Nelle pagine che seguono si tenterà di disegnare una mappa dei

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Nelle pagine che seguono si tenterà di disegnare una mappa dei
9.
IMPORTAZIONI DI MERCI:
L’EVIDENZA DELLE ANFORE DA TRASPORTO
1
Le notizie sulle anfore che
si presentano in questo capitolo
sono una sintesi delle ricerche
.
svolte sui contesti di Tas Silg e
di S. Paolo Milqi, la cui pubblicazione definitiva è prevista nell’ambito dell’edizione integrale
degli scavi. Le informazioni su
altre classi di reperti, a cui si fa
cenno, sono in gran parte tratte
dai volumi della Missione, in
parte si devono ad osservazioni
maturate nel corso del lavoro sui
materiali. Per gli altri contesti
maltesi a cui si fa riferimento, si
rimanda al Rapporto curato da
B. Bruno e N. Cutajar, depositato presso il National Museum,
in parte confluito nel contributo
di Bruno, Cutajar 2002. Buona
parte dei dati contenuti in questo
capitolo sono stati da me anticipati al Convegno Maritime Archaeology in Malta (Malta, gennaio 2002), con una relazione
dal titolo Rapporti commerciali
di Malta tra età romana e bizantina: l’evidenza delle anfore da
trasporto. I disegni delle anfore
sono in scala 1:4, salvo diversa
indicazione.
2
La scansione temporale
non è basata su sequenze stratigrafiche né su contesti datati,
bensì sulla periodizzazione dei
contenitori, la cui forchetta
cronologica, essendo in diversi
casi piuttosto ampia, comporta
inevitabilmente delle sovrapposizioni tra un periodo e l’altro.
3
Van der Mersch 1994, pp.
69-72.
4
Koehler 1978; Eadem 1981,
pp. 449-458. Le anfore presenti
a Malta, spesso caratterizzate da
un’imboccatura deformata dall’impostazione delle anse,
hanno tutte un’argilla molto depurata e di colore beige.
5
Per le importazioni di ceramica greca a Malta in età arcaica cfr. Semeraro 2002; per la
ceramica a vernice nera di età
classica
ed ellenistica di Tas
.
Silg si rimanda al contributo di
D’Andria 1972. La presenza di
pentole di importazione greca,
tra IV e III sec. a.C.,
è stata re.
gistrata a Tas Silg da A. Quercia
nell’ambito della ricerca da lui
svolta sulla ceramica da fuoco
di età ellenistica del santuario,
di prossima edizione nella col-
Nelle pagine che seguono si tenterà di disegnare una mappa dei flussi commerciali che nel lungo periodo esaminato interessarono l’arcipelago maltese,
attraverso l’evidenza delle anfore da trasporto, che hanno costituito, come si è
detto, il punto di partenza della nostra indagine. In modo sommario saranno
prese in considerazione anche altre classi di materiali di importazione, rinvenu.
te sia a Tas Silg e a S. Paolo Milqi, che in altri siti dell’arcipelago 1.
Sarà presentato, seguendo ampie partizioni cronologiche 2, il panorama delle
merci provenienti dalle principali aree produttive del Mediterraneo: diverse
zone dell’Italia (Sicilia e Italia meridionale, il versante tirrenico centro-italico,
il versante adriatico dalla Puglia al Veneto-Istria), la Grecia e l’Oriente, il nordAfrica, la penisola iberica.
9.1. L’età punico-ellenistica
Le importazioni di anfore databili tra VI e V sec. a.C. si presentano, allo
stato attuale delle indagini, assai scarse; i pochi contenitori finora noti sono in
.
gran parte limitati al santuario di Tas Silg. Un incremento quantitativo ed una
più articolata distribuzione si registrano solo a partire dal IV sec. a.C., momento in cui si colloca l’arrivo di anfore dall’area magno-greca e siceliota: si tratta
dei tipi MGS III-IV (con orlo a echino) e MGS II (o pseudochiota), quest’ulti.
mo documentato a Tas Silg con varianti molto simili, se non addirittura identificabili, con le produzioni di Locri 3.
È attestata anche l’importazione di derrate dalla Grecia, con i contenitori del
tipo Corinzio B originari di Corinto e di Corcyra, destinati al trasporto di vino 4
e, in misura minore, del tipo Corinzio A' ritenuto anch’esso vinario.
Alla circolazione di recipienti da trasporto può essere associata quella di
altre ceramiche provenienti dall’Italia meridionale e dalla Grecia, presenti nell’arcipelago in quantità modeste: vasellame a figure rosse, esemplari di ceramica sovradipinta dell’area pugliese, ceramica a vernice nera e qualche esemplare
da fuoco di fabbrica attica 5.
Le anfore più caratteristiche del commercio maltese di età punico-ellenistica
sono i tipi Sabratha Keay 3 e Keay 4 di origine nord-africana, probabilmente
oleari, che raggiungono a S. Paolo una quota assai significativa delle importazioni 6. Sempre dalla villa di S. Paolo proviene un’anfora appartenente all’una o
all’altra forma, con un impasto che parrebbe invece riferibile alle produzioni
iberiche.
Sebbene con singoli esemplari, sono presenti anche alcuni prodotti originari
delle regioni centro-italiche e del versante tirrenico: da S. Paolo proviene, ad
esempio, una strana anfora con una forma tipicamente punica (forma Sabratha
Keay 3), ma con un’argilla augitica, caratteristica delle produzioni campanolaziali. Un singolo piattello del tipo Genucilia, rinvenuto sicuramente a Malta
lana che riguarderà gli scavi della Missione; notizie preliminari in Quercia 2002.
6
Peacock 1994, p. 42. In particolare, la più documentata è la forma Keay 4 nell’evoluzione
più recente (con orlo fortemente rientrante e scanalato superiormente e con puntale conico mar-
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L’arcipelago maltese in età romana e bizantina
cato da profonde scanalature).
7
Ne ha dato notizia Bonanno
1988, p. 425.
8
L’assenza o scarsa consistenza di ceramica di produzione siciliana nei contesti dell’arcipelago è in realtà un fenomeno non circoscritto soltanto
all’età tardo-repubblicana, ma
estendibile anche ad altri periodi dell’età romana: sembrano
far eccezione, come si vedrà,
alcune anfore di età imperiale di
cui riteniamo probabile un’origine siciliana.
9
Missione 1969, p. 67, 5.
10
Secondo le analisi al
microscopio effettuate dal dott.
C. Capelli. Il problema dell’esistenza o meno di una produzione di anfore greco-italiche siciliane è ancora aperto (sulla questione si veda in sintesi Tchernia 1986, pp. 49-51) anche se le
analisi minero – petrografiche
effettuate su esemplari trovati a
Termini Imerese hanno suggerito una possibile localizzazione
di alcune fabbriche nell’area
calabro – peloritana (Belvedere
et al. 1994, pp. 217-218).
11
Questa classe ceramica ha
comunque indici di presenza
assai bassi, sia in città (Roman.
Villa e Saqqajja), che a Tas Silg
(Missione 1970, p. 92).
12
Sulle greco-italiche si veda
in sintesi Tchernia 1986, pp. 4953; pp. 309-320. Un esemplare
intero è stato recentemente ripescato nella baia di S. Niklaw a
Comino: Buhagiar C.M. 2000,
p. 50.
13
Per un inquadramento
delle Dressel 1 si veda ancora
Tchernia 1986, pp. 42-48 e pp.
309-320.
14
Quasi tutti gli esemplari
rinvenuti, ad eccezione di qualche Dressel 1B, presentano
impasti con inclusi vulcanici
riconducibili ai centri produttivi
campano-laziali.
15
Si veda per esempio il contesto pubblicato da Buhagiar
1986, p. 42, pl.1b.
35. - Anfore: 1) greco-italica con
bollo C; 2) anfora rodia.
(anche se da una località non meglio definita), parrebbe al momento l’unico
esemplare di ceramica importata dall’Italia centrale 7.
9.2. Dalla fine del III sec. a.C. alla fine del I sec. a.C.
Area della Sicilia. I rapporti commerciali tra l’arcipelago, la Sicilia e le altre
isole siciliane non trovano alcun riflesso significativo nei materiali ceramici,
anche se le relazioni e gli scambi dovettero probabilmente intensificarsi in
seguito all’annessione di Malta nella provincia 8. In età repubblicana gli unici
segnali di contatto tra l’arcipelago e la Sicilia sono rappresentati dalle monete
.
sia di zecche siceliote (una della zecca di Catania proviene da Tas Silg 9), sia di
zecche puniche. Non sembrano presenti nell’arcipelago contenitori da trasporto
di fabbricazione siciliana; le anfore greco-italiche databili tra la fine del III sec.
a.C. e il II a.C. sono infatti tutte riconducibili a produzioni dell’area campanolaziale 10.
