonoma del Capo dello Stato sia agli specifici settori rispetto ai quali egli può esercitare i
suoi poteri. Quel che invece è emerso negli ultimi anni è un uso più intensivo e innovativo di poteri e
attribuzioni che potremmo definire “informali”, perché, invece che essere esplicitamente attribuiti al
Capo dello Stato dalla Costituzione, essi si sono formati attraverso la prassi presidenziale. Due di questi
poteri, il potere di esternazione e quello di moral suasion, sembrano davvero essere la “cifra distintiva”
(Manetti 2007) delle ultime presidenze, al punto da spingere ad indagarne più a fondo le caratteristiche
e le possibili modalità di attuazione.
6 Il potere comunicativo del Capo dello Stato
Potere di esternazione e potere di moral suasion costituiscono due fattispecie di un più generale
“potere comunicativo” del Capo dello Stato (Morrone 2013). Un potere che consente al Presidente di
relazionarsi in maniera sistematica e permanente con l’opinione pubblica, con il sistema dei media e
con il sistema politico in generale. Le funzioni svolte dalla comunicazione sono molteplici. Possiamo
sinteticamente riassumerle nei seguenti punti.
-
Public Statement. È la funzione più generale della comunicazione presidenziale, dalla quale
derivano quasi tutte le altre. Attraverso il riconoscimento del diritto di esprimere la propria
opinione personale, il Presidente ha la possibilità di far conoscere pubblicamente la propria
posizione attraverso dichiarazioni, messaggi, interviste, lettere a quotidiani, note e
comunicati. Il public statement rappresenta la motivazione originaria da cui è scaturito il
diritto all’esternazione presidenziale.
-
Public Positioning. È una funzione direttamente collegata alla precedente e fa riferimento
alla possibilità per il Presidente di posizionarsi all’interno del dibattito pubblico su una data
issue. Tra i possibili effetti del public positioning presidenziale vi è quello di determinare
indirettamente un possibile (ri)collocamento pubblico degli altri organi istituzionali, degli
attori politici e dell’opinione pubblica su quella issue.
-
Going public. Anche questa funzione è direttamente legata a quella di public statement. Qui,
però, al di là della funzione di pubblicità della posizione presidenziale, si profila una vera e
propria strategia di comunicazione politica,4 con il presidente che mira ad attivare un
4
Nell’ipotesi principale di questa strategia di comunicazione politica, presentata da Kernell (1986) con riferimento al caso
americano, per “going public” si intende una relazione diretta tra “il crescente orientamento al pubblico della
comunicazione politica del presidente […] ed il sensibile incremento delle sue chance di successo nelle battaglie politiche”
(Roncarolo, 1994: 96)
7 collegamento
diretto
con
l’opinione
pubblica
scavalcando
qualsiasi
mediazione
istituzionale, nel tentativo di mutare i rapporti di forza tra la Presidenza e le altre istituzioni,
in particolare l’esecutivo e il parlamento.
-
Branding. La comunicazione, intesa in senso ampio, svolge anche la funzione di costruire
l’immagine della presidenza. Il numero delle “esternazioni” presidenziali, le modalità con
cui il Capo dello Stato decide di rilasciare una dichiarazione, di scrivere una lettera a un
quotidiano, di emettere un comunicato; la scelta di replicare o meno a dichiarazioni
provenienti da altri attori politici, di rispondere ad appelli provenienti dall’opinione
pubblica, di reagire a indiscrezioni pubblicate su organi di stampa; il tipo di linguaggio
utilizzato (tecnico, aulico, criptico, ricercato, comune); la costruzione e gestione di grandi
eventi comunicativi dall’alto impatto simbolico (manifestazioni per il 150° anniversario
dell’Unità d’Italia, festa della Repubblica e parata del 2 giugno), la partecipazione ad eventi
dal forte coinvolgimento emotivo per l’opinione pubblica (ad esempio la presenza di Pertini
sul luogo della tragedia di Vermicino); la realizzazione e la gestione del sito internet del
Quirinale e del canale ufficiale su Youtube: tutto ciò contribuisce a comunicare la
presidenza e a creare una certa immagine di essa nell’opinione pubblica.
-
Accountability. Pur non essendo un potere politicamente responsabile, il Capo dello Stato
tende sempre più a motivare i propri atti e a rendere conto del proprio operato, con
l’obiettivo di rendere l’istituzione più trasparente. Le frequenti note di chiarimento
pubblicate sul sito web del Quirinale, le smentite a indiscrezioni pubblicate dalla stampa, le
precisazioni del Colle su ricostruzioni di incontri riservati fatte da altri attori politici o da
organi di stampa, la insolita prassi, instauratasi con Ciampi, di accompagnare la
promulgazione di alcune leggi con vere e proprie lettere “dissenzienti”, in cui si motivano le
ragioni dell’approvazione e si sollevano dubbi e criticità sul testo approvato, sono solo
8 alcuni esempi che segnalano questa sempre più pregnante aspirazione a una legittimazione
pubblica della Presidenza.
-
Persuasion. La comunicazione ha anche, e in molti casi soprattutto, la funzione di
influenzare e persuadere gli altri attori politici. Tramite le sue parole il Capo dello Stato può
suggerire, consigliare, stimolare, fare pressioni, convincere, al limite minacciare i suoi
interlocutori politici a orientare le proprie azioni verso determinati fini. Questi possono
riguardare i temi e le policies da trattare, i contenuti specifici di alcuni provvedimenti
legislativi, i tempi di azione del decision-making. L’efficacia dell’azione persuasiva dipende
sia dalle caratteristiche personali del Presidente, quali ad esempio il carisma, la competenza
tecnica e la sua capacità di iniziativa, che include anche il tempo e l’impegno dedicati ad
una impresa (Kerbel, 1991), sia da fattori relazionali, come la qualità dei rapporti
interpersonali con gli interlocutori politici e la forza di contrattazione di questi ultimi, sia,
infine, da fattori più generali, riferibili ad esempio ad una particolare fase di crisi economica
e/o politica del Paese.
Certamente anche a causa della progressiva mediatizzazione della politica, si è assistito, a
partire dalla presidenza Pertini, a un progressivo sviluppo di tutte queste funzioni. In particolare, vi è
chi ha evidenziato un crescendo delle esternazioni presidenziali, sia da un punto di vista quantitativo sia
sotto l’aspetto qualitativo (Tebaldi 2005), vale a dire relativamente alle issues di volta in volta oggetto
o motivo dell’esternazione. Con la mediatizzazione della vita pubblica, infatti, anche “la Presidenza
della Repubblica ha percepito, non meno degli altri organi costituzionali, che occorre far conoscere alla
collettività la funzione che svolge, nella convinzione – giusta o errata che sia – che soltanto un
inquilino del Quirinale assiduamente presente nel dibattito pubblico abbia la forza di esercitare le
funzioni di garanzia, di controllo e di rappresentazione dell’unità che la Costituzione gli attribuisce;
quasi che l’opinione pubblica sia disposta a riconoscere l’autorità presidenziale soltanto se l’avverte
9 come un potere vicino, conosciuto e presente” (Gorlani, 2011). Questa “mediatizzazione della
presidenza” ha indotto alcuni autori a parlare di una vera e propria “bulimia comunicativa a tutto
raggio” (Fusaro 2008, 39), tra i cui possibili effetti vi è anche il rischio di perdere quelle caratteristiche
di sacralità e solennità che da sempre accompagnano questa istituzione (Gorlani, 2011).
