Notizie - Ricordando il Trio Lescano
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Notizie - Ricordando il Trio Lescano
http://www.trio-lescano.it/ Notizie Marzo-Maggio 2012 Sono vietati l’uso e la riproduzione di testi e immagini presenti in questo documento senza un’esplicita autorizzazione del Curatore. Venerdì 2 Marzo 2012 Il punto della situazione È stato esattamente quattro anni fa che mi è balenata l’idea di creare un sito dedicato alle Sorelle Lescano. Allora io stesso, che pure sono fin dalla mia infanzia – ormai così lontana nel tempo – un loro fervente ammiratore, sapevo e possedevo ben poco di queste ineguagliabili artiste: solo qualche vaga notizia biografica, una manciata di foto e non più di una settantina di incisioni. Anzi, a dire il vero, agli inizi del 2008 neppure sospettavo che ne avessero al loro attivo ben cinque volte tanto, e ignoravo altresì (come del resto quasi tutti) che nel primo dopoguerra il Trio originale si era definitivamente sciolto e che al posto di una delle tre sorelle era subentrata una giovanissima cantante italiana, con la quale esso aveva continuato ad esibirsi per alcuni anni in Sudamerica. A quell’epoca – è il caso di dirlo – i fan delle Lescano brancolavano nel buio... Una volta lanciato il sito, fui subito contattato dal savonese Paolo Piccardo, che cercava di dare un titolo all’affascinante Mystery Song (come lo aveva provvisoriamente denominato) che si ascolta nei titoli di coda del film di Bertolucci Il conformista (1970), senza però che figuri nei credits: enigma intrigante che fu subito risolto da un ragazzo di Siena, Alessandro Rigacci, il quale non solo mi informò che si trattava della bellissima canzone Come l’ombra, incisa dalle olandesine nel ’42, ma mi inviò addirittura il file completo di questo capolavoro, uno degli ultimi realizzati dal Trio, quasi un loro struggente canto del cigno. Iniziò così una stretta collaborazione fra noi tre, presto affiancati da altri amici pieni di entusiasmo e di voglia di fare, fra i quali è doveroso ricordare almeno Max Menozzi e Giambattista Taschini. Quest’ultimo, in particolare, mise a nostra disposizione l’ingente archivio musicale della moglie, Stefania Riccio, ex-conduttrice – tra le più valenti e preparate – del Notturno Italiano. Tale archivio comprendeva, fra molte altre preziosità, anche un cospicuo numero di incisioni del Trio Lescano mai udite in precedenza, per cui già 2 alla fine del 2008 la nostra conoscenza del lascito artistico di questa formazione si trovò ad essere notevolmente accresciuta. Da quei giorni ne abbiamo fatta di strada! E il merito spetta in massima parte ai tanti collaboratori, elencati nella pagina dei Ringraziamenti, che hanno partecipato alle nostre ricerche: tutti con un fervore ammirevole, che in qualche caso ha rasentato l’eroismo: ne sanno qualcosa gli amici Sandro Peppoloni e Tito Zaggia... Certo, non ha senso stilare una graduatoria per stabilire chi abbia dato di più, ma non si può tacere l’apporto eccezionale offerto da collaboratori come Virgilio Zanolla, Enrico Martinelli, in “arte” Walter, Massimo Baldino, Christian Schmitz, Francesco Nicola Di Pietro (Francis per gli amici), Manuel Carrera et j’en passe et des meilleurs, come direbbero i nostri cugini d’Oltralpe. Grazie a questo poderoso sforzo corale oggi conosciamo pressoché tutto (con solo qualche residuo “buco nero”) della vicenda umana e artistica delle Sorelle Leschan-Lescano, prova ne sia che siamo stati in grado di spazzar via, con documenti inoppugnabili alla mano, le tante dicerie o menzogne che circolavano sul loro conto, in articoli, libri e naturalmente nel web; abbiamo altresì recuperato quasi 300 delle loro incisioni e abbiamo concrete speranze di acquisire, prima o poi, buona parte delle rimanenti. Era tuttavia inevitabile che anche la nostra, come ogni altra impresa umana, vedesse col tempo la propria spinta propulsiva prima affievolirsi e poi andare fatalmente verso l’esaurimento. Fortunatamente non siamo ancora arrivati a questo punto, ma è innegabile che avverto intorno a me una certa aria di appagamento e forse anche di stanchezza. Molti collaboratori di vecchia data, chi per un motivo chi per l’altro, si fanno sentire sempre più raramente e non pochi sono coloro che ormai devo rassegnarmi a considerare a tutti gli effetti degli ex. È vero che ogni tanto qualche nuovo volonteroso si offre di darci una mano, ma il più delle volte, purtroppo, si dilegua non appena gli propongo un incarico, per facile che sia. Queste difficoltà crescenti le incontro specialmente nella gestione delle Notizie dove, anche con una cadenza bisettimanale, mi è sempre meno agevole reperire qualcosa di realmente interessante da pubblicare. Mi vedo dunque costretto, d’ora in avanti, a rinunciare anche ai due appuntamenti fissi alla settimana, per attivare questa rubrica solo quando ne valga davvero la pena. Mi rendo conto che la cosa non piacerà a nessuno, ma le notizie, se qualcuno non me le manda, non posso mica inventarmele di sana pianta, come fanno certi disinvolti “giornalisti”. Mi auguro che chi mi legge colga fino in fondo il significato delle mie parole: qui nessuno ha voglia di gettare la spugna, ma non posso negare che, per andare avanti, bisognerebbe ritrovare almeno un po’ dell’entusiasmo dei vecchi tempi. In mancanza di ciò, anche lo scrivente non potrà fare a meno, un giorno o l’altro, di alzare mestamente bandiera bianca. Certo, anche così il sito non sparirebbe dal web, per lo meno non subito; tuttavia, una volta “congelato”, non c’è dubbio che perderebbe la sua maggiore attrattiva, quella di essere – come lo è sempre stato fin dall’inizio – qualcosa di vivo e vitale: un sito cioè che cresce, si trasforma e si rinnova, migliorandosi e arricchendosi in continuazione. Se vogliamo che continui ad essere così, sappiamo tutti cosa fare, come pure, al contrario, se vogliamo che muoia. Il Curatore 3 Giovedì 8 Marzo 2012 ◙ Mail di Antonio: «Caro Curatore, ho letto Il punto della situazione e – devo confessartelo – l’ho fatto con tanta amarezza, perché mi è sembrato un triste preludio alla chiusura del nostro sito. Questo non deve, non può accadere! Se noi tutti tuoi sostenitori o collaboratori ci teniamo che resti, faremo di tutto (almeno io) per arricchire le Notizie di cari vecchi ricordi, che rivangheremo nel nostro passato. Per cominciare io sono qui, non tanto per polemizzare su quanto hai scritto in merito alla scoperta della canzone Come l’ombra delle Lescano (ascoltata nel film Il conformista) ma per PRECISARE (e ci tengo tanto a farlo e che si sappia) che l’autore di tale impresa sono stato io e NON ALTRI. A dimostrazione di quanto asserisco ti allego le scansioni di 2 lettere intercorse tra me e Alessandro con il ringraziamento di Paolo. Come chicca ti invio la versione che ne aveva fatto Lina Termini, sempre con Barzizza, nel ’42 su disco Cetra DD 10072». ◙ Mail di Walter: «Cari amici, in relazione alla prima delle Notizie di Martedì 28 Febbraio scorso, ho pensato di farvi cosa gradita offrendovi il riversamento del primo dei tre dischi di cartone Durium, che riportano l’incisione dell’episodio I quattro Moschettieri in Russia. Purtroppo gli altri due sono troppo deformati e non assolvono più al loro compito... Questo esempio darà tuttavia la possibilità a molti, che hanno letto o sentito parlare di questa storica trasmissione radiofonica, di farsi un’idea precisa in merito». ◙ Mail di Manuel: «[…] bellissima la foto di Carlastella, pubblicata nelle Notizie del 28.02. Già la voce rivelava la sua grazia, l’ho sempre immaginata una donna affascinante (anche perché la piccola foto che circolava prima prometteva bene). 4 Sono stato di recente, per l’ennesima volta, al Cimitero Monumentale del Verano e ho lasciato un fiore sulle tombe di Vittorio De Sica, Amedeo Nazzari e Alida Valli. Devo dire che, a parte quella di Nazzari (si tratta di una cappella, quindi è stato difficile fotografarla), le altre due sembrano abbastanza visitate, perché c’era qualche fiore fresco. Mi ha colpito davvero molto quella di De Sica, del tutto anonima, forse per sua stessa volontà. Bisogna riconoscere al Comune di Roma che, se non altro, ricorda questi artisti distribuendo all’ingresso dei pieghevoli con le mappe delle tombe “famose” (proprio quella relativa al Cinema è disponibile anche in internet). Mi ha particolarmente emozionato la tomba di Alida Valli, la cui sepoltura al Verano è avvenuta con non pochi problemi, come testimoniano gli articoli ancora sparsi per il web (v. http://news.cinecitta.com/news.asp?id=19693). E ora è lì, in un loculo modestissimo, tra tanti altri, di fianco a Oreste Lionello e di fronte a Gabriella Ferri. Rimane sempre la più bella...». ◙ Mail di Alcide F.: «Quando, poco più di un anno fa, molti lettori del vostro sito si indignarono contro lo sceneggiato Le ragazze dello swing di Maurizio Zaccaro, ci fu chi pensò che si fosse trattato di una questione di lesa maestà, essendo esso intitolato alle tre sorelle olandesi. E invece no: l’indignazione per uno sceneggiato mal diretto oppure falso e tendenzioso deve valere sempre. Vi sottopongo perciò questo caso. Recentemente ho assistito, su Rai Uno, allo sceneggiato in due puntate Walter Chiari - Fino all’ultima risata, di Enzo Monteleone: la storia del popolare attore teatrale, cinematografico e televisivo veronese. Non ho nulla da dire sul bravissimo Alessio Boni, che impersona il protagonista, e neppure su Bianca Guaccero nel ruolo di Valeria Fabrizi; avrei invece obiezioni, non già sulla qualità interpretativa bensì sull’aderenza fisica e psicologica del personaggio, riguardo alle attrici che vestono i panni di Alida Chelli e, soprattutto, Lucia Bosé. 5 Walter Chiari con Alida Chelli e, a destra, Dajana Roncione, che nella fiction televisiva impersona la moglie dell’attore. Walter Chiari con Lucia Bosè e, a destra, Caterina Misasi che ne interpreta il ruolo. Ma ciò che mi ha lasciato semplicemente scandalizzato è stato il trattamento riservato all’attrice Ava Gardner: anche qui, risparmio chi l’ha interpretata perché non è tanto questione d’interpretazione quanto di aderenza alla realtà storica. Ava Gardner (che era una ragazzona americana del Sud, bellissima, sensuale e sanamente disinibita, sì, ma anche fondalmentalmente onesta e leale, dotata di saldi principi morali) nello sceneggiato viene descritta come una diva sguaiata, ubriacona e volgare, quasi una prostituta di basso rango. È vero che le piaceva bere, ma le situazioni immaginate dagli sceneggiatori vanno ben oltre la realtà dei fatti, perlomeno negli anni in questione; quanto al resto su di lei, mi è parso solo indegna spazzatura». Ava Gardner e l’attrice olandese Anna Drijver che la impersona nello sceneggiato: come si vede non c’è la ben che minima somiglianza fisica tra le due attrici. 6 Commento del Curatore - Nelle settimane scorse siamo stati bombardati da spot governativi miranti a convincerci che il Canone Rai va pagato perché è una tassa come le altre, e le tasse – si sa – bisogna pagarle (anzi un certo ministro ha sostenuto che pagarle è un vero piacere). Concetto giusto, ineccepibile. Solo che andava precisato che il Canone Rai è in realtà una seconda tassa sulla spazzatura: grazie alla prima ci liberano dai rifiuti domestici solidi e umidi, per mezzo della seconda ce li riportano in casa riciclati in spettacoli televisivi. “Allegria, allegria!” esclamerebbe a questo punto, con la sua incomparabile verve, il buon vecchio Mike, nume tutelare di questa televisione… Ultim’ora - Mail di Antonio: «In occasione della scomparsa di Lucia Mannucci ho pubblicato sul mio Facebook un articoletto. Se può interessare, potete pubblicarlo anche sul nostro sito». Lucia Mannucci (Bologna, 18/5/1920 - Milano, 7/3/2012). A Lucia Mannucci ha dedicato un ricordo anche il sito Ricordando i Trii Vocali, il cui Curatore, Simone Calomino, ha avuto l’onore di conoscerla. Simone ci ha anche inviato, affinché le pubblicassimo, delle belle foto del Quartetto Cetra, sia dei tempi 7 d’oro che più recenti. Quartetto che ora, con la morte dell’ultima sua componente, è definitivamente consegnato alla Storia. Sabato 17 Marzo 2012 ◙ Il nostro Paolo è da tempo impegnato in un’approfondita ricerca a tutto campo su alcuni punti tuttora poco chiari (o, in taluni casi, decisamente oscuri) della biografia delle Lescano. Lavorando a stretto contatto con Virgilio, il biografo ufficiale per il sito delle olandesine, egli ha conseguito risultati di tutto rispetto. Eccone un esempio. Indagando sulla famiglia di Eva de Leeuwe, la loro madre, è riuscito a localizzare in Olanda i discendenti di artisti che conobbero una delle sue sorelle, Matje, più anziana di lei di sette anni: essendo persone oltremodo gentili e disponibili, ha ottenuto da loro un bel po’ di informazioni e foto, come queste: Bertus Martron e la moglie, Matje de Leeuwe, zia delle sorelle Lescano. Da notare la sua notevole somiglianza con Caterinetta. 8 Caterinetta Lescano. L’aspetto più intrigante di questa pista sta nel fatto che sappiamo con certezza che Matje, negli anni 1928-1935 si prese cura di Catharina Matje (la futura Caterinetta, appunto) mentre Eva seguiva da vicino, in giro per il mondo, le due figlie maggiori nella loro movimentata carriera di giovanissime e apprezzate ballerine acrobatiche. Proprio in quest’ultimo campo di ricerca Paolo e Virgilio hanno messo a segno delle scoperte tanto inattese quanto clamorose, come la notizia, corredata da prove inequivocabili, che Alexandra e Judith già cantavano in pubblico ben prima della nascita del celebre Trio. Su tutto questo capitolo della storia delle Lescano, in gran parte completamente nuovo e inedito, Virgilio sta dando gli ultimi ritocchi ad un corposo saggio illustrato, che pubblicheremo giovedì prossimo, 22 Marzo. Ne anticipiamo qui una ghiotta primizia: L’ancora adolescente Judith e Alexandrina a bordo del transatlantico che le portò per la prima volta in Argentina. ◙ Abbiamo completato e messo in rete la pagina delle Attrici, nell’ambito della nostra vasta ricerca sul Cinema italiano del periodo 1930-1945. Numerose schede fotografiche vi sono state aggiunte e moltissime altre arricchite con nuove immagini, recuperate da Virgilio Zanolla e altri collaboratori, per cui chi avesse già visionato questa pagina – magari apprezzandola – non rimarrà deluso visionandola di nuovo da cima a fondo. ◙ Il nostro amico e caloroso estimatore Filippo Mangieri è nipote del M° Francesco Saverio Mangieri (S. Pietro al Tanagro, Salerno, 12 Dicembre 1919 - Roma, 7 Novembre 2008), che fu un valente pianista, compositore e direttore d’orchestra. 9 Francesco Saverio Mangieri e Filippo Mangieri. Come compositore Mangieri si distinse non solo nell’ambito della musica classica (cosa del tutto naturale, dati i suoi severi studi coi Maestri Carlo Cammarota, per pianoforte e direzione musicale, e Renato Parodi per armonia e contrappunto), ma anche in quello della musica leggera e della musica per film: tra le numerose canzoni di successo che firmò ricordiamo almeno Varca lucente, Suonno d’ammore e Ddoje stelle so cadute. Ora Filippo, che era molto affezionato allo zio, ha deciso di valorizzarne al meglio il lascito artistico, incaricando la brava webmaster Virginia di creare un sito a lui dedicato. Da qualche giorno esso è in rete all’indirizzo www.fsmangierimusic.magix.net/public/ e invitiamo tutti i nostri lettori a visitarlo, perché è fatto bene e contiene materiali di pregio. Mangieri, coetaneo della minore delle Lescano, era troppo giovane all’epoca del loro successo radiofonico e discografico per avere l’opportunita di collaborare con loro. A rigore non rientra quindi tra gli Autori di nostro diretto interesse. Tuttavia lo diventa de biais per il fatto che lo scrivente si è divertito, parecchi anni fa, ad arrangiare una sua magnifica composizione strumentale ispirata ai ritmi sudamericani, La Samacurca [v. http://www.trio-lescano.it/pdf/Nota_su_La_Samacurca.pdf]. A dire il vero questo particolare arrangiamento è – a differenza dei molti altri da me realizzati in passato – un lavoro solo in parte originale, essendo una libera trascrizione per sestetto di quello, per grande orchestra, usato da Angelini nella sua incisione del brano risalente alla prima metà degli anni Cinquanta, con Lallo Gori al piano (disco Cetra AC 3064 B, matrice 12110). La Samacurca di F. S. Mangieri: mandolino, etichetta del disco originale e relativo interprete. 10 Lo spartito di tale arrangiamento è stato pubblicato in un sito brasiliano, curato anch’esso da me (è però inattivo da parecchi anni), ed è accompagnato dal relativo file MIDI, che Filippo ha avuto la bontà di linkare nel proprio sito. Nel sito brasiliano anzidetto vi è anche un secondo arrangiamento per pianoforte solo de La Samacurca, sempre opera mia: un pezzo piuttosto impegnativo, ma di sicuro effetto sul pubblico. Filippo lo ha approvato con queste lusinghiere parole: «l’interpretazione è la stessa di mio Zio Franco». Vale la pena di riferire un dettaglio che la dice lunga sulla decadenza della Fonit Cetra negli anni ’70-’80 rispetto alla gloriosa Cetra dei decenni precedenti. Quando mi decisi a rielaborare nel modo anzidetto La Samacurca (un pezzo che mi “stregò” fin dalla prima volta che, studente liceale, lo ascoltai alla radio), utilizzai non già il disco AC 3064, divenuto introvabile, bensì la sua riedizione inserita nel long playing PL 517 (1980) della collana I grandi successi / Angelini e la sua orchestra. Ebbene, sia sull’etichetta di tale disco che sul retro della copertina il nome dell’Autore del brano appare oscenamente storpiato: Maugeri, anziché Mangieri. Storpiatura che figurava di conseguenza anche nella primitiva versione del sito brasiliano, dato che ignoravo a quell’epoca che l’Autore di codesto capolavoro era lo stesso di Varca lucente. Fu proprio a causa di questo mio involontario errore, dovuto all’imperdonabile negligenza delle maestranze della Fonit Cetra nel suo ultimo periodo di attività (negli anni ’90 sarà ceduta alla Warner Music), che Filippo Mangieri mi contattò per segnalarmelo col suo garbo signorile, e di lì è nata la nostra bella amicizia. Aveva ragione il grande Fabrizio De André a cantare «dal letame nascono i fior»… 11 Giovedì 22 Marzo 2012 ◙ Come annunciato nelle Notizie del 17 u.s., pubblichiamo (nella sezione Oggi parliamo di…) l’importante saggio di Virgilio Zanolla, Portino, Eva, il Dickson Ballet e le Sunday Girls. L’Autore stesso ce lo presenta in questi termini: «Frutto di una stretta collaborazione nelle ricerche tra me e Paolo Piccardo, molte delle cui scoperte si sono rivelate decisive per il reperimento – anche grazie all’amica olandese Gwen van Iersel – di notizie e materiale informativo, questo saggio, oltre a proporre diversi documenti illustrati inediti e spesso di primissimo ordine, presenta per la prima volta un’attenta ricostruzione della vita e della carriera professionale di Eva, Alexandrina e Judith Leschan negli anni tra il 1928 circa e i primi del ’33. In particolare: 1) ricostruisce buona parte del passato di Portino prima d’incontrare Eva; 2) accerta come tra il 1916 e il ’28 i Leschan non vissero ad Amsterdam bensì a L’Aja; 3) ricostruisce gli esordi delle prime due figlie di Eva nell’ambito della danza, e ne segue l’iter professionale, prima della formazione delle Sunday Girls e quali Sunday Girls; 4) accerta quando e dove Eva conobbe Portino; 5) individua alcuni personaggi-chiave nello sviluppo della carriera di ballerine di Alexandrina e Judith, e rende noto un corposo elenco di nomi di molte loro colleghe; 6) segnala infine un loro precedente canoro da approfondire». Copertina del fascicolo pubblicitario, riccamente illustrato, del balletto The Sunday Girls. ◙ Mail di Antonio: «In risposta all’all’appello lanciato prima dal Curatore e rinnovato poi da Paolo e Virgilio, ho pensato – come prova della mia buona volontà – di aprire una Vetrinetta, dedicata alle canzoni del nostro Trio come le cantavano altri interpreti. Certo non potrò ritrovare tutte le loro incisioni, ma gran parte di esse (quelle che ho reperito) sono degne di essere ricordate. Apro dunque questa nuova rubrica con le canzoni incise da Caterinetta: la prima è la famosa Nebbia del maestro Mario Vallini, come la lanciò sua figlia Leda Vallini, in arte Leda Valli. La seconda è Il canto del bosco nell’interpretazione che ne fece Tina De Mola». 12 Leda Valli e Tina De Mola. NB - Su nostro invito, Antonio si occuperà solo dei cantanti solisti che hanno riproposto canzoni facenti parte del repertorio delle Lescano, dal momento che degli altri trii vocali che hanno fatto la stessa cosa si occupano già, con brillanti risultati, gli amici del sito http://triivocali.weebly.com/index.html. ◙ Mail dei giovanissimi Curatori del sito gemellato Ricordando i Trii Vocali: «Dopo varie vicissitudini siamo finalmente riusciti a registrare al meglio tre incisioni mancanti nell’archivio del vostro sito: 1) Malinconia (da Roberto) 2) L’orologio dell’amore (id.) 3) Nostalgia di paese (da Simone) Ecco inoltre due incisioni di qualità migliore rispetto a quelle già in archivio, con relative etichette: 1) Lisetta (da Simone) 2) Una radio e il tuo cuore (id.) Abbiamo voluto mandarvele insieme per avere un impatto maggiore (e anche per creare un po’ di suspense!). Queste tre incisioni stanno a dimostrare che noi giovani reclute della ricerca, “figli” di Ricordando il Trio Lescano, torniamo sempre dalla Madre per aiutarla nei momenti di bisogno e sostenerla nei suoi progetti: siamo o no, dunque, dei bravi figlioli? Alleghiamo inoltre la foto del Trio Passatore, cosicché possiate aggiungerla alla pagina dei trii vocali coevi alle Lescano». 