La Voce Irredentista n. 33 - MOVIMENTO IRREDENTISTA ITALIANO

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La Voce Irredentista n. 33 - MOVIMENTO IRREDENTISTA ITALIANO
LA VOCE IRREDENTISTA
Bollettino del Movimento Irredentista Italiano
Numero 33
Immagine del Mese
Piloti italiani festeggiano il Natale sul fronte greco-albanese
(Dicembre 1940)
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Editoriale
La storia d’Italia è composta da innumerevoli pagine e non c’è giorno in cui non ricorra l’anniversario di battaglie
o avvenimenti che hanno segnato il nostro passato e, inevitabilmente, il nostro presente. Il mese di dicembre
non fa eccezione. Due gli eventi che ci preme ricordare in questa sede, due esempi di come il coraggio, unito
alla forza di volontà, possa marchiare in modo indelebile la storia di una Nazione e di un popolo.
20 Dicembre 1882. La vita del patriota irredentista triestino Guglielmo Oberdan viene spezzata dal cappio
dell’oppressore asburgico. Il suo sacrificio infonderà nei cuori di tutti gli italiani nuovo vigore, assurgendo a
simbolo della secolare lotta contro gli occupanti austriaci e slavi. Il martirio di Oberdan segnerà un autentico
spartiacque nella storia dell’irredentismo italiano.
19 Dicembre 1941. Sei incursori della Xa Flottiglia MAS, a bordo di tre SLC, penetrano nel porto di Alessandria
d'Egitto ed affondano le corazzate "Queen Elizabeth" e "Valiant", oltre ad una petroliera. L’operazione G.A.3
(questo il nome della missione) prevedeva un'incursione nella fortezza del porto di Alessandria per mezzo di
tre SLC (Siluri a Lenta Corsa) il 221, 222 e 223, i cui equipaggi erano formati rispettivamente dal T.V. De La
Penne-C.Pal. 1° Bianchi, dal Cap. G.N. Marceglia-Sc.Pal. Schergat (entrambi istriani) e dal Cap. A.N.
Martellotta-Sc. Pal. Marino. Le tre coppie di incursori vennero trasportate in prossimità di Alessandria dal
sommergibile “Sciré”, al cui comando era il C.F. Junio Valerio Borghese, ideatore dell’impresa, salpato dall’isola
di Lero, nel Dodecaneso, il 14 dicembre. Il sommergibile italiano raggiunse la destinazione la sera del 18
dicembre e, alle 20.47, mise in mare i tre SLC con i seguenti obiettivi: alla coppia De La Penne-Bianchi la
corazzata HMS Valiant (da 30.600 tonnellate), agli istriani Marceglia-Schergat la corazzata HMS Queen
Elizabeth (anch'essa da 30.600 tonnellate) ed infine a Martellotta-Marino una portaerei non bene identificata,
in assenza della quale avrebbero dovuto colpire la petroliera Sagona (da 7.500 tonnellate). L'eroica impresa si
concluse con pieno successo. Gli incursori della Decima colpirono tutti gli obiettivi, infliggendo un duro colpo
alla marina inglese nel Mediterraneo. Quella notte, sei italiani armati di coraggio entrarono nella leggenda.
Proseguire la marcia lungo il sentiero tracciato dagli eroi della Patria che ci precedettero. Questa la parola
d’ordine per il 2016, la stessa che animò i nostri animi spingendoci alla fondazione del Movimento Irredentista
4 anni e mezzo or sono. Solo in questo modo riusciremo a mantenere vivo il fuoco del patriottismo in questi
tempi bui, nostra guida nell’impari lotta che ci vede protagonisti. Se raggiungeremo o meno i nostri obiettivi
non ha molta importanza poiché, riprendendo le parole del leggendario Teseo Tesei, quel che importa sarà
dimostrare di essere in grado di sacrificare tutto per servire la causa, al fine di indicare ai nostri figli e alle
future generazioni a prezzo di quali sacrifici si serva il proprio ideale e per quale via si pervenga al successo.
