N E W S - Ordine dei Veterinari di Mantova
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N E W S - Ordine dei Veterinari di Mantova
NEWS DALL’ORDINE CORSI/CONVEGNI L’Ordine è stato informato dei seguenti corsi e convegni: 1) PVI Formazione UOFAA: Conduzione di un Mini Caseificio 2-3 dicembre Inverno e Monteleone (PV) [email protected] 2) Società Italiana di Buiatria: La gestione pratica del bilancio energetico energetico e proteico sia negativo che positivo della bovina da latte da parte del buiatra Legnaro (PD) 3 dicembre - www.buiatria.it 3) Università Torino: Multipli approcci metodologici per la valorizzazione delle carni d della ella razza bovina piemontese 11 dicembre Genola (CN) - www.veterinaria.unito.it/do/home.pl/View?doc=D108_ECM.html www.scivac.it 4) SCIVAC: http://registration.evsrl.it Corso pratico: pratico: Principi fondamentali dell'oculistica: cosa devo sapere prima di dedicarmi all’oftalmologia 21-23 gennaio 2016 Cremona Corso pratico: Radiologia del torace 3/6 febbraio 2016 Cremona Corso complementare per l'esame ESVPS VIII Parte - Medicina Interna 10/13 febbraio 2016 Cremona Corso Pratico Ecografia base II Parte - Diagnostica per Immagini 20/22 giugno 2016 Cremona Corso Pratico Riproduzione felina 29 giugno/1 luglio 2016 Cremona Corso internazionale: 13 13 Corso ASAMI. Corso pratico sulle metodiche di Ilizarov Cremona 30 giugno-2 luglio 2016 5) SIVAE: Corso pratico di chirurgia degli Animali Esotici 29 febbraio-2 marzo Cremona - www.sivae.it Università Parma: Master "Fauna "Fauna selvatica: gestione veterinaria della risorsa" AA 2015/16, 1500 ore, Termine iscrizione: 07/12/15 - http://www.dipveterinaria.unipr.it/it/notizie/master-ii-livello-fauna-selvatica-gestione-veterinaria Università Verona-Ass. WeAnimal-AULSS20-Ordine Veterinari Verona: Corso di perfezionamento post laurea per la formazione di Medici Veterinari esperti in Interventi Assistiti con gli Animali (pet (pet therapy) da febbraio 2016 Verona - www.univr.it (iscrizioni entro il 15/12/15) EAP Fedarcom: corso FAD ECM da 25,5 crediti Lingua Inglese in Sanità - Livello AVANZATO www.ecmcorsieap.it/evento/dettagliEvento/id/35 FISCO/SENTENZE/NORMATIVE L’IRAP NON SI APPLICA IN FORMA ASSOCIATA da Professione Veterinaria n. 35/novembre 2015 La forma associata di un’attività professionale non costituisce di per sé presupposto dell’imposta, a prescindere dal requisito dell’autonoma organizzazione. Ha vinto il titolare (un avvocato) di uno studio associato contro la sentenza che imputava il pagamento dell’Irap allo studio. La Commissione Tributaria di Roma ha dato ragione al professionista che ha sostenuto che i clienti avevano affidato l’incarico al Collega associato singolarmente e non congiuntamente allo studio. Oltre a non esserci i presupposti dell’Irap (es. dipendenti), ciò che ha determinato la Commissione è la circostanza che “la forma associata non costituisce una presunzione legale di sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’imposta, essendo consentito al contribuente di dimostrare il contrario”. Nel caso esaminato, “le procure dei clienti sono conferite al singolo professionista e non congiuntamente senza possibilità di reciproca sostituzione tra i due avvocati. IL CONSENSO INFORMATO da La Settimana Veterinaria - N°933 - 14 ottobre 20 La creazione di un rapporto di fiducia tra veterinario e proprietario di un animale si basa primariamente su una corretta comunicazione. Anzi, si può dire che l’informazione sia il primo obbligo connesso alla prestazione medica. Per questo, è necessario che il professionista sia sempre disponibile a esporre con chiarezza la situazione clinica dell’animale, il percorso diagnostico più consigliabile e le possibili soluzioni terapeutiche, i rischi da considerare e i benefici attesi, i costi prevedibili e le eventuali alternative di intervento (comprese le relative implicazioni). L’informazione è un elemento strettamente connesso alla responsabilità professionale, anche se non ha funzioni di completo sgravio dalla stessa. A tal fine, è fondamentale che risulti comprensibile. Spetta al veterinario proporlo in forma e linguaggio accessibili all’interlocutore, tenendo conto delle sue capacità di recepimento, nonché rispondere a ogni richiesta di informazione ulteriore, sempre in modo semplice, chiaro ed esauriente. Il consenso informato non necessita di una forma scritta; tuttavia, nella pratica, tale forma è considerata la più idonea ad acquisirlo, anche in considerazione di doverlo produrre per eventuali esigenze probatorie. Naturalmente, ciò non deve tradursi nella percezione dell’atto quale “aggravio burocratico”. In merito, pare opportuno altresì evidenziare l’importanza della “qualità” del consenso informato, con riferimento al contenuto dello stesso, che, come ricordato, deve essere esaustivo e obiettivo, ma comunque proporzionato al caso clinico e agli interventi previsti, al fine di non scoraggiare o disorientare il cliente nelle scelte. Ciò assume particolare rilievo quando si devono affrontare prospettive di sofferenza, distinguere l’accanimento terapeutico o fare fronte all’eventualità dell’eutanasia. Il Codice deontologico prende in considerazione l’eutanasia degli animali all’art. 34, in cui si stabilisce che si tratta di “atto esclusivamente veterinario, che rientra nell’etica professionale del medico veterinario, può essere effettuata al fine di evitare all’animale paziente sofferenza psicofisica e/o dolore inaccettabili e nei casi consentiti dalla legge. È responsabilità professionale del veterinario garantire, quando si deve interrompere la vita di un animale, che ciò sia fatto con il maggior grado di rispetto possibile e con l’impegno a indurre la morte nella massima assenza di dolore e stress possibile”. SULLE MANSIONI DEL TECNICO VETERINARIO Da La professione veterinaria N° 35/novembre 2015 Sto valutando la possibilità di essere affiancato nel mio ambulatorio da un tecnico veterinario, ma mi risulta difficile comprendere quali siano le reali mansioni che questa figura può svolgere legalmente. Recentemente è stato pubblicato un allegato specifico al CCNL degli studi professionali, in cui si danno delle indicazioni delle mansioni del tecnico, ma, se risulta chiaro come le azioni svolte dal tecnico debbano sempre venire da specifica richiesta e autorizzazione del veterinario, non risulta parimenti chiaro quali siano nel dettaglio le mansioni che può svolgere. Faccio degli esempi chiarificatori; può per esempio legalmente effettuare delle terapie su animali, posizionare cannule endovenose, effettuare dei prelievi ematici, monitorare i parametri vitali durante un’anestesia, preparare il paziente chirurgico, effettuare esami di laboratorio, effettuare manualità fisioterapiche? Rientrano cioè nei suoi compiti possibili anche queste manualità “tecniche”, effettuate sempre con la mia supervisione? Seppure espresso in modo generico, si può forse dedurre di sì leggendo l’allegato citato, ma vorrei sapere se conoscete l’esistenza di qualche altra normativa specifica o se esiste per contro, la possibilità che ci siano dei limiti legali nel poter compiere le mansioni che ho poco fa citato. In via generale, le mansioni del tecnico veterinario contenute nel CCNL di Confprofessioni, come correttamente evidenziato, non presuppongono alcuna autodeterminazione sul paziente, il quale resta sotto le competenze del Veterinario. Pertanto il tecnico veterinario potrà solo eseguire disposizioni ordinate dal veterinario. Sono precluse attività di tipo intellettuale e mediche come - per restare agli esempi proposti - monitorare i parametri vitali durante un’anestesia né tanto meno il Tecnico potrà interpretare esami di laboratorio. Il tecnico veterinario potrà - sempre e solo sotto il controllo del Medico Veterinario - eseguire materialmente azioni ordinate dal Veterinario come sempre attingendo agli esempi - posizionare cannule endovenose, effettuare dei prelievi ematici, preparare il paziente chirurgico. I CANI DI RAZZA RAZZA FUORI DAI TRIBUNALI AMMINISTRATIVI da www.ilquotidianodellapa.it 23/11/15 La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 23 novembre 2015 n. 5310 ha confermato la sentenza del TAR che ha rigettato per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso proposto da un associato dell'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (ENCI) contro le note dell’ENCI con le quali veniva richiesta la restituzione dei certificati genealogici di alcuni esemplari per poter procedere alla cancellazione dell’affisso in essi indicato. Il Supremo Consesso, richiamando i precedenti sanciti dalla Corte di Cassazione, ha affermato che "L'ente nazionale della cinofilia italiana (Enci) ha natura privatistica e, come tale, è privo di potestà d'imperio; ne consegue che la controversia promossa dall'associato contro detto ente, per denunciare l'illegittimità di suoi atti o deliberazioni, si sottrae alla cognizione del giudice amministrativo e spetta a quella del giudice ordinario". Il fatto di gestire il libro genealogico del cane di razza non comporta, infatti, mutamenti