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Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR settimanale diretto da luigi amicone numero 30 | 30 luglio 2014 | 2,00 EDITORIALE La tragedia di gaza e degli infiniti lutti Solo leader che esaminano l’esperienza possono salvare due popoli dall’abisso C aratteristico della follia è continuare a ripetere le stesse azioni aspettandosi un risultato diverso. Questa definizione dell’infermità mentale, spesso citata da Einstein, descrive perfettamente quello che sta succedendo fra Israele e Gaza da tre settimane, fra israeliani e palestinesi da quasi ottant’anni. Né il terrorismo né la sua repressione indiscriminata producono la resa dell’avversario e quindi la vittoria definitiva. Producono invece i risultati che, nel conflitto israelo-palestinese, ricorrono ormai da 80 anni: lutti, dolore, rabbia, odio, desiderio di vendetta, frustrazione, angoscia, depressione, nuova violenza. L’eterno ritorno del medesimo orrore, solo con vittime sacrificali sempre nuove. Anche se per ipotesi, grazie a questa operazione militare voluta dal governo Netanyahu, Israele riuscisse a schiacciare la testa del serpente Hamas, la fiaccola della lotta armata verrebbe ripresa da altri soggetti politico-militari che capitalizzerebbero l’umiliazione e la rabbia di centinaia di migliaia di palestinesi che hanno perso case e parenti a causa della guerra. Anche se ottenesse la riapertura del valico di Rafah e dei tunnel sul versante egiziano attraverso i quali si rifornisce di armi, infliggesse perdite significative all’esercito israeliano e riuscisse Né israele, né i palestinesi a colpire coi suoi razzi Tel Aviv e altre hanno il potere di piegare la resistenza dell’altro. città, Hamas non piegherebbe di un È evidente che servirebbe millimetro l’istinto e la forza di autodiun modo nuovo di pensare fesa che dai giorni dell’Olocausto detta i comportamenti dello Stato ebraico e prima di esso dei suoi fondatori. Con tutta evidenza, servirebbe un modo nuovo di pensare, da una parte e dall’altra. Una discontinuità con la coazione a ripetere. Un popolo palestinese che lotta per i suoi diritti solo con metodi non violenti e un popolo israeliano che crede talmente nelle sue ragioni da assumersi il rischio di dare fiducia ai palestinesi con gesti politici coraggiosi sono oggi solo immagini ideali, etichettabili come utopia, ma apparirebbero opzioni di puro realismo se gli uni e gli altri decidessero di intraprendere una revisione critica ciascuno della propria storia. Fino a quando israeliani e palestinesi continueranno in prima battuta a giustificare i propri comportamenti, e non a giudicarli alla luce delle loro conseguenze nel tempo, nessuna soluzione reciprocamente accettabile sarà possibile: questo lo sanno bene tutti coloro che, per molti anni, hanno inutilmente cercato di favorire trattative fra le parti. Il cambiamento di prospettiva deve venire dai protagonisti del conflitto: il ruolo di chi sta fuori deve essere quello di incoraggiare e favorire tutte le leadership e le figure morali, nei due campi, che incarnano un approccio diverso. Come Izzeldin Abuelaish, il medico e padre palestinese che perse tre figlie e una nipote a causa dell’Operazione Piombo Fuso, autore del libro Io non odierò e promotore della fondazione Daughters for Life per l’educazione delle ragazze arabe. È lui che ha scritto su un giornale britannico, a commento degli orrori di Gaza, «La follia, come diceva Einstein, è continuare a rifare la stessa cosa aspettandosi un risultato diverso». MINUTI Che benedizione è il lavoro Una casa di cure per malattie nervose. Nella sala di soggiorno già di mattina è accesa una tv: un malato le sta davanti senza guardarla. Due pazienti in pigiama affacciati a un balconcino fumano, aspirando avidamente. Una bella donna col viso devastato da un ignoto dolore se ne sta seduta in un angolo, come ripiegata su se stessa, assente. Tutti si trascinano con passi pigri, strascicando le scarpe, come gente che non ha alcun luogo in cui andare. Dalla cucina arriva rumore di piatti, e odore di minestra di verdura. Sull’orologio sul muro le lancette avanzano con esasperante lentezza. Improvvisamente nella sala entra uno sconosciuto e svelto la traversa, con una cassetta degli attrezzi in mano. A un infermiere chiede dove si trova il locale caldaia: è un operaio, addetto a una qualche riparazione. Ma in questo luogo di destini sospesi, di passi spenti che tornano sempre nel medesimo punto, la rapida andatura di un uomo che va a lavorare sembra un evento eccezionale. Gli sguardi dei malati lo seguono con un’ombra di nostalgia: anche loro, in un tempo che adesso sembra remoto, andando a lavorare camminavano a quel modo. Che benedizione è, pensi, per gli uomini il lavoro, che li trae fuori da sé, che li costringe ad alzarsi e a fare e a essere insieme agli altri. E che benedizione è averlo, un lavoro, anche uno qualunque: nei passi certi di un operaio in mezzo all’andirivieni opaco dei malati, lo ho riconosciuto. Marina Corradi | | 30 luglio 2014 | 3 SOMMARIO 08 PRIMALINEA L’OGGI E IL DOMANI DELL’ARCINEMICO | AMICONE NUMERO numero 30 | 30 luglio 2014 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr settimanale diretto da luigi amicone 30 Può non piacere ma l’assoluzione di Silvio Berlusconi rafforza un’alleanza riformatrice di cui l’Italia ha bisogno LA SETTIMANA 22 SOCIETà PERIFERIE. LE “MOHICANE” DI EBOLI | RINALDI Minuti Marina Corradi............................3 Foglietto Alfredo Mantovano...........7 L’ascia nel cuore Emanuele Boffi....................... 15 Mamma Oca Annalena Valenti................41 Acta Martyrum C. Martini Grimaldi..... 44 Sport über alles Fred Perri.......................................... 46 16 ESTERI IL CALIFFATO AVANZA E OBAMA TACE | CASADEI Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano.................. 47 Mischia ordinata Annalisa Teggi........................50 RUBRICHE 30 CULTURA LA SCUOLA DI FABRIANO | MOJANA 36 CULTURA SUL MATRIMONIO | SPAEMANN Stili di vita.......................................... 40 Per Piacere.........................................41 Motorpedia........................................42 Lettere al direttore.......... 46 Taz&Bao................................................48 Foto: Ansa; AP/LaPresse; Sintesi Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 20 – N. 30 dal 24 al 30 luglio 2014 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Laura Borselli, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Pietro Piccinini IN COPERTINA: Foto Ansa PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Elcograf Via Mondadori 15 – 37131 Verona DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione 4 • 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 [email protected] Abbonamento annuale cartaceo + digitale 60 euro. 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FOGLIETTO NUOVA INDAGINE PRELIMINARE CONTRO L’ITALIA L’Europa ci ricorda le priorità e il Pd si allinea. «Rispettate gli uccelli» | DI ALFREDO MANTOVANO Foto: Ansa Q (Tempi del 2 luglio), in avvio di presidenza italiana del semestre europeo, auspicavamo che le nostre istituzioni facessero occupare l’Unione Europea di questioni serie, non immaginavamo che la faccenda avesse un profilo ben poco paradossale. Un mese fa la riflessione era concentrata sull’allargamento delle gabbie per l’allevamento delle galline da uova: una sentenza della Corte di giustizia europea aveva dichiarato l’Italia inadempiente per non avervi provveduto per tempo e la Commissione aveva aperto una procedura di infrazione; il governo italiano era corso ai ripari, e la Commissione aveva arcignamente garantito che avrebbe vigilato perché i pennuti avessero maggiori spazi a disposizione. Neanche il tempo DOPO LE GABBIE PER GALLINE, ARRIVA di prendere fiato. Il 16 LA PROCEDURA CONTRO LA CATTURA DI luglio la senatrice del PENNUTI PER FARNE RICHIAMI VIVI. «UNA Pd Monica Cirinnà inPRATICA ABERRANTE. QUESTO SEMESTRE forma che nei confronti dell’Italia vi è una inDEVE ESSERE UN’OCCASIONE DI CIVILTà» chiesta preliminare all’avvio di una nuova procedura di infra- no»; ciò in quanto «i richiami vivi sono vezione perché sul patrio suolo è in atto «da ramente una pratica aberrante e inaccettaanni (la) cattura (di) uccelli selvatici per bile. Futile, superflua e veramente violenta farne richiami vivi»; «una pratica vietata nei confronti di animali selvatici che vivodalla direttiva Uccelli» (maiuscola inclusa) no viaggiando per decine di migliaia di chispiega la parlamentare, secondo cui «l’Eu- lometri. Io penso che (…) l’Italia, nel semeropa ci dice che si può fare a meno dei ri- stre della sua presidenza europea, possa chiami vivi, ad esempio cacciando senza ri- cogliere una importante occasione di civilchiami o con richiami a bocca, o al limite tà attesa da decenni». La senatrice Pd non è un personaggio con richiami di allevamento». Per questo il governo Renzi sul punto ha «abbandona- marginale: con una lunga esperienza al to il testo della legge Europea prevedendo, consiglio comunale di Roma, è relatrice del nel decreto 91, il cosiddetto Dl competiti- disegno di legge sulle unioni civili, e da cirvità, un nuovo testo, che vieta la cattura»; ca un mese ha elaborato un testo-base che, l’auspicio di Cirinnà è che il Senato voglia esclusa solo la possibilità di adottare, indi«attenersi rigorosamente al testo del gover- vidua un regime paramatrimoniale per le uando Monica Cirinnà ha informato il Parlamento della nuova indagine europea. La senatrice Pd è relatrice del ddl sulle civil partnership coppie dello stesso sesso. Alla direzione Pd di giugno, Renzi ha congelato (per il momento?) il ddl Scalfarotto, e ha puntato sul ddl Cirinnà sulle civil partnership, da mandare avanti con priorità. Ella è dunque una esponente Pd così qualificata da essere incaricata di condurre all’approvazione una legge ritenuta importante dal suo partito; per lei non sono «aberranti e inaccettabili» i cadaveri accumulati in una carrozza ferroviaria nella campagna ucraina, esito della follia del conflitto fra Kiev e Mosca e della ritrosia dell’Unione Europea a chiamarla col nome di guerra; e neanche la merce umana pestata mortalmente in un fondale di imbarcazione nell’illusione di arrivare a Lampedusa, nell’indifferenza europea e con Mare nostrum a garantire la tranquillità della coscienza nazionale; e nemmeno i missili di Hamas e le centinaia di vittime civili di Gaza. Nessuna generalizzazione, ma è questa la sensibilità media della Commissione europea e del nostro Parlamento. Impegnati a distruggere quel poco che resta di famiglia, non curanti delle tragedie che colpiscono i propri figli o vicino casa propria, attenti alle galline ovaiole e agli uccelli da richiamo. È una ragione per rassegnarsi, o perché con decisione ancora più forte chi ha a cuore la centralità dell’uomo cambi verso realmente, nella cultura e nell’azione politica? | | 30 luglio 2014 | 7 Chi ha fatto caso che nel collegio che ha assolto Berlusconi c’era una “toga rossa”? Chi ha saputo che qualche sera prima della sentenza il leader di Fi ha confidato di voler mollare tutto? Ed ecco il domani | DI LUIGI AMICONE Ketty salva l 8 | 30 luglio 2014 | | Foto: Ansa COPERTINA a l’Arcinemico | | 30 luglio 2014 | 9 10 | 30 luglio 2014 | | che Renzi ha visto giusto. «Con Forza Italia che rappresenta milioni di voti non c’è un accordo di governo ma istituzionale perché in un paese civile le regole si fanno insieme. Dal punto di vista istituzionale mantenevo la parola anche se Berlusconi fosse stato condannato», dice commentando il verdetto the boss, lo Springsteen fiorentino. Risultato? Le riforme vanno avanti. Un certo spirito di unità nazionale può prendere corpo. La maggioranza trasversale tiene. M5S è costretto a rincorrere. Gli sfascisti a rosicare. E così, anche il centrodestra riprende a respirare sotto il solleone del 40,8 per cento del rottamatore. Un processo che ha dunque scritto la parola fine sulla guerra dei vent’anni, come ha titolato in prima pagina il quotidiano torinese perbene? È così. C’è un giudice (rosso) a Berlino Non solo. Nessuno ad esempio ha colto il dettaglio minuscolo, ma di simbolica fascinazione, consistente nel fatto che accanto al presidente Enrico Tranfa, il secondo giudice di Corte che ha mandato assolto l’ex Cavaliere, c’è una cosiddetta “toga rossa” come la mitica Ilda Boccassini, regina dell’accusa. Accanto al “galantuomo” Tranfa, che al Palazzo di Giustizia di Milano gode di reputazione per il suo equilibrio e idiosincrasia al protagonismo da riflettori, a sentenziare che la concussione non sussiste (e non costituisce reato neppure l’ipotesi che una ragazza che all’epoca dei fatti era minorenne ma si spacciava come 24-25enne sia stata ospite consenziente in villa ad Arcore), c’era infatti il giudice Ketty Locurto, tessera di Magistratura Democratica e facente capo alla medesima corrente della folta schiera togata che, con o senza Ilda la Rossa, da Milano a Palermo, da Napoli a Bari, si contendono fin dal 1994 anche solo momenti di gloria di inchieste sul Re leone della politica italiana di Seconda Repubblica. Altra noticina in margine a una storica sentenza: nessuno ha notato Foto: Fotogramma P uò piacere o no. Ma anche se l’anagrafe è lì a certificare che il futuro non si chiamerà Silvio Berlusconi, oggi l’Italia ha ancora bisogno di lui e del suo spirito pugnace. Matteo Renzi, che di Berlusconi ha il carattere, trent’anni in meno e il vantaggio di essere dalla “parte giusta”, si è preso un bel rischio convocandolo al tavolo delle riforme e scegliendolo come partner nell’impresa di cambiare le carte fino ad oggi distribuite nelle segrete stanze delle procure e dei gazzettini di complemento. Da venerdì 18 luglio, data della sentenza di assoluzione che dopo anni di ordalia giudiziaria (e chi ripaga il malcapitato? E l’Italia dal bombardamento speculativo in grazia della pessima reputazione del malcapitato? E gli italiani scippati del voto e dal governo del malcapitato?) restituisce al leader di Forza Italia le redini della politica attiva, i giudici della Corte di Appello di Milano confermano COPERTINA PRIMALINEA Nel processo d’appello sul caso Ruby, Silvio Berlusconi è stato giudicato non colpevole per entrambi i capi di imputazione. Nella foto, i giudici durante la lettura della sentenza. Al centro, Enrico Tranfa se il verdetto ha risposto alle richieste della difesa il capo della procura non ha mai spiegato perché ha dato un caso di concussione al capo dell’antimafia Foto: Fotogramma stata la delusione dei bastian contrari a una sentenza che concettualmente libera il paese dai tutori delle manette e dai parrucconi di palazzo. che, visto il sorprendente cappotto rispetto al verdetto di primo giudizio, e considerato che la difesa degli avvocati Coppi e Dinacci ha ottenuto dai giudici di secondo grado risposta oltre ogni aspettativa, nessuna risposta è invece venuta dal capo della Procura di Milano all’accusa – una delle tante – mossagli da un suo sostituto di avergli sottratto fascicoli di sua pertinenza. Nel caso, Edmondo Bruti Liberati non ha ancora detto una parola sul perché ha girato