Anteprima - PSICOCOM.IT

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Anteprima - PSICOCOM.IT
Psycho Behavioural Profiling
Bruno Carmine Gargiullo - Rosaria Damiani
- MANUALE -
National Center for Victims of Crime
(Washington, DC)
Sezione Italiana - Roma
Copyright © 2013 by Bruno Carmine Gargiullo e Rosaria Damiani, Roma, Italy
Prima Edizione 2013
ATTENZIONE. Chi fotocopia il presente manuale commette un reato!
Questo manuale non è in alcun modo riproducibile senza l’espressa autorizzazione dei suoi autori
Bruno C. Gargiullo e Rosaria Damiani
PER MAGGIORI INFORMAZIONI:
Sezione Italiana
National Center for Victims of Crime
(Washington, DC)
Via Appia Nuova, 288
Roma – 00183
Tel-Fax 06/7023801
Dott. Bruno C. Gargiullo - D.ssa Rosaria Damiani
Cell. 338.8009078 - 3391689919
e-mail: sezione [email protected]
www.psicocom.it
Stampato il 07.05.2013
II
Si ringrazia il Dott. Stefano Gargiullo e Valentina Marzano
per il contributo dato alla realizzazione
del presente Manuale
III
IV
Indice
Introduzione
p.
7
Definizione di violenza
p.
9
Violenza domestica
p. 11
Violenza sessuale
p. 17
Drug-Facilited Sexual Assault
p. 21
Psycho-Behavioural Profiling (PBP)
p. 25
Primo Modulo – Tecniche di Indagine Vittimologica (TIV)
p. 27
Secondo Modulo – Profilo Psico-Comportamentale Aggressore Familiare p. 33
(PPC-AF)
Terzo Modulo – Identikit Personologico Aggressore Sessuale Estraneo p. 43
(IP-ASE)
Quarto Modulo – Identificazione Atti Persecutori (IAP)
p. 49
Moduli Applicativi
p. 51
TIV
p. 53
PPC – AF
p. 71
IP – ASE
p. 87
IAP
p. 103
Riferimenti bibliografici
p. 111
5
6
Introduzione
Il rischio di essere vittimizzati ci accompagna per tutto il corso della vita e la
probabilità che ciò accada non sempre dipende dal nostro stile di vita. Ma
mentre per alcuni il rischio di subire aggressioni potrebbe essere relativamente
basso, per altri, invece, una simile eventualità potrebbe risultare piuttosto elevata. Comunque, l’essere esposti o meno ad un qualsiasi tipo di violenza dipende da una serie di fattori quali, ad esempio, la casualità (es., trovarsi accidentalmente in luoghi e momenti ad alto rischio), il comportamento imprudente (es., irresponsabile esposizione al rischio) e/o provocatorio (es., condotte irritanti, indisponenti, offensive e/o di sfida), il “degrado ambientale” (es., sottocultura delinquenziale, famiglia socialmente emarginata), il tipo di professione
(es., agenti di polizia, orefici, portavalori) e lo status socio-economico (es., imprenditori, industriali e loro familiari). Inoltre, il divenire oggetto di una qualsiasi forma di abuso può dipendere da elementi propri della vittima stessa e
dell’aggressore (caratteristiche personologiche, traumi emotivi, fattori di stress
situazionali e correlati psicopatologici), dal tipo di relazione intercorrente tra
vittima ed aggressore, dalle circostanze in cui si verifica la violenza,
dall’eventuale ruolo svolto dalla vittima nella genesi e nella dinamica del crimine stesso.
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1. Definizione di violenza
L’ “uso intenzionale della forza fisica o del potere, minacciata o attuata, contro se
stessi, un’altra persona, un gruppo o una comunità, che determini o che abbia un elevato
grado di probabilità di determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo
(maldevelopment) o deprivazioni” (OMS o World Health Organizzation, 2002).
In altre parole, la violenza, come fenomeno sociale, si manifesta in ogni comportamento messo in atto con l’intento di causare ad una o più persone un danno (fisico e/o
psicologico) mediante l’utilizzo della forza fisica (es., vandalismo, violazione di domicilio, maltrattamenti, percosse, stupro o tentato stupro, omicidio o tentato omicidio) o del
potere (es., minacce, intimidazioni, umiliazioni, prevaricazioni, diffamazioni).