.
Tra la fine del II e il I sec. a.C. è documentato sia nel santuario di Tas Silg,
che a Mdina-Rabat, l’arrivo di ceramica a vernice nera a pasta grigia (la cosiddetta Campana C) 11.
Area tirrenica. Dalla seconda metà/fine del III sec. a.C. anche l’arcipelago si
allinea al nuovo assetto commerciale che accompagna le conquiste di Roma
nelle regioni del Mediterraneo occidentale. È a partire da questo periodo che in
diversi siti si diffondono le anfore greco-italiche, i recipienti adibiti al trasporto
del vino campano-laziale (fig. 35, 1) 12.
Le importazioni dall’area tirrenica si infittiscono a partire dalla fine del II
sec. a.C., come è chiaramente documentato dalle massicce quantità di anfore
vinarie Dressel 1 13 restituite da numerosi contesti
.
(fig. 36, 1-4): a Tas Silg e
a San Paolo esse sono tra
le anfore in assoluto più
attestate 14.
Se ne trovano quantità
notevoli anche in diverse
domus urbane di MdinaRabat, talvolta addirittura
riutilizzate come vespai di
sottofondazione pavimentale (fig. 37); a testimoniare l’ampia diffusione e
il successo del vino centro-italico è inoltre anche
l’evidenza funeraria, infatti, anfore Dressel 1 sono
presenti nei corredi delle
tombe 15.
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Importazioni di merci: l’evidenza delle anfore da trasporto
36. - Anfore: 1) Dr.1A con titulus pictus C.CAS.C.SEX; 2) Dr.1A con bollo raffigurante fiore a otto petali; 3) Dr.1B con bollo DEM; 4) Dr.1B con
bollo ATA; 5) Lamb.2 con bollo ONE; 6) Lamb.2 con bollo AGATO; 7) brindisina con bollo EVANDRVS; 8) Maña C1/Van der Werff 3; 9-10) Maña
C1/ Van der Werff 1; 11-12) Maña C2.
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L’arcipelago maltese in età romana e bizantina
37. - Rabat, Piazza Saqqajja. Sottofondazione con anfore capovolte (da Buhagiar, Fiorini 1996).
16
Cipriano, Carre 1989;
Tchernia 1986, pp. 53-56 e 6874; Bruno 1995.
17
Manacorda 1988; Idem
1990; Idem 1994; Palazzo 1989;
Cipriano, Carre 1989. Entrambe
le tipologie sono state
indivi.
duate solo a Tas Silg.
18
Per una sintesi sulla produzione, si veda Empereur,
Hesnard 1987, pp. 14-20.
19
Per le importazioni rodie
in Sicilia si veda Campagna
1992; a Cartagine Lund 1993.
.
20
A Tas Silg è presente la
forma Hayes 2 (Missione 1970,
p. 31; Missione 1968, p. 81 e
fig. 6,1).
21
Una ventina di coppe, tra
cui una interamente ricostruibile, provengono dallo scavo della
Roman Villa (Zammit 1923, pp.
221-222 e fig. 3); alcuni esemplari facevano parte dei corredi
funerari (MAR 1957, pl.VIIIa e
Ashby 1915, p. 41). L’origine
delle coppe megaresi di Malta
dall’area greca è assai probabile, ma in attesa di uno studio
analitico non si possono escludere altre provenienze.
Alla notevole importazione di derrate alimentari dall’area campano-laziale
testimoniata dalle anfore non corrisponde un altrettanto consistente arrivo di
ceramica a vernice nera del tipo Campana A, generalmente associata ai contenitori negli stessi carichi commerciali. Nell’arcipelago si producono, comunque, ceramiche non verniciate ispirate ad alcuni modelli del vasellame di fabbricazione campana, il che induce a pensare che tra le ragioni dello scarso
apprezzamento di questa produzione vi fossero prevalentemente motivi estetici.
Area adriatica. Tra fine II sec. a.C. e fine I sec. a.C. vedono un’ampia diffusione nel mercato maltese anche le anfore Lamboglia 2 (fig. 36, 5-6), adibite al
trasporto del vino prodotto in diversi centri dell’Adriatico (Puglia, Piceno,
.
Romagna,Veneto) 16. Esse raggiungono a Tas Silg e a S. Paolo un’incidenza
quantitativa non molto differente da quella delle coeve importazioni tirreniche.
Dall’area adriatica arrivano anche importazioni di olio, rappresentate dalle
anfore brindisine (fig. 36, 7) e da un piccolo numero di ovoidali adriatiche 17.
Area egeo-orientale. Le importazioni di derrate dall’area greca sono docu.
mentate soltanto da sporadici esemplari di anfore rodie 18 (a Tas Silg, S. Paolo
– ajn Tuffieh
– a, Rabat, Roman Villa) (fig. 35, 2). La scarsa incidenza di
Milqi, Gh
queste anfore nell’arcipelago maltese appare in un certo senso anomala, dal
momento che la loro diffusione è invece assai consistente in aree siciliane e
nord-africane non distanti dall’arcipelago (per esempio a Siracusa e Messina,
Berenice e Cartagine 19). Per quanto riguarda altre merci, i contatti con l’Egeo
.
sembrano limitati all’importazione (a Tas Silg, nella Roman Villa) di qualche
20
esemplare di ceramica Eastern sigillata A e di coppe ellenistiche a rilievo 21.
Area nord-africana. I contenitori tardo-punici di tipo Maña C1 e C2, adibiti
.
al trasporto di olio e garum, sono stati rinvenuti oltre che a Tas Silg e a S. Paolo
(fig. 36, 8-12) in diversi altri siti, ma in quantità poco rilevanti: questo rafforza
l’ipotesi che, nell’arcipelago vi fosse, anche in età tardo-repubblicana, una pro-
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Importazioni di merci: l’evidenza delle anfore da trasporto
duzione olearia (e di salse di pesce?) locale e che questa fosse sufficiente a
coprire il fabbisogno interno.
9.3. Prima età imperiale (fine I sec. a.C. - fine II / inizi III sec. d.C.)
22
Settefinestre: Cambi,
Volpe 1985 p. 77, tav.20, 14
(livelli di I e di II sec. d.C.). Da
Pompei (Granai del Foro) proviene un esemplare intero, pubblicato in Ostia III, p. 472.
23
Si tratta di contesti inediti:
ho potuto controllare personalmente alcuni contesti di Messina e di Taormina, grazie alla
cortesia delle dott.sse C. Bonanno e C. Rizzo della Soprintendenza Archeologica di Messina.
L’ipotesi di una produzione nell’area della Sicilia orientale è
rafforzata dalla presenza, tra i
contenitori fabbricati nelle fornaci di Naxos (di cui ha recentemente dato notizia Ollà 2001),
di un tipo definito S. Alessio
similis, apparentemente assai
vicino alla forma Ostia II, fig.
523 (Eadem, p. 56, fig. 12).
24
Per le problematiche e il
quadro di distribuzione di queste anfore si veda Borgard 1994
e 2001.
25
Per la diffusione della
Pantellerian ware si vedano da
ultimi Mosca 1998, pp. 14761477 e Santoro 2002; con
riguardo all’area tripolitana
Fulford 1986b, pp. 197-199.
Area della Sicilia e dell’Italia meridionale. Nei contesti maltesi di prima età
imperiale sono frequenti alcune anfore che riteniamo con ogni probabilità originarie della Sicilia orientale (fig. 38, 1-2): nella fisionomia generale, ma soprattutto nella forma delle anse e nel fondo (che è spesso bollato sul piede), esse
ricordano sia le MRA1, di origine nord-africana, sia alcune produzioni della
fornace siciliana di Naxos, a cui si avvicinano anche per le caratteristiche dell’impasto.
