Working Papers n.17 - Biblioteca del Dipartimento di Studi per l

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Working Papers n.17 - Biblioteca del Dipartimento di Studi per l
DIPSIT
Dipartimento di Studi per
l’Impresa e il Territorio
Eccedenza del patrimonio netto rettificato
rispetto al prezzo di acquisizione:
ragioni economiche e trattamento contabile
Lorenzo Gelmini
[email protected]
Working paper n. 17, giugno 2006
Abstract
La contabilizzazione dell’eccedenza del patrimonio netto rettificato rispetto al
prezzo – eccedenza – pare essere un tema interessante, sia con riguardo alle
operazioni straordinarie (conferimento o cessione d’azienda, fusione o
scissione), sia alla luce del bilancio consolidato, che qui è presentato come
centro dei ragionamenti e delle osservazioni.
Il lavoro indaga, in primo luogo, le ragioni economiche sottostanti al realizzo
dell’eccedenza, e ritiene di individuarle nell’eventuale avviamento (positivo o
negativo) della partecipata, nonché nelle note condizioni soggettive di
negoziazione che, ai fini del presente lavoro, sono identificate nelle sinergie di
acquisizione, negli oneri di ristrutturazione e nella diversa forza contrattuale
delle parti contraenti.
Sono successivamente esaminati i trattamenti contabili astrattamente
utilizzabili per la rappresentazione dell’eccedenza, e tra questi pare corretto
preferire l’alimentazione di un fondo rischi e oneri consolidato (nel caso di
avviamento negativo e di oneri di ristrutturazione) e il realizzo a conto
economico di un componente positivo di reddito (“buon affare”) eventualmente
oggetto di risconto nel caso di una pertinente misurazione delle cause
economiche della sua formazione.
In seguito si esaminano i principi contabili domestici e internazionali.
Con particolare attenzione ai principi domestici, se ne evidenziano le
principali complessità alla luce dei principi di Economia Aziendale.
In particolare, si rileva la non piena congruenza dell’allocazione
proporzionale dell’eccedenza alle attività immobilizzate (in quanto, inter alia, le
attività oggetto di svalutazione non sono univocamente individuate, né se ne
definisce il valore limite minimo post svalutazione; inoltre, l’attribuzione
proporzionale sembra essere non del tutto soddisfacente in termini di
espressività dei valori contabili consolidati).
Meglio impostati appaiono, invero, i principi internazionali, con riguardo sia
alla rideterminazione (analitica e non proporzionale) delle attività e delle
passività acquisite, sia alla contabilizzazione dell’eccedenza quale “buon
affare”.
2
LORENZO GELMINI
Assegnista di ricerca presso la Facoltà di Economia
dell’Università del Piemonte Orientale
ECCEDENZA DEL PATRIMONIO NETTO RETTIFICATO RISPETTO AL
PREZZO DI ACQUISIZIONE:
RAGIONI ECONOMICHE E TRATTAMENTO CONTABILE
SOMMARIO: Premessa – 1. Le ragioni economiche che conducono ad una eccedenza del patrimonio
netto rettificato rispetto al prezzo di acquisizione – 2. Il trattamento contabile dell’eccedenza alla luce dei
principi aziendali – 3. La posizione dei principi contabili – 4. Alcune osservazioni con riferimento al
trattamento contabile dell’eccedenza secondo i principi contabili – Conclusioni
Premessa
Il prezzo di acquisizione di un complesso aziendale o di una partecipazione può
essere maggiore, uguale o minore rispetto al valore economico del patrimonio netto
trasferito (id est, “patrimonio netto rettificato”)1.
L’indagine pare applicabile sia al caso di operazioni straordinarie (conferimento o
cessione d’azienda; fusione o scissione), sia al caso di acquisizione di partecipazioni
oggetto di valutazione nel bilancio di esercizio con il metodo del patrimonio netto
oppure consolidate nel bilancio consolidato di gruppo; peraltro, nel seguito si farà
esplicito riferimento al caso di acquisizione di una partecipazione totalitaria oggetto di
consolidamento.
Il presente lavoro fornisce un primo inquadramento delle ragioni economiche e del
trattamento contabile dell’eccedenza del patrimonio netto rettificato rispetto al prezzo di
acquisizione (nel seguito, per brevità, “eccedenza”)2.
In particolare, il § 1. indica le ragioni economiche che conducono alla
determinazione di una eccedenza di patrimonio netto rettificato rispetto al prezzo di
acquisizione; il § 2. indaga il trattamento contabile dell’eccedenza alla luce dei principi
di Economia Aziendale; il § 3. presenta la posizione dei principi contabili nazionali ed
internazionali in materia; il § 4. propone alcune osservazioni sui modelli elaborati dalla
dottrina contabile e dalla prassi professionale.
1
Nel seguito si assume di acquisire una partecipazione totalitaria nel capitale di un’altra società.
Acquisizioni per percentuali inferiori del capitale conducono a più complessi ragionamenti, che
coinvolgono anche le teoriche di consolidamento e che non sono oggetto di analisi nel presente lavoro.
2
Non si adotta la definizione di “avviamento negativo” in quanto lo stesso sembra essere soltanto uno
degli elementi (peraltro, eventuale) che compongono la sopra citata “eccedenza”. I principi contabili
internazionali (cfr. amplius al § 3.) si riferiscono, opportunamente, ad un “excess of acquirer’s interest in
the net fair value of acquiree’s identifiable assets, liabilities and contingent liabilities over cost”.
3
1. Le ragioni economiche che conducono ad una eccedenza del patrimonio
netto rettificato rispetto al prezzo di acquisizione
La differenza emergente dal confronto tra il prezzo negoziato nell’acquisizione e il
capitale netto contabile della partecipata può essere indagata e scomposta, con riguardo
alla data di acquisizione del controllo nella partecipata medesima, nei seguenti
elementi3:
a) rivalutazione dei valori delle attività acquisite e delle passività assunte alla luce
dell’ingresso della partecipata nel gruppo aziendale di riferimento; ovvero,
riespressione dei valori contabili delle attività e delle passività tenuto conto del
loro valore economico al momento della determinazione del prezzo di
acquisizione4;
b) avviamento (positivo o negativo) della partecipata5;
c) condizioni soggettive di negoziazione: nel caso di specie, identificate nella diversa
forza contrattuale delle parti contraenti e nelle sinergie economico-finanziarie o
nei costi di ristrutturazione come emergenti alla data dell’acquisizione6.
Con riferimento alla ragione economica sub a), si ritiene di dover in primo luogo
allocare la differenza tra patrimonio netto contabile e prezzo di acquisizione ai maggiori
(più raramente, minori) valori economici delle attività e passività acquisite.
In particolare, oggetto di rivalutazione analitica sono attività, passività e passività
potenziali identificabili; è così prevista l’allocazione di parte del prezzo di acquisizione
anche a fattori produttivi immateriali, purchè identificabili.