1.1. Forme di violenza
La violenza, contrariamente a quanto si crede, non sempre è la conseguenza di una
perdita di controllo da parte dell’aggressore. Essa è spesso, invece, l’espressione di una
sua chiara volontà di utilizzare strategicamente l’aggressione, in una o più delle sue
forme, per incutere timore al fine di dominare e controllare l’altro:
- negligenza psicologica (es., indifferenza, continue dimenticanze, promesse non
mantenute, freddezza);
- trascuratezza fisica (es., minimizzare o ignorare del tutto i problemi di salute fisica dell’altro, non preoccuparsi sufficientemente della sicurezza familiare);
- abuso psicologico/emozionale (es., umiliare, colpevolizzare, controllare azioni e
decisioni, trattenere illecitamente informazioni personali, sminuire, criticare, isolare, limitare l’autonomia);
- molestia sessuale (es., battute e prese in giro a sfondo sessuale anche in presenza
di estranei, battute volgari, atti osceni, richieste insistenti e/o ricattatorie di rapporti sessuali, richieste di natura perversa);
- violenza psicologica/emozionale (es., atti di vandalismo, minacce fisiche, accuse
infamanti, maltrattamento di animali domestici, minacce di abbandono, comportamenti persecutori, ridicolizzazione dei valori e della fede religiosa, induzione a
comportamenti contrari alla morale comune). In questo tipo di violenza rientra
l’ipercuria (cura eccesiva di un minore rispetto ai suoi reali bisogni fisici ed educativi), la Sindrome di Munchausen (produzione e simulazione di sintomi fisici
e/o psichici per attirare su di sé l’attenzione altrui mediante continue ricerche
cliniche e inutili ricoveri ospedalieri), la Sindrome di Munchausen per procura
(sottoporre una persona a periodiche visite specialistiche per sintomi indotti o
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inventati dal familiare richiedente), la Sindrome di Ganser (frequente in detenuti
in attesa di giudizio, ma riscontrabile in soggetti isteroidi che simulano una patologia psichiatrica per costringere l’altro, ad esempio, a non chiedere la separazione) e il Gaslighting (manipolazione mentale, crudele e pianificata, agita con
l’intento di minare nella vittima designata ogni sua certezza e sicurezza);
violenza economica (es., controllo delle entrate finanziarie, impedire decisioni su
acquisti di beni e servizi, costringere ad abbandonare il lavoro, ostacolare la ricerca di un lavoro fuori casa, indebitare il partner per far fronte alle proprie inadempienze);
violenza fisica (es., schiaffeggiare, graffiare, mordere, soffocare, colpire con oggetti, tirare per i capelli, prendere a pugni e/o a calci, ustionare con sigarette e/o con
oggetti arroventati, ferire con oggetti o con l’uso di armi). La gravità delle lesioni
può variare da ematomi, escoriazioni, ossa e denti rotti a lesioni permanenti (invalidità) fino alla morte;
violenza sessuale (es., aggressioni sessuali, stupro, incesto, costringere a comportamenti sessuali perversi, incitamento alla prostituzione, sfruttamento sessuale
mediante la prostituzione e/o la produzione di materiale pornografico);
stalking (forma di aggressione psicologica, e non di rado anche fisica, messa in atto da un persecutore che irrompe in maniera ripetitiva, indesiderata e distruttiva
nella vita privata della vittima con gravi conseguenze fisiche e psicologiche);
mobbing: parentale o incompatibilità ambientale (forme intrusive e persistenti di
controllo, ad esempio da parte dei suoceri, nella vita dei coniugi); coniugale (delegittimazione di un coniuge da parte dell’altro mediante ricorrenti offese ed umiliazioni sia in privato che in presenza di parenti, amici ed estranei. Questo tipo di
comportamento mobbizzante può spingersi a screditare la vittima agli occhi dei
figli al fine di “isolarla” dal contesto familiare e renderla totalmente “inoffensiva”); genitoriale orizzontale (comportamenti persecutori, insidiosi e persistenti,
di un genitore separato, o in via di separazione, nei confronti dell’altro al fine di
impedirgli qualsiasi “interferenza” nella cura, nell’assistenza e nell’educazione
della prole); genitoriale verticale (dall’alto verso il basso, quando un genitore, con
personalità immatura e dipendente, temendo di essere collocato in un ruolo marginale, entra in competizione con il figlio adottando, nei confronti di quest’ultimo,
comportamenti ipercritici, svalutanti e umilianti).
omicidio o tentato omicidio (comportamento violento che può causare, deliberatamente o meno, la morte di un familiare, del partner o dell’ex-partner).