il faldone riguardante la concussione del caso Ruby (capitolo che in primo grado ha pesato per sei anni sui sette di pena comminati all’imputato B.) a Ilda Boccassini, direttrice dell’ufficio distrettuale antimafia, invece che a Alfredo Robledo, responsabile dell’ufficio per i reati contro la pubblica amministrazione. Come buon senso e regola che si è data la stessa Procura di Milano avrebbero esigito, essendo appunto la concussione un reato contro la pubblica amministrazione. Ma insomma, comprensibile è L’addio all’Italia dei poveri Scalfari E infatti, per maramaldeggiare su un affare che dopo tutto riguarda solo i fanti, c’è stato addirittura uno che ha scomodato i santi. «Nessuno è infallibile, papa Bergoglio sa che non lo è neppure il papa». Se la presunzione fosse dio, Eugenio Scalfari sarebbe l’Altissimo. Come si fa ad avere il dono della lingua retorica biforcuta e disprezzarlo al punto da farsi accecare dal più gretto dei sentimenti umani, il pregiudizio per la persona? O odioso errore, figlio della malinconia, perché mostri agli impressionabili pensieri degli uomini le cose che non sono? Avesse evocato il drammatico dilemma shakespeariano, perfino Scalfari avrebbe avuto un lampo di genio. E invece, neghittoso e avaro oltre ogni Narciso quale egli è, scrive e fa titolare l’omelia domenicale “Sentenza forse giusta ma che disonora il paese”. Ora, a parte lo sbilenco non senso dell’affermazione (poiché è evidente che ristabilire giustizia è per definizione un rendere onore), con questo suo patente rachitismo interiore incapace di riconoscere l’onore delle armi anche all’avversario più ostico da atterrare nella polvere e perfino dinnanzi alla legge di cui lo ScalfariRepubblica pensiero mena vanto di essere sommo baluardo, il Fondatore non solo riesce a fallire l’incredibile opportunità di tre, dicasi tre colloqui a tu per tu con il Sommo Pontefice, ma si candida a fallire anche l’ultimo miglio della sua predica terrena. Ma passando dal mal di vivere che si nutre del vissuto altrui, all’altro capo del mondo dove il mondo si specchia nel tipo venuto dalla imprenditoria alla politica a miracolo mostrare, la sentenza di Milano fa ritrovare uno che con tutta la somma dei suoi difetti, dei suoi errori, delle sue follie, della sua condanna passata in giudicato e perfino delle miserie che condivide con tutti noi mortali, sussiste in una misura civilmente e umanamente superiore a quella di questi presunti gesuiti della Repubblica dalle mani pulite e i guanti prensili. Prendi un altro papa alla Scalfari. L’abbiamo davanti come se fosse qui, adesso, con il suo profilo aquilino, il naso adunco, la mansuetudine che muta improvvisamente in ira, Mr. Hyde in Dr. Jekyll. «Guai alla chiesa se appoggerà Berlusconi». Così disse Norberto Bobbio e lo scrivemmo in tempi non sospetti, di ritorno dalla sua casa torinese dove fummo suoi graditi ospiti agli inizi del ’94, quando l’uomo di Arcore aveva annunciato la sua discesa in campo. Allora il filosofo della politica si interrogava sul male dell’universo, sembrava un Socrate, ma dentro di sé rosicava per l’inquilino privo del supposto pedigree istituzionale, da cui in seguito scaturì il famoso giudizio di “Unfit” sentenziato su Berlusconi da quei così tanto fit e fighi dell’Economist che finirono con la loro corrispondente da Roma – tale Tana de Zolueta – a farsi rappresentare in parlamento italiano nella lista di quel fine esponente di pedigree istituzionale, common low e diritto britannico, che fu Tonino Di Pietro da Montenero della Bisaccia. Ecco, i vent’anni della persecuzione giudiziaria su mandato dell’antiberlusconismo da regimetto dei parrucconi e della lunga lista dei Picone da complemento, sta dentro quest’arco tra il Bobbio del ’94 e lo Scalfari di domenica 20 luglio 2014. L’arco che va dall’avviso di garanzia consegnato dal Corriere della Sera con un titolo a nove colonne nel luglio del 1994 a Silvio Berlusconi presidente del Consiglio e scintillante capotavola al summit dei grandi a Napoli, al titolo più sommesso, ma chirurgicamente devastante con cui lo scriba del Corriere della Sera del giugno 2013 rifaceva i conti della prescrizione e, sbaglian| | 30 luglio 2014 | 11 PRIMALINEA COPERTINA Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento seguì, per quei paradossi e nemesi della Storia, oggi tocca a un giudice e perfino militante di Md, sentenziare che non solo la gloria di un passato, ma che il presente è ancora lì, politicamente a disposizione di colui che solo due settimane or sono fu a un passo al darsi per vinto. Quella tentazione di mollare tutto «L’ho invitata a cena, caro direttore, per regalarle una notizia in esclusiva: Berlu- «l’ho invitata per darle una notizia in esclusiva». ora ci sono le basi perché renzi, berlusconi e chi ci sta, compiano l’impresa del riscatto nazionale alla sopravvivenza anche solo in laticlavio del leader che nel suo quarto mandato da premier aveva ottenuto il plebiscito degli italiani. Si fa presto a dire promesse non mantenute. In tutti gli altri casi, miriadi nell’arco dei due sopra citati, forse perché ben tre presidenti della Repubblica hanno giocato contro o si sono sempre voltati dall’altra parte quando c’è stato di mezzo Berlusconi, il sistema delle corporazioni e dello Stato profondo gli hanno mosso guerra usando ogni leva. Altro che Commissione di inchiesta. Toccherà agli storici misurare l’infinita pochezza di un regimetto e la grandezza di un carisma controverso ma autentico. D’accordo, se nel 1997 ci fu almeno un Paolo Mieli a fare mea culpa su quel primo titolo (di cui mai ha voluto rivelare la fonte) e sull’accanimento mediatico-giudiziario che ne 12 | 30 luglio 2014 | | sconi si ritira dalla scena politica». Succedeva quindici giorni fa, la sentenza non era alle viste, men che meno il sette a uno della Germania sul Brasile. Ebbene sì, quella sera ci parve che l’inquilino di Arcore ne avesse abbastanza. Tanto gli sembravano soverchianti le forze avverse e gli anni addosso, sembrava volesse mollare il colpo. Così, seduto al desco di un tardo lunedì in cui la mestizia si mescola al vuoto di prospettiva di un’altra settimana divisa tra Roma e Cesano, Berlusconi passava e ripassava per le mani le agenzie di giornata. «Sì, perché leggi qui, Renzi dice le cose bene, le dice meglio di me, ed è più giovane di me». Naturalmente la malinconia era per farsi dire che no – sono testimoni al tavolo una deputata e una collaboratrice della comunicazione – è impossibile immaginare un centrode- Ce la faranno a compiere l’impresa? Il resto è storia del week-end più felice a casa Arcore. E del capo di Forza Italia che raccomanda ai suoi di non attestarsi nelle grida di giubilo e di cortigianeria, rimettersi a fare politica, togliersi dai binari a far da massi in compagnia dei frenatori del treno Renzi. E del tam tam, pepe sulla sciapita cronaca politica estiva, intorno alle telefonate ad Alfano e agli altri di Ncd che restano sulla difensiva ma capiscono che alternativa non c’è al tornare insieme o al marciare separati con le stampelle sotto il solleone. Molti sostengono che Berlusconi sia il suo doppio. Invece Berlusconi è, almeno nel punto sorgivo, sempre e solo Berlusconi. Libertà. Adesso, in piena continuità con l’Italia dei liberi, e perciò veramente laici, da De Gasperi a Einaudi a Craxi, da Amendola a Giussani a Ferrara, il resuscitato anche grazie a Ketty la Rossa può e deve offrire l’ultima parte della sua impressionante durata politica a cause impossibili e perciò degne. La causa delle riforme condivise col Pd di Renzi e con chiunque ci sta. La causa della rimessa in carreggiata dell’Italia di fronte alla disintegrazione del mondo europeo. La causa di un nuovo centrodestra. Ce la farà? Ce la farà, se si farà almeno sui fondamentali, la “grosse koalition” all’italiana? Ce la farà il giovane alla Boschi e Toti a dar torto ai menagramo? Non lo sappiamo. Sappiamo però che l’Italia ha bisogno di loro, e non dei gufi. n Foto: Ansa doli, sottraeva Silvio Berlusconi al suo giudice naturale per consegnarlo in fretta e furia alla condanna del famoso giudice feriale Ferdinando Esposito. In entrambi i casi le veline hanno avuto effetti pesantemente distorsivi nel gioco della democrazia. In entrambi i casi non si conoscono gli architetti dell’operazione che, nella prima circostanza minò e quindi ribaltò gli esiti del primo trionfo elettorale di Berlusconi. Nella secondamise una pietra sopra stra senza Berlusconi. Più semplicemente, gli consigli, «Presidente, non le conviene. Fare politica è l’unico modo che lei ha per difendersi e per difendere una grande azienda che dà lavoro. Quanti italiani sono? Cinquantacinque, sessantamila? Ecco. Naturalmente la serata si concluse con un «naturalmente caro direttore scherzavo». E da copione burlesque come si conviene a un genio burlone, «… ma non troppo». l’ascia nel cuore I n un testo di Flannery O’Connor (Il mi- stero di Mary Ann) si riporta un passo di un racconto di Nathaniel Hawthorne, intitolato La voglia. Alymer, dopo anni di matrimonio, per la prima volta, nota sulla faccia della moglie Giorgiana un leggero segno. «Hai mai pensato che la macchia che hai sulla guancia potrebbe essere tolta?». Da quell’osservazione, lei capisce che lui non l’ama più. L’amore che, fino a quel momento, l’ha preservato dal ritenere degna di nota quell’imperfezione, è svanito. Alymer non le dice che non l’ama. Le dice di rimuovere quella voglia, così da essere «perfetta». Ma, appunto, Giorgiana, con intuito, diciamo così, assai femminile, comprende anche il non detto. Amore e perfezione sono nemici. Non stanno assieme. Cozzano. Il passo di Hawthorne mi è tornato alla mente settimana scorsa quando la mia amica Susanna Campus mi ha comunicato che la Dinamo Sassari, squadra di basket sarda che quest’anno ha strabiliato tutti per i suoi risultati sul campo, la prossima stagione porterà sulla maglia il logo di Aisla, l’associazione dei malati di Sla (sclerosi laterale amiotrofica). Susanna l’ho conosciuta nell’estate del 2007. Ero in Sardegna per occuparmi del caso di Giovanni Nuvoli, un ex arbitro di calcio, malato di Sla che aveva chiesto l’eutanasia. A un certo punto, Demetrio Vidili, il primario del reparto di anestesia di Sassari, mi portò a casa di un’altra malata di Sla, sua paziente e amica. Susanna aveva fatto posizionare un vaso di fiori sotto la finestra, «in modo tale che posso vederli crescere», mi disse dettando con gli occhi un pensiero sul cartello delle lettere. Chi è costretto a letto e non può nemmeno muovere una mano, deglutire, grattarsi il naso quando più ne ha voglia, ha un senso del tempo assai diverso da chi può muoversi liberamente. Susanna vede crescere le piante, non so se capite. È una sorta di privilegio divino, se ci pensate. Susanna percepisce ogni istante come definitivo, assapora ogni secondo come quello conclusivo. Ogni respiro è una battaglia, letteralmente. Per tutti è così. Ma solo chi è sul ciglio del burrone sa che non è solo un pensierino della sera. In verità, quella fu solo la prima lezione che mi impartì quel giorno. Infatti la seconda frase che mi rivolse fu un rimprovero perché la madre mi aveva offerto un caffè e io lo stavo sorseggiando in piedi. «Siediti!», mi ordinò dettando con gli occhi. «È maleducazione bere il caffè in pie- la pretesa dell’amicizia Cosa si vede quando si guarda in faccia Susanna | DI EMANUELE BOFFI Susanna Campus, malata di Sla (sclerosi laterale amiotrofica) circondata a casa sua dallo staff e dai giocatori della Dinamo Sassari, che quest’anno ha vinto la Coppa Italia di basket. Susanna ha un blog su tempi.it, “Scritto con gli occhi” di a casa di amici». E due. Ero lì da cinque minuti e già m’aveva dato due belle lezioni. Così siamo diventati amici. Due anni fa, Tempi le ha chiesto di tenere un blog sul sito. Si chiama “Scritto con gli occhi” ed è un diario non piagnucoloso né edulcorato di quella che è la quotidianità di un malato di Sla. È piena di cose la giornata di Susanna. Ci sono le rondini alla finestra che ballano per lei, le rare passeggiate all’aria aperta, le visite di amici e infermieri, il quotidiano e ammirevole sacrificio della madre e della sorella Immacolata, il “cambio cannula”, la sbobba sorbita tramite Peg, i guai di una malattia che non lascia tregua, le impre- cazioni da querela per il montascale rotto. Ci sono, soprattutto, le passioni sportive per la Torres Calcio e la Dinamo Sassari Basket. Susanna è talmente cocciuta che, non solo è riuscita ad andare a vedere qualche partita delle due squadre, stressando oltremodo presidenti, dirigenti e giocatori, ma è anche riuscita a portarli a casa sua. Non uno o due giocatori: tutte e due le squadre al gran completo. La Dinamo quest’anno ha vinto la Coppa Italia e la prima uscita ufficiale è stata a casa di Susanna. Una dozzina di marcantoni hanno invaso la sua stanzetta per consegnare simbolicamente la coppa alla loro «tifosa numero uno». La passione di Susanna per i suoi beniamini non ha nulla di composto e accomodante. È esagerata, selvaggia, cieca, importuna, come solo i grandi amori sanno esserlo. Non ho mai visto nessuno essere così fedele alla propria pretesa di amicizia. È una pretesa viscerale, che non ammette ritirate e sotterfugi. Se bevi il caffè in piedi a casa mia dai già l’idea che sei sulla porta. Invece, se sei un amico, devi “stare”. Impressiona vedere quanta frenesia si crei attorno a un motore immobile. E si potrebbe quasi dire che tutta questa gente che le si avvicina e la vuole conoscere, intuisca dal contraccolpo con una vita tanto fisicamente ammaccata, quanto sia simile alla propria vita apparentemente intonsa. Soprattutto, a differenza dell’Alymer di Hawthorne, tutta questa gente quando la guarda in faccia non vede più la macchia della Sla. Vede Susanna. | | 30 luglio 2014 | 15 ESTERI LO STATO ISLAMICO L’espansione indisturbata Il califfato avanza, l’America tace. I jihadisti hanno sottratto armi e munizioni all’esercito iracheno e ora tornano in Siria per riconquistare Aleppo. Qual è la strategia di Obama? Qualche ragionevole dubbio sul suo silenzio interessato | DI RODOLFO CASADEI ESTERI LO STATO ISLAMICO L’ Isil cresce e avanza, l’America non fa nulla. Si riassume così quello che è accaduto nel vasto campo di battaglia che va da Aleppo nel nord della Siria a Tikrit nel centro dell’Iraq sei settimane dopo la presa di Mosul e di altre località irachene da parte degli uomini di Abu Bakr al Baghdadi e di altri gruppi armati antigovernativi. E il dubbio che all’amministrazione Obama la deriva verso l’instabilità permanente di due paesi retti da governi centrali in ottimi rapporti con l’Iran non dispiaccia affatto si fa sempre più forte. I notiziari hanno dato l’impressione che, a parte l’enfatica dichiarazione con cui è stata annunciata la rinascita del califfato il 12 luglio scorso sotto forma di Stato islamico governato dall’emiro dell’Isil, niente di rilevante dal punto di vista militare sia accaduto negli ultimi tempi e che l’offensiva jihadista si sia arrestata a rispettabile distanza da Baghdad. Non è affatto così. Mentre il fronte iracheno è quasi immobile, quello siriano risuona di battaglie. I jihadisti