3
Rinaldi L., Il bilancio consolidato. Teorie di gruppo e assestamento delle partecipazioni, Milano,
Giuffrè, 1990, p. 289 e ss.; De Cicco R., Il bilancio consolidato. Alcuni rilievi in merito alle teorie e alle
metodologie di consolidamento, Milano, CUESP, 2000, pp. 50 e ss.
4
La rivalutazione in parola rimanda al noto tema delle rivalutazioni analitiche generali fuori esercizio,
con riguardo al quale cfr. per tutti Masini C., La dinamica economica nei sistemi dei valori d’azienda.
Valutazioni e rivalutazioni, Milano, Giuffrè, 1963, e Coda V., Introduzione alle valutazioni dei capitali
economici, Milano, Giuffrè, 1963.
Con riguardo alla collocazione delle combinazioni economiche della controllata nel più ampio sistema
delle combinazioni economiche di gruppo, cfr. Terzani S., Il bilancio consolidato, Padova, Cedam, 1992,
p. 25.
5
Si accoglie una nozione di avviamento allineata al c.d. plusvalore di avviamento, ritenendosi invero di
collocare il differenziale tra il prezzo negoziato per la partecipazione e il valore economico della
partecipazione medesima nella nota dizione di “pseudo avviamento” (negativo oppure positivo). Si veda
per tutti Sordini M., L’avviamento d’impresa: introduzione ai principi contabili per l’iscrizione nel
bilancio d’esercizio, in “Rivista dei Dottori Commercialisti”, n. 2/1978, p. 279.
Il valore dello “pseudo avviamento” è pari alla differenza tra sovrapprezzo di avviamento e plusvalore di
avviamento come intesi da Reboa (cfr. Reboa M., La rappresentazione delle partecipazioni secondo il
metodo del patrimonio netto nel bilancio di esercizio e nel consolidamento, in “Rivista dei Dottori
Commercialisti”, n. 6/1984, p. 1072).
6
Le “condizioni soggettive di negoziazione” sono analizzate in Zanda G., Lacchini M., Onesti T., La
valutazione delle aziende, Torino, Giappichelli, 1997, pp. 10-11.
4
Pertanto, quando una società acquisisce un’immobilizzazione immateriale, la stessa
deve essere oggetto di separata indagine se si tratta di una condizione produttiva
identificabile separatamente, controllabile dal gruppo, e generatrice di utilità
economiche per il gruppo medesimo7.
L’iscrizione prevede peraltro che il fair value dell’attività immateriale sia misurabile
con sufficiente attendibilità.
Alla termine della misurazione del valore economico dei beni e delle obbligazioni
acquisite, il capitale netto contabile della partecipata è stato rivalutato alla luce dei
valori economici di acquisizione, ed è pertanto inteso come “patrimonio netto
rettificato”.
L’eccedenza del patrimonio netto rettificato rispetto al prezzo di acquisizione,
pertanto, pare attribuibile alle ragioni economiche sub b), avviamento della partecipata,
oppure sub c), condizioni soggettive di negoziazione.
In particolare, si determina un’eccedenza qualora si ravvisi una superiore forza
contrattuale dell’acquirente, oppure la presenza di perdite attese della partecipata
(avviamento negativo), oppure infine un flusso di costi attesi derivante dalla
riorganizzazione societaria del mutato gruppo di riferimento: ragioni economiche tutte
che più che compenserebbero l’eventuale avviamento positivo della partecipata8.
Le ragioni economiche sub a) sono relative all’avviamento positivo ovvero negativo
della partecipata, intendendosi per avviamento positivo il flusso attualizzato di sovrareddito che la società è attesa ritrarre dalla produzione economica futura (avviamento
proprio della partecipata) e per avviamento negativo la “[..] correzione che viene
7
Alla luce di quanto precede, si adotta una definizione di avviamento (qualora presente) in senso stretto,
in quanto rappresentato al netto dei beni immateriali suscettibili di autonoma valutazione.
L’avviamento in senso lato misura “tutto il “valore immateriale” dell’azienda” (cfr. Bianchi Martini S.,
L’interpretazione del concetto di avviamento. Analisi dei principali orientamenti della dottrina italiana,
Milano, Giuffrè, 1996, p. 220), ed è determinato come differenza tra il capitale economico della
partecipata e il patrimonio netto rivalutato comprensivo dei soli beni materiali.
L’avviamento in senso stretto, determinato come differenza tra il capitale economico della partecipata e il
patrimonio netto rivalutato comprensivo anche dei beni immateriali suscettibili di autonoma valutazione,
riflette sia le risorse immateriali che – controllabili dall’impresa e generatrici di utilità future – non sono
purtuttavia identificabili autonomamente, sia il plusvalore derivante dall’attività d’azienda, in quanto
sistema organizzato di condizioni produttive tra loro composte e coordinate per la produzione economica;
cfr. Guatri L., Il differenziale fantasma, in “Finanza, Marketing e Produzione”, n. 1/1989, p. 55.
8
In altri termini definiti come: PNR = patrimonio netto rettificato; PA = prezzo di acquisizione; AN =
avviamento negativo; AP = avviamento positivo; FC = forza contrattuale dell’acquirente; FRP = fondo di
ristrutturazione delle attività della partecipata, si adotta una formula del tipo:
PNR > PA,
ove (PNR – PA) = X,
e X = (AN – AP) + FC + FRP
5
applicata al valore patrimoniale dell’azienda in perdita (o non sufficientemente
redditizia) per misurare il suo capitale economico”9.
In altri termini, l’avviamento negativo esprime le sfavorevoli aspettative reddituali
della partecipata, misurate dai flussi attesi di perdite o da remunerazioni non congrue
del capitale investito10.
Le ragioni economiche sub c), condizioni soggettive di negoziazione, sono indagate
ai presenti fini tenuto conto di quanto segue:
a) sinergie positive derivanti dall’acquisizione;
b) oneri di ristrutturazione derivanti dall’acquisizione;
c) forza contrattuale delle parti contraenti.
Con riguardo alle sinergie positive, si tratta dei benefici effetti (da un punto di vista
economico-finanziario, strategico, delle combinazioni economiche, e così via) che il
gruppo aziendale è inteso ritrarre dall’acquisizione della partecipata; si tratta delle utilità
incrementali che si ritraggono dall’inserimento a gruppo di una nuova società.
Le sinergie positive derivanti dalla transazione bene esprimono, pertanto,
l’avviamento di gruppo11.
La loro contabilizzazione nelle sintesi di esercizio consolidate suscita tuttavia alcune
complessità in quanto, alla luce dell’azienda “gruppo”, l’avviamento in parola sembra
generato internamente e non già acquisito a titolo oneroso, e in tal senso pare sfuggire ai
criteri economico-aziendali per una corretta rappresentazione dell’avviamento
medesimo12.
