Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del
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Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del
Valerio Salone Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro Il presente articolo si pone l’obiettivo, collegandosi ai più significativi contributi della letteratura sull’argomento e alle esperienze recenti di costruzione di modelli di Strategic Workforce Planning, di affrontare i seguenti temi: - Fornire il quadro dell’evoluzione concettuale e operativa dello Strategic Workforce Planning e le motivazioni della crescente rilevanza e attenzione a questo processo all’interno delle organizzazioni; - discutere i vantaggi che l’adozione dello Strategic Workforce Planning ha prodotto nelle realtà che lo hanno adottato in maniera più convinta e significativa; - descrivere il contesto in rapida evoluzione delle practice adottate ai fini della implementazione dello Strategic Workforce Planning, esponendone i principi metodologici e applicativi, l’evoluzione delle prassi e del livello di adozione e gli ostacoli alla sua diffusione; - Sintetizzare gli insegnamenti appresi nell’adozione e implementazione dello Strategic Workforce Planning nelle esperienze di significative realtà internazionali; - analizzare l’impatto dello Strategic Workforce Planning sul ruolo e lo status organizzativo della funzione HR. L’autore • Valerio Salone, Principal di Mercer e Responsabile dell’area “Strategic Workforce Analytics and Planning” Premessa R iuscite a immaginare un’impresa che non sia in grado di articolare quali segmenti di clientela portano maggiore valore? O indicare di quante risorse finanziarie abbia bisogno per effettuare gli investimenti richiesti dal proprio piano industriale? Ovviamente non sembra possibile concepire organizzazioni complesse che non siano in grado di farlo. Nella realtà operativa pressoché tutte le imprese investono infatti significative quantità di tempo, energia e attenzione manageriale a pianificare accuratamente il futuro dei loro prodotti, mercati e risorse finanziarie, ma un numero ancora molto limitato applica tecniche di strategic planning alla risorsa cui il loro stesso senior management fa stabilmente riferimento come vera e ultima fonte del vantaggio competitivo: le persone. Molte organizzazioni sembrano, nella sostanza, accettare passivamente di lasciar determinare il profilo futuro del- 42 Giugno/luglio 2013 la loro workforce dall’effetto congiunto delle loro attuali prassi operative interne e dei trend sociali e normativi esterni. Detto in altri termini queste organizzazioni rinunciano a pianificare (il che, spesso, corrisponde al rinunciare a ‘comprendere’ e, quindi, guidare) e si auto-impediscono di adottare così qualsiasi programma o azione sulla propria forza lavoro che non sia ‘tattico’, ‘reattivo’ e di breve periodo. L’inconveniente è rappresentato dal fatto che il combinato dei trend interni ed esterni determina un percorso di evoluzione del profilo della workforce che molto spesso non è quello in grado di condurre l’organizzazione a operare con efficacia nel futuro contesto di business. È infatti abbastanza ovvio che servono persone per attuare la strategia di business, tuttavia molte imprese non hanno piani strategici sulla propria workforce futura e Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro non hanno così la possibilità di fornire risposte strutturate alle seguenti domande: - Quali ruoli sono critici per attuare i piani di business? - Di quali persone abbiamo bisogno per raggiungere i nostri obiettivi? - Abbiamo complessivamente le competenze in termini qualitativi e quantitativi per attuare la strategia? - Quali sono i temi strategici sui quali spendere il nostro budget e concentrare i nostri investimenti sulle persone? Molte organizzazioni percepiscono tale gap, ma non hanno un framework – e quindi gli strumenti – che permetta loro di prevedere e agire per modificare tale ‘futuro’. Il framework che può guidare le organizzazioni nel fornire una risposta a queste domande, riconciliando così il futuro inerziale della workforce con quello desiderato è lo Strategic Workforce Planning (SWP). Scenario esterno ed evoluzione della disciplina dello Strategic Workforce Planning Il fatto che notizie e resoconti delle pagine economiche siano concentrati ormai da tempo, non solo in Italia, ma anche in molti altri paesi, sui crescenti tassi di disoccupazione, sulle ristrutturazioni in corso e sulle decisioni delle imprese di riduzione della propria forza lavoro tendono a oscurare il fatto che per molte imprese (anche di paesi in crisi) siano presenti, in parallelo alle sfide sopra descritte, significative pressioni di natura contraria che risiedono nel trovare forza lavoro nelle quantità e qualità adeguate. Ad esempio molte imprese che operano anche fuori dei confini nazionali e, a maggior ragione, quelle che operano su scala multi-continentale o globale si trovano a dover gestire contemporaneamente situazioni contradditorie: eliminazione di ‘mestieri’ e riduzione di personale in alcuni paesi, impossibilità di inseguire i tassi di crescita del business a causa delle carenze di forza lavoro in altri paesi. Inoltre, pur essendo evidente la rilevanza che ha nel contesto attuale prestare una forte attenzione ai costi, è altrettanto rilevante notare che per molte imprese i processi di razionalizzazione e ristrutturazione vanno spesso di pari passo con progetti e iniziative di M&A e di ingresso in nuovi mercati. Ne consegue che molte organizzazioni si trovano allo stesso tempo ad assumere in alcune aree di business o mercati, gestire le ridondanze di personale in altri e ricollocare e fare re-skilling su altri ancora. Ulteriore evidenza che ridurre alla sola, pur urgente e rilevantissima, ristrutturazione e riduzione della workforce le sfide che si presentano davanti alle imprese sia riduttivo viene dall’analisi dei trend globali sull’evoluzione della domanda e offerta di forza lavoro, che appaiono evidenti in tutta la loro criticità appena se ne esaminano i numeri. Anche trascurando il caso eclatante della Cina (che secondo stime recenti dovrebbe avere, nonostante i massicci sforzi nel rafforzamento del sistema educativo, un gap negativo al 2020 di 23 milioni di c.d. collegeeducated workers rispetto a quelli necessari per soddisfare la domanda di forza lavoro) le stesse economie avanzate (che includono Europa e Stati Uniti) avranno bisogno al 2020 da 16 a 18 milioni di lavoratori con titolo di studio avanzato più di quelli che il mercato del lavoro sarà in grado di offrire (un gap che ammonta a ben l’11% del totale della domanda di forza lavoro). Le stesse economie del sud Europa avranno 3,5 milioni di lavoratori con titolo di studio avanzato meno di quelli necessari. (Dobbs, Lund, Madgavkar, 2012) Allo stesso tempo il complesso delle economie avanzate avrà al 2020 un eccesso di offerta di lavoratori con livelli bassi o medi di scolarità rispetto a quella che il mercato del lavoro sarà in grado di assorbire stimato in un intervallo che va da 32 a 35 milioni, trend che si aggraverà in particolare nelle economie del sud Europa per le quali circa il 16% dei complessivi 50 milioni di lavoratori a basso e medio livello di scolarità non sarà in grado di essere assorbito dal mercato del lavoro. (Dobbs, Lund, Madgavkar, 2012) Ma quelle sopra delineate non sono le uniche sfide che si presentano di fronte alle imprese nell’attuale contesto: - molte imprese sono giunte alla recessione in possesso di una configurazione della propria workforce caratterizzata da un eccesso di ruoli manageriali, amministrativi e ‘impiegatizi’ e spesso non abbastanza ruoli professionali, tecnici o di front end commerciale, pagando anni di politiche di resourcing e gestionali spesso scollegate dalle reali esigenze di business e sono intenzionate a non ripetere l’errore nel futuro; - le operazioni di M&A hanno in molti casi fallito nel creare valore, spesso a causa di una cattiva gestione dell’integrazione post fusione o acquisizione. Molte imprese stanno allora lavorando anche qui per non ripetere gli errori del passato e dotarsi, sin da ora, di una piattaforma in grado di supportarle in eventuali operazioni analoghe che dovessero perseguire nel futuro al fine di raggiungere i target di crescita imposti dai piani strategici; - le imprese hanno affrontato molte delle sfide di flessibilità e costo del lavoro facendo ricorso a contratti di lavoro diversi da quelli a tempo indeterminato (circostanza che caratterizza non solo le imprese Giugno/luglio 2013 43 Valerio Salone italiane, essendo il tema dei c.d. contingent workers trasversale alle imprese di pressoché tutti i paesi avanzati), salvo scoprire che il ricorso a tali tipologie di lavoratori è diventato indispensabile e che non vi è nessuna entità o strumento all’interno dell’impresa in grado di garantirne una gestione integrata e orientata strategicamente verso obiettivi di business e che non consista solo nel ridurre il costo medio del lavoro; - continua il trend di spostamento di persone da ruoli di back office a ruoli c.d. customer-facing con le conseguenti necessità di azioni e programmi di re-skilling e upskilling; - l’engagement dei dipendenti è stato messo a dura prova durante la crisi, anche a causa del modo in cui sono stati gestiti gli impatti sulle persone; - i ruoli manageriali, usuale sbocco di carriera, sono in riduzione, con conseguente necessità di ripensamento e gestione delle aspettative dei dipendenti che ‘premono’ per avere sbocchi professionali e retributivi; - i cambiamenti demografici, accentuati dall’evoluzione legislativa che, modificando i requisiti pensionistici, sta allungando la permanenza in azienda della popolazione stanno generando – in particolare in Italia – un cambiamento epocale per le strategie gestionali delle imprese. Ridurre le sfide operative delle imprese alla sola necessità di razionalizzare la forza lavoro appare quindi semplicistico. Le sfide presenti sono molto più numerose e questo rende il contesto operativo estremamente complesso da due punti di vista. In primo luogo le sfide e i trend sopra delineati si stanno spesso presentando contemporaneamente, rendendo i gap tra obiettivi di business e profilo della workforce che tali obiettivi dovrebbe perseguire più ampio che mai e, in molti casi, destinato ad ampliarsi notevolmente in ipotesi di scenari ‘inerziali’ (cioè senza modifiche nelle strategie volte a modificare la configurazione della forza lavoro). In secondo luogo le sfide e i trend sopra delineati si presentano in modo da rendere necessarie scelte apparentemente contradditorie, in quanto, ad esempio, non è inusuale ormai incontrare organizzazioni che: - stanno contemporaneamente avendo surplus di forza lavoro in un’area e carenze in un’altra; - sanno di avere risorse limitate a disposizione per interventi di rewarding e contemporaneamente hanno significative necessità di trattenere e motivare risorse critiche; - devono segmentare la forza lavoro al fine di adottare politiche mirate sui singoli segmenti, ma devono contemporaneamente tenere alto l’engagement di tutto il personale; 44 Giugno/luglio 2013 - hanno bisogno di maggiore performance e produttività, ma non hanno risorse sufficienti per avviare iniziative che vadano in tale direzione; - hanno bisogno di una cultura organizzativa integrata e orientamenti gestionali comuni, ma puntano anche a valorizzare la diversità. Un riscontro della presenza delle situazioni apparentemente contraddittorie sopra citate emerge dall’analisi dei dati (The Boston Consulting Group and World Federation of People Management Associations, 2012, “Creating people advantage”) sul numero delle imprese che si trovano in situazioni non di semplice ‘ristrutturazione’ (cioè di surplus della workforce e conseguenti azioni di riduzione), ma di ‘trasformazione’ (cioè di contemporanea presenza