Identificate per la prima volta negli scavi delle Terme del Nuotatore di Ostia
in contesti della seconda metà del I sec. d.C. (forma Ostia II, fig. 523), la loro
mappa di distribuzione risulta ancora poco conosciuta, anche se pare interessare, oltre che Ostia, anche altri siti dell’Italia centro-meridionale: risultano presenti, infatti, a Settefinestre e Pompei 22. Sono inoltre assai ricorrenti nei contesti di prima età imperiale di alcuni siti della Sicilia orientale, in particolare nelle
zone di Messina e Taormina-Naxos 23, che potrebbero corrispondere, vista l’alta
frequenza dei contenitori, alle aree di produzione. Il tipo Ostia II, fig. 523 ha
.
una certa diffusione nell’arcipelago (oltre che a Tas Silg e a S. Paolo, anche in
diversi altri siti rurali e urbani); la presenza di esemplari interi nei magazzini
(privi di indicazioni di provenienza) induce a non escluderne un utilizzo anche
nei contesti funerari. Oltre a questo, non si riconoscono nell’arcipelago altri tipi
che, per le caratteristiche degli impasti, possano essere ricondotti ad aree produttive siciliane. Risulta assente l’anfora di Lipari (tipo Richborough 527), ben
attestata invece nei centri della costa nord-africana 24; un singolo esemplare di
questo tipo è stato rinvenuto tra i materiali del relitto di Mellieha, ma è difficile
che si possa considerare, per la sua unicità, parte del carico commerciale. Se
mancano tracce di rapporti con le isole Eolie, la presenza di ceramiche da fuoco
prodotte a Pantelleria documenta invece rapporti di scambio con l’altra isola
siciliana posta al centro del Mediterraneo. Anche l’arcipelago appare inserito
nel circuito di distribuzione di questo vasellame, la cui diffusione interessò
principalmente i mercati dell’area nord-africana e siciliana 25. Tra i materiali di
importazione da ricondurre almeno in parte alla Sicilia o ad alcune delle isole
siciliane possono esservi, infine, anche le numerose macine di pietra vulcanica
e le pomici, attestate in diversi insediamenti.
Area tirrenica e Italia centrale interna. Le importazioni dal versante tirrenico continuano in età imperiale, ma con un netto calo rispetto all’età tardorepubblicana; il vino dei centri campano-laziali, ora rappresentato dalle anfore
Dressel 2-4, sembra perdere importanza rispetto alle altre importazioni vinarie.
All’area campano-laziale possiamo ricondurre anche due esemplari di anfore,
.
entrambe provenienti da Tas Silg, appartenenti a tipologie finora scarsamente
documentate fuori dall’ambito locale-regionale: un contenitore a fondo piatto
in argilla augitica (pertinente forse ad una Dressel 2-4 di piccole dimensioni) ed
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L’arcipelago maltese in età romana e bizantina
38. - Anfore: 1-2) Ostia II, fig.523; 3) anfora campano-laziale; 4) anfora c.d. di Spello; 5-6) AC1; 7) Mau 40; 8) Mau 35 o piccola Dr.2-4; 9-10)
MRA1; 11-12) affini al tipo Ostia XXIII e LIX; 13) tipo africano non id.; 14) Dr.21-22.
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Importazioni di merci: l’evidenza delle anfore da trasporto
26
Arthur 1982, pp. 22-33;
Arthur, Williams 1992; Panella
1989, pp. 142-143 e p. 157.
27
Un’indagine recente su tali
anfore è stata realizzata da
Lapadula 1997.
.
28
Oltre ai bolli di Tas Silg
(elencati supra, p. 113, nota 60)
si conoscono dalla Roman Villa
SEX.M.F., AMYR.F, C.RASI
(NI)PIS(ANI): MAR 19211922, p. 6; MAR 1924-1925, p.
V; Zammit 1923, p. 223.
29
Carre 1985; Carre, Cipriano 1989; Tchernia 1986, pp.
169-171.
30
Per la produzione di Sarius
e in particolare per l’esemplare
maltese, si rimanda a Stenico
1965 e all’Atlante II, p. 229,
forma 14D.
31
Sulle produzioni cretesi si
veda da ultima Marangou-Lerat
1995.
32
Si veda Hesnard 1986, pp.
72-75 e Panella 1986a, p. 615,
nota 8.
33
Per questo tipo cfr. Panella
1986a, p. 621 e nota 22.
34
Missione 1966, p. 92, fig.
14, 4.
35
Per l’inquadramento di tali
anfore si rimanda alle pubblicazioni dei contesti di Ostia e di
Pompei (Ostia III, pp. 562-569;
Panella 1977); per le considerazioni generali sull’organizzazione produttiva e sull’economia
tripolitana si vedano anche
Manacorda 1976-1977; Idem
1983; Mattingly 1985; Idem
1988.
36
Ostia III, fig. 195.
37
Panella 1976, pp. 152-153.
L’individuazione della forma
Mau 40, tra le anfore maltesi, si
deve alla prof. Panella.
un altro affine alle produzioni “tarde” della baia di Napoli e dell’ager falernus
(fig. 38, 3) 26. Sono presenti inoltre (a S. Paolo Milqi e a Rabat, Roman Villa)
due esemplari di anfore vinarie della valle del Tevere e dell’Arno (le c.d. anfore
di Spello) (fig. 38, 4) prodotte tra la seconda metà del I e il II sec. d.C., la cui
distribuzione è in genere circoscritta all’area centro-italica 27: Malta sembra
finora rappresentare l’area più lontana raggiunta da tali recipienti.
Nell’ambito dei rifornimenti commerciali che muovevano dal versante tirrenico possiamo leggere anche l’arrivo di ceramica sigillata di produzione aretina
e tardo-italica 28; le quantità decisamente poco consistenti di questo vasellame
segnalano che, in modo analogo alla ceramica campana A, esso ebbe nei siti
maltesi uno scarso successo.
Area adriatica e Istria. Nella prima età imperiale si registra un netto calo,
rispetto all’età precedente, anche dei contenitori originari dell’area adriatica; si
contano pochissime Dressel 6A (vino padano e cispadano) e Dressel 6B (olio
istriano e di altre zone dell’Italia nord-orientale) 29, quasi esclusivamente circo.
scritte al centro di Tas Silg.
Non sembra che dal nord-Italia provengano in questo momento altri prodotti ceramici oltre alle anfore; fa eccezione un vaso globulare decorato a rilievo
.
bollato da L. Sarius Surus, rinvenuto in un altare del santuario di Tas Silg, che
rappresenta il più lontano centro di esportazione raggiunto dai prodotti del noto
ceramista padano 30, anche se, nel caso specifico, si tratta probabilmente di una
presenza eccezionale, legata forse ad un dono, difficilmente da collegare, quindi, ad una rete di distribuzione commerciale.
Area egeo-orientale. Nei primi due secoli dell’Impero si assiste ad una crescita delle importazioni provenienti dall’area egeo-orientale, in principal modo
.
del vino originario dall’area insulare. A Tas Silg e a S. Paolo le anfore maggiormente attestate sono sia le Dressel 2-4 (di origine non meglio identificata), sia
le anfore di produzione cretese (tipi AC1, AC2 e AC4) (fig. 38, 5-6), tutte adibite al trasporto di vino 31; più sporadico sembra l’apporto dall’area rodiomicroasiatica (con il tipo Camulodunum 184 32) e da altre aree insulari, come
Cnido (tipo Mau 38 33). In altri centri dell’arcipelago si conoscono finora
pochissime attestazioni di anfore di origine egea: una Camulodunum 184 da
Ras-il-Wardija 34 ed un’anfora cretese (AC1 o AC2) da uno scarico di Mdina.
Le relazioni con l’area orientale sono documentate a Malta, tra il I e il II sec.
d.C., anche dall’impiego in alcuni edifici pubblici, per esempio nel tempio di
.
Proserpina a Mtarfa e di Giunone a Tas Silg, di elementi architettonici in
marmo asiatico.
Area nord-africana. A partire dal I sec. d.C. si registra nell’arcipelago una
particolare affluenza di anfore nord-africane che non sono più solo olearie o da
garum, ma anche, soprattutto, vinarie. L’arrivo di olio è testimoniato da un
modesto numero di anfore tripolitane (tipi Tripolitano I e II) 35 e tunisine (forma
Ostia XXIII e XLIX, le antecedenti dell’Africano I) 36 (fig. 38, 11-12) documen.
tate solo a Tas Silg e nella villa di S. Paolo. Esclusivamente nel santuario, e con
un numero abbastanza alto di esemplari, sono attestate anfore nord-africane
formalmente riconducibili alla tradizione produttiva punica (fig. 38, 7): tra queste vi è la forma Mau 40 37, la cui circolazione sembra interessare il I sec. d.C. (è
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L’arcipelago maltese in età romana e bizantina
38
Ostia II, fig. 569, forma
LIII.