13 A nome di tutti i lescanofili, il Curatore esprime a Francesco, Roberto e Simone la più sentita gratitudine per questo loro bel gesto, proprio da “bravi figlioli”, che ci consente di depennare altri tre titoli dalla lista delle incisioni delle Lescano che anora mancano all’appello. Non diamo qui le anteprime dei brani recuperati, perché siamo certi, conoscendoli, che Roberto e Simone vorranno senz’altro condividere queste rarità con tutti gli appassionati, postandole quanto prima nei rispettivi canali di YouTube. Per quel che concerne Una radio e il tuo cuore e Lisetta è effettivamente vero che queste due copie sono assai migliori di quelle che avevamo in archivio, per cui la loro sostituzione costituisce un apprezzabilissimo passo in avanti: si tratta infatti di due canzoni deliziose, specie la prima. ◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Cari amici, adesso la notizia è certa: il libro su mio padre, Michele Montanari, sarà presentato alla Fiera del Libro di Torino, lunedì 14 Maggio alle ore 11, nello stand della Rai Eri. Naturalmente sono molto felice e anche molto emozionata. Allego il titolo preciso: Gianna Montanari Bevilacqua, Abbassa la tua radio per favore - Storia di Michele Montanari, divo degli anni ’40, Rai Eri, 2012. Ninì Serena e Michele Montanari nel film Ecco la radio! di Giacomo Gentilomo, 1940. Non posso ancora inviarvi l’immagine della copertina, perché il libro è in fase di stampa. Alla presentazione interverranno Felice Liperi, autore della Storia della canzone italiana, Rai Eri, 1999 e 2010, e Bruno Quaranta, giornalista de “La Stampa”». Lunedì 26 Marzo 2012 ◙ Mail di Antonio: «Carissimi, proseguendo nella carrellata dei motivi che incise Caterinetta Lescano, riapro oggi la mia Vetrinetta per presentare Strada deserta di Lenti- Boschi nell’interpretazione di Norma Bruni, accompagnata dall’Orchestra Barzizza, su disco Cetra DC 4236 del 1942». 14 Antonio aggiunge poi: «A proposito di dati complementari, desidero assicurarvi che ad accompagnare il Trio Lescano nella canzone Celebre quartetto di Consiglio-Frati (DC 4146a, matrice 51655) è l’Orchestra Angelini. Ricordo benissimo quando nel ’42/’43 la lanciò ai microfoni dell’Eiar – sempre con Angelini – Luciano Pellegrini, famoso in quel periodo per aver interpretato varie “canzoni del tempo di guerra”, come venivano presentate allora. Tanto per aggiornare la discografia del Trio». Abbiamo provveduto subito ad inserire il dato, che mancava, nella relativa pagina. ◙ Mail di Paolo: «Vagando per i siti olandesi, soprattutto quelli in memoria dell’Olocausto, apprendo alcuni particolari collaterali ma sempre interessanti. L’arzillo nonnino delle Lescano, David De Leeuwe (Amsterdam, 1854-1940), sposò Judik Vreeland, nata a Harderwijk nel 1858; essa morì a 39 anni, dopo aver sfornato 8 figli. Nel 1901 David si risposa con Sientje Van Frank (1862-1933), dalla quale ha nel 1903 la figlia, nonché sorellastra, di Eva, Poulina De Leeuwe. Questa poverina, sposa all’ebreo Herman Overste, finirà vittima dell’Olocausto, col figlio undicenne Benjamin, l’8 ottobre ’42 ad Auschwitz. La primogenita di David e Judik, Matje, muore in fasce nel 1879. La secondogenita Roosje nasce nel 1880, va in sposa a Nachman Nardus Bamberg, attore famoso. Divorzia nel 1923 dopo aver avuto 3 figli, due dei quali (David e Judik) muoiono ad Auschwitz con il padre e la nuova moglie il 10 settembre 1942. Di Roosje si perdono le tracce. La coppia si esibiva nei teatri nel 1916, dove Roosje veniva citata come Liederenzangeres. Il terzogenito, Michiel de Leeuwe, nasce nel 1882 e muore ad Auschwitz il 19 Ottobre 1942. La moglie, Sientje Snoeck, si salva e muore 94enne nel 1980. La quartogenita Matje (come la primogenita), vissuta dal 1885 al 1968, è quella che ospita Kitty. Gli altri figli, Rebecca (1887-1958), Abraham (1889-1919) ed Eva (1892-1985) scampano all’Olocausto. L’ultimogenito, Aaron, nato nel 1895, finirà suicida nel 1942, ad Amsterdam, assieme alla moglie, per sfuggire all’arresto e alla deportazione in Germania. Un caro prezzo per una famiglia sola...». ◙ Paolo Benevelli ci ha fornito la scansione ad alta definizione di un manifesto, raro ed interessante, relativo ai Pomeriggi danzanti studenteschi organizzati a partire dal 7 Marzo 1946 dall’associazione goliardica torinese “Ala d’Italia”. Di questo 15 documento avevamo già fatto cenno in passato, solo che allora era disponibile solo un’immagine molto piccola e sfocata, di problematica decifrazione; ora invece la sua leggibilità è perfetta. In esso possiamo apprezzare l’esilarante spirito umoristico dei goliardi piemontesi, fatto anche di divertenti giochi di parole (jam session che diventa sam session, il balletto Ammappelequantosobbone, ecc.). Con tali iniziative i giovani del tempo cercavano evidentemente di buttarsi alle spalle gli orrori della guerra da poco conclusa. Per noi tale manifesto riveste un’importanza speciale per il fatto che documenta l’attività canora, in un ruolo solistico, di Caterinetta Lescano (qui chiamata Catarinetta) dopo la sua separazione dalle sorelle. 16 Caterinetta Lescano nel 1946. Ultim’ora - Virgilio ci ha appena comunicato di avere concluso le sue ricerche, quanto mai approfondite, sulle vicende biografiche di Caterinetta Lescano nel decennio che va dalla fine della guerra alla sua mesta partenza per il Venezuela. Su questo periodo, prima d’ora, non sapevamo in pratica quasi nulla, mentre adesso, grazie ai frutti davvero copiosi di tali ricerche, possiamo ben dire che su di esso è stata fatta piena luce, spesso ben al di là delle più ottimistiche previsioni. Certo, la storia della più giovane delle tre sorelle Leschan è fatta di qualche colpo di fortuna, del resto non sempre gestito bene, ma anche di sbagli clamorosi che alla fine l’hanno condotta sull’orlo della disperazione. Tuttavia, anche se fondamentalmente triste, questa storia merita di essere conosciuta in ogni dettaglio, al che provvede egregiamente il lungo saggio al quale Virgilio sta dando gli ultimi ritocchi. Un contributo assolutamente imperdibile per ogni fan delle olandesine: lo pubblicheremo tra non molto nel nostro sito. Lunedì 2 Aprile 2012 ◙ Mail di Filippo Mangieri: «Con la sua pluriennale attività il sito Ricordando il Trio Lescano ha svolto un compito encomiabile. Ne ho potuto seguire gli scritti, le osservazioni, gli approfondimenti, leggendo i nomi a firma senza le relative foto: peccato, perché avrei avuto piacere di conoscere queste persone, dal momento che il viso è la loro anima. Mi ha inoltre colpito l’amore per l’arte del Curatore, oltre che la sua simpatia. Tra le Notizie più salienti di quest’anno risalta quella del giorno 8 Maggio. In questa data si è infatti reso omaggio a Lucia Mannucci, la quale, tra l’altro, cantò la canzone Geppina del M° Francesco Saverio Mangieri, mio zio. Non è banale dire che tutte le pagine del sito vanno visionate spesso, per la loro ricchezza di contenuti. Non si tratta di perdita di tempo, cioè di vita, farsi coinvolgere dalla familiarità cortese e corretta degli specialisti nei confronti di noi lettori. Di questi ultimi, spero che ce ne siano sempre di più, pur riconoscendo che le beghe quotidiane e i problemi contingenti bloccano o ostacolano spesso la continuità delle relazioni. Detto questo, mi azzardo a dire che il sito, nel mondo di internet, è unico e non sarà facilmente uguagliato. La materia è trattata con vivacità e il periodo musicale del Trio Lescano ha avuto un definitivo e stabile assetto. Ho potuto scoprire che è davvero la voce umana la più fragile delle sostanze e la vocalità delle sorelle olandesi è 17 attualissima. Agli Autori delle loro canzoni, poi, non si può certo dire: “Qui de sentement ne fait, son dit et son chant contrefait” [Guillaume de Machaut, Le Remède de Fortune, metà del Trecento]. L’ambiente raffinato e colto in cui operò il poeta e musicista francese Guillaume de Machaut (Reims, 1300 ca. - Reims, 1377). Grazie ad Angelo e ai suoi numerosi e fedeli collaboratori, il Trio Lescano non è un ricordo indistinto, ma uno sviluppo perenne e vitale: è l’opera che illustra la vita. Mi convince altresì il vostro entusiasmo, perché mi ha fatto gustare come si segue e si racconta una vicenda di storia artistica, simbolo di rara bellezza. Grazie a tutti voi, alla vostra ricchezza interiore, alla vostra incrollabile fede nella libertà dello spirito, che si esprime nella voce: il più artistico di tutti gli strumenti». ◙ Nell’intervista radiofonica che Carlo Loffredo fece ad Ernesto Bonino (Toh! Chi si risente del 1° Luglio 1979), il cantante afferma di aver cantato Vieni sul mar assieme a Silvana Fioresi, con cui aveva allora un’infuocata love story. Loffredo fa seguire alle dichiarazioni di Bonino l’ascolto dell’incisione di tale canzone in cui molti, però, con Antonio Mastrorocco in testa, hanno riconosciuto la voce di Lina Termini, la cui presenza è confermata del resto dall’etichetta del disco: 18 La spiegazione più plausibile è che Bonino abbia sì effettivamente cantato – e chissà quante volte – Vieni sul mar con la Fioresi, ma alla radio, in diretta: quando invece i dirigenti della Cetra decisero di fargliela incidere su disco, scelsero di accoppiare alla sua voce quella, più discreta, della Termini. Particolare che il cantante, a distanza di tanti anni, avrà poi scordato. Ecco cosa ci scrive al riguardo Massimo Baldino: «Stando così le cose, sarei quasi un veggente... È infatti l’esatta ipotesi che ho formulato nella mia prima mail e che ho sostenuto nella puntata della trasmissione Dal grammofono al microsolco che andrà in rete martedì prossimo. Mi hanno spinto verso questa ipotesi le molte discrepanze tra le innumerevoli richieste e ricordi di anziani ascoltatori e i cataloghi o le etichette dei dischi incisi. Cose come questa erano infatti abbastanza frequenti nella radio di quegli anni: alcune volte si rimediava incidendo di un disco più versioni (vedi il caso più recente dei Pompieri di Viggiù, fatta incidere alla Jaione perché la gente che in radio la sentiva da lei cercava poi il disco in quella versione), altre volte si soprassedeva e le versioni radiofoniche e discografiche non coincidevano. Erano insomma comportamenti strani. Ma ciò è dovuto ad una concezione diversa dell’industria discografica, che andò avanti suppergiù fino agli anni Sessanta. Oggi mai nessuno si sognerebbe, per esempio, di darsi pena per far incidere da cantanti sconosciuti le canzoni famose del momento, perché nessuno le comprerebbe. Semmai si fa l’operazione contraria e si creano cantanti nuovi, mandando in TV degli sconosciuti. Eppure sino a tutti gli anni Sessanta per ogni Sanremo o “Disco per l’estate” venivano incise da etichette minori (e neppure tanto, vedi Durium o Fonola) versioni economiche delle canzoni, interpretate da artisti minori: Nazzaro, Ranieri e altri iniziarono così la loro carriera. Tempi che cambiano…Una cosa è certa, secondo me: una volta erano soprattutto le canzoni ad essere valorizzate, mentre il cantante era solo un mezzo. Oggi si crea della plastica intorno a un nome e le canzoni contano spesso meno di nulla. Per questo, penso, sono quasi tutte insulse e inutili (tranne qualche cantautore, comunque della vecchia scuola, tipo Guccini, che ha ormai 72 anni). Chi verrà dopo di noi si ricorderà forse della Pausini o di Ramazzotti, ma chi mai ricorderà le loro canzoni?». ◙ Mail di Alessandro Rigacci: «Come spesso accade, la verità sta nel mezzo. Ha ragione, infatti, Antonio a sostenere che nell’incisione, a duettare con Bonino, è Lina Termini e non la Fioresi. Tuttavia, è doveroso precisare che il brano venne lanciato alla radio dal duo Bonino-Fioresi: quest’ultima poi – non sappiamo ufficialmente il perché – non la incise. È la stessa Fioresi a svelare l’arcano in un’intervista del 1970, durante la presentazione di un suo nuovo Lp di motivi del passato. ◙ Mail di Simone Calomino: «Confermo anch’io che si tratta di Lina Termini. Dalla voce si sente che non è la Fioresi, dato che quest’ultima aveva una voce un po’ più “potente”, che risalta maggiormente su quella maschile (ascoltate ad esempio Chiesetta alpina). Inoltre, come potrete percepire, il vibrato che caratterizza la voce femminile è tipico delle incisioni della Termini. Per darvi un’ulteriore conferma di ciò vi suggerisco di ascoltare Nuvole di fumo, un’incisione da me ritrovata recentemente e postata su YouTube. In essa potrete ben osservare quanto la bella voce di Lina Termini sia simile a quella della ‘misteriosa’ cantante di Vieni sul mar. 19 ◙ Mail di Giancarlo Fochesato: «Ottima l’idea di arricchire l’archivio con il prezioso materiale costituito dalle puntate della benemerita trasmissione di Carletto Loffredo Toh! Chi si risente. Il bravo jazzman e cultore di storia del nostro swing meriterebbe forse un profilo più esaustivo del semplice dato biografico inserito nel titolo, non sembra anche a voi? [Certo che sì: abbiamo da tempo incaricato il nostro collaboratore Manuel Carrera di realizzare una bella intervista al presto ottantaquattrenne – ma sempre in gambissima! – Loffredo e aspettiamo con fiducia che si decida a farla. NdC]. Con le importanti nuove rivelazioni sulle Lescano promesseci da Virgilio Zanolla, la loro storia sarà completa anche dell’ultimo capitolo ancora mancante. Qualche nuovo documento potrà sempre affiorare in futuro e resta naturalmente la speranza di colmare le lacune della discografia. Ma sarà bene, giusto il recente invito del Curatore (in realtà, un campanello d’allarme), riflettere sul futuro del sito. Siamo tutti d’accordo, credo, sul fatto che sarebbe davvero un gran peccato vederne la chiusura, perché raggiunti gli obiettivi, assolta la missione ed esaurita la forza animatrice iniziale. Peccato, perché egoisticamente le Notizie costituiscono una piacevole e intelligente lettura e un gradito appuntamento almeno settimanale. Ma anche perché, dalla nascita ad oggi, il sito è venuto plasmando un gruppo di esperti e ricercatori, la cui esperienza ed il cui entusiasmo andrebbero persi o dirottati altrove. Perché, allora, non estendere il campo delle nostre ricerche? Recentemente, il sito si è arricchito di una ‘sezione cinema’, godibile e utile. La mia proposta, tuttavia, riguarda pur sempre il campo musicale: la musica swing o sincopata che si suonava in Italia fino a tutti gli anni Quaranta. L’argomento ha in passato stimolato sul sito alcuni interessanti contributi (tecnica musicale delle Lescano, grandi orchestre EIAR, arrangiamenti dei Maestri Prato, Angelini e Barzizza, dischi e musica da film americani, fascismo e politica anti-esterofila). Ma tanto resta ancora da esplorare. Penso, in particolare, al divieto imposto dal Fascismo di suonare musica jazz (o swing o americana, che dir si voglia). Tutti ne parlano e ne scrivono come di cosa assodata. Ma un’indagine seria – quale in parte già è stata svolta sul sito – porta a concludere che si tratti in realtà di un mito. D’accordo che le Lescano non sono tutto swing o ritmo sincopato. Il loro repertorio comprende anche tanta musica melodica. E già mi sembra di sentire i puristi del jazz negare che quello delle Lescano (o di Barzizza, Natalino Otto e via dicendo) sia vero swing. Ecco lo spunto per una bella discussione. E comunque resta il fatto che, edulcorata quanto si vuole (ma davvero e quanto esattamente?) rispetto ai modelli statunitensi, la musica sincopata trovò qui da noi nelle Lescano le interpreti capaci di diffonderla tra un pubblico – quello italiano – con gusti in materia di musica e testi piuttosto tradizionali. A sorprese ancora maggiori (a smentita di un luogo comune altrettanto radicato) porterebbe un’analoga indagine indirizzata alla Germania, dove anche la musica jazz venne colpita (ma quanto e con quali modalità?) dal bando decretato dal nazismo, andato al potere, contro la c.d. ‘arte degenerata’ [Entartete Kunst]. 20 Il saxofono fu uno strumento particolarmente inviso ai nazisti. A guardare oltre le Alpi ci guidano, del resto, le stesse Lescano, con i dischi da loro incisi per il mercato tedesco (e dove cantano in quella lingua, così simile all’olandese, la loro lingua madre). Ma la vera sorpresa per chi le ascolti la prima volta, sono le incisioni realizzate in piena guerra dal grande Kramer e altri musicisti italiani (gli altrettanto bravi Piero Angeli e Alfredo Marzaroli) per etichette discografiche in Germania. Su questo, precisamente, mi riprometto di scrivere una nota, con l’augurio che essa dia avvio ad un dibattitio approfondito, tale da animare il sito». ◙ La Vetrinetta di Antonio si arricchisce di altri due titoli: Partir con te di GiulianiBorella interpretata da Carlastella con l’orchestra Ceragioli e La barca dei sogni di Di Ceglie-Testoni come volle interpretarla Silvana Fioresi. ◙ Il promesso saggio di Virgilio, intitolato Caterinetta 1945-1955 e corredato da numerose foto inedite, verrà pubblicato venerdì prossimo, 6 Aprile, nella sezione Oggi parliamo di... Esso vuol essere una sontuosa regalia che il nostro attivissimo collaboratore genovese desidera offrire a tutti i nostri aficionados in occasione della Santa Pasqua. Venerdì Santo 6 Aprile 2012 Lasciali vivere! 21 ◙ Come annunciato lunedì scorso, pubblichiamo il corposo saggio di Virgilio Zanolla intitolato Caterinetta 1945-1955. Esso fa, per la prima volta, piena luce sul periodo più felice ma anche più tormentato – e addirittura, verso la fine, ad un passo dalla tragedia – della minore delle sorelle Leschan/Lescano. Ecco come l’Autore stesso ci presenta il proprio lavoro, costatogli settimane di ricerche e frutto di molteplici colloqui con vari testimoni, tutte persone di squisita cortesia e illimitata disponibilità, che hanno fornito un supporto decisivo alla riuscita dell’impresa: «Mi è rimasta impressa una frase di Nicolas Poussin. Il più grande pittore francese del Seicento (che, com’è noto, trascorse gran parte della sua vita a Roma, città di cui era innamorato e dove morì), un giorno, a un ammiratore che gli chiedeva come fosse giunto a tale eccellenza nel dipingere, rispose modestamente: - Non ho trascurato nulla. - Nel mio piccolissimo, ho sempre cercato di far tesoro di queste parole, sforzandomi di tenerle presenti in ogni cosa che faccio, soprattutto nelle ricerche. 22 Questo saggio, infatti, è frutto di un po’ d’attenzione, di ostinazione e di tanta fortuna. Volevo ricostruire il passato di Caterinetta dal momento del suo abbandono del Trio fino alla partenza per il Venezuela: ma i punti di riferimento erano pochissimi. Avevo letto il messaggio del sig. Franco D’Agostino, fattosi vivo col nostro sito per raccontarci di suo zio Duilio; le date presunte della relazione di quest’ultimo con Caterinetta non parevano tuttavia combaciare con altri indizi, che portavano al misterioso personaggio presente accanto a Kitty nella foto balneare apparsa su Tulip Time. Ero persuaso che il sig. D’Agostino avesse ancora parecchie cose da dire, e soprattutto indizi da fornire: così l’ho contattato, e ho potuto parlargli al telefono. Franco (ormai ci diamo del “tu”) è stato gentilissimo, e per suo tramite ho potuto contattare suo cugino Renato e, in un secondo tempo, anche la signora Carla Righi, vedova di Duilio: i quali sono stati anch’essi estremamente gentili e collaborativi. È dalle loro testimonianze che ho finalmente compreso come Caterinetta avesse frequentato non una ma due persone legate in qualche modo al mondo dell’antiquariato torinese. Tuttavia, nessuno di loro aveva saputo fornirmi il nome dell’altra persona, ovvero del fidanzato che Kitty ebbe prima di Duilio. Per saperne di più, dopo un ozioso giro di telefonate a vari negozi antiquari di Torino, chiedendo di persone e di cose riguardanti ben sessant’anni prima, e quindi ben difficilmente ricostruibili, sono riuscito a rintracciare il sig. Peppino Angotti, di cui m’aveva fatto il nome la signora Righi: Angotti, tra la fine degli anni Quaranta ed i primi Cinquanta, era stato socio di Duilio D’Agostino. Da lui ho appreso tanti particolari di prima mano, e, soprattutto, il cognome del famoso primo fidanzato di Caterinetta. Tale cognome non è particolarmente diffuso, così nei primi giorni di luglio del 2011 sono riuscito facilmente a rintracciare la famiglia dello stesso, apprendendo come questa persona fosse mancata da più di vent’anni. Uno dei suoi nipoti, il signor Gesuino, e soprattutto la sorella, l’oggi ottantottenne signora Maria Rosaria, sono stati meravigliosamente collaborativi: ed ecco che, improvvisamente, davanti ai miei occhi e alle mie orecchie si sono aperte le ‘cataratte del Nilo’... Grazie alla memoria lucidissima della signora Maria Rosaria, alla sua precisione nel fornirmi dati e particolari, ho potuto ricostruire il passato di Caterinetta fino agli albori del ’53, saldandolo così con la successiva storia di Kitty con Duilio D’Agostino; e grazie alla cortesia della stessa, ho potuto recuperare una trentina di foto, di cui 24 del tutto inedite di Caterinetta, e alcuni documenti scritti, uno dei quali di suo pugno. Poussin, dunque, aveva ragione: in qualsiasi cosa si faccia, non bisogna mai trascurare nulla». 