di azioni di riduzione della workforce in specifiche geografie, business o mercati e di piani di assunzioni e sviluppo della workforce in altri). Infatti, su base globale, il 52% delle imprese con più di 2.000 dipendenti sta attuando un percorso di ‘trasformazione’ (nel significato sopra delineato), dato che cresce fino al 60% nel caso delle imprese europee, a fronte rispettivamente di un 13% su scala globale e un 11% a livello europeo che hanno in corso operazioni di ‘ristrutturazione’. In estrema sintesi la complessità e gravità delle sfide sopra descritte rende evidente come senza interventi efficaci su tali fenomeni, a rischio non è la Workforce Strategy, ma la Business Strategy. Il vero tema critico è che le imprese ‘intuiscono’ la gravità e profondità dei fenomeni sopra delineati, ma spesso non sono in grado di ‘misurarli’. Comprendono infatti che debbano esserci delle azioni che, se adottate nei tempi giusti e con il corretto anticipo, possano, se non eliminare gli impatti dei fenomeni sopra delineati, almeno mitigarne il rischio, ma non sono in grado di definire programmi che integrino e correlino logicamente tra loro tipologia di azioni, quantità di investimenti richiesti, variabili sulle quali agire e miglioramenti ottenibili. I fattori di complessità e incertezza sopra descritti si traducono pertanto in un’accresciuta difficoltà nel garantire una valutazione rigorosa degli impatti sulla workforce delle scelte di business e stanno rendendo pressoché impossibile governare l’evoluzione della forza lavoro nel medio-lungo periodo basandosi sugli strumenti e sui set informativi in uso. L’effetto finale è spesso una rinuncia a pianificare e un rifugiarsi in un approccio tattico e reattivo alle scelte sulla forza lavoro. È su questo contesto (e in risposta a esso) che si sta innestando tuttavia l’evoluzione che molte organizzazioni stanno facendo verso l’adozione di modelli di intervento sistemici sulla forza lavoro che si è sostanziata nella Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro esplosione dello Strategic Workforce Planning come nuova practice operativa. Le organizzazioni più evolute si sono infatti rese conto di come la necessità di ‘gestire’ contemporaneamente i trend sopra descritti renda evidente l’assenza di strumenti in grado di fornire un quadro al contempo sistemico e puntuale di come tali forze finiscano per impattare sulla forza lavoro della specifica impresa. Maturata tale consapevolezza ed essendo evidente che la strumentazione a loro disposizione non era in grado di permettere di affrontare con efficacia e in coerenza con i business plan definiti le sfide sopra delineate, per tali imprese la ricerca di uno strumento adeguato è diventata inevitabile e lo Strategic Workforce Planning è risultato essere la soluzione a tali esigenze. L’evoluzione concettuale e operativa dello Strategic Workforce Planning L’esplosione di progetti di SWP, soprattutto tra le grandi imprese multinazionali – in quanto le prime a essere impattate dai fenomeni prima descritti e quindi anche le prime a rendersi conto delle conseguenze sulle loro strategie di business della rinuncia a gestirli dotandosi di strumenti efficaci – e la popolarità crescente e diffusione progressiva dello SWP lo hanno anche fatto etichettare come l’ultima ‘moda manageriale’. Ma, date le circostanze attuali in cui lo SWP si innesta, il business case che lo sostiene diventa difficilmente attaccabile: se si pensa all’ampiezza, varietà e rilevanza crescente di situazioni contraddittorie e scelte difficili che le imprese si trovano ad affrontare nel gestire la propria workforce appare evidente il razionale di business che spiega l’affermarsi dello SWP. Il dibattito dovrebbe quindi concentrarsi piuttosto sull’analizzare perché così poche organizzazioni, a fronte della complessità delle situazioni che sono chiamate a gestire, lo hanno già adottato e sono ancora ferme ad approcci tradizionali e reattivi. Secondo una definizione ormai comunemente accettata lo Strategic Workforce Planning può essere classificato come “la capacità da parte delle imprese di identificare, sulla base della propria business strategy, offerta e domanda di ruoli e skills, sia attuali che future, e di determinare la soluzione ottimale che permetta di coprire i gap identificati in termini di qualità, quantità, timing e location della workforce” (Spehrer-Patrick, Pennington, Louw, 2011). Il Workforce Planning si sostanzia pertanto in un insieme di processi volti a permettere di analizzare domanda e offerta di persone rispetto alle esigenze di una specifica organizzazione, a definire gli scenari di cambiamento nel tempo di tali domanda e offerta e a impostare i relativi piani di intervento. Lo SWP è quindi l’equivalente del business planning applicato alle persone ed è una componente fondamentale della business strategy. È tuttavia una delle practice di più recente evoluzione, il che può condurre a confusione riguardo sia al suo significato sia, conseguentemente, al suo ruolo e rilevanza all’interno delle organizzazioni. La necessità di definire in maniera puntuale lo SWP deriva anche dal fatto che il termine ha assunto significati diversi in diverse organizzazioni e che spesso Headcount Planning, Headcount Optimization, Operational Workforce Planning, Headcount Budgeting, Strategic Workforce Planning sono utilizzati senza distinzione. Tale confusione anche nominalistica ha condotto a generare un’osservazione frequentemente ascoltata in molti contesti aziendali secondo la quale lo SWP è una prassi nota e adottata da decenni e quindi ormai un processo tradizionale e consolidato nella maggior parte delle imprese. Sia la ricerca più recente sul tema che l’esperienza Mercer suggeriscono altrimenti. È infatti corretto affermare che la maggior parte delle imprese conduce forme di headcount planning, ma non processi di SWP in senso stretto. Infatti il Workforce Planning (WP) che era una volta spesso confuso con la ‘pianificazione degli organici’ e aveva uno scopo limitato alla identificazione degli overhead o, nei casi più evoluti, al calcolo del gap tra offerta e domanda di forza lavoro interna sta diventando un processo sempre più sofisticato e in grado di generare forecast multipli collegati agli scenari strategici e di permettere alle aziende di adattare coerentemente la propria workforce e rispondere con rapidità a cambiamenti nei piani e nelle strategie di business sia di breve che medio-lungo periodo. Il Workforce Planning ‘strategico’ è, quindi, una cosa diversa e va distinto dal Workforce Planning ‘tradizionale’, in quanto è un processo sistemico di riflessione strategica che permette a un’organizzazione di esplorare il futuro, valutare le opzioni disponibili, definire obiettivi e puntare a definire la workforce futura in grado di permettere il raggiungimento degli obiettivi di business stabiliti. Ha senso quindi esplorare, visto il grado di confusione esistente sul reale significato e valenza operativa dello SWP, oltre alla definizione, anche l’evoluzione recente del WP e della sua configurazione metodologica. La metodologia e il processo di Strategic Workforce Planning Lo SWP, nella sua essenza, aiuta le organizzazioni a riconciliare alcune delle contraddizioni implicite nello sforzo di creare e mantenere nel tempo la workforce di cui hanno bisogno per gestire e sviluppare il business, Giugno/luglio 2013 45 Valerio Salone Immagini articolo “Strategic Workforce Planning. la forza lavoro del futuro”Salone - formato bitmape permettendo di coprire treCostruire fondamentali aree di Valerio di livelli di performance competenza. L’analisi interna va però estesa anche al lato domanda (internal demand), esaminando quindi la direzione che l’organizzazione intende prendere a seguito dei piani strategici, isolando i fattori che impattano direttamente sulle caratteristiche attese della workforce. L’analisi puntuale dei business plan è cruciale a tale scopo così come cambiamenti nei processi, adozione di nuove tecnologie, nuove modalità di organizzazione del lavoro, ecc. L’analisi esterna riguarda invece sia l’esame di quale sarà la configurazione dell’offerta di workforce sul mercato (external supply) in termini di qualità (skill, competenze, valori), quantità e di come sia altre aziende sia le politiche pubbliche e istituzioni che formano le persone possano influenzare l’offerta quali-quantitativa di forza lavoro di interesse, sia l’analisi dei possibili sbocchi per la propria workforce Figura 1 - Le domande chiave al centro del Workforce Planning attuale e futura (external demand). Lo SWP è un framework flessibile in quanto, al pari del business planning, non esiste un approccio ‘one size fits all’ 2. Definire il profilo attuale della workforce allo SWP. Quanto riportato di seguito in termini metodoPrima di poter pianificare qualsiasi intervento è rilevante logici va quindi letto e interpretato come un menu e non conoscere puntualmente quali sono i contributi più rilecome una prescrizione: ogni organizzazione potrà infatti vanti e strategici richiesti alla forza lavoro e quali sono analizzare la propria situazione e scegliere il processo più le caratteristiche della workforce che tali contributi deve adatto ad applicare lo SWP al proprio contesto. fornire. Da questo punto di vista, vi sono quattro fondamentali Questo richiede in primo luogo la comprensione dei prochiavi in ogni workforce plan, ma il processo può e deve cessi e la conseguente articolazione e raggruppamento essere personalizzato sulle esigenze e la realtà operativa di logico dei contributi organizzativi che i piani di business ogni specifica organizzazione. richiedono all’organizzazione di svolgere e, successivamente, l’individuazione degli insiemi di ruoli che sono 1. Comprendere il contesto logicamente collegati tra loro sulla base, appunto, del Il passo preliminare e particolarmente critico in ogni initipo di contributo che forniscono all’organizzazione. Dal ziativa di SWP, in quanto in grado di influenzare tutti punto di vista operativo questo si traduce nella segmengli step futuri, è la comprensione del contesto nel quale tazione organizzativa della workforce (individuazione dei la specifica organizzazione si troverà a operare, di quali workforce segments rilevanti), i cui criteri di profilazione defattori e trend sia interni sia esterni stanno influenzando vono ovviamente essere scelti in funzione della specifica il futuro dell’organizzazione e di come questo influenzerà realtà aziendale. la configurazione della workforce. Esempi di workforce segments possono essere i tecnici di maQuesto richiede di analizzare in primo luogo i fattori innutenzione di uno specifico stabilimento, la forza vendita terni che definiscono stato attuale ed evoluzione di mededicata alla clientela corporate in una specifica country dio-lungo periodo del profilo della forza lavoro. L’analisi o regione o i professionals di corporate finance a livello interna riguarda ovviamente il lato offerta (internal supply) globale. e quindi il profilo della forza lavoro in termini anagrafici, La seconda dimensione da analizzare riguarda l’identidi genere, di collocazione geografica, di tipo di contratto, ficazione dei segmenti di workforce più rilevanti ai fini indagine: quantità, qualità e collocazione della forza Fig. 1 – Le domande chiave al centro del Workforce Planning lavoro (figura 1). MERCER 46 Giugno/luglio 2013 Valerio Salone dei business plan. Questo richiede all’organizzazione di riconoscere esplicitamente che alcuni segmenti di forza lavoro sono più rilevanti di altri in quanto più critici per l’attuazione della business strategy. Uno degli scopi dello SWP è infatti prioritarizzare e focalizzare le azioni sui segmenti di popolazione più rilevanti per l’attuazione della strategia e, conseguentemente, distrarre risorse da quei ruoli che non forniscono un contributo strategico. Svolta l’analisi dal lato domanda di workforce, è richiesto di analizzare anche la componente offerta di workforce, al fine di individuare quale è il livello di copertura della forza lavoro sia rispetto ai requirements organizzativi (quale lavoro viene richiesto all’organizzazione di svolgere) sia rispetto ai segmenti di workforce critici. Vi possono essere diverse dimensioni sulla base delle quali impostare la segmentazione della workforce dal lato offerta e questo richiede di individuare le caratteristiche dell’attuale forza lavoro in termini sia di parametri tradizionali (età anagrafica, generazione di appartenenza, competenze e skills, localizzazione geografica, genere, ecc.), sia di parametri più sofisticati (motivazioni, fase del ciclo di vita, career drivers, livelli di performance, ecc.) sia di classificazioni create ad hoc in funzione di specifiche esigenze. 