nella natura giuridica dell’ente, né, tantomeno, sottintende una delega di poteri pubblici da parte dello Stato, in quanto l’attività in parola non deriva dallo Stato, ma dai soci cinofili che hanno istituito il libro in questione, sopportandone i costi individuali per la selezione e collettivi per la gestione ed i servizi forniti dallo stesso ente. L’attività svolta dal privato - conclude il Consiglio di Stato - per assumere connotati pubblicistici, deve appartenere allo Stato o ad un altro ente pubblico che ne consente l’esercizio da parte di privati, circostanza che non ricorre nel caso di specie, in cui l’istituzione e la tenuta dei libri genealogici è prerogativa delle associazioni nazionali di allevatori di specie o di razza. Ne consegue che non assume alcuna rilevanza – ai fini della giurisdizione – l’esclusività della competenza dell’ENCI in materia di tenuta del libro genealogico, in quanto si tratta comunque di attività svolta da un soggetto privato – vigilato dall’Amministrazione in considerazione dei risvolti di interesse generale connessi allo svolgimento dell’attività - i cui atti, non essendo stati adottati da una pubblica amministrazione, non assumono la connotazione di provvedimenti amministrativi. FARMACI PLEUROPOLMONITE ED ENTERITE BATTERICA NEI SUINI: NOVITÀ IN GU Da Notizie Anmvi 17 novembre 2015 Autorizzati all'immissione in commercio due nuovi farmaci veterinari per il trattamento dell'enterite batterica e il controllo della pleuropolmonite nei suini. Con procedura decentrata, il Ministero della Salute ha autorizzato all'immissione in commercio il medicinale veterinario Apravet 100 g/kg, g/kg premiscela per alimenti medicamentosi per suini della ditta belga Huvepharma. Il principio attivo è Apramicina solfato 100 g (equivalenti a 100.000.000 UI di Apramicina). Il farmaco è indicato per il trattamento dell'enterite batterica provocata da microrganismi sensibili all'Apramicina come Escherichia coli. Il tempo di attesa per carne e visceri è di un giorno. Il periodo di validità del farmaco veterinario confezionato per la vendita è di 3 anni, dopo la prima apertura è di 6 mesi, dopo la miscelazione nel mangime sfarinato è di 3 mesi, infine dopo la miscelazione nel mangime pellettato è di un mese. Da vendersi esclusivamente dietro presentazione di ricetta medico veterinaria in triplice copia non ripetibile. Il Ministero della Salute, con procedura di mutuo riconoscimento, ha autorizzato all'immissione in commercio anche il medicinale veterinario Coglapix, Coglapix sospensione iniettabile per suini della società Ceva Salute Animale S.p.A. I principi attivi sono Actinobacillus pleuropneumoniae sierotipo 1 (ceppo NT3) e Actinobacillus pleuropneumoniae sierotipo 2 (ceppi PO, U3, B4, SZ II), che esprimono tossoide ApxI min. 28,9 Unità ELISA/ml (titolo sierologico calcolato in unita' ELISA/ml nei sieri di conigli immunizzati), tossoide ApxII min. 16,7 Unità ELISA/ml e tossoide ApxIII min. 6,8 Unità ELISA/ml. Il farmaco può essere utilizzato per l'immunizzazione attiva dei suini come strumento per il controllo della pleuropolmonite causata dai sierotipi 1 e 2 di Actinobacillus pleuropneumoniae, riducendo i segni clinici e le lesioni polmonari associate alla malattia. Inizio dell'immunità: 21 giorni dopo la seconda vaccinazione. Durata dell'immunità: 16 settimane dopo la seconda vaccinazione. Il periodo di validità del medicinale veterinario confezionato per la vendita è di 18 mesi, mentre dopo la prima apertura è di 10 ore. Il tempo di attesa è di zero giorni. Da vendersi soltanto dietro presentazione di ricetta medico veterinaria in triplice copia non ripetibile. AVICOLI E SUINI: NUOVE AIC PER IL TRATTAMENTO DELLE INFEZIONI RESPIRATORIE Da www.gazzettaufficiale.it Autorizzati due nuovi farmaci per uso veterinario per il trattamento delle infezioni respiratorie negli avicoli e nei suini. Per decreto ministeriale è stato autorizzato all'immissione in commercio il medicinale veterinario Amoxival 500 mg/g, mg/g polvere orale per suini svezzati e polli da carne della società francese Sogeval. Il principio attivo è amoxicillina 500,0 mg (equivalente a amoxicillina triidrato 574,0 mg). Indicazioni terapeutiche: - suini (svezzati), trattamento della pleuropolmonite suina causata da Actinobacillus pleuropneumoniae (sensibile all'amoxicillina); - polli da carne, prevenzione a livello di gruppo delle infezioni respiratorie causate da Escherichia coli (sensibile all'amoxicillina) quando la malattia è presente. Il periodo di validità del farmaco veterinario confezionato per la vendita è di 30 mesi, dopo la prima apertura è di 1 anno, dopo la diluizione in acqua è di 12 ore. Il tempo di attesa per carne e visceri è di 14 giorni nei suini, di 1 giorno invece nei polli. L'uso non è autorizzato in volatili che producono uova per il consumo umano. Il farmaco non deve essere utilizzato nelle 4 settimane prima dell'inizio del periodo dell'ovodeposizione. Da vendersi esclusivamente dietro presentazione di ricetta medico veterinaria in triplice copia non ripetibile. Con procedura decentrata, il Ministero della Salute ha autorizzato all'immissione in commercio anche il medicinale per uso veterinario Doxylin CT WSP 500 mg/g, mg/g polvere per somministrazione in acqua da bere per polli e tacchini(broiler, riproduttori). Il principio attivo è Doxiciclina 433, 3 mg (come doxiciclina iclato 500,0 mg). Il medicinale è indicato per il trattamento di infezioni respiratorie cliniche associate a Mycoplasma gallisepticum sensibile alla doxiciclina. Il periodo di validità del farmaco veterinario confezionato per la vendita è di 3 anni nel caso dei securitainer, 2 anni invece per il medicinale in secchio. Dopo la prima apertura il periodo di validità è di 3 mesi, mentre dopo la ricostituzione in acqua da bere è di 24 ore. Il tempo di attesa per carne e visceri nei polli è di 5 giorni, mentre nei tacchini è di 12 giorni. Da vendersi esclusivamente dietro presentazione di ricetta medico veterinaria in triplice copia non ripetibile. SEGNALAZIONE EVENTI AVVERSI NELL'UTILIZZO DI FARMACI da Newsletter FNOVI nr. 45/novembre 2015 Come già ricordato in occasione del suo lancio la Federation of Veterinarians of Europe (FVE) con il supporto dell’Agenzia Europea per i medicinali (EMA) ha progettato un'indagine Europea sulla segnalazione degli eventi/effetti avversi per utilizzo di prodotti terapeutici in medicina veterinaria. L'obiettivo è accertare quali sono le difficolta’ e gli ostacoli per gli operatori del settore nel segnalare gli effetti avversi/indesiderati durante e dopo l’utilizzo di prodotti terapeutici in medicina veterinaria. Si invitano tutti i colleghi a compilare il questionario on line che sarà aperto fino alla fine di dicembre 2015: www.surveymonkey.com/r/VGRHF2G Il sondaggio è anonimo e occorrono solo 5 minuti. PEDIATRI USA, USA, ANTIBIOTICI IN ALLEVAMENTI MINANO SALUTE BIMBI Da newsletter Federfarma 17/11/2015 L'uso eccessivo di antibiotici nell'industria della carne - gli allevamenti intensivi dove a scopo preventivo vengono somministrati antibiotici agli animali sani - può compromettere l'efficacia di questi farmaci quando usati per trattare infezioni nei bambini. E' il monito che arriva da un rapporto della American Academy of Pediatrics (AAP), pubblicato sulla rivista "Pediatrics". «Gli antibiotici che sono somministrati agli animali da allevamento portano alla diffusione di batteri resistenti», spiega Theoklis Zaoutis della University of Pennsylvania, uno degli autori del rapporto. Questi batteri possono poi diffondersi ad altri animali, fino agli esseri umani". Il problema riguarda in particolar modo i bambini, specie quelli sotto i 5 anni di età, spiegano i pediatri Usa, che sempre più di frequente risultano infettati da batteri resistenti. Ognuno di noi, spiegano i pediatri, può difendere i bambini minimizzando l'uso di antibiotici ed evitando prescrizioni inappropriate come in caso di infezioni virali. Le famiglie possono anche orientare i consumi verso carni allevate senza uso di antibiotici, anche se il problema degli allevamenti intensivi resta di difficile soluzione anche perché - contrariamente a quel che avviene per gli esseri umani- gli antibiotici possono essere somministrati agli animali senza prescrizione medica. interruzione pagina PICCOLI ANIMALI NUTRIZIONE DURANTE LA CRESCITA E LO SVILUPPO SCHELETRICO DEL CANE da VETPEDIA 16.11.2015 La nutrizione svolge un ruolo fondamentale nella crescita e nello sviluppo scheletrico, e secondo alcuni studi potrebbe influenzare anche l’insorgenza di alcune patologie o essere usata a supporto del trattamento ortopedico. La percentuale dei pazienti con problemi ortopedici è rappresentata da circa il 10% della popolazione canina, con una maggior prevalenza di alcune patologie specifiche nei cani di grossa taglia (Lafond et al. 2002). MICROELEMENTI DEFICIT di CALCIO. Il calcio necessario per la crescita è solitamente compreso tra 0,8%-1,2% sulla ss. In animali con rapido accrescimento, ad esempio nei cani di grossa taglia, la richiesta di calcio