23 Biglietto autografo di auguri pasquali di Caterinetta [Kitty] Lescano alla sua madrina, Matje de Leeuwe, sposata a Bertus Martron. Si noti la grafia errata del cognome dello zio, che si incontra anche in altri documenti. ◙ Mail di Massimo Baldino: «Cari amici, non è davvero il caso di prendersela tanto sentendo Loffredo e Bonino dire alla radio una cosa per un’altra! In quei programmi del famoso jazzista-presentatore di imprecisioni, anche grossolane, ce ne sono parecchie, tipo datare i dischi della Garbaccio intorno al 1935, con l’interessata che non lo corregge! E presentare la stessa come una cantante della metà degli anni Trenta: come dire che ne era proprio convinto. Il fatto è che le cose vanno sempre viste da altre prospettive. Non tutti sono precisi e meticolosi come cerchiamo di esserlo noi e, quando si fanno delle affermazioni, non si può stare sempre a consultare prima le enciclopedie (che tra l’altro, su questi argomenti, non esistono o sono spesso inaffidabili). Un programma radiofonico è godibile proprio perchè fatto da esseri umani che parlano liberamente e a braccio, con tutto quello che ne consegue, errori compresi. È solo quando si vuole ricostruire le cose (vedi la fiction Rai o il tascabile Einaudi sulle Lescano) che errori così diventano orrori… In questo momento sto ascoltando le interviste di Carletto Loffredo, che trovo estremamente godibili e preziose: chi se ne frega, allora, delle sviste!». ◙ Mail di Giorgio Zoffoli: «Entro subito nel merito dell’interessante acquisizione di documenti musicali che ho fatto domenica scorsa in un mercatino dell’usato in quel di Bagnacavallo di Ravenna. Quando si frequentano mercatini del genere, lo stato d’animo più frequente è che “ormai non si trova più nulla di interessante”, perché chi ha collezioni importanti se le tiene strette e nascoste ed inoltre perché si pensa che tanta documentazione cartacea finisca ahimè al macero o nella spazzatura. Ma, quando meno te lo aspetti, ti capita il colpetto fortunato del venditore che ha appena sgombrato il solaio di una vecchia zia, deceduta da poco, la quale era stata per tutta la vita “noiosamente” appassionata di “musica petulante”. Beh, con un unico acquisto molto alla portata di mano, sono riuscito ad aggiudicarmi oltre trenta “Canzonieri della Radio” che mi mancavano (dal n. 153 del 1949 al n. 209 del 1954), una trentina di “Raccolte di Canzoni” delle Messaggerie Musicali che non conoscevo più di tanto e che mi riempiranno parecchie giornate di questa primavera, ma soprattutto un interessante romanzo illustrato a colori di Umberto Eco, che non sapevo trattasse anche della musica leggera degli anni Trenta. 24 Copertina del romanzo di Umberto Eco, La misteriosa fiamma della regina Loana (Bompiani, 2004) e tre delle numerose pubblicazioni recentemente acquisite dal nostro amico Giorgio Zoffoli. Il protagonista della storia, Yambo, dopo un incidente che gli ha fatto perdere la memoria, viene accompagnato nel lento recupero di se stesso dalla moglie che lo convince a tornare nella casa di campagna dove ha conservato i libri letti da ragazzo, i quaderni di scuola, i dischi che ascoltava allora. Così, in un immenso solaio, Yambo rivive la storia della propria generazione, tra Giovinezza e Pippo non lo sa, tra Mussolini, Salgari, Flash Gordon e i suoi temi scolastici di Piccolo Balilla. I riferimenti alle canzoni degli anni Trenta sono costanti e le citazioni del Trio Lescano ripetute. Vi segnalo questo libro per suggerirlo magari ai lettori del sito». ◙ Roby ci ha offerto la perfetta registrazione del disco Cetra DC 4200, del 1942, con le canzoni O Carolina e Tutti vogliono cantare, interpretate entrambe da Ernesto Bonino e il Trio Lescano, ottimamente accompagnati, come al solito, dall’Orchestra di Pippo Barzizza. Dato che queste copie sono nettamente migliori di quelle già presenti nel nostro Archivio sonoro, è stato un piacere operare la sostituzione. ◙ Antonio ci ha offerto, come graditissimo dono pasquale, la canzone Bimba mia non mi resistere (GP 92404), interpretata da Dino Di Luca e il Trio Lescano. Essa è tra quelle che ancora ci mancavano, purtroppo però la qualità di questa copia non è delle migliori: preferiamo perciò che il nostro Walter metta in campo tutta la sua bravura nel tentativo di restaurarla, prima di proporre a tutti i lescanofili la consueta anteprima del brano. Giovedì 12 Aprile 2012 ◙ Molte attrici e non pochi attori del cinema del periodo 1930-1945, di cui ci occupiamo noi, hanno avuto una vita lunghissima (clamoroso il caso di Johannes Heesters, di cui abbiamo parlato nel Gennaio scorso); Virgilio ha perciò avuto l’idea di verificare quali protagoniste del nostro cinema di quell’epoca siano tuttora con noi, con la speranza di poterle contattare per raccoglierne la testimonianza. La ricerca ha dato esito positivo e così il nostro collaboratore ha avuto la gioia di parlare a lungo al telefono con la novantunenne Lilia Silvi, sempre lucida e in gambissima. Grazie alla piena collaborazione della figlia, Chicca Scarabello, egli ha potuto realizzare un’intervista alla spumeggiante interprete di tanti bei film di quel lontano passato, come Dopo divorzieremo o La bisbetica domata: una vera sciccheria. http://www.trio-lescano.it/pdf/Una_ragazza_con_argento_vivo.pdf Manifesto del film La vispa Teresa di Mario Mattoli (1943), interpretato da Lilia Silvi. 25 ◙ Mail di Antonio: «Desidero inviare a tutti gli amici lescanofili un caro saluto dal mio paese natio, Polignano a Mare, sognando di volare con Mimmo... nel blu del nostro cielo». ◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Vi mando questa caricatura che ho trovato fra le carte di mio padre. Indubbiamente è lui, ma non riesco a leggere chiaramente la firma dell’autore (un po’ pungente...). Sono sicura che le forze riunite del sito riusciranno a individuarlo! Auguri a tutti e lunga vita al sito!». 26 ◙ Simone ci ha inviato un’etichetta che ci mancava: quella della canzone Non ti parlerò d’amore di Bertone-Cram, incisa nel 1940 da Michele Montanari e il Trio Lescano, accompagnati dall’Orchestra Barzizza (Parlophon GP 93158, matrice 154822). ◙ Mail di Virgilio: «Cari amici, ho considerato la circostanza, indubbiamente curiosa ed emblematica, che l’ultimo disco delle Boswell Sisters è del 1936, e dello stesso anno è il primo disco delle Lescano. Insomma: un ideale ‘passaggio di consegne’ tra quelli che, nel mio piccolissimo, giudico i due migliori trii vocali femminili del Novecento: dato che, come ho già avuto più volte occasione di dire, considero le Andrews Sister nettamente inferiori sia alle prime che alle seconde. Mi piacerebbe però, in proposito, conoscere anche il pensiero degli altri confratelli: i quali, magari, segnalassero altri trii – europei e non – che a loro giudizio andrebbero citati in questo Parnaso delle sette note». Ultim’ora - Mail di Paolo:«Partecipando alle notizie odierne, Virgilio cita a proposito le Andrews Sisters. Queste ragazze conobbero un successo eccezionale in America, e questo nonostante fossero senz’altro inferiori musicalmente alle Boswell. Il loro boom è senza dubbio dovuto prima di tutto alla loro esuberante presenza scenica: si veda il loro esordio cinematografico del 1940 e la loro costante presenza nei film di periodo bellico, accompagnate dalle più grandi orchestre, come quella di Harry James. In pratica divennero le fidanzatine di ogni soldato americano, e in questa scia la loro popolarità si mantenne intatta negli anni. Ancora nel 1979 nel film di Spielberg 1941: Allarme a Hollywood vengono addirittura impersonate da attrici moderne su loro vocal originale. Gli americani furono insuperabili nell’utilizzare le stars d’epoca per mantenere alto il morale delle truppe. Tutti gli artisti portarono il loro contributo dando spettacoli e facendo trasmissioni radio a favore dei soldati. Glenn Miller su tutti creò la AAF Band, composta da una quarantina di elementi che furono inviati in Inghilterra, da dove trasmisero per le truppe al fronte e irradiarono programmi speciali per il nemico, per cercare un possibile consenso in vista della vittoria. Molti furono i trii e quartetti vocali notevoli, soprattutto femminili: oltre alle Andrews ricorderei le Denning Sisters, le King Sisters (quartetto). Ma sui quartetti 27 vocali aprirei un’altra pagina più tardi, in quanto il discorso andrebbe allargato e ci sono alcuni gruppi formidabili di cui parlare diffusamente». Nell’odine: le Denning Sisters e le King Sistsers. Lunedì 16 Aprile 2012 ◙ Gesuino Epicureo, a nome anche della zia Maria Rosaria Epicureo, ha scritto al nostro Virgilio, autore del saggio Caterinetta 1945-1955, pubblicato il 6 Aprile scorso, una bellissima mail. Essa ci è parsa non solo un attestato di stima e di riconoscenza come capita poche volte di ricerverne nella vita, ma anche un documento di indiscutibile interesse, quanto meno sul piano umano. Abbiamo perciò ritenuto opportuno pubblicarlo in appendice al saggio stesso, unitamente alla foto, a tutta pagina, cui la Signora Maria Rosaria fa riferimento nella mail. Invitiamo dunque tutti i nostri lettori a prendere visione della nuova versione del saggio, che è ora in rete: http://www.trio-lescano.it/pdf/Caterinetta_1945-1955.pdf. Li invitiamo altresì a visionare anche la scheda fotografica dell’attrice Lilia Silvi, intervistata di recente da Virgilio: essa è stata infatti riveduta e notevolmente arricchita con cinque stupende foto pubblicitarie, provenienti dall’archivio personale dell’attrice grazie ai buoni uffici della gentilissima figlia, Elisabetta Scarabello. ◙ Diversi lettori ci hanno segnalato contemporaneamente che un noto commerciante campano ha messo all’asta su eBay (al prezzo di partenza di 35€, più 12€ di spedizione!) un disco Parlophon contenente una canzone col Trio Lescano che non figura nella nostra Discografia. Tale notizia ci lascia perplessi. In effetti, se non possiamo escludere a priori che nell’elenco da noi redatto delle incisioni realizzate dalle Lescano manchi qualche titolo, ci pare però strano che nessuno ce l’abbia mai segnalato prima d’ora. La nostra Discografia è stata oggetto negli anni scorsi di innumerevoli correzioni, messe a punto e integrazioni ad opera dei tanti esperti che hanno voluto darci una mano: possibile che tutti costoro fossero all’oscuro dell’esistenza di questo disco, pubblicato per di più nel 1939, vale a dire quando le olandesine erano al culmine della popolarità? 28 Faremo dunque delle indagini, coinvolgendo i migliori cultori della materia con cui siamo in contatto; poi ritorneremo sull’argomento, presumibilmente nelle prossime news. ◙ A proposito di formazioni vocali straniere c’è stato un vivce scambio di mail tra Paolo [Piccardo] e Virgilio. Lo pubblichiamo perché è di interesse generale. ♦ Paolo: Si è brevemente disquisito sui trii vocali. In America, dove si era maestri del vocal, sia a solo che con orchestra, i gruppi furono moltissimi, e spesso le loro performances furono inscindibili da quelle della loro orchestra, divenendone un tratto caratteristico. I trii, ma soprattutto i quartetti vocali, a volte erano composti da membri dell’orchestra stessa, oppure da un mix di orchestrali e cantanti solisti, oppure erano gruppi a parte. Vediamo in breve i le principali formazioni degli anni ’40. L’Orchestra di Glenn Miller schierava una coppia di cantanti solisti, Marion Hutton e Ray Eberle, a cui si univa a volte il saxofonista Tex Beneke, e il quartetto (poi quintetto vocale) dei Modernaires, che era composto, nella formazione originale, da Chuck Goldstein, Hal Dickinson, Ralph Brewster, Bill Conway. La cantante Paula Kelly si unì al gruppo più tardi. Tra i loro maggiori successi ricordiamo Chattanooga Choo Choo, Kalamazoo, I know why (Serenata a Vallechiara). Il quartetto, con debite varianti e inserimento di figli dei componenti originali è tutt’ora attivo negli Stati uniti (nella foto, da sinistra: Conway, Brewster, Dickinson, Goldstein, Beneke, Eberle, Glenn Miller; in primo piano Marion Hutton). L’Orchestra di Tommy Dorsey presentava il celeberrimo gruppo The Pied Pipers (Chuck Lowry, John Huddleston, Clark Yocum Hal Hopper e la divina Jo Stafford). Altri cantanti furono nientemeno che “The Voice” Frank Sinatra, che mosse i primi passi nella formazione di Dorsey e Connie Haines. Il gruppo vocale, che ebbe in seguito un gran successo da solo, è attivo ancor oggi, e dal 2001 è stato inserito nella Vocal Group Hall of Fame (nella foto, da sinistra: Tommy Dorsey, Lowry Stafford, 29 Sinatra,Yocum, Huddleston). Tra i più grandi successi con Dorsey ricordiamo I’ll never smile again, Yes indeed, There are such things... del quartetto da solo si ricordi Dream e My happiness. Alvino Rey esibiva con orgoglio le quattro sorelle King (Alice, Louise, Donna, Yvonne), una delle quali, Louise, era la sua consorte. Le sorelle registrarono successi come Mairzy Doates, Nighty Night, Miss Otis Regrets, San Fernando Valley, Jersey Bounce. Il gruppo proseguì l’attività ben avanti negli anni ’90. Molti siti di fan sono tuttora attivi e aggiornati. E i gruppi afro-americani? Beh, difficilmente si trovano associati alle grandi orchestre (Ellington, Lunceford), ma spessissimo lavorano da soli. Si veda nella pagina degli Stili Vocali l’accenno agli Ink Spots e ai Mills Brothers. 30 Le sopraccitate bands esibivano a volte estemporanei ma efficacissimi trii e quartetti, composti dai musicisti stessi. Gustate questo esempio meraviglioso, una vera Star Parade: www.youtube.com/watch?v=2SThwSctW_A Naturalmente i gruppi furono numerosissimi. Visitate, per avere un’idea, il bel sito: www.vocalgroupharmony.com/index.htm. ♦ Virgilio: Caro Paolo, il tuo recente intervento sulle formazioni vocali statunitensi è stimolante ed esauriente, degno in tutto e per tutto della tua fama di studioso, musicista e musicofilo; ma, se consenti, rispetto al tema che ho proposto, è spesso anche fuorviante. Io vorrei limitare il mio ragionamento esclusivamente ai tri femminili, di qualsivoglia paese e di qualsiasi epoca purché attivi (o anche attivi) nella prima metà del Novecento; il motivo è intuibile: vorrei compararli con le Lescano, per capire in effetti qual è il valore assoluto del nostro Trio, che nella mia mitologia pongo, nel passato secolo, in vetta assieme alle Boswell Sisters. In questi giorni sto ascoltando tutti i brani possibili delle Boswell, per poter istituire dei paragoni e ravvisare delle differenze tra loro e le nostre olandesine: ma, per carità, non per stabilire a quale dei due trii vada la supremazia, perché per me sono entrambi celestiali. Mi piacerebbe tanto - e in questo, nessuno può aiutarmi più di te - trovare qualche brano delle Boswell poi ‘rifatto’ dalle Lescano: sono certo ve ne siano, ma al momento non ne ho trovati, anche se in Roll on Mississippi Roll on (1931) c’è indubbiamente qualcosa da loro ‘affrontato’ con piglio pre-lescaniano, dove forse si può istituire un raffronto. Per ora, delle Boswell posso dire questo: erano vocalmente più complete (ciò che tuttavia non significa anche più duttili), in quanto, nei motivi, tutte e tre le sorelle, non solo Connie, cantavano spesso brani solistici. Riguardo alle canzoni, tra le loro e quelle delle Lescano, queste ultime hanno incomparabilmente più swing: ma ciò dipende esclusivamente dagli sviluppi musicali dei secondi anni Trenta, dove le grandi orchestre avevano ormai il sopravvento; non dimentichiamo che le Boswell incisero il loro primo disco nel ’25 (su You Tube si può ascoltare il loro frusciante ma suggestivo Nights When I am Lonely,che risale proprio a quell’anno), e allora andavano per la maggiore le melodie lente e cantilenanti tipiche di certo soul. Le Boswell sono spettacolose in Crazy People (’32) e in qualche altro brano, ma le Lescano non sono davvero da meno, anzi. In fatto di acrobazie vocali non saprei proprio chi scegliere: le Boswell se ne concessero di meno, ma all’occasione si dimostrarono sempre all’altezza, mentre per le Lescano esse furono indubbiamente una loro caratteristica di stile; le Boswell sono bravissime a interagire con l’orchestra, ma in questo le Lescano sono difficilmente superabili (le tanto decantate Andrews, invece, fanno il loro bravo ‘compitino’...). Per le Boswell, gli anni d’oro furono soprattutto il 1931 e il ’32, per le Lescano è forse più difficile stabilirlo, dato che musicalmente parlando, gli anni 1937-42 furono tutti in pieno sole. Ecco, ti ho esposto alcune mie modeste osservazioni, frutto dell’ascolto di una sessantina di brani delle Boswell Sisters. Mi piacerebbe saperne di più anche su altri trii vocali femminili europei: purtroppo, la pagina relativa del nostro sito è ancora in preparazione. Conto molto anche sugli interventi e le opinioni di altri confratelli e lettori, e anche su quella del nostro Curatore, che essendo musicista ha tutte le carte in regola per dire la sua, molto più di un profano quale io sono. 31 ♦ Paolo: Ho dato una bella occhiata alla discografia delle Boswell, e purtroppo non esistono termini di paragone. Invece trovo che le Boswell abbiano in realtà scopiazzato da vari altri gruppi: ad esempio, Shout Sister Shout (www.youtube.com/watch?v=FG-nGvUVPU) è assolutamente nello stile dei coevi Mills Brothers, e anche un po’ del genere barbershop quartets. Anche l’armonizzazione è strana. La voce conduttrice è in basso, un po’ come se Giuditta cantasse la parte di Caterina, rovesciando quindi le armonizzazioni canoniche. Evidentemente Connee aveva la voce profonda, ed essendo la più portata al canto approfittò della situazione. Non che ci sia qualcosa di sbagliato, per carità. Credo che la differenza sostanziale tra Lescano e Boswell è che le americane erano tre musiciste finite, e quindi riusciva loro più istintivamente lo swingare e il “leggere” la musica, mentre le Lescano sono più “orecchianti”, ma come spesso succede il talento fa la differenza. Boswell sta a spartito come Lescano sta a feeling... e si sente! Purtroppo una politica cieca e somara impedì alle nostre care di confrontarsi con un vero repertorio jazzistico ed interpretare i grandi standard dei maggiori compositori americani (vuoi pensare a Caterina che canta Sophisticated Lady o al Trio che vocalizza sul blues di Un americano a Parigi?). È lo stesso rimpianto che ho per Mina: avesse avuto il coraggio di andare negli USA avrebbe polverizzato Streisand e compagnia bella... ♦ Virgilio: Quest’ultimo messaggio mi pare importante e acuto: soprattutto condivido la frase. «Boswell sta a spartito come Lescano sta a feeling...e si sente». Non perché le Boswell fossero inferiori, non è così, ma in quanto a mio avviso esse furono realmente penalizzate da un certo fiacco languore delle canzoni dell’epoca, dove abbondavano la melassa e il papavero. ◙ Mail di Francesco Paci: «Mi trovo assolutamente d’accordo con Virgilio: le Andrew Sisters non sono al livello delle Boswell Sisters (e non erano neppure così belle come le seconde, a mio parere), ma, bisogna ammetterlo, esistono diversi brani indimenticabili del longevo trio americano, che ascolto di continuo: basti ricordare Near You, Bei Mir Bist du Schön, There’ll be a Hot Time in the Town of Berlin, Pistol Packin’ Mama, e così via. Le Boswell Sisters risentono ancora dell’atmosfera degli anni ’20, ma, al tempo stesso, con la loro grande musicalità, inaugurano un filone nuovo ed allettante. Non credo sia del tutto corretto citare il “passaggio di consegne” fra le sorelle americane e quelle olandesi, cui faceva riferimento Virgilio: ricordiamoci sempre che i suddetti grandi Trii appartenevano a due continenti (e culture) differenti. Potrei, al massimo, ripetere quanto detto per le sorelle Boswell: le nostre sorelle Leschan hanno avuto il merito di svecchiare il panorama musicale italiano, ancora troppo tradizionale e, devo dirlo, non sempre convincente». ◙ Intervento del Curatore: «Fin dalla creazione del sito ho sempre sostenuto che è un controsenso, tanto sul piano cronologico quanto su quello propriamente musicale, affermare – come fanno taluni sedicenti storici della canzone e ripetono papagallescamente, con deplorevole pervicacia, i gazzettieri di turno – che le Andrews Sisters siano il modello delle Lescano. Tale modello (se mai ce n’è stato 32 uno) va piuttosto individuato nelle Boswell Sistsers, i cui dischi è assai probabile che fossero noti al M° Carlo Prato, lo scopritore e preparatore delle olandesine. Le Boswell Sistsers (Martha, Connie e Vet) all’apice della loro carriera. Su di loro si veda il bel sito http://www.bozzies.org/. Le Boswell, in ogni caso, dovettero servire solo da stimolo iniziale per le Nostre, dato che ben presto Prato individuò per loro uno stile interpretativo originale, inconfondibilmente diverso da quello delle americane e perfettamente tarato su un repertorio del tutto differente. Si tenga anche presente che le Boswell, musiciste colte, cantavano nella loro lingua e nel paese dove il jazz ha avuto origine, giocavano insomma ‘in casa’, mentre le Lescano, cantanti istintive, percorsero tutta la loro carriera ‘in trasferta’: vien da chiedersi a tale riguardo come avrebbero cantato in olandese, la loro lingua materna... Va però ribadito una volta di più che, grazie all’intuito del M° Prato e al loro prodigioso talento innato, le Lescano seppero immediatamente trasformare un apparente handicap – una pronuncia alquanto approssimativa dell’italiano e, in misura minore, del tedesco – in un vezzo in più. Per certuni, addirittura, la loro carta vincente, al pari della vistosa erre moscia di Giuditta». ◙ Mail di Renato Percival Allison: «Amici, mi sono sempre chiesto, come mai, quando si parla di trii femminili che hanno più o meno direttamente fornito ispirazione per le Lescano, non si nominino mai le Brox Sisters. Molti esempi delle loro interpretazioni si possono ascoltare su YouTube, come questo: http://www.youtube.com/watch?v=obMX42zTYPs. Secondo me, sono il vero prototipo dal quale discendono tutti gli altri trii vocali femminili». 