39
Notizie sulla forma in Ostia
III, pp. 468-471; Riley 1979, pp.
177-180. Nell’arcipelago sono
per lo più presenti le varianti di I
sec. d.C., ma non mancano quelle databili tra II e III sec. d.C.
L’origine africana dei contenitori, già ipotizzata da C. Panella e
confermata anche da analisi
minero-petrografiche (Ostia III,
p. 471; Pacetti, Sfrecola 1989, p.
503), risulta ammissibile per
quasi tutti gli esemplari maltesi.
Solo la presenza di rare scagliette di mica induce in qualche
caso a non escludere altre aree di
produzione; si vedano in proposito anche i risultati dell’analisi
minero-petrografica effettuata
da D.
_ Peacock su un esemplare
di H al Millieri: compatibilità
con le fabbriche nord-africane,
eccetto che per la presenza di
mica (Blagg, Bonanno, Luttrell
1990, p. 63).
40
Un esemplare intero proveniente dalla Roman Villa è
esposto nel Museo di Rabat:
esso viene segnalato sia da
Riley 1979, pp. 177-180, che da
Wilson 1990, p. 264.
41
Mayr 1909, taf. n. 20.
42
Sulle anfore Mau 35 cfr.
Ostia III, pp. 478 e ss. Per le
produzioni di anfore con anse
bifide in area africana, si veda
in generale Ben Lazreg et al.
1995, in particolare p. 131.
43
Gli esemplari della scodella Hayes I, la prima forma prodotta in terra sigillata africana
A1 ad imitazione della sigillata
sud-gallica e italica, provengono proprio da Malta (Atlante I,
p. 22).
44
Parker 1976-1977, pp.
622-623; Idem 1992, p. 284.
45
Mellieha: Frost 1969, p.
16, fig.1; rinvenimento presso
Gozo: Bonanno 1995, p. 109.
46
La tendenza registrata nell’arcipelago si riscontra anche a
Berenice in Cirenaica: Riley
1979, pp. 157-158 e inoltre
Fulford 1984.
47
Per una sintesi sulla produzione delle Dressel 2-4 si cfr.
Tchernia 1986, pp. 126-135 e
Panella 1986a, pp. 617-619.
presente a Pompei e a Ostia, in contesti di tarda età flavia 38), ma sul cui contenuto non si hanno notizie precise.
Il vino prodotto nelle aree del nord-Africa raggiunge nei primi secoli dell’età imperiale quantitativi assai superiori rispetto a quello di origine tirrenica e
greco-orientale. Sono attestate in particolare anfore del tipo MRA1 (fig. 38, 910) di origine tripolitana e probabilmente anche tunisina 39, molto frequenti sia
nei contesti urbani (Roman Villa 40, domus di Saqqajja, Gozo-Palm Street ed
altri), sia nel santuario, che nei siti di ambito rurale. L’utilizzo dei contenitori è
documentato anche in ambito funerario: un esemplare figura infatti nella tabella dei corredi maltesi redatta ai primi del Novecento da Mayr 41.
Oltre alle MRA1, sono presenti anche altri tipi di anfore vinarie: vi sono
esemplari che rientrano nel gruppo delle Dressel 2-4, di dimensioni anche
ridotte (fig. 38, 8), ed altri da identificare probabilmente con la forma Mau 35,
di produzione tripolitana e forse tunisina 42.
Dal nord-Africa si importa già dal I sec. d.C. anche vasellame da mensa e da
fuoco: è interessante ricordare che a Malta sono attestati i primissimi prodotti
ceramici in terra sigillata africana A – ritenuti ancora sperimentali – finora poco
diffusi o del tutto assenti in altri centri di consumo 43.
Area ispanica. Sebbene con un limitatissimo numero di contenitori, sono pre.
senti (per lo più nel santuario di Tas Silg) anche le importazioni di derrate dall’area iberica: si tratta principalmente di salse di pesce, documentate da anfore
di diverso tipo (Dressel 7-11, Dressel 14, Pélichet 46), e in misura minore di vino
(Dressel 2-4 sia della Betica, che della Tarraconese) e di olio (Dressel 20).
Alle testimonianze dei siti terrestri si devono aggiungere alcuni rinvenimenti subacquei. Al largo di Marsaskala, di fronte al promontorio di St. Thomas, si
trova un probabile relitto di anfore ispaniche, già segnalato alla metà degli anni
’60 del secolo scorso e ancora oggi confermato da continui recuperi, in quel
tratto di mare, di Dressel 20 44.
Tra i ritrovamenti sottomarini si ricordano inoltre una Pélichet 46, che faceva
parte del carico (o era usata a bordo) della nave naufragata a Mellieha, una Dressel 28 segnalata nelle acque intorno a Gozo 45 e una Dressel 20 da St. Paul Bay.
La scarsa consistenza delle importazioni spagnole nell’arcipelago va letta
nell’ambito della limitata circolazione che ebbero in generale i prodotti delle
regioni occidentali (non solo quelli della penisola iberica, ma anche quelli gallici e della Mauretania) nel Mediterraneo centrale ed orientale 46. L’eventuale
relitto di anfore olearie betiche nel Canale di Sicilia – quale è quello segnalato
presso St. Thomas – rappresenterebbe uno dei carichi commerciali spagnoli
“più orientali” finora noti.
Aree geografiche incerte. Le anfore vinarie caratterizzate da orli ad anello
ed anse bifide, comunemente riunite nel gruppo delle Dressel 2-4 47, sono ben
.
attestate a Tas Silg e in quasi tutti i siti urbani e rurali dell’arcipelago.
L’osservazione empirica delle argille di questi contenitori ha permesso di
distinguere solo per alcuni esemplari le aree di produzione, come abbiamo già
visto, collocabili in ambito tirrenico, orientale e ispanico; per un alto numero di
recipienti, tuttavia, non è stato possibile decifrare – su basi solo macroscopiche
– la provenienza. Questi presentano impasti molto depurati, privi di inclusioni
146
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Importazioni di merci: l’evidenza delle anfore da trasporto
caratterizzanti, che non si esclude siano in buona parte da riferire all’area egeoorientale.
Tra i contenitori di origine incerta segnaliamo anche le forme Dressel 21-22
(fig. 38, 14), nelle quali sono stati riconosciuti i cadi utilizzati nel corso del I
sec. d.C. per il trasporto della frutta secca e delle conserve di frutta; tali recipienti sono in genere ritenuti di produzione campano-laziale e dell’area ispanica, ma non mancano indizi di una loro fabbricazione anche in Sicilia 48.
9.4. Media e tarda età imperiale (fine II-III sec. d.C.- primi decenni del VI
sec.)
48
Per una sintesi su questi
contenitori cfr. Ostia II, p. 120;
Ostia III, pp. 496-497 e Van der
Werff 1986, p. 114. L’ipotesi di
una produzione siciliana è
sostenuta da Denaro 1997, p.
541 sulla base dei risultati di
analisi minero-petrografiche.
L’unica Dressel 21-22 finora
rinvenuta
. a Malta proviene da
Tas Silg ed ha un impasto apparentemente non riferibile all’area tirrenica, per cui non si
escludono le due altre zone di
provenienza.
49
Delle produzioni delle fornaci di Naxos si conoscevano
fino a non molto tempo fa solo
alcune anfore ritenute di media
età imperiale (cfr. in generale
Panella 1986b), assai simili agli
esemplari attestati a Malta. Il
recente contributo di Ollà 2001
mostra ora un quadro produttivo
e cronologico molto più articolato; i contenitori maltesi sono
assimilabili al tipo Ollà 2001, p.
49, fig. 8 per il quale si indica
una datazione già al I sec. d.C.
50
Keay 1984, tipo IV, p. 113,
fig. 4; Peacock, Bejaoui, Ben
Lazreg 1989, p. 215, fig. 16, 9.
51
MAR 1963, p. 6 e pl.1.
52
Ostia III, pp. 602 e ss.;
Ostia IV, pp. 149 e ss.; Villa
1994, p. 397.
Sicilia e Italia meridionale. L’unico segnale di eventuali importazioni dal.
l’area siciliana nella media età imperiale è rappresentato (a Tas Silg e nella
Roman Villa) da un numero ridottissimo di contenitori per i quali non sembra
da escludere l’identificazione con alcuni dei tipi prodotti nelle fornaci di
Naxos 49.