3. Creare una vista del profilo futuro della workforce La creazione del profilo futuro della workforce ha come obiettivo quello di determinare i bisogni dell’organizzazione alla data futura scelta come target di analisi (e, in logica dinamica, lungo l’intero periodo di piano che conduce a tale stato finale), considerando tre possibili caratterizzazioni di tale scenario futuro: A. Una prima caratterizzazione è quella che, estrapolando i trend attuali partendo dalle serie storiche, permette di identificare il c.d. scenario inerziale o “no change future state” (Chapman, 2005), cioè una proiezione del profilo della workforce nel caso in cui le attuali prassi e trend (sia interni sia esterni di mercato del lavoro o contesto operativo più generale) dovessero restare stabili nel periodo di piano. Il passaggio che porta alla definizione del “no change future state” è di cruciale importanza in quanto fornisce all’organizzazione un quadro e una rappresentazione tangibile di come sarà la workforce del futuro in permanenza degli attuali trend e practice interne e assume, da questo punto di vista, una duplice importanza. In primo luogo questo esercizio di scenario planning, frequentemente utilizzato anche nella pianificazione strategica (Roxburgh, 2009), può aiutare a individuare se emerge una configurazione del profilo inerziale della workforce incompatibile (ad esempio a causa della erosione di skill critiche o capabilities strategiche, di elevati tassi 48 Giugno/luglio 2013 di turnover che generano uscite dall’impresa di specifiche professionalità, dell’ageing della popolazione, ecc.) con l’attuazione efficace della business strategy, generando così il ‘caso’ per mettere all’attenzione del management la necessità di impostazione di un workforce plan per sanare i gap rilevati. Infatti, dato che non ci si può aspettare che il management delle imprese possa essere interessato a discutere di soluzioni a problemi dei quali non è consapevole, in quanto non si è in grado di renderglieli evidenti, costruire rappresentazioni efficaci dei problemi che possono nascere da un “no change future state” e delle conseguenze sull’attuazione della strategia è l’unico modo per attirare la loro attenzione sul Workforce Plan. In secondo luogo il “no change future state” fornisce il benchmark di riferimento per misurare gli effetti degli action plan che l’applicazione dello SWP contribuirà a generare, volti a modificare il profilo della workforce al fine di farlo convergere vero il profilo atteso. È infatti rispetto al “no change future state” che viene poi misurato il successo delle azioni messe in campo per costruire la “targeted wokforce”. B. Ovviamente la pianificazione che estrapoli i trend passati proiettandoli nel futuro è utile, ma ha i suoi limiti se non viene integrata con la valutazione di scenari alternativi che incorporino sia eventi esterni prevedibili (ma non ancora emersi) sia azioni o eventi interni pianificati o prevedibili. Questo conduce alla necessità di elaborare scenari futuri alternativi che considerino trend o evoluzioni esterne prevedibili con impatto sulla workforce, nonché ipotesi di scenari di profilo della workforce basati sugli impatti prodotti da politiche e programmi innovativi interni. Questa è la fase dello scenario planning applicato alla workforce che prova a descrivere il futuro esplorando la probabilità di verificarsi e l’impatto di eventi e fattori che sono in grado di modificare il profilo della forza lavoro e porta a costruire scenari multipli in logica “what if”. C. La terza componente della costruzione del profilo futuro della workforce è l’identificazione, in stretta correlazione con la business strategy, del profilo della forza lavoro futura attesa o desiderata in quanto coerente con la necessità di attuazione della strategia (c.d. “targeted workforce”). La “targeted workforce” è il profilo della forza lavoro che la business strategy richiede e che il complesso delle azioni del workforce plan deve permettere all’organizzazione di raggiungere e costruire ed è descritta e rappresentata utilizzando le stesse logiche di segmentazione utilizzate per costruire il profilo attuale della workforce. Grazie all’identificazione del suo “targeted future” l’organizzazione sarà così in grado di identificare i gap tra la Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro proiezione futura della workforce e la workforce attesa in modo da generare il piano d’azione volto a coprire tali gap. dettagliata delle caratteristiche attuali e future della workforce e la mette in grado di identificare più efficacemente le azioni, politiche e programmi volti ad agire sul profilo atteso della forza lavoro, identificando gli impatti di 4. Sviluppare un action plan volto a coprire i gap tra worciascuna azione e potendo conseguentemente stimare e kforce ‘inerziale’ e desiderata motivare il valore apportato da tali azioni all’organizzaTutto l’effort analitico realizzato finora conterebbe ben zione. poco a meno di non investire tempo nella identificazione Il risultato finale deve essere la stesura di un action plan delle azioni più appropriate per risolvere le criticità e cocomplessivo volto a definire come l’organizzazione intenprire i gap identificati. de agire per garantirsi una workforce futura coerente con A tale riguardo l’aspetto principale da considerare è che le necessità strategiche. il c.d. “no change future state”, cioè il profilo della workforce ‘fondamentali’ sopra descritti sono tradotti Immagini articolo “Strategic Workforce Planning. Costruire la forza Ilavoro del futuro”- dello ValerioSWP Salone - formato bitmap che l’organizzazione avrà a disposizione nel futuro preso nella prassi operativa in un processo del quale si riporta in considerazione può differire, in maniera più o meno in figura 2 un esempio sintetico tratto dalle esperienze sostanziale, dal c.d. “targeted future state”, cioè dalla conapplicative Mercer. Fig. 2 ‐ Il processo di Strategic Workforce Planning figurazione che la workforce dovrebbe avere per rispon- Figura 2 - Il processo di Strategic Workforce Planning dere appieno ai bisogni aziendali, così come espressi nel business plan. È opportuno quindi che l’impresa, una volta che il profilo MERCER target della workforce sia stato definito, proceda a identificare i gap tra profilo attuale (“no change future state”) e desiderato (“targeted future state”) e impostare di conseguenza il piano d’azione volto a coprire tali gap, identificando anche le conseguenze per l’organizzazione se un determinato gap non venisse coperto. Ne consegue che le tipologie di azioni inserite nel workforce plan debbano riguardare tutte le leve in grado di modificare il profilo della workforce e tutti i relativi processi: selezione, work design, promotions, sviluppo e costruzione delle skill, competenze, performance management, rewarding, ecc. La costruzione, in un percorso strutturato e integrato, delle quattro componenti sopra delineate permette all’organizzazione di sviluppare una rappresentazione molto Il processo di Strategic Workforce Planning richiede una fase di setup preliminare volta fondamentalmente alla definizione dei requisiti indispensabili per la riuscita del progetto che vanno dalla configurazione attesa del processo di workforce planning, al grado di maturità che si vuole raggiungere nel primo sforzo implementativo, ai ruoli che è indispensabile coinvolgere, alla definizione di un piano realistico di implementazione. A valle del setup iniziale, nella fase di Strategic Setting si sviluppa lo Strategic Alignment, al fine di individuare quali sono le “focus areas”, le priorità di business e gli obiettivi strategici che il processo di SWP deve prendere in considerazione e si provvede alla definizione della architettura della workforce, cioè dei workforce segments in cui essa è articolata. A questo punto il processo prevede la vera e propria workforce analysis volta a determinare i gap potenziali tra domanda e offerta di workforce sulla base di uno Giugno/luglio 2013 49 Valerio Salone spettro di possibili scenari e a identificare quali sono i rischi connessi a tali gap e scenari. Nella fase di Workforce Solution Design si sviluppano le possibili soluzioni per coprire i gap o mitigarne i rischi, definendo puntualmente quali soluzioni hanno la priorità maggiore, qual è il business case per le soluzioni identificate, quanto realizzabile, costosa e rischiosa è la loro realizzazione e l’orizzonte temporale previsto. I diversi scenari analizzati, i gap evidenziati e i relativi rischi vengono normalmente riportati in un Workforce Report, mentre il Workforce Plan contiene la descrizione del piano d’azione sulla forza lavoro, degli impatti che da esso si attendono e delle misure per la sua attuazione e il monitoraggio del suo successo. Chiarito a questo punto il significato dello SWP, la sua configurazione metodologica e la sua distinzione rispetto ad altre forme di pianificazione della forza lavoro ci si può dedicare a esplorare i contributi che lo strumento, se adottato nella sua configurazione più evoluta, può fornire alle organizzazioni che lo adottano. Vantaggi dell’adozione dello Strategic Workforce Planning Che i temi connessi allo sviluppo di una workforce adeguata a permettere alle organizzazioni di perseguire le proprie strategie siano una delle priorità del top management emerge chiaramente da pressoché tutte le analisi e survey effettuate al riguardo. Tale circostanza può apparire in contraddizione con parte del dibattito attuale (soprattutto nel contesto italiano ed europeo) che raffigura le imprese come concentrate pressoché esclusivamente sui processi di ristrutturazione e riduzione degli organici, ma è evidente se si analizza quanto invece emerge dall’elenco delle priorità strategiche (e grado di rilevanza) che gli stessi CEO ed Executive citano, sia con riferimento alle scelte di breve periodo su produttività e performance che con riferimento al perseguimento, nel medio e lungo periodo, degli obiettivi di crescita e innovazione. Numerose recenti indagini confermano tale livello di attenzione allo human capital da parte del top management delle imprese. Ben il 58% degli executive e il 70% dei senior executive, secondo una recente survey (McKinsey, 2010) ritiene che costruire le capabilities necessarie all’impresa per raggiungere i propri risultati di business sia una delle prime tre priorità strategiche (e addirittura il 90% lo mette tra le prime 10 priorità). Un’altra recentissima indagine (The Conference Board, 2012) ha riscontrato che i top executives intervistati ritengono lo human capital una sfida strategica per le loro organizzazioni seconda solo all’innovazione. Inoltre 50 Giugno/luglio 2013 oltre i due terzi dei corporate directors, interrogati in una recente indagine sui temi della governance (McKinsey, 2011) riguardo a verso quali temi vorrebbero vedere riorientato il tempo impiegato dai loro Board, citano il talent management come tema prioritario. Inoltre è ormai accertato che le decisioni che le organizzazioni