alimentare è superiore che in quelli a crescita lenta, ad esempio nei cani di piccola taglia. La carenza cronica di calcio (0,55%) non causa una diminuzione della crescita, ma induce una diminuzione del calcio plasmatico che porta all’iperparatiroidismo secondario nutrizionale. In queste condizioni, si verifica un aumento del riassorbimento osseo di calcio da parte degli osteoclasti e osteociti. Il paratormone (PTH) induce un aumento dei livelli plasmatici di Vitamina D3, che quindi permette la diagnosi differenziale tra l’iperparatiroidismo secondario nutrizionale e l’ipovitaminosi D. Secondariamente a questa carenza nutrizionale si può verificare una demielinizzazione cronica progressiva dell’osso scheletrico con conseguenti fratture patologiche o da compressione. ECCESSO DI CALCIO. Comune errore dei proprietari è quello di integrare di calcio i cani di grossa taglia che assumono già una dieta bilanciata, con l’intento di prevenire l’insorgenza di patologie ortopediche. Nella realtà, un elevato apporto di calcio nella dieta è stato dimostrato in grado di causare un’iperplasia delle cellule CT, produttrici di calcitonina, con una conseguente depressione dell’attività degli osteoclasti e diminuzione del rimodellamento osseo. Cuccioli di Alano alimentati tra la 3-6 settimana di vita con una dieta ad elevato contenuto di calcio (3,3% sulla ss) hanno manifestato un aumento della risposta delle cellule CT e un aumento della concentrazione di calcio plasmatico fino alla 17 esima settimana e in tutti è stata diagnosticata radiograficamente una panosteite eosinofilica (Schoenmakers et al. 2000). La somministrazione cronica di una dieta ricca di Ca può inoltre portare a una diminuzione dell’allargamento del foramen dei vasi sanguigni e del midollo spinale. Uno studio condotto su Alani alimentati con una percentuale di Calcio pari a circa 3,3% sulla ss. Hazewinkel et al. (1985) ha dimostrato infatti una maggiore incidenza della Wobbler Syndrome. Un'eccessiva assunzione di calcio è stata associata anche ad altri disturbi scheletrici della crescita, come la presenza di osteocondrosi, radio curvo e incongruità gomito (Hazewinkel et al. 1991: dieta con 3,3% di Ca sulla ss ha portato allo sviluppo di una grave osteocondrosi, sindrome del radiocurvo e sindrome di wobbler; Schoenmakers et al. 2000: dieta con 3,3% di Ca sulla ss somministrata per 3-6 settimane ha portato allo sviluppo panosteite a 4 mesi, grave osteocondrosi e radio curvo a 6-26 settimane). DEFICIT di FOSFORO. I deficit di fosforo nella dieta sono rari, mentre sono molto più frequenti gli eccessi di calcio nella dieta, che causano una ipercalcemia con feedback negativo sulla sintesi di PTH e conseguente diminuzione della sintesi di Vitamina D. L’Associazione tra ipofosfatemia e diminuzione della sintesi di Vitamina D può portare ad alterazioni della mineralizzazione scheletrica. Dal punto di vista radiografico è caratteristico il rachitismo ipofosfatemico (Schoenmakers et al. 2000). DEFICIT di VITAMINA D. Nei cani e i gatti, a differenza dei rettili, anfibi, erbivori, uccelli e onnivori, l’unica fonte di Vitamina D è rappresentata dall’alimento. I grassi animali sono ricchi di Vitamina D, mentre gli alimenti vegetariani e quelli a base di carni bianche ne presentano un basso livello. Il ruolo principale nella mineralizzazione ossea è svolto dalla 1,25(OH)2Vitamina D3, metabolita derivato da metabolismo corporeo della vitamina D3 assorbita a livello gastroenterico (Fig. 2). Una concentrazione plasmatica molto bassa dei metaboliti 25OHVitD3 e 23,25 (OH)2VitD3, con la 1,25(OH)2VitD3 nei range di normalità, è indice di ipovitaminosi D. L’ipovitaminosi D può causare rachitismo, arcatura degli arti e fratture patologiche. ECCESSO DI VITAMINA D. L’eccesso di somministrazione di Vitamina D (100 volte il contenuto raccomandato di 500 UI/kg di cibo) all’età delle 6 settimane innesca un meccanismo di adattamento in cui l’eccesso di Vitamina D viene idrossilata a 25OHVitD e 1,25(OH)2VitD, senza presentare un aumento dell’assorbimento di calcio o fosforo o mineralizzazioni patologiche caratteristiche dell’intossicazione da vitamina D. Questo meccanismo di adattamento porta ad un aumento plasmatico della 23,25 (OH)2VitD e a una diminuzione della 1,25(OH)2VitD con gravi alterazioni dell’ossificazione endocondrale, note come osteocondrosi, che possono portare all’età di 15 settimane alla sindrome del radio curvo. In uno studio condotto su cani alimentati con un eccesso di vitamina D in grado di provocare una intossicazione da vitamina D, si verificava un’importante diminuzione del PTH e un aumento della proliferazione delle cellule producenti calcitonina (CT), che mimano la situazione descritta dall’eccesso di Calcio (Tryfonidou et al. 2002). ECCESSO DI VITAMINA A. La vitamina A è essenziale per il metabolismo osseo e influenza la proliferazione dei condrociti e l’attività degli osteoclasti/osteoblasti. La vitamina A è presente nel grasso animale e può, nei cani ma non nei gatti, essere sintetizzata a partire dal beta-carotene (in intestino o fegato). Quindi il fabbisogno di vitamina A nei gatti è significatamene superiore a quello dei cani. Un’altra differenza tra le due specie, è che il cane può inattivare la vitamina A ed eliminarla fino al 15-60% con le urine, mentre il gatto tende a sequestrarla nel fegato, senza effetti avversi apparenti. L’ipervitaminosi A può intervenire in cani e gatti cuccioli in caso di sovradosaggio somministrato per un periodo protratto. Questi cuccioli manifesteranno un ridotto accrescimento e osteoporosi delle ossa lunghe. L’ipervitaminosi A nel cane porta inoltre ad anoressia, perdita di peso, restringimento delle cartilagini di accrescimento e assottigliamento della corticale. L’ipervitaminosi A nel gatto è invece più frequentemente descritta nei soggetti adulti alimentati con fegato o pesce crudo e porta a rigidità e dolore a livello del collo e arti anteriori (Hazewinkel et al. 1994). VITAMINA E E DERMATITE ATOPICA NEL CANE Da La Settimana Veterinaria n. 932/ottobre 2015 In cani affetti da dermatite atopica (CADS) sono stati osservati bassi livelli della concentrazione plasmatica di vitamina E. Un gruppo di ricercatori della Facoltà di Medicina veterinaria di Lubiana (Slovenia) ha effettuato uno studio allo scopo di determinare l’effetto di una supplementazione, della durata di 8 settimane, di vitamina E sulla risposta clinica (Canine atopic dermatititis extent and severity index - CA-DESI-03 e intensità del prurito) in cani con dermatite atopica. Sono stati anche determinati i livelli dei marker di stress ossidativi: malondialdeide plasmatica e capacità antiossidante totale (TAC), glutation perossidasi ematica e superossidodismutasi eritrocitaria, concentrazioni plasmatiche e cutanee di vitamina E. Ventinove cani con CAD sono stati inclusi nello studio. Quattordici hanno ricevuto vitamina E (8,1 UI/kg una volta al giorno, per via orale); ad altri 15 è stato somministrato olio minerale come placebo (sempre per via orale). Tutti i cani sono stati trattati con un antistaminico (fexofenadina). I livelli dei marker di stress ossidativo (con l’eccezione della vitamina E cutanea), l’indice CADESI-03 e l’intensità del prurito sono stati determinati all’inizio, quindi ogni 2 settimane. La vitamina E cutanea è stata determinata all’inizio e alla fine del trattamento. Livelli plasmatici significativamente più elevati di vitamina E e TAC sono stati osservati nel gruppo vitamina E rispetto al gruppo placebo. I punteggi CADESI-03 determinati durante il trattamento nel gruppo vitamina E si sono dimostrati significativamente più bassi rispetto a quelli del gruppo placebo. I ricercatori concludono che, in base ai risultati di questo studio, l’integrazione di vitamina E nei cani con dermatite atopica è giustificata. INSULINA INSULINA PRECOCE O TARDIVA E TEMPO DI RISOLUZIONE DI DK/DKA Da www.vetjournal.it 16/11/15 Uno studio retrospettivo ha determinato se la somministrazione precoce di insulina ( 6 ore dopo l’ammissione in clinica) determinasse una più rapida risoluzione della chetosi (DK) e della chetoacidosi (DKA) diabetica, un minore tempo di ricovero e una maggiore incidenza di complicazioni, e se una maggiore gravità della chetonuria fosse associata a un maggiore tempo di risoluzione della DK/DKA. Si includevano 60 cani e gatti con DK o DKA che ricevevano una terapia con insulina ad azione rapida. La terapia con insulina veniva iniziata 6 ore nel gruppo precoce e > 6 ore nel gruppo tardivo dopo l’ammissione in clinica. Il gruppo che riceveva insulina precocemente aveva una risoluzione più rapida della DK/DKA dopo l’inizio della terapia con insulina ad azione rapida (36, ± 22,6 vs. 55,4 ± 26,6 ore, P = 0,014). Non vi erano differenze nella durata del ricovero o nelle complicazioni. La maggiore gravità della chetonuria determinava un maggior tempo di risoluzione della DK/DKA dopo l’inizio dell’insulia ad azione rapida (grave: 50,9 ± 24,2; moderata: 29,6 ± 19; lieve: 23,4 ± 21,9 ore). La somministrazione precoce di insulina è associata a