Più tardi, tra V sec. e metà VI sec., è documentato l’arrivo di vino dalla zona
dello stretto di Messina con le anfore Keay LII (fig. 39, 9-11), attestate soprat.
tutto a Tas Silg e, in modo assai sporadico, anche nei siti rurali di S. Paolo Milqi
e Zejtun.
Area nord-africana. Le anfore nord-africane, ora riferibili quasi esclusivamente ai tipi oleari (e da garum) della Bizacena e della Tripolitania, mostrano
a partire dalla fine del II sec. d.C. un progressivo ridimensionamento quantitativo. Sono presenti i tipi dell’Africano I e dell’Africano II, quest’ultimo
soprattutto nella variante A con orlo a gradino, spesso superiormente articolato a «becco» (fig. 39, 1-2) 50. Un esemplare del tipo Africano II A o B è stato
rinvenuto integro all’interno di un contesto funerario a Bir id-Deheb (Zejtun),
dove era utilizzato come corredo 51. Le presenze di olio tripolitano sembrano
.
limitate al sito di Tas Silg, da cui provengono poco più di una decina di esemplari del tipo Tripolitano III. Gli apporti del commercio mauretano, probabilmente relativo al trasporto di vino 52, sono minimi e anch’essi limitati al solo
.
sito di Tas Silg, che ha restituito pochi esemplari della variante Keay IA, tipica
di fine II-III sec. d.C. (fig. 39, 4). Un altro contenitore della Mauretania Cesariense, associato a due anfore cilindriche del basso impero (Keay XXV), faceva inoltre parte del carico del relitto C di Xlendi.
Nel II e III sec. d.C. le ceramiche di produzione tunisina – la sigillata del
tipo A e C e il vasellame da fuoco – vedono una buona diffusione in tutti gli
insediamenti dell’arcipelago.
Tra IV e V sec. la quantità dei contenitori oleari della Bizacena e delle coeve
sigillate africane si riduce notevolmente; è importante però sottolineare che in
questo arco cronologico la rarefazione delle importazioni non riguarda solo i
prodotti nord-africani: si tratta infatti di un fenomeno esteso più o meno a tutte
le merci.
Esemplari di ceramica di origine africana (sigillata e lucerne di produzione
tunisina e tripolitana, databili tra IV e V sec.) sono presenti anche nei contesti
funerari (che, tranne qualche eccezione, non abbiamo qui preso in considera147
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L’arcipelago maltese in età romana e bizantina
39. - Anfore: 1-2) Africano IIA; 3) Keay XXV; 4) anfora mauretana; 5) spathion; 6) Keay LXIIQ; 7) Keay XXXVB; 8) Keay VIIIB; 9-11) Keay LII; 12)
MRA5; 13) Agorà M273.
148
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Importazioni di merci: l’evidenza delle anfore da trasporto
53
Nelle tombe sono presenti
le lucerne di tipo Atlante VIII,
IXC, XIB2, XIII, XIV: Atlante
I, pp. 184-207.
54
Keay 1984, tipo XXV, pp.
184-212.
55
MAR 1964, p. 7 e pl.7.
56
Bonifay, Pieri 1995, p. 98;
Keay 1984, tipo XXXVB, pp.
233-240; Peacock 1984, fig. 43,
116.
57
Forma 61 di Cartagine
(Peacock 1984, p. 132, fig. 41,
91) attestata già nell’ultimo
quarto del V sec. e a Marsiglia,
a fine V-inizi VI sec. (Bonifay,
Pieri 1995, p. 100).
58
L’anfora compare nei siti
nord-africani tra la metà del V
sec. e la metà del VI sec: Peacock 1984, tipo 49, p. 133, fig.
39, 64. È presente sulla costa
francese addirittura prima delle
altre varianti, per poi continuare
durante tutto il VI sec.: Bonifay,
Pieri 1995, p. 102.
59
Ostia III, pp. 592-599;
Keay 1984, tipo XII, pp. 136139; Panella 1986a, p. 617,
nota 11.
60
Riley 1979, fig. 83, 240;
fig. 84, 241; Zeest 1960, p. 169,
fig. 78, 806.
61
Riley 1979, pp. 205-206,
fig. 87, 288-289; Frost 1969, p.
21, fig. 8, 5.
62
Bonifay, Pieri 1995, p.
114; Arthur 1998, p. 167.
63
Per una sintesi ed una
bibliografia aggiornata sui contenitori si veda Panella 1993,
pp. 665-666; Pacetti 1995, pp.
273-277.
64
Un apparente “vuoto”
nella distribuzione delle LRA4
è stato registrato anche a Ceuta,
lungo le coste mediterranee del
Marocco (Bernal Casasola
1996, p. 1209).
65
Per una sintesi sulle produzioni iberiche tarde: Villa 1964,
pp. 358-373; sulle anfore lusitane si veda in particolare Mayet
1990, pp. 31-32 e Cordeiro
Raposo, Castanheira Duarte
1992.
zione) 53; lo studio sistematico dei corredi maltesi permetterà certamente di
conoscere con più precisione la reale consistenza di questi materiali integrando
il quadro, finora povero di testimonianze, restituito dagli insediamenti.
Le Keay XXV (fig. 39, 3), anfore affusolate tipiche del IV sec. 54, sono fino.
ra presenti con meno di una ventina di esemplari a Tas Silg e con uno soltanto a
S. Paolo; non si conoscono attestazioni in altri siti fuorché nei contesti subacquei: due contenitori provengono dal relitto C di Xlendi, mentre un altro esemplare è stato rinvenuto a est di Benghjsa Point 55.
Nell’arco cronologico tra V sec. e prima metà del VI sec. si registra un’ulteriore contrazione nelle merci di importazione: gli spathia (fig. 39, 5), i contenitori della Bizacena tipici dei contesti di V sec. e diffusi capillarmente nei mercati mediterranei, nell’arcipelago risultano piuttosto rari.
.
Si contano meno di una decina di esemplari a Tas Silg e pochissimi altri nei
rimanenti siti indagati: alcuni recipienti provengono dallo scavo sotto il seminario di Mdina ed altri, privi di indicazioni di provenienza, giacciono in magazzini diversi (uno a Mdina, uno al Verdala di Vittoriosa-Birgu). Oltre agli
.
spathia, è attestato (a Tas Silg e a Rabat, Roman Villa) qualche esemplare della
forma Keay XXXVB (fig. 39, 7), un’anfora cilindrica di grandi dimensioni di
«prima generazione», tipica dei contesti di V sec. 56. Sono presenti, inoltre, con
un numero limitato di esemplari, altri due tipi di anfore cilindriche tunisine prodotte a partire dall’età vandala e diffuse fino alla metà del VI sec.: si tratta delle
forme Keay VIIIB (fig. 39, 8) 57 e Keay LXIIQ (fig. 39, 6) 58.
Area egeo-orientale. Rispetto ai primi secoli dell’età imperiale anche nelle
importazioni dell’area egeo-orientale si riscontra un netto calo. Pochissimi
sono nell’arcipelago gli esemplari del tipo Kapitän II, ritenuto con ogni probabilità vinario e diffuso tra il tardo II e il IV sec. 59. Nel santuario sono attestati
anche alcuni recipienti riconducibili a produzioni forse originarie dell’area
istro-pontica di media età imperiale: si tratta della forma MRA5 (fig. 39, 12) 60 e
della MRA18, presente anche nel relitto di Mellieha 61.
Anche dopo il IV sec., l’andamento del commercio con la Grecia e l’Oriente
.
non mostra rilevanti cambiamenti quantitativi. Sono attestati a Tas Silg e nello
scavo di Xara Palace di Mdina solo pochissimi esemplari di LRA3, le caratteristiche anforette micacee di origine turca e forse egiziana, adibite al trasporto di
vino, e del tipo M273 dell’Agorà di Atene (fig. 39, 13), probabilmente vinario e
_
diffuso tra III e V sec. 62. Altri siti (per esempio Hal Millieri, Zejtun, Marsaskala) hanno restituito sporadici esemplari del tipo vinario LRA1 (originario della
Siria, Rodi, Cipro e nella costa meridionale della Turchia) 63, nelle varianti di Vinizi VI sec. caratterizzate da un’imboccatura stretta (Kellia 169); il commercio
di tali recipienti diventa, come si vedrà, più consistente tra VI e VII sec. È in un
certo senso anomala la scarsissima circolazione, nell’arcipelago, delle LRA4,
ben attestate in genere in tutti i centri di consumo mediterranei ed anche nelle
vicine aree nord-africane 64.