prendono sul capitale umano e quindi sulla conseguente coerenza del profilo della workforce rispetto ai piani strategici dell’impresa hanno un impatto diretto su variabili di business fondamentali quali produttività, innovazione e sviluppo di prodotto e quindi possono favorire o impedire il complessivo successo dei piani di business adottati. La correlazione tra capabilities nella gestione dei principali processi e practice Hr e la performance delle imprese è stata accertata da studi (The Boston Consulting Group and World Federation of People Management Associations, 2012, From capability to profitability) che hanno riscontrato che la performance (espressa in termini di crescita dei ricavi e margini di redditività) delle imprese con elevati livelli di efficacia nella gestione dei principali processi Hr risulta superiore a quella delle imprese meno efficaci su tali temi. Nel caso di alcune practice le imprese più efficaci sui temi Hr risultavano avere tassi di crescita dei ricavi superiori fino a 3,5 volte e margini superiori fino a 2 volte rispetto a quelli delle imprese meno efficaci. Un’altra ricerca (Guthridge, Komm, 2008), focalizzata sulle società multinazionali, ha individuato una analoga correlazione tra le dimensioni del global talent management e la performance economica (espressa in termini di EBITDA per FTE): il terzo delle imprese appartenenti al segmento con i livelli più efficaci nelle complessive practices di gestione del capitale umano risulta avere livelli di profittabilità per dipendente superiore del 39% rispetto a quelle collocate nel segmento con le practices meno efficaci. Infine, pur essendo innegabile che la crisi e la recessione non rendano agevole o naturale attivare in via prioritaria iniziative di riflessione sull’evoluzione strategica e di lungo periodo della forza lavoro, è tuttavia vitale, anche in periodi di recessione, che le organizzazioni assumano una vista strategica e di lungo periodo che guidi anche le loro decisioni di breve sulla workforce, nonostante le pressioni a focalizzarsi sui risultati immediati e su risposte ‘emergenziali’ siano ancora più forti che in periodi di ciclo economico ordinario. A tale riguardo ulteriori recenti studi dimostrano infatti (Linder, McCarthy, 2008) che le aziende vincenti escono da una recessione accentuando la distanza dai concorrenti, sulla base proprio delle decisioni che sono state in grado di prendere durante la recessione. Accertata quindi la rilevanza della necessità di gestione Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro strategica della workforce nelle intenzioni di CEO e del top management delle imprese, la correlazione tra efficacia delle practices sul capitale umano, i risultati di business e la rilevanza del mantenere un orientamento strategico e di lungo periodo nelle scelte sulla workforce anche durante una crisi, emerge in maniera altrettanto evidente che lo SWP è spesso citato come lo strumento chiave per il perseguimento di tali obiettivi strategici. Una recentissima survey (The Conference Board and McKinsey, 2012) indica che lo SWP è considerato tra le prime tre priorità correnti sullo human capital dal 48% e tra le prime tre priorità future dal 53% delle 517 organizzazioni intervistate. Un’altra recente ricerca (Harris, 2011) svolta tra 720 organizzazioni di varie dimensioni, settori e paesi e volta a identificare le Hr practices più diffuse tra le organizzazioni in possesso delle c.d. High-Impact Hr Functions riporta al secondo posto, tra tali practices, il Developing advanced workforce planning capabilities e ha valutato che le organizzazioni che hanno sviluppato e adottato tali practice hanno uno score complessivo in termini di efficacia, efficienza e allineamento al business dei processi Hr superiore del 28%, in media, rispetto alle organizzazioni che non li adottano. Lo SWP è posizionato secondo un’altra indagine (The Boston Consulting Group and World Federation of People Management Associations, 2012, Creating people advantage) come uno dei tre temi Hr (su un totale di 22) ritenuti di più elevata importanza futura dalle organizzazioni (anche se, contemporaneamente, classificato con la più bassa capacità, da parte delle organizzazioni stesse, di essere attuato con efficacia). La necessità per le imprese di dotarsi di strumenti evoluti e integrati di analisi e pianificazione della forza lavoro è evidente anche se si analizzano i dati sullo stato di copertura da parte delle organizzazioni di alcune delle componenti basilari cruciali per una gestione efficace della workforce. Infatti ben il 52% delle organizzazioni afferma (The Boston Consulting Group and World Federation of People Management Associations, 2012, Creating people advantage) di non essere in possesso di una classificazione della workforce in job families, il 68% di non essere in possesso di modelli di analisi dei bisogni di workforce (in termini di domanda e offerta) nel medio termine e l’85% nel lungo termine. Infine il 68% non è in grado di misurare i gap di workforce a livello di job families e il 52% non allinea il recruiting a quanto emerge dai piani sulla forza lavoro. Lo SWP si sta quindi configurando, dati anche i gap sopra evidenziati, come strumento indispensabile per la gestione strategica della worforce sia con riferimento alle scelte di breve sia al governo della sua evoluzione in linea con gli obiettivi strategici nel medio e lungo periodo. Con riferimento alle scelte di breve periodo lo SWP permette, in momenti come quello attuale in cui tutte le organizzazioni hanno avviato programmi di riduzione del costo complessivo del lavoro e impostato politiche selettive sugli investimenti sulle persone, di indirizzare i tagli di costo verso le aree e i temi a minor rischio di impatto negativo sul valore dell’impresa e gli investimenti verso quelle che maggiormente contribuiscono a creare valore. Inoltre fa in modo che anche i tagli di costo siano realizzati sulla base di un corretto set informativo che permetta di valutarne non solo gli impatti di breve, ma anche e soprattutto le conseguenze di lungo periodo, permettendo così di prendere decisioni ‘informate’. Infatti, purtroppo, molte organizzazioni prendono decisioni sullo human capital – dai tagli di costo alle ristrutturazioni della forza lavoro, ecc. – senza partire da una chiara visione e rappresentazione di quale debba essere la configurazione della forza lavoro ai fini del successo dei piani strategici o di quali impatti tali decisioni producano sulla capacità futura della forza lavoro di incidere sui risultati di business. È lecito affermare che non esistono altri ambiti aziendali in cui sono prese decisioni di impatto analogo in assenza di set di informazioni adeguati. Volendo spostare l’attenzione non più al taglio dei costi, ma agli investimenti sullo human capital, gli stessi programmi di talent development sono spesso sviluppati sulla base della tradizione, di decisioni ‘intuitive’ o di presunte best practices, senza nessuna specifica analisi e rappresentazione dei cambiamenti che tali programmi devono avere ai fini del successo di business. O, se tale rappresentazione esiste, è espressa con linguaggio Hr e senza dati analitici che leghino le azioni agli impatti sul business. Ci si dimentica così che, dato che i processi e le iniziative di talent development dovrebbero avere come obiettivo primario quello di costruire e dare forma alla workforce, la prima domanda da porsi dovrebbe essere “trasformare in cosa”? Volendo quindi effettuare una categorizzazione dei contributi che lo SWP è in grado di fornire (sia a contenuto strategico che più strettamente di supporto a decisioni di breve) la si può articolare essenzialmente nelle seguenti tipologie (sicuramente non esaustive, ma rappresentative degli usi dello SWP che le imprese stanno già facendo): - comprendere gli impatti sulla forza lavoro dei diversi scenari previsti dalla strategia di business e valutare se le caratteristiche della workforce possono permettere l’attuazione della strategia aziendale nei singoli scenari esaminati e individuare quali azioni e interventi sono necessari per il riallineamento delle Giugno/luglio 2013 51 Valerio Salone workforce characteristics alla strategia o, meglio, alle diverse opzioni strategiche. La rilevanza e il contributo che lo SWP può dare a tale riguardo sono confermate da recenti indagini (The Conference Board and McKinsey & Company, 2012) secondo le quali il 76% delle organizzazioni ha verificato un contributo positivo dello SWP nell’accrescere la capacità di soddisfare le crescenti richieste di legare l’evoluzione attesa del profilo della workforce alla business strategy. - Permettere di allineare strategie Hr e strategie di business e definire conseguentemente la strategia sullo human capital dell’azienda, fornendo la base analitica e di dati che è spesso stata rimproverata essere l’elemento mancante nelle Hr strategy adottate dalle imprese. Circostanza questa che ne ha spesso determinato l’abbandono o il rifiuto da parte della linea in quanto non ritenute in grado di collegare chiaramente, grazie a una base analitica adeguata, le azioni sul capitale umano ai risultati di business. In questo senso lo SWP si sta candidando ad andare a ricoprire il ruolo che la Hc strategy ha aspirato, nel periodo di sua maggiore diffusione, ad assolvere, di framework unificante sia tra le diverse azioni e processi human capital sia tra il contributo richiesto a Hr e il business. - Permettere – come conseguenza del punto precedente – ai responsabili della funzione Hr, che devono navigare tra una moltitudine di priorità (che richiedono tutte attenzione e risorse) di selezionare quelle in grado di generare il valore più elevato. Lo SWP è infatti il processo che può permettere di prioritizzare e focalizzare risorse e attenzione sui programmi e azioni che possono generare il maggior valore (inteso qui non in termini intuitivi o come slogan, ma ‘numerici’) per l’organizzazione. Che sia presente la necessità di una più puntuale misurazione del collegamento tra investimenti sul capitale umano ed esigenze di business è testimoniato, ad esempio, dal fatto che solo un quarto degli executive che mettono la costruzione delle ‘capabilities’ necessarie all’impresa tra le primarie priorità strategiche (McKinsey, 2010, Building organizational capabilities) ritiene gli attuali programmi di training messi in campo dalle imprese efficaci a tale scopo e solo l’8% afferma di avere a disposizione gli strumenti per misurarne l’impatto. Inoltre il 34% cita la carenza di una visione e obiettivi chiari tra gli ostacoli principali alla costruzione delle ‘capabilities’ di cui l’impresa ha bisogno e il 22% l’assenza di metriche credibili. Lo SWP, se efficacemente implementato, è lo strumento 52 Giugno/luglio 2013 - - - - in grado di ripristinare la correlazione tra programmi Hr e impatto sul business e porta allineamento e rigore nei programmi e nelle azioni Hr. Una delle considerazioni che emerge più frequentemente nelle organizzazioni giunte a uno stadio ‘maturo’ di adozione dello SWP è infatti che senza lo SWP esse potrebbero svolgere le ‘giuste’ azioni e programmi e persino essere “best in class” nelle relative practices, ma i loro programmi e practices potrebbero non essere in sincronia con le priorità di business o orientate a produrre i miglioramenti della performance richiesti dal business. Permettere di valutare, grazie a una solida base analitica, gli impatti del complessivo capitale umano sui risultati, modellizzando le conseguenze di specifiche azioni di miglioramento e dotandosi conseguentemente di strumenti per valutare il progresso, la coerenza e l’efficacia delle azioni human capital rispetto a specifici obiettivi di business. Citando un articolo di The Economist su “human capital and the crisis” (The Economist., 2009) che si chiedeva appunto, con riferimento alle riduzioni di