Sono dunque le abilità comunicative della Presidenza, la sua capacità di mettersi in sintonia con
l’opinione pubblica, di saper “dosare” i suoi interventi, a diventare fondamentali nell’evitare questo
rischio. Quel che pare assodato, oggi, è che il Presidente non può sottrarsi al confronto (col) pubblico,
non può scegliere di non comunicare, essendo invece di volta in volta chiamato ad una forma di
accountability verticale (che non a caso è anche definita elettorale) che lo porta a giustificare, rendere
conto, esplicitare i motivi delle sue azioni all’opinione pubblica. Egli è, di fatto, un “presidente
elettivo” (Zevi 2013), vale a dire che, pur non essendo eletto direttamente dai cittadini, ha instaurato
con questi una affinità elettiva, perché con essi egli è “consonante, immediatamente in relazione”
(Zevi, 2013: 78). E ai cittadini il Presidente deve dare conto perché questi gli hanno conferito una sorta
di legittimazione plebiscitario carismatica (Scaccia 2013), legittimazione che si affianca a quella
istituzionale, derivata dal consenso che le forze politiche hanno espresso nel momento della sua
elezione, e che ne rafforza la capacità di porsi come “contropotere d’influenza” (Fusaro 2010) nei
confronti degli altri organi decisionali.
Una presidenza mediatica che non solo ha accresciuto la sua presenza sui quotidiani (vedi fig.
1) e la sua visibilità nei principali notiziari televisivi nazionali, ma che sempre più si ritaglia spazi di
iniziativa autonoma (vedi fig. 2) e costruisce veri e propri “capolavori comunicativi”, come nel caso,
segnalato da Calise (2013), della gestione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia da parte di
Napolitano.
10 Figura 1. La visibilità mediatica del Presidente della Repubblica sui
quotidiani (1948-2013)
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
Media quotidiana di articoli
contenenti il nome del Presidente
della Repubblica (fonte: nostra
elaborazione da La Stampa)
1,5
1,0
0,5
Napolitano (2006-2013)
Ciampi (1999-2006)
Scalfaro (1992-1999)
Cossiga (1985-1992)
Pertini (1978-1985)
Leone (1971-1978)
Saragat (1964-1971)
Segni (1962-1964)
Gronchi (1955-1962)
Einaudi (1948-1955)
0,0
11 5000
4500
La visibilità mediatica del Presidente della Repubblica sui tre canali Rai
(secondi per anno di mandato)
4000
Napolitano TG
3500
Napolitano TN
Ciampi TG
3000
Ciampi TN
2500
Scalfaro TG
Scalfaro TN
2000
Napolitano TT
1500
Ciampi TT
Scalfaro TT
1000
500
0
1
2
3
4
5
6
Figura 2. Legenda: TG: Tempo Gestito Autonomamente dal Presidente; TN: Tempo notizia; TT: Tempo totale (fonti:
Osservatorio di Pavia 2013 e Grimaldi 2014)
La differenza con i poteri costituzionali appare notevole. Per quanto riguarda le esternazioni, ad
esempio, esse “non si traducono in atti di formale esercizio dei poteri presidenziali e non necessitano
della controfirma ministeriale. Il presidente non è tenuto quindi a concordarle con il governo e
costituiscono un’area di iniziativa completamente autonoma” (Lippolis e Salerno, 2013). Così pure con
la moral suasion “si è creata, al vertice dello Stato, una sfera d’influenza di grande efficacia perché
personalizzata e […] non «procedimentalizzata». Non è costretta, cioè, in forme prefissate, ma
obbedisce alle logiche della necessità politica (pur mantenendosi dentro i confini delle garanzie
istituzionali)” (Manzella 2013). Questi due poteri comunicativi, dunque, costituiscono un vero spazio
di manovra autonoma del Presidente, uno spazio in cui si esaltano la monocraticità della carica e le
caratteristiche personali della presidenza, come pure le sue abilità comunicative, di mediazione, di
persuasione e di influenza.
12 Il potere di moral suasion
Mentre il potere di esternazione, benché da una prospettiva prevalentemente giuridica (Dogliani
1997; Gorlani 2012; Grisolia 2007; Zagrebelsky 1991), è stato ampiamente analizzato in letteratura
(per le analisi e gli usi politologici vedi Tebaldi, 2005; Grimaldi, 2011 e Zevi, 2013), mancano al
momento studi altrettanto significativi sul potere di moral suasion. Un vuoto probabilmente causato
dalle difficoltà nel definire e delimitare tale potere, ma comunque sorprendente se si considera la
“legittimazione formale” che questo potere ha ricevuto dalla sentenza n. 1/2013 della Corte
Costituzionale, emessa a seguito del conflitto di attribuzioni sollevato dal Capo dello Stato contro la
procura di Palermo per il caso delle intercettazioni telefoniche sulla cosiddetta “trattativa Stato-mafia”.
La Corte ha, infatti, stabilito che “è indispensabile che il Presidente affianchi continuamente ai propri
poteri formali, che si estrinsecano nell’emanazione di atti determinati e puntuali, espressamente previsti
dalla Costituzione, un uso discreto di quello che è stato definito il ‘potere di persuasione’,
essenzialmente composto di attività informali, che possono precedere o seguire l’adozione, da parte
propria o di altri organi costituzionali, di specifici provvedimenti, sia per valutare, in via preventiva, la
loro opportunità istituzionale, sia per saggiarne, in via successiva, l’impatto sul sistema delle relazioni
tra i poteri dello Stato. Le attività informali sono pertanto inestricabilmente connesse a quelle formali”.
L’efficacia e la stessa praticabilità del potere di moral suasion “sarebbero inevitabilmente
compromesse dalla indiscriminata e casuale pubblicizzazione dei contenuti dei singoli atti
comunicativi”, perché “la discrezione, e quindi la riservatezza, delle comunicazioni del Presidente della
Repubblica sono coessenziali al suo ruolo nell’ordinamento costituzionale”. L’attività informale di
stimolo, moderazione e persuasione – prosegue la Corte – “costituisce il cuore del ruolo presidenziale
nella forma di governo italiana”.
13 A partire da queste considerazioni, questo paper si pone l’obiettivo di costruire una prima
tipologia di moral suasion, evidenziando, attraverso l’analisi di alcuni casi emblematici di utilizzo di
questo potere nelle ultime presidenze, come si manifesta ciascun tipo e quali pregi e difetti ha il ricorso
ad ognuno di essi da parte del Capo dello Stato. Nell’accingerci a un simile lavoro si è ben consapevoli
delle difficoltà esistenti nell’analizzare un costrutto che, oltre ad essere difficilmente delimitabile e
quindi definibile sul piano teorico, risulta manifestarsi nella prassi in stretta connessione con gli altri
poteri presidenziali, per lo più sfuggendo, in molti casi, ai canoni dell’ufficialità e della pubblicità. La
tipologia, pertanto, intende porsi come un primo strumento analitico in grado innanzitutto di inquadrare
la modalità di azione presidenziale. Proprio perché dipendenti da fattori, oltre che personali, relazionali
e strutturali, non verranno presi in esame gli effetti prodotti dalla moral suasion. Pur consapevoli della
centralità di questo elemento, perché in fondo è dal successo/insuccesso dell’azione che è possibile
derivare qualche inferenza in più anche sull’efficacia dei vari tipi di moral suasion, si è preferito in
questo studio preliminare concentrarsi sulla descrizione della tipologia e sulle specificità dei quattro
tipi, lasciando ad un futuro lavoro di ricerca l’approfondimento di questo aspetto, dalla cui analisi si
potrebbe sin da ora profilare l’ipotesi di esistenza di diversi “stili presidenziali”, a seconda dei tipi di
moral suasion prevalentemente utilizzati da ciascun presidente.