hanno spostato uomini e mezzi da ovest verso est, riattraversato la vecchia frontiera fra Iraq e Siria carichi delle armi leggere e pesanti che hanno sottratto alle truppe irachene in fuga, e stanno combattendo per riportarsi su Aleppo, da dove erano stati cacciati nel gennaio scorso non dalle truppe governative, ma da una coalizione di forze ribelli. In questo momento stanno combattendo contro le milizie armate curde del Pyd nella regione di Ain al Arab al confine con la Turchia, dopo avere strappato la città di Der Ezzor (tranne alcuni quartieri e un aeroporto militare ancora controllati dalle forze di Damasco) e l’intera omonima provincia agli alqaedisti di Jabhat al Nusra che da due anni le avevano occupate in grandissima parte. L’obiettivo sembra essere quello di creare una continuità logistica che permetta di muovere le forze dell’organizzazione lungo una direttrice est-ovest da Mosul fino ad Aleppo. Il Pyd è il principale partito curdo siriano dotato di un’ala armata, e politicamente si mantiene in equilibrio non essendo schierato con nessuno dei protagonisti del conflitto siriano: né col governo, né coi ribelli. Jabhat al Nusra è la filiale locale di Al Qaeda, riconosciuta da Ayman al Zawahiri in persona. Inizialmente in Siria operava in sintonia con Isil, ma la pretesa di al Baghdadi, nell’aprile del 2013, di fondere le due organizzazioni, il rifiuto di Jabhat al Nusra di sottomettersi e il sostegno di al Zawahiri alla linea di quest’ultima han- 18 | 30 luglio 2014 | | no creato fra i due gruppi terroristici un Qualche dubbio che antagonismo che dall’inizio di quest’an- la deriva verso no si è trasformato in scontro armato per l’instabilità permanente di due paesi (Siria la supremazia. Nonostante tutti gli altri e Iraq) retti da governi gruppi della ribellione (principalmente il in ottimi rapporti con fatiscente Libero esercito siriano e i sala- l’Iran non dispiaccia fiti del Fronte Islamico) si siano schiera- affatto ad Obama si ti con Jabhat al Nusra, Isil sta avendo la fa sempre più forte. Sotto, il presidente meglio. Da gennaio ad oggi 8 mila ribel- iracheno al Maliki. li sono caduti in battaglie fra gli uomini Nella foto grande, di al Baghdadi e combattenti di tutti gli la città di Aleppo, altri gruppi, per la grande soddisfazione devastata dalla guerra del governo di Damasco. Che ha facilitato di questi anni il compito di Isil continuando a contrattaccare le posizioni del Libero esercito siriano (Les), di Jabhat al Nusra e del Fronte islamico, ma non quelle dello Stato islamico in Iraq e Levante. Tattica politico-militare molto facile da comprendere: Isil è l’unico gruppo armato di oppositori del regime stabilmente impegnato a combattere gli altri gruppi ribelli PER GODERE DEL SOSTEGNO per sottrarre loro territorio e DEGLI STATI UNITI risorse; non c’è bisogno di nessuna ipotesi complottistica per Baghdad DEVE cambiARE spiegare la reticenza delle forze governative a colpire i più le politiche DI al Maliki, estremisti dei jihadisti: il nemiA partire dalla vicinanza co del mio nemico è il mio amico. Fino a quando non divencon l’Iran, nemico giurato ta troppo forte. L’aviazione di del governo americano Damasco ha dedicato alcuni dei suoi più recenti raid alle postazioni dell’Isil nella provincia di Der Ezzor dopo la caduta di Mosul. Un’attrazione irresistibile Non c’è bisogno di ipotesi complottistiche nemmeno per spiegare la guerra pendolare di Isil, prima in Iraq e adesso in Siria. Fermo restando che l’obiettivo dell’organizzazione è uno Stato islamico che abbracci i due paesi, Isil ha bisogno di dare la priorità al rafforzamento del suo insediamento in Siria, dove ha ampi margini di espansione. Con le forze attuali non è in grado di impadronirsi di Baghdad, anche se potrebbe da subito precipitare la capitale in una condizione di anarchia. Il problema di Isil in Iraq sono le alleanze: le hanno permesso di cacciare le forze governative da molte località del paese, ma non le permetterebbero di vincere e dominare incontrastata. I successi iracheni di Isil sono stati resi possibili dall’esasperazione della minoranza sunnita, emarginata, oppressa e mal governata dagli esecutivi a egemonia sciita di Nouri al Maliki soprattutto dopo il ritiro delle truppe americane nel 2011. L’antenato dell’Isil, che dopo aver cambiato vari nomi si chiamava Al Qaeda in Mesopotamia, fu messo alle corde nel 2006-2008 dal movimento del Risveglio sunnita, chiamato anche Figli dell’Iraq, coltivato dagli americani che fornirono armi, addestramento e denaro a decine di migliaia di elementi delle tribù della provincia di Anbar e poi delle altre province a forte presenza sunnita. Al momento del ritiro degli americani, al Maliki si è trovato con 100 mila civili sunniti in armi da stipendiare. Ha deciso di assorbirne 20 mila nella funzione pubblica e di mandare gli altri al diavolo. Nello stesso periodo sono iniziate le manifestazioni di piazza e gli accampamenti di protesta dei sunniti contro il governo centrale: repressi con la violenza e gli arresti. Assieme all’Isil hanno Foto: AP/LaPresse; Sintesi/Photoshot; Pete Souza/White House Jabhat al Nusra è la filiale locale di Al Qaeda IN SIRIA. Inizialmente operava in sintonia con Isil MA NEGLI ULTIMI TEMPI fra i due gruppi terroristici SI è CREATO UN antagonismo che si è trasformato in scontro armato per la supremazia ripreso vitalità tutte le guerriglie sunnite che avevano sfidato gli americani dopo l’occupazione del 2003: l’Esercito islamico dell’Iraq, l’Esercito dei Mujaheddin dell’Iraq, i nostalgici di Saddam Hussein riuniti negli Uomini dell’esercito dell’Ordine di Naqshbandia… Tutti costoro e una parte dei ricostituiti tribali Consigli del Risveglio sunnita hanno dato vita a un’alleanza tattica con Isil che ha permesso di mettere in crisi il controllo delle forze armate governative sull’insieme del territorio nazionale nel giugno scorso. Gli stessi gruppi sunniti che in passato avevano disarticolato l’Isil, oggi appoggiano la sua sfida al governo di Baghdad. Ma gli uni e gli altri sanno che si tratta di un’alleanza fragile e opportunistica, già esposta a tensioni a Mosul e altrove. In Siria è diverso, l’Isil sembra esercitare un’attrazione irresistibile: un anno fa i suoi combattenti sul posto erano circa 3 mila, oggi sono stimati in 10 mila, risultato non solo della campagna di reclutamento mondiale lanciata sui social media, ma di migliaia di defezioni dagli altri gruppi ribelli verso quello che appare meglio dotato di armi e denaro in contanti. Mentre i 500 milioni di dollari che Obama ha decretato di spendere per alimenta- re ribelli “filo-occidentali” contro il regime di Bashar el Assad non si sa se e quando saranno erogati: il Pentagono ha fatto sapere al Congresso (che deve approvare l’iniziativa presidenziale) che con quella cifra può addestrare al massimo 2.300 uomini nell’arco di 18 mesi, che ci vorrà molto tempo a trovare aspiranti guerriglieri sicuramente refrattari alle sirene jihadiste e che la Giordania non è più disponibile a ospitare campi di addestramento americani per ribelli siriani da quando Jabhat al Nusra si è insediata nella regione di confine. Tutti sono d’accordo che per un anno almeno non succederà niente. | | 30 luglio 2014 | 19 ESTERI LO STATO ISLAMICO Se tattica e strategia dell’Isil sono chiare, quelle degli Stati Uniti sono oggetto di speculazioni. A sei settimane dalla conquista di Mosul e altre località da parte dell’Isil e compagni, i droni americani che potrebbero colpire le piazzeforti ribelli restano nei loro hangar. In precedenza le autorità irachene avevano chiesto più volte a quelle americane di intervenire con bombardamenti mirati delle forze ribelli. La prima volta era stata nel dicembre scorso, l’ultima, per bocca del premier al Maliki in persona, l’11 maggio scorso. Obama, che nel corso dei suoi due mandati ha ordinato circa 450 attacchi di droni che hanno causato 2.400 vittime in Pakistan, Yemen e Somalia (paesi che non sono in guerra con gli Stati Uniti), aveva fatto rispondere che l’intervento diretto americano in Iraq doveva considerarsi esaurito e che i droni vengono utilizzati contro gruppi ter- se per giustificare la loro inazione. Che si affacciano sulla pubblica piazza attraverso le colonne del New York Times: il 14 luglio in un articolo di prima pagina si poteva leggere che «senza un controllo aereo avanzato americano sul terreno, attacchi aerei potrebbero accidentalmente uccidere i leader tribali di cui ci potrebbe esser bisogno» per arrivare a una soluzione politica della crisi; il giorno dopo un altro articolo di prima pagina spiegava che «Un documento riservato sulle forze di sicurezza irachene conclude che molte unità sono così profondamente infiltrate da informatori dei gruppi sunniti estremisti o da personale sciita al soldo dell’Iran, che consiglieri americani incaricati di assistere le forze di Baghdad potrebbero correre rischi per la loro sicurezza». Sarebbero queste le ragioni per le quali l’amministrazione ha inviato finora soltanto 500 uomini in due SE L’IRAN INTERVENISSE IN IRAQ SI IMPANTANEREBBE IN UN CONFLITTO SENZA VIE D’USCITA E SI RITROVEREBBE CONTRO TUTTI I PAESI ARABI A MAGGIORANZA SUNNITA roristici che complottano contro gli Stati Uniti. Che era un po’ come inviare all’Isis il messaggio che non doveva temere nulla dagli Stati Uniti finché si concentrava a colpire obiettivi iracheni. Discorso speculare ha tenuto l’Isil quando, dopo la presa di Mosul, commentatori ed esponenti politici americani hanno cominciato a invocare un intervento muscolare da parte di Washington contro i jihadisti vittoriosi: i social media si sono riempiti di messaggi che avvertivano che l’Isil avrebbe reagito a un intervento diretto in Iraq contro le sue posizioni con attacchi terroristici sul suolo americano. Che è come dire: continuate a non fare niente contro di noi come avete fatto finora, e non vi succederà niente. Dopo la presa di Mosul e le voci di un imminente assalto a Baghdad, gli Stati Uniti hanno dovuto architettare nuove scu20 | 30 luglio 2014 | | tranches, sei elicotteri, alcuni droni da sorveglianza e qualche missile Hellfire. Ma i veri motivi sono di natura politica: gli Stati Uniti non interverranno seriamente in difesa del governo di Baghdad fino a quando esso non cambierà le politiche decise da al Maliki negli ultimi anni. E cioè: il rifiuto di un’alleanza strategica con Washington, l’avvicinamento all’Iran (grande sponsor del primo ministro sciita), l’emarginazione dei sunniti dai posti di potere e la repressione delle loro proteste. Quest’ultimo punto gli Stati Uniti l’hanno in comune coi capi delle tribù sunnite che avevano dato vita ai Consigli del Risveglio. Costoro sono disposti a rompere le loro recenti alleanze con l’Isil o a uscire dalla neutralità e combattere contro i terroristi, ma non prima che il governo centrale di Baghdad abbia accol- to le principali richieste dei partiti sunniti: federalismo, autonomie regionali, posti di potere nella pubblica amministrazione e nell’esercito. Né gli americani né le tribù sunnite chiedono ufficialmente la testa di al Maliki, ma lasciano intendere che la sua uscita di scena faciliterebbe le cose. Chi farà la prima mossa? La risposta del primo ministro uscente non si è fatta attendere: il 16 luglio attraverso un portavoce ha fatto sapere che non accettava che un intervento aereo americano fosse condizionato alle sue dimissioni. Tre giorni prima sempre sul New York Times l’ex ambasciatore americano in Iraq Zalmay Khalilzad aveva scritto: «Da ambasciatore ho avuto rapporti diretti con al Maliki, e so che resisterà ostinatamente a ogni tentativo di rimozione. (…) Washington non deve abbandonare i suoi sforzi per aiutare l’Iraq a formare un governo di unità nazionale, ma deve anche lavorare ad alternative realistiche nel caso che l’Iraq si disintegri». Da come si stanno muovendo, gli americani sembrano essersi convinti che al Maliki e i suoi non cambieranno politica. Danno per finito l’Iraq e si ingegnano di trasformarlo in una trappola per gli iraniani. Agiscono in modo da precipitare un intervento militare di Teheran in Iraq in soccorso del governo ultrasciita di al Maliki. I contraccolpi per l’Iran sarebbero tutti negativi: si impantanerebbe in un conflitto senza vie di uscita e si ritroverebbe contro tutti i paesi arabi a maggioranza sunnita. La Repubblica islamica è consapevole di queste prospettive, e infatti fino ad ora ha inviato in Iraq solo un numero limitato di consiglieri militari presi dalla Forza Qods, l’unità delle forze speciali iraniane incaricata delle missioni all’estero. In questo momento America e Iran ricordano due ciclisti su pista impegnati in un surplace, il gesto tecnico che vede le biciclette immobili in equilibrio. Il primo che si muove perde di sicuro la volata. n Campagna Meeting 2014 MISSIONE TEMPI RADDOPPIAMO GLI ABBONAMENTI Sottoscrivi o rinnova un abbonamento dal 1 agosto al 15 settembre ne riceverai uno digitale in omaggio per un nuovo amico v e r s i one i www. .it www. .it le T e mp i in gita p l i caz i on r t abl et e di Cartaceo pe a r t phone Abbonamento annuale 30 sm Digitale Tutti gli abbonamenti comprendono: Ap Abbonamento annuale Ti aspettiamo al Meeting dal 24 al 30 agosto PADIGLIONE A3 società 22 | 30 luglio 2014 | periferie/8 | | DI PEPPE RINALDI Quelle che si fermano a Eboli Sveglia alle tre di mattina, sui campi dall’alba fino all’una. Poi di nuovo sul pulmino per tornare a casa. Dove le aspetta l’altro lavoro. Quello per mandare avanti la famiglia. Una giornata con le contadine della Piana del Sele. Donne così non ne fanno più Foto: Sintesi N per bisticcia- ne normali, più normali di altre che re col marito che si rifiuta di pure portano sulle spalle il peso di mezaccompagnarle all’Ikea. E neppu- za nazione. Donne in carne e ossa, miliore con figli o nipoti perché in ludoteca la ni di anni luce distanti e distinte dai patetorta di compleanno non aveva la statu- mi mainstream sul corpo delle donne e i ina zuccherosa di Minnie uguale a quel- vari #senonoraquando. Oggi sono poche, ma un tempo furono tanla vista in tv o sull’iPad tissime, l’Italia è in gran dell’amichetto più fortuin viaggio parte scolpita nel sudore nato. Nelle loro case, tra Seguendo l’invito di queste coraggiose femun camino in pietra d’aldi papa Francesco mine piegate nei campi tri tempi e una cristallieContinua il viaggio di sin da quando le otto ore ra in arte povera, cucine Tempi nelle periferie esistenziali. Le tappe in fabbrica rappresentalaccate e stanze da letto precedenti: la tribù dei vano un miraggio o perancora inviolabili, magatupurì africani (Rodolfo fino un privilegio. Com’è ri spunta pure il televisoCasadei), la borgata di ancora oggi, in un cerre a cristalli liquidi, tanRoma (Monica Mondo), la missione di padre to senso, perché c’è semti pollici di ultima geneBelcredi in Amazzonia pre qualcuno più “periferazione, ma la sensazio(Piero Gheddo), il ghetto rico” di te. ne che si riceve è di non dei profughi a Tripoli Benvenuti a Eboessere in mezzo a gente (Gian Micalessin), Oxford (Antonio Gurrado), il li, nella sua sterminata che ha tempo che avanza kibbutz Sasa in Israele piana – quella del fiume