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2. Violenza domestica
Con il termine violenza domestica (domestic violence), a cui attualmente viene preferito quello di Intimate Partner Violence (IPV), si indica “ogni tipo di danno fisico o psichico subito da una persona da parte di un familiare che, sfruttando un rapporto di potere, viene a trovarsi in una posizione strutturalmente più forte” (Buchler A., 1998) e
comprende “minacce o atti di violenza fisica, psichica o sessuale agiti all’interno di un
rap porto familiare o di coppia presente o passato” (Schwander et all, 2003, pag. 199)
messi in atto da un partner, da un ex partner o da un congiunto (es., genitore, fratello,
figlio). Gli aggressori, nella maggioranza dei casi, sono persone che tendono a mostrare,
al di fuori del contesto affettivo-relazionale, “un’apparente normalità”.
2.1. Classificazione: tipologia e natura
Johnson e Ferraro (2000), nell’analizzare il fenomeno della violenza domestica, hanno proposto un sistema di classificazione suddiviso in cinque categorie:
1. ordinaria violenza di coppia (common couple violence), caratterizzata da sporadici episodi di violenza privi dell’intenzionalità di controllare e dominare l’altro.
Questi abusatori presentano una predisposizione alla violenza fisica e psicologica
soprattutto all’interno della coppia;
2. terrorismo intimo (intimate terrorism) nel quale si riscontra un insieme di comportamenti manipolatori e di controllo che sfociano nell’abuso emozionale. In
questa tipologia rientrano soggetti inclini ad uccidere il partner in caso di rottura
della relazione, pianificando accuratamente le loro azioni. Sono individui che, pur
apparendo fisicamente stressati durante gli atti di violenza, fisiologicamente non
presentano alcun livello di attivazione (arousal). Tale condotta è stata definita da
Holtzworth-Munroe e Stuart (1994a) violenza antisociale generalizzata (generally-violent-antisocial) e da Jacobson e Gottman (1998) “cobra” (freddezza emotiva);
3. violenta reazione di difesa (violent resistance), messa in atto dalla vittima, nei
confronti di un partner ipercontrollante ed intimidatorio. Questo tipo di condotta, che può non concludersi con un singolo episodio, viene definita dalla legislazione americana violenza da autodifesa (violence self-defense);
4. violenza reciproca di controllo (mutual violent control) agita da entrambi i partner per la conquista del potere;
5. violenza disforica o borderline (dysphoric-borderline violence) motivata dalla necessità di un partner di imbrigliare l’altro (dipendenza emotiva). Questi compor-
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tamenti aggressivi sono conseguenti a frustrazioni, depressione, timore abbandonico e necessità di accudimento. Quest’ultimo punto è stato ripreso dal lavoro
di Holtzworth-Munroe e Stuart del 1994 (Typologies of male batterers: Three subtypes and the differences among them). Nel 1998 Jacobson e Gottman denominarono questa tipo di violenza pit-bul, in quanto presenta, contrariamente al tipo
“cobra”, una condizione di attivazione fisica ed emozionale al momento
dell’aggressione.
2.2.
