Dal vecchio al nuovo mondo: Il tema dell`emigrazione italiana verso

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Dal vecchio al nuovo mondo: Il tema dell`emigrazione italiana verso
Faculteit Letteren en Wijsbegeerte
Taal- en Letterkunde Engels-Italiaans
Dal vecchio al nuovo mondo:
Il tema dell’emigrazione italiana verso l’America ne
Il fondo del sacco (1970) di Plinio Martini e Vita (2003)
di Melania Mazzucco
Un confronto fra storia e narrazione
Caroline van Laere
Promotor: Prof. dr. Mara Santi
Masterproef ingediend tot het behalen van de academische graad van master in
de taal- en letterkunde, afstudeerrichting Engels-Italiaans.
Academiejaar 2009-2010
Prefazione
In primo luogo, la mia curiosità per il soggetto dell‟emigrazione degli italiani fu rinforzata
dalla mostra “La Merica! Da Genova ad Ellis Island” al Galata Museo del Mare a Genova
dell‟anno scorso. Questa mostra interattiva mi aveva affascinata perché è come se il visitatore
visse lui stesso l‟esperienza del viaggio in barca dell‟emigrante seguita dall‟arrivo ad Ellis
Island. Così, analizzando i romanzi, il tema dell‟emigrazione ha soddisfatto il mio interesse
per la storia in generale. In secondo luogo poi, questa tesi come punto finale di quattro anni
universitari, mostra chiaramente la mia preferenza che tende alla lingua italiana, mentre viene
inserita anche una piccola parte della storia americana, nel modo che i due ambiti dello studio
universitario, l‟italiano e l‟inglese, vengono, in un certo senso, collegati.
Così, quattro anni fa, non ho mai avuto dubbi per quanto riguarda la scelta di studiare italiano.
È stata soprattutto la passione dei miei genitori per il paese e la lingua che mi ha spinto verso
questa scelta, e logicamente è diventata anche la mia passione. Gli anni all‟università poi,
hanno ancora rinforzato il mio interesse in ambito linguistico, letterario e storico dell‟Italia.
Ho quindi un debito di gratitudine verso i miei genitori quanto alla scelta dello studio, ma mi
hanno anche incoraggiato a fare l‟esperienza erasmus a Bologna, il che è stato il culmine del
mio studio in generale. Spero che anche nel futuro possa continuare ad adoperare l‟italiano in
un certo modo.
Per quanto riguarda la tesi, voglio soprattutto ringraziare la professoressa Mara Santi per aver
incoraggiato la mia proposta del tema dell‟emigrazione e per i suoi suggerimenti quanto
all‟elaborazione del soggetto in modo interessante, ma anche per la sua pazienza e la sua
disponibilità nei mesi passati. Poi vorrei anche ringraziare Matteo Manganelli per i consigli e
l‟aiuto nel reperimento di alcuni fonti utili.
2
1. Indice
1. INDICE.............................................................................................................................................. 3
2. INTRODUZIONE............................................................................................................................. 5
3. IL FONDO DEL SACCO DI PLINIO MARTINI........................................................................ 12
3.1. Introduzione.................................................................................................................................... 12
3.2. Prima parte: i personaggi................................................................................................................ 12
3.2.1. Rappresentazione letteraria............................................................................................. 12
3.2.1. Rappresentazione storica................................................................................................ 15
3.2.1.1. Introduzione: la presenza di un solo punto di vista.................................................. 15
3.2.1.2. Analisi dei personaggi............................................................................................. 16
3.3. Seconda parte: i temi....................................................................................................................... 18
3.3.1. Il paese d‟origine............................................................................................................. 18
3.3.1.1. Rappresentazione letteraria...................................................................................... 18
Le brutte condizioni di vita.......................................................................................... 18
Cambiamento del punto di vista del protagonista....................................................... 20
Cambiamento del paese............................................................................................... 22
Riferimenti alla vita politica, religiosa ed economica................................................. 23
Gli aspetti emotivi........................................................................................................ 24
3.3.1.2. Rappresentazione storica......................................................................................... 25
3.3.2. Il viaggio......................................................................................................................... 26
3.3.2.1. Rappresentazione letteraria...................................................................................... 26
3.3.2.2. Rappresentazione storica......................................................................................... 28
3.3.3. L‟arrivo in America........................................................................................................ 31
3.3.3.1. Rappresentazione letteraria..................................................................................... 31
3.3.3.2. Rappresentazione storica......................................................................................... 36
4. VITA DI MELANIA MAZZUCCO.............................................................................................. 41
4.1. Introduzione.................................................................................................................................... 41
4.2. Prima parte: i personaggi................................................................................................................ 43
4.2.1. Rappresentazione letteraria............................................................................................. 43
4.2.2. Rappresentazione storica................................................................................................ 48
4.3. Seconda parte: i temi...................................................................................................................... 50
4.3.1. Il paese d‟origine............................................................................................................. 50
4.3.1.1. Rappresentazione letteraria...................................................................................... 50
4.3.1.2. Rappresentazione storica......................................................................................... 51
4.3.2. Il viaggio......................................................................................................................... 52
4.3.2.1. Rappresentazione letteraria...................................................................................... 52
3
4.3.2.2. Rappresentazione storica......................................................................................... 54
4.3.3. L‟arrivo in America........................................................................................................ 55
4.3.3.1. Rappresentazione letteraria...................................................................................... 55
La situazione reale degli emigranti in America riportata dalla “storica” Mazzucco. 55
Gli emigranti italiani in America................................................................................. 56
Le opposizioni.............................................................................................................. 61
Le metafore: la malattia e il sogno.............................................................................. 68
4.3.3.2. Rappresentazione storica......................................................................................... 70
5. CONCLUSIONE: UN CONFRONTO FRA IL FONDO DEL SACCO E VITA....................... 76
6. BIBLIOGRAFIA............................................................................................................................ 79
6.1. Fonti primarie................................................................................................................................. 79
6.2. Fonti secondarie.............................................................................................................................. 79
7. SITOGRAFIA................................................................................................................................. 81
4
2. Introduzione
Il tema dell‟emigrazione degli italiani verso l‟America a cavallo tra Otto- e Novecento è un
soggetto abbastanza ignorato nella letteratura italiana novecentesca. Per questa ragione, e
perché la mostra “La Merica! Da Genova ad Ellis Island” 1 al Galata Museo del Mare a
Genova mi aveva affascinata, mi sembrava opportuno approfondire il discorso sugli
emigranti. La storia degli Italiani partiti dalla fine dell‟Ottocento, non costituisce un discorso
univoco, ma consiste in punti di vista diversi. Così agli italiani piace raccontare le storie dei
propri parenti coraggiosi che hanno fatto la traversata verso la cosiddetta “terra promessa”;
mentre dal punto di vista americano, gli Italiani sono tutto fuorché degli eroi, ma vengono
considerati sporchi, inferiori e criminali. Per prima cosa quindi, ci possiamo chiedere come è
descritto questo evento nelle fonti storiche che trattano l‟emigrazione italiana, e che
evidentemente ci possono offrire un punto di vista oggettivo. In secondo luogo, mi sembra
interessante esaminare la rappresentazione nella narrativa degli emigranti in relazione con la
loro nuova vita americana. Nella tesi quindi confronterò la realtà storica dell‟emigrazione
italiana con la rappresentazione letteraria di ciò. I romanzi analizzati sono rispettivamente Il
fondo del sacco (1970) dello scrittore svizzero Plinio Martini e Vita (2003) di Melania
Mazzucco.
Per l‟analisi dei due romanzi, considererò quattro aspetti diversi circa l‟emigrazione verso
l‟America: in primo luogo i protagonisti dell‟avvenimento, cioè gli emigranti stessi; in
secondo luogo le tappe consecutive dalle quali consiste l‟emigrazione, ovvero la partenza dal
paese d‟origine, seguito dal viaggio oltreoceano in barca, fino all‟arrivo in America. Per ogni
singolo aspetto analizzerò dunque la rappresentazione lettararia, ossia il modo in cui vengono
affrontati i personaggi ed il tema dell‟emigrazione nei romanzi, paragonata alla
rappresentazione storica. Dopo l‟analisi dei due singoli romanzi, concluderò il discorso con
un confronto fra Il fondo del sacco e Vita.
Come detto, l‟emigrazione degli italiani verso l‟America a partire della fine dell‟Ottocento è
un tema al quale è prestata poca attenzione nella letteratura italiana; Martino Marazzi,
professore di letteratura italiana, prova a spiegare questo fenomeno particolare:
The long-standing unease of the Italian intellectual toward another Italy plays a part: an
Italy so subordinate as to be far away, unknown at home, and not easily defined using the
1
La mostra si svolgeva a Genova dal 20 giugno 2008 al 30 settembre 2009.
5
tools of an abstract ideology, an Italy, therefore, that is not compatible with the ritual
apologias and curses uttered in relation to the New World. 2
Quindi Marazzi attribuisce la lunga scarsità d‟attenzione nella letteratura al tema, fra l‟altro,
all‟ignoranza dell‟esistenza di quell‟altra Italia, ossia la nuova vita degli italiani costituita in
America, lontana dal paese d‟origine e dalla famiglia. Per i parenti rimasti a casa, l‟Italia in
America rappresenta piuttosto un‟idea astratta, un‟altra realtà in prima persona sconosciuta, o
almeno sconosciuta nel senso che non l‟hanno vissuta.
