Abdus Salam, servitore della pace

Transcript

Abdus Salam, servitore della pace
MATTEO PERRINI
ABDUS SALAM, SERVITORE DELLA PACE1
L’importante è unire! È questo il tema che attraversa la vita e l’opera di Abdus Salam. Egli
ha dedicato tutte le sue forze al principio dell’unità: l’unità della natura e l’unità della famiglia
umana. Come filosofo della natura, ha visto che le diverse interazioni delle particelle elementari non
sono che aspetti diversi di un’unica forza primaria. Come filosofo della società e leader morale che
si batte per l’attuazione dei “principi di Erice”- una scienza senza frontiere e la convergenza degli
sforzi per vincere le sfide reali della fame e del sottosviluppo – egli concepisce le varie nazioni e
culture come fattori di arricchimento della civiltà universale.
Salam ha il grande dono scientifico di suggerire sempre nuove piste di ricerche e nuove
connessioni teoriche, tali da meritare sempre lo sforzo della verifica sperimentale. La grande teoria
della forza elettro-debole, per la quale ebbe il premio Nobel per la fisica nel 1979, traduceva in
progetto di ricerca scientifica l’ultimo sogno di Einstein: l’unificazione delle forze fondamentali. È
un altro balzo in avanti della scienza, un successo paragonabile a quello conseguito più di un secolo
fa da Faraday e Maxwell con l’unificazione di magnetismo ed elettricità.
***
Scienziato eminente, Salam spende gran parte del suo tempo a Trieste, in Italia, e alle
Nazioni Unite, a New York, per trasferire attivamente la più alta tecnologia intellettuale nei paesi
meno sviluppati del mondo.
La sua patria è il Pakistan,una nazione alla quale resta profondamente attaccato. Nacque il
29 gennaio del ’26 e fu educato nella cittadina di Jhang non lontano da Lahore. Una provvidenziale
borsa di studio lo trasferì nella cittadina di Cambridge, dove il suo eccelso talento gli permise ben
presto di mettere i piedi sulla veloce scala mobile della ricerca. Sulla base di quel primo successo,
tornò a Lahore come professore a pieno titolo alla giovane età di venticinque anni. Ma al
Government College di Lahore, a suo tempo una delle istituzioni accademiche di primo piano
nell’India britannica, si nutriva ben poco interesse per la ricerca scientifica. “Il responsabile del
College – racconta lo stesso Salam – mi offrì di scegliere tra tre impieghi per tutto il tempo libero
che avrei avuto, al di fuori dei miei doveri di insegnante. Avrei potuto fare il custode del
pensionato, o il capo tesoriere della contabilità, oppure avrei potuto diventare presidente del football
club. Fui fortunato a finire nel football club”.
Nella vicenda personale del giovane professore pakistano Abdus Salam è dato a noi leggere
una delle più profonde ragioni della crescente divaricazione fra i Paesi dello sviluppo scientificotecnologico e gli altri. “Uomini dotati provenienti da Paesi come il Pakistan, il Brasile, il Libano e
la Corea si recano a lavorare in nazioni sviluppate. Ed è certamente una cosa buona. Ma che
succede – si chiede Salam – quando tornano alle loro scuole indigene? I gruppi di cui fanno parte
sono troppo ridotti per formare una cerchia critica; mancano buone biblioteche; le nuove idee li
raggiungono troppo lentamente e il loro lavoro ricade nella routine. Questi uomini sono isolati e
l’isolamento, in fisica teorica come nella maggior parte dei campi del lavoro intellettuale, significa
morte. Ecco quanto stava succedendo quando divenni professore dell’Università di Lahore”.
Dal rischio di essere sepolto vivo lo salvò il ritorno in Inghilterra, dove fu subito insediato
nella sua cattedre a Londra. La memoria di quei dolorosi anni di isolamento non venne mai meno in
Salam. Divenne, anzi, il nucleo creativo della sua impresa più nobile. Giurò a sé stesso che avrebbe
procurato i mezzi e i modi coi quali altri giovani scienziati di talento, provenienti da Paesi meno
sviluppati, avrebbero potuto evitare la morte scientifica per isolamento, senza essere costretti ad
abbandonare la loro patria.
***
1
Salam.
Giornale di Brescia 3.11.1987. Articolo scritto in occasione dell’incontro promosso dalla Ccdc con Abdus
“Abdus Salam – ha scritto John Ziman – è un uomo il cui cuore è grande come la sua
mente”. Nei suoi dati biografici c’è una sola riga per ricordare l’impresa più alta e lungimirante
realizzata dall’eminente scienziato: Fondatore e direttore del Centro Internazionale di Fisica
teorica, Trieste, 1964. C’è più in questo titolo che nei sessanta riconoscimenti da lui avuti da
università e accademie nel mondo intero. Salam creò questo centro dal nulla e ora è una delle più
riuscite e rispettate istituzioni internazionali. Gli scienziati dei Paesi in via di sviluppo vanno a
Trieste per conoscere le ultime novità scientifiche, per imparare le ultime tecniche e per incontrare i
loro colleghi provenienti sia da nazioni sviluppate che da quelle emergenti. Si recano a frequentare
corsi di specializzazione, lavorano con calma nella biblioteca, discutono con calore. Com’è stato
possibile tutto questo? Chi lo conosce bene assicura che Abdus Salam, come tutti i grandi uomini di
fede, è un’espressione di quel concetto di meccanica che viene designato con il nome di “forza
irresistibile”. Egli impressiona e persuade i colleghi scienziati, i ministri dei governi, i grandi
burocratici delle agenzie internazionali grazie alla sua integrità, alla purezza e alla singolarità dei
suoi obiettivi, tutti ed esclusivamente al servizio dei propri simili. Il nome Abdus Salam – come ha
affettuosamente fatto osservare Carlo Rubbia – si può tradurre: Servitore della Pace. Sono molti a
pensare che quel grande figlio dell’Islam meriti veramente il nome che porta.