Gli oneri di ristrutturazione misurano gli effetti economico-finanziari derivanti dalla
rideterminazione dei processi (istituzionali, produttivi, organizzativi) della partecipata,
finalizzata ad un miglioramento dei risultati attesi13.
I generali principi che regolano la determinazione del risultato di esercizio portano a
ritenere gli oneri in parola quali passività potenziali, che debbano essere rilevate
opportunamente nello stato patrimoniale consolidato (fondo oneri o fondo rischi) e nel
9
Guatri L., Trattato sulla valutazione delle aziende, Milano, Egea, 1998, p. 304 e ss.
Onesti T., Angiola N., La contabilizzazione dell’eccedenza del patrimonio netto a valori correnti
rispetto al costo di acquisizione dell’azienda, in “Rivista dei Dottori Commercialisti”, n. 5/1998, p. 759 e
ss.
11
Rinaldi L., Il bilancio consolidato, op.cit., p. 270; De Cicco R., op.cit., p. 66; per Cavalieri si tratta
dell’”avviamento riconducibile alle potenzialità espresse dal gruppo” (cfr. Cavalieri E., Le riserve
dell’economia delle imprese, Padova, Cedam, 1983, p. 229).
12
“[..] nell’ottica del gruppo, infatti, l’iscrizione all’attivo patrimoniale del valore attribuito alle sinergie
di gruppo equivarrebbe all’iscrizione dell’avviamento del gruppo, comportamento che non si ritiene
corretto nell’ottica di un bilancio di funzionamento qual è il bilancio consolidato”; cfr. Gavana G.,
L’assestamento delle partecipazioni, in AA.VV., Il bilancio consolidato 2005, Milano, Il Sole 24 Ore,
2005, p. 199.
13
Capodaglio G., L’iscrizione in bilancio dell’avviamento negativo, in “Rivista Italiana di Ragioneria e di
Economia Aziendale”, nn. 3-4/1998, p. 107.
10
6
conto economico consolidato (accantonamento al fondo e suo riassorbimento,
complessivo o graduale, al momento di rilascio nel caso di realizzo dei paventati oneri
di ristrutturazione o del venir meno della passività potenziale).
La forza contrattuale delle parti contraenti conduce alla realizzazione di un “cattivo
affare” o di un “buon affare”, a seconda che il prezzo negoziato sia superiore o inferiore
al patrimonio netto rettificato della partecipata (rebus sic stantibus per le altre ragioni
economiche, relative all’eccedenza, sopra indicate).
Il “cattivo” o “buon” affare di cui sopra, peraltro, deve essere temperato alla luce di
alcune osservazioni; si rileva, in particolare, che la qualificazione dell’affare medesimo
deve essere effettuato avuto riguardo al combinato sistema delle condizioni di scambio
(e non soltanto alla sua determinazione quantitativa in termini di unità monetarie),
nonché tenuto conto della complessità dell’integrazione strategica tra partecipata e
partecipante14.
Alla luce di quanto precede, quindi, l’eccedenza del patrimonio netto rettificato
rispetto al prezzo di acquisizione è misurabile come somma algebrica dell’avviamento
negativo, degli oneri ristrutturazione e del “buon affare” realizzato.
È tuttavia astrattamente possibile considerare la presenza di una eccedenza anche nel
caso di avviamento positivo netto della partecipata; in tal caso, si ritiene che le
condizioni soggettive di negoziazione (oneri di ristrutturazione, “buon affare”) più che
compensino l’effetto accrescitivo dell’avviamento positivo rispetto al patrimonio netto
rettificato.
2. Il trattamento contabile dell’eccedenza alla luce dei principi aziendali
L’eccedenza del patrimonio netto rettificato rispetto al prezzo di acquisizione della
partecipazione può essere qualificata come mera divergenza di consolidamento nelle
sintesi consolidate, oppure può essere scomposta e attribuita alle sue pertinenti parti15.
Nel primo caso, si tratta di fornire adeguata rappresentazione di un’eccedenza
contabile “avere”, che sia anche sinteticamente espressiva delle ragioni economiche
sottostanti.
In tal senso, le opzioni disponibili per la contabilizzazione dell’ eccedenza sembrano
essere, ad una prima riflessione, le seguenti:
a) componente positivo di reddito;
b) svalutazione delle attività;
c) fondo rischi ed oneri;
14
De Cicco R., op.cit., p. 54-55.
Il mantenimento di una grandezza indistinta nelle sintesi consolidate sembra coerente con la nozione
(nel caso di una divergenza positiva di consolidamento) di “avviamento improprio” di Terzani (Terzani
S., Alcune considerazioni in merito alla valutazione delle partecipazioni nel bilancio di esercizio e nel
consolidato, in Saggi di Economia Aziendale. Scritti in onore di L. Azzini, Milano, Giuffrè, 1987, p. 829).
15
7
d) patrimonio netto;
e) risconti passivi.
Si prescinde dall’attribuzione dell’eccedenza “avere” alle passività monetarie (debiti
e ratei passivi).
Le diverse contabilizzazioni sopra proposte possono essere raggruppate:
- secondo la tipologia di sintesi di esercizio alimentata: conto economico
consolidato oppure stato patrimoniale consolidato;
- secondo gli effetti reddituali suscitati: immediati (conto economico consolidato);
graduali (svalutazione delle attività; fondo rischi e oneri; risconti passivi); non
presenti (patrimonio netto);
- secondo la natura del componente contabilizzato: integrativa (conto economico;
fondo rischi ed oneri; patrimonio netto) o rettificativa (svalutazione specifica
delle attività consolidate; risconti passivi) del sistema di valori iniziale.
Si presentano nel seguito alcune brevi osservazioni con riferimento a ciascun
trattamento contabile.
Componente positivo di reddito
Con riferimento ad un’allocazione dell’eccedenza tra i componenti positivi di
reddito, pare trattarsi di un’opzione tecnica ragionevole nel caso di prevalenza
(all’interno del coacervo di ragioni economiche sottostanti la determinazione
dell’eccedenza) di un “buon affare”.
Il “buon affare” conduce ad un utile sperato di competenza dell’esercizio di
acquisizione della partecipazione, che purtuttavia, alla luce della sua inusualità
all’interno della produzione economica d’impresa, sembra opportuno allocare tra i
proventi straordinari positivi di reddito16.
Svalutazione delle attività
L’attribuzione dell’eccedenza “avere” quale componente rettificativo dell’attivo
consolidato sembra trovare una prima conferma nella malcerta e non pertinente
misurazione dei valori economici della partecipata al momento dell’acquisizione.