Questa idea dell‟esistenza di un‟altra realtà non può essere riconciliata con i principi
dell‟unificazione dell‟Italia nel 1861. È quindi molto importante prendere in considerazione il
periodo in cui ha luogo l‟emigrazione, ovvero nel momento in cui viene costituito il Regno
d‟Italia. Durante la costituzione di un regno unificato per il popolo italiano, non conviene
parlare di un‟altra Italia, che si trova all‟altro lato dell‟oceano. “Italian intellectuals could not
bring the displaced other Italy into their ideological paradigm – that Italy settling in the
States and other foreign nations by the 1870s.”3 In contrasto con l‟emigrazione dunque, i temi
come il Risorgimento e l‟unificazione del paese rappresentano dei temi ricorrenti che
enfatizzano l‟esistenza di un Regno unificato. “It appears that the mere discussion of
migration during that time would have greatly damaged the ideology and construction of a
unified nation.”4 In questo modo è evidenziata l‟omissione nei testi narrativi per poter
proteggere l‟idea dell‟unificata nazione italiana. Questo pensiero è illustrato nella citazione
seguente da Sollors che afferma che i testi narrativi funzionano fra l‟altro come “productive
forces in nation-building enterprises.”5
The strategic effort to create a collective imaginary of Italy as a strong nation resulted
directly from the publication of works whose content was geared to build and give
authority to the image of just one Italy and of one unified group of Italians. 6
Certamente l‟emigrazione italiana non rappresenta un tema lasciato completamente fuori dalla
tradizione letteraria. Pure i protagonisti della letteratura a cavallo tra „800 e „900, come Verga
2
Martino Marazzi e Ann Goldstein, Voices of Italian America: A History of Early Italian American Literature
with a Critical Anthology, Madison-Teaneck (New Jersey), Fairleigh Dickinson University Press, 2004, p. 292.
3
Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of the
Italian Migration, in “MLN”, n° 1, gennaio, anno 2009, vol. 124, pp. 293-315, cit. p. 295.
4
Ivi.
5
Werner Sollors, Introduction: The Invention of Ethnicity, in Id. The Invention of Ethnicity, New York, Oxford
University Press, 1989, pp. ix-xx, cit. p. xv.
6
Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of the
Italian Migration, p. 296.
6
e Pirandello, ed anche quelli della letteratura novecentesca, come Moravia e Pasolini, hanno
affrontato il tema dell‟emigrazione. Secondo Marazzi però, gli scrittori appena menzionati
trattano soltanto la dicotomia fra il contro-americanismo pubblico e il sogno americano
privato, invece che la storia secolare dell‟emigrazione 7. Un altro critico però, Sebastiano
Martelli, non nega la scarsità d‟attenzione al fenomeno, ma enfatizza l‟importanza dei
contributi nell‟ambito della scrittura sull‟emigrazione citando le opere di De Amicis, Pascoli,
Pirandello e Francesco Perri. Martelli afferma che “[...] significanti incursioni, sia pure
quantitativamente limitate, possono rintracciarsi tra i maggiori protagonisti della letteratura
coeva [...].”8 La ristrettezza di opere letterarie che affrontano il tema dell‟emigrazione è
quindi un fatto; mentre il valore di queste opere, come pare, può ancora essere dibattuto.
Ancora nel contesto della scarsità d‟attenzione all‟emigrazione, Martelli cita fra l‟altro
l‟importanza di Plinio Martini come scrittore che prova a combattere tale mancanza nella
letteratura italiana contemporanea in generale, oppure nella letteratura svizzera – in lingua
italiana – in questo caso preciso 9. Per molto tempo quindi, l‟emigrazione è stata considerata
un tema piuttosto marginale da molti scrittori, mentre secondo Melania Mazzucco la scarsità
dell‟attenzione rappresenta “a problematic lack of national memory”10. La rilevanza della
scrittrice in relazione con il romanzo Vita, che affronta il tema dell‟emigrazione in modo
abbastanza dettagliato, viene segnalata dalla Lucamante e da Marazzi:
In her novel, Mazzucco makes steps to mend what Marazzi refers to as the “sore point in
the relations between Italian culture and that of the United States” (295). She narrates the
Italian diaspora to the United States in order to challenge the silence of Italian novelists
who traditionally considered the topic of migration as a literary “non-place”.11
Per quanto riguarda la mia analisi dei due romanzi, in generale, secondo me, non possono
essere “accusati” di non rimanere fedeli alla storia visto che evidentemente sono delle
produzioni letterarie e quindi l‟invenzione è una costante e dipende dall‟intenzione
7
Martino Marazzi, Voices of Italian America, p. 306.
Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio
Martini, in AA.VV., Lingua e letteratura italiana in Svizzera, Bellinzona, Casagrande, 1989, pp. 137-152, cit. p.
137.
9
Nella tesi adopero il termine „letteratura italiana‟ ma intendo in questi casi anche la letteratura svizzera italiana
di Plinio Martini.
10
Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of
the Italian Migration, p. 294.
11
Ibidem, p. 297 e Martino Marazzi, Voices of Italian America, p. 295.
8
7
dell‟autore. Ma mi sembra interessante esaminare in quale misura le opere rispecchiano la
realtà storica, oppure vedere perché e per quali ragioni omettono certe parti della storia.
La storia e la narrazione di ciò, formano quindi la base della mia analisi. In generale, la storia
e la letteratura rappresentano due discipline spesso tenute lontano l‟una dall‟altra. In parecchi
casi comunque, è possibile integrarle in un insieme coerente, è quello che tentano le opere che
“raccontano” la storia. Ciò emerge anche in entrambi i romanzi che ho analizzati, che
asseriscono la loro “storicità”, ovvero affermano la realtà storica delle storie raccontate,
affermano quindi che sono realmente accadute. Una lunga storia letteraria però precede questo
discorso, una storia nella quale prevalse il nesso inseparabile fra la storia e la narrazione. La
narrazione rappresentava la storia in modo accurato: così la verosimiglianza e il gran numero
di dettagli costituivano la base del realismo classico ottocentesco. Un rapporto però che
cambia completamente con l‟arrivo del Novecento, con il contributo alla fine di un processo
che però già si avvia con il dato che Manzoni, in particolare coi saggi “Del Romanzo Storico e
de‟ componimenti misti di storia e d‟invenzione” e “Dell‟Invenzione”, entrambi pubblicati fra
le Opere varie (1850). La domanda principale nelle Opere varie è “Cosa fa l‟artista quando
inventa?”12. La citazione seguente, che spiega l‟intento di Manzoni in “Del Romanzo
Storico”, dimostra più chiaramente l‟impatto di Manzoni sull‟evoluzione nella riflessione
teorica sul rapporto tra storia e narrazione:
[...] nella seconda [parte del saggio, Manzoni] studia due generi che nella letteratura
antica e in quella moderna hanno mescolato storia ed invenzione: il poema epico e la
tragedia storica. Come questi due generi, il moderno romanzo storico vuole mescolare –
secondo Manzoni – due cose del tutto eterogenee quali l‟invenzione della fantasia e il
documento della storia. Il romanzo storico aspirerebbe a una rappresentazione della verità
storica, ma, proprio in quanto romanzo, cioè genere d‟invenzione letteraria, esso non può
che rappresentare il vero poetico o verosimile (cioè qualcosa che potrebbe verosimilmente
accadere), mentre oggetto della storiografia è la narrazione del vero positivo, cioè di
qualcosa che è realmente accaduto, che è un “dato di fatto”. 13
Manzoni funziona dunque come ponte fra la tipica verosimiglianza ottocentesca e
l‟indebolirsi del rapporto stretto fra verità storica e invenzione, ossia la narrazione, nel
Novecento. Gli scrittori ottocenteschi descrivono una realtà accurata che rispecchia il mondo
12
http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/manzoni/b33.html, Viaggi nel testo. Classici della
letteratura italiana, ultima verifica: 02-08-2010.
13
http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/manzoni/b31.html, Viaggi nel testo. Classici della
letteratura italiana, ultima verifica: 02-08-2010.
8
dei lettori e l‟invenzione viene piuttosto negata. La storia e la narrazione appartenevano alla
stessa disciplina. Manzoni poi riconosce la presenza dell‟invenzione nella narrativa, anche
nelle opere che rappresentano la realtà storica. Questa evoluzione risulta in una separazione
definitiva fra storia e narrazione nel Novecento. È però quella separazione che viene messa in
discussione dall‟approccio postmoderno. Linda Hutcheon afferma che l‟enfasi è centrata
piuttosto “on what the two modes of writing share than on how they differ.”14 La fusione della
storia e della narrazione vediamo evidenziata, secondo la teoria postmoderna della Hutcheon,
in “historiographic metafiction”:
Historiographic metafiction suggests that truth and falsity may indeed not be the right
terms in which to discuss fiction […]. Postmodern novels […] openly assert that there are
only truths in the plural, and never one Truth; and there is rarely falseness per se, just
others‟ truths.15
Importante in quest‟evoluzione verso il postmodernismo nel Novecento è lo spostamento
dalla Grande Narrazione ai piccoli racconti, come indicato da Jean-François Lyotard ne La
condition postmoderne. Quindi uno spostamento che si distanzia dalla stabilità e dall‟unicità,
e va verso la frammentazione. Prevalgono le “storie piccole”, ossia le storie molteplici e
inconciliabili, che problematizzano il reperimento di conoscenza esatta e vera. Se
confrontiamo questo discorso lyotardiano al procedimento degli autori dei romanzi analizzati,
constatiamo che né la Mazzucco né Martini sono stati testimoni oculari dei fatti che
raccontano, e che quindi raccontano una storia della quale hanno solo “sentito parlare”. I
romanzi sono basati sulla ricerca, sulla consultazione degli archivi. In questo modo tentano di
ricreare il passato, cioè un passato vissuto dai loro parenti o dai connazionali. Gli autori
ricostruiscono la storia personale, ma contemporaneamente anche quella collettiva dell‟Italia.