33 ◙ Mail di Massimo Baldino: «Carissimi amici, domenica 29 Aprile dedicheremo un’intera giornata al grande Ernesto Bonino, nel quarto anniversario della sua scomparsa. Lo faremo con una trasmissione speciale di Dal fonografo al microsolco interamente dedicata a lui. Nel pomeriggio invece tutta la nostra programmazione sarà proprio dedicata alle sue canzoni. Ci piacerebbe poter avere anche qualche breve ricordo dell’indimenticabile cantante torinese raccontato da Voi. Una sua apparizione televisiva che vi è rimasta impressa, una sua canzone... insomma qualsiasi cosa vi sia rimasta cara o comunque in mente. Se volete dunque partecipare a questo nostro revival basta rispondere a questa mail entro il giorno 24 c.m., comunicandoci il vostro numero telefonico fisso. Sarete contattati quanto prima e registreremo il vostro ricordo. Confido dunque in Voi, per poter rendere un giusto omaggio a questo grande protagonista musicale del secolo scorso». Ernesto Bonino (Torino, 16 Gennaio 1922 - Milano, 29 Aprile 2008). 34 Sabato 21 Aprile 2012 ◙ Abbiamo potuto chiarire i dubbi relativi al disco menzionato nella seconda delle Notizie di lunedì scorso. Precisiamo innanzi tutto che si tratta del disco Parlophon GP 92824, messo all’asta su eBay da ferditrilly e contenente sul lato a Mariquita e sul lato b La campana dell’amore. Ecco l’etichetta di quest’ultima, pubblicata dal venditore: Come si vede, in essa si legge che il brano è interpretato da Carlo Moreno, affiancato dal Trio Lescano, con l’accompagnamento dell’Orchestra Barzizza. La campana dell’amore, però, non figura nella nostra Discografia, il che ci è sembrato subito alquanto strano, per i motivi che abbiamo esposto nella news citata qui sopra. Un rapido controllo effettuato nei cataloghi storici della Casa discografica ha avvalorato i nostri dubbi, in quanto la presenza delle Lescano non vi è affatto segnalata, mentre al loro posto figura Michele Montanari: Dal Catalogo dei Dischi Cetra-Parlophon del Gennaio 1941, p. 74. Dal Catalogo dei Dischi Cetra del 1942, p. 296. Restava però la possibilità – a dire il vero assai remota – che l’etichetta fosse giusta e che a sbagliare fossero i cataloghi. Abbiamo perciò interpellato la signora Gianna Montanari Bevilacqua, nostra cara amica, la quale, gentilissima come sempre, ci ha non solo confermato che La campana dell’amore è stata incisa da suo padre in duo con Carlo Moreno, senza alcun intervento delle Lescano, ma ha anche allegato alla sua mail, come prova decisiva, il file dell’incisione. Siamo dunque in presenza dell’ennesimo pasticcio commesso dai funzionari della Parlophon (che – è bene ricordarlo – era un’emanazione dell’Eiar), in un’epoca in cui, stando alla propaganda 35 del Regime, tutto funzionava a dovere, inclusi i treni che partivano e arrivavano sempre spaccando il secondo. ◙ Nella sezione “Cinema” della nostra Fototeca è prevista anche una sottosezione dedicata ai Manifesti e locandine, che costituiscono senza dubbio uno degli aspetti più fascinosi della cinematografia italiana nel periodo da noi preso in considerazione (1930-1945). Fra i tanti artisti grafici che si specializzarono nella creazione di questi efficacissimi strumenti pubblicitari si distinse il romano Anselmo Ballester (18971974), autore di un numero impressionante di manifesti per film, tutti di qualità ineccepibile per abilità compositiva, plasticità delle figure ed espressività dei volti. Abbiamo rintracciato il nipote di questo grande Artista, Claudio Procesi, il quale, unitamente alla sorella Lidia, ha accettato di buon grado di scrivere per noi un affettuoso Ricordo del nonno, dal quale emerge a tutto tondo l’accattivante personalità di Ballester, non solo illustratore di eccelsa bravura (significativa è l’ammirazione che nutriva per il Tintoretto), ma anche bon vivant: amante degli scherzi bonari e arguti, della musica conviviale di qualità e, al tempo stesso, legatissimo alla famiglia. Un tipo d’uomo che al giorno d’oggi è sempre più raro incontrare, specialmente fra i troppi attuali sedicenti “artisti”. http://www.trio-lescano.it/pdf/Ricordo_di_Anselmo_Ballester.pdf Anselmo Ballester negli anni ’50. ◙ Mail di Roby [Roberto Berlini]: «Cari amici, sono contento che nella pagina delle Notizie, si parli dei trii e delle altre formazioni vocali. In merito non potevo non intervenire, visto che è il mio principale e preferito tema di studio, per tentare di fare ulteriore chiarezza. Nel 1928 nasce in America il quartetto dei Mills Brothers, che scatenò in oriente, particolarmente in Giappone agli inizi del 1930, un vera e propria moda. Mentre in Europa si sarebbe seguito più il filone del Trio Vocale Femminile capitanato dalle Boswell Sisters (1930-1936), che a loro stessa volta sono state ispirate dalle Brox Sisters (1920-1930 circa), in Giappone il maestro Tadahuru Nakano formò due Quartetti: i Fratelli e le Sorelle Nakano, che ebbero vita dal 1931 al 1936 circa. In Europa, come già detto, si preferì seguire i Trii Vocali Femminili, forse perché più dolci e meno “black” dei Mills Broders. Nel 1935 in Finlandia nascono dalle Boswell Sisters le Harmony Sisters, seguite nel 1936 in Italia dalle sorelle olandesi Leschan 36 (Lescano), create dal Maestro Carlo Prato che in quello stesso anno fa esordire il Quartetto Jazz Funaro. Dal grande successo delle Lescano, alla fine del 1937, esordiscono discograficamente formazioni vocali Tedesche come il Trio Vocale Köln e il Duo Nelson della “Voce del Padrone”. Nel 1938 arrivano in Italia, incidendo per la Odeon, Il Trio Vocale Americano Dunk’s Rhythm Sisters (in realtà olandesi, che fingevano in pubblico di essere americane); infatti nella canzone La signorina della Quinta Strada il nome della città statunitense New York viene pronunciano erroneamente Niork! È sempre nel 1938 che iniziano a fare capolino nella scena musicale italiana i primi trii vocali italiani: (in ordine alfabetico) il Trio Capinere, in seguito Villalba, e il Trio Grazia, in seguito Sorelle Passatore. Il primo, formato dalle Sorelle Codevilla, fu con il primo nome di chiaro stile lescaneggiante; il secondo sentirà forte l’influenza delle americane Andrews Sisiters, che iniziavano contemporanee alle Dinning Sisters ad avere un posto rilevante nella scena discografica mondiale. Nel 1939 esordisce il Trio (maschile) Cetra, contemporaneo ad un Quartetto (sempre maschile) Cetra, che passera il testimone nel 1941 ad un Quartetto che gli sarà omonimo, inizialmente maschile e in seguito misto. Tra il 1940 e il 1943 nascono in Italia in quest’ordine i Trii: Triestino, in seguito Sorelle Triestine, Primavera, Aurora e Fiordaliso. Nel dopoguerra resisteranno solo il Trio Aurora che, sostituendo Lidia Martorana con Santina Della Ferrera del Quartetto (femminile) Stars, arriverà a cantare nel 1954 al neonato Festival di San Remo, e il Trio Capinere che, con il matrimonio di Gianna Codevilla, diventerà un duo». ◙ Giuseppe D’Agostino e Franco D’Agostino, rispettivamente figlio e nipote dell’antiquario Duilio D’Agostino di cui si parla diffusamente nel saggio Caterinetta 1945-1955, ci hanno scritto due mail assai elogiative nei confronti del suo autore, il nostro Virgilio Zanolla. Ringraziamo di cuore per la loro squisita cortesia questi due amici, con cui è stato un vero piacere collaborare. Informiamo i nostri lettori che le prossime Notizie saranno pubblicate, con ogni probabilità, giovedì prossimo: sono in arrivo importanti novità (una riguardante il padre delle Lescano) e contributi di pregio. Nessuno, dunque, manchi all’appuntamento! Giovedì 26 Aprile 2012 ◙ Paolo Piccardo, in stretta collaborazione con Paolo Benevelli e Virgilio Zanolla (che, come tutti sanno, si occupa nel nostro team di ricercatori della biografia delle Lescano), ha potuto recuperare un articolo sul clown Sandro (esattamente: O’Gust Sandro), che fu il nome d’arte di Alexander Leschan, il padre delle sorelle Lescano. Tale articolo, apparso il 4 Settembre 1909 sul periodico olandese «Het Centrum», riveste per noi un’importanza fondamentale perché getta una luce del tutto nuova su questo artista circense, sul quale si sono dette e scritte una quantità impressionante di mezze verità, se non addirittura 37 di spudorate menzogne. Anche la moglie Eva e le sue stesse figlie ebbero con lui – non sappiamo perché – un rapporto a dir poco strano, nel senso che, a partire dalla fine degli anni Venti, lo cancellarono di fatto dalle loro vite, evitando, nelle interviste che concessero, perfino di parlarne o facendolo solo per vaghi accenni. L’articolo in oggetto, tradotto in italiano da Mariëtta Stapper, una gentilissima amica olandese di Paolo Benevelli, è stato revisionato da Virgilio e commentato sia da Paolo Piccardo che dallo scrivente. Esso è stato sistemato nella pagina Oggi parliamo di… ◙ Mail di Paolo: «Il riferimento alla rivista “Fliegende Blätter”, contenuto nell’articolo del 1909, mi ha portato ad un simpatico ritrovamento, ovvero tutte le annate digitalizzate online: ● http://www.ub.uni-heidelberg.de/Englisch/helios/fachinfo/www/kunst/digilit/fliegendeblaetter.html ● http://diglit.ub.uni-heidelberg.de/diglit/fb La rivista fu pubblicata a Monaco di Baviera, in tedesco, dal 1844 al 1944: ecco dunque una ragione di più per ipotizzare che Sandro fosse probabilmente di madre lingua tedesca. Credo che Paolo Benevelli, da buon ex-goliarda, saprà trovare ghiotti spunti da una consultazione attenta di tale periodico». ◙ Giancarlo Fochesato, scorrendo il lungo elenco delle Attrici dimenticate inserito nella nostra ricerca sul Cinema italiano del periodo 1930-1945, ha notato un nome a lui familiare, quello di Diana Varè [la grafia Varé, presente in internet, è da ritenersi errata, come pure la sua pessima variante Vare’]. Gli è quindi venuta subito l’idea di raccogliere tutto quello che sapeva e possedeva su di lei, per confezionare un Ricordo di Diana Varè, da inserire nella pagina Oggi parliamo di… Da parte nostra ci siamo subito attivati per toglierla dal suddetto elenco e spostarla, con una propria scheda, nella sottosezione Altre giovani attrici della pagina principale dedicata alle interpreti femminili del cinema in questione. In realtà, come ci riferisce Giancarlo, la “Settima arte” rappresentò per Diana Varè, avvenente ragazza della buona società romana del tempo, solo un’esperienza occasionale. ◙ Abbiamo finalmente potuto chiarire il caso, davvero curioso, della foto con dedica autografa dell’attrice Nella Maria Bonora: c’era infatti chi sosteneva, con ferma determinazione, che la persona ritratta non fosse lei, bensì la sua coetanea, nonché rivale, Elsa Merlini (si veda al riguardo la seconda delle Notizie di martedì 17 Gennaio 2012, ora in Archivio). Grazie ai buoni uffici di Marco Andreani del Centro Internazionale di Cultura Fotografica ‘Macula’, che ha sede a Pesaro, un collezionista di Ancona, Roberto Recanatesi, ha messo a nostra disposizione, con encomiabile liberalità, le scansioni di sette foto inedite della Bonora, le quali vanno dal 1921 (quando l’attrice aveva solo diciassette anni) al 1978. Tre di queste foto risalgono allo stesso periodo della foto controversa, per cui è possibile effettuare un confronto diretto: esso prova al di là di ogni dubbio che tale foto ritrae proprio la Bonora, anche se è innegabile che la sua somiglianza con la Merlini fosse allora notevole, naso a parte. 38 Nella Maria Bonora (Mantova, 1904 - Firenze, 1990) nella seconda metà degli anni Trenta; collezione di Roberto Recanatesi. Elsa Merlini (Trieste, 1903 - Roma, 1983); a destra: nel film Amicizia di Oreste Biancoli, 1938. ◙ Mail di Simone Calomino: «Cari amici, vi propongo il mio ultimo ritrovamento, un disco del 1943 di Carlastella, contenente la canzone La barca dei sogni. Penso che Carlastella sia fatta apposta per canzoni come questa: ce lo dimostra la presente incisione, anche se purtroppo abbastanza rovinata. L’accompagnamento è dell’Orchestra Mojoli». 39 Molto interessanti le Notizie pubblicate ieri nel sito confratello Ricordando i Trii Vocali: complimenti sinceri ai tre giovanissimi animatori e a tutti i loro ottimi collaboratori. ◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Vi mando la copertina del libro che ho dedicato a mio padre, Michele Montanari (sarà presentato al Salone del Libro di Torino il 14 Maggio, alle ore 11; interverranno Felice Liperi e Bruno Quaranta). Allego anche una fotografia del vostro beneamato Trio: so che ce l’avete in archivio, ma questa, in più, ha la dedica a mio padre, sia pure un po’ cancellata dal tempo. 40 Forse avete anche quest’altra foto, relativa alla Seconda tournée della Compagnia della Cetra, e mi avete scritto in passato chiedendomi chi fosse la cantante vestita da sposa. Mi pare che abbiate trovato la risposta [Miti Del Bosco], qui comunque ci sono molte informazioni sul retro». ◙ Mail di Massimo Baldino: «Amici, preparando la puntata su Bonino [v. l’ultima delle Notizie del 16 Aprile scorso] mi sono arrivati molti suoi files, alcuni mai ascoltati prima d’ora. Vi invio i seguenti tre col Trio Lescano, È così (IT 1073), La Pensione do-re-mi (IT 1103) e Pinocchio e la bambola (IT 930), perché a orecchio suonano meglio di quelli che avete in archivio». Ciò che afferma l’amico Massimo è perfettamente vero, per cui lo ringraziamo moltissimo per questo ennesimo bel gesto nei nostri confronti. Raccomandiamo a tutti i nostri lettori di non perdere, domenica prossima, la trasmissione speciale del Discobolo, Dal fonografo al microsolco, interamente dedicata a Ernesto Bonino: per gli appassionati di questo artista straordinario è un must! 41 ◙ Mail ricevuta: «Buongiorno, mi chiamo Cesare Cortassa e sono un insegnante elementare che nel tempo libero ha l’hobby della musica suonata. Canto dal 1989 vari generi di musica, ma la mia personale ricerca mi ha fatto arrivare alla musica swing e jazz degli anni 1920/30/40. Attualmente suono in una formazione acustica composta da contrabbasso, ukulele, chitarra e voce e sono rimasto folgorato dalla bellissima musica italiana di quegli anni... Ora, per suonare questi brani con l’ukulele mi occorre trasportare le tonalità delle canzoni ed adattare gli accordi al mio strumento e non è cosa semplice neanche quando si posseggono gli spartiti originali, ma spesso questi spartiti sono di difficile reperimento. Leggendo l’elenco del materiale in vostro possesso mi chiedevo se fosse possibile avere copia di alcuni spartiti di canzoni del trio. Pensavo al momento a Tulipan, Signorina Grandi Firme e Maramao perché sei morto? A prescindere dalla vostra risposta, vi ringrazio anticipatamente per l’attenzione e vi esorto a continuare il vostro lavoro tanto importante per non perdere la memoria storica di una parte fondamentale della musica leggera italiana». Risponde il Curatore - Riceviamo quasi tutti i giorni richieste come questa, che purtroppo non siamo in grado di soddisfare. Gli spartiti presenti nel nostro archivio, infatti, non possono in nessun modo essere divulgati o ceduti a terzi per i motivi chiaramente esposti nell’avvertenza di pagina http://www.trio-lescano.it/spartiti_e_testi.html. Le case editrici che detengono i diritti su tali pubblicazioni sono molto vigili e hanno agguerriti e minacciosi avvocati per difenderli. Comunque molti spartiti di canzoni incise dal Trio Lescano sono tuttora reperibili in commercio (sia nuovi che d’epoca, spesso su eBay) o, in alternativa, sono visionabili presso la Biblioteca Nazionale di Firenze. È anche possibile ordinare le relative scansioni ai servizi informatici di detta Biblioteca: i costi sono assai contenuti. Anche la Biblioteca Comunale di Palazzo Sormani, a Milano, possiede una ricca collezione di vecchi spartiti di canzoni. http://www.trio-lescano.it/pdf/Biblioteca_Nazionale_di_Firenze.pdf http://www.trio-lescano.it/pdf/Biblioteca_Comunale_Di%20_Palazzo_Sormani_Milano.pdf Mercoledì 2 Maggio 2012 ◙ Anche Giorgio Consolini se n’è andato, nella sua Bologna, il 28 Aprile scorso: esattamente tra quattro mesi avrebbe compiuto 92 anni. Con lui scompare uno degli ultimi protagonisti della Canzone melodica italiana degli anni Quaranta e Cinquanta, alla quale oggi abbiamo più di un motivo per guardare con nostalgia e rimpianto. In attesa che un nostro collaboratore (Alessandro Rigacci?) si incarichi di fare un bilancio della sua lunghissima carriera, noi lo ricordiamo con una pagina promozionale apparsa sul mensile «Eldorado» (1954, n. 2) e con questa bella copertina, dedicatagli da «Sorrisi e Canzoni» il 4 Settembre 1955: 42 43 ◙ Mail di Paolo: «Amici, mi giunge la traduzione in inglese dell’articolo del 1909 fatta da Ton Martron. In sostanza egli conferma quanto già fatto da Mariëtta, ma c’è una variante importante, relativa a questa frase: Trascrizione: “Als hij armen of beenen of schouderbladen gebroken had, vond hij dat vooral onaangenaam, omdat hij dan niet kon optreden!” Mariëtta l’aveva tradotta – liberamente – così: “Se gli capitasse di rompersi le braccia, o le gambe, oppure le scapole, gli dispiacerebbe soprattutto per non essere in grado di dare rappresentazioni!”, mentre la traduzione di Ton è più letterale: “When he broke his arms or his legs or his shoulderblade he particularly disliked that, because he could not perform”, vale a dire: “Quando si ruppe le braccia o le gambe o le scapole fu particolarmente contrariato perchè non poteva esibirsi”. Ma allora l’incidente ci fu? O si trattò di più incidenti?». Ultim’ora - Abbiamo interpellato vari amici che sono in contatto con persone di madrelingua olandese affinché appurino il vero significato dell’espressione “gebroken had”; ecco le loro risposte, in pratica unanimi: ♦ Tito Zaggia: «Ho consultato la moglie del mio libraio di fiducia che è den-hagerin d.o.c. Mi dice che senza dubbio è da escludere la prima traduzione e che di certo trattasi di un fatto realmente accaduto (“si ruppe”). Ho telefonato subito anche al marito di mia nipote a Colonia, insegnante di lingue molto preparato e traduttore richiestissimo: anche lui conferma che l’espressione citata – tra l’altro comune e quasi uguale a Colonia (“gebrocken hat”), che come è noto trovasi ad un “Katzensprung” dalla frontiera olandese – ha il secondo significato (“si è rotto”)». ♦ Giacomo Branca: «Direi che vale la seconda traduzione, ossia “si ruppe”». ◙ Dal canto suo Paolo Benevelli ci scrive: «Ho sottoposto immediatamente a Mariëtta il dubbio espresso nelle Notizie, chiedendole di chiarire esattamente il tempo verbale della frase olandese: riguarda un evento possibile, ma futuro e incerto, oppure un evento già accaduto? Avremo presto la sua risposta». Venerdì 4 Maggio 2012 Tutti sono invitati a leggere l’importante Avviso: file:///C:/Documents%20and%20Settings/Administrator/Desktop/trio_lescano/pdf/Avviso.pdf ◙ Mail di Giancarlo a Paolo, a Virgilio e, p. c., al Curatore: «Cari amici, innanzitutto mi complimento con voi per l’importante acquisizione dell’articolo su Alexander Leschan del 1909. A Paolo, in particolare, va un caloroso plauso per aver recuperato materialmente e poi reso perfettamente leggibile il documento, a Virgilio quello per aver sistemato come meglio non si poteva la traduzione italiana di Mariëtta. Del resto che Virgilio sia un vero maestro nell’arte di scrivere lo si sa da tempo! 