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Sommario
IL LAVORO DEL MOVIMENTO
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CULTURA
INTERVISTA ALLA NIPOTE DI LICIA COSSETTO
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OLTRECONFINE
PAOLI IN ONDA
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SCATTI IRREDENTISTI
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CULTURA
ESSERE ITALOFONI
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STOCCATA FINALE
“MORDI! (E FUGGI!)”
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Il lavoro del Movimento
Per il Movimento queste sono state settimane di intenso lavoro, sempre accompagnato e svolto di pari passo
ai già impegnativi impegni personali di ognuno degli iscritti.
Il mese di ottobre ha visto impegnato Sebastiano Parisi nella promozione del suo libro (Le micidiali bombe a
farfalla sull’Italia. Un oscuro capitolo della seconda guerra mondiale, Sebastiano Parisi, Macchione Pietro
Editore, ottobre 2014, p. 338, euro 25, ISBN 978-88-6570-227-7) che l’ha visto il 9 ottobre ad Abbiategrasso
(MI) presso la sede “Astrea” di “Lealtà e Azione” e a Bolzano il 17 al Circolo Ufficiali di viale Druso; questa
seconda iniziativa ha visto promotore il dott. Achille Ragazzoni, impegnato nella difesa dell’italianità di Nizza,
nostro amico e iscritto al circolo “Caterina Segurana”, presieduto da Sebastiano Parisi, facente parte dell’Ass.
culturale “Nizza italiana” di Carlo Silvano. Entrambi le iniziative si sono rivelate un successo, contribuendo
anche come opera divulgativa circa l’impiego delle piccole bombe a farfalla americane in Italia durante gli
ultimi mesi del secondo conflitto mondiale, per settant’anni tenuto nascosto, negato o soggetto a riduzionismi.
È bene invece che sappiano i nostri connazionali che giustamente si indignano per l’uso delle bombe a grappolo
- per gli impieghi passati ma anche presenti, in quanto nonostante il bando internazionale l’Arabia Saudita le
sta attualmente usando nei bombardamenti in Yemen – che di fatto, tra i primi a subirne l’uso, insieme a
britannici e russi, furono proprio i nostri nonni nell’Italia settentrionale nel 1945, negli ultimi mesi di guerra, in
una pesante campagna aerea dell’USAAF, che vedeva la semina di migliaia e migliaia di farfalle ogni notte su
obiettivi specifici o semplici bersagli d’opportunità, provocando una mattanza di morti e mutilati tra la
popolazione civile, in primis contadini e bambini. Oltre ai consueti contatti con gli irredentisti che vogliono
unirsi al nostro movimento – che invitiamo quindi a scriverci se desiderano – abbiamo continuato il lavoro sul
territorio e presenziato all’interessante conferenza del “Movimento Istria Fiume Dalmazia” al Circolo Ufficiali di
Milano, tenuta il 14 novembre, il cui tema era “Il Trattato di Osimo nel quarantesimo anniversario”. In un clima
di forte cordialità, i lavori sono durati circa due ore e mezzo e hanno visto, con dovizia di particolari e notevole
obiettività, ripercorsa l’intera vicenda del vergognoso accordo italo-jugoslavo, non senza ricordare la storia
delle nostre regioni orientali a partire dal periodo asburgico fino alle foibe e l’esodo. Notevole è stato l’interesse
verso il Miri da parte di alcuni invitati autorevoli e relatori, in particolare lo storico dott. Luciano Garibaldi e il
dott. Carlo Montani, che non ha mancato di definirci gli eredi degli irredentisti del nostro ‘900 e unica
organizzazione che al vecchio irredentismo si rifà senza indugio. Sono questi concetti che noi, fin dagli albori,
abbiamo sempre affermato e con estrema umiltà ci possiamo solo inchinare di fronte ai nostri eroi che hanno
dato la vita per questa causa, per la nostra Patria, e noi speriamo di esserne degni, lavorando ogni giorno
affinché quella fiammella di tre colori che tenue conserviamo, non si spenga e superi questo lungo e freddo
inverno; la primavera sappiamo che giungerà e quando sarà l’ora non ci sarà bisogno di annunciarla, la
sentiremo tutti e allora quella piccola fiamma, se avremo tenuto duro, se l’avremo difesa, tornerà a irradiare
calore, sempre di più fino a divenire un incendio, incontrollabile, forte, devastante. Viva l’Italia!