una risoluzione più rapida della DK/DKA senza un aumento correlato di complicazioni. La DK/DKA impiega più tempo a risolversi in presenza di una chetonuria più grave. Sono auspicabili studi prospettici per identificare i tempi specifici per la somministrazione di insulina nei pazienti con DK/DKA, concludono gli autori. L’INSULINA NON FUNZIONA COME DOVREBBE. COME MI COMPORTO? da Professione Veterinaria n. 36/novembre 2015 Il diabete mellito è indubbiamente l’endocrinopatia più comune nel cane. La diagnosi è piuttosto semplice, non si può dire tuttavia lo stesso per quanto riguarda la gestione terapeutica e spesso il veterinario si trova in difficoltà nel gestire casi complessi che non rispondono alla terapia impostata. Essendo una patologia cronica richiede un trattamento costante e periodici controlli veterinari. Solitamente i soggetti colpiti necessitano di una terapia a vita. Di seguito vengono riportate le problematiche più comunemente riscontrate nella gestione terapeutica del diabete mellito del cane. PROBLEMI CHE CAUSANO PERSISTENZA O RECIDIVA DEI SEGNI CLINICI La persistenza o la recidiva dei segni clinici rappresentano un frequente problema nella gestione dei pazienti diabetici. Le cause più comunemente riscontrate sono rappresentate da problemi tecnici nel somministrare l’insulina, problemi legati al tipo di insulina, alla dose o alla frequenza di somministrazione. Altre cause comuni sono legate a fenomeni di insulino-resistenza dovuti a stati infiammatori/infettivi neoplastici o altre patologie endocrine concomitanti. PROBLEMI TECNICI Spesso la cattiva gestione è connessa ad errori tecnici. È possibile che l’insulina non venga conservata appropriatamente (ad esempio il congelamento o il riscaldamento eccessivo inattivano l’insulina), non venga miscelata adeguatamente prima della somministrazione, venga diluita con diluenti non dedicati, non venga dosata o iniettata correttamente. Un errore molto comune è rappresentato dall’uso di siringhe sbagliate (U-40/ml vs U100/ml). Le insuline veterinarie devono essere somministrate con siringhe U-40/ml mentre le insuline ad uso umano con siringhe U-100/ml. È bene scoraggiare il calcolo per usare insuline U-40/ml con siringhe U-100/ml, tale procedura è infatti una frequentissima fonte di errore. Un’altra comune fonte di errore è rappresentata dal dosare l’insulina in ml anziché in unità. Nel caso in cui il proprietario decida di utilizzare una penna per la somministrazione di insulina il veterinario dovrà insegnare accuratamente tutte le procedure per l’utilizzo di tale strumento. È bene che il veterinario supervisioni l’intera procedura della preparazione e somministrazione di insulina fino a quando il proprietario non sarà in grado di padroneggiare la tecnica. SOTTO DOSAGGIO DI INSULINA Nella maggior parte dei casi i cani risultano ben controllati con dosi di insulina 1 iniezione U/BID kg. Nel caso in cui il cane risulti mal controllato e la dose di insulina sia notevolmente inferiore a 1 U iniezione/kg e il cane stia ricevendo insulina BID, il sotto-dosaggio può essere la ragione dello scarso controllo glicemico. In questo caso, la dose di insulina deve essere gradualmente aumentata del 10-25% a settimana. SOVRADOSAGGIO DI INSULINA ED EFFETTO SOMOGYI La risposta o effetto Somogyi è definito come il rimbalzo iperglicemico causato della ipersecrezione di ormoni controregolatori, in particolare glucagone e adrenalina durante l’episodio ipoglicemico. La ragione di questo fenomeno è il sovradosaggio di insulina e si verifica quando la glicemia scende sotto i 65 mg/dl; può verificarsi anche quando la concentrazione di glucosio nel sangue scende troppo rapidamente (2-3 ore) indipendentemente dalla presenza o meno di segni clinici e dal nadir glicemico. Una storia ciclica di uno o due giorni di buon controllo dei segni clinici, seguiti da diversi giorni di scarso controllo dovrebbe sollevare il sospetto di una risposta Somogyi. La diagnosi richiede la documentazione di ipoglicemia o rapida diminuzione del livello di glucosio seguita da iperglicemia (> 300 mg/dl) in un periodo di 12 ore. Le concentrazioni sieriche di fruttosamina sono imprevedibili, ma solitamente nei cani con la risposta Somogyi i livelli di fruttosamina sono elevati (> 500 mmol/l). Lo stato iperglicemico può durare da 24 a 72 ore e la diagnosi può essere estremamente difficile. L’identificazione del problema può richiedere curve glicemiche seriali, da effettuarsi idealmente tramite l’utilizzo di sistemi di monitoraggio glicemico continuo. A volte non è facile distinguere l’effetto Somogyi da una breve durata dell’insulina. Se l’effetto Somogyi viene documentato o fortemente sospettato la dose di insulina deve essere arbitrariamente ridotta gradualmente (da 1 a 5 U a seconda delle dimensioni del cane e della dose di insulina); il proprietario dovrebbe poi monitorare i segni clinici del cane nei successivi 2-5 giorni. Nel caso in cui non venga osservato alcun cambiamento può essere tentata una ulteriore riduzione della dose. Se i segni clinici peggiorano, è probabile che ciò che era stato osservato fosse presumibilmente un breve effetto della durata d’azione dell’insulina. BREVE DURATA DELL’EFFETTO DELL’INSULINA In alcuni cani diabetici l’effetto dell’insulina NPH (Humulin I®) o dell’insulina Lenta (Caninslin®) può durare meno di 8 ore. Come conseguenza si ha uno stato iperglicemico (> 300 mg/dl) per molte ore ogni giorno ed è quindi comune che il proprietario riporti la permanenza dei segni clinici. Il problema viene rilevato effettuando una curva glicemica. Il trattamento prevede il passaggio a un’insulina ad azione prolungata (cioè PZI, glargine o detemir) due volte al giorno. DURATA PROLUNGATA DELL’EFFETTO DELL’INSULINA In alcuni cani vi può essere il problema di una eccessiva durata d’azione dell’effetto dell’insulina. Se l’effetto dura più di 12 ore, l’azione delle due somministrazioni di insulina si sovrappongono con il rischio di uno sviluppo di effetto Somogyi o rischio di ipoglicemie. Una durata prolungata dell’effetto dell’insulina si osserva quando il nadir glicemico si verifica 10 o più ore dopo l’iniezione. Il problema viene solitamente risolto passando ad un’insulina ad azione più breve. In alternativa si può usare una insulina ad azione prolungata, ad esempio detemir (Levemir ®) o glargine (Lantus®) somministrata una volta al giorno. ANTICORPI ANTI-INSULINA L’insulina del cane, del suino e dell’uomo sono estremamente simili fra loro; lo sviluppo di anticorpi anti-insulina è pertanto infrequente in cani trattati con insulina suina o insulina ricombinante umana. Invece l’insulina bovina è piuttosto differente da quella del cane e si è visto che nel 40%-65% dei cani trattati con insulina bovina si sviluppano anticorpi anti-insulina. La presenza di anticorpi anti-insulina in alcuni casi può influenzare la farmacocinetica e la farmacodinamica della stessa insulina. La conseguenza è un controllo irregolare e scadente della glicemia, l’incapacità di controllare la glicemia per lunghi periodi di tempo, la necessità di frequenti aggiustamenti della dose, e l’occasionale sviluppo di insulino-resistenza. Fortunatamente l’insulina bovina, ampiamente utilizzata in passato per trattare il diabete mellito nel cane, è oggi molto meno disponibile. Per questo motivo, il ruolo degli anticorpi anti-insulina nello sviluppo di scarso controllo glicemico è oggi probabilmente meno rilevante rispetto al passato. Anche se raramente, gli anticorpi anti-insulina possono svilupparsi in cani trattati con insulina umana ricombinante. Per documentare la presenza di anticorpi anti-insulina è necessario usare test validati per il cane. Il problema viene risolto passando ad un’insulina di origine suina che ha la stessa sequenza amminoacidica di quella del cane. PROBLEMATICHE CONCOMITANTI CHE CAUSANO RESISTENZA ALL’INSULINA Solitamente i cani diabetici risultano ben controllati con dosi di insulina 1 U/kg due volte al giorno. Quando si utilizzano dosi maggiori senza aver ottenuto un buon controllo glicemico e siano stati esclusi problemi tecnici o l’effetto Somogyi o una breve durata d’azione dell’insulina è opportuno considerare la presenza di possibili patologie concomitanti. Nessuna dose di insulina definisce chiaramente la resistenza all’insulina. È stato proposto che la resistenza all’insulina possa essere sospettata quando il controllo glicemico è scarso nonostante le dosi di insulina siano > 1,5 U/kg BID, quando alte dosi (> 1,5 U/kg) sono necessarie a mantenere la glicemia < 300 mg/dL, o quando il controllo glicemico risulti particolarmente irregolare e la dose di insulina debba essere continuamente modificata. L’insulino resistenza può essere causata da molte problematiche infiammatorie, infettive, neoplastiche ed endocrine. Anche l’obesità e la somministrazione di farmaci (soprattutto terapie corticosteroidee e progestinici) possono causare insulino-resistenza. Le più comuni cause di insulino-resistenza nel cane sono rappresentate da somministrazione di glucocorticoidi, Sindrome di