Preliminarmente, va anzitutto specificato che l’espressione “moral suasion” associata all’azione
del Presidente della Repubblica costituisce certamente una peculiarità della presidenza Ciampi, “la
cifra originale della sua presidenza” (Manetti 2007), come attestano anche i dati relativi alla presenza
dell’espressione sui principali quotidiani nazionali (fig. 3). Quella che, dunque, fino ai suoi
predecessori poteva essere definita come generica azione di consiglio o di moderazione del Capo dello
Stato, diventa con Ciampi una vera e propria strategia comunicativa da adottare nei confronti degli
organi deputati alla produzione legislativa (quindi governo e parlamento).
14 Fig. 3. La moral su
uasion presiidenziale su
ulla stampa borazione)
(numeero di articoli per anno,, nostra elab
30
25
20
15
10
5
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014 (primi 6 mesi)
0
La R
Repubblica
Corriere
L’espressione è mutuata dal lessico bancario, ddove indicaa “la ‘persuuasione morrale’ che unna
banca centtrale opera discretamennte nei connfronti del sistema priivato del crredito pur rrispettandonne
l’autonomia” (Mamm
marella e Cacace
C
20111, p. 277). E non è dunque unn caso che ad inserirrla
mentario dei poteri presidenziali siaa stato Ciam
mpi, per annni al vertice della Bancaa d’Italia. La
L
nell’armam
moral suassion serve a Ciampi “per conssigliare preeventivamennte il goveerno ad opperare alcunni
cambiamennti nei diseggni di legge o nei deccreti, indisppensabili peer non incapppare in unna successivva
bocciatura da parte dell Colle per ppalesi profilli d’incostituuzionalità” (Mammarel
(
lla e Cacacee 2011: 277)).
p
sarebbbero state ddefinite le “riflessionni”
A differenza di quelle che, da Eiinaudi in poi,
presidenziaali sull’attivvità del govverno (rifleessioni che,, in quantoo tali, non si ponevanno alcun finne
persuasivo esplicito e che spesso rimanevanoo riservate ee, soprattuttoo, inascoltatte), con la m
moral suasioon
il Capo deello Stato, invece che essere il teerminale ulttimo di un processo deecisionale cche si svolgge
1
15 altrove, entra pienamente nei processi di law-making, operando sia in fase preventiva, sia durante
l’elaborazione della legge, sia a posteriori.
Con “moral suasion”, in generale, si intende la capacità del Presidente della Repubblica di
influenzare, persuadere, fare pressioni su, ma non forzare, gli organi preposti al law-making, in
particolar modo l’esecutivo e il suo leader, ma, come vedremo, in alcuni casi anche il parlamento,
affinché essi modifichino il loro corso di azione, sul piano temporale (per esempio, accelerando l’iter di
approvazione di una legge), tematico (elaborando provvedimenti legislativi su alcune problematiche
specifiche, ad esempio la situazione carceraria), contenutistico (modificando parti di provvedimenti in
fase di elaborazione). Rispetto a questi tre “campi di applicazione”, la vera novità delle ultime
presidenze è certamente l’interventismo presidenziale sui contenuti dei provvedimenti legislativi
elaborati dal governo e/o dal parlamento. Come scrive Scaccia (2013, pp. 98-99), prima con Ciampi e
poi con Napolitano, “la partecipazione del Capo dello Stato alla funzione di produzione normativa è
diventata strutturale e non episodica”. Dalla legge elettorale alla legge di stabilità finanziaria, dalla
regolamentazione del sistema dei media alle leggi in materia di sicurezza e immigrazione, dalla
relazione tra politica e magistratura alla regolamentazione delle intercettazioni telefoniche, dal ruolo
dell’Italia in politica estera alle questioni relative alla sicurezza sociale e ambientale:5 nessun terreno di
policy è ormai precluso al raggio di azione dell’influenza presidenziale. Al punto che diversi studiosi
ne hanno desunto una trasformazione in senso “dualista” della forma di governo italiana, dovuta
proprio al “concorso attivo della figura presidenziale a funzioni di governo” (Fusaro, 2013, p. 52),
mentre altri hanno espressamente scritto di un presidente “co-legislatore” (Pasquino 2003).
5
Alcuni esempi sono i seguenti: elaborazione della legge elettorale n. 270 del 2005; revisione di parti della legge finanziaria
del 2003; regolamentazione e revisione della normativa sulla concentrazione mediatica, nota anche come “legge Gasparri”;
legge sull’immigrazione; legge a garanzia dell’immunità delle quattro più alte cariche dello Stato, nota anche come “lodo
Alfano”; disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche; decreto legge sull’industria dell’acciaio, noto anche come
“decreto Ilva”.
16 Una tipologia della moral suasion presidenziale
Viste le difficoltà di una definizione “essenzialista” della moral suasion, dovute anche alla non
facile distinzione empirica tra funzione di consiglio, stimolo, pressione e influenza presidenziale,
appare più praticabile (e forse più utile) una definizione “procedurale”, che miri ad individuare le
modalità con cui si svolge la moral suasion e le principali variabili che intervengono nella sua
realizzazione.
Riprendendo uno dei testi classici sui poteri del presidente americano, possiamo innanzitutto
dire che “the power to persuade is the power to bargain” (Neustadt, 1960: 32). Il presidente, per
persuadere, deve innanzitutto saper “negoziare”, mettendo in campo tre risorse fondamentali: il suo
carisma, la sua competenza tecnica e la sua capacità di iniziativa (Kerbel, 1991). A differenza della
moral suasion tipica del presidente americano, che è leader partitico oltre che detentore del potere
esecutivo,6 quella del Capo dello Stato italiano è un “potere d’influenza basato sull’imparzialità”
(Manetti 2007); in secondo luogo, mentre la moral suasion di una Banca Centrale si svolge in maniera
esclusivamente riservata, quella presidenziale si caratterizza per essere un potere “rivolto a trovare una
sponda nell’opinione pubblica” (Manetti 2007). Nell’esercitare la moral suasion, dunque, può diventare
fondamentale, per il Capo dello Stato, anche il sostegno dell’opinione pubblica, attivabile attraverso
quelle strategie di going public cui si è fatto riferimento in precedenza.
Analizzando l’esercizio di questo potere da parte delle ultime due presidenze, è possibile
individuare due variabili fondamentali, entrambi attinenti alla sfera della comunicazione, che incidono
sulla sua manifestazione. La prima riguarda il tipo di comunicazione presidenziale, che può essere
informale o ufficiale. Nel primo caso si fa riferimento a tutti quei colloqui che avvengono in forma
6
Naturalmente la comparazione con la presidenza americana è più complessa e andrebbe indagata più in profondità,
tenendo conto che si tratta di due forme di governo diverse e che il principio della separazione dei poteri e il potere di veto
del presidente si manifestano in modo assai diverso nei due contesti.