per la depressione, maga(Angelica Calò Livné), le Sele, già Sylarus al temri post parto e magari a township del Sudafrica po di chi, tra una guerra cinquant’anni, o ha appe(Lorella Beretta). e l’altra, fondava la civiltà na presentato un ricoroccidentale – che a nord so al Tar contro la scuola incapace di apprezzare quel genio del sfiora Salerno tagliando Battipaglia e a figlio, appena bocciato. Sono ben altri sud chiude con Paestum. Davanti, circa gli àmbiti frequentati da queste ultime trenta chilometri di costa che fa da spar“mohicane” della terra: donne vere, don- tifuoco tra il Cilento e la “Divina” amalon hanno molto tempo | | 30 luglio 2014 | 23 società periferie/8 fitana; in mezzo, migliaia e migliaia di ettari zeppi di periferie esistenziali che neppure immagini. Sono femmine, sono italiane, la media è sui 40 anni, la più anziana è vicina alla pensione anche se «’u guvern’ m’ha fatt’ fess’», sostiene alludendo alla cosiddetta riforma Fornero. «Ma ’u guvern’ nunn o’ sap’ che signific’ faticà miezz’a terr’», il governo non sa cosa significhi lavorare la terra, aggiunge in un misto linguistico irresistibile per simpatia e sonorità. Infatti, chi può saperlo cosa significhi se non le frotte di romene, ucraine, moldave e bulgare che hanno spazzato via le “nostre” donne dai campi, e non solo per colpa della globalizzazione? Come dar torto a Rosetta Palmieri, 51 anni, da San Pietro al Tanagro, mezza vita nella terra, l’altra mezza a curare i genitori anziani, tutte e due le metà in attesa della giornata che finisce nei campi ed è «sempre una buona giornata», perché significa che il pane a casa ci sarà anche oggi? È un pane di cui ha bisogno per davvero Rosetta, altrimenti perché andare a spaccarsi la schiena, bruciarsi la pelle, i capelli e le mani per trenta miseri euro, tre giorni di sigarette di un “fumatore medio-alto”? Intanto alla radio, verso le 4,40 del mattino, lungo il tragitto che dalle montagne porta giù nella piana e mentre il chiarore del sole nascente inizia a farsi luce vera, scorro24 | 30 luglio 2014 | | no già programmi sulle difficili scelte della nostra vita quotidiana, a partire dalla nazionalità della manicure: meglio cinese, meglio l’estetista di scuola di formazione professionale o quella fai-da-te? Per una donna che sta per farsi sei-otto ore piegata sotto il sole a tirar su meloni o fragole non è esattamente una priorità. Per strada con il “caporale” L’esistenza in questa periferia comincia sul finire di maggio (dopo alcune semine di marzo) e si intensifica dal giorno di Sant’Antonio, quando parte la raccolta dei meloni e mancano appena quindici giorni alla fine di quella delle albicocche, sebbene arrampicarsi sugli alberi sia più roba per uomini (lo ammettono tutti qui, senza problemi né birignao contro il “sessismo”). Il “caporale” che ogni notte raccoglie le lavoratrici nei punti di raccordo per chi scende da San Gregorio Magno, Buccino, Colliano, Valva, Petina, San Rufo, Teggiano, Sant’Arsenio, Palomonte, Sicignano degli Alburni, Acquara, Casaletto Spartano, Sanza, Sacco, Piaggine (piccoli paesi che coprono tre vaste aree a sud di Salerno), ha rinviato più volte l’appuntamento con Tempi: è diffidente, tentenna, un giornalista è sempre una rogna, non sia mai che si tiri dietro l’ispettorato del lavoro o altre diavolerie statali. Non che non sia in regola, il caporalato come ce l’hanno sempre raccontato è più una suggestione sindacal-letteraria che non l’essenza dello schiavismo (quello vero si scorge meglio altrove). Sul rispetto delle leggi il discorso sarebbe lungo, siamo pur sempre al Sud. Il guaio invece è che nonostante le aziende agricole si sforzino di fronteggiare la tirannia fiscale e burocratica, «quelli se vogliono qualcosa fuori posto te la trovano sempre». E addio giornata, addio ai trenta euro di Rosetta e delle sue colleghe, che per l’imprenditore di turno sono già diventati sessanta se non di più, tra balzelli, contributi e tasse. A bordo del pulmino, un gruppetto di donne di nazionalità straniera (maggioranza schiacciante, in un rapporto di 8 su 10) protesta con l’autista e dice che il viaggio con loro è meglio non farlo: avranno le loro ragioni, forse paura, magari vergogna, chissà. Giù nella piana il giro è lungo. C’è chi ci mette un’ora, chi due, chi addirittura tre prima di sbarcare nei campi. Idem per il rientro. Una buona colazione, spesso un quartino di vino, fazzoletto in testa (il mitico “maccaturo”), zainetto in spalla: sveglia dalle 3,30 in poi, partenza poco più tardi, arrivo a seconda della provenienza. Alle 6 si mette mano agli attrezzi, all’una si stacca, altre iniziano alle 7,15 e finiscono alle 14,30 ma non in agosto, quando è umana- Foto: Peppe Rinaldi «Lavoro da quando avevo 15 anni, Oggi ne ho 52. volevo pure andare in pensione, ma la legge è cambiata». Antonietta sa che di donne come lei non ce ne sono più in giro. È l’unica italiana TRa I 250 operai Dell’azienda gorio Magno, 52 anni di cui 37 passati nei campi, a portare due figli fino alla laurea, a curare un marito, a gestire una casa, i genitori e le poche relazioni sociali che restano a chi sa solo andare avanti e non ha tempo di guardare indietro. Prima di lei ha fatto così sua madre e prima ancora sua nonna. Invece sua figlia, ingegnere, probabilmente non sarà della partita. La stagione sui campi coltivati a meloni comincia sul finire di maggio (dopo le semine di marzo) e si fa più intensa dal giorno di Sant’Antonio, quando parte la raccolta mente impossibile continuare con il sole che ti frigge, il sudore che gocciola incessante e le mosche ti dicono che è ora di andare, tanto domani si ricomincia. Si torna verso casa, la testa appoggiata sul cuscino del sedile per un pisolino, mentre sotto il sole del pomeriggio fa sempre più caldo. Foto: Peppe Rinaldi Di generazione in generazione Le donne tornano là dove continueranno a lavorare, Assunta Verdoliva, Maria Rita Pisano, Lucia Pia Robertazzi, Filomena Cuocolo, Anna Parente ed Enzina Russolillo, autentiche rarità in questo oceano di straniere che si preparano a dare vita a un nuovo ciclo storico ed esistenziale in questa periferia. Tornano nelle loro abitazioni, case di campagna lungo le strade provinciali e interpoderali che tagliano in lungo e in largo la Piana del Sele, perché hanno figli da accudire, genitori da curare, mariti che attendono, chi il pranzo chi la cena. Non ci si fa il problema della parità da queste parti: c’è roba più seria cui pensare, il papà lavora la terra anche lui, magari il pezzettino che gli lasciò il nonno (se la banca non se l’è mangiato), ci sono i ragazzi da mantenere all’università, le medicine da ritirare in farmacia giù in città, la scuola del nipotino che quasi mai è vicina, gli animali cui badare. Intanto, a furia di conquiste sociali, a forza di sfornare figli medici, ingegneri e avvocati, non è rimasto più nessuno a perpetuare la tradizione e la terra rischia di andare in malora. È un problema serio, anche perché di solito compaiono strani acquirenti all’orizzonte (ma questa è un’altra storia). Non ce n’è uno sotto i 30 anni (neppure sotto i 40, a dire il vero) tra i lavoratori della terra. Eccezion fatta per gli stranieri: e questo è un gran problema per tutto il resto della nazione. Trenta euro al giorno per tre mesi, domeniche comprese, fanno circa 2.700 euro, più o meno netti, una miseria secondo i nostri parametri “cittadini”. Che però è servita a donne come Antonietta Perna, di San Gre- a furia di sfornare figli medici, ingegneri e avvocati, non è rimasto più nessuno a perpetuare la tradizione. Non ce n’è uno sotto i trent’anni tra i lavoratori della terra. Eccezion fatta per gli stranieri Croce e delizia per l’Inps «Il 7 settembre di ogni anno – dice a Tempi Antonietta – vado a piedi in pellegrinaggio al santuario di San Gerardo (provincia di Avellino, ndr). Passiamo tutta la notte in strada, ci mettiamo circa nove ore ma ci divertiamo, preghiamo e recitiamo il rosario durante il tragitto». Ecco, trovatela una così a Milano, a Firenze o anche a Salerno, Napoli e persino a Eboli. Una donna che si fa nove ore a piedi, di notte, magari dopo sei ore faticate sulla terra, e non per andare al centro Messegué ma al santuario di San Gerardo. «Lavoro da quando avevo 15 anni», confida l’unica che riesce a rompere la naturale e dignitosa ritrosia di queste persone semplici. «Oggi ne ho 52, volevo pure andare in pensione, ma la legge è cambiata, purtroppo». Antonietta sa che di donne come lei non ce ne sono più in giro. È l’unica italiana su circa 250 operai in forze nell’azienda della famiglia Rago di Battipaglia, una delle più importanti e moderne, che a differenza di altre non ha avuto difficoltà a farci entrare per vedere tutto “sul campo”. «Sì, ora nella terra ci sono rimasta solo io», dice. E fino a quando intende lavorare? «Fino alle pensione, per ora mi pagano e mi mettono i contributi, così prendo la disoccupazione». Eccola la parola magica, “indennità di disoccupazione agricola”, croce e delizia per l’Inps e per le casse pubbliche. Qualche migliaio di euro tutti insieme e l’inverno passa, forse si potranno perfino mettere da parte un po’ di spiccioli. n | | 30 luglio 2014 | 25 ECONOMIA | il VALORE DEL NO PROFIT DI MATTEO RIGAMONTI Una boccata d’ossigeno al volontariato L il terzo settore resiste. E oggi c’è chi gli darà un aiuto in più. In attesa che il Governo lo stabilizzi come promesso, il Banco Popolare ha deciso di anticipare alle organizzazioni di volontariato e a tutto il terzo settore il 5 per mille. C’è una consistente fetta dell’economia reale dove, nonostante la congiuntura economica, otto imprese su dieci chiudono l’anno fiscale senza che il bilancio sia negativo. È il terzo settore. Nel 2013 l’81,5 per cento delle organizzazioni ha concluso l’ultimo esercizio in pareggio (48,2) o in leggero utile (33,3). Mentre solo il 13,4 per cento lo ha fatto in passivo. Un dato importante se si considera che, secondo la Banca d’Italia, la quota di imprese con almeno venti addetti che ha conseguito un utile nell’anno che avrebbe dovuto segnare l’inizio della ripresa ma non l’ha fatto, si è fermata al 56 per cento. 26 a crisi morde, le imprese chiudono, | 30 luglio 2014 | | Il dato è contenuto nella ricerca “Le organizzazioni di volontariato in Italia. Tra performances economiche, caratteri strutturali e questioni di credito”, curata dalla Fondazione volontariato e partecipazione, dal Centro nazionale per il volontariato e dal Banco Popolare e condotta su un campione di 1.897 presidenti di organizzazioni di volontariato, rappresentative di un universo composto da 26.300 realtà. Un campione rilevante, visto che, come riporta l’ultimo censimento Istat, il terzo settore in Italia, tra organizzazioni no profit, associazioni di promozione sociale, onlus, enti di ricerca scientifica, sanitaria e università, conta oltre 300 mila istituzioni, 680 mila lavoratori (il 3,4 per cento della forza lavoro italiana) e coinvolge qualcosa come 3 milioni di volontari. Tra i numerosi dati contenuti nella ricerca, che è stata presentata a Palazzo Altieri a Roma in occasio- Foto: Sintesi La crisi morde, le imprese chiudono, il terzo settore resiste. Nonostante i ritardi dello Stato. Da oggi il 5 per mille verrà anticipato dal Banco Popolare. «Così aiutiamo chi risponde ai bisogni reali del territorio» Al convegno “Diamo credito al volontariato” ha partecipato anche monsignor Francesco Soddu, direttore della Caritas che in Italia gestisce molti asili nido ne del convegno “Diamo credito al volontariato”, soprattutto un paio hanno colpito l’uditorio. In primo luogo, il fatto che il 97,9 per cento delle organizzazioni di volontariato riesce ad affrontare le spese correnti nonostante la crisi (il 63,6 per cento lo fa senza problemi e il 34,3 per cento comunque vi riesce, sia pur con qualche difficoltà). In secondo luogo che, in quasi la metà dei casi (il 46,1 per cento), eventuali improvvise esigenze di liquidità sono affrontate ricorrendo all’autofinanziamento. Nell’altra metà dei casi (48,7), invece, solitamente le organizzazioni si rivolgono alle banche, cosa che abitudinariamente non fanno se non in misura assai limitata. A conferma dell’effettiva buona salute finanziaria del terzo settore in Italia. Programmare con tranquillità E mentre la pubblica amministrazione prosegue nella sua atavica incapacità di pagare per tempo le imprese, no profit compreso – nessuno, infatti, ancora ha detto quanti dei 90 miliardi di euro di stock di debito accumulato al 31 dicembre 2012 sono stati effettivamente saldati e quanti, invece, ad essi si sono sommati –, i ritardi e le complicazioni burocratiche che gli enti pubblici riservano al terzo settore non sembrerebbero tuttavia minacciarne l’esistenza. Perlomeno non come certe imprese private. Il 15 per cento delle organizzazioni di volontariato, infatti, ha crediti in essere con la Pa, ma solo nel 6,8 per cento dei casi essi si riverberano in modo grave sulla situazione di liquidità. Solo il 2,2 per cento, invece, dichiara di avere difficoltà nel pagare a sua volta i debiti contratti e appena il 2,6 per cento incontra difficoltà nel riscuotere crediti presso i privati. A rappresentare un più serio motivo di incertezza e preoccupazione per le organizzazioni di volontariato è, piuttosto, il ritardo con cui lo Stato liquida l’importo raccolto grazie alle campagne del 5 per | | 30 luglio 2014 | 27 ECONOMIA IL VALORE DEL NO PROFIT Il presidente di Banco Popolare Carlo Fratta Pasini ha annunciato l’anticipo del 5 per mille per le organizzazioni del terzo settore che ne faranno richiesta mille. Un ritardo che non sempre permette alle organizzazioni del terzo settore di programmare con certezza e in piena serenità i budget degli anni a venire. I ritardi arrivano a superare i 12 mesi e spesso si attestano a 18 se non addirittura a 24 mesi. Come se non bastasse la tanto attesa stabilizzazione del 5 per mille non avverrà prima del 2015, quando dovrebbe andare in porto insieme a tutta la riforma del terzo settore. Come ha prospettato il sottosegretario al Lavoro con delega al terzo settore Luigi Bobba in occasione del convegno a Palazzo Altieri, prima che il 5 per mille possa divenire a pieno titolo una legge dello Stato italiano, occorrono due passaggi non immediati: che il disegno di legge delega di riforma del terzo settore sia convertito in legge – e ciò dovrebbe avvenire entro l’anno – e poi che vengano stilati dei decreti attuativi, attesi per i primi mesi del 2015. Oggi, invece, il 5 per mille viene rinnovato di anno in anno in occa- no richiesta. Si tratta di una forma di finanziamento prevista per tutti i soggetti autorizzati dall’Agenzia delle entrate, quelli cioè che hanno già le carte in regola per ricevere il 5 per mille, con lo scopo di supportare concretamente la loro attività. L’anticipo del 5 per mille coprirà fino al 100 per cento del valore in caso di importi inferiori o pari ai 100 mila euro, mentre l’80 per cento per importi superiori. Gli interessi? Sono minimi, quelli pari a zero, è ben noto, esistono soltanto nelle réclame. «È importante – ha detto Fratta Pasini – sostenere il terzo settore. Troppo a lungo, infatti, è stato sottovalutato