44 Vorrei esporre ad entrambi alcuni miei dubbi. Rileggendo il trafiletto su Alexander Leschan apparso su “De Piste” nel 1951 e pubblicato con la traduzione italiana tra i documenti del sito, ho richiamato alla mente la tristissima fine fatta da questo infelice, che nell’articolo pubblicato il 26 Aprile scorso viene descritto – almeno fino al 1909 – come un gran lavoratore e buon padre di famiglia, insomma un galantuomo. Mi chiedo come una cosa del genere sia potuta accadere: egli aveva cinque figlie che negli anni ’30 se la passavano piuttosto bene, per non parlare della moglie Eva che in Italia girava in quegli anni ben pasciuta e impellicciata. Possibile che nessuna di queste cinque donne abbia voluto dare una mano, nel momento del più estremo bisogno, a chi aveva dato loro la vita? Qualcuno potrebbe osservare che forse ignoravano che il padre, dopo il 1930, non potendo più lavorare, era diventato un barbone. Tale ipotesi può al limite reggere per le Lescano, che vivevano in Italia (anche se mi risulta che i telefoni e le poste funzionassero allora a dovere), ma è credibile che Marie Françoise e Diane Leschan, che vivevano e lavoravano (pure loro nei circhi) in Olanda, fossero all’oscuro di tutto? Non è più ragionevole immaginare che questo abbandono del genitore al suo triste destino sia stato frutto di una scelta deliberata e non della semplice mancanza di informazioni o notizie? Certo, è possibile che Alexander avesse, come tutti, dei difetti e magari anche delle colpe verso i familiari, ma cosa può aver fatto di così orribile per giustificare tanta crudeltà da parte delle sue stesse creature? Non è più logico supporre che fossero invece proprio queste ultime ad essere figlie ingrate e degeneri? Il Curatore mi ha scritto, tempo fa, che in questi quattro anni di vita del sito si è imbattuto in un numero sconvolgente di discendenti di artisti che definire ‘cattivi’ [i discendenti, ovviamente - NdC] è molto riduttivo. Ecco, vorrei che esponiate pubblicamente, nella rubrica delle Notizie, il vostro punto di vista su questa spinosa faccenda, che a mio modestissimo parere merita di essere chiarita: non abbiamo sempre dichiarato di essere per la verità, qualunque essa sia?» ♦ Risposta di Virgilio: «In effetti, il comportamento di Eva e delle cinque figlie di Alexander appare da sempre molto sospetto, al punto tale da costituire uno degli ultimi grandi misteri che riguardano il nostro Trio. Le considerazioni che si possono fare in proposito le ha già svolte egregiamente Giancarlo, distinguendo le responsabilità di Diane e Marie Françoise da quelle di Eva, Alessandra, Giuditta e Caterinetta; io farei di più: distinguerei anche le responsabilità di Eva da quella delle tre figlie, ed anzi, quella di ogni sua figlia stessa. Infatti: negli anni dal 1927 (data accertata della definitiva separazione tra lei e Alexander) al 1945 (data del decesso di quest’ultimo), fu senza dubbio lei la persona che ebbe i maggiori contatti con l’Olanda, seguita da Caterinetta, perché quest’ultima visse a L’Aja presso la zia materna Matje II De Leeuwe tra il 1928 e il ’35, quando madre e sorelle giravano l’Europa ed altri continenti per lavoro. Credo che se responsabilità vi furono, queste spettino in effetti anzitutto alle due figlie di primo letto: che non potevano non essere al corrente della situazione. Alexander – vi prego di considerare bene questo fattore, che non mi stancherò mai abbastanza di ribadire – doveva avere un carattere molto orgoglioso; dunque, non credo proprio sia mai andato a piangere miseria presso i parenti, meno che meno le figlie. Però è difficile supporre che Diane e Marie Françoise non sapessero in quale 45 stato versava; e certo la signora o signorina Mariska Van Lissum [nipote di Marie Françoise] potrebbe avere qualche scheletro nell’armadio... Ma del resto, perché colpevolizzarla anzitempo? Ce li hanno tutti, gli scheletri; inoltre, lei non è certo responsabile del comportamento di nonna e prozia. Quanto ad Eva, è molto difficile non sapesse. Più facile non sapesse Caterinetta, la quale, come persona molto affettuosa e sensibile, ove avesse saputo qualcosa avrebbe senz’altro cercato di aiutarlo; ma all’epoca, Caterinetta era adolescente, e viveva tra il collegio e la zia e madrina, la quale avrà certo esercitato su di lei un potente velo protettivo. Veniamo però alle Lescano. Nell’intervista al Trio di Marcello Soria (1938), ad una sua domanda l’autore scrive: «Mi risponde [a parlare è senza dubbio Alessandra, ‘portavoce’ ufficiale della formazione canora] che papà era ungherese...». Ora, con ogni evidenza nel ’38 Alexander era ancora ben vivo. Dunque la domanda da porsi è: le tre sorelle mentivano, o era stata Eva a dir loro della morte di Alexander? Ebbene, io penso che le tre sorelle mentissero. Per loro il padre era morto; morto soltanto socialmente, è ovvio, ma in qualche modo anche affettivamente: altrimenti il loro atteggiamento sarebbe stato diverso. Che a suggerire loro quella menzogna possa esser stata Eva, nutro pochi dubbi. In altre parole, per dirla col drammaturgo ottocentesco Paolo Giacometti, esse concertarono la morte civile del padre, in quanto ormai indegno di esser loro accostato; il motivo? Direi proprio la sua ormai precaria, e dunque indecorosa, condizione sociale. Sia chiaro, però: questa è solo un’ipotesi, non suffragata da alcuna prova. Per quanto ne sappiamo, anzi, esse avrebbero anche potuto averlo aiutato economicamente. Ad oggi, ripeto, sulla faccenda non sappiamo ancor nulla, quindi qualsiasi supposizione rimane tale. Suggerirei perciò chiunque sia interessato ad approfondire la questione a non muoversi solo in direzione delle cinque figlie di Alexander e di Eva, a farlo anzitutto in direzione di Alexander: per capire bene come si arrivò a questi estremi, occorre studiare nei dettagli la vita di Alexander tra il 1927 e il ’45: soltanto conoscendola bene (e quindi, pigliando coscienza di come egli scivolò, per gradi, da una posizione rispettabile all’indigenza) si potranno formulare ipotesi credibili». ♦ Risposta di Paolo: «Ringrazio Giancarlo delle belle parole. È stato un bel colpo di fortuna, ho fatto una ricerca generica per “Sandro”, e quando ho visto nel titolo che si parlava di un clown sono andato a colpo sicuro. Vorrei solo puntualizzare che la gentile Mariëtta Stapper ha fatto del suo meglio e si è appassionata molto alla storia. Detto questo, veniamo alle discendenti di Alexander Leschan. Per caso e per diverse vie sono incappato nella nipotina di Marie Leschan, figlia del figlio Marcel Van Lissum del Circus Jhony [sic]. L’ho quindi contattata. Al di là che dice di non saperne nulla, avrebbe dovuto contattare alcune vecchie zie, ma poi non si è più fatta viva. 46 Ecco la sua mail: Hello, nice to meet you. Yes, Maria Leschan was my grandmother, my dad ’s mother. I saw her on the pictures numbers 10 and 11. This is so nice to hear, but why are you looking for it? Are you writing something? I was born in the Circus Jhony, which my family had for more then 50 years: my grandmother started it with her husband and sister Diane. I collect everything involving the Circus, but I have no pictures or information about Sandro. I will ask my aunties about it. Best regards, Mariska Van Lissum. Tempo addietro, tramite l’esperto di storia circense André de Poorter, straordinario autore belga di studi sul circo dal quale trassi le prime foto di Alexander, Lena Libot e le storie del circo Libot, seppi che aveva tentato di contattare queste vecchie zie che negarono addirittura di conoscere Alexander. Quale sarà il mistero dietro a queste storie? Perché negare l’esistenza o mostrare disinteresse totale per la propria ascendenza? Ecco tre possibili spiegazioni: a) Ipotesi remota. Qualcuno si è fatto avanti promettendo mari e monti per avere l’esclusiva di eventuali dati (mi viene in mente il fondo Portino e come chi lo aveva in origine negasse di averlo). b) Esiste un terribile segreto, per il quale Alexander non è proprio degno di ricordo o menzione. c) Puro menefreghismo. Allo stato attuale delle cose non ci è dato saperlo. Certo, che una donna moderna, nata e vissuta nell’ambiente circense, non sappia nulla del bisnonno, un grande artista, ne ignori tutto e nemmeno abbia una sua foto (e abbiamo visto che ce ne sono sul web) suona strano... Spero vivamente che emergano in futuro dati oggettivi». ◙ Mail successiva di Giancarlo: «Ho trovato strano quel ‘circhi ambulanti’ ripetuto due volte nel testo [il riferimento è all’articolo del 1909]. Sicuro che non si dica ‘circhi viaggianti’? Ma forse a sviarmi è l’assonanza con ‘gente del viaggio’ e ‘spettacoli viaggianti’. (La prima espressione non so se l’adoperino solo i giostrai e i lunaparkisti o anche i circensi. La seconda non riguarda la gente del circo, ma appunto giostre, fiere ambulanti e luna-park). Ci sono, ancora, nel testo dei ‘fantini’, ma sono fuori posto. I fantini stanno negli ippodromi e non mi stancherò (è il mio pane quotidiano) di stigmatizzare lo strafalcione che commettono stampa e tv nel chiamare fantini i cavalieri di concorso ippico. I cavalli in Italia non stanno più in scuderia, ma in stalla; e tra ippica ed equitazione si fa una bella confusione. Al circo (sempre ‘circo equestre’ si diceva un tempo) si esibiscono cavalieri e amazzoni nei numeri di scuola e alta scuola e poi i cavalli in libertà. Sottigliezze. Che da ricercatori quali voi siete confido mi vorrete perdonare. Resto ancora in tema di circo, perché ho appena visto la nuova mail di Paolo che verte su un punto che avevo notato anch’io e che anticipa un’altra osservazione che mi accingevo a fare. L’assonanza O’gust - Augusto mi aveva colpito già un anno o più fa, e ne scrissi anche al Curatore. Mi pare che nel linguaggio del circo ci siano l’Augusto e l’Augusto da maneggio (quest’ultimo con il compito di riempire l’intervallo vuoto tra un numero e l’altro e distrarre gli spettatori stando a bordopista 47 mentre gli inservienti preparano la pista per il numero successivo). E passo al punto che molto mi ha interessato dell’articolo su Alexander. Il fatto che fosse figlio di un ufficiale. Mi metto nei panni del padre a scoprire che il figlio da grande vuol fare il clown e lavorare in un circo! Non conosco Der Kamerad – la fonte da cui è tratta la preziosa notizia. Dal nome completo della testata vedo trattarsi di un settimanale militar-letterario. Sono andato a controllare sul Militär Schematismus, l’annuario con l’elenco del Corpo Ufficiali del K.u.k Herr (e della Marina). Il volume relativo al 1866 (l’anno di Sadowa, Custoza e Lissa!) riporta in effetti un Adolf Leschan, cadetto in un Reggimento d’Artiglieria (il 5°). Mi è finora riuscito impossibile consultare i volumi relativi agli anni successivi fino al 1876. Certo è che nessun ufficiale di questo nome risulta più nei ranghi dieci anni dopo, nel 1877 (quando nasce Alexander). Due le ipotesi. O Adolf Leschan lasciò presto il servizio attivo, oppure non fu mai ufficiale di carriera e prestò servizio in artiglieria durante l’assolvimento dell’anno di volontariato (c’era questa facoltà nella Duplice Monarchia). Cadet era il grado più basso dell’ufficialità nell’arma di artiglieria. Ad ogni modo, ufficiale di carriera o no, un bello choc quello datogli dal figlio, o no? Appena avrò consultato altri anni del Militär Schematismus, vi saprò dire di più». Seguito: «Da Militär Schematismus 1868: Leschan Adolf è salito di un grado. Da Cadet (sarebbe Kadett in tedesco, ma il tedesco d’Austria e della burocrazia asburgica ama di questi francesismi) a Unterleutnant (Sottotenente). È sempre con il 5° Artiglieria, che adesso è ridenominato Feld-Artillerie o Artiglieria campale, con comando a Pesth, cioè Pest ancora municipalità autonoma e separata da Buda. Sta anche scritto che è Stabs-Off. Adj. cioè Aiutante di Stato Maggiore reggimentale. Procedo lento, ma procedo». ◙ Mail di Paolo [Piccardo]: «Alexander visse per un periodo all’Aia, questo si può ricostruire dai documenti reperiti da Giacomo Branca, dai quali però sembrerebbe che: a) Alexander vivesse in Amsterdam dal 7 luglio 1910 (Sandra nacque pochi giorni dopo, a Gouda); b) ancora nel 1916 lui, Eva e la piccola Sandra vengono dichiarati “acrobati”; c) gli indirizzi di residenza della famiglia sono riferiti tutti all’Aia, almeno dal 1916. Purtroppo non è possibile chiarire le residenze precedenti, ma mi verrebbe da pensare che, come componente di Circhi di giro, Alexander non avesse residenza stabile. D’altra parte resto del parere che l’uomo – e lo testimonia il fatto che parli un olandese stentato – sia nato e cresciuto nell’Impero Austroungarico. Non c’è ragione per cui il padre, ufficiale dell’esercito austriaco, abitasse in Olanda o parlasse altre lingue al di fuori del tedesco. Purtroppo ogni tentativo di comunicazione con le autorità civili di Sarospatak (Ungheria), da dove penso che la famiglia Leschan provenisse, non ha finora dato frutti. Quanto alla notorietà di Sandro come artista di circo i giornali dell’epoca ne danno invece numerose attestazioni, ad es. http://kranten.kb.nl/view/article/id/ddd%3A010252876%3Ampeg21%3Ap002%3Aa0021 http://kranten.kb.nl/view/article/id/ddd%3A010189650%3Ampeg21%3Ap003%3Aa0045 Teniamo anche presente il contratto che Sandro avrebbe avuto in America, dove avrebbe dovuto recarsi con la sfortunata nave “Elbe” già nel 1895. A questo punto 48 vorrei suggerire a Mariëtta di mostrare i documenti di Giacomo Branca al suo parente che lavora nell’archivio di Stato, magari potrebbe spiegarceli meglio». ◙ Mail di Roberto Recanatesi al Curatore del sito: «Grazie a Lei della cortese nota e mi compiaccio per il sito sul Trio Lescano e per la fervida passione che tutti voi dimostrate per questo mondo sempre affascinante, sia pur ormai lontano, a cui modestamente ho dato molto del mio tempo e delle mie risorse (limitatamente a cinema, teatro e opera lirica). [...]. Avrei alcune rettifiche sulle date di nascita e di morte delle attrici degli anni Trenta, molte da me conosciute di persona, sulle quali La prego di farmi fede, disponendo perfino di certificati anagrafici originali. Tuttavia restano ancora un mistero la vera data di nascita di Anna Magnani, anche se il Comune di Roma confermò di recente il 7 Marzo 1908, pur essendo molti del parere che l’attrice fosse almeno del 1903, così come quella di Assia Noris, data addirittura come nata nel 1919 dal Comune di Sanremo, dove visse e morì; ma non poteva avere 13 anni quando debuttò nel 1932 in un film con i De Filippo ed è perciò assai più credibile, come anno di nascita, il 1912. C’è poi quella di Isa Pola: il Comune di Bologna mi comunicò il 19 Gennaio 1911 quale data di nascita; sulla lapide c’é solo Maria Luisa Montesano (senza Betti), morta il 15.12.1984. Riguardo infine ad Elsa De Giorgi (Elsa Giorgi Alberti), nata a Pesaro, proprio dove ha sede “Macula”, e vissutaci alcuni anni da bambina, nacque, su conferma del Comune, il 26 Gennaio 1914». Col pieno assenso di Virgilio, responsabile della sezione “Cinema” del nostro sito, abbiamo modificato i dati anagrafici delle attrici interessate in accordo con le informazioni, più che attendibili, forniteci da Roberto, che ringraziamo sentitamente. Abbiamo inoltre messo in rete una scheda aggiornata dell’attrice Nella Maria Bonora, arricchita con le otto foto inedite offerteci dal nostro nuovo collaboratore. ◙ Mail di Antonio: «Amici, dopo un periodo di forzata chiusura, riapro la mia “vertrinetta”. Questa volta metto in bella mostra l’interpretazione che fece Dea Garbaccio di Camminando sotto la pioggia. Era il 1941 e l’accompagnava Angelini con la sua Orchestra da ballo. Disco Cetra IT 841». ◙ Mail di Manuel: «Amici, vi segnalo un raffronto interessante. Ascoltate su YouTube l’incisione del 1932 delle mitiche Boswell Sistsers della famosa canzone americana Everybody Loves My Baby di Jack Palmer (musica) e Spencer Williams (testo). Ci sono svariati punti identici a Il silenzio è d’oro di Prato-Valabrega, incisa dal Trio Lescano nel 1942 (DC 4152). Cosa pensare di tutto ciò? Io continuo a non vederci nulla di male... Il jazz è fatto di standard e citazioni. Però è veramente curioso!». Commento del Curatore - Nulla di male? Può darsi... Certo è che Carlo Prato, quando musicò Il silenzio è d’oro del suo amico Mario Valabrega, doveva avere fin troppo bene in mente, quanto all’impianto armonico e, a tratti, la melodia stessa, la canzone di Palmer-Williams; anzi possiamo scommettere che avesse sottomano il disco originale delle Boswell, dal quale, tra l’altro, “tirò giù”, nota per nota, tutto il 49 meraviglioso assolo vocale in scat, facendolo poi eseguire dalle sue pupille, le Lescano. Queste ultime, brave com’erano, non fanno naturalmente rimpiangere le americane (le quali, però, c’erano arrivate esattamente dieci anni prima), ma il plagio è talmente evidente che negarlo o minimizzarlo significa nascondersi dietro ad un dito. Lunedì 7 Maggio 2012 ◙ Due mail di Paolo Piccardo: ♦ Amici, mi sembrerebbe ora doveroso sottolineare un qualcosa che forse non avevamo notato. Alexander Leschan viene definito August Sandro, oppure O’ Gust Sandro. August non è il suo nome d’arte, ma il nome della sua figura di clown. Ho recuperato questo commento di Federico Fellini al suo film documentario I clowns (1970), che illustra brevemente la figura dell’Augusto ed il suo dualismo con il Bianco. Ho anche trovato una dispensa, a cura della Croce Rossa Italiana, che narra brevemente la storia del clown. Non sarebbe male diffondere anche questo briciolo di cultura: http://www.trio-lescano.it/pdf/Storia_del_Clown.pdf. NB - L’intero film, Il Bianco e l’Augusto di Federico Fellini, è disponibile all’indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=7E2OulrIQfU&feature=fvst Da I clown, Cappelli Editore, Bologna, 1988: “Quando dico: il clown, penso all’Augusto. Le due figure sono, infatti, il clown Bianco e l’Augusto. Il primo è l’eleganza, la grazia, l’armonia, l’intelligenza, la lucidità, che si propongono moralisticamente come le situazioni ideali, le uniche, le divinità indiscutibili. Ecco, quindi, che appare subito l’aspetto negativo della faccenda: perché il clown Bianco, in questo modo, diventa la Mamma, il Papà, il Maestro, l’Artista, il Bello, insomma quello che si deve fare. Allora l’Augusto, che subirebbe il fascino di queste perfezioni se non fossero ostentate con tanto rigore, si rivolta. Egli vede che le “paillettes” sono splendenti: però la spocchia con cui esse si propongono le rende irraggiungibili. L’Augusto, che è il bambino che si caca sotto, si ribella ad una simile perfezione, si ubriaca, si rotola, per terra e anima, perciò, una contestazione perpetua. Questa è, dunque, la lotta tra il culto superbo della ragione (che giunge ad un estetismo proposto con prepotenza) e l’istinto, la libertà dell’istinto. Il clown Bianco e l’Augusto sono la maestra e il bambino, la madre e il figlio monello; si potrebbe dire, infine: l’angelo con la spada fiammeggiante e il peccatore. Insomma, essi sono due atteggiamenti psicologici dell’uomo: la spinta verso l’alto e la spinta verso il basso, divise, separate. Il film finisce così: le due figure si vengono incontro e se ne vanno insieme. Perché commuove tanto una situazione simile? Perché le due figure incarnano un mito che è in fondo a ciascuno di noi: la riconciliazione dei contrari, l’unicità dell’essere. Quel tanto di dolente che c’è nella continua guerra tra il clown Bianco e l’Augusto non è dovuto alle musiche o a qualcosa di simile: ma alla circostanza che ci si presenta sotto gli occhi un fatto che riguarda la nostra incapacità a conciliare le due figure. 50 Infatti, più vorrai obbligare l’Augusto a suonare il violino e più egli farà scorreggioni col trombone. Ancora: il clown Bianco pretenderà che l’Augusto sia elegante. Ma, tanto più questa richiesta verrà fatta con autorità, tanto più l’altro si ridurrà ad essere stracciato, goffo, impolverato. È l’apologo perfetto di una educazione che intende proporre la vita in termini idealizzati, astratti. Ma dice, appunto, Lao Tse: se ti costruisci un pensiero (= clown Bianco), ridici sopra (= l’Augusto)”. ♦ In diversi giornali ho trovato cenni ad August Sandro e August Pico. Il contenuto di tali articoli mi porta a credere che la scritta O’ Gust sia come una trascrizione “ad orecchio” del termine corretto August, corrispondente all’italiano Augusto, ovvero il clown straccione e disordinato contrapposto al Bianco. Da «Tilsburghsce Courant», 1° Gennaio1909. Da «Het Centrum», 23 Ottobre 1913. 51 A proposito, invece, del clown Aussude, compagno di Sandro nell’Entrée comique del 1913, ecco un triste aneddoto (dal sito Base PhoCEM): «Ménagerie Jouviano (M. Pierre Jouvet). Fête du boulevard Richard Lenoir (octobre 1922). Le lion Pacha ou Négus du groupe de 2 lions et 2 lionnes ayant appartenu à M. Ch.Debray, directeur du Nouveau Cirque à Paris, et ayant causé l’accident dont fut victime, en répétition au Nouveau Cirque le dompteur Amédée Lecomte dit William, qui fut terrassé et grièvement blessé, en mars 1922, par le lion Anas (qui fut ensuite appelé D’Artagnan à la Ménagerie Jouviano). Au cours de cet accident, un régisseur du cirque, l’ex-clown Aussude, mourut subitement d’émotion». ◙ Il ritrovamento dell’importante articolo sul clown Sandro (nome d’arte di Alexander Leschan), apparso sul periodico «Het Centrum» nel 1909, ha suscitato un ampio dibattito, in parte incentrato sulla sua traduzione italiana, che presenta in alcuni punti una certa problematicità. Il nostro collaboratore Giancarlo Fochesato ha cercato in un suo articolo illustrato di fare il punto sulle varie questioni emerse, articolo che Virgilio ha voluto arricchire con un suo puntuale commento. Il tutto è stato quindi inserito nella pagina Oggi parliamo di… http://www.trio-lescano.it/pdf/Parliamo_un_po’_di_clowns.pdf L’invio di detto contributo è stato accompagnato dalle seguenti considerazioni di Giancarlo: «Sì, bene ha fatto Virgilio (che ringrazio delle cortesi parole) a commentare e precisare. Sapevo di aver messo molta, forse troppa carne al fuoco (come si dice) nella mia nota. Lo scopo era anche quello di stimolare una discussione e incrociare di nuovo date e fatti relativi ad Alexander Leschan. L’articolo di «De Piste» del 1951, che descrive l’incidente al trapezio (e che avrei fatto bene a tenere presente, prima di scrivere) fa certo piazza pulita di parte delle mie congetture. E poi c’è la fotografia del trio volante Libot-Leschan. Conclusiva anche questa. Ecco, è possibile – mi domando – che gli storici del circo belga (che certo dispongono di ampio materiale: carte e forse archivio della famiglia Libot, locandine e quotidiani d’epoca) non sappiano datare la foto e dirci qualcosa di più? Ho fatto un calcolo. Alexander ha 18 anni e termina per legge l’apprendistato nel 1895. Subito o poco dopo (così sembra di poter evincere dall’articolo di «Het Centrum» del 1909) ottiene il primo ingaggio al Cirque Libot. Dunque, 1895 o 1896. L’anno al quale Virgilio data la foto del trio. Se potessimo raggiungere la certezza almeno su questa data, disporremmo di un punto fermo e avremmo fatto un passo avanti. Magari Alexander avrà fatto due numeri nel programma, contemporaneamente: nel Trio al trapezio e come clown. La cosa, al circo, non credo fosse eccezionale. Ricordo bene, specialmente nei piccoli circhi ai cui spettacoli assistevo da bambino, come in alcuni numeri si rivedessero artisti che si erano già esibiti in precedenza in altra specialità. E io mi divertivo a riconoscere l’ammaestratore di cavalli nel componente la troupe di acrobati ungheresi, il domatore nel giocoliere, l’intrepida trapezista americana nell’agile funambola spagnola. Perché cambiavano, naturalmente, i nomi e abbondavano le nazionalità di comodo, fasulle (anche a 52 dissimulare l’appartenenza allo stesso nucleo familiare di gran parte degli artisti dei circhi minori). Interessante anche quanto ha richiamato Virgilio a proposito di Sandra Lescano che parla del padre come di un contorsionista (anziché di un trapezista o acrobata). Lei certo sapeva con esattezza di che cosa si trattasse, dal momento che la sorella minore Judith era stata lei stessa contorsionista; e non avrà certo usato questo termine a caso o a sproposito». Martedì 8 Maggio 2012 ◙ Mail di Paolo Piccardo ad André De Poorter [v. la terza delle Notizie del 28 Gennaio 2011]: «Dear André, as you know, we are still trying to understand whether Alexander Leschan became a clown for choice or after a big accident which we cannot find yet. In a 1909 interview the journalist says: “Als hij armen of beenen of schouderbladen gebroken had, vond hij dat vooral onaangenaam, omdat hij dan niet kon optreden!”