Si tratta, in altri termini, di riesprimere prudenzialmente le utilità economiche delle
condizioni di produzione, tenuto anche conto che la negoziazione con il soggetto
cedente ha condotto il cessionario alla realizzazione di un minor prezzo in ragione del
patrimonio netto rettificato acquisito; la riespressione in parola è suscitata da una non
adeguata contabilità della partecipata (nella quale i valori delle attività non
risulterebbero espressivi del valore d’uso dei cespiti della partecipata stand alone) o da
16
Paganelli (Paganelli O., Il bilancio di gruppo, Bologna, Azzoguidi, 1968, p. 110) mette in evidenza la
citata natura di “utile sperato”.
Sulla nozione di componenti straordinari di reddito anche alla luce dei principi internazionali si veda
Bavagnoli F., L’armonizzazione internazionale dei principi contabili e il valore informativo dei
componenti straordinari di reddito, in “Rivista dei Dottori Commercialisti”, n. 6/2002, p. 1043.
8
una non adeguata scomposizione del prezzo di acquisizione della partecipazione (ai
sensi della quale i valori d’uso dei cespiti della partecipata per il gruppo risulterebbero
non correttamente indicati).
Nel primo caso, tuttavia, l’allocazione dell’eccedenza tra le attività consolidate (in
detrazione) sembra piuttosto essere un’operazione di pre-consolidamento17.
Nel secondo caso, invece, l’allocazione dell’eccedenza si appaleserebbe nella
rideterminazione dei plusvalori o minusvalori della partecipata.
In entrambi i casi, quindi, pare più opportuno considerare che l’eccedenza “avere”
sia assorbita da operazioni di consolidamento antecedenti, e non già allocata quale
successiva svalutazione delle attività consolidate.
Fondo rischi ed oneri
Complessa e articolata indagine sembra richiedere la contabilizzazione
dell’eccedenza quale fondo rischi ed oneri nel passivo consolidato, ivi intendendo lo
stesso come veicolo contabile che accoglie “gli accantonamenti destinati a coprire
perdite o debiti aventi le seguenti caratteristiche: natura determinata; esistenza certa o
probabile; ammontare o data di sopravvenienza indeterminati alla chiusura
dell’esercizio”18.
La “natura determinata” della passività potenziale in argomento, infatti, potrebbe
essere attribuita a quanto segue:
a) passività potenziali non recepite nelle sintesi di esercizio della partecipata;
b) perdite attese future della partecipata;
c) oneri di ristrutturazione derivanti dall’attribuzione a gruppo della partecipata.
Nel primo caso, in particolare, si ritiene di riprodurre le medesime osservazioni
supra indicate con riferimento all’allocazione dell’eccedenza in detrazione esplicita
delle attività consolidate; in altri termini, la considerazione che le sintesi parziali della
partecipata non includano adeguatamente le passività potenziali suscitate dai processi di
gestione implica che il bilancio individuale della partecipata medesima non sia
correttamente rappresentativo dell’economicità della società (nel qual caso, si tratta di
procedere ad elaborazioni di pre-consolidamento) oppure che la misurazione dei valori
di gruppo, al momento di determinazione dei plusvalori, non ha adeguatamente
incorporato i fondi in parola (nel qual caso, invero, si tratta di rideterminare i plusvalori
o minusvalori della partecipata).
17
Se “«le elaborazioni di consolidamento» consistono nelle operazioni concretamente volte alla
elaborazione dei dati accolti nei singoli bilanci onde ottenerne i dati del bilancio di gruppo” (Mella P., Il
bilancio consolidato, Torino, ISEDI, 1985, p. 33), le operazioni di pre-consolidamento sono operazioni
preliminari volte, tra l’altro, a rendere omogenei i sistemi (parziali) di valore oggetto di consolidamento.
18
Organismo Italiano di Contabilità (OIC), Principio contabile n. 19. I fondi per rischi ed oneri. Il Tfr di
lavoro subordinato. I debiti, A.I.
9
La rappresentazione del flusso di perdite attese quale passività potenziale consolidata
sembra ben cogliere la ragione economica sub b), avviamento negativo, in precedenza
presentata.
Si rileva, incidentalmente, che il fondo in parola è determinato e misurato alla data di
acquisizione della partecipazione, alla luce del flusso atteso di risultati reddituali
negativi oppure insoddisfacenti; le perdite che non sono attribuite in tale sede (per
esempio: perché oltrepassano il limite temporale di previsione analitica) sono invece
valutate ed accolte nelle sintesi parziali della partecipante quali fondi di copertura
perdite di società partecipate19.
Nel caso in cui si ritenga di allocare ad apposito fondo consolidato gli (eventuali)
oneri di ristrutturazione, sembra in primo luogo opportuno procedere ad una più
articolata indagine sia del soggetto giuridico sul quale detti oneri sono intesi gravare
(partecipante o partecipata), sia del momento di stima degli oneri in parola (data di
misurazione della differenza di consolidamento o data successiva), sia della loro natura
economica (sostenimento di costi incrementali per la riorganizzazione produttiva;
mancato realizzo di attività della partecipata; stanziamento a fronte di un rischio
generico) 20.
Oneri a carico della partecipante determinati alla data di acquisizione conducono ad
una determinazione di prezzo, ceteris paribus, inferiore, e sono allocati in sede di
determinazione e attribuzione della differenza di consolidamento.
Oneri a carico della partecipante determinati successivamente alla data di
acquisizione conducono alla rilevazione nelle scritture contabili della partecipante di un
pertinente fondo di ristrutturazione aziendale21.
Gli oneri a carico della partecipata sono invece assimilabili, in prima
approssimazione, al flusso di perdite attese della partecipata medesima, e a quest’ultimo
potrebbe essere applicato anche il correlato trattamento contabile.
La natura economica degli oneri (sostenimento di costi oppure mancato realizzo di
attività) sembra essere rilevante al momento di misurare il riversamento del fondo: che,
nel primo caso, è correlato al flusso di costi e, nel secondo, al mancato realizzo (totale o
parziale) di uno o più degli elementi attivi22.
19
Cfr. OIC, Principio contabile n. 17. Il bilancio consolidato, 10.2.d), ai sensi del quale “ [..] le rettifiche
che si riferiscono a potenzialità che si sono concretizzate in esercizi successivi a quello in cui la
partecipazione è stata acquistata, vanno rilevate nel conto economico dell’esercizio nel quale si
concretizzano”.
20
Cfr. OIC, Principio contabile n. 19, C.V.h), ove si indagano alcune ipotesi di oneri di ristrutturazione
aziendale.
21
Cfr. OIC, Principio contabile n. 19, C.V.h), ove si indagano alcune ipotesi di oneri di ristrutturazione
aziendale.
22
Capodaglio G., op.cit., p. 110.
10
Si ritiene invece in contrasto con i postulati che regolano la redazione dei bilanci
(individuali e consolidati) delle imprese in funzionamento procedere a stanziamenti per
rischi generici23.