per via del pregiudizio che laddove non c’è profitto non può esserci efficienza». Ma non è affatto così. E sono i numeri a dimostrarlo. Per esempio, le organizzazioni del terzo settore che hanno avviato nuovi progetti in risposta a bisogni territoriali nell’ultimo anno sono state il 48,1 per L’anticipo del 5 per mille coprirà fino al 100 per cento del valore in caso di importi inferiori o pari ai 100 mila euro, mentre l’80 per cento per importi superiori sione dell’approvazione della legge finanziaria. Quasi che si trattasse di una graziosa concessione da parte dei pubblici poteri alla società civile, che pure paga regolarmente le tasse. Con buona pace al monito assai caro a papa Paolo VI per cui non deve mai essere «dato per carità ciò che è dovuto per giustizia», come ha ricordato a Roma monsignor Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana. No profit ed efficienza In attesa che il Parlamento faccia il suo lavoro e la legge il suo corso, il Banco Popolare ha voluto prendere il toro per le corna. Nella sala di Palazzo Altieri il suo presidente Carlo Fratta Pasini ha annunciato l’anticipo del 5 per mille per le organizzazioni del terzo settore che ne faran28 | 30 luglio 2014 | | cento (erano il 59,5 nel 2011). Il numero di soci è diminuito solo nel 14,5 per cento dei casi, mentre è risultato stazionario nel 51,9 per cento e in aumento nel restante 33,6 per cento. E lo stesso andamento si è registrato per quanto riguarda il numero dei volontari. Il presidente Fratta Pasini, poi, si è detto personalmente convinto «che ci attendono anni critici, severi, che saranno caratterizzati da una sempre maggiore ritirata del welfare state». Ulteriore motivo per cui «bisogna proteggere le organizzazioni di volontariato, sulle quali, purtroppo, la crisi esercita un effetto asimmetrico, riducendo le domande di beni ma aumentando al contempo quelle di servizi». Ed è per questo che, secondo il presidente di Banco Popolare, quando si parla di terzo settore è quanto mai importante «saper distinguere i soggetti e i progetti migliori, per premiare quelli che valgono, promuovendo un atteggiamento proattivo e sussidiario che sia capace di valorizzare chi si mette insieme per rispondere ai bisogni reali delle persone e del territorio». Le richieste delle organizzazioni Certo, le banche non si muovono per beneficenza, o perlomeno non solo per quello, visto che il Banco Popolare ha comunque stanziato nel 2013 donazioni a fondo perduto per un totale pari a circa 5 milioni di euro. Gli istituti di credito fanno il loro mestiere, cercano settori dell’economia su cui puntare per incrementare i loro guadagni. E il no profit è uno di quei comparti che in questo periodo di crisi ha attratto l’attenzione di molti, non fosse altro che per la sua tenuta e le sue ulteriori prospettive di crescita. Senza contare, poi, la rete di relazioni e contatti che il no profit può garantire agli istituti di credito, aprendo ulteriori prospettive di crescita. A confermare l’utilità della misura dell’anticipo del 5 per mille sono proprio i diretti interessati. La Caritas diocesana di Roma, per esempio, presente al convegno con il suo direttore monsignor Francesco Soddu, confida a Tempi che l’anticipo del 5 per mille è una misura utile, attesa e fondamentale per riuscire a programmare con maggiore tranquillità le spese. La principale richiesta rivolta dalle organizzazioni del terzo settore alle banche, però, rimane sempre quella di conti correnti dai costi il più contenuti possibile. Un auspicio espresso dal 31,6 per cento di esse, seguito da una maggiore disponibilità da parte delle banche nel valutare i progetti di volontariato in cerca di finanziamento (17,1 per cento) e da quella di prevedere forme di finanziamento personalizzate e prodotti mirati per le organizzazioni no profit (11,4). n CULTURA LA SCUOLA DI FABRIANO | DI MARINA MOJANA Anonimi costruttori di civiltà Uno straordinario viaggio a ritroso alle radici dell’Occidente cristiano. Attraverso l’inestimabile patrimonio “sommerso” dei maestri sconosciuti che tradussero in forma d’arte la rivoluzione economica, sociale e religiosa del Medievo 1 A nati sull’esempio di Benedetto da Norcia nel VI secolo, sorsero i primi mercati per trovare riparo dalle orde barbariche; erano quattro banchetti di legno con sopra formaggi di capra (spesso prodotti all’interno delle comunità monastiche), burro, frutta e verdura di stagione, confetture, miele, ma anche erbe aromatiche per l’igiene orale, o essenze vegetali per la tintura dei capelli, foglie e fiori secchi per fare tisane digestive, decotti lassativi, infusi contro i reumatismi. Dopo secoli di scambi commerciali, ai quali iniziavano a sovrapporsi i pellegrinaggi a Roma, in Terra Santa o a Santiago di Compostela, questi mercati si strutturarono in piccoli borghi, fino a crescere in città autonome, i cosiddetti Comuni del Medioevo. L’ossatura della penisola italiana è ancora oggi in gran parte medioevale e 30 | 30 luglio 2014 | | i piedi delle mura dei monasteri, comunale: attraversarne la dorsale appenninica è come fare un viaggio a ritroso, alle radici del nostro vivere insieme e della nostra cultura, che significa anche come frollare il cinghiale, cuocere la pasta o friggere la verdura, con la stessa sapienza antica che a ogni gesto sociale dettava tempi, forme e ritmi in sintonia con le stagioni. Maggio, ad esempio, era il tempo della guerra e dell’amore. Nelle battaglie (fatte con il bel tempo e alla luce del sole, quasi fossero gare o tornei), il nemico non andava ucciso ma fatto prigioniero, in attesa di un lucroso riscatto, molto più appetibile che sfuggire alla vendetta dei parenti del morto per tutto il resto della vita. Il codice cavalleresco imponeva di dare alla società il buon esempio nell’assistenza dei malati, degli orfani e delle vedove. Vestire il lutto aveva il suo perché. In un momento di dolore LA MOSTRA Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento Fabriano dal 26 luglio al 30 novembre a cura di V. Sgarbi mostrafabriano.it 2 | In queste e nelle pagine seguenti, alcune delle oltre cento opere provenienti dai più prestigiosi musei italiani e stranieri esposte fino alla fine di novembre a Fabriano. 1. Maestro della Madonna si Sant’Agostino, Madonna col Bambino, legno policromo, Perugia, Galleria nazionale dell’Umbria; 2. Maestro dell’Incoronazione di Urbino, Crocifissione, tempera su tavola, Urbino, Galleria nazionale delle Marche | 30 luglio 2014 | 31 CULTURA LA SCUOLA DI FABRIANO 4 3. Pietro Lorenzetti, Crocifisso, tempera su tavola, Cortona, Museo diocesano; 4. Maestro dei Magi da Fabriano (Fra’ Giovanni di Bartolomeo?), San Giacomo Maggiore, legno policromo, Fabriano (An), Pinacoteca civica “B. Molajoli”; 5. Maestro dei Beati Becchetti, Crocifissione, legno policromo, Fabriano, Pinacoteca civica “B. Molajoli”; 6. Giuliano da Rimini, Incoronazione della Vergine, Santi e scene della Passione, tempera e oro su tavola, Rimini, Museo della città; 7. Maestro dei Beati Becchetti, San Giovanni, legno policromo, Fabriano, Pinacoteca civica “B. Molajoli” 32 | 30 luglio 2014 | 3 | 5 6 e di fragilità esistenziale, si comunicava a tutta la comunità il proprio stato vulnerabile e i compaesani si sentivano esortati alla pazienza e alla comprensione. L’importanza della città dei fabbri Ogni momento della vita era ricondotto alla sua radice e ogni tappa dell’esistenza era un riconoscere che l’uomo non si fa da solo, che esiste Dio, Padre e creatore. I poveri e i lebbrosi, sull’esempio di Francesco di Assisi, diventavano l’immagine di Gesù crocifisso e molti figli delle classi più nobili, colte e ricche, indossando un ruvido saio, sceglievano di vivere insieme non più in eremi per pochi (i monasteri) ma in case di confratelli (i conventi). La primavera e l’estate erano anche i mesi dell’arte. Le maestranze arrivavano con la bella stagione a edificare una chiesa o ad affrescarne le cappelle e per tutto il tempo impiegato erano ospiti della comunità, della pieve, dell’ordine religioso o del signore locale che avrebbe pagato il lavoro. 7 La grande mostra “Da Giotto a Gentile” sulla pittura e la scultura fiorite nelle Marche tra Duecento e Trecento, allestita a Fabriano dal 26 luglio al 30 novembre, racconta anche questo, diventando un’occasione imperdibile per conoscere le radici della civiltà occidentale. Proprio da Fabriano, infatti, ebbe inizio quel processo di trasformazione economica, sociale e religiosa che diede origine alla civiltà dell’Occidente cristiano. Da un lato il pauperismo francescano, incontrando l’operosità benedettina, disseminava il territorio di eremi, pievi e conventi. Dall’altro c’era la capacità manifatturiera e l’affermazione delle corporazioni della borghesia produttrice. Tra esse spiccava l’Arte dei Fabbri: ben 38 fabbrerie si contavano nella sola piazza del mercato, dalle quali uscivano continuamente manufatti per il mercato esterno, tanto che il sigillo del Comune di Fabriano rappresentava simbolicamente un fabbro nell’atto di battere il ferro sull’incudine. Poi c’era la produzione della carta – che da Fabriano si dif- la rivoluzione figurativa introdotta da Giotto nei cantieri delle due basiliche di Assisi fece PROPRIO di Fabriano e del suo territorio l’epicentro di un rinnovamento epocale fonde in tutta l’Europa – mentre la rivoluzione figurativa introdotta da Giotto nel cantiere delle basiliche di Assisi faceva di Fabriano e del suo territorio l’epicentro di un rinnovamento epocale. L’intuizione di Vittorio Sgarbi È questo spaccato che la mostra ci regala. Da qui l’inizio di una nuova e più articolata visione delle vicende della pittura italiana del XIV secolo. A curare la rassegna, che parte dalla Pinacoteca Civica “Bruno Molajoli” e si articola nel territorio dove sorgono la chiesa di Sant’Agostino (con le cappelle giottesche), la chiesa di San Domenico (con la Cappella di Sant’Orsola e la Sala Capitolare) e la Cattedrale di San Venanzio (con le cappelle di San Lorenzo e della Santa Croce), è lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi, che conosce a tappeto il territorio marchigiano da quando, nel 1992, venne eletto sindaco di San Severino Marche. Un impegno politico e culturale riconfermato nel giugno di quest’anno, con la nomina ad assessore alla Rivoluzione, alla Cultura, all’Agricoltura e alla Tutela del paesaggio e del centro storico di Urbino. Sgarbi non è nuovo alle provocazioni e quella che sottende a questa rassegna sta nell’individuare una precisa Scuola di Fabriano, la cui caratteristica sta tutta | | 30 luglio 2014 | 33 CULTURA LA SCUOLA DI FABRIANO Gentile da Fabriano, Stimmate di san Francesco, tempera su tavola, Mamiano di Traversetolo (Pr), Fondazione Magnani Rocca nio artistico in gran parte “sommerso” e inscindibile dal contesto paesaggistico e ambientale, di straordinaria bellezza. La storia dell’arte, infatti, si nutre anche di geografia: non si comprenderebbe lo sfumato leonardesco senza conoscere le nebbie e le brume della pianura padana, così come soltanto un pittore come Piero della Francesca, cresciuto tra le colline di Borgo San Sepolcro, poteva concepire un paesaggio così dolce e ondulato a sfondo delle sue sacre rappresentazioni. Ciò che caratterizza la pittura a Fabriano è la sintesi delle forme. Le paste sono compatte, i colori chiari, per lo più a base di terre e di succhi vegetali, che tornano su su nei secoli, come un’impronta di famiglia, dalle nature morte di Giovanna Garzoni (1600-1670) fino ai paesaggi di Tullio Pericoli (1936). Giovane curioso e artista veloce, Gentile si misura ancora con Giotto, ma l’umore è diverso: «Il saio è morbido, la stoffa fina, quasi vigogna», scrive Sgarbi nel “genio degli anonimi”. Cioè di quei maestri ancora sconosciuti che, nel corso del XIV secolo, crearono a Fabriano e dintorni un linguaggio artistico di derivazione giottesca, non assimilabile a quello umbro (uscito dal cantiere delle due basiliche di Assisi, dove Giotto lavorò a più riprese tra il 1290 e il 1318) o a quello riminese (dove Giotto soggiornò nel 12991300). Anzitutto nelle Marche ci furono formidabili scultori del legno (stuccato e 34 | 30 luglio 2014 | | dipinto), come documentano le statue a grandezza naturale attribuite al “Maestro dei Magi” o al “Maestro della Madonna di Sant’Agostino”, ma anche pittori di affreschi come il “Maestro di Campodonico” o di tavole dipinte come quelle del “Maestro dell’Incoronazione di Urbino” o del “Maestro del Polittico di Ascoli”. L’iniziativa, che si avvale di un comitato scientifico di prim’ordine, accende i riflettori su uno smisurato patrimo- Un tramonto e la nuova alba In mostra ci sono più di 100 opere tra pale d’altare, tavole, affreschi staccati, sculture, oreficerie rarissime, miniature, manoscritti, codici. Opere delicate e preziose, concesse dai più prestigiosi musei italiani e stranieri. Dai dipinti di Giotto a quelli di Pietro Lorenzetti, da Francescuccio Ghissi ad Allegretto Nuzi, la rassegna si chiude con Gentile da Fabriano. Giovane curioso e artista veloce, Gentile si misura con le novità introdotte negli ambienti artistici di Assisi, Foligno, Perugia, Gubbio, Fano, Orvieto. Guarda ancora a Giotto, ma l’umore è diverso: «Il saio è morbido, la stoffa fina, quasi vigogna», scrive Sgarbi in catalogo. Gentile riparte da Giotto e lo rinnova: ci fa sentire il calore del sole, la morbidezza della carne, ogni pianta ha una forma riconoscibile: lecci, ghiande, trifogli; è il piacere di essere vivi. Il Medioevo sta tramontando e Gentile interpreta il suo autunno in modo intenso e luminoso, con la elegante, sfinita lentezza dello stile tardo gotico; di lì a poco molti Comuni si trasformeranno in corti signorili e una nuova alba sorgerà sull’Italia del primo Rinascimento. n 100% 9:45 AM Leggi il settimanale sul tuo tablet daPi iPad Tempi MA 54:9 Aggiorna Home News Interni Sport Blog TEMA DEL GIORNO %001 Mosul. I terroristi marchiano le case dei cristiani con la lettera “N” (Nazarat). Per loro, niente razioni di cibo e acqua Leone Grotti TUTTI GLI ARTICOLI La fecondazione eterologa e la necessità di un rinnovato impegno perché la persona non sia ridotta a “cosa” Giampaolo Crepaldi Grillo al ristorante del Senato? È la rivincita dell’Anti-Casta Redazione Tempi.it Il quotidiano online di Tempi Tempi Mobile «Per Mourinho e per uscire dalla disperazione» E tu, perché leggi Tempi? Mandaci il tuo video Redazione Le notizie di Tempi.it sul tuo smartphone Seguici su cultura il monito del filosofo Non era scritto nelle stelle? Indissolubilità del vincolo, seconde nozze, nullità, accesso ai sacramenti. Che lo voglia o no, la Chiesa è sulla strada per diventare una controcultura. Resterà il sale della terra o cederà alle logiche di un mondo in cui il matrimonio vale “finché l’amore non finisce?” DI robert spaemann Il testo che segue è stato scritto da Robert Spaemann, professore emerito di Filosofia all’Università di Monaco, ed è apparso per la prima volta nel numero di agosto/settembre 2014 della rivista americana First Things. L e statistiche del divorzio nelle società occidentali sono disastrose. Esse dimostrano che il matrimonio non è più considerato una realtà nuova e indipendente che