. This is not very clear: had he an accident or not? Big mystery. Have you any record on the matter? This is the original article: http://kranten.kb.nl/view/article/id/ddd%3A010003123%3Ampeg21%3Ap006%3Aa0133 Paolo» Ed ecco la risposta di André: «Dear Paolo, in annexe: Photo 1: 3 Libot, trapeze: Helena Libot, Alexander Leschan and Louis Libot. Photo 2: Tombs-stone of Helena Libot at cemetry ’Zuiderbegraafplaats’ at Gent. 53 SANDRO Here I give you some information about the career of Alexander Leschan. In 1893 he was still well-know as ‘Michele and Sandro, sauteur-équilibriste extraordinarie’, with as adress: Szondy-Gasse 83, Budapest. Together they worked by: - 1895: Alhambra Brussels; Circus Ed. Wulff in the ‘Nieuw Circus’ (circus edifice) of Gent. - 1896: Circus Wulff at Amsterdam; and Circus Renz also at Amsterdam. - 1898: Circus Wulff at Gent; and Circus Renz at Amsterdam. - April 1899: Circus Renz in the ‘Nieuw Circus’ of Gent. - 1900: Circus Ed. Wulff at Breslau. After that time Sandro was not more together with Michel(e). In the years 1901 till 1908, Leschan was working in the Circus Libot as ‘August Sandro’ and together with Helena Libot (his wife) and her brother Louis Libot (18741947) at the trapeze. In 1903 he made as August Sandro a ‘saut périlleux du tremplin au-dessus de dix personnes’. In Circus Libot, I think, he became August because he was a humorist and he liked to be a clown. On 18 Mai 1901 he married Helena Libot at Brugge when the Circus Libot was staying on the Fair of Brugge. When Circus Libot played in ’s Hertogenbosch (also named ‘Den Bosch’) in Holland from 13 till 17 August 1908, he worked there, while his wife died in Gent at 15 August. A year later he was not more by Circus Libot: - 1909: Circus De Jonghe, with 3 numbers, as jockey; as August Sandro and his gooses; and ‘5 Sandro’s’ (also named ‘5 Leschan’) flying trapeze. - 1910, 1911 and 1913: Circus De Jonghe, ‘3 Leschan’ flying trapeze. - 1912: Circus Semay, August Sandro. 54 - Oktober 1913: Circus Hagenbeck at Utrecht (Holland), August Sandro. - 1915: Circus Friscot at Anderlecht (Brussel), equilibrist Sandro. - September and Oktober 1915: Circus Althoff in Holland; as August Sandro; and as ‘Gadbin II’ looping-the-loop. - February 1920: Circus Wilke at Amsterdam, clown Sandro. - August 1921: circus edifice at Scheveningen (Holland), Sandro Gadbin II, jump of death. - 1927: Circus Hagenbeck in Holland, clown Sandro. - 1931: Cirque National (Mullens-Goose) in Holland, clown Sandro. - 1933: Circus Henny (Teutenberg) in Holland, clown Sandro. In an article I read that he suffered a big accident in Circus Schumann or Circus Hagenbeck in Berlin. His face was damaged. But wenn ? I don’t kwow, but I think he became clown before this accident». ♦ Commento di Paolo: «Sembra ora chiaro che Sandro esercitasse la sua professione di artista circense nella duplice figura di clown ed acrobata, e questo ben avanti nella vita. Col nome di Gadbin II si esibiva ancora nel 1923 nel numero Gadbin II dans le tobogan de la mort col circo Hagenbeck, riprendendo il pericoloso numero che fu la specialità negli anni Dieci dell’acrobata tedesco Ernst Gadbin col circo Barnum. 55 Come si può vedere, addirittura i posters, riferiti ai due artisti, sono identici. Da http://circodiaporama.blogspot.it/2011/09/livre-les-annees-desprez-au-cirque.html: The ‘Leap for Life’ was performed by the German acrobat Ernest Gadbin. After being hoisted to his small platform high in the Big Top, [he] would raise his hands above his head and dive head-first, aiming for a 40-foot-long, 2 1/2-foot-wide wooden skid on which he slid, its upward curve throwing him into the air, through which he flew some distance before finally landing in a net" (Strobridge, p. 250). This type of act is often cited as being one of the most thrilling and nerve-wracking ever performed in a circus, especially as Gadbin was the only man to perform this stunt without any sort of armor or safety harness. Su Gadbin si veda anche: http://crops.over-blog.com/article-27434474.html. Purtroppo mancano dati biografici. Sembra che il salto fosse veramente pericoloso e richiedesse una forza fisica fuori dell’ordinario, al punto che altri che eseguivano lo stesso numero dovevano indossare pesanti protezioni in cuoio. Temo che il povero anziano Sandro un brutto giorno abbia sbagliato le misure e si sia fracassato malamente. Questo comunque porterebbe l’incidente tra il 1918 ed il 1923... Da «Punch» n. 163, 1922 [http://www.archive.org/stream/punchalman162lemouoft/punchalman162lemouoft_djvu.txt]: Gadbin II. I found him a special attraction at the Cirque Medrano, that stronghold of simplicity and primitive fun at the corner of the Boulevard de Rochechouart and the Rue des Martyrs: the home of the famous Fratellini (“Les Bois de Eire “), who, after wasting several months of their valuable lives in the uncongenial atmosphere of London revue, are now again elaborating drolleries for Parisian nonsense-lovers, among whom, when I am over there, I count myself not the least. It was after their entree, as members of an impossible band, that we all became serious, because the next item was Gadbin II. “dans son plongeon périlleux”: words of rich promise in a circus, and 56 not the less so since we had found in the programme a picture of the alarming feat, in which Gadbin II was seen in mid-air, like St. Mark in Tintoketto’s famous painting, diving from the roof of a huge hotel (the kind that is called “caravanserai” by descriptive writers) towards an odd structure on the ground, while at the windows of the cara of the hotel the guests watched enthralled, and an immense crowd, expectant and half-paralysed, cheered below. After a similar structure had been erected in the ring the lights were raised, the band struck up, and a powerful-looking man in tights entered with that glamorous mixture of assurance, popularity, self-esteem, eagerness, enthusiasm and efficiency of which the circus holds the secret. It was Gadbin II. Behind him came his wife, who was, we discovered, to take no more active part in the turn than to be near her lord perhaps for the last time ! For was it not to be a “plongeon périlleux”? And truly it was made to look so, for the plunger tested every stay before he kissed his spouse tenderly and ascended by a rope ladder to the upper platform high among the great lamps. The feat was to leap from this point, head downwards, on to a sloping board-way bent like a switchback ; and I may say at once that, after various hesitancies and false starts, all calculated to emphasise the danger, the hero did it, and amid thunders of applause bounded off; only, of course, smiling and gratified at being alive, to bound on to the switchback again and off again; and on to it still once more. “But why” – I had been asking myself all through the performance – “Why Gadbin II?”. In many years of devotion to circuses and other halls of variety I could remember no such style. Racehorses are sometimes called the second; monarchs too; and we were all at school with minors and tertiuses; but never had I known an acrobat so described. And then the reason suddenly flashed upon me. This was Gadbin II because Gadbin the first was dead killed in attempting the plunge. Did I not say that Medrano’s was a stronghold of simplicity ? E. V. L. Dunque secondo il cronista il primo Gadbin morì nell’esecuzione del suo numero, ma si noterà che Gadbin II è accompagnato dalla moglie che lo bacia teneramente come per l’ultima volta». ♦ Commento di Virgilio: «Se è come dice De Poorter, che l’incidente avvenne mentre Sandro si esibiva col circo Hagenbeck (o col circo Schumann) a Berlino, dovrebbe essere successo nel 1913, sempre secondo i dati che ha fornito lo studioso belga. A precisa data dell’anno, occorrerebbe qualche germanista che ci facesse delle ricerche sui giornali berlinesi dell’epoca, e con buone probabilità risolveremmo finalmente l’arcano. In ogni caso, una cosa mi sembra chiara: Alexander riprese l’attività di acrobata anche dopo l’incidente. Si potrebbe supporre che ne contenne o ne ridusse la pericolosità, eppoi, con l’andar degli anni, la lasciò definitivamente per fare soltanto il clown; ma i manifesti del 1923 smentiscono tale tesi. Quindi siamo punto e accapo... Anche perché l’intervista concessa da Alessandra Lescano a Medardo Vincenzi (che pubblicheremo presto) parla di trasferta in Algeria nel ’24, e, in tutta franchezza, che lui (con famiglia a seguito) fosse andato in Algeria ‘soltanto’ per fare il clown mi pare dubbio... È vero che era un clown di eccezionale bravura, come di eccezionale bravura fu acrobata, trapezista e contorsionista (mettiamocele tutte), ma... 57 Se osserviamo infine la foto n° 2 in http://crops.over-blog.com/article-27434474.html, ci accorgiamo che è proprio il salto descritto nell’articolo su Sandro dell’Ottobre 1951: quello dell’incidente». Giovedì 10 Maggio 2012 ◙ Mail di Giacomo Branca: «Tempo fa ho acquistato tre cartoline pubblicitarie, relative all’attività del clown e acrobata Sandro. La prima è una semplice pubblicità formato cartolina, che vede un primo piano dell’uomo e poi alcune immagini relative ai suoi esercizi acrobatici, con la dicitura “Sandro / Souvenir / 1914-1915”; è più che probabile che questo Sandro non sia il Nostro, bensì un suo omonimo: porta infatti i baffi, particolare che negli altri due volti non c’è, e poi ha un viso più squadrato, con mascella larga, mentre il Sandro clown presenta un viso più allungato. Le altre due [a noi già note] sono anch’esse in formato cartolina, ma inoltre sul retro presentano la suddivisione necessaria per poter essere utilizzate come tali. Queste due riguardano entrambe l’attività di clown di Alexander Leschan. La curiosità sta in quella che è stata effettivamente usata e spedita come cartolina, dato che sul retro riporta, oltre ai francobolli, anche ben visibile l’annullo che è del 1908, con francobolli belgi dell’epoca. 58 Ciò fa dunque presumere che il gruppo circense di cui faceva parte il nostro Sandro, prima di operare in Olanda, avesse avuto un’attività stabile in Belgio. Inoltre l’anno dell’affrancatura fa pensare che il Leschan praticasse entrambe le attività di clown e acrobata, contemporaneamente, nel circo in cui lavorava; poi, dopo il tragico incidente che subì, avrebbe continuato solo con quella di clown. L’unica delle tre cartoline utilizzata veramente è stata spedita da una località del Belgio (il nome non si legge chiaramente) verso Edimburgo, in Scozia. Era usanza dell’epoca, per sfruttare al massimo lo spazio disponibile, soprattutto in aree francofone, di scrivere il testo in eccesso, ossia più lungo dello spazio a disposizione, sopra quello già scritto ma in obliquo, e per quel che mi permette la mia conoscenza del francese, ho capito che il testo stesso in questione non ha nulla a che fare con l’immagine della cartolina, ossia non sembra che sia stata scelta per ricordare di aver assistito allo spettacolo rappresentato sul verso». ♦ Commento di Giancarlo Fochesato a quest’ultima cartolina viaggiata: «La cartolina sembra scritta con mano di bambino o ragazzo, non di uomo adulto. È indirizzata da fratello a fratello (anche se il mittente firma con nome e cognome, cosa non infrequente negli scambi epistolari in un’epoca in cui si dava del lei a genitori e 59 nonni). L’indirizzo del destinario – 47, Gilmore place, Edinburgh – designa un quartiere della metropoli scozzese ubicato a sud del centro e ricco anche oggi di alberghi e pensioni. Da notare l’assenza nell’indirizzo del nome del paese (Royaume Uni, Grande Bretagne). Circa l’annullo postale della località di spedizione ipotizzo sia ANTWERPEN (Anversa), di cui solo WERP è chiaramente leggibile (il posizionamento di queste quattro lettere, quasi al centro dell’arco superiore del timbro, sembrerebbe confermarlo). I francobolli, purtroppo, coprono parte dell’indirizzo del mittente e qualche lettera e parola del testo. Una mano diversa ha aggiunto tre righe e firma in basso a destra. Il nome proprio del destinatario è indicato solo con l’iniziale B nell’indirizzo, ma figura completo nel testo, ripetuto tre volte e da due mani diverse. Nondimeno, l’esatta grafia mi lascia nell’incertezza (Bonpil, Bonfil o Bonpi?). La mia trascrizione: Mr.B. Couttenier / 47, Gilmore place / Edinburgh Mon cher Bonpil, / j’ai un beau pi[nscher?] et / un canari; et, [Alexander?] a acheté un beau chien. /...[due parole illegibili]. Bonpil. Est / Est-bien? / Votre frère dévoué / Gallo Couttenier. Testo scritto su righe in diagonale: Ton frère dévoué te / remercie sincerè /ment de tes beaux jeux de cartes, / et reste ton dévoué / Couttenier G. Aggiunto da altra mano, nell’angolo inferiore destro: Bonsoir / Bonpi / de ...[Inge?]. Oltre al nome esatto del destinatario, sono parecchie le incertezze interpretative. Dal momento che nelle prime tre righe si parla di animali, ho interpretato il primo nome come pinscher, razza di cani di piccola taglia. Il nome dell’acquirente del “beau chien”, da me letto come Alexander, è uno sfoggio eccessivo di fantasia, perché è illeggibile e seguito da altre due parole del pari illeggibili. Resta misterioso il nesso con Alexander Leschan, a parte l’aver utilizzato una cartolina con la sua immagine di clown. Dove, peraltro, Sandro non è solo, ma figura accanto alla coppia di nani della famiglia Tampous (padre e figlia, fratelli o cugini). Da rilevare la dicitura “Jefken is getrouwd” sulla cartolina: Ooh Jefke is getrouwd / hij zit in de misère è la strofa iniziale di un popolare motivo a ritmo di marcetta. Lo si può trovare (audio e video) su internet, eseguito dal gruppo olandese De Martens». ◙ A proposito delle due canzoni contenute nel disco GP 92813, da lui recentemente acquisito, Simone Calomino ci scrive: «La canzone Streghe ha una melodia molto particolare che ricorda un po’ le tipiche colonne sonore dei primissimi cartoni animati di Walt Disney. Vi suggerisco di ascoltare The Skeleton Dance (il cui inizio è molto simile alla suddetta canzone) e Haunted House (la cui atmosfera è abbastanza simile). Le cose da notare in questo brano sono proprio gli “effetti sonori”. Il rumore del vento, che più volte si avverte, le lugubri risate e le urla (che, come possiamo avvertire, sono di un uomo!) sono presenti in pochissimi brani. Un altro brano in cui avvertiamo effetti sonori è Direttissimo, in cui si ode il fischio del treno ed il rumore delle ruote. Le Lescano sono perfettamente sincronizzate ed intonate, non vi è alcuna sbavatura. La loro 60 pronuncia è però qui meno corretta rispetto ad altre incisioni: non riusciamo infatti a capire con facilità le parole. La canzone Corri Cavallino è in realtà Horsey Horsey, una canzone scritta nel 1938 da Paddy Roberts, Desmond Cox e Ralph Butler, e portata al successo da Jack Jackson. C’è da dire che le olandesine ne fanno una versione molto più bella. Da notare, in questa incisione, il rumore degli zoccoli del cavallo che non è frequente in questo periodo. Infatti lo stesso rumore sarà ripreso anni dopo nella canzone Op! op! Trotta cavallino, sia nell’interpretazione del grande Natalino Otto che in quella di Nella Colombo. Nell’introduzione si alternano Giuditta e Caterinetta che, brillantemente, riescono quasi a non far sentire il “distacco” fra le loro due voci e pare quasi che sia una sola persona a cantare. Quando cantano in tre mantengono un tono leggero, impastandosi perfettamente con l’orchestra. Purtroppo, come in altre incisioni, si avverte troppo alta la voce che dirige e un po’ troppo basse le due voci di accompagnamento. Questo accadeva, come già discusso in passato, a causa della presenza di un solo microfono, senza avere la possibilità di regolare le tre voci singolarmente. Che volete, questi erano i mezzi di una volta!». ◙ Mail di Giancarlo Fochesato: «Amici, con Adolf Leschan ho progredito fino al 1871: Adolf è sempre nei ranghi, promosso Lieutenant (o forse una riforma dell’esercito ha abolito il grado di Unterlieutenant che non compare più nell’organico dei reggimenti, mentre è rimasto quello superiore di Oberlieutenant da cui si accede a quello di Capitano di 2a Classe). Anche il reggimento è sempre il 5° Artiglieria Campale, con sede del comando a Pest, ma l’annuario ufficiale registra una piccola novità. È stato esteso ad Artiglieria e Cavalleria l’uso (prima riservato alla sola fanteria di linea) di contraddistinguere i reggimenti, oltre che con il numero progressivo, con l’indicazione della nazionalità del distretto di reclutamento quale parte del nome. È di qualche interesse per noi sapere che il reggimento di Adolf Leschan è (così la denominazione ufficiale completa) il Boemisch-Galiziisches Feld-Artillerie Rgt. Nr. 5. Truppa (coscritti di leva) reclutata dunque nei distretti dell’allora Regno di Boemia, la Repubblica Ceca attuale (meno la Moravia, che sotto gli Asburgo aveva amministrazione separata e facente capo direttamente a Vienna), e della Galizia polacca. Prevalenza pertanto degli slavofoni (boemi e galiziani) sui tedescofoni (gli immigrati dei Sudeti) e sui numerosi ebrei galiziani. Con gli ufficiali – a qualunque gruppo linguistico appartenessero da civili – tenuti per regolamento a impartire gli ordini in tedesco, e con i graduati pronti a tradurli nelle lingue della truppa. Così andavano le cose nel multietnico e multilingue impero di Francesco Giuseppe! Aggiungo a questa un’altra piccola notizia: Leschan non è (o non è solo) un nome ungherese, come se non sbaglio abbiamo sempre dato per scontato o quasi, ma ha radici slave. È collegato con un termine del ceco antico che sta per “bosco”. Leschan ne è la trasposizione in tedesco ed è anche il nome di un villaggio della Boemia centrale a sud di Praga che dal 1918 si chiama Lešany. Anche Prostejov, la città più grossa della regione, era Prossnitz, prima che la neonata Cecoslovacchia di Masaryk facesse opera massiccia di deteschizzazione, nel clima di acceso nazionalismo del primo dopoguerra. 61 Non dico che Adolf Leschan fosse un tedesco sudeto: nei vecchi registri parrocchiali di Leschan / Lešany mi sembrano prevalenti i Kaiser e altri cognomi tipicamente tedeschi. Ma che fosse di famiglia boema è ipotesi su cui lavorare. Paolo ha scoperto di recente un Adolf Leschan tra gli allievi del ginnasio di Litomysl per l’anno scolastico 1850 e Litomysl e Lesany sono ubicate in due regioni della Boemia contigue. Se nato altrove (in Ungheria), Adolf potrebbe essere stato figlio di un padre militare costretto a cambiare di residenza e di guarnigione. Il reclutamento su base regionale (e nazionale) dell’esercito (unito al frequente anticipato congedo di intere classi di leva, per ragioni di economia) faceva sì che da sempre Vienna mandasse i reggimenti ungheresi nelle provincie slave, i boemi in Ungheria o in quelle italiane e via dicendo. Anche perché nel mezzo secolo da Sadowa a Sarajevo, Vienna ebbe bisogno dell’esercito non per combattere guerre, ma per mantenere a freno le etnie in fermento. Anche il nome di Frau Leschan, Catharina Vojcek, suona ceco, non ungherese. Il figlio Alexander si potrebbe essere detto, a ragione, ungherese, perchè il padre, già a Pest con il suo reggimento di Artiglieria, vi si era stabilito e lui vi era nato». Carta dell’Impero austro-ungarico nella seconda metà dell’Ottocento. Da http://www.grandeguerra.ccm.it/scheda_archivio.php?goto_id=1035. ◙ Mail di Antonio: «Per la mia rubrichetta Come le cantavano... gli altri, espongo oggi in vetrina l’interpretazione che fece Alfredo Clerici della canzone Il mio cuore di Brigada, accompagnato dall’Orchestra da Ballo dell’Eiar diretta da Angelini (Disco Cetra IT 793). Sempre nello stesso anno – il 1940 – le Sorelle Lescano la incidevano (questa volta con l’Orchestra Cetra diretta da Barzizza) seguendo a ruota quella di Clerici (Disco Cetra IT 795a). 