Non possono fornire al lettore una versione unica della realtà storica, perché non esiste una
verità unica, ma piuttosto delle verità molteplici. Così creano una “storia piccola”, cioè
individuale, di una famiglia; ma una storia che vale anche per tutta la nazione, anzi, funziona
come memoria comune, che è andata persa – dato la scarsa attenzione al tema, come dice lo
storico Willie Thompson “that particular microhistories […] can illuminate an entire social
order and that broad-ranging interpretations are perfectly legitimate.”16 Ancora in
quest‟ottica, anche la Turnaturi afferma questa funzione precisa della letteratura: “[...] i
14
Linda Hutcheon, A Poetics of Postmodernism, London, Routledge, 1988, p. 105.
Ibidem, p. 109.
16
Willie Thompson, Postmodernism and history, Hampshire, Palgrave Macmillan, 2004, p. 122.
15
9
grandi testi letterari alludono sempre a un mondo intero e perciò lo riconnettono dando
significato al frammentario.”17
La letteratura dà voce allo scarto, al singolare, al dissimile e proprio per questo produce
verità, se per verità intendiamo il tener insieme differenze e singolarità, universale e
particolare. [...] la letteratura dà voce alle dissonanze di cui è intessuta la vita, può dire la
contraddizione. 18
Thompson afferma anche che vi è stata un‟interferenza del postmodernismo nel rinnovato
interesse per il tema dell‟emigrazione. Così l‟approccio postmoderno presta più attenzione ai
gruppi o agli individui trascurati nella letteratura per molto tempo, cioè “all sorts of
suppressed, disregarded, despised groups, individuals and collectives”19. Thompson indica
inoltre l‟importanza di questa evoluzione che: “enables the previously unrepresented to find a
historical voice”20. Lo storico ci dà quindi la ragione principale perché oggi fra l‟altro gli
emigranti italiani, prima considerati inferiori e falliti nella vita, si spostano verso il centro
dell‟attenzione; appunto perché non potevano essere visti come i grandi esempi per la società
italiana alla fine dell‟Ottocento.
In sintesi, ancora nell‟ambito postmoderno, l‟analisi che segue non si concentrerà sulla
rappresentazione dei fatti storici fatta dagli storici, ossia dalla storiografia, ma sulla
rappresentazione della storia nella letteratura. Quello che fanno gli scrittori, è creare,
descrivere una storia, un racconto, basato sulla Storia, che è molteplice. Così, la storiografia,
sulla quale sono basati i romanzi discussi, consiste in un paradosso: “There is always not
enough evidence and yet too much of it”21. Da questa molteplicità di fonti storiche, il
romanziere crea la sua storia. E, con riferimento alla Mazzucco e al Martini, questi autori
creano una “storia piccola”, cioè una storia concentrata su un individuo, o pochi personaggi,
oppure nel caso della Mazzucco, su una famiglia.
Gli scrittori creano quindi una storia individuale e di ciò raccontano una parte specifica. Plinio
Martini ad esempio, esclude una gran parte dalla storia emigratoria, anzi, elimina quasi tutto il
soggiorno americano. Martini parla soltanto di un piccolo aspetto dell‟emigrazione, mentre la
storia della Mazzucco si estende dall‟Italia fino all‟America, dalla gioventù alla vecchiaia.
17
Gabriella Turnaturi, Immaginazione sociologica e immaginazione letteraria, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 22.
Ibidem, p. 23.
19
Willie Thompson, Postmodernism and history, p. 22.
20
Ivi.
21
Ibidem, p. 29.
18
10
Secondo Willie Thompson però, questa differenza fra i due romanzi non influenza
l‟accuratezza della rappresentazione della realtà nelle storie descritte: “Reality being
inexhaustible, any representation of it is bound to be partial and incomplete – that does not
mean that it need not be accurate within its limits.”22 La mia analisi, dunque, seguirà la
rilevanza data dagli autori a certi aspetti dell‟emigrazione, così per spiegare l‟ampiezza
oppure la sinteticità delle parti diverse.
22
Ibidem, p. 55.
11
3. Il fondo del sacco di Plinio Martini
3.1. Introduzione
Quando si legge un libro che tratta dell‟argomento dell‟emigrazione italiana verso l‟America,
come viene descritta da Plinio Martini ne Il fondo del sacco, il lettore potrebbe chiedersi se la
storia descritta nell‟opera corrisponde fedelmente alla storia reale. Questa sembra essere una
problematica centrale nei libri discussi, però anche altri temi legati all‟emigrazione ritornano
in fasi diverse della storia dell‟emigrante, cioè il paese d‟origine, nel caso de Il fondo del
sacco sarà il Ticino svizzero, seguito dal viaggio di andata ma spesso anche di ritorno, e
infine l‟arrivo in America. Il lettore percepisce il viaggio dell‟emigrante attraverso il punto di
vista del narratore che racconta gli eventi vissuti dagli emigranti. L‟analisi si concentra quindi
nella misura in cui questo punto di vista rispecchia la realtà storica.
3.2 Prima parte: i personaggi
3.2.1. Rappresentazione letteraria
Gori Valdi, così si chiama il protagonista de Il fondo del sacco del Martini, racconta la storia
della sua vita, dalla sua gioventù passata a Cavergno in Svizzera, seguita dall‟emigrazione in
America, fino al ritorno definitivo al paese d‟origine. La storia di Gori si sviluppa così fra le
sue età diverse, delle quali l‟adolescenza, cioè il periodo in cui si trova in America, sarà per
lui la più tragica, la più drammatica che lo segnerà per la vita. Essenziale per l‟analisi però, è
il fatto che l‟America è stata un‟esperienza piuttosto negativa per Gori, per fattori diversi
analizzati qui sotto, un costante già chiaro dalle primissime parole enunciate da Gori all‟inzio
del racconto: “Non tornerò in America23”. Il protagonista sente proprio la necessità di
parlarne, cioè di raccontare al lettore che cosa è successo durante il suo soggiorno americano,
però anche quello che è successo prima della partenza, fra cui gli incontri con Maddalena che
avranno un impatto enorme sul viaggio di Gori. Raccontarne forse lenirà il suo dolore, come
dice lui stesso: “per levarmela di testa forse devo parlarne una volta fino in fondo24”. Qualche
volta il narratore si riferisce esplicitamente al titolo stesso, vuole proprio “vuotare il sacco
fino in fondo25”. Qui si può già scorgere il tono abbastanza emozionale del romanzo, cioè una
23
Plinio Martini, Il fondo del sacco, Bellinzona, Casagrande, 2005 (1° ediz. 1970), p. 7.
Ibidem, p. 7-8
25
Ibidem, p. 8
24
12
storia piena di ricordi, di dolore e di malinconia. Questi aspetti riguardano piuttosto la
tematica del romanzo e vengono perciò analizzati nella parte che tratta il paese d‟origine.
La maggior parte dei ricordi hanno a che fare con il personaggi di Maddalena, di cui si è
innamorato già da quando era ancora un ragazzo. Il nome, Maddalena, viene già nominato
nell‟incipit. La storia del loro paese e poi dell‟emigrazione si sviluppa dunque intorno a questi
due personaggi centrali. Altri personaggi descritti dal Martini sembrano soprattutto gli abitanti
della Svizzera, mentre quelli dell‟America vengono descritti piuttosto in modo più generale:
non viene menzionato un nome proprio o gli americani non vengono descritti in modo
dettagliato: ne sappiamo poco. Gli svizzeri però, soprattutto la sua famiglia ed i vicini, che
sono quasi considerati famiglia per via della dimensione ristretta del loro paese, sono
rappresentati tutti come gente umile, sono dei contadini che lavorano nei campi, abituati al
lavoro duro nelle montagne; la loro semplicità è centrale. Insomma, un‟opposizione molto
chiara, spiegata più in dettaglio qui sotto.
Mi sembra opportuno descrivere il personaggio di Gori in relazione con gli altri, cioè con
Maddalena, con la famiglia svizzera e infine con gli americani. Plinio Martini rappresenta il
suo protagonista Gori come un giovane ragazzo svizzero, ormai ventenne (nato nel 1928) che
risiede a Cavergno. Lavora, quando è possibile, nelle montagne solo con suo fratello Antonio.
Non avendo molto contatto con il mondo esterno, sarà proprio con Antonio che emigrerà
verso l‟America. Molti saranno quindi i riferimenti ai parenti, anche se spesso abbastanza
superficiali, per esempio la madre viene menzionata soltanto in rapporto con l‟emigrazione
del figlio. In queste descrizioni di lei, sono sempre presenti i sentimenti di dolore e
evidentemente di preoccupazione di una madre lasciata dai suoi due figli. Perciò lei dimostra
disprezzo per il futuro paese di Antonio e Gori: “Per lei la California era il cimitero dei suoi
figli, un paese immenso pieno di tentazioni e di pericoli, dove si dimentica il bene ricevuto e
si perde l‟anima.”26, oppure dal punto di vista di Gori: “L‟America per lei era la porta
spalancata dell‟inferno.”27
Come ho già accennato, è il legame fra Gori e Maddalena che avrà l‟impatto più grande sulla
partenza del protagonista e che renderà la sua esperienza piuttosto negativa.