trascende l’individualità degli sposi; una realtà, come minimo, che non può essere dissolta dalla volontà di uno solo di essi. Può invece essere sciolto dal consenso di entrambe le parti, o dalla volontà di un Sinodo oppure da un Papa? La risposta deve essere “no”, perché Cristo stesso ha dichiarato esplicitamente che l’uomo non può sciogliere ciò che Dio stesso ha unito. Questo è l’insegnamento della Chiesa cattolica. La comprensione cristiana di ciò che è vita buona pretende di essere valida per tutti gli esseri umani. Tuttavia persino i discepoli di Gesù furono scioccati dalle parole del loro Maestro. «Allora non sarebbe meglio non sposarsi per nulla?», gli replicarono. Lo stupore dei discepoli sottolinea il contrasto fra il modo di vita cristiano e il modo di vita dominan- 36 | 30 luglio 2014 | | te nel mondo. Che lo voglia o no, la Chiesa in Occidente è sulla strada per diventare una controcultura, e il suo futuro ora dipende principalmente da una cosa: se sarà capace, in quanto sale della terra, di mantenere il suo sapore e di non essere calpestato dagli uomini. La bellezza dell’insegnamento della Chiesa risplende solo quando non è annacquata. La tentazione di diluire la dottrina è rafforzata oggi da un fatto imbarazzante: i cattolici divorziano con la stessa frequenza dei non credenti. Qualcosa chiaramente non ha funzionato. È irragionevole pensare che tutti i cattolici divorziati e risposati abbiano iniziato i loro primi matrimoni fermamente convinti della loro indissolubilità e poi abbiano cambiato radicalmente idea nel corso del tempo. È più ragionevole presumere che si siano sposati anzitutto senza comprendere chiaramente cosa stavano facendo: bruciavano i ponti dietro di sé per sempre (cioè fino alla morte), cosicché l’idea stessa di un secondo matrimonio semplicemente non doveva esistere per loro. Purtroppo la Chiesa cattolica non è senza colpa. I corsi di preparazione al matrimonio cristiano molto spesso non forniscono ai fidanzati un quadro chiaro delle implicazioni di un matrimo- Foto: Corbis | nota in margine a SpaemanN Una discussione che arriverà al Sinodo Si deve spiegare perché pubblichiamo questo bel testo, sincero e squillante, del forse maggior filosofo cattolico vivente. È un’aperta disamina di un tema divenuto oggetto di pubblica controversia e, addirittura, così parrebbe, visto quanto si sente in giro, motivo di contrapposizione anche all’interno dei sacri palazzi. Spaemann entra come una lama dentro una grande e positiva disputa che potrebbe cambiare o, meglio, approfondire la coscienza che la cattolicità ha del sacramento del matrimonio e della sua indissolubilità. La questione, sollevata originariamente da una relazione del cardinale Kasper e sollecitata dallo stesso papa Francesco, riguarda le modalità di ammissione o non ammissione ai sacramenti delle persone separate, divorziate, risposate con matrimonio civile, casi particolari di legami che saltano (e tutto è particolare, poiché non esiste una casistica che esaurisca le possibilità e le condizioni della vita) in cui si riscontra una rottura del giuramento che si son fatti un uomo e una donna, moglie e marito; giuramento santificato in una unione che all’uomo e alla donna sarebbe impossibile – è impossibile – rendere santa, cioè veramente umana, adeguata a ciò che l’uomo e la donna sono: immagine, segno, sacramento, dono di Dio. Dunque, prima cosa, diciamo che già il semplice fatto che la Chiesa abbia deciso di affrontare l’argomento e farne oggetto di dialogo al prossimo Sinodo è prova tangibile della sua maternità e paternità. La Chiesa non si volge dall’altra parte e non finge di non vedere la fragilità e, per molti aspetti, la miserabilità dei nostri tempi. Ma li affronta con sollecitudine proprio perché è compagnia invincibile a ogni uomo, a ogni donna, e a tutto il creato. In secondo luogo, osserviamo come questa prontezza di compagnia possa diventare (e spesso diventa) da parte nostra occasione per anteporre propri pregiudizi. Un atteggiamento che talora ci induce a dichiarare con presunzione ciò che la Chiesa e il Papa, che della Chiesa è capo infallibile, possono o non possono dire. Come se la dottrina e le sacre scritture, il depositum fidei e il Vangelo, fossero | | 30 luglio 2014 | 37 Cultura il monito del filosofo Il filosofo tedesco Robert Spaemann, autorità nel mondo cattolico stimata, fra gli altri, da Benedetto XVI. Sua la dura reprimenda ospitata dal mensile americano First Things ai molti uomini di Chiesa che all’indissolubilità del matrimonio «preferiscono prendere in considerazione un’altra opzione, che è alternativa all’insegnamento di Gesù e che rappresenta una capitolazione al pensiero dominante» nio cattolico. Se lo facessero, molte coppie probabilmente non deciderebbero di sposarsi in chiesa. Per altre, naturalmente, una buona preparazione al matrimonio fornirebbe un’utile spinta alla conversione. C’è un immenso fascino nell’idea che l’unione di un uomo e di una donna è “scritta nelle stelle”, che resiste per una forza dall’alto, e che nulla può distruggerlo, “nella buona e nella cattiva sorte”. Questa convinzione è una magnifica ed eccitante fonte di forza e di gioia per sposi che attraversano crisi matrimoniali e cercano di infondere nuova vita nel loro vecchio amore. Invece di rafforzare il fascino naturale e intuitivo dell’indissolubilità matrimoniale, molti uomini di Chiesa, compresi vescovi e cardinali, preferiscono raccomandare, o almeno prendere in considerazione un’altra opzione, che è alternativa all’insegnamento di Gesù e che rappresenta fondamentalmente una capitolazione al pensiero dominante secolarista. Il rimedio per l’adulterio implicito nelle seconde nozze dei divorziati, ci viene detto, non deve più essere la contrizione, la rinuncia e il perdono, ma il passare del tempo e l’abitudine, come se la generale accettazione sociale e il sentirci a nostro agio con le nostre decisioni e con le nostre vite avesse un potere quasi soprannaturale. Questa alchimia pre38 | 30 luglio 2014 | | sumibilmente trasforma il concubinaggio adulterino che chiamiamo “secondo matrimonio” in un’unione accettabile che merita di essere benedetta dalla Chiesa nel nome di Dio. Se la logica è questa, non sarebbe men che giusto che la Chiesa benedicesse anche le unioni fra persone dello stesso sesso. L’entropia si serve del tempo Ma questo modo di pensare è basato su un profondo errore. Il tempo non è creativo. Il suo trascorrere non restaura la perduta innocenza. In realtà la sua tendenza è sempre esattamente l’opposto: ovvero, di produrre entropia. Ogni istanza di ordine in natura è strappata al dominio dell’entropia e col passare del tempo alla fine ricade in suo potere nuovamente. Come dice Anassimandro, «da ciò da cui per le cose è generazione, sorge anche la dissoluzione, secondo un tempo stabilito». Sarebbe sbagliato rietichettare il principio di decadimento e di morte come qualcosa di buono. Non dovremmo confondere il graduale smorzarsi del senso del peccato con la sua scomparsa e la liberazione dalla nostra perdurante responsabilità verso di esso. Aristotele ha insegnato che c’è maggiore male in un peccato abituale che in una singola caduta accompagnata dal rimorso. L’adulterio è un tipico caso di questo realtà a sé stanti invece che essere fondate su Pietro e sulla sua Chiesa storica, la sua Chiesa viva. Non è così. Tutta la rivelazione cristiana si fonda sulla testimonianza che dà di essa la Chiesa, Cristo nella storia. Perciò non si tratta di una verità appesa a un chiodo, fissata in un libro, ma di una verità che è interamente calata in una realtà umana viva e che vive nella storia. Perciò non la Chiesa è fondata sulle scritture ma le scritture, la loro interpretazione autentica e la loro verità più esaustiva sono viceversa fondate sulla Chiesa. Il cui garante ultimo è il Papa. Terza osservazione: Spaemann è di commovente chiarezza e passione argomentativa. Però ci sembra anche che la sua straordinaria acutezza si trattenga sulla soglia della terra conosciuta. Ovvero l’epoca in cui la bellezza e la grandezza di Cristo erano come l’aria che l’uomo e la donna respiravano. Una cosa così evidente, sia pur dentro le fatiche, i dolori, i tradimenti, che nemmeno occorreva discutere di possibile messa in mora del giuramento sacramentale compiuto per grazia di Dio e in faccia agli uomini. Oggi che una fragilità sterminata conduce le persone nella confusione più inimmaginabile e nei pianti di cui nemmeno si è quasi più in grado di guardare le ragioni, affrontarle e ricominciare, non si può non assecondare con tutte le forze della simpatia ogni tentativo che la Chiesa pone per offrire nuovi varchi alla verità seppellita sotto la sabbia del rumore dominante nelle grandi strade della comunicazione che invadono ogni angolo del sentimento di sé e soggiogano uomini e donne a un potere totalmente indifferente al bene. Poiché se è vero, come ha scritto Mounier davanti alla sofferenza e morte di una figlia – e cosa c’è di più dirompente che la morte di un figlio? Cosa c’è di più mortifero che fare esperienza dell’abbandono dell’amata? – che «occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca dalla carne», la prima giusta, vera, invalicabile sofferenza, è ascoltare ciò che Cristo vivo nella storia ci dice e ci indica. Per questo noi siamo grati a Spaemann e a tutti coloro che in verità umana si espongono. Ma siamo ancora più grati della presenza del Vicario di Cristo che non ci fa morire nella nostra opinione ed è garanzia di verità viva «perché la verità non si cristallizzi in dottrina». Foto: Ansa, Sintesi «La tentazione di diluire la dottrina è rafforzata oggi da un fatto imbarazzante: i cattolici divorziano con la stessa frequenza dei non credenti. Qualcosa chiaramente non ha funzionato» tipo, soprattutto quando conduce a nuove disposizioni, legalmente sanzionate come il “secondo matrimonio”, che sono quasi impossibili da disfare senza grande sofferenza e sforzo. Tommaso d’Aquino utilizza il termine perplexitas per definire casi come questo. Ci sono situazioni dalle quali non c’è via d’uscita che non comporti una colpa di un qualche tipo. Anche un solo atto di infedeltà intrappola l’adultero nella perplessità: deve confessare ciò che ha fatto all’altro coniuge oppure no? Se lo confessa, potrebbe essere ciò che salva il matrimonio e comunque evita una bugia che alla fine distruggerebbe la fiducia reciproca. D’altra parte, una confessione potrebbe rappresentare per il matrimonio una minaccia ancora più grande che il peccato stesso, ed è per questo che spesso i sacerdoti consigliano ai penitenti di non rivelare l’infedeltà ai loro coniugi. Si noti, a questo proposito, che san Tommaso insegna che non inciampiamo mai nella perplexitas senza un qualche grado di colpa personale e che Dio permette ciò come punizione per il peccato che all’inizio ci ha portati sulla strada sbagliata. Giochi di prestigio sotto l’altare Restare vicini ai nostri fratelli cristiani nel mezzo della perplexitas del secondo matrimonio, mostrare verso di loro empatia e assicurarli della solidarietà della comunità, è un’opera di misericordia. Ma ammetterli alla comunione senza contrizione e regolarizzare la loro situazione sarebbe un’offesa nei confronti del Santo Sacramento – una in più fra le tante che vengono compiute oggi. Le istruzioni di Paolo riguardo all’Eucarestia nella prima Lettera ai Corinti culminano in una messa in guardia dal ricevere il corpo di Cristo senza esserne degni: «Chiunque mangia il pane e beve il calice del Signore indegnamente, sarà reo del corpo e del sangue del Signore». Perché fra tutte le feste i riformatori liturgici hanno tolto questi versetti decisivi proprio dalla seconda lettura della Messa del Giovedì Santo e del Corpus Domini? Quando in chiesa vediamo tutti i presenti alzarsi e andare a ricevere la comunione domenica dopo domenica, viene da chiedersi: le parrocchie cattoliche sono formate esclu- sivamente da santi? C’è ancora un ultimo punto, che di diritto dovrebbe essere il primo. La Chiesa ammette di avere gestito lo scandalo degli abusi sessuali contro i minori senza sufficiente considerazione per le vittime. Nel caso del matrimonio si sta ripetendo lo stesso schema. Qualcuno ha mai parlato delle vittime? Qualcuno parla della donna lasciata dal marito insieme ai suoi quattro figli? Lei potrebbe volere che lui torni, se non altro per garantire il necessario ai figli, ma adesso lui ha una nuova famiglia e nessuna intenzione di tornare. Intanto il tempo passa. E l’adultero vorrebbe di nuovo ricevere la comunione. È pronto a confessare la sua colpa, ma non vuole pagarne il prezzo – ovvero, una vita di continenza. La donna abbandonata è costretta a guardare mentre la Chiesa accetta e benedice la nuova unione. La beffa oltre al danno: il suo essere stata abbandonata riceve l’approvazione ecclesiastica. Sarebbe più onesto sostituire la formula “finché morte non vi separi” con una che dica “finché non finisce l’amore di uno dei due”: una formula che qualcuno già raccomanda seriamente. Parlare in questo caso di “liturgia di benedizione” piuttosto che di un secondo matrimonio davanti all’altare è un gioco di prestigio ingannevole che getta semplicemente polvere negli occhi della gente. n | | 30 luglio 2014 | 39 STILI DI VITA CINEMA SABA, CUCINA ERITReA, MILANO Buona, speziata e poco cara Transformers 4 L’era dell’estinzione, di Michael Bay IN BOCCA ALL’ESPERTO di Tommaso Farina A ncora Milano, ancora un ristorante di cucina eritrea. Lo avrete capito: a noi questo tipo di cibo piace. E ci piacciono gli eritrei che fanno ristorazione a Milano: simpatici, gioviali. Particolarmente appassionato ci è parso Alberto, il patron, anzi il cuore del ristorante Saba, in via Lazzaro Palazzi, nel pieno della piccola enclave africana milanese. Lui è etiope, e sua moglie Saba, che si chiama come la famosa regina, è eritrea. In un pranzo tranquillo, in un giorno feriale, incontriamo solo lui, come sempre senza svelargli chi siamo. Alberto è contento di trovare un commensale che conosca la cucina eritrea, ma in ogni caso è prodigo di spiegazioni anche per il neofita. Si può cominciare da un antipasto di sambusa, che sarebbero involtini di carne simili ai samosa indiani anche nel nome; oppure, con kategna, ossia la ‘njera (lo spugnoso pane eritreo che fa anche da posata) imbevuta di burro e di una particolare salsa speziata, incendiaria. Le spezie, come già vi narrammo, sono l’essenza della cucina eritrea. Trovano posto in quasi tutti i piatti. Il gored gored, per esempio, è carne di manzo («Uso solo la noce», rivela Alberto) appena scottata e tuffata nell’awaze, uno di questi illustri intingoli profumatissimi. Il segreto per un buon gored gored, secondo Alberto, è affogare rapidamente la carne nel condimento, senza stracuocerla. In accompagnamento, la classica alisha (cavoli, patate e carote), il purè di lenticchie e quello di ceci. Non può tuttavia mancare lo zighinì, la pietanza eritrea più famosa: un altro spezzatino di carne, quest’ultimo cotto viceversa a lungo, in una salsa meno piccante, caratterizzata dal berberé, una sapiente mistura di spezie. Per chi non amasse il piccante, c’è lo