Ciclo della violenza
Prima di entrare nel merito del ciclo della violenza, si riportano brevemente alcune
strategie comportamentali agite da un soggetto violento, sistematicamente e persistentemente, allo scopo di esercitare il predominio sulla relazione e sulla controparte (potere e controllo):
- indurre l’altro a percepirsi vulnerabile, bisognoso e di scarso valore, attraverso
continue critiche, battute ironiche e insulti, fatti anche in presenza di estranei
(umiliazione);
- isolare la vittima da qualsiasi forma di relazione (famiglia, amici, colleghi di lavoro, ecc.) per aumentarne il livello di dipendenza e di sottomissione (isolamento);
- punire aspramente qualsiasi forma di ribellione con, ad esempio, occhiatacce, insulti, gesti di disapprovazione, vandalismo, maltrattamento di animali domestici
(intimidazione);
- ricorrere all’uso di ricatti (es., accuse infamanti, divulgazione di documenti privati a terzi, foto compromettenti) per terrorizzarla e renderla totalmente inoffensiva (minacce);
- “minimizzare” la propria imperdonabile condotta accusando l’altro di eccessiva
drammaticità (“ti lamenti come se ti avessi presa a bastonate”; “mi guardi come
se fossi un mostro”);
- giustificare le aggressioni addebitandone all’altro la responsabilità (“se ti comportassi bene, non sarei costretto ad agire in questo modo”) (colpevolizzazione).
- far sentire il proprio “peso” all’interno di una relazione asimmetrica ed abusiva
(dominio):
a) nessuna decisione potrà essere presa senza il suo esplicito consenso;
b) non sono consentite critiche e/o ribellioni alla sua autorità;
E’ opportuno sottolineare che la violenza, in particolare quella domestica, ha una
sua ciclicità (fasi alterne) scandita da stati di tensione (attivazione psicofisiologica della
rabbia) a successivi allentamenti (raffreddamento emotivo). A tal proposito, Leonor
Walker (The battered women, 1979), che tanto aveva scritto sulla donna maltrattata
(“sindrome della donna maltrattata”, “condizione di impotenza appresa”), descrisse un
modello ciclico della violenza a tre fasi, utile a spiegare lo svolgersi di comportamenti
strettamente concatenati che si succedono in un crescendo di forza e di pericolosità, te-
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nendo conto che la dinamicità di detto processo può variare sia all’interno di una stessa
coppia che da coppia a coppia:
2.2.1. Prima fase (crescita della tensione)
Il partner, avvertendo una sua iniziale condizione di tensione generalizzata, manifesta la propria violenza utilizzando modalità indirette (es., silenzi ostili, occhiatacce, tono irritato). Tende ad infastidirsi facilmente per ogni minimo comportamento della
compagna. Il suo stato di malessere, incrementato da pensieri di natura ossessiva, spesso di gelosia, o da tentativi di colpevolizzazione, “preannuncia” l’aggressione vera e propria. La vittima, avvertendo l’imminente pericolo, inizia ad adottare comportamenti accomodanti e sottomessi al fine di evitare sia l’escalation comportamentale (es., si rende
disponibile al proprio partner, reprime i propri bisogni, minimizza la gravità delle aggressioni, soffoca le proprie paure) che di prendere coscienza della propria realtà, ovverossia che il partner è una persona violenta e che il suo “sacrificio” non produrrà alcun
cambiamento.
2.2.2. Seconda fase (esplosione della violenza)
La tensione, precedentemente accumulata, esplode nella violenza (avversive arousal) con atti sempre più gravi ed in rapida escalation (aggressioni verbali, fisiche e sessuali) fino a quando l’aggressore non ha scaricato tutta la sua rabbia (tension release). La
vittima è spaventata, cerca di calmare l’uomo e di proteggersi, tentando la fuga o, in alcuni casi, contrattaccando. Se alla violenza non può porre rimedio con la fuga o il contrattacco, la vittima è costretta a subire ogni forma di maltrattamento sino a quando non
è il partner stesso a mettere fine alla violenza.
2.2.3. Terza fase (di riconciliazione o Luna di miele)
Alla violenza seguono momenti di “calma”. L’aggressore si sente in colpa, si pente e
si vergogna dei suoi comportamenti. Alcuni abusatori cercano aiuto, ad esempio rivolgendosi ad un consultorio, altri fanno appello all’amore e al senso di responsabilità della
vittima promettendo di cambiare (ricerca del perdono). Altri ancora, quelli che comunemente vengono definiti psicopatici, con modalità seduttive e fortemente manipolatorie, cercano di far credere alla propria partner di essere innamorati (tentativo di non far
presentare una eventuale denuncia o di farla ritirare qualora fosse già stata depositata)
mostrandosi cordiali, premurosi e disponibili.