26
27
Ibidem, p. 110.
Ivi.
13
E intanto che guardo fuori dalla finestra e vedo le solite cose, penso che sarebbe troppo
bello poter girare indietro la vita come i chilometri dell‟auto e metterli a zero, alla
stazione quel giorno che sono partito, e c‟era Maddalena: la stazione era una scatola di
zolfanelli messa in capo a quei due binari a scartamento ridotto che avevamo in valle, e
maledico ancora oggi il trenino che mi ha portato via.28
Questo legame rimarrà centrale nel romanzo; l‟amore come ragione principale su cui è basata
la scelta di emigrare oppure di restare a casa con la famiglia. In Vita di Melania Mazzucco per
esempio, i protagonisti sono emigrati da bambini e conseguentemente non hanno fatto la
scelta loro stessi. Nel caso di Gori però, partirà, perché sente una certa necessità “perché
avevo il biglietto in tasca pensavo di dover partire29”, ma anche perché “ero un uomo, ormai
indietro non potevo tornare.”30 Sarà proprio il ricordo della sua casa, della sua famiglia ma
soprattutto della sua ragazza, Maddalena, che lo tiene in piedi durante il soggiorno americano,
ma che anche sarà la ragione principale della sua malinconia continua “già lo sapevo che
sarebbe stata dura per me l‟America con quell‟amore in corpo”31. Prima della partenza
dunque, si pente già la partenza, soprattutto pensando a Maddalena; così dopo un giorno
insieme si lamenta: “quella notte maledissi una volta di più l‟America e la mia idea
d‟andarci.”32
Infine, per quanto riguarda Gori in relazione con gli americani, ne sappiamo poco, perché,
come già detto, l‟America ed i suoi abitanti vengono descritti in modo superficiale. La parte
più importante del romanzo riguarda il paese d‟origine Cavergno, visto che l‟intenzione del
Martini è piuttosto di dipingere un quadro chiaro della situazione sociale di questo paesino e i
suoi dintorni. Lo scrittore tenta di mostrare al lettore la durezza della vita contadina all‟inzio
del Novecento. Così l‟America rimane piuttosto un luogo lontano e comunque abbastanza
vago. Nei casi sporadici in cui Martini descrive Gori mentre si trova in America, lo
rappresenta soprattutto in relazione con dei parenti oppure con degli italiani. “[...] altro che
angelo se penso che era Dora con tutti i suoi seni e le sue gambe sotto la vestaglia; ma per
quel momento ciò che di lei m‟incantò di piú fu che cominciò subito a parlarmi in italiano.” 33
Questo esempio dimostra anche chiaramente la preferenza di Gori per gli italiani e gli
28
Ibidem, p. 7.
Ivi.
30
Ibidem, p. 103.
31
Ibidem, p. 102.
32
Ibidem, p. 103.
33
Ibidem, p. 145.
29
14
svizzeri, mentre disprezza piuttosto gli americani, anche se non vengono mai descritti come
individui propri, ma sempre come un‟unita: l‟americano in generale.
Questo era un paese intero fatto là in fretta, ogni cosa imbastita a grandi punti senza
amore. Ecco, l‟America era un paese senza amore. Un paese dove ciascuno viveva per
conto suo, e la gente poteva perdere la strada ad andare da una casa all‟altra. 34
3.2.1. Rappresentazione storica
3.2.1.1. Introduzione: la presenza di un solo punto di vista
Una prima differenza notevole con La Storia è la mancanza del punto di vista americano.
Plinio Martini rappresenta soltanto gli abitanti ticinesi. Dal momento in cui porta il lettore
insieme con il protagonista in America, il lettore può seguire soltanto il punto di vista del
protagonista: quello che è presente è il senso di disprezzo da parte del protagonista, però un
americano non viene mai descritto neanche in modo superficiale. Gli unici personaggi in
America che vengono menzionati, sono dei parenti, degli abitanti svizzeri oppure degli
italiani, mai però un personaggio americano. Questa angolazione particolare dello scrittore fa
pensare direttamente alla rappresentazione letteraria oppure cinematografica di altri
avvenimenti storici. L‟esempio più evidente di questo è senza dubbio la riproduzione della
seconda guerra mondiale. Tantissimi esempi raccontano l‟evento spesso da un solo punto di
vista. Una conseguenza logica di ciò è che il punto di vista non menzionato rappresenta
piuttosto i “cattivi”, cioè i nemici, mentre ritroviamo i “buoni” dall‟altro lato della storia.
Un‟illustrazione di ciò che si è affermato finora potrebbe essere Saving Private Ryan, di
Steven Spielberg, che racconta la storia da un solo punto di vista dimostrando chiaramente
l‟opposizione fra i buoni americani ed i cattivi tedeschi.
Evidentemente, ogni avvenimento storico che viene rappresentato, sia tramite la letteratura,
che tramite il cinema, viene sempre raccontato da un certo punto di vista. Poiché Plinio
Martini è vissuto a Cavergno, la sua scelta del punto di vista dei ticinesi è una scelta logica.
Quindi in questa prospettiva, troviamo infatti sempre una parte della storia che viene per così
dire omessa. Davanti agli occhi del lettore o dello spettatore viene presentata la visione
soggettiva dello scrittore oppure nel caso dei film, del regista. Evidenzia piuttosto una
34
Ibidem, p. 37.
15
caratteristica tipica di qualsiasi forma narrativa che uno sbaglio storico; tuttavia si distingue
dalla storia oggettiva come la possiamo leggere nei manuali storici.
Così, la rappresentazione letteraria da un punto di vista nazionale, può certamente avere un
effetto sulla maniera in cui viene riprodotta la storia reale. La parte storica che viene
effettivamente riportata, anche se non è una totalità, può rimanere fedele alla storia, oppure
può prenderne le distanze. In questa prima parte di confronto tenterò di dimostare se la
rappresentazione letteraria dei personaggi ne Il fondo del sacco rispecchia fedelmente gli
emigrati che hanno attraversato l‟oceano nel passato.
3.2.1.2. Analisi dei personaggi
Ne Il fondo del sacco, i personaggi sono descritti con naturalezza. Le caratteristiche che ci
vengono presentate nel romanzo come la quotidianità, la vita contadina e la semplicità, creano
una certa immagine davanti agli occhi del lettore. In generale quindi, il romanzo ci dà
un‟immagine della situazione sociale reale dell‟epoca della regione della Val Maggia. Poiché
non è presente un punto di vista americano, l‟immagine si limita a questo riflesso reale degli
emigranti contadini. In quest‟ottica, l‟immagine degli emigranti creata dal popolo americano,
ossia un‟immagine irreale e fantastico perché basata sulla soggettività, è assente nel romanzo.
Come vengono visti gli immigrati italiani (o svizzeri in questo caso) 35 dagli occhi americani
determina l‟immagine presente ne Il fondo del sacco che può avere una connotazione negativa
oppure positiva. Secondo Ilaria Serra questa immagine creata dagli americani è fondamentale:
ha inizio come un pregiudizio, però può trasformarsi in un‟immagine fissa seguita da una vera
cristalizzazione di ciò in uno stereotipo36. Il pericolo sta nel fatto della persistenza di questi
stereotipi, anche se in realtà sono falsi e solo basati su pregiudizi. Spesso sono i bassi livelli di
vita e le caratteristiche razziali differenti che pongono le basi per questi pregiudizi37. Ne Il
fondo del sacco però, questo altro lato della descrizione degli emigrati non è rappresentato,
per l‟assenza di un punto di vista americano. Perciò questo aspetto verrà discusso più
estesamente nella parte che tratta di Vita di Melania Mazzucco.
Quindi come già accennato, gli emigrati ticinesi rispecchiano soprattutto la realtà povera e
contadina da cui partono. Rappresentano una realtà storica, una realtà veramente vissuta; ciò
35
Dal popolo americano, Gori, in realtà svizzero, viene considerato italiano perché parla appunto l‟italiano.
Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, l'emigrazione italiana negli Stati Uniti fra i due secoli (1890-1924),
Verona, Cierre, 1997, p. 28.
37
A. Meier Schlesinger, The significance of immigration in America history, citato a proposito di Ilaria Serra,
Immagini di un immaginario, p. 28.
36
16
viene ancora rafforzato dall‟avvertenza nel romanzo in cui Martini esplicita che “I fatti qui
raccontati sono quasi tutti realmente accaduti.”38 Quindi non c‟è dubbio sulla verità degli
avvenimenti descritti nel romanzo che servono soprattutto a delineare un quadro generale
della situazione emigratoria. Da questa prospettiva, i contadini ne Il fondo del sacco possono
essere considerati piuttosto come una microsocietà, almeno per quanto riguarda la situazione
nel loro paese d‟origine, un‟impostazione che cambia una volta arrivati in America; il
romanzo rappresenta un caso particolare che di fatto vale per la maggioranza delle situazioni
degli emigrati all‟inzio del Novecento, cioè gli immigranti di prima generazione che partono
per l‟America fra 1876-192439. Inoltre, come afferma la Serra, “Tre quarti degli immigrati
provengono dal Mezzogiorno; quasi tutti, meridionali o settentrionali, sono contadini.”40,
appunto come gli abitanti di Cavergno.