organico richieste dalla recente crisi, “but will the axe be wielded wisely?”, molte decisioni di job cutting continuano infatti a essere basate su obiettivi di breve, senza una comprensione piena degli effetti di medio-lungo periodo sulla complessiva competitività dell’impresa. Permettere di analizzare gli impatti di trend generali come quello dell’ageing workforce e di individuare in anticipo le connesse strategie di gestione. Analizzare gli impatti di singoli job o segmenti di popolazione sui risultati di business e delineare, come conseguenza, i segmenti di workforce più rilevanti ai fini dell’attuazione delle strategie aziendali. Gestire il rischio sul capitale umano individuando le più efficaci strategie di mitigazione. Pur essendo fuori dallo scopo del presente articolo analizzare le possibili risposte a livello di sistema economico e istituzionale nel suo complesso alle sfide di costruzione della workforce necessaria ad assicurare i richiesti livelli di crescita e produttività, è necessario tuttavia evidenziare che le riflessioni e gli sforzi effettuati da singole imprese nella costruzione di una forza lavoro adeguata agli obiettivi strategici si collocano all’interno di riflessioni analoghe che stanno prendendo piede a livello di interi settori produttivi o addirittura di interi paesi. L’essenza della sfida che si presenta davanti alle economie nazionali nella costruzione di workforce adeguate ai trend globali in atto è efficacemente sintetizzata in un recente report (McKinsey Global Institute, 2012) che, dopo aver Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro analizzato i trend sulla complessiva domanda e offerta di forza lavoro per le più rilevanti economie nazionali costruendo proiezioni fino al 2030, giunge ad affermare che, “nel caso in cui gli attuali trend persistano – e, in assenza di un massiccio sforzo globale volto ad accrescere le skills della forza lavoro, è probabile che questo avvenga – vi saranno troppo pochi lavoratori dotati delle competenze avanzate necessarie a guidare un’economia ad alta produttività e troppo poche opportunità di lavoro per i lavoratori low-skills”. E successivamente “la dimensione dei gap suggerisce che risposte di tipo ‘business as usual’ non saranno sufficienti a prevenire conseguenze negative per milioni di lavoratori sia nelle economie avanzate che in quelle in via di sviluppo”. Proprio per rispondere a tali trend cominciano a riscontrarsi i primi casi di applicazione di framework di SWP non più solo a livello di singola organizzazione o impresa, ma all’intero ambiente competitivo nel quale le imprese di un settore o di una specifica regione o paese operano. Un esempio di tale applicazione è stato quello realizzato da Mercer per il settore energetico canadese (Mercer, 2010) chiamato, nel corso degli ultimi anni, a confrontarsi con un elevato numero di sfide in contemporanea. In particolare il boom degli ultimi anni e la scoperta di nuovi rilevanti giacimenti di petrolio e gas hanno portato contemporaneamente a una necessità di ri-dislocazione di personale verso le regioni nei quali si trovavano i nuovi giacimenti, a una necessità quantitativa molto rilevante di nuove risorse (ca. 50.000 nel corso di soli 4 anni), al bisogno di dotarsi in tempi rapidi delle nuove skills richieste dalle caratteristiche tecniche dei nuovi giacimenti e al dover sostituire progressivamente una parte significativa della workforce, vista l’elevata maturità anagrafica della forza lavoro. Mercer ha realizzato pertanto uno SWP a livello di settore, per complessive 181 imprese, volto a permettere di individuare strategie di risposta ai gap di workforce prodotti dagli eventi sopra descritti e che rischiavano di mettere in seria difficoltà la possibilità di raggiungere gli obiettivi di crescita e di sfruttamento delle opportunità di business che si presentavano per le imprese del settore. Altri esempi di tali approcci ‘macro’ allo SWP hanno riguardato altri settori produttivi, come il settore minerario australiano, il settore delle utility elettriche e del gas americane o il settore dei servizi IT indiano. Cominciano inoltre a essere presenti applicazioni dello SWP a livello di interi paesi, come nel caso della Finlandia che lo ha applicato per affrontare il tema dell’ageing workforce. In tale ambito Singapore ha senz’altro il più avanzato e coordinato sistema di SWP condotto a livello paese in quanto conduce, tramite il suo Ministry of Manpower, il piano d’azione nazionale volto all’accrescimento della produttività e competitività della workforce, con l’obiettivo di contribuire a mantenere il paese attrattivo a livello globale per gli investimenti esteri (basti segnalare, a tale riguardo, che il suo PIL è cresciuto nel solo 2010, anno di recessione o di riduzione della crescita per la maggior parte delle economie, del 14.5%). Non stupisce pertanto che il World Economic Forum in un suo recente report (World Economic Forum, 2011) arrivi a suggerire come raccomandazione, non più solo alle singole imprese, ma anche ai governi, l’introduzione di iniziative di SWP a livello nazionale volte a rispondere ai “global talent risks” prodotti dai macrotrend sopra delineati. I livelli di ‘maturity’ dello Strategic Workforce Planning Gli stadi che permettono di fornire i contributi sopra delineati sono ovviamente quelli più avanzati in termini sia di solidità che maturità dello SWP. La maggior parte delle imprese (anche se molte e sempre più numerose si stanno avviando lungo tale percorso) è tuttavia ancora lontana da tale stadio di evoluzione. La disciplina del Workforce Planning si è infatti evoluta nel corso del tempo e in maniera particolarmente rapida negli ultimi anni, sia in termini di sofisticatezza dei tool e modelli utilizzati sia in termini di grado di adozione. Tale evoluzione ha portato tuttavia a una coesistenza, all’interno di diverse organizzazioni, di modalità e approcci molto diversi, spesso erroneamente classificati tutti come Workforce Planning o, addirittura, come SWP, generando confusione sul vero significato della metodologia e su quale livello di ‘maturità’ delle prassi adottate è necessario per ottenere i vantaggi che il vero SWP può apportare alle organizzazioni. Dalle analisi svolte sullo sviluppo del Workforce Planning emerge che esso ha avuto un’evoluzione attraverso diversi livelli di maturity e che le diverse imprese possono trovarsi a diversi stadi del percorso. Al fine di aiutare le imprese ad acquisire consapevolezza su quanto è necessario per far evolvere tale practice al loro interno, sono stati quindi sviluppati dei maturity models (Laurano, 2009; The Conference Board, 2009; SpehrerPatrick, Pennington, Louw, 2011). Il loro scopo è permettere alle organizzazioni di identificare il posizionamento lungo i diversi stadi di evoluzione (definiti in termini di prassi chiave del Workforce Planning adottate, allineamento con la strategia di business e grado di aggiornamento e coerenza interna del processo di Workforce Planning) e le best practices necessarie per crescere lungo la scala di maturità e, una volta stabiliti degli specifici obiettivi, avviare iniziative volte a dotarsi di un modello di Workforce Planning più sofisticato (in figura 3 viene riportata una rappresentazione sintetica dei maturity levels, Giugno/luglio 2013 53 Valerio Salone Immagini articolo “Strategic Workforce Planning. Costruire la forza lavoro del futuro”- Valerio Salone - formato bitmap ispirata alla letteratura sopra citata e alla prassi operativa Fig. 3 – I Maturity Levels del Workforce Planning sull’argomento). WP includendo sia tool di workforce analytics sia costruzione di scenari. Figura 3 - I Maturity Levels del Workforce Planning Livello 1 – Headcount planning A tale livello di maturità vi è una configurazione MERCER tradizionale del workforce planning che è guidato da esigenze contabili, amministrative e budget, e può essere classificato sostanzialmente come un ‘headcount planning’. Lo sforzo di analisi e pianificazione è focalizzato sugli headcount attuali e il suo output è in genere uno staffing plan che rappresenti i dati di copertura dei ruoli/posizioni presenti nell’organizzazione e la relativa gap analysis di breve periodo. Le analisi svolte e i report prodotti sono tipicamente di tipo statico e con un orizzonte temporale generalmente annuale. Le organizzazioni posizionate su questo livello di maturità del processo di WP non sono quindi in grado di allineare il processo di WP con la strategia aziendale e con gli altri processi di acquisizione e sviluppo delle risorse e mancano di una chiara comprensione di come coprire i gap quali-quantitativi di medio e lungo periodo tra domanda e offerta di risorse. Livello 2 – Workforce analytics Al livello successivo il Workforce Planning, spinto dalla necessità aziendale di chiarezza riguardo ai diversi segmenti in cui è articolata la forza lavoro e di maggiore comprensione delle dinamiche del mercato del lavoro sia esterno sia interno, della workforce mobility e della offerta e domanda di professionalità, evolve e innesta sulle analisi base svolte sugli headcount un approccio più dinamico al 54 Giugno/luglio 2013 Tipicamente a questo livello si va quindi oltre l’headcount planning tradizionale, incrementando la capacità ana-2 litica del processo, creando estrapolazioni dei dati sulla workforce dai trend passati e puntando a individuare le relazioni più significative tra le variabili analizzate. Le analisi svolte a tale livello si focalizzano tipicamente su dati quantitativi e includono l’analisi delle relazioni tra dati e variabili chiave quali costi, turnover e performance. A questo livello il WP, soprattutto quando include nell’analisi elementi come i profili di competenza e le skills della workforce, è in grado di permettere alle organizzazioni di correlare i risultati del WP con gli altri processi di talent development e resourcing. Livello 3 – Strategic workforce planning A questo stadio, il workforce planning diventa strategico. Ha senso tuttavia a questo punto, visto l’abuso che si fa del termine (non solo con riferimento al workforce planning), definire puntualmente cosa lo rende effettivamente ‘strategico’. Partendo dall’assunto che una delle cose più importanti che è richiesta a ogni organizzazione è pianificare per il futuro, va segnalato che vi sono due approcci radicalmente diversi per farlo: uno operativo e uno strategico. Entrambi sono necessari per pianificare la workforce, ma servono diversi bisogni. La modalità strategica, di cui lo strategic workforce planning è lo strumento attuativo, assicura che la workforce Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro strategy sia allineata con il piano strategico. L’approccio strategico deve prevedere quindi un framework sistemico che guidi le organizzazioni nel valutare e analizzare l’impatto di trend interni ed esterni che impattano sulla forza lavoro, nel definire puntualmente lo stato attuale della workforce, nell’esplorare i possibili stati futuri e nel delineare un piano d’azione volto a definire e creare la struttura attesa della forza lavoro che sia in grado di attuare la strategia di business in un orizzonte tipicamente di 3-5 anni. La modalità tattica od operativa (che si avvale invece di strumenti di workforce planning c.d. operational o OWP), pur partendo dal piano operativo dei diversi business e funzioni organizzative, ha un altro obiettivo: formare la base informativa per le decisioni operative e di breve periodo sulla workforce (con un orizzonte tipicamente compreso tra 6 mesi e 1 anno). Ovviamente, come i piani operativi di business sono sviluppati in coerenza con il piano strategico, così anche l’OWP deve essere collocato nel contesto più ampio dello SWP. Un esempio di articolazione integrata di Workforce Planning strategico e operativo può venire dal caso del piano di assunzioni annuale che delinea nell’OWP le fasi e i