Molti soggetti violenti riescono a rendersi assolutamente credibili sia nel manifestare il proprio pentimento che nel promettere un reale cambiamento. In alcuni casi,
l’aggressore riesce ad essere così persuasivo da ottenere l’intercessione di terze persone (familiari, amici, etc.) al fine di convincere la vittima a perdonarlo e a concedergli
un’altra chance.
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ATTENZIONE
Più diminuisce il tempo di latenza tra il periodo di apparente tranquillità e
l’inizio di una nuova fase di tensione e più i maltrattamenti tendono a trasformarsi in attacchi violenti con gravi conseguenze per la vittima.
Ma il rischio per una donna di essere uccisa non è strettamente in relazione alle sole
fasi di abuso e alla loro ciclicità (ripetitività, durata della latenza ed intensità
dell’avversive arousal) quanto piuttosto alla perdita del ruolo di potere e di controllo
dell’abusatore sulla vittima, conseguente alla ferma volontà di quest’ultima di non tollerare ulteriormente alcun tipo di violenza (fattore precipitante).
Analizzando gli aspetti psicologici degli studi descrittivi della Walker, focalizzati sulla natura ciclica della violenza domestica per spiegare la personalità abusiva, Dutton revisionò la letteratura esistente sul disordine borderline di personalità e constatò molte
analogie tra i tratti distintivi del cluster borderline e quelli dell’abusatore domestico
(rabbia, difficoltà nel controllo degli impulsi, non accettazione dell’abbandono, disforia,
ciclici cambiamenti emotivo-comportamentali) che si manifestano maggiormente in caso di intensi conflitti relazionali. Una storia di abusi nell’infanzia (violenza fisica, abbandono genitoriale e attaccamento insicuro) è presente sia negli abusatori domestici che
nei soggetti con diagnosi di disordine borderline di personalità (DBP). In breve, gli studi
sulla personalità abusiva di Dutton (2007) si sono focalizzati su una serie di indicatori
biologici (es., alterazione sistema limbico), psicologici (es., stile di attaccamento e sviluppo della personalità) e psichiatrici (es., disturbo esplosivo intermittente) quali fattori
“predisponenti” allo sviluppo di una Organizzazione Borderline di Personalità (OBP di
Gunderson, 1984):
1.
disfunzionalità dell’amigdala e del sistema limbico (mancanza di controllo delle emozioni, della rabbia, della paura e delle reazioni impulsive) alla base
dell’arousal proneness, ovverossia una predisposizione caratteriale a reazioni
violente a stimoli anche di lieve entità;
2.
modello difettoso di attaccamento (evitante, ambivalente, disorganizzato/disorientato) con conseguente sviluppo di una personalità altamente instabile, soprattutto nelle relazioni intime, caotica ed ipercontrollante;
sviluppo di un disturbo esplosivo intermittente, caratterizzato da episodi di di3.
scontrollo degli impulsi (aggressività e vandalismo) la cui intensità è chiaramente eccessiva rispetto agli eventi scatenanti.
In sintesi, il profilo clinico che emerge dalle varie ricerche, condotte sul partner violento, è di un uomo che presenta una condizione neurofisiologica di iperattivazione e
rabbia (Walker, 1979), un ciclico accumulo di tensione, seguito da scoppi di collera (esplosione) e pentimento per le proprie azioni (ibidem), una gamma ristretta di reazioni
affettive (Gondolf, 1985), umore disforico (depressione frammista a rabbia), alto livello
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di “dipendenza mascherata” e freddezza emotiva (Soukin, 1987) che si traducono in intensa gelosia ed, in casi estremi, in “paranoia coniugale” (disturbo delirante).
Va precisato che Dutton ha incluso, tra i partner abusanti, soggetti ipercontrollati,
che presentano uno stile di personalità evitante, e soggetti psicopatici decisamente predisposti alla violenza e con marcata antisocialità, rimanendo fermo nel proprio convincimento che il soggetto borderline è maggiormente presente tra i partner ciclicamente
violenti (aggressività impulsiva o reattiva).