In Immagini di un immaginario, la Serra analizza delle autobiografie e delle interviste degli
emigranti e i documenti lasciano, secondo lei, un‟impressione piuttosto positiva
sull‟esperienza emigratoria. Però dipende se si tratta del punto di vista di un emigrante
ritornato in Italia, oppure di un emigrante integrato interamente nella società americana.
Come il protagonista de Il fondo del sacco, sono quelli che sono rimpatriati che rimangono
delusi, mentre gli italo-americani, cioè gli immigrati di seconda generazione 41 si ricordano
soltanto le esperienze belle, ormai raggiunto finalmente il sogno americano “[...] quello che
Mario Puzo chiama “il più prezioso dei doni umani, quello della falsificazione retrospettiva:
ricordare il bello e non il brutto””42 Poiché i documenti di prima mano riguardano
l‟esperienza descritta dagli emigranti, vengono analizzati più in dettaglio nella parte seguente
che tratta dell‟arrivo.
In conclusione, Il fondo del sacco rispecchia in modo abbastanza dettagliato la realtà vissuta
dagli emigranti, cioè almeno la realtà della vita quotidiana nel paese d‟origine. La differenza
principale con la storia consiste nell‟assenza della descrizione dell‟esperienza in America e
nell‟assenza quindi del punto di vista americano. La riproduzione del punto di vista dei
contadini svizzeri risulta in una descrizione vaga e superficiale del popolo americano, che
però rappresenta anche un lato fondamentale della storia emigratoria. In secondo luogo, Il
38
L‟avvertenza in Plinio Martini, Il fondo del sacco, 2005.
Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 25.
40
Ivi.
41
“un americano di origine italiana” è il termine usato dalla Serra per indicare poi la terza generazione, ibidem,
p. 27.
42
Mario Puzo, Choosing a dream, in T.C. Wheeler, The immigrant experience, p. 44, citato a proposito di Ilaria
Serra, Immagini di un immaginario, p. 164.
39
17
fondo del sacco rispecchia l‟esperienza negativa di Gori, mentre in realtà molti emigranti
hanno potuto realizzare il sogno americano. Infine, secondo l‟approccio postmoderno, la
storia di Gori rappresenta una “storia piccola”, ossia una storia che tratta soltanto la realtà di
alcuni contadini svizzeri; la storia però vale per tutti gli emigranti svizzeri e italiani che hanno
fatto la traversata.
3.3. Seconda parte: i temi
3.3.1. Il paese d‟origine
3.3.1.1. Rappresentazione letteraria
Le brutte condizioni di vita
L‟incipit ci mostra il paese d‟origine del protagonista, cioè Cavergno in Svizzera. Già dalle
primissime righe il lettore nota una prima opposizione fra la terra d‟origine dei futuri
emigranti e la cosiddetta “terra promessa”, cioè l‟America: il paese viene sempre associato
alla povertà, alla disoccupazione, alle malattie, alla scarsità del cibo, anche dopo il ritorno
dall‟America. Quando descrive la sua vita, il protagonista usa delle immagini semplici e
quotidiane, sottolineando la propria semplicità, e quella del paese e dei suoi abitanti. Le sue
metafore evocano la vita contadina a cui è così abituato. “Ormai sono un pover‟uomo che ha
soltanto un mucchio di tristezza da tirar dietro: per me la vita è diventata come una domenica
d‟agosto passata in casa quando sono andati via tutti.”43 e più avanti “Potessi tornarci, ti
giuro che mi sederei sulla valigia testardo come il vitellone che non vuole più salire e gli
devono lasciar fare la notte a metà strada dal corte.”44
È proprio la povertà che inizialmente lo fa emigrare verso l‟America. Qui nell‟incipit
leggiamo però che è solo un‟illusione perché ormai ritornato, le condizioni di vita non sono
migliorate come il protagonista aveva pensato prima della sua partenza. Nella regione in cui
abita Gori, la disoccupazione è uno dei problemi fondamentali: i contadini lavorano nelle valli
soltano durante l‟inverno. Quel lavoro però, è anche una causa diretta delle morti precoci dei
giovani: “Sugli alpi ne morivano tutti gli anni, ed eravamo sempre noi giovani a metterci la
pelle.”45 Per sottolineare i pericoli e la miseria che porta la situazione con sé in questo tempo,
43
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 7.
Ivi.
45
Ibidem, p. 16.
44
18
segue un elenco di casi precisi, di giovani che hanno trovato la morte a causa del lavoro duro
sulle alpi. Spiega così a Maddalena la necessità di emigrare: “Maddalena, stentai a dirle, non
siamo più ragazzi, e io... Lo sai che devo andare in America a guadagnarmi il pane.”46 Viene
continuamente ripetuto nel romanzo che sono effettivamente le brutte condizioni di vita che
provocano la partenza. Non c‟è lavoro e nei pochi casi fortunati si guadagna pochissimo come
spiega Gori: “Ma in paese un lavoro che è lavoro non si trovava, salvo d‟inverno a portar
letame per le donne che non ce la facevano più; ci pagavano un franco e cinquanta al giorno,
troppo per loro e troppo poco per noi; [...].”47 I pensieri di Gori sono sintetizzati alla fine
dell‟elenco dei giovani morti quano parla di “questa nostra valle di miseria”48.
Il romanzo è scritto come un‟analessi, ossia come un grande ricordo del protagonista; come
già accennato, prova a vuotare il sacco fino in fondo, come esplicita anche il titolo del
romanzo. Mentre racconta la propria esperienza di vita, Gori sta evocando delle emozioni di
nostalgia e di dolore. In questo modo Il fondo del sacco può essere considerato come le
memorie di Gori, che, uomo invecchiato, svela ai lettori la vita già vissuta, come se si trovasse
già alla fine della vita, come se si sentisse già pronto a morire. Quasi tutti i ricordi a cui si
richiama, insegnano ai lettori qualcosa sul paese d‟origine dei personaggi, così di nuovo
sottolineando la loro semplicità, la loro vita contadina. I ricordi evocati riguardano spesso la
povertà e la disoccupazione nel paese, esemplificati nel ricordo seguente di Gori:
Quando c‟era qualcosa di buono da spartire, da come quei piccoli tenevano il fiato capivo
che dovevo fare le fette più sottili della fame; ma nostra madre senza parere aveva gli
occhi da per tutto, e di solito me ne metteva da parte per dopo. 49
A partire dal momento che il sogno americano si è sciolto, prevalgono i ricordi del
protagonista che enfatizzano i sentimenti di dolore e di mancanza. Anche la Serra ha
constatato questa evoluzione nelle autobiografie di alcuni emigrati italiani e cita la Calvi che
distingue il sogno dalla memoria:
L‟anticipazione è il momento del sogno, della prefigurazione favolistica del mondo
lontano, della metropoli, dell‟America. La memoria è quella di ciò che si lascia:
46
Ibidem, p. 10.
Ibidem, p. 12.
48
Ibidem, p. 20.
49
Ibidem, p. 12.
47
19
l‟infanzia, la natura, spesso la religione. Se [...] l‟esperienza tradendo l‟anticipazione si
trasforma in incubo, la memoria del passato si impone prepotente. 50
Cambiamento del punto di vista del protagonista
Dato che le condizioni di vita sono, secondo il protagonista, così brutte, cioè la sensazione che
prevale prima dell‟emigrazione, Gori si concentra sulle grandi aspettative che prendono forma
nella sua testa. Sente parlare gli emigranti già ritornati dall‟America che la descrivono come
la “cuccagna”, però non la sarà mai per Gori. È notevole quindi una chiara separazione fra le
sue aspettative prima del viaggio in America e poi l‟annullamento di queste al momento in cui
ci è davvero arrivato. Così prima prevalgono le sensazioni che il suo paese è veramente
povero e che non vi avrà un futuro solido; inoltre si sente annoiato facendo lo stesso lavoro
ogni giorno, parlando con la stessa gente. Domina dentro di lui la sensazione che la vita degli
altri è sempre meglio “Chissà quanti paesi ci sono al mondo da starci meglio!” seguito dalla
risposta giudiziosa di suo fratello Antonio che non sente il bisogno di partire: “La moglie più
bella è sempre quella degli altri.”51 Gori poi, per tutte queste ragioni arde dal desiderio di
andar a cercare una vita migliore oltre l‟oceano. Rappresenta l‟America come un sogno, il
paese esercita un certo fascino sugli emigrati. Però una volta arrivato, le sue aspettative si
sciolgono davanti ai suoi occhi. Da questo momento in poi predomina il senso di nostalgia,
sente un amore forte per il proprio paesino. Dopo esser stato in America assume un
atteggiamento più giudizioso, come avesse imparato la propria lezione di vita, cioè mostra un
atteggiamento più maturo e ponderato. Le sue aspettative giovanili appartengono ormai al
passato:
Oggi che ho girato il mondo e so che si muore di fame sotto tutti i soli, adesso che so che
i più disperati sono quelli che hanno tutto, così da non restargli più la voglia di niente,
posso quasi ragionarla come lui [cioè suo padre]; ma allora io conoscevo soltanto quello
che toccava a noi, pensavo a Locarno e all‟America ed ero pieno di risentimenti come se
qualcuno mi avesse fatto dei torti.52
Notiamo però proprio l‟opposto quando si trova in America; a questo punto l‟apprezzamento
c‟è per il suo paese d‟origine ormai rappresentato come un sogno:
50
Giulia Calvi, Il testo e lo specchio, in “Memoria-Rivista di storia delle donne”, n. 6, anno 1982, vol. 3, pp. 7879, citato a proposito di Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 200.