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Intervista alla nipote di
Licia Cossetto
Pubblichiamo una
commovente intervista alla
signora Camilla, nipote di Licia Cossetto, che, lo
scorso ottobre, nell’anniversario della scomparsa
della propria nonna, ha gentilmente accettato di
dedicarci un po’ del proprio tempo per rispondere
ad alcune nostre domande.
Ringraziamo pubblicamente la signora per la
cortesia e la gentilezza, nonché per la preziosa
testimonianza
relativa
alla
figura
ed
agli
insegnamenti di una tra i principali ed instancabili
custodi della memoria della tragedia delle foibe e dell’esodo, simbolo purissimo dell’italianità istriana.
1 - Lei è nipote di Licia Cossetto, sorella della Medaglia d'Oro al merito civile alla memoria Norma,
diventata simbolo della tragedia dei massacri delle foibe. Tutti noi abbiamo imparato a
conoscerla durante gli incontri commemorativi e le interviste televisive. Cosa può raccontarci di
sua nonna al di fuori dei teleschermi? Che persona era?
Mia nonna Licia era una roccia, il punto di riferimento per tutti noi. Una donna forte ma gentile e altruista allo
stesso tempo, che ha impiegato tutta la sua vita nel ricordo della sorella senza mai far sentire la sua mancanza
ai nipoti. Una donna con grande disciplina che a volte poteva sembrare dura, ma nella vita e col senno di poi
la ringrazio per aver ricevuto un'educazione rigorosa da lei, mi ha aiutato ad affrontare la vita a testa alta.
Personalmente mi ha permesso di realizzare molti dei miei progetti, mi è sempre stata vicino e incoraggiata a
non mollare mai.
2 - Cosa le ha trasmesso sua nonna e come ha influito nella sua formazione personale? A livello
familiare cosa vi ha lasciato?
Mi ha insegnato a lottare per quello a cui tengo, a non aver paura a esprimere il mio pensiero e le mie opinioni,
a rispettare il prossimo sempre rimanendo coerenti con se stessi. Ecco, il coraggio, la coerenza e l'importanza
della famiglia.
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Non c'è cosa più importante della famiglia, è lo specchio della società. E ci vuole tanto impegno, forza e
responsabilità per rimanere uniti anche di fronte alla difficoltà che la vita ti palesa. Ci ha lasciato un vuoto
quando è venuta a mancare. Le persone così carismatiche lasciano davvero un segno nei cuori di chi le ha
conosciute.
3 - Che cosa ha significato per lei essere nipote di una testimone così importante, oltre che
coraggiosa, di una delle più tragiche pagine di storia italiana?
Nonna non mi ha mai obbligata a seguirla né mi ha mai forzata a studiare questa terribile pagina di storia.
Piano piano si è sviluppato dentro di me un senso di giustizia storica e di curiosità che mi hanno spinta ad
avvicinarmi alla sua battaglia e esserle al fianco gli ultimi anni. Ci sono arrivata da sola a capire chi era e per
cosa stava combattendo, non mi ha mai indottrinata. E quando da essere per me una "semplice" nonna si è
rivelata per la combattente quale era, per me è stato motivo di enorme orgoglio e ammirazione.
4 - Sua nonna si è sempre spesa in prima persona per difendere la memoria dell'italianità istriana
e della memoria di sua sorella Norma. Come avete vissuto in famiglia questo impegno?