Cushing, diestro, ipotiroidismo, pancreatite cronica, malattia renale cronica, infezioni del tratto urinario e della cavità orale, neoplasie, iperlipidemia e obesità grave. Altre cause meno comuni di insulino-resistenza sono rappresentate da insufficienza pancreatica esocrina, insufficienza cardiaca, insufficienza epatica, glucagonoma e feocromocitoma). L’anamnesi e un esame fisico completo sono i passi più importanti nell’identificazione di problematiche concomitanti. Nella maggior parte dei casi un completo work-up diagnostico che comprenda un esame emocromocitometrico, un profilo biochimico, l’analisi delle urine con coltura batterica, ecografia addominale e radiografia del torace spesso permette di identificare la problematica sottostante. Quando indicato, possono risultare necessarie altre valutazioni diagnostiche quali il test di soppressione con desametasone a basse dosi, la concentrazione sierica del progesterone (nelle femmine intere), test di funzionalità tiroidea, lipasi pancreatica sierica (cPLI), attività sierica tripsino simile (TLI) e tomografia computerizzata o risonanza magnetica (massa pituitaria). VIA CODE E ORECCHIE PER ESSERE PIÙ BELLI: INTERVENTI ESTETICI SUI CANI, LA LEGGE DICE NO da Il Veterinario d'Italia nr. 201 del 19 novembre 2015 Il business del ritocco sui cani di razza, per renderli più competitivi nelle mostre, coinvolge padroni e veterinari consenzienti ad intervenire chirurgicamente su animali sani per migliorarne l’estetica. Questo è il business dell’orrore che si cela dietro molte mostre di bellezza per animali domestici. Con la legge 201 si ratifica la Convenzione europea animali da compagnia del 1987 che vieta “interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compagnia o finalizzati ad altri scopi non curativi”. In particolare si proibiscono “il taglio della coda, il taglio delle orecchie, la recisione delle corde vocali, l’asportazione delle unghie e dei denti”. Ma, fatta la legge trovato l’inganno, basta presentarsi alle esposizioni con un certificato veterinario che dichiari i “motivi curativi” delle amputazioni e tutto fila liscio: centinaia di infezioni, traumi, ferite da aggressioni giustificano i bisturi. Al momento sono 900 i certificati al vaglio dei 102 Ordini provinciali della Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani. Da gennaio 2015 Fnovi, Enci (Ente nazionale della cinofilia italiana) e Anmvi (Associazione nazionale medici veterinari italiani) hanno aumentato i controlli i per mettere fine al trattamento. “Non voglio considerare colleghi quelli che firmano certificati dichiarando il falso”- afferma Francesco Orifici, veterinario dell’Anmi – “I 900 certificati raccontano purtroppo che ci sono professionisti che si comportano in modo schifoso”. Con lui anche Carla Bernasconi, vicepresidente nazionale della Fnovi: “Questi atti sono una sconfitta per la rispettabilità della professione”. Ma, il fenomeno del chirurgo estetico per cani sta dilagando in tutto il mondo, addirittura, spiega il veterinario Edgard Brito, nel suo studio di San Paolo in Brasile: “Sì, sono un chirurgo estetico per cani e non ci trovo niente di male. Se le tecniche e i prodotti consentono di applicare agli animali quello che funziona per gli uomini, perché non farlo?”- ma avverte – “Io non intendo alterare l’ anatomia originale, voglio solo risolvere problemi funzionali. E far vincere i miei pazienti ai concorsi di bellezza…”. Gli interventi a coda e orecchie sono solo una parte dell’intero “business del ritocco” in cui convergono anche le iniezioni di materiali come il botex, il metecrilato e il restylane. Sebbene la chirurgia estetica stia sviluppando nuove tecniche e si stia avvalendo di sostanze meno invasive sia in campo umano che veterinario, ciò che sfugge è che al nostro amico a quattro zampe non importa di avere coda e orecchie proporzionate, gli occhi più spalancati o un invidiabile “sorriso”. OTITI RICORRENTI E SORDITÀ Da Settimana Veterinaria - N°932/ottobre 2015 Nel cane e nel gatto, le otiti croniche con danni al timpano o all’orecchio medio possono portare alla sordità. È pur vero che possono esserci animali sordi sin dalla nascita e che questa alterazione fisica può portare a cambiamenti comportamentali o a diminuzione della qualità della vita nei casi in cui sia acquisita. Valutare la capacità uditiva degli animali è fondamentale, soprattutto per le scelte terapeutiche. Ad esempio, sapere se l’animale sente prima di una chirurgia invasiva è importante per la scelta della metodica di intervento e per poi gestire il post operatorio. Se l’animale è già sordo, si può scegliere un’invasività maggiore, visto che il deficit è già presente. Per valutare l’udito esistono due test principali: il behavioral test e l’electrodiagnostic testing. Il primo consiste nel creare un suono improvviso fuori dal campo visivo dell’animale. In teoria, il paziente sordo non si gira per vedere da dove proviene il rumore. Il behavioral test è semplice e non costoso, ma ha grossi limiti: inprimis, non consente di differenziare la sordità monolaterale; inoltre, gli animali possono percepire i suoni anche attraverso altri apparati e, quindi, la precisione di questo metodo è molto limitata. L’electrodiagnostic testing è l’ideale e può essere eseguito con vari apparecchi. Sicuramente il più diffuso, di cui si hanno i valori di riferimento nel cane e nel gatto, è il BAER (Brainstem auditory evoked response). Si tratta di uno strumento elettronico non invasivo che, mediante l’applicazione di elettrodi sottocutanei sul capo e di un sensore nel canale auricolare, consente di valutare la risposta elettrica allo stimolo sonoro e, quindi, stabilire se la sordità è bilaterale, monolaterale o se il paziente è normale. PANCREATITE ACUTA DEL CANE: UTILITÀ CLINICA CLINICA DEI TEST DI LABORATORIO Da Vet.journal 25 novembre 2015 La pancreatite acuta (AP) è frequente nel cane ma la maggior parte degli studi sulla diagnosi di questa condizione utilizzano dati derivati da strutture veterinarie secondarie. Uno studio ha indagato l’utilità clinica degli esami di laboratorio diagnostici nei cani affetti da AP in una struttura di cura primaria. Si includevano 64 cani con segni clinici suggestivi di AP con diagnosi di malattia non pancreatica (NP) o AP. L’attività dell’amilasi e della Fuji DriChem lipasi (FDC lip) erano significativamente maggiori nel gruppo AP rispetto al gruppo NP (rispettivamente, P = 0,001, P < 0,001). La sensibilità dell’attività di FDC lip per la diagnosi di AP era del 100% (95% CI, 87,7-100%); la specificità era dell’89,5% (95% CI, 66,9-98,7%). L’area sotto la curva ROC dell’attività di FDC lip era pari allo 0,98% (95% CI, 0,93-1). Un’elevata attività dell’alanina aminotransferasi (ALT) era associata a una maggiore durata dell’ospedalizzazione (P = 0,04). Si riscontrava una differenza significativa di concentrazione della proteina C reattiva (CRP) prima e 5 giorni dopo il trattamento (P = 0,001). La determinazione dell’attività di FDC lip appare utile per la diagnosi di AP. L’elevata attività dell'ALT può essere associata a una maggiore durata dell’ospedalizzazione e la CRP potrebbe essere utile come biomarker per monitorare la guarigione dell’AP. concludono gli autori. GRANDI ANIMALI ARTROSCOPIA SISTEMATICA DEL GINOCCHIO BOVINO Da www.vetjournal.it 11/11/15 Uno studio ha definito un protocollo per l’esplorazione artroscopica del ginocchio bovino utilizzando gli approcci craniomediale, caudolaterale e caudomediale. Si effettuava uno studio anatomico e artroscopico di 26 arti di cadavere di 13 bovine da latte adulte non affette da zoppia. L’approccio craniomediale veniva realizzato tra i legamenti patellare medio e mediale per indagare le tasche craniali del ginocchio. Si utilizzavano l’eminenza itercondiloidea, la porzione prossimale della cresta trocleare femorale mediale e la porzione laterale del condilo femorale laterale come punti di inizio per l’esame sistematico rispettivamente delle articolazioni femorotibiale mediale, femoropatellare e femorotibiale laterale. Le strutture osservate erano: tasca soprapatellare, superfici articolari della rotula, creste trocleari femorali, legamenti crociati, menischi e legamenti meniscotibiali. La porta artroscopica per la tasca femorotibiale caudomediale era circa 6-8 cm caudale al legamento collaterale mediale. Le tasche femorotibiali caudolaterali prossimali e distali venivano esplorate rispettivamente 3 cm e 1,5 cm caudalmente al legamento collaterale ipsilaterale. Le strutture osservate erano: parte caudale dei condili femorali, menischi, legamento crociato caudale, tendine popliteo e legamento meniscofemorale. Le principali limitazioni per l’esplorazione dei comparti femorotibiali caudali erano le dimensioni articolari ridotte e il rischio di danno del nervo peroneo comune. Lo studio descrive le porte artroscopiche e l’anatomia intrarticolare normale del ginocchio bovino. Sono auspicabili ulteriori studi per validare queste tecniche nel contesto clinico, concludono gli autori. CNSA: PARERE SUL RISCHIO LEGATO ALLA PRESENZA PRESENZA DI