17 riservata e/o di cui è possibile ritrovare “ricostruzioni” giornalistiche, ma che non sono basati su
dichiarazioni ufficiali e/o formali del Capo dello Stato. Nel secondo rientrano tutte quelle
comunicazioni che hanno l’obiettivo di influenzare il law making attraverso l’ufficialità: lettere,
interviste, comunicati, dichiarazioni, note, esternazioni, messaggi.
La seconda variabile riguarda il canale di comunicazione prescelto, che può essere interistituzionale oppure mediatico. Il Capo dello Stato, cioè, può scegliere se esercitare la propria moral
suasion con un’azione diretta sui destinatari oppure se farlo in maniera indiretta, attraverso l’utilizzo
dei mezzi di comunicazione. La scelta, come vedremo, non è di poco conto, perché attiva modalità
diverse di azione ed è fondamentalmente ispirata a una diversa concezione della presidenza e del suo
rapporto con l’opinione pubblica. Dall’incrocio delle due variabili emergono quattro tipi diversi di
moral suasion presidenziale, rappresentati nella figura 4.
18 Canali di comunicazione
Inter-istituzionale
Mediatico
Informale
moral suasion
personale
moral suasion
mediata
Ufficiale
moral suasion
istituzionale
moral suasion
aperta
Tipo di
comunicazione
presidentiale
Figura 4. Tipologia della moral suasion presidenziale
La moral suasion personale
Il primo tipo di moral suasion è, forse, il più prossimo a quello che è l’utilizzo di questo potere
da parte dei presidenti delle banche centrali. La moral suasion è, infatti, riservata, perché si esercita
“dietro le quinte”, attraverso contatti e colloqui diretti e informali con gli interlocutori. Il suo campo di
azione è “quella zona grigia, che pertanto sfugge alle rigide ripartizioni giuridiche, costituita
dall’equilibrio di tipo politico e personale che si instaura tra Presidente della Repubblica e leader del
governo” (Lippolis e Salerno, 2013). Si tratta di una moral suasion personale, perché coinvolge
soprattutto le (e dipende dalle) caratteristiche personali del Capo dello Stato, le sue personali capacità
comunicative, la sua abilità di negoziazione, il suo carisma, la sua competenza tecnica, la qualità dei
19 suoi rapporti personali con i rappresentanti degli altri organi decisionali e la qualità della sua
comunicazione interpersonale. Il punto di forza di questo tipo di moral suasion è la sua estrema
flessibilità, dovuta al fatto di non essere costretta in “forme prefissate” e di sfuggire ai canali della
pubblicità e ai canoni dell’ufficialità. Questo consente al Presidente di intervenire secondo gradi diversi
di intensità, che vanno dal semplice suggerimento a quella che qualcuno ha definito una vera e propria
“contrattazione preventiva” (Bertoncini 2003) con l’esecutivo su alcuni specifici provvedimenti. È
evidente che, quanto più il Presidente si muove da un estremo all’altro di questo continuum, tanto più
la sua azione potrà essere efficace, ma anche soggetta a critiche, perché passibile di sconfinare oltre i
limiti stabiliti dalla Costituzione, la quale non assegna al Presidente alcuna funzione legislativa. Per cui
la flessibilità, la riservatezza e l’informalità della moral suasion personale sono allo stesso tempo anche
i suoi punti di debolezza, perché possono esporre il Capo dello Stato a critiche di estremo
interventismo, di “collusione” con l’esecutivo, di mancanza di trasparenza, di parzialità politica.
La moral suasion istituzionale
Per limitare almeno in parte alcuni degli elementi di debolezza della moral suasion personale, il
Capo dello Stato può scegliere un profilo di azione ufficiale, affidando la sua opera di persuasione ad
atti e documenti formali. Si tratta, in questo caso, di una moral suasion istituzionale, che consiste nella
possibilità per il Presidente della Repubblica di far conoscere direttamente e in maniera formale la sua
posizione su un dato provvedimento agli organi deputati al law-making. Rientrano in questo tipo le
lettere che il Capo dello Stato decide di inviare al leader dell’esecutivo, i messaggi ufficiali alle Camere
(ex art. 87 Cost.), i messaggi ai presidenti delle Commissioni. Questo tipo di moral suasion è,
naturalmente, meno flessibile del precedente, perché rinuncia all’informalità e alla riservatezza tipici di
20 un rapporto personale, ma d’altro canto consente al Capo dello Stato di “sganciarsi” da ipotesi di
“collusione” con l’esecutivo e di accrescere la trasparenza dell’operato dell’istituzione. Rientra nella
moral suasion istituzionale anche la prassi, instauratasi con la presidenza Ciampi, della cosiddetta
“promulgazione dissenziente” o “con motivazione contraria” (Ruggeri 2002), consistente nella
possibilità per il Capo dello Stato di accompagnare la promulgazione di una legge o l’emanazione di un
decreto legge con una lettera, una nota ufficiale o un comunicato – indirizzati formalmente agli organi
che hanno elaborato la norma - in cui egli esprime le sue critiche sul testo appena approvato. Si tratta di
una prassi non prevista dalla Costituzione (che invece impone al Presidente un obbligo di motivazione
del rinvio delle leggi alle Camere), ma che si è affermata al punto da essere considerata
“costituzionalmente accettabile”, perché risponde all’esigenza del Capo dello Stato di motivare
pubblicamente i suoi atti.
In apparenza, la promulgazione dissenziente sembra essere “perfettamente speculare
all’esperienza statunitense delle Presidential signing statements, cioè delle ‘dichiarazioni presidenziali
allegate alla firma (delle delibere legislative)’” (Chessa 2013, p. 31). Anche in questo caso si tratta di
“una recente innovazione in base alla quale il Presidente approva una proposta di legge inviatagli dal
Congresso, ma al contempo dichiara che alcune sue disposizioni sono incostituzionali e che pertanto si
rifiuta di obbedirvi, anche se sta firmando per convertirle in legge” (Ackerman, 2010, p. 88). Ma la
decisione del presidente americano di promulgare la legge e di non opporre il veto è legata al fatto che
“i suoi benefici politici concreti sono troppo allettanti per venire ignorati” e i presidenti, gettando
“appena un fuggevole sguardo sulla Costituzione”, “possono semplicemente mettere in atto le
disposizioni che gradiscono e dichiarare incostituzionali le altre” (Ivi, p. 89).
Nell’esperienza italiana, invece, al di là della funzione di trasparenza, che ha contribuito a
giustificare una simile prassi, i motivi che spingono il Capo dello Stato ad esplicitare la sua contrarietà
e/o i suoi rilievi critici alla norma che è costretto a promulgare sembrano essere di diversa natura. Qui,
21 infatti, mancando i motivi di manifesta incostituzionalità che consentirebbero al Presidente di porre il
veto attraverso il potere di rinvio, la promulgazione dissenziente costituisce un modo attraverso cui il
Capo dello Stato lancia anzitutto un messaggio all’opinione pubblica, per “smarcarsi”
dall’approvazione di norme spesso controverse e discusse e sulle quali, probabilmente, ha avuto scarsa
efficacia un’azione di moral suasion preventiva. Ma essa è anche, e soprattutto, “una specie di
avvertimento” (Lippolis e Salerno, 2013) al governo e alla sua maggioranza: una vera e propria “moral
suasion istituzionale ex-post”, con la quale il Presidente della Repubblica definisce i paletti futuri entro
cui dovrà muoversi il governo nella stesura di provvedimenti simili, indicando, inoltre, anche le parti
del provvedimento appena approvato da migliorare in fase di attuazione.