Area ispanica. Anche nei secoli della media e tarda età imperiale le produzioni iberiche non raggiungono nell’arcipelago indici quantitativi significativi.
.
Solo due esemplari da Tas Silg, uno di Almagro 51C e l’altro di Almagro 50, documentano l’arrivo sporadico di salse di pesce da centri ispanici o lusitani 65.
149
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L’arcipelago maltese in età romana e bizantina
40. - Anfore: 1) Samos Cistern Type; 2-3) LRA1; 4-5) LRA2; 6-7) anfore affini ai tipi del relitto bizantino di Yassi Ada; 8-10) anforette bizantine
di VIII-IX sec.
150
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Importazioni di merci: l’evidenza delle anfore da trasporto
9.5. Età bizantina (primi decenni del VI sec. - IX sec.)
66
Si veda in sintesi Anselmino 1986, p. 234. Esemplari di
queste lucerne
provengono da
.
Tas Silg (supra, p. 113) e da
altri contesti funerari maltesi (si
veda Becker 1913, tav. XXIX),
tra cui vi è quello scavato recentemente a Tal-Barrani (Bruno,
Cutajar 2002, pp. 118-119).
67
Sulle lucerne a ciabatta
cfr.
.
Ceci 1992. Per Tas Silg, si veda
supra, p. 113. Lucerne di questo
tipo provengono dal grande
complesso funerario di S. Paolo
a Rabat (Becker 1913, tav.
XXIX), da una tomba ipogeica
– aqi (T. Zammit,
di Tac-Cgh
Notebook II, 50-116) e da altri
contesti non specificati (Caruana 1899a, p. 42, n. 20).
68
Saguì 1998, pp. 320-321;
Arthur 1998, p. 172.
69
Si tratta del tipo Kellia 164
e di altri tipi caratteristici del
VII sec.: cfr. Bonifay, Pieri
1995, pp. 107-109.
70
In sintesi sulle LRA2 si
veda Arthur 1986, p. 82; Idem
1992b, p. 204; Idem 1998, pp.
164-165. Sulla possibile produzione in Calcidica si cfr. la notizia riportata da Arthur 1992b, p.
204; per l’area di Corinto:
Marty 1994, pp. 128-129 e nota
59.
71
Per il Samos Cistern Type
si veda lo studio di Arthur 1990.
Area della Sicilia. Secondo alcuni studi condotti recentemente su contesti
archeologici di età bizantina, la Sicilia risulta aver esportato tra VII e VIII sec.
prodotti ceramici di vario genere (anfore, vasellame d’uso comune, lucerne).
Ciò avvenne verosimilmente nell’ambito dei traffici per i rifornimenti granari,
che in seguito alla decadenza economica dei centri nord-africani dipesero in
gran parte proprio dall’isola. Nonostante nei siti maltesi siano numerose le
anfore di età bizantina, per pochissimi esemplari le caratteristiche dell’impasto
rendono plausibile un’origine siciliana; in sostanza, questo ruolo della Sicilia
nell’esportazione di derrate, così come si delinea in Italia centrale, non sembra
emergere in modo chiaro. Manca per esempio il tipo Carminiello 17/Crypta
Balbi 2, originario, secondo i più recenti studi, della zona dello stretto di Messina 68, mentre gli unici contenitori per i quali non sembra da escludere, per le
caratteristiche dell’impasto, una provenienza siciliana sono due piccoli spathia
.
– uno da Tas Silg, l’altro pescato in mare nel Grand Harbour (fig. 42) – alcuni
recipienti di tipo non identificato e qualche esemplare di ceramica comune.
.
Sono presenti a Malta pochi esemplari, provenienti da Tas Silg e da contesti
funerari, sia delle lucerne del tipo “a grani di rosario” (fig. 43) databili tra la
fine del VI e il VII sec. 66, sia delle c.d. “lucerne a ciabatta”, tipiche dell’VIIIinizi IX sec. 67. Sono probabilmente riconducibili ad area siciliana anche alcune
lucerne che imitano la forma Atlante X della produzione africana. La ceramica
da fuoco di Pantelleria è attestata nello scavo di Marsa in depositi che parrebbero databili non prima della fine del VII sec: i contesti non mostrano segni di
residualità e se così fosse, si delinea la possibilità che la produzione di Pantelleria raggiunse effettivamente l’arcipelago fino ad un’epoca così avanzata.
Area egeo-orientale. Nel VI-VII sec., momento che vede l’arcipelago pienamente inserito nella sfera politica bizantina, si registra una notevole ripresa
delle importazioni dalla Grecia e dall’Oriente con le anfore LRA1, LRA2 e
Samos Cistern Type, la cui circolazione è stata collegata ad un’organizzazione
centrale facente capo a Costantinopoli 68. Le importazioni dall’area egeo-orientale sono quelle che raggiungono il valore più alto in questo momento; la loro
presenza sembra dunque effettivamente segnalare l’esistenza di un legame politico-militare e commerciale tra l’arcipelago e l’impero bizantino.
Le LRA1, importazioni vinarie dall’area siriana, presenti soprattutto nelle
varianti più tarde (fig. 40, 2-3) 69, sono attestate negli scavi urbani di Mdina, ad
_
.
Hal Millieri, nelle acque di Marsaskala, ma soprattutto a Tas Silg, dove rappresentano circa un terzo delle anfore databili tra VI e VII sec.
Le LRA2 (fig. 40, 4-5), anfore vinarie prodotte nell’isola di Chio e in altre
zone della Grecia, diffuse per lo più dal VI sec. fino al tardo VII sec. 70, sono
.
molto frequenti a Tas Silg, ma non mancano a S. Paolo Milqi, Marsa, Salina
Bay, Marsaskala e a Victoria (Gozo).
Le produzioni di Samo (Samos Cistern Type) o della costa turca centrooccidentale (fig. 40, 1), diffuse tra tardo VI e VII sec. 71, sono attestate con una
.
decina di esemplari a S. Paolo, Tas Silg, Marsaskala e a Rabat (Saqqajja).
151
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L’arcipelago maltese in età romana e bizantina
41. - Anfore: 1) Keay LXI; 2-3) Keay LXIIA; 4) anfora affine al tipo Keay LXI; 5) anfora affine al tipo Keay LXII; 6) Keay VIIIA; 7) Cartagine
62/Keay L; 8) piccolo spathion; 9-10) anfore affini al tipo Castrum Perti a fondo umbonato.
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Importazioni di merci: l’evidenza delle anfore da trasporto
42. - Piccolo spathion. Recupero
subacqueo dal Grand Harbour di
Malta (da Bruno, Cutajar 2002).
72
Cfr. Hayes 1972, pp. 66 e
167; Bass 1982 (che ipotizza per
i contenitori una provenienza
dalle coste del Mar Nero);
Murialdo 2001, pp. 284-286;
Saguì 1998, p. 319, fig. 1; Saguì,
Ricci, Romei 1997, p. 39, fig. 2,
6.
73
I contesti venuti alla luce
in questo scavo permettono un
inquadramento tipologico e cronologico dei recipienti: si veda
Hayes 1992, pp. 71-73.
74
Per il quadro della diffusione di queste anfore si veda
Paroli 1992, in particolare p.
360, nota 34; p. 363, nota 42;
Hayes 1992, pp. 71-73; Villa
1994, pp. 402-405 e 411-413. Il
profilo complessivo dei recipienti di IX sec. è ben documentato da un contesto relativo alla
rioccupazione della fortezza
dell’isola di Chio (Boardman
1989, p. 114 e p. 115, fig. 43,
280-281) e da un relitto rinvenuto presso Bozburun, in Turchia (Hocker, Scafuri 1996).
75
Van Doornick 1989, p.
251; Hocker, Scafuri 1996, p. 6.
76
Sazanov 1997, in particolare tipi 28-29 e tipo 38, pp. 94 e
96.
77
Produzioni in area laziale:
Paroli 1992, pp. 234 e ss.; produzioni campane e fornaci di
Miseno e Ischia: Arthur 1989, p.
