il centro commerciale del futuro
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il centro commerciale del futuro
Conversazione con Peter Lorenz IL CENTRO COMMERCIALE DEL FUTURO Strategie progettuali per un nuovo concetto di “centro commerciale” future 51 a cura di Paolo Vitali Caratteri architettonici e urbanistici innovativi 1. Il critico Fulvio Irace, parlando degli shopping center di ultima generazione, afferma: «La rivoluzione non sta tanto nel loro aspetto esterno e nel loro graduale affermarsi nel paesaggio con forme seducenti o allusive. No, la svolta sta all’interno: le classiche pareti cieche dei supermarket sono ora sostituite da finestrature ampie e continue che lasciano passare la luce naturale. Contro la pratica della scatola sigillata, il luogo di vendita torna alla tradizione dei chioschi all’aperto, richiamando nel consumatore l’immagine e la consistenza del mondo reale»1. Si può considerare definitivamente superato il concetto di «asettica scatola votata al rito del consumo»? 1 F. Irace, Architetti da supermercato, in “Il Sole 24 ore”, 26 settembre 2010, p. 47 ADV 01 52 53 future È superato in quelle realtà europee dove stiamo vivendo un rinascimento urbano. Vista con gli occhi di oggi l’invenzione di Victor Gruen, nella sua forma semplificata e importata, ha per mezzo secolo invaso e rovinato una parte notevole d’Europa e nella maggior parte dei casi lasciato dietro di sé dei deserti urbani. Per fortuna questo tipo di edifici oggi sono largamente criticati e non sono quasi più consentiti. 2. La sua definizione «umano, urbano e perfettamente inserito nella città», ossia un centro commerciale come “cuore della città” e “luogo di aggregazione”, mette in evidenza una svolta concettuale molto significativa: il passaggio da “non-luogo” (Marc Augé) a struttura sempre più articolata e complessa (microurbanistica con funzioni complementari allo shopping) che “simula immagini di città sospese tra modelli urbani rassicuranti e inedite sperimentazioni di un 02 03 fruizione che caratterizza i luoghi pubblici stessi? Nei progetti in corso stiamo cercando di avvicinare il più possibile i centri commerciali allo spazio pubblico tradizionale. Nulla vieta per esempio il loro attraversamento anche se sono chiusi, l’inserimento di altre funzioni (asili, scuole, teatri, attrezzature sportive...). futuro in via di costruzione”. Le caratteristiche che lei propone come elementi strategici per il progetto (spazi con carattere ben definito, edifici di dimensioni non eccessive e perfettamente inseriti nel tessuto urbano, insediamento in aree periferiche ma non esterne alla città) non sembrano essere così scontate nell’approccio “standard” al tema. Si può addentrare in questi argomenti? In Europa le città ormai o crescono lentamente o addirittura in alcuni casi decrescono (“shrinking city”). Ed è fermo dunque anche il potenziale di acquisto. La ricerca della qualità deve allora andare a sostituire quella della quantità. Inoltre le zone periferiche negli ultimi decenni sono rimaste abbandonate dalla progettazione curata e abbastanza povere di visioni urbanistiche realizzabili. Da questo punto di vista emerge un bisogno enorme di riqualificarle e portarvici l’urbanità necessaria, potenziarne le qualità. Forse il concetto della “smart city” (programma EU, attualmente 400 progetti in Europa) riflette al meglio questa fase di transizione. Alcuni temi concreti: • creazione di uno spazio pubblico in senso lato di qualità (strade, piazze, zone pedonali...) • riduzione dell’uso di mezzi di motorizzazione privati e dei parcheggi • incentivazione del trasporto pubblico e dell’uso delle biciclette... • connessione delle zone verdi pubbliche, semi-pubbliche e private • urbanizzazione e riconnessione dei mercati, potenziamento degli effetti sinergetici che ne derivano • mix di funzioni, multi-diversità • sistema di energia pulita e quartieri ad energia “0” • ... In queste zone l’aggregazione dei mercati sta creando dei veri e propri nuovi sub-centri – nuclei di ristrutturazione urbanistica (rivalutazione, animazione...). 