La moral suasion mediata
L’alternativa al canale di comunicazione inter-istituzionale consiste nella possibilità per il
Presidente di ricorrere all’utilizzo dei media. La comunicazione non è più diretta e personale, ma
mediatizzata, e quindi mediata, perché passa attraverso i circuiti della comunicazione di massa e
coinvolge anche l’opinione pubblica.
La prima opzione a disposizione del Presidente è quella della moral suasion mediata. Con
questa espressione si fa riferimento a tutti i casi in cui i mezzi di comunicazione riportano presunte
opinioni del Capo dello Stato su un dato provvedimento, oppure ricostruiscono, attraverso l’uso del
condizionale, le sue posizioni e i suoi punti di vista, o ancora riportano contrarietà, malumori, ecc. La
moral suasion mediata si attiva, quindi, ogni qual volta il circuito comunicativo attorno al Quirinale
rende note, spesso su “imbeccata” dello stesso entourage del Capo dello Stato, le posizioni “presunte”
di quest’ultimo su una data problematica politica. Non vi sono dichiarazioni formali né comunicati
ufficiali, ma piuttosto una serie di “si dice”, “trapela”, “dal Quirinale si fa sapere che…”. Se, da un lato,
22 nella attivazione di questo tipo di moral suasion è centrale il ruolo svolto dai cosiddetti “quirinalisti”,7
dall’altro è evidente che tutto ciò che trapela dal Quirinale non può essere, salvo rarissimi casi, il frutto
di una “fuga di notizie” o di uno scoop giornalistico, ma è più realisticamente il risultato di una comune
esigenza: quella dei quirinalisti di avere ogni giorno una notizia da pubblicare e quella del Capo dello
Stato, che in questo modo può rendere pubblica, anche senza dichiarazioni o note ufficiali, la propria
posizione. Una tale strategia comunicativa consente al Capo dello Stato di uscire allo scoperto, facendo
conoscere spesso anche in maniera preventiva la propria posizione su un dato tema o provvedimento,
potendo contare sul margine di discrezionalità garantito dalla non ufficialità della comunicazione. Ma,
d’altra parte, il rapporto di strumentalità reciproca tra i quirinalisti e l’entourage presidenziale crea
“effetti di scarsa trasparenza che inquinano gravemente la possibilità stessa di conoscere e valutare
davvero il modo come i Presidenti della Repubblica esercitano il loro ruolo” (Fusaro, 2008: 26). In
sintesi, quel che fa difetto a questa modalità di azione è la scarsa limpidezza e trasparenza del suo
realizzarsi, con il Capo dello Stato che, in non poche circostanze, è poi costretto a smentite o
puntualizzazioni ufficiali di quanto riportato sugli organi di stampa.
La moral suasion aperta
Nell’epoca della politica mediatizzata, nella quale anche i giuristi riconoscono al Capo dello
Stato un potere comunicativo (Morrone 2013) e una legittimazione di tipo carismatico plebiscitaria
(Scaccia 2013), l’uso aperto, autonomo e consapevole dei mezzi di comunicazione diventa una risorsa
strategica imprescindibile anche per il Presidente della Repubblica. Scavalcando qualsiasi mediazione
istituzionale, questi può rivolgersi direttamente all’opinione pubblica, sia per cercarne il sostegno
7
La figura del “quirinalista” nasce nell’estate del 1991, quando, a seguito delle ripetute e martellanti esternazioni del
presidente Cossiga, quasi tutti i quotidiani nazionali avvertono la necessità di una figura professionale specializzata e
dedicata alle attività e alle esternazioni dell’inquilino del Quirinale (cfr. Breda, 2006).
23 (l’“affinità elettiva” di cui parla Zevi), sia per enfatizzare una concezione e un’immagine della
presidenza aperta, trasparente, pubblica. Tramite un’esternazione, una nota o un comunicato ufficiale,
un’intervista, una lettera a un quotidiano (ma rientra in questa categoria anche l’uso del messaggio di
fine anno), il Presidente attiva un canale diretto di comunicazione con l’opinione pubblica. La moral
suasion è aperta, perché si svolge in pubblico, alla luce del sole, ma è anche indiretta, sia perché
veicolata dai mezzi di informazione, sia perché i destinatari espliciti del messaggio presidenziale non
sono i responsabili del law-making, bensì i cittadini in generale. Con questi ultimi il Capo dello Stato
mira a creare una sorta di asse fiduciario da utilizzare per rafforzare la sua azione di moral suasion nei
confronti dell’esecutivo e del legislativo.
L’efficacia di questo tipo di moral suasion è legata a diversi aspetti: alle capacità di leadership
carismatica del Presidente (Scaccia 2013), alle sue abilità comunicative (che si estrinsecano anche nel
saper dosare la sua presenza pubblica e usare il linguaggio e le parole appropriate), ma anche al livello
di fiducia di cui egli gode presso l’opinione pubblica. Quando questo è alto (e i sondaggi relativi alle
ultime due presidenze hanno generalmente fatto registrare livelli di fiducia elevati), e soprattutto
quando questo è più alto di quello del leader dell’esecutivo (la qual cosa si è anch’essa sempre
realizzata, eccezion fatta per la presidenza Renzi),8 allora sono anche più elevate le probabilità che la
moral suasion aperta del Capo dello Stato risulti efficace.
L’utilizzo di questo tipo di moral suasion consente al Presidente della Repubblica di sfuggire sia
alle accuse di “connivenza” con l’esecutivo (tipiche della moral suasion personale), sia di mancanza di
trasparenza nel proprio operato (tipica della moral suasion mediata). Essa, inoltre, risulta certamente
più flessibile e meno formalizzata della moral suasion istituzionale, dalla quale, inoltre, si distingue per
8
Pur non essendo pienamente comparabili, i dati relativi ai livelli di fiducia per il Presidente della Repubblica e ai livelli di
gradimento per il Presidente del Consiglio danno comunque l’idea di una inversione di tendenza negli ultimi 9 mesi, con
Napolitano che, per la prima volta nel corso del suo mandato ottiene livelli di fiducia inferiori al 50% (49,6% nella
rilevazione Demos del dicembre 2013) e il presidente del Consiglio, che nel corso dei primi 4 mesi di governo ha visto
salire la percentuale di coloro che esprimono una valutazione almeno sufficiente su Renzi dal 64% al 74% (Demos 2014).
24 la “chiamata in causa” dell’opinione pubblica. Ma, d’altra parte, essa richiede al presidente il possesso
di competenze comunicative non comuni, la capacità di gestire tutto il complesso armamentario del
potere comunicativo presidenziale, la sensibilità politica di riuscire a sintonizzarsi con i volatili umori
dell’opinione pubblica. In caso contrario, il rischio è che si inneschi un processo a spirale che porta il
presidente a perdere prestigio e autorevolezza nei confronti dei cittadini e della classe politica con il
risultato di essere sempre meno capace di spendere e di far valere quel “surplus di legittimazione della
figura presidenziale” (Fusaro, 2008: 43) derivato dalle caratteristiche di monocraticità e di organo super
partes tipiche dell’istituzione.