51
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 21.
52
Ibidem, p. 24.
20
Quando nel quarantasei arrivai a New York a vedere il mare grigio che si perdeva
all‟orizzonte, pensai che quell‟acqua dall‟altra parte batteva il molo di Genova, a poche
ore da casa nostra, e mi sentii stringere il cuore. [...] mi illudevo di ritrovare il paese come
l‟avevo lasciato, o meglio, come avevo continuato a sognarlo. 53
Quindi l‟unico momento in cui ha potuto trovare la pace, l‟unico momento in cui si sente
veramente felice, è il tempo passato insieme a Maddalena. Prima del loro incontro sogna
d‟emigrare verso il cosiddetto Paradiso; una volta lì, desidera ritornare a Cavergno; e poi
finalmente ritornato, trova Maddalena già morta e non si troverà mai bene né in America, né a
Cavergno.
Questo sentimento doppio, cioè questo cambiamento di prospettiva rimane particolarmente
presente in tutto il romanzo. Così, giusto prima della partenza verso l‟America durante un
colloquio con il personaggio Rocco Valdi di Preda, il lettore può facilmente notare un
protagonista dubbioso che preferisce di restare a casa “E tu minchione la [Maddalena] lasci
qui per andare in California. Cosa speri di trovarci? Un ranch, vacche da mungere, letame. –
Ma io ho neanche un mestiere! Gli gridai, perché mi aveva toccato dove mi faceva piú
male.”54 Sarà proprio questo amore forte per la ragazza che cambierà il suo punto di vista sul
mondo. Notiamo questa trasformazione chiaramente nella seguente reazione da parte di Gori
ad un‟affermazione di Rocco che sta maledicendo Preda e Cavergno:
Io stavo zitto, non sapevo cosa dirgli; sentivo vagamente che dietro le sue parole c‟era un
fondo di verità; oggi so che quella verità si chiama disperazione, ma allora quel
sentimento non lo decifravo, e mi faceva soltanto stare zitto e confuso.55
„Oggi‟, vuol dire al momento del ritorno dall‟America, pare che sia diventato più maturo e
può giudicare in modo più razionale. Infatti, sono frequenti i riferimenti a „oggi‟ e al passato,
e la grande distanza fra questi due. “La rabbia che mi viene oggi che capisco come ero
stupido a vent‟anni: avevo trovato un gran bene, e l‟ho perduto da sciocco, per la fisima di
non campare su quello degli altri, e ci ho poi pensato tutta la vita.”56
Col procedere della storia, Gori diventa sempre più conscio della felicità di cui non si è mai
stato consapevole e che quei momenti ormai appartengono al passato: “[...]; cominciavo a
53
Ibidem, p. 139.
Ibidem, p. 125.
55
Ibidem, p. 129 (sottolineatura mia).
56
Ibidem, p. 167.
54
21
capire che la felicità è fatta di niente, e che io avevo proprio perduto quel niente che può far
contento un uomo.”57 È soprattutto quella sua vita semplice, quel mondo contadino e così
familiare che gli manca quando si trova in America nonostante la possibilità dell‟incertezza
economica. Così sta rievocando vecchi ricordi che riguardano la propria famiglia, dopo i quali
pensa: “Sono momenti che a viverli sembrano niente, e poi invece in America li pensavo
all‟infinito.”58
Cambiamento del paese
Ritornato dall‟America, si trova cambiato lui stesso, però anche il paese ed i suoi abitanti sono
cambiati: “No, ti dico che oggi più nessuno si fa un‟idea delle nostre fatiche di allora. Ed
essere soli, perduti: oggi mi pare che tornerei indietro volentieri per ritrovare Roseto
senz‟auto, senza un motore, il correre del fiume tra gli alni e basta: ma allora quel silenzio ci
pesava.”59 Anche in questa affermazione notiamo un motivo rilevante, cioè quello
dell‟urbanizzazione del paese, ma anche di cambiamenti sociali e quindi cambiamenti di
mentalità. Una volta ritornato, è proprio uno shock per Gori che vede tutto cambiato. Come
appena citato, ormai ci sono delle macchine, c‟è l‟industria, dove una volta c‟era soltanto il
silenzio, il lavoro a mano nelle terre e sugli alpeggi. Ritroviamo la voglia di ritornare ad un
paese ormai sparito anche in questa citazione in cui il giudice sta parlando a Gori di un certo
Lorenzo Rama di Preda.
Ma non ha più trovato il paese [Preda] che sognava. Ha detto che anche qui adesso ci
sono auto dappertutto, televisori, e nei ristoranti giubbò e flipper, e per le strade soltanto
gente che ha fretta: “Non mi piace più, non è più il paese di prima, nel mio ranch c‟è più
pace.”60
Prima dell‟urbanizzazione però, vale a dire il periodo in cui Gori lavora ancora nel proprio
paese, vediamo un paese in decadenza a causa dei giovani svizzeri che lasciano le valli per
cercare una vita migliore altrove.
Il paese diventava ogni anno più magro come uno che ha il verme solitario, ce ne
accorgevamo in chiesa dai vuoti delle panche del coro: gli uomini in giro per il mondo a
patire il male del paese, le donne a invecchiare zitelle nelle case del paese. Era la storia di
57
Ibidem, p. 35.
Ibidem, p. 71.
59
Ibidem, p. 26.
60
Ibidem, p. 85.
58
22
tutte le valli, e più andavi in su, più vedevi case andate alla malora, e fra i vicoli poche
donne con facce di donne invecchiate nel rincrescere. 61
L‟idea del paese che si sta svuotando è quella che rende triste il giudice Venanzio; perciò la
sua rappresentazione dell‟America è molto negativa, anche se non l‟ha mai vista. “Però non
sono capace di pensare a quel mondo senza un risentimento, un‟antipatia certamente
ingiusta, perché ci ha portato via le forze migliori, ci ha impoveriti, ha fatto più vuoti e più
tristi i nostri paesi.”62 Quindi attraverso le parole del giudice, viene rappresentato al lettore, e
così anche a Gori, un aspetto della storia emigratoria. Più specificamente, ci viene comunicata
una conseguenza negativa del flusso migratorio, cioè la fuga dei giovani competenti che
lasciano il paese andare in rovina. “È la California che ha svuotato le nostre regioni: dal
1850 in poi la parte alta della Valmaggia ha perduto il settanta percento dei suoi abitanti.[...]
Gli uomini hanno trovato da vivere meglio altrove [...].”63
Riferimenti alla vita politica, religiosa ed economica
Oltre alla trasformazione paesaggistica, ritroviamo anche degli aspetti riguardanti la vita
sociale in questo tempo, cioè qualche riferimento sia alla vita politica che a quella religiosa ed
economica. Questi aspetti storici vengono spesso filtrati da certi personaggi. È come se il
personaggio del Giudice Venanzio possa essere considerato un insegnante rispetto a Gori e
così anche al lettore. Fa cenni ad alcuni aspetti della storia, soprattutto quella migratoria, però
anche alla vita quotidiana. Così rinvia alla situazione economica del periodo fra il 1932 e il
1940:
Secondo il Giudice Venanzio il lavoro della capanna di Robiei era stato il primo segno
della favorevole congiuntura economica svizzera, la quale dalle città dell‟Altipiano era
giunta anche ai nostri borghi ticinesi, e da qui nelle valli: una congiuntura già scremata,
ma pur sempre un beneficio [...]. Tutte ebbero l‟acqua potabile e si videro i primi bagni;
si comperavano stufe lavandini macchine da cucire apparecchi elettrici, a un certo
momento si misero tutti a comperare la radio. 64
61
Ibidem, p. 76-77.
Ibidem, p. 84.
63
Ibidem, p. 85.
64
Ibidem, p. 93.
62
23
La vita religiosa e la sua importanza viene accennata soprattutto dalla generazione più
vecchia, evidenziata per esempio nella madre di Gori e Antonio che gli raccomanda prima
della partenza:
E mi dovete promettere che andrete sempre a fare il vostro bene, almeno a Pasqua e per i
Morti: grazie a Dio di chiese ce n‟è anche in America, si consacra e si benedice anche di
là del mare. E nessuno vi potrà aiutare meglio dei nostri poveri Morti, che ci hanno
conosciuti e hanno patito le nostre pene. 65
Inoltre, I contadini in questo tempo vengono visti come più conservativi del paese, si
aggrappano fra l‟altro fortemente alla tradizione, così anche a quella dell‟emigrazione; per
esempio quando il padre gli dice “Ho sempre pensato che qualcuno di voi sarebbe dovuto
emigrare [...]. Il nostro è un paese così, alleviamo dei figli per spedirli, speriamo almeno che
il Signore tenga conto della nostra tribolazione.”66 Anche da parte di Gori: “E m‟insegnava a
vedere il mio come uno dei tanti casi del nostro paese; non sarei andato via se per noi
emigrare non fosse stata una tradizione.”67 Un altro esempio è la tradizione intorno al
matrimonio che ci è bene testimoniata; la citazione seguente dimostra allo stesso tempo anche
l‟importanza religiosa a questi tempi: “[...] e il vecchio Lopetro e nostro padre avevano anche
voluto che andassimo da buoni cristiani a fare la promessa davanti a Don Giuseppe.”68
Siccome eravamo fidanzati [...] alla sera quando andavamo da una casa all‟altra ci
accompagnavano Candida o Maria. Maria prendeva sul serio il suo compito di paraninfa
[l‟accompagnatrice (d‟obbligo, ai tempi della nostra storia) dei fidanzati al momento delle
visite ai parenti]69
Gli aspetti emotivi
Infine, quello che rimane una costante in tutti gli aspetti discussi fino a questo punto, è il
rilievo dato agli aspetti emotivi. Riscontriamo questa enfasi soprattutto nei ricordi evocati da
Gori sul tempo speso a ed intorno a Cavergno. Evidentemente sono soprattutto i brani che
trattano del suo rapporto con Maddalena e con sua famiglia, oppure dei momenti in cui viene
menzionata la sua partenza. Un‟illustrazione di ciò che si è affermato finora risulta dal passo
nel quale sono arrivati i permessi: “I permessi per noi arrivarono verso la metà di dicembre e
65
Ibidem, p. 110.