5. L’Italia, rispetto al tema del centro commerciale, sembra essere caratterizzata da una situazione peculiare che denuncia mancanza di lungimiranza: ancora oggi si costruiscono centri commerciali in aperta campagna, al di fuori delle città (minori costi di realizzazione, minori problemi per il tessuto urbano, vincoli sui centri storici, accessibilità), isole che restano deserte e che spesso non funzionano dal punto di vista collettivo, strutture ripetitive e senza personalità che alimentano il consumo di suolo. Quali sono le possibili alternative? «Con ogni costruzione apriamo un debito nuovo con la natura». È un mio principio da tanti anni. I centri commerciali isolati in campagna ogni tanto vengono ancora costruiti – purtroppo non solo in Italia – e li ritengo degli “atti criminali culturali” per come distruggono la natura, il paesaggio, il tessuto ambientale, urbano. Il vantaggio economico sembra solo visibile nel primo periodo, se si tralasciano tutti i danni laterali. Inoltre sono molto sensibili in momenti di crisi, di cambiamento... non solo negli Stati Uniti, dove succede già da 10/15 anni. Vedo anche in Italia ultimamente che tanti di questi centri sono stati già chiusi, altri si trovano in situazioni di crisi economica e alcuni nuovi hanno seri problemi per trovare degli utenti. Alternative e soluzioni: • Divieto immediato di edificazione di questi centri all’esterno della struttura urbana • Dettagliati masterplan urbanistici come 04 3. Il termine «shopping landscape» sembra sancire il passaggio da una strategia di progetto sugli interni a una strategia urbana. Condivide la necessità di un ampliamento dello sguardo verso la “grande scala” per affrontare il tema in modo più efficace? Certamente si – da sempre abbiamo cercato di analizzare la situazione alla grande scala urbanistica prima di tutto – ANCHE per i piccoli progetti. Solo questo approccio ci permette di comprendere la complessità e di trovare le giuste soluzioni, valide nel tempo. Con una certa soddisfazione osservo la fine di un’era che ha portato al posizionamento di egocentrici edifici e oggetti isolati per niente relazionati alla struttura esistente. Inaccettabili anche nel caso si tratti di sculture fatte da grandi nomi! PETER LORENZ 02 03 04 05 Supermarket “MPreis”, Niederndorf, 2005 (foto …) Shopping center “Q 19”, Vienna, 1999/2005 (foto Pia Odorizzi) Contraddizioni 6. Una serie di caratteri apparentemente innovativi che vengono oggi indicati per il progetto del centro commerciale erano già stati proposti da V. Gruen (considerato l’inventore dei centri commerciali) negli USA attorno ai primi anni 50. Quali sono le differenze sostanziali delle proposte contemporanee e come possono essere superate le contraddizioni (introversione, estraneità della “scatola” alla città, distruzione del micro-tessuto economico e sociale dei luoghi dove si insedia) che lo stesso Gruen già verso la fine degli anni 70 denunciava? L’austriaco Victor Gruen immigrato negli USA – conosciuto alla fine da ben pochi – è stato un urbanista geniale degli anni 50 ma alla fine gran parte delle sue idee costruttive non sono state realizzate nei centri commerciali (nemmeno in quelli fatti da lui stesso!). La sua autocritica degli anni 70 coincide in gran parte con la posizione nostra contemporanea: • Sviluppo in parallelo del livello di accessibilità dell’area e delle sua qualità ambientali • Necessità di introdurre un mix di funzioni del centro • Infrastrutture sociali ed educative • ... Alla fine oggi possiamo constatare che il centro commerciale tradizionale come lo conosciamo appartiene ormai al passato e non può corrispondere alle necessità e alle esigenze del futuro. Ma certamente possono ancora contribuire le esperienze e i risultati accumulati. Per lo sviluppo dei prossimi centri è necessaria una progettazione multidisciplinare, sensibile, intelligente, “smart”... Non sarà più vantaggioso piazzare una brutta scatola con un parcheggio davanti e aspettare i clienti. Sto notando con piacere che proprio in questo tempo di crisi (non solo finanziaria ma anche etica, sociale, ecc.) stanno emergendo i pensieri trasversali, le nuove idee, nuove alleanze, sinergie interessanti... una bellissima fase per noi architetti/urbanisti. Nuovi parametri si stanno sviluppando e in poco tempo vedremo i risultati affascinanti del “nuovo centro commerciale”. Criticità 4. Assumendo il centro commerciale un ruolo «sociale», può farsi carico delle prerogative dei luoghi pubblici senza però garantire la completa libertà di 01 preparazione per un piano regolatore adeguato includente le ricerche sui veri bisogni, le esigenze esistenti • Richieste esigenti per la qualità urbanistica e architettonica da parte dei Comuni • Uso del principio “win-win” (vantaggioso per tutti, senza aspetti negativi) – a lungo andare efficiente anche per gli investitori • Giudizio sul progetto da parte di tecnici esperti qualificati neutrali Peter Lorenz è fondatore e direttore di PLA (Peterlorenzateliers) con sedi a Innsbruck e Vienna. È conosciuto per il suo approccio umanistico alla professione e come appassionato ambasciatore della responsabilità etica degli architetti. Numerose partecipazioni a giurie internazionali e l’insegnamento part-time in diverse università in tutto il mondo completano il suo profilo professionale. 05