momenti delle attività di selezione da sviluppare in coerenza con le date di previsto inserimento di risorse in funzione dei bisogni organizzativi, delle mobilità interne, delle dimissioni. Tali azioni devono però essere collocate all’interno del complessivo SWP che delinea le strategie di make or buy di medio-lungo periodo per i diversi segmenti di popolazione. Lo SWP delinea quindi come output finale un profilo della workforce futura attesa che genera un piano d’azione di medio-lungo periodo, con obiettivi chiari e target ben definiti che deve tradursi necessariamente, al fine di essere attuato, in un OWP che prevede appunto le azioni di resourcing, formazione, mobilità, ecc. da attuare per condurre la workforce a convergere verso tale profilo. Volendo fare riferimento ai maturity level, in ciascuno degli stadi di maturità il workforce planning può essere allineato alla business strategy, anzi ‘dovrebbe’ esserlo sempre (come sopra argomentato anche il workforce planning operativo, pur se con un focus di breve periodo, supporta infatti l’attuazione della strategia). Ciò che differenzia il workforce planning che si configura come ‘strategico’ dagli altri approcci non è quindi l’allineamento alla strategia, quanto altri quattro fondamentali elementi. In primo luogo, lo SWP, a questo stadio di maturità, prevede un allineamento con il piano strategico ed è quindi tanto un processo di business planning quanto un processo di workforce planning. Le organizzazioni posizionate su questo livello integrano infatti il WP con i processi di business e financial planning e con la strategia aziendale nel suo complesso. Il compito del workforce planning strategico è tradurre la business strategy in workforce priorities che, a loro volta, danno forma alla Hr strategy. In secondo luogo, cambia il processo attraverso il quale il workforce planning è condotto e gli interlocutori con i quali viene sviluppato. In sintesi il processo deve prevedere un coinvolgimento diretto dei senior business leaders. Il workforce planning strategico è infatti configurato in maniera tale da supportare i processi decisionali del senior management ed essere un input informativo per guidare decisioni di business e per valutare sia come variazioni nelle caratteristiche della forza lavoro impattano sulla performance organizzativa sia la conseguente realizzabilità di specifiche componenti del business plan. Negli approcci più efficaci di SWP infatti, ancor prima di cominciare ad analizzare i dati sulla workforce e procedere all’elaborazione dei ‘numeri’, il team che guida la costruzione del workforce plan è coinvolto in sessioni di dialogo con i business leader riguardo alla strategia aziendale, alle implicazioni per la forza lavoro dell’adozione della strategia definita e alle opzioni da valutare per mettere a disposizione dell’impresa la workforce adatta a garantirne l’attuazione. Il dialogo che si sviluppa non è tuttavia a una sola via, ma duplice: il team che guida la costruzione del WP sviluppa una più profonda conoscenza del business e della sua evoluzione, mentre i business leader sviluppano una maggiore sensibilità a considerare le implicazioni sulla workforce delle opzioni strategiche e di come queste opzioni possano generare necessità di adeguamento del profilo complessivo della forza lavoro. In sintesi, alla base del workforce planning strategico c’è la conversazione tra lo SWP leader o chi conduce il processo di SWP e i senior business leader. Questa conversazione ha due scopi: - il primo è aiutare lo SWP leader a comprendere la direzione strategica del business e il set di opzioni (e relative incertezze) che la forza lavoro potrà essere chiamata ad attuare - il secondo è aiutare i business leader a pensare all’articolazione e alle caratteristiche attuali e future della forza lavoro e, conseguentemente, alle workforce implications della strategia di business, al fine di evitare sorprese che possano impedirne l’attuazione. In breve lo SWP è un processo a due vie di formazione reciproca: i business executive ‘insegnano’ a chi conduce il processo di costruzione dello SWP la business strategy, le assumptions sottostanti, il contesto competitivo, mentre lo SWP leader “insegna” ai business executive ad anticiGiugno/luglio 2013 55 Valerio Salone pare i requirements organizzativi e di workforce capabilities e a utilizzare i dati del workforce plan a supporto del processo decisionale. La conversazione generata dallo SWP nella prassi operativa viene quindi normalmente articolata in tre parti: la prima verte sulla strategia di business e la tipologia e varietà di rischi e opportunità che il business deve essere pronto ad affrontare o sfruttare. La terza verte sulla workforce. In mezzo deve essere attivata una conversazione sulle organizational capabilities, cioè su come l’impresa intende attuare la sua strategia di business e di quali capacità organizzative ha bisogno per cogliere le opportunità di business, superare i rischi e battere la concorrenza. Questa seconda parte della conversazione permette di evitare sia allo SWP leader che ai business executive di focalizzarsi prematuramente sulla workforce. Inoltre identificare le organizational capabilities amplia lo spettro di possibili soluzioni da considerare: revisione della struttura organizzativa, reingegnerizzazione dei processi, job redesign, outsourcing, knowledge management, ecc. In terzo luogo, per potersi collocare su questo livello (e quindi qualificare come ‘strategico’ il workforce planning) il workforce plan deve avere come target i segmenti di forza lavoro che hanno il maggior impatto strategico (ad esempio, ruoli mission critical, ruoli pivot, ruoli con skills difficilmente reperibili e/o riproducibili, ecc.). Le organizzazioni che operano su tale livello di maturity devono quindi essere in grado di segmentare la propria workforce in base all’impatto che i diversi segmenti hanno sulla corporate strategy, il che implica la costruzione di una comprensione condivisa tra Hr e i business leader dei segmenti di popolazione prioritari nonché delle skills e ruoli critici per i piani strategici. Il focus dello SWP non è ovviamente sulle skills o competenze dei singolo, bensì sulle capabilities complessive dell’organizzazione e dei suoi segmenti di workforce o, detto in altri termini, su ciò che l’organizzazione deve essere collettivamente in grado di fare per permettere l’attuazione della strategia. La segmentazione della workforce, ma soprattutto la valutazione della criticality dei segmenti individuati rispetto alla strategia aziendale è il requisito chiave di ogni processo di WP che voglia definirsi strategico. Come recenti ricerche hanno evidenziato (Bersin & Associates, 2009) è infatti in crescita la polarizzazione dei segmenti di popolazione aziendale in termini di contributo ai risultati, il che conduce un limitato numero di ruoli a impattare in maniera determinante sui risultati organizzativi, lasciando ai restanti segmenti di workforce uno scarso contributo al business value. Infine il workforce planning strategico prende atto del 56 Giugno/luglio 2013 fatto che le organizzazioni hanno bisogno allo stesso tempo di viste direzionali ampie e dettagli granulari sui fenomeni e quindi punta a focalizzarsi su scenari generali piuttosto che sui dettagli. I dettagli giungono dopo, quando si passa alla definizione dell’operational workforce planning che traduce operativamente quanto sviluppato nello strategic workforce plan. Livello 4 – Human capital planning (HCP) Una volta assicurata la copertura dei requisiti che il workforce planning strategico richiede, la sfida per le organizzazioni è assicurare una governance nel tempo del processo, al fine di garantire il mantenimento dell’efficienza ed efficacia dei processi di planning e il collegamento con la business strategy. La copertura di questo ulteriore requisito porta le organizzazioni al successivo livello di ‘maturity’: lo human capital planning (HCP). Questa definizione può generare confusione, in quanto spesso è utilizzata come sinonimo di SWP. Lo HCP include infatti tutti gli elementi dello SWP e, al pari dello SWP, si muove a un livello e con un focus alto e punta alla big picture più che ai dettagli. Tuttavia si distingue dallo SWP in quanto diventa un processo ricorrente che integra sistematicamente lo strategic business planning e l’Hr strategy. Le funzioni di pianificazione, finance e marketing effettuano infatti regolari revisioni e forecast almeno trimestrali, se non mensili, dei fenomeni da esse monitorati. Perché non applicare allora la stessa logica ai fenomeni che riguardano la forza lavoro? Il workforce planning, a tale livello di maturità, prevede quindi una revisione periodica volta ad assicurare che il piano strategico sulla workforce sia allineato con la complessiva strategia di business e, nel caso, adattato o integrato quando le condizioni di contesto interno o esterno mutano. La costituzione di un centro di expertise è normalmente prevista dalle organizzazioni collocate su questo livello di maturità. Tale centro di expertise ha lo scopo di garantire una governance complessiva del processo, il monitoraggio costante del suo allineamento con la business strategy e il dialogo continuativo con le funzioni coinvolte. Lo HCP diventa così una fonte di business intelligence stabile per l’organizzazione e, oltre che essere alimentato dalla strategia di business e dal decision making strategico, ne diventa un input informativo. Lo SWP diventa la ‘decision science’ dello human capital e quindi “un coerente e logico punto di vista riguardo a come connettere le risorse umane al successo strategico” (Boudreau, Ramstad, 2007). Nel suo stadio più evoluto e ‘maturo’ lo HCP non è quindi più solo influenzato e guidato dalla strategia di business, Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro ma diventa un input per la strategia sulla quale incide fornendo dati, analisi e insights a supporto della presa di decisioni, non solo sulle persone, ma anche sul business, in particolare in quelle organizzazioni nelle quali l’esito di operazioni strategiche è strettamente connesso alle complessive capabilites organizzative della workforce. Lo HCP quindi non solo fornisce un piano sulla workforce coerente con la strategia di business, ma ne monitora l’attuazione e ne corregge la rotta in parallelo all’evoluzione della business strategy. Nonostante gli evidenti contributi alla complessiva efficacia del sistema azienda dell’adozione di strumenti di workforce planning ai suoi più elevati stadi di maturità vi è tuttavia ancora un gap molto evidente tra il numero di organizzazioni che hanno maturato la consapevolezza della necessità dello SWP e coloro che effettivamente lo hanno adottato e attuato. Ha senso quindi fare il punto anche sulle ragioni che ancora ostacolano l’adozione dello SWP. Sfide e ostacoli per l’adozione dello strategic workforce planning Come è evidente a chiunque si occupi di impresa, non è pensabile un’organizzazione moderna che non abbia un’idea precisa di quali sono i clienti o segmenti di mercato o di clientela più rilevanti e profittevoli, sui quali concentrare i propri sforzi strategici e operativi. Come è allora possibile immaginare che le stesse organizzazioni che investono tempo, risorse e denaro in sforzi strutturati e sofisticati di pianificazione su questi aspetti accettino invece di non essere in grado di descrivere di quali persone hanno bisogno per l’attuazione della propria strategia? Le organizzazioni e il top management sono consapevoli del fatto che le persone sono cruciali ai fini dell’attuazione della strategia di business, quindi una domanda chiave riguarda il perché lo SWP non è – o non è ancora – un processo usuale come il financial plan annuale, il piano di marketing o la review periodica del business plan. Detto in altri termini: perché spesso il solo workforce plan che si