Ne siamo sempre stati orgogliosi e l'abbiamo sempre appoggiata, anche vedendola soffrire enormemente nel
ricordare quei terribili momenti. Ma è giusto, è il prezzo da pagare per mantenere fede alla promessa di non
dimenticare.
5 - Lei avrà sicuramente seguito sua nonna nei suoi impegni commemorativi. Come avete
affrontato l'essere investiti, vostro malgrado, della responsabilità di difendere la storia di chi,
solo perché italiano, come Norma, trovò la morte durante quei tragici anni?
La verità va difesa e basta, senza se e senza ma. La guerra è terribile e tutto ciò che succede come concausa
lo è ancora di più, ma la storia andrebbe studiata, e a fondo, proprio per imparare dai nostri errori: non è uno
strumento di rivalsa, dovrebbe essere uno strumento per aiutarci a non commettere più gli stessi errori.
6 - Sua nonna se n'è andata lo stesso giorno di sua sorella. Un segno del destino, o forse una
casualità. Ora che molti dei testimoni di quei tragici eventi se ne stanno andando, cosa pensa si
dovrebbe fare maggiormente, a livello associazionistico ma anche individuale, per mantenere
vivo il ricordo e difendere l'italianità giuliano-dalmata?
Nel nostro piccolo continuare a mantenere vivo il ricordo di chi è morto in quei terribili eventi e di chi ha
combattuto in vita per non dimenticarli. Bisogna continuare a parlarne, scriverne, sempre, anche a chi non
vuole sentire. L'informazione è uno strumento per la democrazia, anche quella intellettuale.
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7 - Una sua riflessione sul crescente clima di odio fomentato dal negazionismo dei soliti ignoti
(alcuni dei quali sono persino arrivati a mettere in dubbio la storia sulla fine di Norma) che, negli
ultimi anni, ha portato al moltiplicarsi dei vilipendi ai monumenti, alle lapidi, alle vie intitolate ai
Martiri delle foibe ed addirittura all'organizzazione di "contromanifestazioni" durante le
commemorazioni del 10 febbraio.
Purtroppo io sono molto meno diplomatica di mia nonna Licia. Penso che siano dei poveri ignoranti, che non
impareranno mai niente dal passato e non insegneranno mai niente alle generazioni future. Tranne forse che
rovinare i monumenti sia cosa buona e giusta. Fare finta che non sia successo niente o addirittura negare
l'evidenza è sintomo di una forte carenza di logica e pensiero, degna degli ottusi. E questo discorso vale per
tutti i vilipendi storci, dalle foibe all'olocausto. Chi oltraggia i propri morti non è degno di essere italiano, perchè
a mio avviso prima di qualsiasi ideologia ci dovrebbe essere un'identità culturale e storica che unisce il popolo.
Non mi ci arrabbio, penso siano solo persone inutili se non dannose alla comunità, dato che rovinare i
monumenti è come sputare sulla propria storia e non avere rispetto di chi in guerra c'è morto.
8 - La scomparsa di sua nonna ha lasciato un vuoto incolmabile in tutti noi. Secondo lei, cosa ha
voluto lasciarci con il suo impegno e la sua vita? Cosa dobbiamo, tutti noi, fare nostro delle sue
parole e del suo esempio?
A me ha lasciato il coraggio di affrontare la vita a testa alta e tenere sempre fede a me stessa. Poi proteggere
la propria famiglia e tutti quelli a cui si vuole bene. Se si fa questo, lottare per il proprio paese è un passo
automatico, ti viene spontaneo, perchè sempre di famiglia si parla. Si dovrebbe condividere e aiutarsi a
superare le difficoltà insieme. Ma purtroppo credo che questo rimarrà un'utopia, in un paese dove l'indifferenza
fa da padrona. E anche l'identità ha perso qualsiasi valore.