La moral suasion alla prova
Dal momento che lo scopo di questo studio preliminare è eminentemente illustrativo, ci si
limiterà in questa fase a individuare alcuni esempi paradigmatici di utilizzo della moral suasion da
parte del Capo dello Stato, lasciando a futuri lavori di approfondimento il compito di incrociare questo
utilizzo con altre variabili – quali il settore di policy su cui essa si manifesta, la forza dell’asse governomaggioranza, quella del leader dell’esecutivo, il tipo di governo (tecnico, cosiddetto presidenziale,
partitico, ecc.) – al fine di testare anche l’efficacia dell’azione. In secondo luogo, avendo già
specificato che la moral suasion emerge soprattutto a partire dalla presidenza Ciampi, va sinteticamente
ricordato il ruolo di “presidente di transizione” svolto da Scalfaro nel corso della più complessa crisi
italiana del dopoguerra (Ginsborg 1998). Come illustrato in un precedente lavoro (Amoretti e
Giannone, 2011), le novità introdotte da Scalfaro, più che investire i “poteri comunicativi”, riguardano
una diversa concezione dei poteri costituzionali, che egli ritiene di dover interpretare in una chiave più
marcatamente presidenzialista. Una interpretazione che modifica, nella prassi, il bilanciamento dei
25 poteri tra Capo dello Stato e leader dell’esecutivo,9 preparando il terreno all’introduzione della moral
suasion da parte di Ciampi, che rispetto alla rigidità della “dottrina Scalfaro” (Ceccanti 2002) risulta
essere una strategia di azione molto più collaborativa nei confronti dell’esecutivo.
Con Ciampi e Napolitano l’armamentario dei poteri del Quirinale si arricchisce e si perfeziona,
con un uso sempre più congiunto di poteri formali e informali che rende sempre meno prevedibile e
stabilizzata in procedure precostituite l’azione del Capo dello Stato. E così pure i diversi tipi di moral
suasion vengono di volta in volta attivati e combinati in maniera diversa tra loro.
Un primo esempio importante è relativo alla approvazione, nel novembre 2002, della legge sul
legittimo sospetto, nota anche come “legge Cirami”.10 Nel mese di settembre, in piena fase di
elaborazione della legge, i quotidiani riportavano la notizia di un incontro riservato tra il primo ministro
Berlusconi e il Presidente Ciampi, evidenziando anche alcuni presunti commenti critici di quest’ultimo
ad alcune parti del disegno di legge governativo (la Repubblica, 5 settembre). Ciampi affiancava alla
sua moral suasion personale (il colloquio riservato con Berlusconi) una moral suasion mediata,
9
Un primo esempio di questo mutato ruolo presidenziale lo si era avuto con l’incarico a Ciampi nel 1993, avvenuto per la
prima volta nella storia repubblicana senza seguire l’iter delle consultazioni partitiche e con un programma di governo in
pochi punti stilato dallo stesso Capo dello Stato. La vittoria del centro-destra alle elezioni del 1994 aveva segnato un
ulteriore passaggio. Infatti Scalfaro, in quella occasione, non esitò a esercitare la sua influenza sia sulla formazione del
governo, mettendo il veto alla nomina di Cesare Previti alla Giustizia, sia, “con una iniziativa che andava contro ogni prassi
e anche piuttosto discutibile dal punto di vista costituzionale” (Mammarella e Cacace 2011, 241), sul programma di
governo, con l’invio di una lettera riservata a Berlusconi, in cui esponeva una specie di decalogo del buon governo a cui il
neopresidente del Consiglio si sarebbe dovuto attenere. Nella lettera, che Scalfaro decise di rendere pubblica 24 ore dopo lo
scambio epistolare con Palazzo Chigi, il Capo dello Stato chiedeva garanzie sulla formazione del governo e interveniva con
decisione anche sull’indirizzo programmatico, auspicando una politica di solidarietà sociale a sostegno dell’occupazione
giovanile. La pubblicazione della lettera veniva fatta anche per denunciare all’opinione pubblica la diffidenza e la non
completa condivisione da parte del Capo dello Stato delle scelte del Presidente del Consiglio incaricato (Grisolia 2009) e
per rendere più “pressante” l’invito del Quirinale e maggiormente vincolante l’impegno assunto dal neopremier anche
rispetto agli elettori. Limitato nei suoi poteri di nomina dalla nuova legge elettorale, il Capo dello Stato si ritagliava così un
nuovo spazio di manovra nei confronti dell’esecutivo. La linea di Scalfaro è quella di operare nei confronti dell’esecutivo
soprattutto attraverso i poteri formali che la Costituzione affida al Capo dello Stato (nomina del Presidente del Consiglio e
potere di scioglimento delle Camere): il potere di nomina del primo ministro che, depotenziato dalla nuova legge elettorale,
riacquisisce sostanza nelle indicazioni sulla formazione del governo e sul suo programma politico; il potere di scioglimento
delle Camere, che egli rilegge in un’ottica di esclusiva presidenziale, come nel caso dello scioglimento del gennaio 1994 e
del mancato scioglimento del dicembre 1994.
10
La legge introduceva nel codice penale la nozione di “legittimo sospetto” tra le ragioni per cui si poteva richiedere di
trasferire un processo ad altro tribunale.
26 attraverso le indiscrezioni pubblicate dai quotidiani sulle sue presunte osservazioni sul testo. Questo
tipo di moral suasion prosegue poi nei giorni successivi, quando sulla stampa si riporta che “non è un
segreto per nessuno che il Quirinale stia sollecitando a maggioranza e opposizione emendamenti che
possano escludere l’applicazione della legge ai processi in corso” (la Repubblica, 19 settembre) e che
“il presidente della Repubblica non ha dubbi: la legge Cirami deve essere e sarà cambiata” (la
Repubblica, 28 settembre). Questa pressione indiretta ebbe come effetto di indurre Camera e Senato ad
approvare importanti cambiamenti al testo di legge, in linea con quanto auspicato dal Capo dello Stato.
Al punto che, all’indomani dell’approvazione parlamentare della legge, un noto quirinalista poté
scrivere con una certa dose di certezza che “Ciampi la promulgherà. Presto. Nel giro di pochi giorni,11
non appena gli uffici del Colle compiranno gli adempimenti di rito. Il presidente della Repubblica la
firmerà perché è ‘un’altra legge’, rispetto al testo originario, che non avrebbe invece mai avuto disco
verde” (Breda, Corriere della sera, 6 novembre). Breda segnala anche i punti chiave della legge che
sono stati modificati per volontà del Capo dello Stato.12
Essendo un potere più formalizzato, che coinvolge l’emanazione di atti formali, la moral
suasion istituzionale può essere usata in maniera molto più misurata come strumento di pressione ex
ante o in itinere per far modificare provvedimenti legislativi in corso. Infatti, in questo caso è molto più
incombente il rischio di formalizzare ciò che la costituzione non permette, vale a dire la partecipazione
del Capo dello Stato al processo di produzione normativa. Generalmente questo strumento viene
utilizzato per forme di moral suasion non specifiche, quali la focalizzazione su una data tematica o
policy, oppure come forma di moral suasion ex-post. Ciò nonostante, vi è stato un caso che ha visto
l’utilizzo di questo potere da parte di Napolitano allo scopo di far modificare una proposta di legge.
11
Il Presidente della Repubblica promulgò la legge l’8 novembre 2002.
Gorlani (2012, p. 207) riporta inoltre che la relatrice della legge avrebbe pubblicamente dichiarato che tali modifiche,
formalmente proposte dal governo, erano state in realtà volute dal Presidente della Repubblica.