La necessità di provvedere ad una puntuale indagine dei fattori che conducono alla
contabilizzazione di un fondo rischi ed oneri consolidato (elaborazioni di preconsolidamento; rideterminazione dei plusvalori o minusvalori; avviamento negativo;
oneri di ristrutturazione) è opportuna con riferimento sia al procedimento di valutazione
delle stime, sia alle modalità di riassorbimento del fondo medesimo.
In particolare, la revisione periodica delle stime deriva dalla “[..] acquisizione di
maggiori od ulteriori informazioni o di accresciuta esperienza in merito a presupposti o
fatti sui quali era fondata la stima originaria [..]”24.
Pertanto, il cambiamento delle stime presuppone una piena conoscenza dei
“presupposti” o dei “fatti” all’origine delle stime medesime, che non possono
prescindere dalla nozione dei fattori sottostanti la contabilizzazione del fondo.
Le modalità di riassorbimento del fondo prevedono anch’esse, invero, una chiara ed
univoca comprensione della natura del fondo medesimo, onde più compiutamente
realizzare il principio di correlazione tra i componenti negativi manifestati in un
esercizio (perdite; sostenimento di costi di ristrutturazione; mancato realizzo di attività)
e la loro indiretta rettifica attraverso il riassorbimento di una quota parte degli oneri
precedentemente contabilizzati nel fondo.
Si rileva infine, peraltro, che il trattamento contabile del fondo in parola sembra
piuttosto complesso anche con riferimento al momento di utilizzo del medesimo.
In particolare, se alcuna dottrina considera possibile l’utilizzo del fondo
nell’esercizio successivo a quello di sostenimento della perdita (o degli oneri di
ristrutturazione) quale riserva, sembra assolutamente preferibile, alla luce dei generali
principi di Economia Aziendale, l’accreditamento dello stesso nel conto economico del
medesimo esercizio in cui si sono verificati i paventati componenti negativi di reddito25.
In tal caso, infatti, il fondo è gradualmente accreditato a conto economico in ragione
delle perdite e/o degli oneri di ristrutturazione accertati.
La trasparenza della rappresentazione sembra garantita, così operando, dalla distinta
esposizione dei componenti negativi (perdite e/o oneri di ristrutturazione) e dei
componenti positivi di reddito (utilizzo del fondo), che non sono oggetto di
compensazione nelle sintesi di bilancio.
Patrimonio netto
23
OIC, Principio contabile n. 19, C.VI.g).
OIC, Principio contabile n. 29. Variazione delle valutazioni, B.III.a.
25
Campra M., Contabilizzazione del “cattivo affare” e del badwill nelle fusioni, in “Contabilità, finanza e
controllo”, n. 10/2005, p. 780 e ss.
24
11
L’allocazione dell’eccedenza “avere” nel patrimonio netto consolidato sembra
richiamare la nozione di “buon affare”, e pertanto parrebbe una contabilizzazione
adeguata nel caso in cui si ritenga che detto componente positivo di reddito non sia stato
prodotto nell’esercizio.
Si rileva peraltro che:
a) l’esercizio di acquisizione della partecipazione è l’esercizio di realizzo (id est, di
produzione) delle condizioni soggettive di negoziazione che conducono alla
determinazione del “buon affare”;
b) la più avveduta tecnica contabile ritiene di individuare quali riserve (id est,
componenti del patrimonio netto) le utilità “costituite in sede di destinazione del
reddito di esercizio” e non già al momento della sua determinazione26;
c) l’allocazione a patrimonio netto comporterebbe, nel caso di operazione di
conferimento d’azienda, l’inserimento in contabilità di un valore del complesso
aziendale superiore a quanto indicato ai sensi dell’art. 2343 c.c., violando in tal caso
la norma in parola27.
Risconti passivi
I risconti passivi sono valori non numerari comuni a due o più esercizi, che
rappresentano quote di ricavo che hanno avuto manifestazione numeraria nell’esercizio
in chiusura ma che sono di competenza (in parte o per l’intero) di esercizi successivi.
In tal senso, la tecnica contabile dei risconti passivi potrebbe essere utilizzata qualora
si percepisse l’eccedenza “avere” sostanzialmente come un “buon affare” realizzato
dall’acquirente, il cui benefico effetto, in luogo di essere rilevato nell’esercizio di
manifestazione (acquisto della partecipazione) sarebbe più correttamente differibile in
ragione degli esercizi lungo i quali detto “buon affare” è inteso produrre i propri effetti.
Si potrebbe così immaginare che, qualora il “buon affare” sia stato determinato
dall’acquisto di una partecipata con significativi plusvalori latenti sui cespiti non
pienamente riconosciuti dal cessionario in sede di fissazione del prezzo di acquisizione,
lo stesso “buon affare” debba essere allocato nei diversi esercizi in cui il conto
economico consolidato accoglie i maggiori ammortamenti su detti plusvalori latenti,
così realizzando in modo sistematico il principio di correlazione28.
Non vi è chi non veda, invero, che il metodo si presenta oltremodo complesso, in
quanto si tratta di attribuire e di ripartire il “buon affare” ai diversi elementi di
pertinenza, con risultati malposti sia sotto il primo aspetto (identificazione degli
26
Frattini G., Contabilità e bilancio. Principi economici, disciplina giuridica e normativa fiscale, Milano,
Egea, 2000.
27
Capodaglio G., op.cit., p. 108.
28
Con riferimento alla scomposizione della gestione aziendale in periodi amministrativi e al principio di
correlazione tra costi e ricavi (i.e., matching principle) cfr. per tutti Masini C., I bilanci d’impresa.
Principi e concetti, Milano, Giuffrè, 1957, p. 4.
12
elementi che hanno condotto al buon affare) sia tenuto conto del secondo (criterio di
attribuzione del “buon affare” ai singoli elementi identificati).
La rappresentazione sopra fornita dell’eccedenza “avere” ha consentito di allocare la
medesima ad una singola e specifica misura del bilancio di esercizio consolidato, ivi
intendendo il processo di assestamento delle partecipazioni consolidate quale momento
unitario e inscindibile, nel quale considerare l’eccedenza quale “[..] elemento del
calcolo del valore riferibile ad un ramo d’azienda [..]” e non già un mero “[..] addendo
di una somma algebrica di valori [..]”29.
Ragioni di natura economica e profili di rappresentazione contabile sembrerebbero
suggerire, invero, una più analitica e approfondita indagine dell’eccedenza medesima.
In primo luogo, si tratta di ricercare le ragioni economiche sottostanti all’eccedenza;
successivamente, si suggerisce di selezionare il più corretto trattamento contabile alla
luce delle ragioni economiche sottostanti la formazione dell’eccedenza.