ACIDO ERUCICO NEGLI ALIMENTI E NEI MANGIMI Da www.salute.gov.it 09/11/15 Il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare (CNSA) ha espresso un parere (n. 14 del 01/10/15) sul rischio per la salute umana e animale legato alla presenza di acido erucico negli alimenti e nei mangimi. Nel parere la sezione sicurezza alimentare del CNSA "ritiene che i limiti massimi di acido erucico stabiliti con Regolamento comunitario, tenendo conto delle significative incertezze scientifiche esistenti, andrebbero riconsiderati, in particolare per quanto riguarda l’esposizione alimentare di lattanti e bambini, e auspica una caratterizzazione più precisa della quantità di acido erucico negli alimenti e mangimi, nonché la raccolta di ulteriori dati in Europa, in particolare per quanto riguarda la prima infanzia, l’acquisizione di dati clinici relativi all’eventuale tossicità nell’uomo e negli animali da reddito, e un approfondimento sul contenuto di acido erucico nei mangimi. www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2429 FATTORI DI RISCHIO AMBIENTALI DI TUBERCOLOSI BOVINA da Vet.journal 16 novembre 2015 Gli aspetti ambientali possono essere importanti fattori predittivi di tubercolosi bovina (BT) nelle mandrie bovine situate in regioni ad elevata prevalenza dell’infezione. Uno studio ha analizzato i dati di 533 allevamenti casi e 808 allevamenti controlli in aree ad alto rischio di TB. Le aziende con mandrie di 150 bovini o più avevano una probabilità del 50% superiore di sviluppare un’epidemia di TB bovina rispetto alle aziende con mandrie di 50 capi o meno. Inoltre era importante la modalità di produzione delle colture e di alimentazione degli animali, con aumento dei rischi in presenza di pratiche legate a sistemi a elevata produttività. Per esempio, per ogni 10 ettari di mais, uno degli alimenti preferiti dai tassi che hanno un ruolo centrale nella trasmissione della malattia, aumentava il rischio di TB del 20%. La somministrazione di insilato era associata a un raddoppio del rischio per le mandrie sia da latte sia da carne. Erano inoltre importanti aspetti ambientali quali la presenza di foreste decidue, paludi e siepi divisorie. Ad esempio, nelle aziende con 50 km di campi, ogni km extra di siepe era associato a una riduzione del 37% del rischio. Ciò era probabilmente dovuto a una minore contaminazione dei pascoli da parte delle feci e urine di tasso nelle aree ricche di siepi. Le paludi erano associate un aumento del rischio probabilmente come effetto secondario dell’infestazione da trematodi epatici, patologia associata alle aree umide che interferisce con la diagnosi di TB nei bovini. Il rischio di TB aumenta nelle mandrie di maggiori dimensioni e in aziende con aree più estese di coltivazioni di mais, foreste decidue e paludi, mentre una maggiore percentuale di confini formati da siepi riduce il rischio, concludono gli autori. LOMBARDIA.SUINI, LOMBARDIA.SUINI, PULIZIA E DISINFEZIONE PRIMA DELL'INGRESSO IN ALLEVAMENTO da circolare Regione Lombardia prot. 15479 del 09/11/15 Nella diffusione di malattie infettive -come Aujeszky, PED- "un punto critico è rappresentato dallo stato di pulizia e disinfezione degli allevamenti che entrano in allevamento". A questo riguardo la Regione Lombardia, richiamando la Legge Regionale 33/2009, ha diffuso una circolare che sollecita i Dipartimenti di Prevenzione Veterinaria della Lombardia a verificare che l'OSA svolga effettivamente ed efficacemente le operazioni di pulizia e disinfezione. L'osservanza delle norme di biosicurezza "rappresenta un punto di forza cruciale nella lotta alla diffusione delle malattie. Tali verifiche potranno essere effettuate presso l'allevamento, stazioni di disinfezione autorizzate e macelli. In particolare, le verifiche al macello dovranno essere effettuate in quelli dotati di proprio impianto di disinfezione. La Regione comunicherà le modalità di rendicontazione di questa attività. La circolare ricorda inoltre che presso i macelli proseguirà l'attività di monitoraggio condotta dall'IZSLER/Regione al fine di verificare la presenza/assenza di patogeni sugli automezzi dopo le operazioni di pulizia e disinfezione; tale monitoraggio potrà essere di supporto alla attività di verifica svolta dai Dipartimenti di Prevenzione Veterinaria. Da ultimo, la nota richiama l'importanza anche delle altre norme di biosicurezza tese ad impedirne l'ingresso negli allevamenti e/o a limitarne la diffusione di malattie, in particolare: divieto di carichi multipli, a meno che sia garantito il carico degli animali senza che l'automezzo entri in allevamento; carico delle carcasse senza che l'automezzo entri in allevamento; dotazione di calzari mono uso anche per i trasportatori qualora avessero accesso diretto in allevamento. La Legge regionale 33/2009 prevede che tutti gli automezzi adibiti al trasporto di animali siano lavati e disinfettati dopo ogni scarico e comunque prima di entrare in allevamento. Le operazioni di lavaggio e disinfezione devono essere effettuate dopo ogni scarico nell'allevamento o macello presso cui è avvenuto o presso stazioni di disinfezione autorizzate. A prova dell'avvenuto lavaggio e disinfezione, il trasportatore deve compilare in duplice copia l'apposita dichiarazione (Allegato IX dell'OM 12 aprile 2008 e conservarne una copia per un anno. MENO INSEMINAZIONI INUTILI CON L’ECOGRAFIA DELLE BOVINE PREPRE-SERVIZIO Da Vet.journal 18 novembre 2015 Uno studio ha verificato se la valutazione delle bovine per il servizio con i metodi tradizionali di osservazione e palpazione transrettale migliorasse associando anche l’esame ecografico dell’utero e delle ovaie. Si valutavano i dati di 600 bovine in lattazione da utilizzare per il servizio e assegnate alternativamente alla valutazione manuale (gruppo M, n = 301) e manuale ed ecografica (gruppo S, n = 299). Le bovine del gruppo M con un grosso follicolo morbido di diametro stimato di 12,0-22,5 mm, senza un corpo luteo (CL) palpabile (> 10 mm) e con utero contrattile senza contenuto palpabile erano considerate adatte al servizio e inseminate. Le bovine del gruppo S con un follicolo morbido di 12,0-22,5 mm, senza CL (>10 mm) e con utero contrattile e in assenza di contenuto ecogeno venivano inseminate. La gravidanza veniva determinata ecograficamente 28-35 giorni dopo il primo servizio. Nel gruppo S, era considerato adatto per il servizio il 10,9% in meno delle bovine, rispetto al gruppo M. Il principale motivo di esclusione dal servizio (29,6%) nel gruppo S era la presenza di un CL > 10 mm, in aggiunta a un follicolo preovulatorio (12,0-22,5 mm) che veniva identificato meno frequentemente nel gruppo M (4,5%). Il tasso di concepimento al primo servizio era tendenzialmente maggiore nel gruppo S rispetto al gruppo M (62,7% vs. 54,9%) e la percentuale di bovine aperte, sulla base di tutte le bovine valutate per il servizio, era maggiore nel gruppo M rispetto al gruppo S (35,2% vs. 25,1%). L’esame ecografico delle bovine valutate per il servizio facilita l’esclusione dei soggetti in proestro e diestro e riduce il numero di servizi non giustificati, concludono gli autori. RAPPORTO SUI CONTROLLI UFFICIALI NEL SETTORE DELL'ALIMENTAZIONE ANIMALE 2014 da www.salute.gov.it 19/11/15 La Direzione Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari ha pubblicato il rapporto sui controlli ufficiali in alimentazione animale effettuati in Italia. Il documento riporta gli esiti dei controlli ufficiali effettuati nel 2014, terzo ed ultimo anno di applicazione del Piano Nazionale di Sorveglianza e Vigilanza Sanitaria sull’Alimentazione degli Animali (PNAA) valevole per gli anni 2012 – 2013 - 2014, che ha come obiettivo primario quello di assicurare i controlli ufficiali nella filiera dei mangimi eseguiti dai Servizi Veterinari delle AA.SS.LL. coordinati dai Servizi Veterinari Regionali e dalle Autorità Competenti dei PIF e degli UVAC. L’attività di controllo ufficiale nell’anno 2014 ha visto i Servizi Veterinari impegnati, come di consueto, in un’imponente attività di campionamento effettuata in tutti i livelli della produzione, della commercializzazione fino alla somministrazione dei mangimi. Nell’anno 2014, in tutto il territorio nazionale, nell’ambito esclusivo del PNAA sono stati prelevati n. 10.923 campioni ufficiali di mangimi, a fronte di 11.066 programmati. Tutte le fasi di produzione, utilizzo, distribuzione e trasporto, sono state oggetto di campionamento. www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2434 STEC FECALI E CUTANEI NEI BOVINI BOVINI AL MACELLO IN ITALIA da Vet.journal 23 novembre 2015 I ruminanti sono considerati il serbatoio naturale di Escherichia coli produttore di Shiga-tossina (STEC), soprattutto del sierogruppo O157. Nel corso del 2011 e 2012, si raccoglievano 320 campioni (160 campioni di feci rettali e 160 campioni di cute della regione del petto) da 160 bovini al macello nel Nord Italia durante la stagione calda (da maggio a ottobre). I bovini provenivano da allevamenti diversi e l’età al macello variava da 9 mesi a 15 anni; la maggior parte erano