vede è il budget annuale sul numero di dipendenti o, nella migliore delle ipotesi, la mappatura dei programmi ed azioni HR che si ritengono – spesso solo intuitivamente – collegati alla strategia di business? Il primo elemento da considerare è che essere consapevoli della indispensabilità dello SWP e rendere operativo un processo efficace di SWP sono due attività ben diverse, come dimostrano le analisi e ricerche sul grado di diffusione dello SWP (Laurano, 2009) secondo le quali il 92% delle organizzazioni intervistate dichiarava di avere una qualche forma di workforce planning, ma solo il 21% era in possesso di un processo collegato alla strategia azien- dale e orientato al lungo periodo in grado di evidenziare i bisogni di risorse e l’offerta disponibile e impostare un piano coerente volto a coprire il gap tra i due. Inoltre il grado di adozione di questa practice è ancora difforme tra le imprese: a fianco di organizzazioni che hanno inserito il workforce planning come parte integrante dei loro processi di business planning, il 67% lo conduce ancora solo in occasione di specifici e significativi eventi aziendali, quali operazioni di M&A, cambiamenti nella strategia aziendale, operazioni di re-localizzazione o di entrata su nuovi paesi e mercati. Ha senso quindi chiedersi perché – contrariamente a quanto apparirebbe logico – lo SWP non è un processo presente in molte organizzazioni, quali sono le ragioni che ne ostacolano l’adozione e, soprattutto, cosa si può fare al riguardo. Una prima fondamentale ragione è l’assenza sia di esperienza che di riferimenti metodologici e operativi. Anche le organizzazioni che hanno maturato consapevolezza della necessità di modificare e affinare il loro approccio alla pianificazione e gestione della workforce, data la loro ancora scarsa esperienza sul tema e le difficoltà operative che l’adozione di modelli di SWP sofisticati comporta, si trovano spesso in una forma di impasse operativa e non sanno letteralmente ‘da dove iniziare’. Date le scarse informazioni e la limitata esperienza sul tema da parte delle imprese che volessero attivare una tale iniziativa, non deve stupire che la prima difficoltà segnalata sia quindi l’assenza di un riferimento metodologico. Le prime due sfide operative citate (Laurano, 2009) dalle organizzazioni intenzionate ad adottare il Workforce Planning sono, per il 36% delle imprese “la mancanza di una metodologia ben definita” e, per un altro 36%, “l’assenza di tool e tecnologie” a supporto. Se non bastasse, un ulteriore 27% cita come ostacolo “l’incapacità di correlare la business strategy con i workforce requirements”. Un ulteriore elemento che emerge da recenti analisi (The Conference Board, 2012) e che rafforza l’esigenza per le imprese di dotarsi di una metodologia solida per implementare lo SWP è che, a fronte della consapevolezza della priorità dello SWP tra le azioni e i programmi da avviare, solo il 27% delle imprese che segnala lo SWP tra le prime tre priorità tra i temi human capital si sente fiduciosa della effettiva efficacia e successo delle azioni e sforzi implementativi messi in campo in tale area, segnale della insicurezza che anche le imprese che sono consapevoli dell’urgenza e priorità dell’adozione di modelli di SWP hanno ancora in tale area per carenza sia di esperienza che di competenze e metodologie. Una seconda rilevantissima ragione è il fatto che la maggior parte delle organizzazioni opera ormai stabilmente Giugno/luglio 2013 57 Valerio Salone nel cosiddetto crisis mode, reagendo cioè alle pressioni competitive o alla crisi facendo downsizing del proprio personale, bloccando le assunzioni, ecc. e tornando ad assumere e a fare investimenti sulle persone appena il ciclo economico dà segnali di ripresa, in un ciclo di estremi che è non solo costoso, ma anche destabilizzante per la forza lavoro aziendale. Detto in altri termini molte organizzazioni non conoscono, non avendolo mai sperimentato, un altro modus operandi per gestire la propria workforce e sono quindi restie a sperimentare nuovi approcci che li allontanino da routine operative consolidate, pur se non sempre efficaci. Un terzo ostacolo è rappresentato dall’insufficiente focus sul futuro delle organizzazioni e del management. Lo SWP spinge infatti per sua stessa natura a orientare l’attenzione organizzativa sul futuro e trova quindi un altro grande ostacolo nel mindset consolidato aziendale che tende invece a essere focalizzato sul ‘qui ed ora’ e a mantenere i propri piani d’azione e programmi in linea con l’orizzonte temporale di maggior confort, cioè il presente o, al massimo, il periodo di budget. Programmare e prepararsi a gestire il futuro non è spesso percepito come parte delle ‘accountabilities’ prioritarie da parte dello stesso management aziendale. Tale ostacolo è risultato presente anche nelle organizzazioni che hanno adottato con successo lo SWP. Ma le esperienze di successo hanno anche dimostrato che tale fenomeno era sintomo di un errore nell’approccio: si era puntato al target manageriale sbagliato. La proposta di riflessione sui temi dello SWP può infatti essere funzionale solo se ‘punta’ al livello manageriale in possesso della visione e del focus sul futuro e in grado di percepire il collegamento degli esiti del workforce planning con le proprie accountabilities, che sono appunto quelle di garantire il mantenimento di una capacità operativa della società in grado di permetterle di attuare i piani di business e la complessiva strategia aziendale. Connesso al punto precedente è l’ulteriore ostacolo, che anche imprese sofisticate ed evolute hanno dovuto affrontare e superare nel percorso di adozione dello SWP, legato alla loro difficoltà a ‘quantificare’. Il cuore dei business plan sono i numeri in essi presenti che, oltre che dare evidenza e chiarezza quantitativa su come i principi della strategia si traducono in risultati, sono organizzati secondo modelli consolidati da decenni nelle prassi aziendali. Nel mondo del business è difficile far passare modelli che non abbiano una solida base empirica e che soprattutto non siano in grado di quantificare impatti e risultati (un ostacolo che ha spesso impedito l’accettazione e diffusione di altri strumenti Hr, ad esempio la Hc strategy). Le organizzazioni non hanno però una storia significativa 58 Giugno/luglio 2013 di applicazione di approcci quantitativi ai temi della workforce e vedono quindi questo come un ostacolo all’applicazione dello SWP. Tale ostacolo (che è reale e rilevante) è stato superato, nelle organizzazioni che hanno adottato con successo lo SWP, solo grazie alla incorporazione dei principi e metodi del workforce analytics&metrics che aiutano a dare focus quantitativo ai principi e programmi contenuti nel workforce plan. Lesson learned tratte dalle esperienze di implementazione È quindi evidente che definire un modello di SWP, pur presentando significative sfide, non risolve di per sé anche le difficoltà connesse alla sua implementazione. Tuttavia, dato che dall’osservazione delle esperienze attuative emerge che il tipo di sfide che le organizzazioni devono affrontare è simile, le evidenze e le lessons learned evidenziate dalla ricerca e dalla prassi applicativa più recente forniscono i seguenti spunti e suggerimenti utili per le organizzazioni che fossero intenzionate ad affrontare lo sforzo implementativo. A. Lo sviluppo dello strategic workforce plan è un processo data driven che richiede capacità e strumenti analitici che permettano di costruire set di dati coerenti e accettati in modo da poterli utilizzare concretamente a supporto delle scelte sulla workforce. Una delle osservazioni emerse dall’osservazione dell’evoluzione dei progetti di implementazione dello SWP dagli sforzi iniziali e dai progetti pilota fino ai gradi più elevati di maturità è che lo SWP richiede di poter gestire e analizzare significative quantità di dati e correlarli a obiettivi strategici di business. Infatti la piena realizzazione dello SWP consiste nel fornire, grazie ad analisi sofisticate dei dati sulla forza lavoro e sui business plan, indicazioni puntuali su come la strategia di business (o i diversi scenari strategici) si trasmettono alla workforce strategy, permettendo di modellizzare grado di realizzabilità e costi dei diversi scenari prefissati e, nelle applicazioni più evolute, persino stabilire quali fattori e caratteristiche della forza lavoro sono legati causalmente ai principali risultati di business. L’evoluzione dello SWP è, in questo senso, parte di una evoluzione più ampia che va sotto il nome di big data, riguardante la sovrabbondanza e disponibilità di dati e degli strumenti informatici che permettono di raccoglierli e analizzarli, un trend che ha condotto The Economist ad affermare che “i dati stanno diventando il nuovo materiale base del business: un fattore della produzione che si affianca al capitale e al lavoro” (The Economist, 2010). Un’evoluzione che la disciplina del workforce analytics&metrics sta Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro progressivamente intercettando e applicando ai temi riguardanti il capitale umano. L’attuale crescente evidenza dello SWP tra le prassi manageriali in maggiore espansione si collega infatti anche all’avvento delle nuove tecnologie di modellizzazione dati, già applicate con successo in ambiti quali il supply chain management o il marketing e che si stanno dimostrando in grado di permettere alle imprese di analizzare i dati (spesso già esistenti) sulla propria workforce, correlandoli tra loro al fine di identificare i legami logici tra caratteristiche della forza lavoro e risultati di business, orientando così i processi di presa di decisioni strategiche sulle persone. B. I dati e la capacità di analizzarli sono importanti, tuttavia il nodo cruciale dello SWP non sono i ‘numeri’, ma le domande cui si vuole rispondere e quanto si migliora la capacità dell’organizzazione di fornirvi risposta. Le componenti base dello SWP, come precedentemente illustrato, sono infatti sostanzialmente costanti nelle diverse esperienze realizzative: stimare la domanda di workforce, stimarne l’offerta, valutare i gap (in positivo o negativo) e definire il piano per la loro gestione. Quello che cambia, tuttavia, sono le dinamiche della workforce e le sfide specifiche cui lo SWP è chiamato a dare una risposta e che variano in funzione della natura del business, dei tipi di contributi che il business richiede alla forza lavoro, dei requisiti di competenze e skills, dell’ambiente competitivo, delle dinamiche del mercato del lavoro, ecc. Dato il numero di variabili in gioco, uno dei rischi che si corrono è quindi raccogliere grandi quantità di dati e produrre report dettagliati, ma privi di insights realmente utili e mirati sulle variabili più significative. La sfida per coloro che sono impegnati nella costruzione e gestione dello SWP è rappresentata pertanto non solo dall’analizzare grandi quantità e varietà di dati storici e prospettici, ma anche e soprattutto dall’identificare le rappresentazioni statistiche più efficaci e rivelatrici e nell’identificare e dimostrare – tramite tali analisi – le interazioni delle caratteristiche della workforce con gli aspetti organizzativi e di contesto oltre che con la strategia di business. Fare tutto questo richiede di cogliere l’essenza dei fenomeni, non perdersi nella quantità di dati da analizzare, essere selettivi e arrivare spesso a escludere la maggior parte dei fattori ed elementi analizzati, sapendo identificare i dati e le correlazioni più significativi. A tale riguardo si riscontra che nelle migliori esperienze applicative dello SWP viene dedicato uno sforzo particolare alla produzione di ‘mappe visive’ studiate per far comprendere i fenomeni tramite rappresentazioni (elaborate utilizzando strumenti di infographics) chiare, dinamiche e interattive degli impatti che le decisioni di breve