In altri termini, anche alla luce di quanto in precedenza osservato, sembra
ragionevole procedere ad una mappatura degli elementi componenti l’eccedenza, e ad
un’attribuzione contabile di ciascuno secondo il più pertinente approccio di
rappresentazione; così operando l’eccedenza sarebbe attribuita alle sue cause generatrici
e sarebbe esplicitata nel suo contenuto patrimoniale e reddituale tenuto conto delle
cause medesime.
Sembra in tal senso possibile procedere ad un’allocazione delle diverse ragioni
economiche sottostanti l’eccedenza “avere” in ragione del relativo trattamento
contabile.
In particolare si ritiene di contabilizzare:
1) l’avviamento positivo quale attività patrimoniale consolidata;
2) l’avviamento negativo in esplicita detrazione dall’avviamento positivo, e per
differenza quale fondo rischi ed oneri;
3) gli oneri di ristrutturazione quali fondi per rischi ed oneri;
4) l’eventuale “buon affare” quale componente straordinario positivo di reddito,
eventualmente oggetto di risconto nel caso di una misurazione attendibile e
ragionevole degli elementi che lo compongono.
L’attribuzione in parola sembra essere rispettosa della natura economica delle
difformi cause generatrici dell’eccedenza “avere”; tuttavia, si ritiene di osservare
quanto segue.
a) Preliminare alla determinazione dell’eccedenza “avere” come in precedenza
intesa (id est, supero del patrimonio netto rettificato rispetto al prezzo di
acquisizione della partecipazione), deve essere vagliata con il dovuto
discernimento la fase di apprezzamento dell’economicità della partecipata e dei
29
Capodaglio G., op.cit., p. 107.
13
b)
c)
d)
e)
plusvalori o minusvalori per il gruppo latenti nelle sintesi di esercizio della
stessa.
In particolare, la fase in argomento deve condurre ad una valutazione delle
attività e passività della partecipata coerente sia con il valore d’uso degli stessi in
ottica della partecipata stand alone (elaborazioni di pre-consolidamento), sia con
il valore d’uso per la partecipante e per il gruppo (elaborazioni di consolidamento
relative all’assestamento delle partecipazioni consolidate).
Sembra non rispondere né ad una piena logica economica né ad una solida
concezione contabile la definizione di una linea guida formalistica e inderogabile
per l’allocazione dell’eccedenza, che conduce all’eventualità di un modello di
rappresentazione non adeguatamente espressivo del contenuto stesso.
In tal senso, pare più ragionevole identificare le difformi circostanze che hanno
condotto ad un saldo complessivo netto “avere”, e disporre di ciascuna come in
precedenza proposto.
Merita tuttavia rilevare che, così operando, la discrezionalità del redattore di
bilancio sarebbe amplificata, in quanto si tratterebbe di ricostruire (in molte
situazioni, anche ex post) contenuti economici di ciascuna transazione di
partecipazioni30.
Sarebbe talora ipotizzabile la contestuale presenza di un avviamento positivo e di
uno negativo; ragioni di sistematicità tenderebbero a suggerire una
compensazione tra i valori non numerari indicati.
Nel caso di contemporanea presenza sia di perdite attese della partecipata, sia di
oneri di ristrutturazione, pare più opportuno costituire due fondi rischi ad hoc, e
non già procedere ad una aggregazioni di valori tra gli stessi.
Il mantenimento di un fondo di copertura per le perdite della partecipata e di un
fondo oneri di ristrutturazione consente di meglio connettere i relativi
riassorbimenti con i componenti negativi che li hanno generati (perdite; oneri di
ristrutturazione).
Il “buon affare”, qualora possibile, non dovrebbe essere determinato per
differenza ma in via autonoma, così rendendo eventualmente possibile una sua
disaggregazione negli elementi costitutivi e, per conseguenza, un’eventuale
30
Con riferimento alla discrezionalità tecnica del redattore di bilancio, si vedano le illuminanti parole del
Frattini, per il quale (cfr. Frattini G., op.cit., p. 239) “ [..] agli amministratori il legislatore ha imposto di
tradurre nel bilancio di esercizio, oltre alle quantità economiche certe […] le stime e le congetture
determinate con criteri che devono approssimarsi il più possibile alla realtà percepita dagli stessi redattori.
Con questo il legislatore non ha voluto legittimare una pericolosa discrezionalità degli amministratori
nella redazione dei bilanci, ma piuttosto ha voluto ammettere una discrezionalità improntata alla
diligenza, all’onestà, e alla cosiddetta “buona fede” nel senso giuridico del termine”.
14
ripartizione dell’affare medesimo in ragione dei componenti di reddito ottenuti
dalla partecipante con un certo discount.
Combinazioni difformi delle variabili precedenti conducono ad un’individuazione
difforme dell’eccedenza “avere”, che potrebbe mutare in termini di rappresentazione
contabile, con conseguenti differenze nello stato patrimoniale e nel conto economico
consolidati.
È pacifico, per esempio, che un’eccedenza “avere” espressiva esclusivamente di un
“buon affare” diverge in modo sensibile da un’eccedenza “avere” di pari importo
espressiva sia di un avviamento negativo sia di un “buon affare”.
Nel primo caso, lo stato patrimoniale consolidato accoglie il maggior utile derivante
dal compimento del buon affare e la rettifica per detto valore qualora non di competenza
dell’esercizio esaminato (tecnica dei risconti passivi) e il conto economico recepisce il
maggior utile di cui sopra al netto delle rettifiche operate.
Nel secondo caso, lo stato patrimoniale consolidato accoglie (anche) un fondo per
rischi ed oneri, e il conto economico presenta (anche) gli accantonamenti e i
riassorbimenti del fondo medesimo.
3. La posizione dei principi contabili
È di seguito per sommi capi indicato il trattamento contabile previsto dai principi
contabili nazionali ed internazionali con riferimento all’eccedenza del patrimonio netto
rettificato rispetto al prezzo di acquisizione della partecipazione.
Le osservazioni con riguardo a quanto riportato, anche alla luce dei principi aziendali
prima commentati, sono presentate nel § 4.
I principi contabili nazionali ritengono, in primo luogo, di allocare l’eccedenza
“avere” sulle attività immobilizzate, i cui valori (come determinati al momento di
determinazione dei valori correnti alla data di acquisizione della partecipazione) devono
essere proporzionalmente ridotti31.
Dalle attività immobilizzate oggetto di proporzionale riduzione sono escluse “[..]
quelle di inequivocabile valore e di rapido realizzo, come per esempio i titoli”.
Qualora la svalutazione in parola non sia sufficiente ad assorbire l’eccedenza
“avere”, i principi contabili indicano due soluzioni alternative a seconda che la
partecipante preveda, oppure no, che la partecipata sosterrà perdite negli esercizi
immediatamente successivi all’acquisto.