macellati ad un’età mediana di 6 anni (età media: 4,6 anni). I campioni venivano sottoposti a tecnica di separazione immunomagnetica per E. O157 e O26 e a PCR di screening per i geni stx, seguita da identificazione colturale di STEC. Si identificavano i geni di virulenza stx1, stx2, eae ed e-hlyA, e tra gli isolati positivi per stx2 si indagava la presenza delle varianti stx2a e stx2c. Si riscontrava che 21 dei 162 bovini (13,1%) erano portatori fecali di STEC. STEC O157 veniva riscontrato in 10 campioni (6,3%), STEC O26 in 6 (3,8%) e STEC O111 in 1 (0,6 %). Quattro isolati (2,5 %) erano non determinati (OND). Sei campioni di cute su 160 (3,8%) erano positivi per STEC; 4 (2,5%) erano contaminati da STEC O157 e 2 (1,3%) da STEC O26. In 3 bovini (1,9%) si identificava STEC sia nelle feci sia nei campioni cutanei. Tra STEC O157, l’87,5% era portatore del gene stx2c e il 12,5% di entrambi i geni stx1 e stx2c. Nessun isolato O157 ospitava la variante stx2a. STEC O26 e O111 erano portatori soltanto del gene stx1. Un ceppo OND era portatore di entrambi i geni stx2a e stx2c. Lo studio indica che STEC O157 isolato nei bovini può ospitare la variante stx2c, associata alla sindrome emolitica uremica dell’uomo, e che la cute bovina può costituire una fonte di STEC O157 e O26 patogeni per l’uomo nell’ambiente del macello, concludono gli autori. COMPLICAZIONI PERIPERI-ANESTETICHE NEL CAVALLO Da Professione Veterinaria n. 36/novembre 2015 Le complicazioni perianestetiche sono relativamente comuni nel cavallo e sono auspicabili ulteriori indagini per identificare i fattori di rischio gestibili ad esse associati. Uno studio retrospettivo osservazionale ha descritto la morbilità e la mortalità e identificato i fattori di rischio associati in cavalli sottoposti ad anestesia generale in una popolazione costituita prevalentemente da purosangue (TB) da corsa. Si analizzavano le cartelle cliniche e anestesiologiche di tutti i cavalli di età 12 mesi sottoposti ad anestesia generale nel corso di 2 anni, escludendo le procedure di emergenza addominali o per distocia oppure i casi di trauma con compromissione cardiovascolare. Si calcolavano e descrivevano i tassi di mortalità e morbilità. Si utilizzava l’analisi univariata e multivariata per indagare la relazione tra la complicazione principale, le coliche post-anestetiche (PAC) e i fattori di rischio. Si includevano in totale 1067 cartelle anestesiologiche relative a 1021 cavalli. Di questi, 702 (65,8%) erano TB, 169 (15,8%) sviluppavano una complicazione entro 7 giorni dall’anestesia generale e 10 (0,94%) decedevano di conseguenza. La morbilità prevalente era la PAC: 111 cavalli (10,5%) sviluppavano una colica entro 7 giorni dall’anestesia generale. I cavalli purosangue (OR 2,93, CI 95% 1,73-4,96) e i soggetti che ricevevano benzilpenicillina sodio (NaBP) (OR 2,77, CI 95% 1,69–4,50) avevano un rischio aumentato di PAC. Si riscontrava un maggior rischio di PAC nei cavalli purosangue dello studio; questi soggetti potrebbero beneficiare di una valutazione più critica della funzione gastrointestinale post-anestetica. Dovrebbe inoltre essere ulteriormente valutata un’alternativa alla somministrazione di NaBP per la terapia antibiotica profilattica, se il suo ruolo nella PAC fosse confermato da altri studi, concludono gli autori. REDDITOMETRO E CAVALLI Da Professione Veterinaria n. 37/novembre 2015 I cavalli d’affezione non rientrano nel redditometro. A dirlo è la Corte di Cassazione che ha posto fine al contenzioso tributario fra l’Agenzia delle Entrate e un proprietario di due cavalle “da passeggiata”. Questi animali non sono indicatori di maggior reddito né di maggiore capacità contributiva. Ente Nazionale Previdenza Assistenza Veterinari LE PROSSIME SCADENZE Da www.enpav.it 30.11.2015 Scadenza presentazione telematica Modello 1 30.11.2015 Scadenza seconda rata contributi modulari Modello 2/2014, se l’importo da versare è superiore a 1.500 Euro NUOVO REGOLAMENTO DI DILAZIONE DEL PAGAMENTO DEI CONTRIBUTI da 30Giorni/ottobre 2015 È stato approvato il nuovo Regolamento di dilazione del pagamento dei contributi Enpav ed è in vigore da novembre 2015. Tutti gli iscritti hanno la possibilità di chiedere, attraverso Enpav Online (www.enpav.it), la rateazione dei contributi minimi in 4 oppure 8 rate entro il 31 gennaio di ogni anno. Analoga possibilità è data per il versamento della contribuzione eccedente nel caso in cui la somma dovuta sia superiore ad un certo limite (per il 2016 pari ad € 3.715,87). La dilazione di pagamento si rivolge pertanto a tutti gli iscritti che hanno “accumulato” un debito superiore alla contribuzione minima ordinaria, considerando che questa ormai può essere rateizzata mediante un semplice click nella propria area riservata. Il nuovo Regolamento disciplina in modo sistematico e oggettivo i requisiti di accesso all’istituto, nonché il criterio di determinazione del numero delle rate. L’obiettivo è quello di agevolare il pagamento, per evitare la stratificazione dei debiti contributivi e di mettere in atto le misure per il recupero dei crediti che prevedono, in extrema ratio, la cancellazione dall’Albo professionale. Di seguito sono riepilogate le principali novità. - Debito contributivo minimo 2016: Euro 4.695,00. Il debito deve essere interamente scaduto. - Funzione di calcolo per il numero delle rate. Il criterio di calcolo del numero delle rate considera l’ammontare, sia del debito sia del reddito complessivo dichiarato ai fini Irpef dal richiedente. Debito / (1% x Reddito Irpef + Euro 300,00). Esempio: Debito da dilazionare: € 5.000 Reddito complessivo lordo dichiarato ai fini Irpef: € 40.000 Numero delle rate: 5000/1% di 40.000 + 300 = 5000 / 700 = 7 rate bimestrali da € 714,29. – Variazione del tasso di interesse della dilazione Si passa dal tasso di interesse legale al tasso fisso del 4,5% annuo. In un pagamento dilazionato si devono considerare il ritardo dell’incasso da parte dell’Ente, il costo di gestione amministrativa della pratica, il mancato investimento delle somme. – Eliminazione della facoltà di sospensione temporanea del versamento. Tale facoltà, peraltro poco utilizzata, non annullava il credito ma posticipava semplicemente di qualche mese la data di versamento, con un inevitabile accavallamento dei successivi adempimenti contributivi. Di seguito si schematizzano gli elementi essenziali della disciplina (il testo integrale è pubblicato sul sito dell’Enpav alla voce “Normativa”). CONDIZIONI PER ACCEDERE ALLA DILAZIONE – L’importo minimo del debito da dilazionare non deve essere inferiore al 30% del reddito convenzionale dell’anno della domanda. Reddito convenzionale anno 2016 Euro 15.650,00 Debito contributivo minimo 2016: Euro 4.695,00 L’importo minimo del debito da dilazionare è ridotto al 15% del reddito convenzionale dell’anno della domanda per le seguenti categorie di soggetti: • neo iscritti, per i primi 4 anni di iscrizione all’Ente • pensionati • iscritti di solidarietà • cancellati dall’Ordine – Reddito complessivo lordo non superiore a 15 volte il debito da dilazionare – Presentazione di tutti i Modelli 1 – Pagamento di tutti i bollettini M.Av. scaduti e non inseriti nel debito da dilazionare LE RATE DI DILAZIONE – Al massimo 30 rate bimestrali – Importo minimo rata € 300,00 – Criterio di ripartizione: Debito da dilazionare/1% del reddito complessivo IRPEF + € 300,00 – Interessi di dilazione: 4,5% RICORSI La possibilità di ricorso è consentita esclusivamente per le seguenti causali: • mancato accoglimento della domanda per insussistenza della condizione reddituale • per l’aumento del numero delle rate concesse Per l’accoglimento del ricorso e la revisione del numero delle rate, viene esaminata la situazione reddituale del ricorrente, in relazione al reddito Isee relativo ai redditi dichiarati nell’anno precedente a quello della domanda di dilazione. ALIMENTI LATTELATTE-MIPAAF: SIGLATO ACCORDO PER FILIERA LATTIEROLATTIEROCASEARIA da Agi - 26.11.2015 Siglato dal Mipaaf con le organizzazioni agricole, le cooperative, l'industria rappresentata da Assolatte e la Grande distribuzione organizzata l'accordo per la stabilita' della filiera lattiero casearia italiana. Lo rende noto il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. L'intesa quadro raggiunta prevede, tra l'altro, l'impegno da parte del Ministero delle politiche agricole a destinare i 25 milioni di euro, provenienti dall'intervento straordinario europeo per il settore lattiero, agli allevatori come aiuti diretti per il latte prodotto e commercializzato nei mesi di dicembre 2015, gennaio e febbraio 2016. L'impatto stimato della misura e' di 1 centesimo in piu' per litro venduto dalla stalla. Le parti hanno concordato anche l'utilizzo di meccanismi di indicizzazione da inserire nei contratti e la promozione dell'utilizzo di contratti standard per rendere piu' trasparenti i rapporti di filiera. La Gdo si impegna a realizzare campagne straordinarie di valorizzazione e promozione dei prodotti lattiero caseari italiani, attraverso iniziative che rendano facilmente riconoscibile