L'identità è un valore inestimabile. L'identità di un popolo racchiude tutti i suoi valori, la sua storia, la sua
evoluzione, le sue caratteristiche. Andrebbe conservata gelosamente e continuamente alimentata. Questo
argomento è estremamente attuale, perché credo che le ondate migratorie cui siamo sottoposti possano essere
viste in un'ottica positiva e di arricchimento solo se vengono assorbite in una cultura già esistente e fortemente
radicata. Ma nel nostro paese io vedo un processo inverso irreversibile, di perdita di valori e di umanità
crescente che non unifica, ma divide. E certo non farà di noi un popolo guida. Dovremmo ritrovarci, tutto qui.
Ma poi, noi italiani, storicamente, siamo mai stati davvero uniti?
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Paoli in onda
“Nizza e Corsica sono francesi come io sono tartaro!”.
Così un iracondo Giuseppe Garibaldi giudicò il
risultato degli Accordi di Plombières stipulati dal
Conte Camillo Benso di Cavour e da Napoleone III nel
1858 che sancirono la cessione di Nizza e della Savoia
alla Francia in cambio dell’aiuto di quest’ultima al
Regno
di
Sardegna
nella
Seconda
Guerra
d’Indipendenza. Non mi occuperò qui della sorte di
Nizza o del fedifrago Imperatore francese (ma
ricordiamo
tutti
che
gli
Accordi
prevedevano
inizialmente la cessione della sola Savoia alla Francia
in cambio dell’aiuto francese contro l’Austria mentre
il successivo Trattato d’Alleanza stabiliva sì la
cessione di Nizza e della Savoia alla Francia in caso di
guerra contro gli austriaci ma a patto che i Savoia
estendessero i propri domini dal Ticino all’ Isonzo:
Napoleone III però lasciò il Veneto in mani austriache
e si disinteressò al progetto sabaudo limitandosi ad
agire solo in Lombardia. Si parlava comunque di
liberare dall’Austria tutti gli italiani e che quindi al Regno sabaudo dovessero essere annessi anche il Trentino,
l’Istria e la Dalmazia, cosa che non avvenne) bensì della Corsica. Basterebbe quella frase di Garibaldi,
contenuta in una lettera scritta il 17 maggio del 1881 al giornale “La Riforma”, a dire tutto quello che c’è da
dire sulla Corsica oppure ciò che disse il Padre della Patria corsa Pasquale Paoli quando giunse a Napoli. Nel
mio piccolo mi sono occupato dei legami che stringono l’Italia alla Corsica in uno dei primi numeri della “Voce”
ma nuovi sviluppi sorti in seno alla società corsa, da sempre votata alla riscoperta ed alla conservazione delle
proprie radici, mi spingono a dare un nuovo sguardo all’isola irredenta. I corsi stanno da qualche anno creando
un nuovo patriottismo ancorato sì al passato glorioso di Paoli ma anche proteso verso gli obiettivi del futuro
ossia verso la creazione della Corsica Nazione. Il modus operandi è però cambiato rispetto al passato: alla
lotta armata avutasi nei primi decenni dell’Ottocento e di nuovo tra gli anni Settanta e Novanta del Novecento,
si è sostituita, a partire dai primi anni Duemila, una battaglia politica e culturale culminata con la fondazione
di riviste, siti in rete, movimenti politici e gruppi culturali. Tratto fortemente identitario del popolo corso è la
lingua. Il corso, ovviamente, ma anche l’italiano, più completo dal punto di vista della forza espressiva e
immaginifica. Lingua di cultura e lingua della scrittura sino alla metà del XIX secolo, la snazionalizzazione
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operata dalla Francia ha fatto sì che a partire dal 1859 l’italiano declinasse a favore del francese, divenuto
l’unica lingua ammessa nell’isola proprio in quell’anno. Ma vari intellettuali corsi, tra i quali alcuni irredentisti,