Ibidem, p. 73.
67
Ibidem, p. 94.
68
Ibidem, p. 167.
69
Ibidem, p. 167-168 (nota aggiunta da Martini).
66
24
nostra madre quel giorno lo pianse tutto quant‟era lungo senza però mai smettere di fare le
sue cose.”70 Più estesi poi sono i passi che riguardano l‟addio fra Maddalena e Gori:
“Piangeva e seguitava a dire che stupida, io avrei dato la vita per consolarla, ma non sapevo
cosa dirle; io sono di quelli che non trovano mai le parole giuste.”71 E ancora più avanti:
“Oh, Gori, io sono tua, e non m‟importa niente del resto. Ma tu hai da partire, lasciami
piangere perché devi andar via...”72 Il culmine dell‟enfasi sugli aspetti emotivi viene
raggiunto nel momento in cui Maddalena muore qualche mese dopo l‟arrivo di Gori in
America.
3.3.1.2. Rappresentazione storica
Come già menzionato, la rappresentazione degli abitanti di Cavergno e dei dintorni sono
basati su personaggi reali, come chiarisce Martini nell‟avvertenza del romanzo.
L‟impostazione dell‟autore sta nella tentazione di rispecchiare quella realtà contadina
all‟inizio del Novecento, scrivendo una sorta di cronaca nei capitoli “dedicati alla cronaca e
vita nella Valle ed all‟emigrazione”, come afferma Sebastiano Martelli73. Evidentemente,
Plinio Martini si è basato sulla consultazione di archivi, così osserva Martelli che “Anche da
altri è stata sottolineata la validità della presenza ed utilizzazione dei referenti storici e socioantropologici nel romanzo. [...] materiali provenienti dagli archivi della storia e della
memoria preparatorii al romanzo.”74 Inoltre, Plinio Martini è sempre vissuto a Cavergno
stesso, quindi è evidente che conosceva perfettamente la regione.
Faccio di nuovo riferimento all‟affermazione che ho fatto analizzando i personaggi ne Il fondo
del sacco, cioè la rappresentazione dei contadini svizzeri nella regione della Valle Maggia
come una microsocietà. Come risulta dalla storia descritta, vediamo a partire dalle prime
emigrazioni lo spostamento dei contadini che abitano nelle montagne. Così afferma
Bevilacqua che “[...] Dionigi Albera e Paola Corti hanno di recente mostrato quanto la
montagna italiana, sia alpina che appennica (analogamente a quella di altri paesi
mediterranei) sia stata in realtà il punto di partenza di attività migratorie autonome.”75 In
70
Ibidem, p. 131.
Ibidem, p. 120.
72
Ibidem, p. 137.
73
Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio
Martini, p. 140.
74
Ibidem, p. 152, n. 36.
75
Piero Bevilacqua, Società rurale e emigrazione, in AA.VV., L‟emigrazione italiana e gli Stati Uniti. Verso
l‟America, Introduzione di S. Lupo, Roma, Donzelli, 2005, pp. 3-20, cit. p.7.
71
25
questa prospettiva, la regione della Valle Maggia non rappresenta un esempio qualsiasi, ma
può essere considerata un prototipo dell‟emigrazione italiana/svizzera italiana in generale.
In conclusione, l‟emigrazione di Gori e dei contadini svizzeri in generale, può essere
considerata un evento esemplare per l‟inzio della Grande Emigrazione verso l‟America. Il
romanzo rispecchia chiaramente la vita quotidiana dei contadini nella regione della Valle
Maggia nel Ticino svizzero. Plinio Martini spiega ai lettori le brutte condizioni di vita
all‟inizio del Novecento, enfatizzando la povertà e la disoccupazione che fanno ardere il
desiderio degli abitanti di partire. La descrizione del paese d‟origine rappresenta la parte più
elaborata de Il fondo del sacco, così viene anche spiegata la situazione economica e politica.
Proprio perché Cavergno rappresenta per il protagonista l‟unica cosa davvero riconoscibile,
occupa la posizione più importante nel romanzo.
3.3.2. Il viaggio
3.3.2.1. Rappresentazione letteraria
Il viaggio verso l‟America prende una posizione minore ne Il fondo del sacco. Con la parola
viaggio intendo il viaggio fisico, quindi la descrizione dell‟attraversamento dell‟oceano che
non sembra essere così importante per Plinio Martini. Perciò mi sembra più opportuno fare
riferimento al romanzo Vita della Mazzucco. Cercherò però di descrivere i riferimenti
sporadici al viaggio ne Il fondo del sacco.
Sul viaggio vero e proprio ne sappiamo poco, mentre Martini ci dà qualche informazione sulla
procedura per ottenere l‟ipoteca – cioè il padre mette un‟ipoteca su casa sua tramite di una
terza persona per poter pagare il viaggio del figlio – che è però piú elaborata della descrizione
della traversata stessa verso l‟America. Attraverso i ricordi di Gori, Martini comunica al
lettore tutti i dettagli della formalità: i dati personali del protagonista, ma anche i soldi
necessari per emigrare, “[...] un‟ipoteca sulla nostra campagna e sulla bella roba di Besso e
di Roseto, legata ora al filo della nostra fortuna.”76 Ovviamente, è compito della famiglia
dell‟emigrante prevedere dei soldi per il viaggio. Anche Bevilacqua sottolinea questo
procedimento: “Dunque, la società rurale [...] venne investita da questa nuova febbrile
attività: le strategie messe in atto dalle famiglie per racimolare il capitale dell‟investimento
76
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 108.
26
ai fini dell‟avventura emigratoria.”77 Così il padre di Gori accende un‟ipoteca su tutto quello
che possiede.
Già nel primo capitolo del romanzo viene menzionato il treno che ha portato via Gori dal
paese. Una descrizione dettagliata di ciò invece non è fornita dal narratore. Poi, un passo in
cui Gori ci dà un resoconto breve della storia emigratoria della gente svizzera, si riferisce
sinteticamente alle condizioni sulle navi durante la traversata. “E, dopo, l‟Australia e la
California, mesi di mare ammucchiati nelle stive, puzzolenti, pidocchiosi, consunti dalla fame
e dalle malattie, e poi imprigionati nelle miniere o nei ranch, o in giro vagabondi per
sterminate praterie, senza una donna e un campanile, sperduti, orfani di tutto.”78 Questo però
è l‟unico riferimento da parte di Gori al viaggio sull‟oceano. Inoltre, ci dà un‟immagine molto
negativa: sottolinea le brutte condizioni sulla nave ed il fatto che la parità di trattamento per
quanto riguarda gli emigranti non viene rispettata. Per quanto riguarda le condizioni inumane
durante il viaggio, faccio riferimento alla rappresentazione storica di ciò.
Questa immagine però sta in diretta opposizione con la descrizione che la segue direttamente,
cioè l‟America come un sogno, come il paradiso in cui si vive come nababbi; lì si trova
un‟abbondanza d‟oro, si mangia la bistecca ogni giorno e si ritorna con le tasche piene di
dollari; questo è l‟immagine dentro la testa di Gori.
Un ulteriore riferimento al viaggio lo leggiamo in una lettera scritta dal primo emigrato da
Cavergno in California. “Il viaggio è di tredici giorni a vapore, il bastimento ne abbisogna
quaranta, allora abbiamo preso i secondi posti del vapore e abbiamo pagato molto...”79
Infine, solo nell‟ultimo capitolo del romanzo viene fatto riferimento al giorno in cui sono
partiti Gori e suo fratello Antonio. Viene ricordato di nuovo il treno che li porterà via, così
come leggiamo nell‟incipit del romanzo. È però l‟unico elemento che rimanda al viaggio; nel
resto del capitolo ritroviamo di nuovo l‟enfasi sugli aspetti emotivi: la descrizione dell‟addio
degli abitanti del paese, il fidanzamento di Gori e Maddalena. Una possibile spiegazione per
lo scarso riferimento al viaggio stesso potrebbe essere l‟affermazione seguente di Gori
durante il viaggio sul treno: “A Locarno abbiamo dovuto cambiar treno, ma io non ricordo
più, era come se non fossi più io.”80 Trovandosi lontano da sé, è come se visse il viaggio da
77
Piero Bevilacqua, Società rurale e emigrazione, p. 17.
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 76.
79
Ibidem, p. 83.
80
Ibidem, p. 169.