Nel primo caso, l’eccedenza è attribuita ad una voce del passivo “Fondo di
consolidamento per rischi e oneri futuri”, utilizzato negli esercizi successivi “[..] in
modo da realizzare l’effettiva correlazione con le perdite previste”; qualora permanesse
31
Ora e nel seguito si fa riferimento al documento OIC, Principio contabile n. 17, nella parte 10.4).
15
un ulteriore ammontare, lo stesso dovrebbe infine essere accreditato al patrimonio netto
consolidato quale “Riserva di consolidamento”.
Nel secondo caso, i principi domestici ritengono sostanzialmente che l’eccedenza
debba essere considerata quale “buon affare”, da contabilizzare anch’esso nel
patrimonio netto consolidato quale riserva.
I principi contabili internazionali prevedono invece di allocare l’eccedenza “avere”
come segue32:
a) alle attività e passività acquisite, nel caso in cui si ritenga (alla luce della
formazione di detta eccedenza contabile) di procedere ad una loro rideterminazione sia
qualitativa sia quantitativa, nonché se del caso alla ri-misurazione del prezzo
dell’acquisizione;
b) quale utile o perdita, al termine dell’operazione sub a) 33.
Si rileva che il trattamento contabile previsto dai principi internazionali si discosta in
misura significativa da quanto attualmente previsto dai principi domestici.
In particolare, con riferimento alla rideterminazione dei valori delle attività e delle
passività acquisite, sono di immediata evidenza le seguenti divergenze:
- i principi contabili internazionali richiedono sia di re-identificare i valori oggetto di
acquisizione, sia di rideterminarli;
- nella rideterminazione, rileva anche il prezzo pagato nell’acquisizione;
- il processo di re-identificazione e rideterminazione non è acritico e formale, in
quanto non sono previste svalutazioni forfetarie (id est, proporzionali);
- dalla fase valutativa in esame, possono emergere anche perdite da acquisizione,
oggetto di immediato addebito a conto economico ai sensi del punto sub b).
La fase di allocazione di parte dell’eccedenza “avere”, se del caso, ad un apposito
fondo consolidato per rischi ed oneri futuri non è considerata dai principi internazionali,
ai sensi dei quali sarebbe forse possibile includere la stessa nella determinazione delle
“contingent liabilities” emergenti alla data di acquisizione della partecipazione34.
A tale proposito, invero, si rileva che i principi internazionali non consentono di
procedere ad alcun accantonamento per le perdite operative attese (in quanto si ritiene
che le stesse non rispettino le condizioni previste per essere contabilizzate né quali
32
Ora e nel seguito cfr. International Financial Reporting Standards (IFRS) n. 3, Business Combinations,
56 e ss.
33
I principi internazionali indicano, tra le condizioni soggettive di negoziazione che possono condurre al
realizzo di un “buon affare”, il fatto che “[..] the seller of a business wishes to exit from that business for
other than economic reasons and is prepared to accept less than its fair value as consideration” (cfr. IFRS
n. 3, BC 148).
34
Cfr. infra, al § 4.
16
passività né quali fondi), e che subordinano la rilevazioni di accantonamenti a fondi di
ristrutturazione soltanto in caso di alcune stringenti ipotesi35.
In tal senso, il fondo consolidato per rischi ed oneri futuri accoglierebbe
esclusivamente gli oneri relativi alla ristrutturazione aziendale, e non anche il flusso di
perdite attese della partecipata.
L’eccedenza residua è accreditata a conto economico, secondo i principi
internazionali, e non già a riserva consolidata come previsto dai principi domestici.
Peraltro, i principi internazionali ritengono che detta eccedenza residua possa non
sempre essere pertinente con un utile da negoziazione (“bargain purchase”), e
identificano anche altre circostanze astrattamente ammissibili36.
In tutti i casi, invero, prevale l’accredito o addebito nel conto economico consolidato
senza alcuna condizione di differimento del risultato positivo o negativo, in quanto i
principi in parola richiedono che lo stesso sia effettuato “immediately”.
4. Alcune osservazioni con riferimento
dell’eccedenza secondo i principi contabili
al
trattamento
contabile
Sono di seguito proposte alcune osservazioni con riferimento ai trattamenti contabili
dell’eccedenza “avere” secondo i principi contabili nazionali ed internazionali (§ 3).
Le osservazioni, in particolare, recepiscono ed ampliano quanto in precedenza
argomentato sull’eccedenza secondo i principi aziendali (§ 2).
In primo luogo, sembra possibile rilevare che né i principi nazionali né i principi
internazionali intendono subordinare la rappresentazione contabile dell’eccedenza
“avere” alla chiara identificazione delle ragioni economiche sottostanti, suggerendo
invero un percorso standardizzato e generalizzato di allocazione della differenza
medesima.
35
International Accounting Standards (IAS) n. 37, Provisions, contingent liabilities and contingent
assets, 63-83.
36
IFRS n. 3, 57, ai sensi del quale “[..] a gain recognised in accordance with paragraph 56 could comprise
one or more of the following components:
(a) errors in measuring the fair value of either the cost of the combination or the acquiree’s identifiable
assets, liabilities or contingent liabilities. Possible future costs arising in respect of the acquiree that have
not been reflected correctly in the fair value of the acquiree’s identifiable assets, liabilities or contingent
liabilities are a potential cause of such errors;
(b) a requirement in an accounting standard to measure identifiable net assets acquired at an amount that
is not fair value, but is treated as though it is fair value for the purpose of allocating the cost of the
combination [..];
(c) a bargain purchase”.
17
Così operando, i principi contabili trascurano di valutare la possibilità che, pure in
presenza di un supero del patrimonio netto rettificato rispetto al prezzo di acquisizione,
la partecipata goda di un avviamento positivo, più che compensato (per esempio) da
oneri di ristrutturazione in capo alla partecipante e/o da un “buon affare” realizzato dalla
stessa.
Più in generale, si ritiene che la differenza “avere”, qualora non sia allocata una
tantum in una singola voce delle sintesi consolidata, debba essere invece intesa alla luce
delle molteplici cause che, eventualmente, hanno contribuito congiuntamente alla sua
formazione, e per le quali è applicabile il dovuto trattamento contabile.
Con segnato riguardo ai principi contabili nazionali, la rappresentazione
dell’eccedenza quale svalutazione delle attività immobilizzate sembra presentare alcune
complessità di non poco rilievo.
a) La rideterminazione dei valori d’uso di attività e passività consolidate è un
esercizio di pre-consolidamento o, al più, concorre alla determinazione dell’eccedenza
“avere” essendone piuttosto una causa ex ante che una conseguenza ex post.
b) I principi nazionali fanno riferimento esplicito alla riduzione dei valori; più
opportunamente, invece, i principi internazionali richiamano sia l’aspetto quantitativo
(determinazione dei valori) sia le evidenze qualitative (individuazione e selezione delle
attività e passività oggetto di valutazione).
c) I principi nazionali ritengono di ridurre i valori delle attività immobilizzate, al
netto delle attività di inequivocabile valore e di rapido realizzo.