ne custodirono il patrimonio e ne coltivarono lo studio al contempo del corso; gli idiomi natii non vennero
dimenticati ed anzi furono coltivati specie nel periodo che intercorre tra le due guerre mondiali. La
snazionalizzazione operata da Parigi con il divieto dell’uso della lingua italiana, la proibizione del corso, la
toponomastica in francese, la repressione dei patrioti in armi all’inizio dell’800, dopo la Seconda Guerra
Mondiale e tra il 1975 e il 1994, il divieto di libertà di parola, di stampa, di associazione per i corsi, il malgoverno
dell’isola secondo il peggiore colonialismo, l’ostilità dei francesi contro i corsi visti come sudditi coloniali,
l’arruolamento massiccio nella Fanteria transalpina durante la Grande Guerra (si ha l’impressione che la Francia
mandò al fronte numerosi giovani corsi più per spopolare la Corsica dei suoi abitanti autoctoni che per
sconfiggere la Germania), l’accusa di fascismo, le repressioni del dopoguerra e le fucilazioni degli irredentisti,
le incarcerazioni, l’immissione nell’isola dei pied–noirs d’Algeria non spezzarono la spina dorsale al popolo
corso. Fiero della sua identità, sopportò sempre questi venti avversi e continua tuttora, più tenace che mai, a
difendersi dalla tracotanza gallica, dall’emigrazione di africani francofoni, dalla globalizzazione, dal capitalismo
internazionale e dai dettami dell’Unione Europea per risorgere. La Corsica ha intrapreso la sua battaglia politica
rinunciando alle armi da almeno un ventennio: se la rivolta armata aveva trasformato per i francesi l’isola in
un vespaio, essa causava però le dure rappresaglie dei transalpini che colpivano in modo indiscriminato la
popolazione corsa. L’azione politica invece ha fatto sì che i corsi instaurassero le istituzioni per un governo
corso dell’isola, cosa che si sta realizzando in parte con l’istituzione dell’Assemblea Regionale. Sono sorti vasti
partiti di popolo che rivendicano l’indipendenza o perlomeno l’autonomia sul modello delle Regioni a Statuto
Speciale italiane e la presenza di organi politici favorisce i contatti tra Corsica ed Italia. Al contempo v’è la
battaglia culturale, la più temuta dalla Francia: se alle milizie patriottiche la Francia poteva opporre l’Armèe e
la Gendarmèrie ed alle istituzioni politiche può opporre escamotages parlamentari, dinanzi alla cultura corsa
deve alzare bandiera bianca. Una storia millenaria, un idioma “possente” come il corso, degli usi e dei costumi
particolarissimi, una lingua sentita come nazionale quale quella dei vicini della Penisola ossia l’italiano risorgono
incoercibilmente in una nuova fase di risveglio culturale ed identitario che oggigiorno caratterizza la Corsica.
E dopo questo preambolo arrivo al punto del mio scritto: in Corsica presto sorgerà un canale televisivo in
lingua italiana oltre che corsa. Se sono noti nei contatti italo – corsi l’azione della stampa corsa in italiano ( “A’
Tramuntana”, “A’ Muvra” ed oggi “A’ Piazzetta”) e di quella italiana (“Il Telegrafo” di Livorno aveva una sezione
dedicata alla Corsica un po’ come oggi “Il Piccolo” di Trieste l’ha per l’Istria), il ruolo delle università di Pisa e
di Firenze, quello dei commerci con il litorale toscano e le innegabili vicinanze linguistiche, culturali, storiche e
geografiche tra corsi ed italiani, manca il ruolo della televisione che pare essere l’ “anello mancante” tra i
rapporti fra Italia e Corsica. In tal senso se le radio italiane si ascoltavano e si ascoltano lungo tutta la costa