La focalizzazione di Dutton sulla Organizzazione Borderline di Personalità (tratti
specifici di una personalità tipicamente borderline), come principale disordine presente
tra i partner abusanti, ha fatto sì che fosse sottostimata l’incidenza di altri disordini di
personalità quali, ad esempio, il narcisistico e l’antisociale. Per quanto riguarda
quest’ultima tipologia di personalità, la Nostra esperienza clinica ci porta ad affermare
che un buon numero di soggetti violenti1, con aggressività strumentale o proattiva agita
in ambito domestico, ha presentato un profilo all’MMPI-2 caratterizzato dal codice 4-9
(scala Pd o Deviazione psicopatica – scala Ma o Ipomaniacalità superiori ai 65PT) e da
un asse timico tendente alla maniacalità (scala Ma superiore alla scala D o depressione).
Tale quadro clinico è indicativo di una marcata difficoltà nella socializzazione, dovuta al
rifiuto attivo delle norme di convivenza (ipervalutazione delle proprie capacità, superficialità nei giudizi, incapacità nel conformarsi alle norme sociali e conseguenti condotte
irresponsabili o illegali), e alla costante ricerca di stimoli (asse timico D/Ma).
Si riportano brevemente, per maggior chiarezza, i tratti distintivi di una personalità
antisociale: continui fallimenti, assenza di interessi, scarsa progettualità, schemi autodistruttivi, intelligenza tecnica inalterata, irresponsabilità, bugia patologica (mentire spudoratamente, anche di fronte all'evidenza, senza mostrare alcun segno d'imbarazzo), incapacità ad accettare critiche e a far tesoro dell'esperienza, scarsa empatia (indifferenza, più o meno marcata, verso i sentimenti e la sofferenza altrui), superficialità affettiva
e relazionale, mancanza di “insight” (non comprensione delle conseguenze dei propri
comportamenti disadattivi sulla propria vita e su quella degli altri).
1
su 75 casi: 36% personalità antisociale; 24% personalità narcisistica;
12% borderline; 28% misti (passivo/aggressivi, paranoidei, psicotici, epilettoidi, istrionici e individui con attitudine alla violenza).
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3. Violenza sessuale
Con il termine “violenza sessuale” si indica un insieme di comportamenti delittuosi
che non includono unicamente gli abusi sessuali e lo stupro, ma comprendono un’ampia
gamma di comportamenti quali, ad esempio, l’induzione alla prostituzione, la schiavitù
sessuale, la sessualità perversa, la gravidanza imposta o ottenuta con l’uso del ricatto
e/o dell’inganno, l’aborto forzato.
La violenza sessuale, quale conseguenza di minacce, ricatti psicologici, abuso di potere, comportamento seduttivo e violenza esplicita, può essere messa in atto da persone:
- di cui ci si fida (familiari, amici, conoscenti, colleghi e datori di lavoro, ecc.);
- conoscenti o meno, che approfittano della buona fede o della non completa lucidità della vittima, conseguente agli effetti, ad esempio, di alcool o droghe;
- che, al momento della violenza, sono essi stessi sotto l’effetto di alcool o droghe;
- che abusano delle condizioni di inferiorità fisica (portatori di handicap) o psichica (persone con gravi problemi psicologici o ritardi mentali) del soggetto violentato;
- che, unitamente alle percosse, hanno come obiettivo l’induzione alla prostituzione;
- che, approfittando di circostanze particolari (es., trovarsi in macchina da soli con
un’autostoppista), danno sfogo ai loro “bassi istinti”;
- che intendono punire la donna stessa o un suo familiare per uno sgarro fatto
(es., il rifiuto di pagare il pizzo o un prestito usuraio);
- che in branco (tre o più persone) aggrediscono sessualmente la vittima designata o occasionale (stupro di gruppo);
- che violentano tre volte o più (stupratori in serie) .
3.1. Differenza tra abuso sessuale e stupro
Si è in presenza di un abuso sessuale (Sexual abuse) quando la persona coinvolta non
è in grado di cogliere appieno il significato (gravità e conseguenze) di quanto le sta accadendo. La vittima è incapace di fornire il proprio libero ed esplicito consenso a causa
della giovane età o a causa di una incapacità mentale o fisica temporanea o permanente.
Si parla di abuso sessuale anche nei casi in cui la vittima non viene fisicamente toccata,
ma solo esposta, suo malgrado, alla visione o all'ascolto di materiale a contenuto sessuale. Ancor più grave se il fatto è commesso a danno di un minore o se il medesimo, a causa di una licenziosità sessuale parentale, si trova ad assistere ad atti sessuali tra adulti.