62 Ultim’ora - Mail di Paolo Piccardo: «La foto di Sandro con i baffoni [v. sopra] non mi convince; sarei propenso anch’io per l’omonimia, in quanto l’artista rappresentato non sembra avere la conformazione del volto di Alexander. Cercherò qualche informazione, ma è certo che la cartolina ha origini francesi: http://postcards.delcampe.net/page/item/id,37547104,var,FRANCE-Artiste-SANDROSouvenir-1914-1915-Rare,language,E.html Scopro che ancora nel 1918 e nel 1919 esisteva un duo di acrobati “Michel y Sandro”: Da “Eco Artístico”, 5 Maggio 1918. 63 Da “El Pais”, 27 Marzo 1919. Allego infine la mail [http://www.trio-lescano.it/pdf/Mail_di_Marietta_Stapper.pdf] di Mariëtta Stapper, in risposta ad alcuni dubbi da noi sollevati a proposito della sua traduzione italiana dell’articolo sul clown Sandro del 1909». ♦ Osservazione del Curatore - Consideriamo questi due punti: 1) è accertato che la cartolina dell’acrobata Sandro coi baffi a manubrio è di produzione francese; 2) il duo “Michel y Sandro” è presentato in altre fonti come “Michel et Sandro” [comunicazione di Paolo], inoltre è significativamente definito da André De Poorter “sauteur-équilibriste extraordinarie”: non viene spontaneo ipotizzare che questo Sandro sia proprio quello del suddetto duo francese o franco-belga, attivo per lo meno – come si è visto – dal 1893 al 1919? Se è così bisogna dunque evitare di confonderlo con l’August Sandro di cui ci occupiamo noi e che è tutt’altra persona. Paolo si è impegnato a fare ulteriori ricerche sui due acrobati summenzionati, al fine di definirne meglio l’identità e, possibilmente, la storia. Sabato 12 Maggio 2012 ◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Se può interessare, dovrei essere intervistata da Radio 3, sabato 12 Maggio, fra le 14 e le 15. Forse farò anche una comparsa su Unomattina, lunedì 14, prima della presentazione del libro su mio padre, Michele Montanari [v. le Notizie del 26 Aprile u.s.]». ◙ Mail di Filippo Mangieri: «Mi è venuto spontaneo chiedermi perché il nostro Curatore abbia pubblicato, il 4 Maggio scorso, quell’Avviso. Ciò non è senza significato, e vale a suggellare nella nostra mente e nel nostro cuore questo concetto: che se diversi sono per ognuno i tipi di ricerca che vengono pubblicati, la vera finalità di chi ha creato e dirige il sito è quella di rendere più agevole il riordino documentale dei contributi e la loro omogeneità. Finora, ho apprezzato il supporto stabile di dialogo e confronto, anche acceso, tra i vari Zanolla, Piccardo, Carrera, Fochesato, Mastrorocco, Rigacci, Baldino e innumerevoli altri. Così si è dato corpo allo sviluppo culturale e critico degli amici di recente e lunga data. Alcuni di loro, di alto profilo e di cui m’ero quasi abituato, non li ho purtroppo più visti comparire: è il caso di Alessandro, solo per citarne uno. Tutto si può giustificare, dati gli attuali tempi di crisi, ma il lavoro di anni, con firme lodevoli e che hanno visto crescere l’affermazione dell’idea originale di Angelo, non può cessare di esistere, non può essere “rottamato”. 64 Detto questo, poiché non amo i rottamatori e coloro che si professano tali, vorrei che non si abbandonasse, a cuor leggero, la casa comune di tutti solo perché il Curatore ha – giustamente – invitato tutti i collaboratori a mettere maggior impegno nella redazione dei testi destinati alla pubblicazione. È assolutamente necessario che il sito continui ad essere quel modello di correttezza ed eleganza formali che è sempre stato sin dall’inizio, ma non è giusto che di tali pregi debba farsi carico in massima parte il primo responsabile. Tutti possono e debbono fare la propria parte. Concludo con una spiegazione e una precisazione. Il verbo “rottamare”, per lo più, lo si usa oggi a sproposito. Ad esempio è assurdo e illogico asserire che un Mozart sia un relitto del passato e, quindi, che la sua musica sia da rottamare: il Salisburghese è un oggetto di plastica o l’espressione di un sommo genio universale? Come è dunque possibile rottamare qualsiasi creazione umana precedente, senza, poi, ammettere di non essere minimamente all’altezza né di un Mozart o un Bach, né di tanti Autori di musica leggera che ci hanno deliziato coi loro piacevoli motivi musicali, sia vocali che strumentali? Lo stesso ragionamento vale per il sito: ritrovarsi dà slancio alla nostra esistenza, ma il sito ha bisogno dell’apporto di ognuno di noi, nel rispetto delle regole opportunamente richiamate dal Curatore». ◙ Mail di Paolo Piccardo: «Simone, il nostro giovane e brillante collaboratore, rivela nuove qualità dimostrandosi buon conoscitore della musica prodotta negli anni ’30, anche negli Stati Uniti. I riferimenti ai cartoni animati di Walt Disney, della serie Silly Simphonies, sono particolarmente azzeccati, benché non manchino altri riferimenti, quali i cartoons di Betty Boop, come The Old Man In The Mountain, o altre produzioni Fleischer, tipo il primo Popeye (Braccio di Ferro). Invero la musica di carattere cupo e funereo non è del tutto rara nella produzione dei compositori anche classici, mi viene in mente la Danse Macabre di Saint-Saëns. Il jazz, poi, fornisce esempi infiniti di questo stile, che addirittura, nel caso di Duke Ellington, viene adottato come distintivo dell’orchestra stessa: si ascolti East St. Louis Toodle-Oo del 1927. Artie Shaw, poco più tardi, adotta come sigla la celeberrima Nightmare che, a sua volta, è tratta dalla precedente The Skeleton In The Closet del 1936. Horsey! Horsey! è nota da tempo ai lettori: ne reperimmo con grande fatica titolo originale e mandolino già nel 2009. Esattissimi i commenti sulla qualità vocale dell’arrangiamento: il problema di una voce che sovrasta le altre è ricorrente nella discografia delle Lescano. Tuttavia in questo caso la voce “conduttrice” è quella più grave di Giuditta, che abitualmente è di fronte al microfono: le voci “intermedie” vengono al solito ovattate, e purtroppo non c’è nulla da fare. I mezzi di allora erano assolutamente inadeguati, almeno in Italia; fortunatamente in America, dove lo standard tecnico era di tutt’altro livello, le registrazioni risuonano fresche e leggibili come se prodotte con sistemi moderni. Ciò ci permette di gustare appieno tante opere di grandissimi musicisti. ◙ Altra mail di Paolo Piccardo: «Nel sito GNL - Doorzoek het Geheugen van Nederland ho trovato questa nitida foto, corredata dalla seguente didascalia: “Circussen. Vier clowns van Circus Hagenbeck. Scheveningen, Nederland, 1920 or eerder. Serie van 7 foto’s”. Potrebbe il primo clown sulla sinistra essere il nostro Sandro?». 65 > ♦ Virgilio: «Sì, è lui, ne sono sicuro». ♦ Angelo: «Sono anch’io d’accordo che è lui. Inoltre, come si vede, nel 1920 o poco prima il suo volto, dai lineamenti fini e armoniosi, non era affatto deturpato. Ciò conferma che l’infortunio grave che subì dovette avvenire nei primi anni Venti e non prima». ♦ Paolo: «Mi associo ai pareri espressi qui sopra e, a sostegno di tale riconoscimento, ho preparato alcuni significativi raffronti». http://www.trio-lescano.it/pdf/Foto_di_Sandro.pdf Martedì 15 Maggio 2012 ◙ Mail di Antonio: «Nella mia vetrinetta Come le cantavano... gli altri! questa voltà è di turno la canzone di Kenny-Panzeri, Chiesetta tra i fiori [Cathedral In The Pines], che le Sorelle Lescano incisero verso il 1940 insieme ad Aldo Donà con l’Orchestra di Pippo Barzizza (disco Cetra IT 684). Erano però stati preceduti nello stesso anno – sempre con Barzizza – da Maria Luisa Dell’Amore e Maria Jottini in duetto (disco Cetra IT 671). Mandolino dell’edizione originale della canzone dei fratelli Charles e Nick Kenny (1939). 66 ◙ Mail di Roberto Berlini: «Venerdì 27 Aprile sono andato a trovare, come di consueto, l’artista Isa Bellini. Le ho fatto vedere l’anteprima della foto proposta da Gianna Montanari riguardante la “Compagnia della Cetra” [v. la sesta delle Notizie del 26 Aprile scorso], foto che ha suscitato non poche perplessità circa l’identificazione degli artisti ivi ritratti. Abbiamo la conferma che a cantare con Michele Montanari Sposi (C’è una casetta piccina) è Miti Del Bosco, che fece parte del primo Trio Primavera. Non siamo però riusciti ad identificare la terza componente del Trio (Tea Prandi, Isa Bellini e ?); Isa mi ha inoltre descritto con un bel “una” l’artista che si vede fra Fausto Tommei e Sandra Lescano [ci pare che sia Bebe, la moglie di Tommei]. Con l’aiuto del vostro sito, vorrei arricchire la biografia delle Primavera, che ho già studiato tanto. Ho fatto vedere a Isa alcuni filmati Incom, che ha gradito moltissimo, particolarmente quello in cui canta La maglia rosa per il 34° Giro d’Italia (1951). Ciliegina sulla torta: grazie al nuovo collaboratore Lio, le ho fatto sentire una rarissima incisione da lei cantata, che purtroppo non ha ricordato. Se volete sapere il titolo di questa incisione, non perdetevi le Notizie di Mercoledì 16 p.v. del sito Ricordando i Trii Vocali! La signora Bellini saluta tutti gli studiosi che collaborano con me, con profonda gratitudine. Foto pubblicitaria di Isa Bellini con dedica a Roberto Berlini; per altre immagini dell’artista si vedano quelle dello spettacolo Il berretto a sonagli (Notizia del 25 gennaio 2012 in http://triivocali.weebly.com/notizie-gennaio-2012.html). Avete visto il “mostro” che ho, o per meglio dire, abbiamo creato. Parlo di Simone Calomino, che ritengo abbia fatto delle considerazioni molto interessanti sull’incisione delle Sorelle Lescano di Streghe [v. la terza delle Notizie di questo sito del 10 Maggio scorso]. Quello che mi ha colpito di Direttissimo, che feci notare subito a Simone, è lo slancio dinamico e lo spirito futurista dell’incisione, presente anche in Arriva Tazio. Il treno, sbuffando, arresta il suo percorso nella stazione, in maniera dolce e malinconica; successivamente esso fischia allontanandosi dalla stazione e prendendo rapidamente velocità. Con l’assolo di saxofono, la velocità massima è raggiunta e il Diretto va spedito, senza ostacoli. Poi si riodono Le Lescano che, in un linguaggio universale, dapprima dialogano con le macchine e in seguito prendono la scena da soliste. La cosa meravigliosa di questa incisione (come per 67 Tulilem-blem-blu) è l’universalità dell’interpretazione che, andando oltre alle parole, rimane affidata solo alla Musica. Come per la maggioranza delle interpretazioni delle contemporanee Sorelle Triestine (che continuo a studiare), in questa incisione le Lescano manifestano inizialmente la loro anima slow e successivamente quella briosa e sincopata. Mercoledì 16 Maggio 2012 ◙ Mail di Vito Vita: «Ieri sono stato, come d’accordo, alla presentazione del libro su Michele Montanari [v. le Notizie del 26 Aprile u.s.]: ho così fatto conoscenza con la signora Gianna che, molto gentilmente, mi ha fatto una dedica sul suo libro. Ho scattato alcune foto che vi invio, e che potrete pubblicare nel sito. http://www.trio-lescano.it/pdf/Presentazione_libro_di_Gianna_Montanari.pdf Come potete vedere, era presente anche la signora Lidia Martorana, che ha fatto un intervento ricordando come il Montanari fosse, oltre che un bravo cantante, un bel giovane e che, per questo motivo, molte ragazze affollavano l’uscita dell’Eiar (e poi della Rai) per poterlo incontrare. Gli interventi dell’Autrice [Gianna Montanari Bevilacqua, figlia dell’artista] e dei due esperti invitati si sono invece concentrati su alcuni aspetti relativi al volume: la signora Montanari ha ricordato tra l’altro il repertorio bellico del padre, tra cui La canzone dei sommergibili. Al termine della presentazione c’è stato spazio per alcune domande del pubblico». ◙ Mail di Giacomo Schivo: «Vi scrivo per chiedervi se fosse possibile comunicare anche attraverso il vostro bellissimo sito la notizia della scomparsa di Lidia Pasqualini, la prima annunciatrice della “Radiovisione” in Italia durante le trasmissioni sperimentali del 1939. La famiglia mi ha comunicato che il decesso è avvenuto domenica scorsa, 13 Maggio; era nata a Sedegliano, Udine, il 17 aprile 1920. Vittorio Veltroni, Lidia Pasqualini e il radiocronista sportivo Nicolò Carosio; immagine tratta dal «Radiocorriere», Dicembre 1967. Da . http://www.radiomarconi.com/marconi/cronologia.html 68 I familiari hanno altresì dato a me il compito di divulgare la notizia ed io ho pensato di comunicarla al pubblico italiano attraverso i siti “Le elegantissime annunciatrici di una volta”, “Ricordando il Trio Lescano” e “Il Discobolo”. Lidia Pasqualini lavorò con le Sorelle Lescano durante tutto il periodo delle trasmissioni “radiovisive”, ed ora che è venuta a mancare, ho avuto la gioia di essere il destinatario del suo archivio personale, con tutto il materiale d’epoca riguardante lei ed i suoi ex colleghi. Spero che questo materiale potrà essere di qualche interesse e di qualche utilità al vostro sito. Appena sarà in mio possesso, sarà mia cura e mio piacere metterlo a vostra disposizione, anche perché, negli anni scorsi, non ho potuto esservi di molto aiuto a causa di problemi personali che hanno scombussolato tutti i miei piani ed i miei ritmi di vita. Ora che è tornato il sereno, mi ripropongo di fare quel che posso per collaborare col vostro sito, che seguo sempre con immenso interesse e che mi ha tenuto tanta compagnia durante i momenti peggiori che ho vissuto. Spero anche che l’Associazione culturale a cui voi e Massimo Baldino volete dar vita veda presto la luce. A tal proposito, vi annuncio che Massimo ed io abbiamo deciso di utilizzare “Radio Il Discobolo” per raccogliere le adesioni degli appassionati a questo progetto». ♦ Ringraziamo di cuore l’amico Giacomo Schivo per questa sua mail e siamo lietissimi di porgergli il più cordiale “bentornato tra noi!”. Aspettiamo ora con viva impazienza di conoscere il contenuto di tale archivio, con l’ovvia speranza che vi si trovino documenti inediti relativi alle Sorelle Lescano. ◙ Riceviamo da Mendola Investigazioni (Palermo) due locandine che pubblicizzano una serata rievocativa dedicata al 1940 e al Trio Lescano; ad essa interverrà Maria Bria. Abbiamo invitato il nostro corrispondente locale, Francesco Paci, a seguire tale iniziativa, in modo da inviarcene un resoconto, possibilmente accompagnato da un bel servizio fotografico. ◙ Riceviamo da Fabrizio Battini la seguente mail: «Buongiorno, mi permetto di disturbarvi solo per segnalare un refuso (se così si può definire). Nella vostra 69 Fototeca a pagina 4 del documento http://www.trio-lescano.it/fototeca/archivio_francesco_nicola_di_pietro.pdf, la fotografia in alto a sinistra, la cui didascalia indica “Trio vocale di Terni”, in realtà ritrae il Trio Vocale F.lli Battini. Di ciò sono assolutamente certo, e tale certezza deriva dal fatto che io sono il figlio di Piero Battini, al centro della foto, mentre ai lati ci sono: a destra (zio) Gino e a sinistra (zio) Mario. Il Trio Vocale F.lli Battini. Nessuno di loro è più fra noi, e scovare per puro caso, anche se solo marginalmente, un cenno, un riferimento, una traccia su questo immenso spazio chiamato web, mi ha fatto un enorme piacere. Plaudo alla vostra iniziativa e ringrazio il Curatore e tutti i collaboratori del sito per l’opera che state svolgendo». ♦ Dopo aver debitamente espresso la nostra gratitudine a Fabrizio per la segnalazione e le gentili parole di apprezzamento nei nostri confronti, abbiamo immediatamente modificato la didascalia della foto (che ricalcava ciò che si legge sul retro della foto stessa), secondo le sue indicazioni. Lo abbiamo altresì invitato a scrivere un ricordo di questi tre musicisti, oggi purtroppo dimenticati, corredandolo, se possibile, con altre foto e qualche incisione, che ci consenta di meglio evidenziarne lo stile interpretativo. Venerdì 18 Maggio 2012 ◙ Riceviamo da Claudio Scazzocchio la mail seguente: «Con la presente ci pregiamo invitarvi all’evento sotto indicato. Vi chiediamo anche, se lo ritenete, di divulgare l’evento. Grazie. Caffè del Progresso Corso San Maurizio, 69 - 10124 Torino Giovedì 7 Giugno alle 18,30 Presentazione del libro I MIEI TU-LI-PÀN Mamma cantava nel Trio Lescano di Alba Beiras 70 Casa Editrice: Armenio Editore Copertina del libro e l’Autrice, Alba Beiras. Si veda anche http://www.scomunicando.it/tutto-libri/armenio-editore-i-miei-tu-li-panq. Dedicato a tutti coloro che amano lo swing e che apprezzano le vocalità del Trio Lescano, questo appuntamento sarà l’occasione per conoscere la storia inedita di Maria Bria, ultima componente del Trio Lescano ancora in vita. Una storia che la figlia Alba Beiras, al suo esordio letterario, racconta, condividendo con il lettore l’incredibile esperienza che portò Maria a fare parte del Trio Lescano e a calcare le scene di teatri e palcoscenici d’Italia e delle più famose emittenti radiofoniche del Sud America. Racconta perché la sua presenza nel Trio Lescano rimase segreta e le motivazioni che portarono il Trio a sciogliersi definitivamente. Durante la serata Maria Bria racconterà qualche episodio della sua incredibile esperienza». ◙ Mail di Antonio: «Quest’oggi è il nostro Alberto Rabagliati a far bella mostra di sé nella vetrinetta con la canzone Oi Marì di Nisa-Di Ceglie, incisa il 22 Gennaio del 1941 con Angelini, su disco Cetra IT 995 e DC 4057». 71 Ricordiamo che la medesima canzone fu incisa l’anno seguente anche dal Trio Lescano con l’Orchestra Barzizza (DC 4154), seguita a ruota dalla versione in tedesco, su testo di Schwenn-Schaeffers e col titolo Oh Marie, oh Marie! (DC 4174). ◙ Mail di Simone: «Sono riuscito a comprare il primo disco inciso da Lina Termini, un vecchio Parlophon GP 92775. La prova che questo sia il primo brano inciso dalla brava cantante si trova nel catalogo Cetra - Parlophon dell’Aprile 1939. La canzone in questione, Tu sei bella come il cielo, è l’unica che riporti il nome di Lina Termini. Notiamo nell’immagine da me montata che il suo nome è scritto in un carattere molto più piccolo rispetto agli altri artisti e che il nome di Lina Termini sul catalogo non è scritto sulla destra (come accadeva con gli artisti importanti) ma nella parte inferiore della descrizione. A destra appare invece scritto “Orchestra da ballo dell’EIAR diretta dal M° Angelini”. Un’ulteriore conferma del fatto che questo sia il primo disco di Lina Termini la troviamo nel catalogo Cetra - Parlophon del Gennaio 1941. Tu sei bella come il cielo è infatti il disco con il codice di catalogo meno recente ed è infatti in cima alla lista. Direi che, dunque, non vi sono più dubbi. La canzone Tu sei bella come il cielo ha un ritmo allegro e brillante, ma non è il ritmo la cosa che più ci colpisce, bensì la voce di Lina Termini: essa ci appare infatti abbastanza diversa da quella che conosciamo. Usa una tonalità più alta del solito e la sua voce appare più stridula e immatura rispetto a quella sensualissima che la caratterizza in incisioni come Ma l’amore no.L’attento e minuzioso restauro dell’incisione è stato fatto da Roberto Berlini, che ci dimostra dunque che, oltre ad essere il più grande esperto di trii vocali, se la cava bene anche nel ridare dinamicità a questi vecchi cimeli di cui ci occupiamo. Approfitto di questa occasione per ringraziarlo pubblicamente per il suo lavoro e per le tante iniziative che riesce brillantemente a portare avanti. Che altro dire... speriamo di poterlo vedere presto anche come direttore di un suo trio vocale! Perché dico questo? Seguite il nostro sito e presto lo saprete!». ◙ Sulla presentazione del libro di Gianna Montanari Bevilacqua, di cui abbiamo parlato mercoledì scorso, si veda http://laulilla.wordpress.com/parliamo-di-libri/6296-2/. 72 ◙ Mail di Loris Davide: «Ciao bella gente... Certo è dura, infatti questo è l’ultimo lavoro che ho fatto un anno fa, ossia l’attore in Workers - Pronti a tutto del regista Lorenzo Vignolo: si veda http://www.youtube.com/watch?v=V9o3DwqsoZY&feature=plcp. Però sto continuando a cercare le ragazze del Trio [Lescano] visto che le precedenti attrici hanno dato forfait per partire. L’evento è pubblicato anche qui... http://www.wikieventi.it/torino/evento.php?id_evento=3226&evento=ULTIMATE_CASTING_FIR MAMENTO_NEROSTELLATO_LOW_BUDGET Che dire, io ci credo... A presto amici, Loris Davide Fiore,in arte Victor Vegan». Ultim’ora - Mail di Paolo Piccardo a commento delle Notizie odierne: «La bravissima Lina Termini, come segnalato da Simone, esordisce dunque col disco Parlophon Tu sei bella come il cielo. In quel periodo la Termini incide anche, sempre dallo stesso film – Quella certa età – la canzone Con te (GP 92775b). Purtroppo non è chiaro quali siano i titoli originali di questi brani. Adamson e Mc Hugh, coppia affiatatissima della musica americana, composero per la pellicola That Certain Age (1938): Be A God Scout, Has Anyone Ever Told You Before, My Own, That Certain Age, You’re As Pretty As A Picture. Il disco scompare dal Catalogo Cetra 1942, probabilmente perché a quel punto l’Italia si trovava in guerra con gli Stati Uniti ed ogni canzone d’oltreoceano non era ovviamente ben vista dal regime. La datazione della registrazione, esaminando la matrice 154073, può ben situarsi tra le date 10 e 13 Febbraio 1939. Nei cataloghi Cetra-Parlophon quasi sempre è il numero di matrice che stabilisce il periodo di produzione; talvolta il numero di serie del disco non è un fattore indicativo esatto, poiché poteva capitare che un numero eliminato venisse riassegnato ad un’altra incisione. Ad esempio Bilbao, dell’Orchestra Angelini, matrice 150565 è in catalogo come GP 91566. Mudundu, matrice 150566 è invece elencato come GP 91448. È possibile che la Termini abbia inciso anche la canzone che al film ha dato il titolo, ovvero Quella certa età. Alla matrice 154128 viene infatti associato interprete e titolo, ma manca il numero di catalogo. La sessione di registrazione porta la data del 27 febbraio 1939». ◙ Mail di Antonio a commento delle Notizie odierne: «Mi spiace dissentiere su quanto affermato da Simone circa la prima incisione della Termini (Tu sei bella come il sole, GP 92775 del ’39). Sarebbe più preciso dire che questa è la prima incisione ‘ufficiale’ della cantante, in quanto su disco IT 638 (senza comparire sull’etichetta del disco col suo vero nome) accompagnava Odoardo Spadaro con l’Orchestra di Tito Petralia nelle due canzoni Sulla carrozzella e Vecchio disco, ma con lo pseudonimo di Mary Field». ♦ Risposta di Simone: «Tengo a sottolineare che come “primo disco” si intende, o meglio, io ho sempre inteso primo disco DA SOLISTA. Per spiegare la cosa, prendiamo ad esempio il disco Valzer di primavera di Nilla Pizzi e Bruna Rattani. Questo è il primo disco in cui compare il nome di Nilla Pizzi, ma l’esordio vero e proprio di questa cantante è con il disco Alba della vita inciso da solista. Probabilmente su una cosa Antonio ha ragione, andrebbe specificato nella dicitura “primo disco da solista”. 