12
27 Nell’ottobre del 2010, mentre era in discussione presso la Commissione Affari Costituzionali
del Senato la proposta di legge costituzionale 2180/S, nota anche come “lodo Alfano bis”, il Presidente
della Repubblica ha inviato una lettera ufficiale13 al presidente della Commissione, Carlo Vizzini, e per
conoscenza ai presidenti di Camera e Senato. Nella lettera il Capo dello Stato esprimeva le sue
“profonde perplessità sulla conferma da parte della Commissione della scelta d’innovare la normativa
vigente prevedendo che la sospensione dei processi penali riguardi anche il Presidente della
Repubblica”. Una decisione, quella della Commissione che – scrive ancora il Presidente - “incide, al di
là della mia persona, sullo status complessivo del Presidente della Repubblica riducendone
l’indipendenza nell’esercizio delle sue funzioni [e che] appare viziata da palese irragionevolezza nella
parte in cui consente al Parlamento in seduta comune di far valere asserite responsabilità penali del
Presidente della Repubblica a maggioranza semplice anche per atti diversi dalle fattispecie previste dal
citato articolo 90”. Una moral suasion istituzionale incisiva, ma ai limiti del dettato costituzionale, che
suscita numerose critiche e interpretazioni a livello politico e mediatico, al punto che in una nota
ufficiale del giorno successivo (23 ottobre), il Capo dello Stato è costretto a puntualizzare che le sue
“profonde perplessità” erano rivolte “a un punto specifico” della proposta di legge e che “le soggettive
interpretazioni e le generalizzazioni del contenuto della lettera apparse in diversi commenti di stampa,
così come le conseguenze politiche che taluni annunciano di volerne trarre sono del tutto estranee agli
intendimenti del Presidente della Repubblica, sempre volti a favorire con la massima imparzialità la
correttezza e la continuità della vita istituzionale”.
Alcuni giorni più tardi, Napolitano affiancò alla moral suasion istituzionalizzata una moral
suasion aperta, esprimendo pubblicamente la sua personale soddisfazione per l’emendamento (“Il
13
Il testo della lettera è reperibile sul sito del Quirinale, all’indirizzo:
www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=10834
28 Lodo? Si va nella direzione che ho indicato”), annunciato dal centro-destra, di modifica della proposta
di legge costituzionale (Corriere della sera, 31 ottobre).
Molto più frequenti, nel corso delle ultime due presidenze, sono stati invece i casi di moral
suasion istituzionalizzata ex post, vale a dire di “promulgazione dissenziente”14 e/o “emanazione con
motivazione contraria”. Ad esempio, il Capo dello Stato, il 15 luglio 2009, ha promulgato la legge n. 94
in materia di pubblica sicurezza, con la quale veniva introdotto anche il reato di immigrazione
clandestina. Lo stesso giorno, il Capo dello Stato ha inviato una lettera ufficiale15 al Presidente del
Consiglio, Berlusconi, e ai ministri Alfano e Maroni. Pur ravvisando – ha scritto Napolitano – di “non
poter sospendere in modo particolare la entrata in vigore” della norma, “non posso tuttavia fare a meno
di porre alla vostra attenzione perplessità e preoccupazioni che, per diverse ragioni, la lettura del testo
ha in me suscitato”. In particolare, “dal carattere così generale e onnicomprensivo della nozione di
sicurezza posta a base della legge, discendono la disomogeneità e la estemporaneità di numerose sue
previsioni che privano il provvedimento di quelle caratteristiche di sistematicità e organicità che
avrebbero invece dovuto caratterizzarlo”. Quindi Napolitano entrava nello specifico delle varie
disposizioni introdotte dalla nuova legge, aggiungendo “di aver ravvisato anche altre previsioni che mi
sono apparse - sempre a titolo esemplificativo - di rilevante criticità e sulle quali auspico una rinnovata
14
Il primo caso di “promulgazione dissenziente” si è avuto nel 2002, con l’emanazione del decreto legge n. 63. Dopo
l’emanazione Ciampi inviò una lettera al governo in cui si indicava l’urgenza di un miglioramento del testo in fase di
attuazione (vedi il comunicato ufficiale del 16 giugno 2002). Altri casi rilevanti riguardano la promulgazione della
legge di conversione del decreto milleproroghe del 2010 e del 2011 (vedi i comunicati del 22 febbraio 2011; del 26
febbraio 2011; del 23 febbraio 2012; del 24 febbraio 2012); della legge Gelmini di riforma dell’università (nel
comunicato del 30 dicembre 2010 il Capo dello Stato esprime una serie di dettagliati rilievi critici su specifici articoli
della legge, alcuni dei quali, ad esempio il riferimento al reddito personale quale requisito di partecipazione ai bandi
per insegnamento, saranno poi modificati in fase di attuazione della legge stessa); della legge di conversione del c.d.
decreto sviluppo (del 24 marzo 2012), della legge di conversione del c.d. decreto di revisione della spesa pubblica (del
14 agosto 2012 in cui si riporta la lettera del Segretario Generale della Presidenza della Repubblica al Sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio); l’emanazione del decreto-legge sull’emergenza rifiuti in Campania (vedi il comunicato
del 1 luglio 2011, in cui Napolitano rileva “i limiti di contenuto del provvedimento [che] non appare rispondente alle
attese e tantomeno risolutivo”). Per una casistica abbastanza completa vedi Pellizzone 2013, Carnevale e Chinni 2011.
15
www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=8874.
29 riflessione, che consenta di approfondire la loro coerenza con i principi dell’ordinamento e di superare
futuri o già evidenziati equivoci interpretativi e problemi applicativi. Mi riferisco alle disposizioni che
hanno introdotto il reato di immigrazione clandestina (art. 1 commi 16 e 17). Esso punisce non il solo
ingresso, ma anche il trattenimento nel territorio dello Stato. La norma è perciò applicabile a tutti i
cittadini extracomunitari illegalmente presenti nel territorio dello Stato al momento della entrata in
vigore della legge. Il dettato normativo non consente interpretazioni diverse : allo stato, esso apre la
strada a effetti difficilmente prevedibili”. La moral suasion ex post è rafforzata dal richiamo, contenuto
sempre nella lettera, alla moral suasion aperta esercitata dal Capo dello Stato in più occasioni per
evitare che un simile modo di legiferare, con “provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un
clima di concitazione e di vera e propria congestione”, sfugga “alla comprensione della opinione
pubblica e rendano sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge”. Rispetto alla densità dei
rilievi sollevati, appare davvero solo formale il richiamo finale al fatto che “al Presidente della
Repubblica non spetta pronunciarsi e intervenire sull’indirizzo politico e sui contenuti essenziali di
questa come di ogni legge approvata dal Parlamento: essi appartengono alla responsabilità esclusiva del
governo e della maggioranza parlamentare”, mentre egli “non può invece restare indifferente dinanzi a
dubbi di irragionevolezza e di insostenibilità che un provvedimento di rilevante complessità ed
evidente delicatezza solleva per taluni aspetti, specie sul piano giuridico”. Una distinzione, quella tra
piano giuridico e politico, che appare sottilissima e difficile da individuare, e che evidenzia ancora di
più, se ce ne fosse il bisogno, il potenziale di azione della moral suasion presidenziale, rispetto al quale
la metafora della fisarmonica appare uno strumento impolverato di un’epoca passata.