Spriss bianco: un’altra pentolata di carne, questa volta assolutamente priva di spezie. Per concludere, qualche dolce tipico. Da bere, un paio di vini o di birre. Con antipasto e un piatto, si sta sui 14 euro a testa. Certo, non un investimento da rovina. Provate. Amici miei LO SPECIALE DI TEMPI Guardare il Meeting e ascoltarne il feeling Se lo scorso anno fu il volto di Cristo nella veronica di Manoppello, quest’anno tocca al cuore di due strani tipi, Jannacci e Guareschi, rappresentare icasticamente l’essenza dell’edizione numero 35 del Meeting di Rimini. Giorgio Vittadini, uno dei curatori e soprattutto l’ispiratore della mostra “Mon| 30 luglio 2014 | Caduto in disgrazia, Optimus Prime è in cerca di alleati per sconfiggere un nuono nemico, Galvatron. Non si può parlare male HOME VIDEO Il ricatto, di Eugenio Mira Thriller mal riuscito Un pianista viene ricattato da uno spettatore. Thriller interessante solo nella fase preparatoria ma clamorosamente fuori fuoco nella restante parte. Un giovane pianista torna a suonare dopo aver steccato clamorosamente nell’ultima esibizione avvenuta cinque anni prima. Il guaio è che tra gli spettatori si nasconde un maniaco che lo tiene sotto scacco. Lo spunto è del solito vecchio Hitchcock: lo svolgimento – tra colpi di scena meccanici e un cast non all’altezza – lascia l’amaro in bocca. Per informazioni Saba Via Lazzaro Palazzi, 10 Milano Tel. 02 29526533 Chiuso il lunedì 40 Non il migliore, ma sempre bello di un film che incassa, soprattutto dopo un po’ di settimane di vuoto cinematografico. E quindi ben vengano Transformers 4, 5, 6, 7. Fino al 99. Però: diciamo che il film non è il migliore della serie (che per noi è decisamente il primo: ironico, innovativo e spaccone). Questo è più un reboot che un sequel, anche | do Piccolo-Roba Minima” che fa dei due strani tipi i ciceroni delle kermesse, ce lo spiega con la bella immagine del cuore periferia e al tempo stesso «centro interessante da guardare». La vita è la vita. Per dirla con un altro cuore mica male, quello di Giorgio Gaber, il cuore è gratitudine per l’esserci piuttosto che niente. Vivi, piuttosto che niente. Tempi come ogni anno dedica uno speciale alla prossima edizione del Meeting, intitolata “Verso le periferie del mondo e dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo” e che si svolgerà a Ri- mini dal 24 al 30 agosto. All’interno dello speciale che trovate allegato a questo numero di Tempi potete trovare interviste a testimoni di libertà che interverranno agli incontri organizzati (monsignor Kaigama, monsignor Pennisi e poi il reporter Micalessin e i ragazzi musulmani e cristiani copti dell’associazione Swap), approfondimenti e curiosità legati alle mostre (Péguy, don Bosco, Giuseppe Freinademetz, le periferie esistenziali in Guareschi e Jannacci) e agli spettacoli (san Matteo, Sabatino, La Strada di Fellini) che si terranno in fiera, ma anche nella città dell’adriatico. E poi il programma dettagliato della kermesse riminese. «Fuori dalla galera ideologica che ogni giorno viviamo – scrive il direttore di Tempi Luigi Amicone nel suo editoriale –, ecco c’è un meeting. C’è una compagnia che non è Facebook e una strada che non è Twitter. È un mare. Un mare che come gli zingari di Jannacci, la bambina portoghese di Guccini, il conquistatore di Vecchioni, tocca solo guardare. E così, “sfiorisci bel fiore, sfiorisci amore mio, che a morir d’amore c’è tempo lo sai”». I FIGLI A SCUOLA se non mancano i riferimenti al capitolo 3. Cambia di parecchio il cast che, tutto sommato, non è male. Wahlberg è un Autobot in carne e ossa, non manca la bionda scosciata anche se il personaggio più riuscito è il solito fenomeno di Stanley Tucci. Il resto è tanto spet- tacolo, effetti speciali e confezione di gran livello e combattimenti in cui si capisce finalmente chi le dà e chi le prende. Il problema è la lunghezza spropositata (quasi tre ore di film!) non giustificata da una storia prevedibile e senza scosse. visti da Simone Fortunato Lettera aperta a due genitori Il regista Michael Bay COMUNICANDO CIVITAFESTIVAL Prende il via la 26esima edizione Si è inaugurata da una settimana la 26esima edizione del Civitafestival (www.civitafestival.it), la rassegna artistica e culturale organizzata dal Comune di Civita Castellana, in programma dal 17 luglio fino all’1 agosto. Teatro della manifestazione le splendide cornici di Piazza Duomo, del Forte Sangallo e della curia ve- scovile. Anche quest’anno la direzione artistica, affidata a Fabio Galadini, prevede un ricco calendario con alcuni dei principali esponenti della cultura italiana. L’inizio della manifesta- MAMMA OCA di Annalena Valenti C ari genitori di C., è vero, la vostra figliola poteva evitare di emulare i fratelli perlomeno nella carriera scolastica ed essere promossa evitando di farsi dare due debiti. Ma, mi chiedo da quando i figli hanno iniziato le scuole, meglio così e continuare a giocare a pallavolo e avere amiche e fare l’animatrice all’oratorio estivo (che col caratterino che ha deve averli messi in riga tutti), o meglio la notizia letta sul Corsera giorni fa delle due gemelle romane che hanno preso una cento e l’altra la lode alla maturità, hanno vissuto gli ultimi tre anni di scuola pensando a non prendere neppure un 7, lasciando da parte le passioni del pianoforte e dello sport, e rifarebbero tutto allo stesso modo? Eppure non hanno passato il test di medicina (che ha fatto nascere e dibattere la domanda dell’uovo e della gallina: è sbagliato il test di medicina o i cento che danno sono mal dati?). Nel mezzo, fuori da notizie giornalistiche che non si capisce dove vogliano andare a parare, c’è altro. Altro che ha l’aspetto della vita vera, ragazzi che studiano troppo o troppo poco, tutti cercando la loro strada e ci sono i due cento della classe di mia figlia che hanno continuato, in tutti questi anni, l’una a fare il canto lirico e l’altro il pugilato, lui ha passato il test d’ingegneria. Per inciso, una ragazza ha passato quello di architettura, quello di medicina non l’hanno passato in due. mammaoca.com zione è stata condita dal jazz e swing della prestigiosa formazione di Swing Jazz Company, che ha accompagnato lo showman Massimo Lopez in uno spettacolo all’insegna dei successi compresi tra gli anni Trenta e Cinquanta. Lo scorso venerdì è stata la volta di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, con lo spettacolo teatrale “Fratto_X”. La serata successiva è stata avvolta dal seducente soffio del sassofonista Javier Girotto, insieme all’Argentina escenas en big band. L’artista, uno dei musicisti più affermati del panorama jazzistico italiano e internazionale, ha sa- puto trasportare tutti gli ascoltatori in un viaggio empatico ed emozionale alla ricerca delle melodie del più profondo jazz, spaziando fino ai coinvolgenti ritmi del tango argentino. Infine, la grande musica sinfonica dell’Orchestra da Camera di Imola. Il primo fine settimana del Civitafestival 2014, si è così chiuso con mille spunti per visitare la meravigliosa città, che come scrisse Goethe: «Non v’è viaggiatore che passi per Civita Castellana e non rimanga attonito dinanzi alle sue bellezze archeologiche, monumentali e naturali!». Giovanni Parapini | | 30 luglio 2014 | 41 motorpedia WWW.RED-LIVE.IT A CURA DI DUE RUOTE IN MENO Vespa e l’ABS Dopo averlo montato in anteprima sulla “grossa” GTS300, ora Piaggio ha deciso di equipaggiare anche Primavera e Sprint, i cosiddetti “vespini”, con l’impianto antibloccaggio ABS, in affiancamento alle versioni tradizionali. Nulla cambia dal punto di vista della tecnologia: recentemente rinnovati, i due modelli sfruttano la nuova scocca irrigidita, la sospensione anteriore più efficace e i motori tre valvole raffreddati ad aria, che promettono percorrenze chilometriche di oltre 50 km/l. La Sprint in particolare è la prima Vespa della serie piccola a montare ruote da 12 pollici di diametro, che la rendono più spor[sc] tiva oltre che migliore da guidare. 42 | 30 luglio 2014 | | LA NUOVA Citroën predilige una guida rilassata e fa del comfort il proprio fiore all’occhiello C4 Cactus, compatta ma non troppo A Piaggio ha deciso di equipaggiare anche Primavera e Sprint, i cosiddetti vespini, con l’impianto antibloccaggio ABS quanto nelle soluzioni interne, la nuova Citroën C4 Cactus è una crossover moderna, dalla generosa abitabilità e dal peso contenuto. Rinuncia ad accessori superflui per alleggerirsi di 200 chilogrammi rispetto alla berlina C4 e poter contare su consumi contenuti e prezzi concorrenziali. Gli ingombri della plancia sono ridotti ai minimi termini – complice la collocazione dell’airbag del passeggero anteriore lungo il padiglione –, a tutto vantaggio della disponibilità di spazio, mentre la strumentazione e la gestione di climatizzazione, multimedialità, funzioni audio, navigazione, telefono, connettività e assistenza alla guida diventano digitali; affidate a un display touchscreen a colori da 7 pollici al vertice È LUNGA 4,16 della consolle. Un tuffo nella moMETRI E LO SPAZIO dernità. Rafforzato da finiture graPER GUIDATORE E devoli, plastiche di buona qualità PASSEGGERO È DEGNO e dalla caratterizzazione estetica DI UNA MONOVOLUME. stile valige in pelle sia delle maniOTTIME RIFINITURE glie interne delle portiere sia del INTERNE. CONSUMI cassettino portaoggetti ad apertuDEGNI DI NOTA PER ra verticale. Un tocco glamour. OGNI CILINDRATA Pur essendo una vettura compatta – è lunga 4,16 metri – lo spazio riservato a guidatore e passeggero anteriore è degno di una monovolume, mentre l’alloggiamento dei passeggeri posteriori eguaglia berline di pari dimensioni. Smagliature quali la capacità di carico non eccezionale e lo sterzo adattabile solamente in altezza passano in secondo piano grazie agli Airbump, ovvero i rivestimenti in plastica integranti, capsule d’aria collocate lungo le fiancate e in corrispondenza dei paraurti, capaci di assumere una valenza sia stilistica sia funzionale: da un lato proteggono carrozzeria e gruppi ottici dai piccoli urti – riducendo i costi di riparazione –, dall’altro possono essere personalizzati nei colori. Su strada predilige una guida rilassata e fa del comfort il proprio fiore all’occhiello. Caratteristiche che si sposano con il 3 cilindri 1.2 e-THP turbo 110 cavalli a iniezione diretta di benzina: progressivo nell’erogazione, per nulla sottodimensionato e capace di spingere la crossover francese da 0 a 100 km/h in 9,3 secondi toccando i 188 km/h e percorrendo mediamente 21,7 km/l. Altrettanto soddisfacente – ma ancor più parco nei consumi (28,6 km/l) – il 4 cilindri 1.6 e-HDi da 92 cavalli, prodigo di coppia e abbinabile alla trasmissione robotizzata a 6 marce ETG6. Completano la gamma un 1.2 12V VTi da 75 o 82 cavalli e la variante BlueHDi da 100 cavalli, omologata Euro 6, del 1.6 td. ABS, ESP, 6 air bag. Sensori di pressione dei pneumatici e cruise control sono di serie sin dall’allestimento base Live. Sebastiano Salvetti nticonformista tanto nelle linee | | 30 luglio 2014 | 43 ACTA MARTYRUM cinquemila chilometri per diventare missionario L’inquieto don Andrea Taegon, il primo sacerdote coreano | DI Cristian Martini Grimaldi È stato da poco pubblicato Cristiani in Corea di Cristian Martini Grimaldi, Edizioni Messaggero Padova (112 pagine, 12 euro). Pubblichiamo di seguito il capitolo “Il primo sacerdote coreano e la guerra dell’oppio”. «S e c’è vento significa che si avrà un buon raccolto!». A parlare è don Paolo Lee, il custode del santuario di Solmoe, il luogo di nascita di Andrea Taegon, il primo sacerdote coreano. È qui che papa Francesco verrà a parlare ad agosto prossimo con i giovani asiatici (circa seimila), i quali avranno il grande privilegio di porre al Santo Padre delle domande e soprattutto ascoltare dalla sua voce le risposte. Solmoe è al centro di una zona con una concentrazione di risaie pari solo al numero di cattolici (sono il quaranta per cento della popolazione, cioè ben quattro volte la media nazionale). Il riso viene seminato ad aprile e raccolto a ottobre, e tra ottobre e aprile si coltivano frutta e verdura in serra. Andrea Taegon è nato qui, in questa remota provincia a centinaia di chilometri a sud di Seoul. Ragazzo dall’animo inquieto non si accontentò della vita di villaggio. Giovanissimo viaggiò per cinquemila chilometri all’interno della Cina, per giungere infine a Macao nel 1837. Qui imparò il latino, il francese, il catechismo, studiò teologia e filosofia. I professori erano per lo 44 | 30 luglio 2014 | | più missionari di passaggio (le mete finali erano il Giappone, la Cina, le Filippine), soprattutto francesi, come padre Legrégeois, padre Maistre, padre Berneux. Intanto nel paese natale aveva inizio la seconda ondata di persecuzioni contro i cristiani (detta Kihae persecution) ma la stessa Macao non era più un luogo sicuro: nel 1839 scoppiava infatti la prima delle due guerre dell’oppio. […] Allo scoppio della guerra Macao non era più un porto sicuro e Andrea dovette fuggire. Si rifugiò a Manila per ritornare di nuovo nell’enclave portoghese pochi mesi dopo, quando la situazione si andava tranquillizzando. Nel 1842 Andrea decise di tornare nel paese natale. Sulla via del ritorno passò per Nanchino dove nell’agosto di quell’anno fu testimone della storica firma del Trattato di Nanchino, che rappresentò però solo una tregua delle ostilità tra l’impero britannico e la Cina. Se infatti gli inglesi ottennero enormi risarcimenti di guerra e la cessione di Hong Kong, nel trattato nessuna menzione veniva fatta dell’oppio, il cui commercio e uso rimaneva illegale. Da Nanchino Andrea si spostò a Shanghai dove nel 1844 venne ordinato sacerdote. Tornato in Corea si premurò di individuare i percorsi di ingresso nel paese per i missionari che avrebbero dovuto eludere le pattuglie di confine. Mentre faceva questo fu arrestato, torturato e infine decapitato presso il fiume Han vicino a Seoul. Passeggiamo per il santuario punti A LUI VENNE AFFIDATA LA COMUNITà DI SHANGHAI. DA Lì SI PREOCCUPAVA DI INDIVIDUARE I PERCORSI CHE I MISSIONARI DOVEVANO INTRAPRENDERE PER ENTRARE NEL SUO PAESE NATALE. FU SCOPERTO, TORTURATO E infine DECAPITATO da questo vento fastidiosissimo. «Non c’è mai nessuno in questo periodo, fa troppo freddo!», mi dice il parroco. E invece oggi qualcuno c’è, oltre me e Samuele (Samuele è il prete della cattedrale di Daejeon che ha vissuto a Grottaferrata per diversi anni, e che mi fa da traduttore e da guida). Lei si chiama Stella, e questo luogo, sino a tre giorni fa, non sapeva neppure che esistesse. «E che è successo tre giorni fa?», domando, ma è retorica pura. IN LIBRERIA CRISTIANI IN COREA Cristian Martini Grimaldi EMP 12 euro Lo sanno anche i sassi ormai che c’è stato l’annuncio ufficiale dell’arrivo del papa in Corea, anzi proprio qui il pontefice verrà a rendere omaggio al grande martire della chiesa coreana. Un granello di senape Stella è di Seoul, ha trentatré anni, è cattolica da due, ed è sposata con un pilota militare, cattolico anche lui, anzi è per sposarlo che lei si è convinta a battezzarsi. Fa la casalinga, Stella, ma non ha figli. Non è la prima donna, tutto sommato ancora giovane, che mi è capitato di incontrare che