l'origine da parte dei consumatori. "Abbiamo raggiunto un risultato concreto a favore dei nostri allevatori - ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina -. Con l'accordo di oggi facciamo un deciso passo in avanti, sbloccando le relazioni tra i soggetti della filiera, con impegni utili a far ripartire il settore. Abbiamo stabilito un intervento immediato a favore delle imprese lattiere, attraverso i 25 milioni di euro europei e trovato l'intesa su misure strutturali come l'indicizzazione del prezzo e l'utilizzo di contratti standard. Sono strumenti che si attendevano da anni e che ora dobbiamo mettere in moto subito. Il nostro impegno va avanti consapevoli che stiamo parlando di un settore strategico non solo per la filiera agroalimentare, ma per l'economia italiana". STUDIO IARC: DOBBIAMO PREOCCUPARCI PER IL CONSUMO DI CARNI ROSSE FRESCHE E LAVORATE? da Settimanale della Veterinaria Preventiva nr. 38/15.11.15 La SIMeVeP pubblica un documento elaborato dal Dott. Maurizio Ferri, in merito al recente comunicato della International Agency for Research on Cancer (IARC)1, agenzia intergovernativa dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sul rischio di cancro al colon-retto associato ad una alimentazione prevalentemente basata sul consumo di carni rosse in particolare di quelle lavorate. www.veterinariapreventiva.it CONSORZIO PROSCIUTTO SAN DANIELE: ANIMALI ALLEVATI IN ITALIA, REGOLE DI PRODUZIONE GARANTITE ED ESPORTAZIONI IN 52 PAESI da mangimiealimenti.it 23/11/15 Per diventare “San Daniele”, un prosciutto deve possedere tre caratteristiche. Innanzitutto, deve provenire da un animale nato e allevato in Italia. In secondo luogo, deve essere lavorato da mani esperte con metodi che derivano da una tradizione secolare. Infine, deve essere prodotto a San Daniele del Friuli: il microclima di questa cittadina rappresenta, infatti, insieme alla carne di maiale e al sale marino, il terzo ingrediente del prosciutto di San Daniele. A spiegarlo è Mario Emilio Cichetti,, Direttore Generale del Consorzio del prosciutto di San Daniele. Quello di San Daniele è un Consorzio di imprese a cui aderiscono tutti i 31 produttori riconosciuti ed ubicati nell’omonimo comune nel centro del Friuli. La filiera della DOP San Daniele conta circa 4000 allevamenti e 70 macelli tutti ubicati nelle 10 Regioni del Centro Nord Italia. In Italia si producono circa 8 milioni di suini all’anno, che sono destinati per oltre l’80% alla produzione di prosciutti DOP. È quindi evidente che sono queste produzioni a sostenere e far sì che si mantenga la suinicoltura italiana, caratterizzata da allevamenti che tutelano il benessere degli animali. L’intervista completa a Cichetti su: http://mangimiealimenti.it/articoli L’AUSTRALIA DALL’ITALIA IMPORTA SEMPRE PIÙ FORMAGGI. ANCHE Da Notiziario n. 72 del 25.11.2015 Osservatorio Agri&Food Cremonafiere Aumentano in Australia le importazioni di formaggio. Nel mese di settembre 2015, rispetto allo stesso periodo del 2014, l’incremento in volume è stato del 26,6%. In Italia la quota di mercato destinata all’Australia è pari al 6% e all’interno di questa percentuale l’aumento delle esportazioni è stato pari al 32,2%. La Nuova Zelanda, con una quota di mercato destinata all’Australia pari al 58%, ha registrato un aumento del 16,4% mentre per gli Usa il dato è stato negativo: le esportazioni sono diminuite del 21,3% all’interno di una quota di mercato destinata all’Australia pari al 18%. VARIE INFLUENZA AVIARIA A BASSA PATOGENICITÀ: AGGIORNAMENTO AGGIORNAMENTO da AnmviOggi 17/11/15 Con la nota di ieri la Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari ha comunicato gli elementi di aggiornamento. Facendo seguito a quanto comunicato in data 11 novembre 2015 con nota DGSAF prot. n. 28452, la Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari ha comunicato che il Centro di Referenza Nazionale, presso l’IZS delle Venezie, in data 13 novembre u.s. ha confermato la sieropositività per virus influenzale sottotipo H5 su campioni prelevati da un’azienda correlata epidemiologicamente al focolaio LPAI H5N2 del Comune di Ravenna, sita nel Comune di Lagosanto, Provincia di Ferrara. Nell’azienda non sono stati registrati casi clinici di malattia. In conformità a quanto prescritto dalla normativa vigente, d.lgs n. 9/2010 di attuazione della Direttiva 2005/94/CE, i Servizi veterinari competenti per territorio hanno provveduto al sequestro dell’allevamento con blocco delle movimentazioni in entrata e uscita dall’azienda, all’abbattimento dei capi (circa 460 animali) e sono in corso le operazioni di pulizia e disinfezione. E’ stata istituita una zona di restrizione di 1 km di raggio dall’azienda. SPECIALIZZAZIONE IN ACQUACOLTURA – LA FNOVI CHIEDE UN TAVOLO INTERMINISTERIALE da Newsletter FNOVI nr. 44/18.11.15 Da tempo la FNOVI segue l’evoluzione della problematica legata al mancato inserimento della specializzazione in “Igiene e controllo dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura” sia nell’area “Igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati” che nell’area “Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche” (Tabella B dell’Allegato al DM 30 gennaio 1998). Facendo seguito alle precedenti note trasmesse in argomento, la Federazione ha richiesto al Ministero della Salute ed al MIUR la disponibilità ad un incontro nel corso del quale avviare un confronto costruttivo, ognuno per quanto di propria competenza, tra tutti i soggetti coinvolti. La FNOVI agisce nella consapevolezza delle conseguenze inaccettabili che si stanno realizzando in danno degli specializzati e degli specializzandi che non hanno certezze circa il valore legale dei titoli conseguiti all’esito dei corsi. Per completezza di analisi si ricorda che l’Università degli Studi di Camerino ha istituito ed attivato a partire dall’anno accademico 2011/2012 presso la Scuola di Scienze Mediche Veterinarie (ex Facoltà di Medicina Veterinaria, ora Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria) la Scuola di Specializzazione in “Igiene e controllo dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura”, garantendo agli iscritti a detta Scuola di Specializzazione il rilascio di un titolo pienamente in linea con la normativa vigente e, pertanto, in tutto e per tutto equipollente dal punto di vista del percorso formativo e della preparazione professionale alle altre tipologie comprese nelle classi meglio descritte in oggetto. Ad oggi però non è stato ancora emanato il decreto di cui all’art. 3 del DM 27 gennaio 2006 concernente il riassetto delle scuole di specializzazione di area veterinaria e la scuola di specializzazione in “Igiene e controllo dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura”, pur essendo stata autorizzata dal MIUR, non è ancora accreditata. TESSERA PROFESSIONALE PROFESSIONALE EUROPEA, CRITICHE DAL REGNO UNITO da www.federfarma.it 20/11/2015 Si è guadagnata le critiche del General Pharmaceutical Council britannico la norma del Regolamento Ue sulla Tessera professionale europea che lascia soltanto 3 mesi alle autorità nazionali per verificare e certificare i titoli del richiedente. Secondo il Gpc in particolare la Tessera, che dal prossimo gennaio verrà sottoposta a sperimentazione in tre ambiti professionali, tra i quali quello di farmacista, finirà per consentire l’aggiramento delle verifiche che lo stesso General Council effettua prima di abilitare i farmacisti stranieri alla pratica professionale nel Regno Unito. Il pessimismo mostrato dal Gcp non è condiviso dal dipertimento della Salute inglese, che in un intervento ha ricordato come la Tessera europea sia solo uno degli strumenti a disposizione del farmacista per vedersi riconosciuta la propria qualifica. Secondo il direttore generale del General Pharmaceutical Council, invece, il nuovo sistema di certificazione «non porterà i benefici previsti». Inoltre, c’è forte preoccupazione per quello che accadrà dall’anno prossimo, quando il Gpc introdurrà verifiche sul livello di padronanza della lingua inglese ancora più severe delle attuali. «I farmacisti qualificati grazie alla Tessera europea» ha detto ancora Rudkin «dovranno possedere gli stessi requisiti per la pratica professionale e le stesse competenze amministrative richieste ai farmacisti inglesi». LA FONDAZIONE ONAOSI, SEMPRE SEMPRE PIÙ VICINA AI PROPRI UTENTI da Newsletter ONAOSI del 26/11/2015 E' stata attivata sul sito dell’ONAOSI (Opera Nazionale per l'Assistenza agli Orfani dei Sanitari Italiani) una sezione dedicata alle Relazioni con il Pubblico (URP) dove tutti gli utenti potranno rivolgersi per ricevere informazioni sulla Fondazione, sui servizi e sulle modalità di contribuzione: www.onaosi.it N.B.: L’Ordine declina ogni responsabilità sulla precisione delle informazioni contenute in questo servizio di rassegna stampa, messo a disposizione dei propri iscritti. Inoltre si evidenzia che le notizie che compongono le News sono per ovvi motivi sintetiche; per approfondimenti si rimanda alle fonti degli articoli. Mantova, 28 novembre 2015 Prot.: 701/15