orientale mentre il cinema con i documentari LUCE e, più di recente, con il film RAI “Corsica” fece la sua parte,
l’utilizzo della televisione come tramite tra l’Isola e la Penisola sembra ancora in fieri. Le televisioni italiane
possono essere viste lungo la costa orientale della Corsica ma, in ambito isolano, si vuole fare di più: si punta
oggi alla creazione di una rete televisiva bilingue corsa ed italiana. Per alcuni essa dovrebbe utilizzare anche il
francese in quanto questa è, secondo l’efficace definizione del Dottor Giuseppe Vitolo, per i corsi la “lingua del
pane” mentre il corso è la lingua del “cuore” e l’italiano è la lingua della “memoria”. Questo canale televisivo
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dovrebbe trasmettere in digitale ed in rete in lingua italiana, corsa e, forse, anche francese. Anche con il
francese l’emittente sarebbe senz’altro un solido “ponte” (sempre per ricorrere al Dott. Vitolo) tra Italia e
Corsica data la presenza (e l’importanza) degli idiomi natìi oltre che un prezioso strumento per la promozione
della lingua e della cultura corse come pure di quelle italiane. Il canale dovrebbe occuparsi di cultura, di arte,
d’attualità, di cronaca, di sport, di spettacoli d’intrattenimento, di film. Esso non farebbe che rafforzare i già
fitti legami tra Italia e Corsica nonché difendere e consolidare l’identità nazionale corsa dando un importante
contributo alla creazione della Nazione corsa. Noi irredentisti siamo pienamente favorevoli a simili iniziative
poiché, alla lunga, esse saranno importanti per l’assetto politico che legittimamente e liberamente il popolo
corso vorrà darsi un giorno ossia se rinascere come Nazione indipendente (antica e modernissima aspirazione
di quasi tutti i corsi) o, in alternativa all’ oppressione francese, riunirsi all’ Italia come entità dotata di grande
autonomia. Il venturo canale televisivo italo–corso arricchirà, infine, il per fortuna sempre più variegato
panorama delle televisioni italiane al di fuori dai confini della Repubblica affiancando la Radiotelevisione della
Repubblica di San Marino (San Marino), la Radiotelevisione Svizzera di Lingua Italiana (Svizzera), TV Koper –
Capodistria (Slovenia), Agon Channel (Albania).
Domenico Verta
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Scatti irredentisti
Buie in bianco e nero
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Essere italofoni
Pubblichiamo un’intervista Massimiliano Fabbri, deus ex machina del gruppo facebook “Essere italofoni”, punto
di ritrovo e discussione per quanti hanno a cuore la lingua di Dante e la sua tutela, specialmente nelle terre
storicamente e culturalmente legate all’Italia. Lo scorso 24 ottobre il gruppo ha realizzato un interessante
convegno a Trieste, con autorevoli ospiti italofoni provenienti da Malta, dalla Corsica, dal Ticino, dall’Istria, da
Fiume e dalla Dalmazia. In seguito al riuscito incontro abbiamo deciso di porre alcune domande al creatore
del gruppo, al fine di dare visibilità a questo interessante progetto di tutela e diffusione dell’italiano oltre
confine.
1 – Come ha avuto inizio il progetto di “Essere italofoni”?
Tutto ha inizio nel luglio 2014, quando scelsi di fondare questo gruppo allo scopo di trattare la tutela della
lingua nonché la diffusione della cultura italiana. Da appassionato della storia del confine orientale scelsi
inizialmente di concentrarmi sulla divulgazione dell'italianità di quelle terre. L'italofonia, tuttavia, è presente in
molte altre terre al di là del confine: Malta, Corsica, Ticino, Grigioni, Istria, Fiume, Dalmazia e San Marino.