30 Conclusioni
L’attenzione con cui giornalisti, politologi e giuristi16 hanno descritto e analizzato la figura e
l’operato del capo dello Stato nel corso degli ultimi due anni è stata generalmente accompagnata da una
certa dose di sorpresa rispetto al ruolo centrale, di protagonista assoluto, giocato da Napolitano in
alcune fasi cruciali della vita politica e istituzionale del Paese (in particolare nel passaggio dal governo
Berlusconi al governo Monti del novembre 2011).17 Nonostante ormai da circa un trentennio
(perlomeno dall’esperienza Pertini) il capo dello Stato fosse definitivamente uscito dagli angusti
confini definitori del “grigio notaio” o del “gran cerimoniere”, per trasformarsi in una figura diversa, di
difficile definizione, ma certamente non etichettabile come un potere marginale o secondario del nostro
assetto politico-istituzionale, diversi commentatori hanno evidenziato i tratti di eccezionalità
dell’espansione dei poteri presidenziali, riproponendo – anche se indirettamente – l’ipotesi
interpretativa della fisarmonica presidenziale, destinata a richiudersi con la fine dello “stato di
eccezione”.
In realtà, la trasformazione della Presidenza della Repubblica va inserita all’interno dell’infinita
transizione della Seconda Repubblica, dei processi di mediatizzazione e di personalizzazione della
politica, della tendenza alla presidenzializzazione del sistema politico italiano, processi che si sono
accompagnati a un progressivo rafforzamento dei poteri monocratici e a una permanente crisi di
legittimazione dei partiti politici tradizionali.
Più che di “semipresidenzialismo alternante”, una formula che Fabbrini (2000, p. 86)
riprendeva, parafrasando Sartori, per spiegare il ruolo centrale avuto da Scalfaro in alcuni delicati
16
Confronta, da ultimo, i fascicoli di “Quaderni Costituzionali” (1/2013) e de “Il Mulino (3/2013), dedicati quasi
esclusivamente alla presidenza Napolitano.
17
I commenti sulla stampa sono numerosissimi. Segnaliamo, a titolo puramente esemplificativo, la definizione di “quiet
power broker” (Donadio 2011) data dal New York Times, di “dominus effettivo della scena politica del Paese” (Della
Loggia 2011), di “Terza Repubblica di Napolitano” (Scalfari 2011), di “Repubblica bi-presidenziale” (Diamanti 2012) e
“Presidenzialismo preterintenzionale” (Diamanti 2013).
31 passaggi politico-istituzionali,18 e per indicare quella forma di governo in cui il presidente della
Repubblica, quando il parlamento si mostri incapace di dare vita a un governo, assume su di sé tale
compito; quel che si sta realizzando pare essere una vera e propria diarchia mediatica (tra Capo dello
stato e leader dell’esecutivo) cui nella prassi tende ad affiancarsi una forma di governo duale (Fusaro
2013). La compartecipazione del Capo dello Stato alle funzioni di governo trova naturalmente un limite
formale nei poteri (e nelle responsabilità) che la Costituzione assegna ai diversi organi istituzionali.19
Ma, come a più riprese sottolineato in letteratura, “ruolo e posizione del presidente sono rimasti incerti
e sfumati” (Luciani 1997, 11) e i suoi poteri “formalmente mal definiti” (Tebaldi 2005, 10). Questo ha
consentito, nel corso degli anni, al Presidente della Repubblica di operare con estrema elasticità, sia da
un punto di vista “oggettivo”, commisurando “la sua azione all’evoluzione dei rapporti istituzionali,
politici e sociali” (Volpi, 1997: 460), sia “soggettivo”, sfruttando il fatto che l’effettivo funzionamento
dell’organo dipende in una certa misura dallo stile, dalle capacità e dal modo di operare del suo
titolare”. A questa elasticità dei poteri formali si è aggiunta l’estrema flessibilità dei poteri informali, in
particolar modo della moral suasion, che si manifesta in assenza di chiari vincoli giuridici e di
procedure formalizzate. La prassi presidenziale, che ha di fatto introdotto questi poteri rendendoli col
tempo pubblicamente, politicamente e giuridicamente20 accettabili e accettati, ha definito (e continua a
definire) nuovi confini potestativi delle attribuzioni presidenziali. Confini che, in futuro, sarà difficile
contestare e che non è detto costituiscano il limite estremo di espansione del ruolo presidenziale
(Lippolis e Salerno, 2013). Il che significa che alla chiusura della fisarmonica dei poteri costituzionali
18
Si fa riferimento alla nomina del primo governo Amato nel 1992 e del governo Ciampi nel 1993, fatte senza una
preventiva consultazione dei partiti, allo scioglimento anticipato delle Camere del gennaio 1994, pur in assenza di una crisi
di governo, al mancato scioglimento delle stesse a seguito della crisi del primo governo Berlusconi e alla nomina del
governo Dini nel 1995.
19
Uno dei problemi più importanti di questa compartecipazione sarebbe proprio l’irresponsabilità politica del Capo dello
Stato, nella prassi partecipe dell’indirizzo politico, ma secondo la Costituzione formalmente irresponsabile dei suoi atti.
20
Si veda ad esempio quanto scriveva un costituzionalista attento come Zagrebelsky nel 1991 a proposito di quel “topolino
chiamato innocentemente ‘esternazione’ [che] è cresciuto a tal punto da diventare un mostro che scuote dalle fondamenta la
nostra Costituzione” perché “il Presidente della Repubblica […] non è in relazione diretta con il popolo, con il quale non è
legato da alcun rapporto, neanche da un rapporto di rappresentanza meramente istituzionale”
32 non è affatto detto che si affianchi quella dei poteri comunicativi. I quali però, è bene sottolinearlo,
costituiscono una sorta di soft power, perché, invece che basarsi sulla rigida autorità formale stabilita
(e delimitata) dalla Costituzione, essi si fondano sull’autorevolezza politica dell’istituzione
presidenziale, che in quanto tale non è delimitabile a priori ed è direttamente riferibile alle personali
capacità di leadership, alle abilità comunicative e persuasive, e al carisma personale dell’inquilino del
Quirinale. Non è detto che la moral suasion rafforzi la presidenza in senso assoluto. Questo, infatti,
dipende molto dall’efficacia che ha l’azione di persuasione presidenziale, sul cui esito incidono
molteplici fattori, di natura personale, istituzionale, pubblica e mediatica.21 Ma il dato certo è che la
moral suasion ha contribuito alla trasformazione strutturale della Presidenza, perché ha tracciato nuovi
confini, ha ridisegnato le arene di azione entro cui essa può operare, ha ridefinito una serie di
attribuzioni presidenziali che la prassi ha messo a disposizione di ciascun presidente, favorendo, quindi,
una metamorfosi permanente dell’istituzione.
21
Sono fattori riconducibili ai 4 tipi di moral suasion presentati, che andranno analizzati in un futuro lavoro. Qui se ne
possono indicare alcuni. 1) Personali, relativi ai rapporti (di forza e interpersonali) con il leader dell’esecutivo, alla capacità
persuasiva del presidente; 2) Istituzionali, relativi alla forza del raccordo governo-maggioranza, al livello di consenso
politico di cui gode la presidenza; 3) Mediatici, relativi ai rapporti con i mezzi di informazione, al ruolo dei quirinalisti; 4)
Pubblici, relativi al rapporto con l’opinione pubblica, al livello di fiducia di cui gode il Presidente, al gradimento di cui gode
l’esecutivo e il suo leader.
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