73 Detto questo, credo che sia anche giusto dire “Primo disco di Lina Termini” perché nell’altro disco non appare il suo nome bensì uno pseudonimo e Tu sei bella come il cielo è il primo brano in cui l’artista si presenta come Lina Termini. Nota tecnica. Nonostante che Valzer di primavera (matrice 52022) non sia il primissimo brano inciso dalla Pizzi (perché questo in realtà è Ronda solitaria, lato B dello stesso disco, matrice 52011), esso viene considerato da molti il primo perché facciata A del primo disco in cui appare il suo nome; io personalmente non mi trovo d’accordo con questo ragionamento». Sabato 19 Maggio 2012 ◙ Mail di Antonio: «Riferendomi a quanto scritto da Paolo sulla canzone Tu sei bella come il cielo, sono andato a rivedermi il film da cui fu tratta la canzone di Adamson e Mc Hugh, interpretata dalla Termini. Un vero tuffo nel passato! Anno 1938, film That Certain Age (Quella certa età, presentato in Italia nel 1939), con una giovanissima Deanna Durbin ed un fascinoso Melvyn Douglas nei panni del suo rubacuori. Una piacevole commedia familiare, dove ho riconosciuto i motivi in questione: Tu sei bella come il cielo è You’re As Pretty As A Picture mentre Con te è My Own, che la Durbin interpreta con la sua impareggiabile classe. Quanto agli altri motivi menzionati da Paolo posso precisare che A Good Scout è un inno, Has Anyone Ever Told You Before e That Certain Age sono due motivi molto allegri, non adatti al genere della Termini. Vi allego il poster del film e due delle canzoni originali». 74 Sullo stesso argomento Paolo ci ha inviato una scheda, come al solito ben documentata: http://www.trio-lescano.it/pdf/Scheda_del_film_That_Certain_Age.pdf. ◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Vorrei integrare il resoconto di Vito Vita della presentazione del mio libro Abbassa la tua radio per favore, avvenuta lunedì 14 Maggio al Salone del Libro di Torino. Al “repertorio bellico” ha fatto un accenno uno dei due relatori, Bruno Quaranta (l’altro era Francesco Devescovi, direttore della Eri), che ha letto un passo del libro in cui dico del mio imbarazzo rispetto a quelle canzoni e dimostro il mio atteggiamento critico, le domande che mi sono posta e le risposte che per il momento mi sono data. È un discorso abbastanza complesso, che qui non posso riassumere, e che si può seguire davvero soltanto leggendo il libro. Quello però che mi spiace molto è che la Canzone dei sommergibili, di cui si è proposto l’ascolto (e perché non, invece, di Silenzioso slow?), sia estratta da un link di chiaro stampo politico. Se non è un accostamento voluto, l’effetto è comunque molto infelice. Oltretutto c’è scritto “Nello” Montanari e non Michele Montanari. Mi spiace poi che, dei molti argomenti trattati nella presentazione, sia uscito fuori solo questo. Poiché non tutto il male viene per nuocere, approfitto della circostanza per chiarire una volta per tutte l’argomento del rapporto tra mio padre e le canzoni della guerra fascista. Come ho scritto nel libro, un cantante dell’Eiar cantava quello che gli facevano cantare, non poteva scegliere; anche se non le avrà cantate malvolentieri, a un certo punto mio padre si rese conto che cantare la vittoria, mentre la guerra andava male, non era molto vantaggioso per lui; tanto è vero che, come mi ha recentemente raccontato un fratello di mia madre, si sfogava dicendo: “Questi mi fanno sempre cantare Vincere; mi vogliono rovinare”. Mio padre non si è mai interessato di politica, dopo la guerra non mi risulta che abbia mai preso parte a manifestazioni ‘nostalgiche’ e in un’intervista di Everardo Della Noce si dichiara in politica un incompetente, e aggiunge: “Lì, la mia voce sarebbe stonata”. Quelle canzoni fermarono la sua carriera dopo la guerra; mi dispiace molto che a 17 anni dalla sua morte ritornino a pesargli addosso». La Signora Gianna ci ha infine confermato che il nostro Alessandro Rigacci ha accettato l’invito, da lei rivoltogli, di recensire il libro: aspettiamo tutti fiduciosi. Domenica 20 Maggio 2012 ◙ Mail di Antonio intitolata Lina Termini e le canzoni ‘fantasma’: «Voglio segnalarvi una “curiosità”, sempre in riferimento alla Termini. Che abbia inciso le versioni italiane delle canzoni tratte dal film Quella certa età con Deanna Durbin, ne abbiamo già parlato; quello che vi sto raccontando è accaduto nel 1941, in fase di doppiaggio del film Il primo bacio (First Love,1939) sempre interpretato dalla Durbin. Deanna Durbin e Robert Stack, interpreti del film Il primo bacio. 75 Eravamo già in piena guerra e chissà per quale recondita ragione fu confezionata una musichetta da usare (questo è anche da accertare) come sottofondo al film. Tale motivo quindi non era interpretato dalla protagonista (Deanna Durbin) ma fu trasformata in canzone con il titolo Il primo bacio. Gli autori di questa fantomatica canzone erano Giovanni D’Anzi e Alfredo Bracchi e ad inciderla fu chiamata proprio la nostra Lina Termini insieme all’Orchestra Cetra diretta da Pippo Barzizza (disco IT 1016). Una canzone – come si potrebbe definire – di serie B, in quanto non viene mai ricordata tra i successi del famoso duo D’Anzi-Bracchi. Un caso analogo era già accaduto (e chissà quanti altri) per il film Una romantica avventura (1940), dove il famoso valzer del maestro Cicognini diventò una canzone di successo – sempre interpretata dalla Termini – su dischi Cetra IT 869, DC 4160, DC 4522 e DD 10013. ◙ Mail di Francesco Paci, in relazione alla terza delle Notizie di Mercoledì 16 Maggio scorso: «Cari amici, eccovi un resoconto accurato della rappresentazione di venerdì sera. Vi allego anche un breve filmato, con qualche “spezzone” della serata, ed alcune foto (purtroppo, di qualità non eccelsa, dal momento che sono state scattate con il telefono cellulare). - http://www.trio-lescano.it/incisioni/Serata.wmv - http://www.trio-lescano.it/pdf/Circolo_Ufficiali_di_Palermo_18.5.2012.pdf La sala si è presentata davvero piena, con tanta gente, in parte già partecipe del primo incontro, organizzato l’anno scorso (l’8 Ottobre, quando io mi trovavo a Roma, per incontrare Roberto Berlini e la sua famiglia, oltre che Isa Bellini). La serata è stata impostata nel modo seguente: tre ragazze, più, ovviamente, l’orchestra, si sono esibite in sei brani delle nostre olandesine (in ordine: Pippo non lo sa, Ciribiribin, La gelosia non è più di moda, Il pinguino innamorato, Tulipan, Maramao perché sei morto?), intervallati da brevi spezzoni storici, esposti dal presentatore, utili a “rievocare” i momenti storici più importanti del Trio. Presente, ieri sera, come avrete già saputo, l’ultima “sopravvissuta” della seconda formazione del Trio vocale: Maria Bria, che ha avuto anche la “sua” parte della serata, cantando, dinnanzi al pubblico, un tango argentino (memoria del periodo trascorso in Sudamerica). Fra musica e fotografie (proiettate su uno schermo, ma tutte già conosciute, nulla di veramente originale o inedito) rappresentanti le nostre Lescano, la serata si è conclusa con la premiazione di alcuni dei presenti per la loro collaborazione e/o partecipazione allo spettacolo (in particolar modo, la figlia della Bria, Alba Beiras, autrice del libro I miei TU-LI-PÀN - Mamma cantava nel Trio Lescano). Veniamo, adesso, ai giudizi su quanto ho potuto assistere, venerdì sera. In una scala da uno a dieci, darei un bel nove all’orchestra presente: molto fedeli agli originali, i brani suonati. Lo posso garantire, in quanto, fra me e me, ripercorrevo tutte le incisioni, e non ho riscontrato sorprese, tranne per Il pinguino innamorato (sicuramente la canzone meno riuscita), in cui mancava una parte dell’introduzione originale. Passiamo alle ragazze. A loro, non potrei dare più di sei e mezzo-sette. Hanno una bella voce, hanno lavorato e si sono impegnate, indubbiamente, ma sono ben lontane 76 dalle vere Lescano. Non giudicatele dal filmato che ho allegato alla mia recensione: l’audio non è di buona qualità, e non rende loro giustizia. Il discorso, per il trio d’imitazione, è, in realtà, più complesso: alcuni momenti sono stati eccezionali (Ciribiribin è stata, sicuramente, la canzone meglio interpretata: mi ha trascinato parecchio, ed era molto gradevole), altri, da dimenticare (come Tulipan, oppure Il pinguino innamorato, distantissime dalle originali, per quanto concerne l’armonizzazione e la fedeltà). Come al solito, purtroppo, ogniqualvolta si assista ad una “rievocazione” del nostro, inimitabile Trio, manca la solista: Pippo non lo sa, Il pinguino innamorato, Maramao perché sei morto?, avrebbero avuto bisogno di una ragazza, accompagnatrice della formazione vocale, che avrebbe dovuto interpretare Silvana Fioresi e Maria Jottini. Cosa che, regolarmente, non è avvenuta. Interessante è stata la presentazione di un documento che attesta la falsità dell’arresto (già presunto, da molto tempo, e che, su questo sito, è stato oggetto di un amplio dibattito) delle Lescano, verificata mediante una ricerca, condotta dagli stessi organizzatori della serata, al carcere Marassi, dal quale non è uscita fuori nessuna prova che dimostri il fermo delle tre ragazze al penitenziario Ligure. Tale documento è stato esternato dalla Procura della Giustizia di Genova, che ha collaborato alla ricerca. Maria Bria è stata, indubbiamente, la vera diva della serata: posso affermare, con certezza, che ella si stia ampiamente rifacendo del danno economico e morale, subìto fra il 1946 ed il 1952, periodo in cui lavorò con Sandra e Giuditta. Ovverosia, sta conquistando popolarità ed interesse, da parte del pubblico, dopo tanti anni di ombra. Maria Bria oggi, a 87 anni. Mi è sembrato di capire che lei abbia riferito, al presentatore, che siano state le sorelle Lescano a non averla pagata, durante la trasferta in Sudamerica: io ricordavo diversamente, ovvero che, le due olandesi, non sapessero che il loro amministratore non le versasse un solo centesimo. A dir poco epico il momento in cui, all’ospite d’onore della serata, nonché ultima testimonianza vivente del Trio Lescano (almeno, così è stata definita), è stato “svelato” un vero cimelio: il microfono originale del 1938, marchiato EIAR e facente ora parte dell’archivio RAI, con il quale le sorelle hanno cantato le loro più celebri 77 canzoni. È stato, addirittura, utilizzato dalla signora Bria per cantare Tulipan, insieme alle tre ragazze, che si sono, invece, servite di un microfono moderno. Maria Bria, come detto, ha anche cantato – con quel poco di voce che, ormai, le è rimasto – un tango argentino, accompagnata da un bravo violinista; c’è da dire, per onestà, che lei ha premesso di non avere più voce, in quanto “le corde vocali sono come una bicicletta: se la si lascia in cantina ad arrugginire, poi, non funziona più. L’ultima volta che ho cantato professionalmente è stato a quarant’anni: adesso, la mia voce è quella che è. Abbiate pazienza”. Sono, comunque, riuscito a farmi firmare, da parte sua, un autografo, per il sito “Ricordando i Trii Vocali”, con il nome di Roberto, di Simone ed il mio. Maria Bria canta il tango Adiós, pampa mia! In complesso, una bella serata, certo, con qualche difetto e strafalcione: sono state “citate” le Capinere come accusatrici delle Lescano, in quanto “invidiose del loro successo e non capaci di decollare”, ma la smentita dell’arresto ha fatto, indirettamente, cadere questa accusa. Al massimo, si possono confermare, sempre secondo il documento di cui sopra, due fermi da parte della Gestapo, ma nulla di più. Mi ha fatto imbestialire soltanto l’aver udito che “la fiction, trasmessa due anni fa, ha ricostruito minuziosamente la vita delle Lescano”. No comment». Mercoledì 23 Maggio 2012 ◙ Mail di Antonio: «Quest’oggi nella vetrinetta “Come le cantavao... gli altri” fa capolino il dolce viso acqua e sapone di Dea Garbaccio che, insieme al Duo Fasano (ai primi passi, dato che era il 1942), interpreta Don Pasquà, la ben nota canzone di Nisa-Concina incisa anche dal Trio Lescano nel medesimo anno e sempre con Angelini (DC 4136)». 78 Dea Garbaccio (Borgosesia, 29.6.1919 - Fara Novarese, 12.9.1997) e il Duo Fasano, formato dalle gemelle Dina (Torino, 21.9.1924 - Torino, 24.11.1996) e Delfina Fasano (Torino, 21.9.1924 - Torino, 16.12.2004). ◙ Grazie alla generosa disponibilità del collezionista Renato P. Allison, Manuel ha potuto acquisire le registrazioni di ottima qualità delle canzoni Fascino slow (GP 92190a), con Emilio Livi e il Trio Lescano, Piccolo chalet (GP 92350a), con Luciana Dolliver e il Trio Lescano, Ba... ba... baciami piccina (DC 4143a) e Cantiamo in tre (DC 4143b), interpretate dal Trio Lescano da solo. Tutte queste incisioni erano fin dall’inizio presenti nel nostro Archivio sonoro, ma la loro qualità – specialmente nel caso di Fascino slow e di Ba... ba... baciami piccina – lasciava molto a desiderare. Walter ha quindi provveduto a ridare ulteriore smalto ai file ottenuti da Manuel, cosicché essi fanno ora bella mostra di sé nel suo canale di YouTube, dove tutti li possono ascoltare e gioirne. Si tratta infatti di quattro splendide gemme, che danno la misura della classe inarrivabile delle olandesine. http://www.youtube.com/user/AlbertoRabagliati ◙ Umberto Mendola ci ha precisato che la presentazione del libro di Alba Beiras dedicato a sua madre, Maria Bria, ultima componente del Trio Lescano tuttora con noi, si è svolta presso il Circolo Militare Ufficiali di Palermo, un bel palazzo d’epoca, molto ben tenuto. Umberto, carabiniere in congedo, è il titolare dell’Istituto palermitano Mendola Investigazioni, specializzato nella ricerca di persone scomparse, sia in Italia che all’estero. Appassionato del Trio Lescano, è naturale che, data la sua professione, egli sia attratto in particolare dalle vicende biografiche delle tre sorelle, vicende che, come si sa, conservano tuttora non pochi lati oscuri. Fra questi basti ricordare gli ultimi anni di vita di Caterinetta e la sorte toccata a Giuditta, di cui si perdono le tracce verso la metà degli anni Settanta. Umberto Mendola. 79 Ingresso del Circolo Militare Ufficiali di Palermo. Avvalendosi delle sue approfondite competenze e conoscenze Umberto è riuscito a ottenere due documenti di notevole interesse, che ha poi generosamente messo a nostra disposizione tramite il nostro collaboratore siciliano Francesco Paci, uno dei Curatori del sito gemello Ricordando i Trii Vocali: li ringraziamo entrambi calorosamente. Siamo ora lieti di pubblicare qui tali documenti, a beneficio di tutti i ricercatori seri (precisazione d’obbligo, perché non mancano purtroppo quelli che non lo sono affatto, dal momento che preferiscono inventarsi di sana pianta le informazioni, invece di andarle a cercare là dove normalmente si trovano, cioè tra i documenti d’archivio). 80 Venerdì 25 Maggio 2012 ◙ Mail di Renato P. Allison: «Ecco un piccolo supplemento alle tante novità di questi giorni. Vi invio l’etichetta IT 818a che vi manca: credo che sia la prima edizione di Firenze con Spadaro e il Trio Lescano, poi ristampata varie volte fino agli anni ’50. Ho notato che manca anche nella Discografia. La matrice è sempre 50638». 81 Abbiamo subito provveduto ad aggiornare sia le varie pagine della Discografia che l’elenco delle etichette in archivio. ◙ Mail di Simone Calomino: «Amici, vi invio una bellissima incisione: Autunno di Santafè e Di Roma, pubblicata nel 1939 su disco Cetra IT 656b nella brillante interpretazione di Maria Jottini e Maria Luisa Dell’Amore. Si tratta di un duo molto particolare, dato il caratteristico timbro alto e squillante di entrambe le voci, che riescono ad impastarsi con un ottimo risultato (si ascoltino a tale riguardo su YouTube per la prima Un bel dì vedremo e per la seconda La bella lavanderina). Notevole anche il lato ‘a’ del medesimo disco, nel quale lo stesso duo interpreta Madonnina Innamorata. Il motivo per cui vi propongo la canzone Autunno è che essa è stata incisa anche da Fedora Mingarelli e il Trio Lescano su disco Parlophon GP 93065. Quale delle due versioni preferite? A voi l’imbarazzo della scelta!». Martedì 29 Maggio 2012 ◙ Mail di Antonio: «Quest’oggi la vetrinetta di “Come le cantavano... gli altri” si apre 82 per mostrare – affiancate – due cantanti di genere e tempo diversi: la melodia ‘soft’ degli anni ’30 e lo swing degli anni ’40. Ninì Serena (1912-1979) [o Niny, come si legge nei titoli di testa del film Ecco la Radio!, del 1940]: cantante dalla voce calda e sensuale, ma con una carriera alquanto breve, seppur memorabile, durata sì e no due anni circa. Nella Colombo (1927-1999): cantante tutto swing che, sotto la guida del maestro Carlo Prato, iniziò giovanissima – appena sedicenne –- una carriera ben lunga (1941-1966), che la rese popolarissima. Ninì Serena e Nella Colombo. La prima l’ascoltiamo in un notissimo motivo di Porter-Valabrega, Ma perché? (GP 92779, 1938), inciso con Angelini e l’Orchestra da ballo dell’Eiar; il Trio Lescano lo inciderà un anno dopo su disco GP 92840, con la medesima Orchestra. La seconda ci presenta Il pesce e l’uccellino di Kramer-Rastelli, una canzone lanciata nello stesso anno (1942) da Silvana Fioresi e il Trio Lescano con Barzizza, su disco DD 10070. Nella Colombo la canta assieme al Trio Aurora, con l’Orchestra diretta dal M° Carlo Zeme». I due files sono stati restaurati, con la sua consueta perizia, dal nostro Walter. ♦ Commento di Paolo: «Nell’ascoltare con piacere la versione della canzone Il pesce e l’uccellino di Nella Colombo mi sorge un dubbio. È sicuro che si tratti dell’Orchestra Zeme? In effetti l’arrangiamento è lo stesso eseguito da Barzizza, e lo stile del Pippo sanremese si riconosce al primo istante, con il violino che raddoppia la melodia cantata. Forse la proprietà degli arrangiamenti era della Cetra, ma non credo che questi fossero intercambiabili fra le varie orchestre, ognuna delle quali aveva un suo stile ben definito. Quale direttore l’avrebbe accettato? Detto ciò, colpisce l’intervento del Trio Aurora: ineccepibile armonicamente ma, in confronto al Trio Lescano, impreciso qua e là e decisamente con meno swing». ♦ Replica di Antonio: «Carissimi, mi dispiace confermare a piè pari quanto da me già affermato. Se l’arrangiamento [della canzone Il pesce e l’uccellino] è quasi identico a quello di Barzizza, che sia lo stile del maestro Carlo Zeme – per chi non lo ha conosciuto o non lo ricorda – si nota ben presto sin dalle prime note di apertura del brano. Ben più corposa è l’entrata di Barzizza, avvalorata anche dal numero maggiore dei componenti l’orchestra e dalla ripresa subito dopo il ritornello cantato dalle Lescano. A Paolo consiglierei di andarsi a riascoltare la versione della Fioresi, per rendersene 83 ben conto. Nel caso non l’avesse, gliela potrei inviare, in modo da fare un preciso confronto. Perché sempre tanti dubbi su quanto afferma il sottoscritto???». ♦ Controreplica di Paolo: «Caro Antonio, perché dovresti dispiacerti nel comunicare dati e pareri? Siamo qui per studiare ed apportare i nostri contributi. Che l’introduzione sia di Zeme è possibilissimo. Che sia altrettanto vero che dalla modulazione in poi l’arrangiamento sia di Barzizza è ineluttabile; conosco benissimo la versione della Fioresi, essendo studioso di arrangiamento ed orchestrazione, ed essendo uso a documentarmi attentamente prima di parlare. Per quanto riguarda la formazione orchestrale Zeme nel 1942 schierava: - trombe: Oscar Valdambrini, Angelo Gori, Elettro Bartolucci, Ferri; - tromboni: Mario Midana, Giuseppe Schezzi (vivente, mio conoscente); - sax: Silvano Morra, Glauco Masetti, Paolo Ferraresi, Battista Gimelli; - archi: Marcello Zeme, Rovesio, Giovannelli, Campana; - ritmica: Picconetto, Trotta, Regolo Rovero, Frazzi. Quindi una formazione standard al pari di Barzizza. L’arrangiamento omette il solo di sax tenore di Mario Di Cunzolo, per ragioni di spazio. Non entro in altri meriti, ma posseggo una notevole discografia ed esperienza orchestrale che mi consentono di poter esprimere un garbato parere senza malintesi secondi fini. In conclusione, il reperimento dell’etichetta risolverebbe ogni residuo dubbio, ma il disco non compare nel catalogo del 1942 e non c'è più in quello del ’47/’48. Evidentemente sono quelle incisioni fatte a Bologna dopo il ’42, e chissà quanto materiale è andato perduto. Un cordiale saluto, Paolo». de
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