decida di restare a casa piuttosto che trovare un impiego, e non certo per carenza di occupazione (se non c’è un allarme di disoccupazione femminile, le statistiche parlano pur sempre di stipendi bassi per le donne a parità di impiego e soprattutto di costante precarietà: le donne sono state le prime a essere licenziate in massa durante le crisi economiche del 1997 e del 2008). La storia turbolenta del recente passato coreano (basta considerare che dal 1945 al 1992 ogni governo al potere è finito o per proteste di massa o per colpi di stato: il più instabile sistema politico al mondo per quasi cinquant’anni) ha generato una forte divisione generazionale: se non è raro incontrare casalinghe anche a trent’anni, la cosa diventa rarissima invece per la generazione nata solo pochi anni prima. Se ancora pochi anni fa una divertente sit-com di successo, Queen of Housewives, raccontava la storia di una quarantenne casalinga tutta dedita al successo lavorativo del proprio marito, già oggi quel modello di donna verrebbe categoricamente rifiutato da una ventottenne. Don Paolo invita me e Samuele a salire nel suo appartamento per un caffè. Anche lui ha studiato in Italia e come tutti i parroci che ho incontrato che parlano italiano, beve rigorosamente espresso. È una piccola e modesta stanza piena di li- bri, una grande scrivania e un computer. La rossa macchinetta del caffè si distingue su tutto. Padre Paolo mi fa omaggio di una statua della Madonna. Questa però non ha la classica veste azzurra con il velo a coprire i capelli, ma veste l’hanbok – l’abito tradizionale delle donne coreane, usato oggi nelle occasioni speciali: matrimoni, battesimi – e ha i capelli raccolti in uno chignon proprio come si usava una volta. Non è solo un segno di inculturazione, c’è anche un pizzico di orgoglio nazionale: in fondo sono passati solo 16 anni da quando tre milioni e mezzo di coreani donarono al proprio governo qualcosa come 227 tonnellate di oro per arrestare la svalutazione della moneta nazionale durante la grande crisi asiatica. Quale altro popolo al mondo, in un periodo di relativo benessere e di pace, sarebbe capace di tanta abnegazione nei confronti del proprio paese? Un paese relativamente piccolo, la Corea (se rapportato al contesto asiatico: rispetto ai paesi della zona euro sarebbe il quarto paese per popolazione, subito dopo l’Italia e prima della Spagna), ma dalla fibra durissima. E viene da pensare che solo fino al 1880 i cattolici qui erano diecimila, mentre ora sono il dieci per cento della popolazione: un granellino di senape è il più piccolo tra tutti i semi, ma se ben nutrito diviene un arbusto dai grandi rami. Sarà un caso, ma fuori spira ancora un vento molto forte: dice che è il segno di un ottimo raccolto. | | 30 luglio 2014 | 45 LETTERE AL DIRETTORE Quella vecchia battuta sul 7 e 40 che a Milano è la cosa, altrove varietà V australiana circa la “salute e la felicità” dei “figli delle coppie gay” – paralogismo lampante: sono figli di altri mercificati – che sarebbero più felici di quelli delle coppie eterosessuali. Lo avete fatto con spirito di finezza e pacatezza. A differenza di altre testate, vi siete presi il disturbo di leggerla, questa ricerca. Il fatto mi pare più a grana grossa: se una coppia omosessuale (che stanno a quelle etero in proporzione di 1:1.000.000 o più) può permettersi di spendere 100.000 dollari per un pupo, assumo che abbia una disponibilità di 10, 100, 1.000 volte tanto per occuparsi della sua salute in termini di cure mediche di alto livello, e della sua felicità intesa come benessere e accesso a beni di primaria, secondaria, terziaria o voluttuaria necessità. Nel caso delle coppie etero, l’equazione è diversa: un figlio, una pezza al culo. Quando le famiglie arcobaleno saranno maggioritarie, o quando una coppia gay acquisterà sette figli rovinandosi, esaminerò altri argomenti più o meno cogenti. Non a caso si parla del diritto ad avere – acquisto, noleggio, leasing – un figlio, non due, tre, cinque, sette. Di macchine ne compri una, massimo due. Sette, non sai cosa fartene. Mattia Spanò Siena i siete occupati della ricerca Caro Mattia, ci tocca essere fini e pacati perché viene da piangere, come disse il cardinale Caffarra, davanti a una cronaca artificiale e dottrinaria fatta apposta per segare ogni elementare evidenza e re- stituirci moncherini di realtà. Obama e i suoi tribunali ideologici, di artificio gender e totalitarismo gayo, si sono presi la responsabilità di trascinare il mondo comune in una guerra di astrazioni di portata tragica. Uomini e donne ne usciranno a pezzi. I figli nasceranno schiavi. E vagheranno da Occidente a Oriente in cerca di un jihad a cui votarsi. Dopo di che, Dio dirà l’ultima parola. Nel frattempo l’Arcigay gioca a fare il tribunalino dell’Inquisizione. 2 Egregio direttore, veder “giovani” leader che parlano come vecchi e “ vecchi” leader che parlano come giovani mette una tristezza estrema a chi ogni giorno ha la “fortuna” di lavorare come un asino per “aiutare” a vivere chi a parole cambia tutto e si mangia ogni risorsa. Poi mi chiedo: «Ma perché eliminare il Senato che dovrebbe di Fred Perri L’INSEGNAMENTO DELLA VICENDA CONTE L Conte Antonio non è solo indicativa del declino del calcio, ma anche della civiltà italiana. Ho appena finito di dire ai miei figli che, alla prima buona occasione, devono darsela a gambe. Conte e la Juve scoprono, anche prima di maggio, che non c’è più feeling, che non c’è più il sacro fuoco, che dopo tre grandi ma estenuanti scudetti biso- 46 a vicenda di | 30 luglio 2014 | | gna staccare. Il morbo di questo calcio che pretende sempre di più infuria e il pan (cioè i danari per costruire grande squadra) manca. Si vedono il 19 maggio, ma nessuno ha il coraggio, la forza, la decisione di mollare. E così si trascinano stancamente fino a luglio, quando la magagna viene al dunque. E alla Juve è andata ancora bene. Così almeno hanno trovato un Foto: Ansa L’ignoto spaventa più del noto fatiscente ma, ve lo giuro, io sono pronto a traslocare [email protected] essere il luogo della riflessione matura di persone esperte e non la Camera dei deputati dove un sacco di pagliacci occupano sedie inutili e ancor più inutilmente esprimono assurdità a peso d’oro?». Chissà se riuscirò mai a raggiungere la capacità di capire io, misero operaio, la loro idea di “bene del paese”. Intanto sono pieno di dolori e un’altra giornata intensa con lo spettro del licenziamento mi aspetta. Mauro Mazzoldi via internet Caro amico, io non capisco per quale ragione dobbiamo per forza unirci a questa caccia alle streghe contro i parlamentari; caccia che se ha aspetti di verità è organizzata apposta per farci più stupidi e servi di poteri ben più forti della rappresentanza popolare che ormai governa quasi niente, essendo i veri governi estero su estero e nelle finanze internazionali. Casomai sarebbe ora di recuperare l’impegno politico, operaio e borghese, proletario e giovanile. Ma la vera verità sta nella coda: quando siamo soli, quando il lavoro manca, quando la vita porta le sue pene in riscossione, è lì che o trovi una concreta compagnia alla vita o tutto appare come la notte in cui tutte le vacche sono nere. 2 A proposito di fisco e di tutte le belle bolle balle che ci raccontano da Roma e delle eterne promesse sul taglio delle tasse. Una volta correva una barzelletta che secondo me è più istruttiva di tutte le lezioni che abbiamo sentito raccontare da Monti in avanti sul tema dell’evasione fiscale e blablabla. Sa NUOTANDO IN MEZZO AL MARE La natura mi parla di Dio e mi fa parlare con Dio CARTOLINA DAL PARADISO di Pippo Corigliano I l rosario sotto le stelle. Per me è un momento pieno di ricordi. Avevo 18 anni e, con sorpresa di mia zia, le chiesi di recitare il rosario insieme. Fino all’anno prima non avevo partecipato a questa preghiera domestica anzi ne facevo un’affettuosa imitazione: «Ave Maria piena di grazia… (Ninì hai chiuso i polli? Sì)… Santa Maria madre di Dio…». Eravamo in Calabria d’estate e la preghiera si recitava sul terrazzo, mentre l’Orsa maggiore dominava splendente rimandando alla stella polare più in là. Mia zia non mi avrebbe più rivisto per anni perché la Madonna, grazie anche alle sue preghiere, mi stava indicando una strada di dedizione a Dio. La rividi molto tempo dopo e bevve con occhi lucidi il racconto della mia vocazione. In questi giorni la ricordo pregando su una scogliera, con le stesse stelle. Guardare le stelle è perdersi nell’infinito, un infinito che è grande ma poca cosa rispetto alla capacità di amare che ci rende prìncipi del creato. Di giorno nuoto con occhialini verificando com’è creativo il creatore. I saraghi piccoli sono elegantissimi vestiti d’argento con una fascetta nera poco prima della coda. Le salpe pascolano nella zona delle alghe mimetizzandosi col dorso verde: ogni tanto lampeggiano riflettendo il sole col ventre argenteo. Sempre nuovi incontri: pesci maculati di cui non conosco il nome, con le sarde e tanti pesciolini neri che non hanno paura. Se esco in canoa ogni tanto saltano dei branchi di alici. La natura parla di Dio e mi fa parlare con Dio. cos’è il 7 e 40? A Milano è la dichiarazione dei redditi. A Roma la Volvo. A Napoli venti alle otto. A Palermo che minchia di calibro è? Sarò troglodita e razzista, ma così va l’Italia. Cordialità Claudio Pedrelli Imola E dagli con lo humor nero. 7 e 40 potrebbero essere anche numeri che si possono giocare al Lotto. E magari poi fa il ministro dell’Economia che sale in politica. Gentile direttore le regalo una citazione del filosofo Lamennais che trovo in Dramma dell’umanesimo ateo di De Lubac, libro che qualcuno dovrebbe tornare a consigliare ai nostri giovani. «Tutto ciò che si compie nel mondo sociale, si è prima compiuto nel mondo dell’intelligenza». Paola Fregi via internet Bella. Infatti la prima intelligenza è riconoscere la nostra insufficienza. Foto: Ansa SPORT ÜBER ALLES tecnico di un certo nome ed esperienza e si può cominciare un nuovo percorso senza grandi danni (forse). Perché non si sono separati a maggio? Per paura, per quieto vivere, perché l’ignoto spaventa più di un noto fatiscente. È il grande vizio che zavorra l’Italia. La burocrazia, le carte, il timore del rischio, l’aggrapparsi alla cadrega fissa. I migliori, dice un adagio, sono quelli che se ne vanno. Tolta l’aura da epitaffio sepolcrale e adattato alla situazione attuale, mai proverbio risulta più calzante. E io vi odio, bastardi, perché mi avete reso così. Questo è il più bel posto del mondo, ma ora, ve lo giuro compagni e amici, appena c’ho la grana trasloco a Londra. | | 30 luglio 2014 | 47 taz&bao 48 | 30 luglio 2014 | | Foto: Ap/LaPresse Così muore la democrazia «Cafiero de Raho (procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, ndr) è convinto di essere alla testa di un esercito di magistrati, politici, giornalisti, preti, professionisti e popolo, il cui compito è la lotta militare e poliziesca all’illegalità e alle cosche. Non è così. I magistrati devono indagare, i poliziotti arrestare, i preti predicare, i politici riformare la società, i giornalisti raccontare e anche esprimere pareri. Il giorno in cui i giornalisti dovessero diventare – e in gran parte, purtroppo, già lo sono diventati – soldati della Procura, in Italia sarebbe finita la democrazia. Forse la lotta alla mafia avrebbe dei buoni risultati – li ebbe anche durante il fascismo – ma noi perderemmo la libertà. Mi dispiace, signor procuratore, ma il prezzo è troppo alto. Preferiamo non arruolarci». Piero Sansonetti Il Garantista, 17 luglio 2014 MISCHIA ORDINATA INTANTO IL MONDO CROLLA Così la nostra ricerca di bellezza è una chiamata alle armi di Annalisa Teggi «Chiamavi ‘l cielo e ‘ntorno vi si gira,/ mostrandovi le sue bellezze etterne,/ e l’occhio vostro pur a terra mira» (Purgatorio, canto XIV) L Quanto è diventata inflazionata quest’intuizione di Dostoevskij. Poi col trionfo de La grande bellezza siamo stati ulteriormente inondati di retorica e sogni idilliaci. Da svegli, di idillio se ne vede ben poco in ogni dove; se guardiamo a Est, ecco il tifone Rammasun che ha devastato le Filippine: alberi sradicati, tetti divelti, inondazioni e 500.000 sfollati. A Ovest, la situazione è tragica all’opposto e la Cali- i bagliori che intravediamo sono un riverbero che fornia soffoca attanagliata dal- il Cielo manda per FARCI partecipare al disegno la siccità: rigido razionamento di armonia DELl’universo, pur con le SUE ferite dell’acqua, si parla di riciclare l’acqua proveniente dagli scarichi domesti- dal cancro; viveva e insegnava a Oxford, colci, qualcuno pittura di verde il proprio pra- laborava con diverse riviste culturali e, oltre to completamente rinsecchito. Poi, tra l’Est e a molto altro, è stato un grande studioso di l’Ovest, c’è la nostra Europa e il Medio Orien- Tolkien e Chesterton. Beauty for truth’s sate: c’è il disastro dell’aereo abbattuto in ke (bellezza al servizio della verità) è il titolo Ucraina, ci sono i profughi cristiani fuggiti di un suo libro esemplare, che ancora manda Mosul, ci sono i ragazzi ebrei e palestinesi ca in traduzione italiana, e in cui l’educaziouccisi. A ogni latitudine, pare che la Natura ne è pensata come «musica del cosmo», defie l’uomo ce la mettano tutta per frantuma- nizione usata da Benedetto XVI, ovvero come re il sogno della grande bellezza che salverà conoscenza che non separi ciò che nel monil mondo. Ma sì, il sogno della bellezza – co- do è unito. L’ipotesi dell’autore è che il punme oggetto immobile e perfetto da adorare – to debole della nostra scuola è una visione va frantumato. Perché la bellezza, semmai, frammentaria dell’insegnamento, in cui le è una vocazione attiva. È una chiamata alle discipline artistiche e scientifiche abitano in armi. Come dice Dante, i bagliori di bellez- recinti separati. Nella realtà, invece, noi chiaza che intravediamo nel mondo sono un ri- miamo bello tutto ciò che esalta quel nesso verbero che il Cielo ci manda per attirarci a armonioso recondito tra aritmetica e poesia. partecipare al disegno di armonia che regge La corolla di un fiore è una bellezza pittoricomplessivamente l’universo, pur con le fe- ca o geometrica? La bellezza che il fisico verite da cui è attraversato. Di fronte a questo, de nel volo di un gabbiano è slegata da quelnoi spesso e volentieri teniamo gli occhi bas- la che ci vede il poeta? si, o mettiamo a fuoco frammenti e perdiaQuesto sguardo sinfonico ci fa mettere a mo di vista l’orizzonte. fuoco noi dentro il creato. E la musica è l’emStratford Caldecott è stato uno studio- blema dell’educazione di cui abbiamo biso che sulla bellezza ha impostato una pro- sogno: è l’orecchio teso di chi si accorge in posta educativa stimolante. Sosteneva che mezzo allo scroscio del tifone, al silenzio dela scuola si dovrebbe imparare a essere per- la siccità e alle urla di guerra, che c’è un cansone che non smettono di imparare per tut- to dentro la realtà e su di esso impara e rita la vita. Caldecott è mancato la scorsa set- impara ad accordare il proprio strumento timana, dopo essere stato a lungo provato – cuore, mani e voce. 50 | 30 luglio 2014 | | a bellezza salverà il mondo.