La scelta dei beni oggetto di svalutazione è molto articolata (in quanto si tratta di
qualificare l’espressione “attività di inequivocabile valore e di rapido realizzo” nel caso
di attività immobilizzate) e non condivisa in modo generalizzato nelle prassi contabili
internazionali.
Da un lato, infatti, “[..] la riduzione in parola esprime in nuce la perdita di utilità
reddituale dei beni aziendali, in particolare di quelli ammortizzabili [..]”37.
Tuttavia, ci chiede se, in talune circostanze, non sarebbe piuttosto opportuno
procedere a rideterminazioni non tanto delle attività immobilizzate (che esauriscono la
loro utilità in più di un esercizio) quanto piuttosto sulle attività non monetarie (che non
sono espressive, in tal senso, di ammontari incassabili in importi prefissati o
determinabili).
L’attuale orientamento dei principi contabili statunitensi (cfr. SFAS n. 141) è
coerente con il dettato dei principi domestici; i principi internazionali ante riforma (cfr.
IAS n. 22) suggerivano una rideterminazione delle attività non monetarie.
d) Le attività oggetto di svalutazione devono essere ridotte proporzionalmente: e in
tal senso, non si comprende il senso di un’acritica attribuzione dell’eccedenza in
proporzione ai valori correnti delle attività medesime.
37
Onesti T., Angiola N., op.cit., p. 777.
18
Se svalutazione vi deve essere, infatti, sembrerebbe più rappresentativa una
rideterminazione uti singuli di ciascun cespite.
e) I principi contabili non specificano se la riduzione in argomento debba condurre
ad una riduzione dei valori correnti delle attività che abbia, come limite minimo, il
valore d’uso degli stessi nelle sintesi di esercizio della partecipata, o se la partecipante
possa al più anche azzerare i valori recepiti, in quanto ritenuti non di utilità del
gruppo38.
f) Il valore delle attività della partecipata, come riflesso nel bilancio consolidato post
allocazione della differenza “avere”, potrebbe essere non espressivo né del costo di
acquisizione, né del valore d’uso per il gruppo delle attività medesime; peraltro, non si
forniscono indicazioni nel caso in cui la società partecipata non possegga cespiti
suscettibili di detta svalutazione proporzionale.
Anche l’attribuzione dell’eccedenza alle riserve consolidate, come previsto dai
principi nazionali, pare di non immediata comprensione: nel caso di eccedenza post
svalutazione dei cespiti e alimentazione di un fondo oneri partecipate, in quanto non è
dato conoscere le ragioni economiche sottostanti la contabilizzazione; nel caso di “buon
affare”, in quanto sarebbe preferibile misurare il concorso dell’affare stesso
all’economicità aziendale (anche) attraverso le tavole di conto economico consolidato e
non già (soltanto) alla luce del patrimonio netto consolidato, qualora si ritenesse che il
“buon affare” sia stato prodotto nell’esercizio di acquisizione della partecipazione, in
quanto in tale esercizio si sono manifestati i vincoli e le coerenze necessarie alla
partecipante per utilizzare efficacemente la propria forza contrattuale nei confronti del
cedente della partecipazione.
I principi internazionali, invece, sembrano fornire una proposta di rappresentazione
contabile meglio articolata.
In primo luogo, si rileva che il flusso di perdite attese (avviamento negativo) è
oggetto di analisi e misurazione anche secondo i principi in parola, in quanto “[..]
expectations of future losses and expenses are reflected in the fair value of the
acquiree’s identifiable assets, liabilities and contingent liabilities [..]”39.
Si ricorda peraltro che i principi internazionali non consentono di accantonare
passività per le perdite operative attese e che, in tal senso, l’attesa di dette perdite
dovrebbe essere indicativa della necessità di procedere a svalutare (impairment test)
alcuni beni della partecipata.
Complessità si rilevano, in tal senso, qualora la partecipata non possegga cespiti
svalutabili ai sensi di quanto sopra, nel caso in cui il supero di patrimonio netto
38
Perotta R., Garegnani G.M., Le operazioni di gestione straordinaria, Milano, Giuffrè, 1999, p. 97, per i
quali (nel caso specifico di conferimento d’azienda) la svalutazione dei valori attivi è condotta sino “[..] al
limite del valore di realizzo, da considerarsi minimale, dei beni in esame”.
39
IFRS n. 3, BC 149.
19
rettificato rispetto al prezzo di acquisizione sia relativo alla previsione di perdite attese:
che, alla luce dei principi internazionali, in assenza di beni svalutabili, sarebbero
immediatamente rilevate come componenti positivi di reddito.
La rideterminazione dei valori delle attività e passività della partecipata sembra
meglio argomentata rispetto a quanto previsto dai principi domestici, con riguardo sia ai
beni oggetto di valutazione (attività e passività, anche potenziali) sia al metodo di
rideterminazione (analitico e non proporzionale).
Infine, la contabilizzazione a conto economico dell’eccedenza residua sembra più
espressiva di una sua attribuzione a riserva consolidata; purtuttavia, una indagine
approfondita sulla natura economica del “buon affare” (o degli altri elementi che
conducono a detta eccedenza residua) potrebbe forse consentire di attribuire agli
esercizi lo stesso in ragione del principio di correlazione, con il concorso in tal senso
della tecnica dei risconti passivi.
Conclusioni
L’eccedenza del patrimonio netto rettificato rispetto al prezzo di acquisizione della
partecipazione deriva da un complesso coacervo di ragioni economiche, quali
l’avviamento - positivo o negativo - e le condizioni soggettive di negoziazione (§ 1.).
I principi aziendali consentono di articolare numerosi modelli per la rappresentazione
contabile dell’eccedenza medesima, tra i quali sembra preferibile l’allocazione
dell’eccedenza a un pertinente fondo del passivo consolidato (nel caso di avviamento
negativo e di oneri di ristrutturazione) o l’accreditamento immediato al conto
economico consolidato, nel caso di un “buon affare”, eventualmente oggetto di
attribuzione ai diversi esercizi di pertinenza con la tecnica dei risconti passivi (§ 2.).
La prassi nazionale ed internazionale offrono, attualmente, soluzioni divergenti tra
loro (§ 3.).
Sembra tuttavia più ragionevole (§ 4.) il trattamento contabile proposto dai principi
internazionali, che limita il concorso dell’eccedenza “avere” sulla rideterminazione dei
valori della partecipata ad una rivalutazione analitica degli stessi, e prevede di allocare a
conto economico il differenziale residuale (in genere, il “buon affare”).
20
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