87, figg. 7-8; Idem 1993. Anfore
di origine campana sono presenti nel deposito di VIII sec. della
Crypta Balbi (Saguì, Ricci,
Romei 1997, p. 44) e in Sicilia
(Ardizzone 2000). In area
pugliese, è attestata una produzione a Otranto già nel VII sec.:
Arthur 1992a, pp. 103-110. In
Calabria la fabbricazione di tali
recipienti è documentata tra VIVII e XII sec.: Di Gangi, Lebole
1997, p. 154 e p. 157, fig.1;
Capelli, Lebole 1999. Non sembra da escludere l’ipotesi di produzioni anche in area medio-alto
adriatica: per l’area abruzzese si
veda Petrone et al. 1994; per l’area del ravennate Gelichi et
.
.
A Marsaskala, Tà Gawhar e ancora a Tas Silg
sono inoltre presenti alcune anfore egeo-orientali
tipiche del VII sec. (fig. 40, 6-7): trovano confronto, infatti, con esemplari del deposito 30 di
Saraçhane, del relitto di Yassi Ada (datato intorno
al 625), del sito di S. Antonino di Perti e dei depositi della Crypta Balbi di VII sec. 72.
Il panorama maltese di età bizantina appare
caratterizzato anche da alcune assenze: oltre alle
LRA4, mancano le LRA5 (anch’esse di produzione palestinese) e le LRA7 di origine egiziana,
anfore in genere molto comuni nel VI-VII sec.
Le importazioni dall’area greco-orientale continuano ad essere documentate anche dopo il VII
sec. con anforette di piccole dimensioni (fig. 40,
8-11) dal corpo globulare o allungato tipiche dei
contesti di VIII e IX sec., ben attestate nello
scavo di Saraçhane a Costantinopoli 73, e diffuse
anche in altre località del Mediterraneo orientale
e occidentale 74. Tali contenitori presentano spesso dei graffiti (effettuati sia prima che dopo la
cottura dei vasi) che segnalano una certa articolazione dell’organizzazione produttiva e commer.
ciale 75; due degli esemplari di Tas Silg hanno
delle croci incise a crudo sulle anse ed un altro reca sulla spalla la scritta CEA
(Ceta?). Sull’origine di tali recipienti disponiamo ancora di poche informazioni, ma certamente un’area di produzione è da localizzare nel Mar Nero, in particolare nella zona di Chersoneso e in Crimea, dove sono state scoperte delle fornaci attive per più secoli (anche oltre il IX sec.) 76. Anfore ispirate formalmente
a questi tipi sono state comunque prodotte anche in Italia centrale e meridionale, in territori legati culturalmente e politicamente all’impero bizantino 77.
Gli impasti dei contenitori rinvenuti nell’arcipelago sono in genere molto
depurati e con inclusioni poco caratterizzanti; pochi sono nel complesso gli
esemplari i cui impasti presentano uno scheletro più ricco: i componenti più
frequenti – quarzo policristallino prevalentemente angoloso ed anche arrotondato (ma non eolico), mica e inclusi bianchi lattiginosi (calcari, feldspati) – rendono probabile un’origine dei contenitori da aree metamorfiche. Mancano i
tipici impasti calabresi e dell’area dello stretto, come anche impasti vulcanici
riconducibili all’area campano-laziale; in pochissimi casi, è stata notata la presenza di rocce magmatiche che suggeriscano la provenienza da aree vulcani.
che. Oltre che a Tas Silg e a S. Paolo, tali anfore sono note in numerosi altri siti
terrestri (Marsa, vari scavi urbani di Mdina-Rabat e a Gozo, sia nella Cittadella
che a Victoria), che subacquei (Salina Bay, Marsaskala, Marsamxett, forse
Xlendi).
Area nord-africana. Tra VI e VII sec. anche le importazioni africane mostrano un netto incremento.
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L’arcipelago maltese in età romana e bizantina
al.1996, p. 82, fig. 40, 21. Per
quanto riguarda la Sicilia, l’unico indizio di una produzione di
anfore di “tipo bizantino” è
restituito dai depositi di VIII
sec. della Crypta Balbi (Saguì,
Ricci, Romei 1997, p. 44).
78
Keay 1984, tipo LXI, pp.
303-309; Bonifay, Pieri 1995,
pp. 105-106; Murialdo 1995, p.
439; Idem 2001, pp. 261-262.
79
Keay 1984, tipo LXII, pp.
309-350; da ultimi si vedano
anche Freed 1993, p. 86, fig. 38
e Murialdo 1995, p. 437; Idem
2001, pp. 264-267.
80
Trovano confronto con
contenitori di Marsiglia e di
Castrum Perti: Bonifay, Pieri
1995, p. 103; Murialdo 1995, p.
439; Idem 2001, p. 264.
81
Bonifay, Pieri 1995, p. 106;
Murialdo 2001, pp. 267-269.
82
Si tratta per lo più dei tipi
Keay LVA (Keay 1984, pp. 89293; Peacock 1984, p. 131, fig.
40, 66-67, tipo 51); Cartagine 59
(Peacock 1984, pp. 132-133, fig.
41, 87; Murialdo 1995, p. 441;
Idem 2001, p. 278); tipo Bonifay
1986, fig. 12, 55 (Ramallo et al.
1996, p. 1780, fig. 18, 241; Peacock, Bejaoui, Ben Lazreg,
1989, p. 207, fig. 8, 9).
83
Keay 1984, p. 264, fig.
115, 1; S. Antonino di Perti
(Murialdo 1995, p. 442, fig. 4;
Murialdo 2001, p. 271); Cartagena (Ramallo et al. 1996, p.
180, fig. 18, 239); Sidi Jdidi
(Ben Abed, Bonifay, Fixot
1997, p. 23, fig. 11, 65; p. 24);
Bonifay, Pieri 1995, p. 115, fig.
5, 40.
84
Arthur 1989, pp. 82-83;
Panella 1993, p. 675; Murialdo
1995, pp. 443-445; Idem 2001,
pp. 273-278.
85
Questa tipologia, “scoperta” qualche anno fa negli scavi
presso il castrum di S. Antonino
di Perti (si veda in proposito
Murialdo 1995, pp. 444-446 e
Idem 2001, pp. 291-293), è stata
poi riconosciuto in molti altri
siti bizantini del Mediterraneo:
Roma, Crypta Balbi: Saguì
1998, p. 316, figg. 4-6; Saguì,
Ricci, Romei 1997, p. 36; Marsiglia: Bonifay, Pieri 1995, p.
13; Sidi Jdidi: Ben Abed, Bonifay, Fixot 1997, p. 24.
43. - Materiali della catacomba di Tal-Barrani (Malta): piccolo spathion, sigillata africana di forma H.109
e H. 105; lucerna siciliana a grani di rosario (da Bruno, Cutajar 2002).
Le anfore che arrivano nell’arcipelago in questi secoli appartengono a tre
diverse categorie di recipienti tunisini: a) vari tipi cilindrici di grandi dimensioni b) tipi cilindrici di medie e piccole dimensioni, tra cui i piccoli spathia c)
contenitori globulari con fondo umbonato. Tra i primi vi sono le Keay LXI (fig.
41, 1) 78, le Keay LXII (fig. 41, 2-3) 79 e numerosi esemplari con orli squadrati o
triangolari che di queste due forme si possono ritenere ulteriori derivazioni (fig.
41, 4-5) 80; in quantità minore vi sono anche la forma Keay VIIIA (fig. 41, 6) 81
ed altri recipienti tipici dei contesti di età bizantina, documentati da pochi o
singoli esemplari 82.
Hanno una certa diffusione i contenitori cilindrici di piccole e medie dimensioni attualmente considerati i principali indicatori del commercio nord-africano di pieno VI-VII sec., ovvero i tipi Cartagine 62/Keay L (fig. 41, 7) 83 e i pic.
coli spathia (fig. 41, 8) 84; di questi ultimi si contano a Tas Silg una ventina di
esemplari, uno soltanto a S. Paolo; ve ne sono inoltre a Marsa, a Mdina-Rabat
(scavo sotto il Seminario, Roman Villa) e nei contesti funerari di Tal-Barrani e
.
– ad. Tra le anfore di età bizantina non mancano alcuni esemdi Mgarr -Tar Ragh
plari che potrebbero identificarsi con il tipo Castrum Perti a fondo umbonato o
a forme affini (fig. 41, 9-10) 85, che rappresenta una delle produzioni più tarde
dell’area nord-africana. Gli impasti dei recipienti di Malta, in genere duri,
molto cotti e con difformità cromatiche, contengono finissimi granuli di quarzo
.
(anche arrotondato) e talvolta calcari. Oltre che a Tas Silg, essi risultano presenti in alcuni siti urbani (Victoria, Palm Street e Mdina, Inguanez Street) e nel
contesto di Marsa.