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Per stupro (sexual rape) si intende ogni atto sessuale, reale e non simulato, subito da
una persona senza il suo libero ed esplicito consenso. In questo caso la vittima viene
materialmente penetrata (rapporti anali e/o vaginali) con forza mediante il pene, un dito o un oggetto o costretta a rapporti orali (fellatio o cunnilingus). È importante sottolineare che questo tipo di reato non è un fenomeno circoscritto a pochi casi (proprio nelle
violenze sessuali il sommerso, cioè le violenze subite e non denunciate, raggiunge livelli
inimmaginabili), il violentatore non rientra unicamente nella categoria degli emarginati,
dei drogati, degli alcolizzati o delle persone con gravi problemi psicologici, e la donna
non è comunque la responsabile della violenza subita a causa dei suoi “comportamenti
provocatori, se non ambigui, e imprudenti”.
«Vi sono una serie di comportamenti sessuali per i quali il limite tra normalità e perversione è difficilmente individuabile. Tali comportamenti, se da una parte possono rientrare nella varietà delle attività sessuali ordinarie, dall’altra possono fissarsi come unica forma di raggiungimento del piacere sessuale (parafilie di tipo esclusivo). Esse includono: il bondage (immobilizzazione totale del corpo di una persona o di una sua parte mediante foulard, corde, lacci di cuoio, bende), il fistfucking (introduzione del pugno
nell’ano o nella vagina), la gang-bang (incontro sessuale violento di un uomo o di una
donna con un numero “X” di partner sessuali simultaneamente), lo spanking (sculacciare violentemente i glutei del partner), lo stuffing (giochi erotici con oggetti, frutta, verdura o altro)» (Gargiullo, Damiani, 2004b).
Inoltre, da un attento esame dei diversi casi clinici giunti alla nostra osservazione ci
siamo resi conto che:
1. esiste una realtà di cui non se ne sospetta l’esistenza;
2. non esistono limiti a ciò che un individuo può fare a se stesso (es., sadomasochismo
autoerotico, ovvero autofustigazione prima e durante la masturbazione) o ad altri
(es., penetrare la partner analmente e violentemente con un corpo estraneo, rischiando la lacerazione dei tessuti e la perforazione del retto);
3. inimmaginabili sono gli stimoli che alcune persone possono considerare sessualmente eccitanti (es., comportamento clismafilico, ovvero farsi praticare un clistere
prima del rapporto sessuale; comportamento masochistico, ovvero farsi penetrare
analmente dal partner con un oggetto di gomma, ricoperto di unguento urticante);
4. la maggior parte dei “perversi sessuali” si nasconde dietro una maschera di apparente normalità;
5. diverse sono le tipologie di soggetti che adottano comportamenti sessuali perversi,
tra cui:
- l’esclusivo (personalità tipicamente parafilica);
- l’ipoestesico (basso livello di eccitazione);
- l’iperestesico (insaziabilità del desiderio);
- lo sperimentatore (sessualmente indiscriminato);
- il situazionale (sessualità atipica “pianificata”);
- l’invischiato (passivo-dipendente);
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6. nel comportamento parafilico non sempre è rintracciabile un chiaro elemento di
causalità;
7. gli individui tendono a presentare parafilie multiple. La persona, che lamenta una
specifica parafilia, solitamente soffre di una o più forme addizionali di deviazione
sessuale (alcuni casi clinici: feticismo + trampling, ovvero farsi camminare sul proprio corpo a piedi nudi o con le scarpe; clismafilia + masochismo; triolania + voyeurismo + masochismo; masochismo + spanking + sadismo);
8. alcuni individui, caratterizzati da un alto grado di estroversione (soggetti i cui processi inibitori sono rapidi, forti e persistenti, e i processi eccitatori lenti, deboli e labili; mentre gli introversi sono caratterizzati da processi inversi - Eysenck, 1957) e
dominati da una spasmodica ricerca di sensazioni forti, non dissimili dagli iperestesici sessuali di Kraft-Ebbing, 1898 (iperestesia sessuale = intensità abnorme delle
sensazioni e delle rappresentazioni sessuali), sono spinti ad agire le proprie fantasie
perverse poiché le stesse non sono più in grado di soddisfare la loro “bramosia sessuale”. Tre sono i fattori che connotano l’ipererotismo: compulsione, assenza di controllo e insaziabilità del desiderio anche dopo il soddisfacimento. Questa insaziabilità, unitamente ad un più rapido “ritorno” ad uno stato di inibizione corticale (raffreddamento emotivo), si trasforma in una frenetica ricerca di nuovi stimoli.