potranno avere sui risultati di lungo periodo. C. Il livello di maturità del processo di WP verso il quale si vuole convergere determina il grado di miglioramento della complessiva efficacia e impatto dei processi Human Capital che ci si può attendere. Molte organizzazioni non hanno un processo di workforce planning, mentre altre lo utilizzano, ma a diversi livelli di sofisticatezza o maturità. Una recente ricerca (Harris, 2011) ha riscontrato che anche se solo il 36% delle organizzazioni adotta practices di workforce planning a livello avanzato (posizionate cioè sui due più elevati livelli di maturità), tali organizzazioni hanno anche i più elevati livelli di impatto dei processi Hr. Inoltre il 69% delle organizzazioni che non sono considerate e valutate come ‘high-impact’ sui processi human capital conducono solo headcount plans o addirittura non hanno nessun processo di planning della workforce. La stessa indagine ha evidenziato inoltre che le high-impact Hr organizations è due volte più probabile che adottino modelli avanzati di workforce planning e che più del 58% di queste organizzazioni si colloca su uno dei due più elevati livelli di maturità, quando invece la forma predominante di workforce planning tra le organizzazioni non high-impact è lo standard headcount planning. D. Definire il case for SWP è frequentemente una delle sfide principali ai fini della costruzione del consenso intorno ai progetti di implementazione di modelli di SWP. Molte persone all’interno delle organizzazioni riconoscono infatti a prima vista che lo SWP è una iniziativa utile, ma il vero tema è come farla emergere tra le numerose iniziative, temi e urgenze che affollano l’agenda dei decision makers aziendali. Una strategia comune praticata da organizzazioni che hanno avviato e attuato con successo progetti di SWP è chiedersi: dove siamo diretti se continuiamo lungo l’attuale percorso e con le attuali prassi e programmi sulla workforce? In altre parole sviluppare una vista di come la workforce sarà in un determinato futuro se l’organizzazione continua ad operare come al momento attuale (il cd ‘no change future state’) e verificare se qualche trend interno o esterno può generare una crisi rilevante per l’organizzazione è un ingrediente indispensabile per richiamare l’attenzione del management, generare il necessario senso di urgenza e spingere a fornire il necessario supporto all’adozione di modelli di SWP. E. Il risultato cui inevitabilmente conduce lo SWP è la segmentazione della workforce. È quindi opportuno che le imprese che intraprendono progetti di implementazione Giugno/luglio 2013 59 Valerio Salone dello SWP siano preparate a gestirne le conseguenze in termini di impossibilità per il futuro di continuare ad adottare piani generici e non mirati sui segmenti critici. Che sia infatti chiamata segmentazione, differenziazione o altro, identificare le componenti critiche della workforce e prestare attenzione particolare alla gestione di tali segmenti, è una chiara priorità dello SWP. Come è stato correttamente affermato “così come la differenziazione è al centro delle strategie di business di successo, così è anche al centro delle strategie sulla workforce efficaci. I sistemi Hr e di gestione della workforce devono essere differenziati per i ruoli e le persone che forniscono contributi strategici” (Huselid, Becker, Beatty, 2005). Strategic workforce planning e ruolo della funzione Hr Un’ulteriore sfida, alla quale ha senso dedicare una specifica trattazione, è quella che riguarda il ruolo e lo status della funzione Hr quando è chiamata ad avere un ruolo guida nella implementazione dello SWP. È infatti evidente come una diretta conseguenza in tali casi dell’adozione di un approccio al Workforce Planning allineato agli obiettivi di business sia l’accesso della funzione Hr alla c.d. ‘seat at the table’. Tuttavia, anche se la maggior parte delle organizzazioni riconosce il valore dello SWP, una obiezione frequentemente ascoltata dal top management delle imprese è che molte funzioni Hr non hanno ancora le competenze tecniche e il business acumen necessari per disegnare e implementare tale processo. Le caratteristiche dello SWP sottopongono infatti le funzioni Hr a una sfida significativa che va peraltro a concentrarsi su due dei riconosciuti punti deboli della funzione: capacità di comprensione del business e competenze analitiche e di padronanza dei numeri, nessuna delle due componente significativa dei tradizionali skills set della funzione né uno dei suoi punti di forza riconosciuti. Con riferimento al primo requisito emerge chiaro dalla trattazione fatta finora come una delle implicazioni dello SWP e necessità imprescindibile per una sua efficace attuazione è attivare una conversazione sulla direzione strategica del business e le conseguenze sul profilo della workforce. Le osservazioni che emergono dalle esperienze di implementazione più complete e significative evidenziano come, essendo la base essenziale dello SWP il ‘dialogo’ con i business leader al fine di comprendere appieno la strategia di business e le implicazioni per la workforce strategy, senza una comprensione piena sia dei driver operativi che di quelli finanziari ed economici da parte di chi guida lo sforzo implementativo dello SWP non è pensabile passare da uno stadio ‘iniziale’ a uno ‘maturo’ dello SWP. Chi viene incaricato di occuparsi di SWP deve quindi es- 60 Giugno/luglio 2013 sere in grado di comprendere il business, le sue sfide, i suoi ‘numeri’. Fare questo porta gli Hr fuori della loro ‘comfort zone’, in quanto richiede conoscenze e skills che normalmente non sono tipiche delle funzioni Hr (e nemmeno richieste nei loro attuali requisiti di ruolo). La percezione interna alle organizzazioni vede infatti ancora dei significativi gap nella capacità della funzione Hr di interpretare l’evoluzione del business e correlare a tale evoluzione i propri programmi e azioni. Indagini svolte al riguardo (Guthridge, Kom, Lawson, 2008), evidenziano come il 58% dei manager di linea ritengano che la funzione Hr non abbia le capabilities per sviluppare programmi allineati agli obiettivi del business, a fronte di solo il 25% dei componenti della funzione Hr che ha analoga percezione. Riguardo al secondo requisito, l’esperienza e le conoscenze Hr tradizionali, pur se rilevanti, sono messe in secondo piano nello SWP. Il focus è infatti non tanto sulle classiche technicalities Hr quanto invece sul supportare i business executive nel costruire un quadro integrato e analitico della workforce attuale e futura e nel comprendere le implicazioni sulla forza lavoro delle strategie aziendali. Da questo punto di vista le funzioni Hr continuano purtroppo ancora a fare ampio affidamento su analisi e report tradizionali/standard, con focus su dati storici e sviluppati su base continuativa più che su analisi ad hoc ed elaborate grazie a modelli predittivi. Da una recentissima survey Mercer svolta a livello EMEA (Metrics and analytics: patterns of use and value in EMEA, Autumn 2012) e che ha visto coinvolti sia Hr executives che Hr professionals emerge che ben il 97% delle organizzazioni utilizza reportistica Hr tradizionale, ma solo il 26% ha adottato in qualche misura modelli predittivi (e soltanto l’8% su base non occasionale). La riflessione di fondo è pertanto che anche se non è richiesto a chi viene chiamato a occuparsi di SWP in ambito Hr di diventare un analista o uno statistico, la capacità, efficacemente sintetizzata nel termine statistical literacy (Wired, 2010), sia di produrre sia di rappresentare e spiegare al resto dell’organizzazione le correlazioni più significative tra risultati di business e caratteristiche attuali ed evolutive della workforce è essenziale. Le stesse direzioni Hr hanno ormai maturato consapevolezza della presenza di questo gap: solo il 7% degli human capital executive (IBM Institute for Business Value, 2010)) afferma che la propria funzione Hr è efficace nell’utilizzare strumenti e logiche di workforce analytics per prendere decisioni sul capitale umano della propria società e alla domanda su quali fossero gli ostacoli più evidenti alla adozione del workforce planning avanzato, più del 26% delle funzioni Hr intervistate ha citato ‘workforce metrics and analytics’ (Harris, S. The value of advanced workforce planning Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro capabilities, 2011), evidenza di una percezione, anche da parte delle funzioni Hr stesse, della loro ancora scarsa competenza nel padroneggiare e governare sistemi dataintensive e di una carenza di analytic skills. La percezione di questi gap spesso rende gli stessi professionals Hr scettici riguardo allo SWP, in quanto, soprattutto se – come accade spesso – non hanno confidenza con i metodi quantitativi, pensare di dover passare dalle decisioni o valutazioni tipicamente destrutturate e ‘istintive’ a valutazioni basate sull’analisi di dati richiede uno sforzo molto rilevante. Tutto questo pone una questione molto seria alle funzioni Hr che sempre più spesso vedono lo SWP come un’opportunità per guadagnare la ‘seat at the table’, cioè un ruolo al tavolo delle decisioni strategiche sul business, per il quale però non sono ancora attrezzate operativamente in termini di competenza e skills. Il tema non è nuovo, anzi è una costante pressoché di tutte le ricerche, indagini e survey fatte nel corso degli ultimi anni, che la progressiva adozione dello SWP farà emergere ulteriormente e rendere di immediata evidenza. La capacità della funzione Hr di trasformarsi in partner strategico del business è infatti una delle aree nelle quali è rilevata la più significativa differenza (si veda, ad esempio, al riguardo The Boston Consulting Group and World Federation of People Management Associations, 2012, Creating people advantage) tra la percezione che ha di tale capacità la funzione Hr stessa e quella che ha il business. E questa disparità è rimasta sostanzialmente inalterata nel corso degli ultimi anni. Trattandosi nel caso dello SWP di un processo che riguarda temi Hr, ma che ha connotazioni strategiche e di business molto rilevanti, la funzione Hr sarà quindi di fronte a un bivio: o sarà in grado di cavalcare il trend e sfruttarlo per accreditarsi al tavolo delle decisioni strategiche, dimostrando di poter essere la funzione che è in grado di governare la riconciliazione che lo SWP richiede tra evoluzione del business e implicazioni sulla workforce o si vedrà sottrarre tale opportunità da altre funzioni (tipicamente il business planning o la linea) venendo chiamata solo in qualità di comprimario e solo nel momento della attuazione sulla workforce delle azioni e programmi definiti. Le direzioni Hr storicamente non hanno avuto o hanno sentito di non avere sufficiente credibilità, conoscenza del business e fiducia per avviare un confronto sulla strategia di business con i senior executive. La progressiva adozione ed estensione dello SWP le metterà quindi alla prova e chiederà loro di saper superare tale difficoltà, correndo altrimenti il rischio di veder gestire da qualcun altro la S&O dimensione strategica della workforce. Bibliografia Bersin & Associates (2009), TalentWatch: Economic Downturn causes dramatic changes in corporate talent strategies, Winter 2009 Boudreau, J. W., Ramstad, P. M. (2007), Beyond HR: The New Science of Human Capital, Harvard Business School Press, pp.258 Boudreau J., Ramstad, P. (2005), Talentship, talent segmentation and sustainability: a new HR decision science paradigm for a new strategy definition, Human Resources Management, Summer, pp.129-136 Boudreau J.W., Ramstad P.M. (2005), Where’s your pivotal talent?, Harvard Business Review, April 2005, pp. 23-24 Bryan, L., Joyce, C., Weiss, L. (2006), Making a Market in Talent, McKinsey Quarterly, No. 2, pp.99-109 Bughin J., Livingston J., Marwaha S. 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