Dopo la costante crescita del gruppo, a maggio abbiamo ottenuto un primo riconoscimento, con un’intervista
presso la tv francese di stato France3 (sezione dipartimentale della Corsica), dove abbiamo avuto modo di
rimarcare i rapporti culturali esistenti fra la Corsica e il bel Paese. Giunti a questo punto, io e l’altro
amministratore del gruppo, Luca Cancelliere, abbiamo ritenuto necessario fare in modo che tutti gli iscritti del
gruppo provenienti dalle varie zone italofone potessero avere un rappresentante che enunciasse le questioni
storiche, attuali e future relativamente al territorio di competenza. Realizzare un convegno è sembrata la
soluzione più appropriata. Pertanto il 24 ottobre ha avuto luogo questo convegno dove, per la prima volta,
fatto estremamente significativo, un alto rappresentate delle Comunità italiane di Slovenia e Croazia ha messo
piede presso la Lega Nazionale di Trieste, gesto che lascia ben sperare per ricucire i rapporti fra esuli e rimasti,
necessità per di più ribadita da più voci durante il dibattito.
2 – Cosa è emerso di significativo durante il convegno, soprattutto relativamente ai territori
italofoni oltre frontiera?
Ogni area italofona ha le proprie peculiarità, esigenze e, talvolta, difficoltà. Il corso, ad esempio, riconosce le
proprie origini culturali e linguistiche dalla lingua italiana, ma nulla di più. Nei Cantoni Ticino e Grigioni la
penetrazione del tedesco sta progressivamente restringendo gli spazi in cui si parla la lingua di Dante. In Istria
e a Fiume la nostra lingua gode di buona salute ma potrebbe stare meglio se l'attuazione del bilinguismo
rientrasse all'interno delle norme previste e accordate (a Fiume non vige il bilinguismo, così come nell’Istria
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interna ed orientale). In Dalmazia l’italiano è quasi sparito e solo in pochi tendono a far sopravvivere il nostro
idioma. A Malta esiste solo un misto di italiano-maltese per attirare la gente a tavola, nonostante in molti
comprendano la lingua, anche grazie al consistente flusso turistico (soprattutto estivo). In definitiva la nostra
lingua italiana riscontra una buona diffusione e, proprio in questo periodo, ha ottenuto il 3° gradino del podio
fra le lingue più studiate al mondo.
3 – Il caso fiumano è il più emblematico tra quelli esaminati in quanto, pur in presenza di una
non trascurabile comunità italiana in città, il bilinguismo è solamente un sogno.
A Fiume risiede la più numerosa comunità italiana in assoluto tra quelle di Slovenia e Croazia. Tuttavia la legge
croata prevede l’attuazione del bilinguismo solo in presenza di comunità ammontanti almeno al 30% degli
abitanti cittadini, salvo deroghe come a Pola. La norma andrebbe sicuramente rivista, sia in termini generici
che in quelli di applicazione.
4 – Il gruppo comprende oramai 4.200 iscritti, raggruppati in un anno e mezzo. L’attività del
gruppo in una frase?
Con lo studio, l’approfondimento e la ricerca quotidiana di che cosa pubblicare e trattare, unitamente ad una
certa programmazione, si possono ottenere buoni risultati per la salvaguardia della nostra lingua.
5 – Il suo gruppo è anche irredentista?
Non nel termine classico, ossia quello di rivendicare territori persi dall’Italia, ma sicuramente c’è un forte
irredentismo “culturale”. Oltre il confine anche le pietre parlano italiano, da oltre duemila anni, e non solo in
Venezia Giulia e Dalmazia.
6 – Timori e speranze relativi alla nostra lingua ed agli italofoni nel mondo?
Timori pochi, speranze tante. Ho solo il desiderio che chi si sente oggi italofono, un domani si senta anche
italiano.
7 – Un’ultima battuta prima di salutarci: un libro, un luogo ed un personaggio a lei cari.
“Un paese perfetto” di G.Nemec un libro su Grisignana d'Istria, paesino ancora a maggioranza italiana.
Locarno,
nel
Ticino,
prosieguo
naturale
dell'italianità
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nella
parte
svizzera
del
lago
Maggiore.
Niccolò Tommaseo, un sebenzano alfiere dell'italianità a tutto tondo, con meriti riconosciuti anche ai giorni
nostri.
Stoccata Finale
Mordi! (e fuggi!
Cartolina satirica della Grande Guerra (1916)
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