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4. Psycho-Behavioural Profiling (PBP)
Con il PBP si sposta il tiro e si cambia obiettivo: dall’autore del fatto-reato alla vittima e dal ricercare unicamente cause/moventi di un comportamento violento al ridurre
le “opportunità criminali” (escalation e/o recidiva).
Lo Psycho-Behavioural Profiling è, dunque, un’attenta e minuziosa tecnica di indagine psico-comportamentale che parte dalla raccolta delle informazioni (Registrazione
Vittimologica), fornite dall’ipotetica vittima, allo scopo di:
- identificare la tipologia di vittima;
- definire la natura del reato;
- valutare l’indice di vulnerabilità e di grave rischio per la vittima;
- delineare il profilo psicocomportamentale dell’aggressore familiare;
- individuare l’indice di pericolosità soggetto violento noto;
- tracciare l’identikit personologico dell’aggressore sessuale estraneo.
4.1. Struttura dello Psycho-Behavioural Profiling
Il PBP si compone di quattro Moduli, suddivisi in 14 sezioni semi-strutturate e 3
strutturate (2° Modulo – Sezione 3 e 4; 4° Modulo – Sezione 1):
- 1° Modulo - Tecniche di Indagine Vittimologia (TIV)
Registrazione vittima e atto violento (Sezione 1 e 2);
Osservazione diretta (Sezione 3)
Esplorazione Vittimologica (Sezione 4);
Valutazione credibilità soggetto dichiarante (Sezione 5)
Definizione tipologica di vittima (Sezione 6);
-
2° Modulo - Profilo Psico-Comportamentale Aggressore Familiare (PPC-AF)
Informazioni aggressore familiare (Sezione 1);
Indice Grave Rischio per la Vittima (IGRV) (Sezione 2)
Identificazione Tipologica Soggetto Violento (ITSV) (Sezione 3)
Questionario violenza domestica (QVD) (Sezione 4).
-
3° Modulo - Identikit Personologico Aggressore Sessuale Estraneo (IP-ASE)
Informazioni aggressore sessuale estraneo (Sezione 1)
Violenza sessuale (Sezione 2 e 3);
Definizione tipologica aggressore sessuale (Sezione 4).
21
-
4° Modulo - Identificazione Atti Persecutori (IAP)
Atti persecutori (Sezione 1);
Identificazione Tipologica Stalker (ITS) (Sezione 2);
Linee-guida (Sezione 3).
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PBP
Moduli Applicativi
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24
Primo Modulo
Victimological Assessment
Tecniche Indagine Vittimologica
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26
SEZIONE 1: REGISTRAZIONE VITTIMA
Nome ________________________________________
Cognome _______________________________________________
Nata a _______________________________________
il ________________________________________________________
Residenza ___________________________________
Telefono________________________________________________
e-mail ________________________________________
Titolo di studio ________________________________________
Occupazione_________________________________
Stato civile _____________________________________________
Attuale nucleo familiare __________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________________________
ed eventuali altri conviventi _____________________________________________________________________________
Background familiare _____________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________________________
Livello socio-economico _________________________________________________________________________________
Condizione medica generale ____________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________________________
Eventuali disabilità _______________________________________________________________________________________
Motivo della richiesta ____________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________________________
Referti ospedalieri conseguenti al reato
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#medici ________________________________________________________________________________________________
_________________________________________________________________________________________________________
-
Psicologici _____________________________________________________________________________________________
_________________________________________________________________________________________________________
-
Allegati n° _____________________________________________________________________________________________
Ci sono testimoni (persone informate sui fatti)?________________________________________________________
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________________________________________________________
________________________________________________________
________________________________________________________
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