Contestualmente alla ripresa delle importazioni di derrate alimentari si registra un aumento della terra sigillata africana (con le forme H.103, H.104,
.
H.105, H.99, H.109) (figg. 43 e 44) che vede una buona diffusione a Tas Silg,
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Importazioni di merci: l’evidenza delle anfore da trasporto
86
La forma Alante X, nelle
diverse produzioni e varianti,
. è
attestata oltre che a Tas Silg (per
cui si rimanda supra, p. 113),
anche a Gozo (MAR 1961) e in
numerosi contesti funerari,
molti dei quali sono ancora inediti.
87
Cartagine: Peacock 1984,
fig. 37, 40; Otranto: Arthur
1992b, p. 211 e p. 212, fig.7, 5,
847: Otranto, type 15, di cronologia incerta (periodo tardo
romano o bizantino); Yassi
Ada: Bass 1982, p. 185, P. 78
(di cui non si fornisce alcuna
descrizione).
88
Molinari, Cutajar 1999, in
particolare pp. 11 e ss.
89
Per l’inquadramento generale di questi contenitori si veda
Molinari 1994, pp 109 e ss. e
Ardizzone 1999 (e bibliografia
citata); per i rinvenimenti
subacquei si veda inoltre Purpura 1985; Faccenna 1993; Ferroni, Meucci 1996; Molinari,
Valente 1995, tav. III, 9-16.
90
Si rimanda al lavoro di
Ardizzone 1999.
91
Si veda Purpura 1985;
Ardizzone 1999, pp. 36-39.
92
Sulla diffusione delle anfore si veda la bibliografia citata
da Molinari 1994, pp. 111-112 e
da Ardizzone 1999, pp. 18-19
(con relative cartine di distribuzione).
Marsa, Tal-Barrani, in diversi siti urbani di Mdina-Rabat e di Victoria (Gozo) e,
più sporadicamente, in alcuni insediamenti rurali. Assai frequenti risultano
anche le lucerne africane “classiche” (forma Atlante X), la cui circolazione, pur
interessando già la fine del IV sec., si estende sino alla fine del VII sec. 86.
Dai livelli tardo-bizantini (VIII-IX sec.) del contesto di Xara Palace a Mdina
provengono anfore con impasti africani (fig. 45) che non rientrano in alcuna
classificazione finora nota: se si trattasse di produzioni tipiche di quest’epoca,
esse sarebbero da mettere in relazione con la notevole ripresa dell’economia
agricola che si verificò con il consolidarsi del potere Aghlabita; segnalerebbero
inoltre che il commercio tra l’area nord-africana e l’arcipelago continuò verosimilmente ancora tra VIII e IX sec.
Aree geografiche incerte. Numerose anfore dei contesti bizantini risultano
difficilmente assegnabili a tipologie e a produzioni note. Va segnalato in parti.
colare un gruppo di contenitori (fig. 46) rinvenuti a Tas Silg (circa una ventina
– ad, che presentano un corpo globulare con
di esemplari), a Marsa e a Tas-Ragh
un fondo umbonato assai simili al tipo Castrum Perti, oltre che ad esemplari
rinvenuti a Cartagine, Otranto e nella cambusa della nave di Yassi Ada 87. L’orlo è in genere squadrato o arrotondato, il collo cilindrico leggermente svasato
verso il basso, la spalla curvilinea; le anse, di sezione ovale, sono attaccate
subito sotto l’orlo (talvolta inglobandolo) e raggiungono la spalla con un profilo leggermente rimontante. Le caratteristiche dell’impasto non consentono di
individuare l’area di provenienza dei contenitori: l’argilla è completamente
priva di inclusi, di colore bruno sulle superfici, in frattura grigio scuro, spesso
con un’ingubbiatura nocciola.
9.6. Dopo l’età bizantina: dalla metà del X al XII sec.
Area della Sicilia. In età arabo-normanna il legame commerciale tra l’arcipelago e la Sicilia è documentato da una serie di ceramiche invetriate 88 e da
alcune anfore da trasporto (fig. 47, 1-3). Queste ultime appartengono a tipologie ben attestate nei relitti e nei ritrovamenti terrestri di età normanna di Palermo e della Sicilia occidentale, zone in cui si pensa siano da localizzare i centri
di fabbricazione 89. I contesti che documentano in modo completo la fisionomia
di tali recipienti sono alcuni edifici normanni di Palermo (palazzo della Zisa,
cupola del convento della Martorana, chiesa di S. Maria dell’Ammiraglio), in
cui essi si trovano riutilizzati come riempimento per l’alleggerimento delle
volte 90. La loro funzione è stata collegata al trasporto della canna da zucchero
delle piantagioni siculo-magrebine; non sembrano da escludere, tuttavia, olio e
vino e, per gli esemplari a bocca larga, derrate aride o tonno salato 91. La distribuzione dei recipienti sembra interessare oltre che le stesse aree siciliane, prevalentemente le coste tirreniche 92.
È probabile che nel XII sec. l’arrivo di derrate siciliane nell’arcipelago sia
da leggere nell’ambito del sistema di scambi legato alla vendita del cotone di
Malta, che avveniva attraverso la mediazione dei centri commerciali siciliani; a
quell’epoca la produzione di cotone maltese era sicuramente già organizzata su
155
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L’arcipelago maltese in età romana e bizantina
44. - Sigillata africana
di forma H.
.
109 da Tas Silg. Scala 1:3.
45. - (a destra, in alto) Anfora di
produzione nord-africana dai livelli tardo-bizantini dello scavo di
Palazzo Xara (Mdina).
46. - (a fianco) Anfora a fondo umbonato dai contesti bizantini dello
scavo di Marsa (Malta). H. ric. cm
37,5.
93
Si rimanda in proposito a
Wettinger 1982, p. 16.
47. - Anfore: 1-3) Siculo-magrebine 4-5) anfore affini al tipo Otranto 1.
vasta scala e finalizzata all’esportazione: nel 1164, infatti, la presenza di
cotone di Malta è attestata nei
magazzini del porto di Genova 93.
Area adriatica meridionale o
egeo-orientale. In alcuni siti (Tas
.
Silg, San Paolo Milqi e in vari contesti del centro storico di Mdina) sono
attestati contenitori di piccole dimensioni ispirati a prototipi dell’area
bizantina, con anse a nastro appiattito, spesso attraversate da una solcatura centrale, rimontanti fino ad arrivare all’altezza dell’orlo (fig. 47, 4-5).
Tali caratteristiche tipologiche si
ritrovano anche in alcuni recipienti
rinvenuti negli scavi di Otranto tra la
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Importazioni di merci: l’evidenza delle anfore da trasporto
94
Arthur 1992b, p. 206: si è
ipotizzato che la derrata contenuta in questi recipienti fosse il
famoso olio di Bari di cui è
nota, grazie alla testimonianza
delle fonti scritte, l’importazione nei mercati di Costantinopoli.
95
Di Gangi, Lebole 1997, p.
154. Un esemplare intero è
esposto al Museo di Reggio
Calabria e secondo Arthur
(1989, p. 89, fig.19) si tratta di
un esemplare simile, ma non
proprio identificabile con il tipo
di Otranto.
96
Ad una prima osservazione
degli impasti effettuata al binoculare, essi risultano completa-
metà del X e il XII sec., ritenuti di produzione regionale (Otranto type 1) 94,
nonché in alcune anfore di probabile origine calabrese 95. Gli impasti dei recipienti maltesi, eccetto qualche raro caso, sono molto depurati, di colore chiaro
(da nocciola a rosa) e con una superficie (ingubbiata o schiarita?) di colore
crema; hanno piccoli e pochi inclusi, in genere calcarei bianchi: dal punto di
vista macroscopico potrebbero essere compatibili sia con le produzioni ceramiche dell’area adriatica, sia con quelle dell’area egea 96. L’esistenza di contatti
commerciali tra l’arcipelago e l’area pugliese è testimoniata alla fine del XII
sec. dalla protomaiolica brindisina o tarantina 97.
mente depurati e generici dal punto di vista minero-petrografico. Fa eccezione un solo esemplare
il cui impasto è ricchissimo di scheletro, con quarzo, miche e qualche incluso melanocratico,
diverso sia dalle argille pugliesi, sia da quelle calabresi tipiche dell’area dello stretto.
97
Molinari, Cutajar 1999.
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