78
27
una distanza, essendo assorto nei suoi pensieri, ovvero il pensiero a Maddalena. Il viaggio
rappresenta per Gori un aspetto che lo ha segnato per la vita: è la causa dell‟emigrazione. La
nave ha portato il protagonista verso l‟incubo, ossia l‟America. Il viaggio rappresenta quindi
un ricordo che tenta di dimenticare.
Il protagonista quindi fa più accenni al viaggio in treno che al viaggio in barca, proprio perché
il treno rappresenta per Gori ancora il suo paese, lo riconosce ancora come “casa”. Vede dalla
finestra un paesaggio montuoso ancora familiare, vede un paese che conosce, che è il suo. Il
treno rappresenta il momento dell‟emigrazione che è ancora possibile di sostenere e che non
spaventa, mentre quando si trova al fronte del mare Gori subisce uno shock immenso.
Così anche desrivendo il viaggio di ritorno, l‟enfasi è posto soprattutto sulla vicenda della
morte di Maddalena, invece che sul viaggio stesso: “Puoi immaginare con che sentimento
arrivai a Genova a sentir parlare la nostra lingua [...] e mentre mi lasciavo abbracciare, uno
dopo l‟altro – buona parte li vedevo per la prima volta o non li riconoscevo più – la cercavo
ancora con gli occhi, vecchio minchione che ero.”81 Aveva sognato di quel giorno e aveva
pensato alle feste etc, però quella che ritrova è soltanto la tristezza. Come già menzionato,
ritrova tutto cambiato e adesso neanche Maddalena c‟è.
Il mio sentimento era soltanto un gran rinscrescere, avevo perduto la voglia, e dopo pochi
giorni cominciai a dirmi: adesso i vecchi li ho salutati, torno indietro. Almeno in
California avrei saputo cosa fare per ammazzare il tempo; almeno là quando avevo pieno
il sacco potevo sfogarmi con una libertà che qui non trovavo più [...].82
3.3.2.2. Rappresentazione storica
Questa parte che riguarda il viaggio dell‟emigrato verso l‟America, mi sembra il più
problematico da paragonare con la realtà storica vista la scarsità di riferimenti alla traversata
nel romanzo. Evidentemente il viaggio in sé contiene diverse tappe: prima, c‟è il treno che
trasporta gli emigrati dal paese d‟origine al porto, dove aspettano poi la nave che li porterà in
America. Una volta arrivati ad Ellis Island, devono essere accettati dall‟ufficio
d‟immigrazione e infine partono per la loro destinazione finale da qualche parte in America.
Da un lato, la componente che sembra irrilevante per l‟esperienza del viaggio è il viaggio in
treno nel paese; è però questa parte che ritorna il più frequente nel romanzo (dico
81
82
Ibidem, p. 141.
Ibidem, p. 144.
28
frequentamente in proporzione agli altri riferimenti al viaggio). Per il protagonista però, il
treno rappresenta l‟unica parte del viaggio ancora riconoscibile e che non spaventa,
all‟opposto del viaggio in barca. Dall‟altro lato, la traversata in barca seguita dall‟ammissione
in America, mi sembrano i più significativi per l‟emigrante. Sono però proprio queste parti
lasciati fuori dalla storia ne Il fondo del sacco. I brani nei manuali storici descrivono la cruda
realtà del viaggio oltreoceano, nello stesso modo come Gori l‟ha sperimentato:
Oltre ad essere un‟iniziazione, è anche il primo momento in cui gli italiani si trovano stretti,
gomito a gomito, con gente straniera e altri classi sociali. Alcune narrazioni si soffermano
sulla negatività del viaggio [...]. Viene rilevata la povertà dei viaggiatori della steerage class,
della terza classe. [...] Angelina Real dopo tanti anni non riesce a staccarsi di dosso la
sensazione di miseria che l‟ha assalita notando la distanza fra la terza classe [...] e la prima
classe felice [...]. Queste descrizioni paiono veridiche e affidabili se le misuriamo con studi
accurati sulle disastrose condizioni di passeggeri. 83
Anche se vengono sottolineate le condizioni inumane, la Serra fa anche riferimento agli
emigranti giovani, che interpretano il viaggio in modo diverso, ossia non si accorgono della
miseria sulla nave e ricordano invece l‟aria allegra e la gioia 84. Per Gori però, il viaggio
rappresenta la causa della sfortuna, la nave che lo ha portato in America e conseguentemente
ne è rimasto soltanto un ricordo negativo.
La tappa successiva poi, cioè l‟arrivo ad Ellis Island, “è divenuta un aggregato di umanità
variegata, un grumo di emozioni e di speranze. [...] È il simbolo stesso della speranza,
dell‟ambizione e anche del dolore rassegnato di chi è rimpatriato.”85 Rappresenta però anche
il momento più umiliante da parte degli emigrati. Un‟illustrazione di ciò ritroviamo nella
chiara descrizione che ci dà la Serra:
Il grande stanzone delle registrazioni è diviso in corridoi per ordine alfabetico delle
nazionalità e dall‟alto ha l‟aspetto di una “ragnatela”. C‟è spazio per i dormitori, per una
specie di teatro, per gli uffici d‟immigrazione, compreso quello delle Inchieste Speciali,
chiamato, con una curiosa e rara definizione dalla parte dell‟immigrante, “il terrore
dell‟immigrante”.86
83
Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 265.
Ivi.
85
Ibidem, p. 49.
86
Ibidem, p. 48.
84
29
La mostra La merica! Da Genova ad Ellis Island che si è svolta a Genova nel Galata Museo
del Mare dal 20 giugno 2008 al 30 settembre 2009 ha sottolineato proprio questa esperienza
unica del viaggio degli emigrati e ha tentato di trasferire ai visitatori la sensazione particolare
delle condizioni che il viaggio portava con sé. L‟attenzione è stata rivolta al viaggio, dal
momento in cui l‟emigrato aspetta d‟imbarcarsi a Genova, inclusi i controlli necessari, seguito
dal viaggio sul mare; la veduta della Statua della Libertà è il momento estremo del pathos e
della commozione87.
Nell‟immaginario abbellito l‟America è la terra dei sogni, la mitica Isola-che-non-c‟è di
ogni cultura; è una terra dove la felicità è possibile, è il regno di Utopia. E il simbolo più
evocatore di questa terra impossibile è la Statua della Libertà.88
Arrivati poi ad Ellis Island, iniziano i controlli, le visite mediche, gli emigranti vengono
interrogati, ossia il procedimento che li consentono in America oppure li respingono. Una
volta ammessi al Nuovo Mondo, una grande parte si reca a New York, “dove la gran parte
degli emigranti giunti dall'Europa si fermava alle prese con i problemi concreti del trovare
un lavoro, una casa, curare la salute e sbarcare il lunario”89. Le descrizioni inserite da Ilaria
Serra e il punto di vista particolare di questa mostra dimostrano chiaramente l‟estrema
importanza di questo passaggio ineluttabile. Un‟esperienza dunque che lascia un‟impronta
profonda sull‟emigrato e tuttavia un‟esperienza lasciata fuori da Plinio Martini.
In primo luogo dunque, come già accennato, è una scelta precisa del Martini di omettere il
viaggio sul mare, tenendo conto dello stato emotivo del protagonista. In secondo luogo poi,
rispetto all‟intenzione dell‟autore, Martini cerca soprattutto di rendere in modo chiaro una
realtà precisa al lettore, ossia spiega al lettore la realtà dura vissuta dai contadini nelle
montagne svizzere all‟inizio Novecento, appunto la situazione che ha spinto gli abitanti
all‟emigrazione. Così, Plinio Martini non ha provato a rispecchiare il mondo totale degli
emigranti, cioè dalla partenza di Cavergno, fino all‟esperienza dettagliata in America. Invece
svela soprattutto la vita contadina e la situazione sociale della regione della Valle Maggia
attraverso fra l‟altro la vita interiore di Gori, prima della partenza e dopo il ritorno a
Cavergno. Martini critica inoltre l‟emigrazione come la causa principale del svuotarsi del
paese; dedica dunque più spazio alla situazione di Svizzera che quella in America. Questa
87
http://www.galatamuseodelmare.it, La Merica! Da Genova ad Ellis Island, ultima verifica: 02-08-2010.
Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 52.
89
http://www.galatamuseodelmare.it, La Merica! Da Genova ad Ellis Island, ultima verifica: 02-08-2010.
88
30
intenzione particolare sta in diretta opposizione con la totalità descritta dalla Mazzucco,
analizzata nella seconda parte della tesi in cui viene affrontata Vita.
In conclusione, è l‟intenzione particolare del Martini, cioè di dare maggior rilievo agli aspetti
emotivi del protagonista che è decisiva per l‟omissione quasi totale del viaggio verso
l‟America. Così, il viaggio in treno è enfatizzato di più, dato la riconoscibilità del paese
d‟origine per Gori, il che sparisce al momento in cui si imbarca. Ovviamente, i manuali storici
non trattano il viaggio in proprio paese, ma descrivono le brutte condizioni sulla nave che
subiscono gli emigranti. Giusto perché sembra irrilevante per la storia, mentre per lo stato
emotivo di Gori rappresenta una tappa fondamentale.
3.3.3. L‟arrivo in America
3.3.3.1. Rappresentazione letteraria
Per quanto riguarda poi l‟arrivo di Gori in America, la prima volta che il paese viene
menzionato, il protagonista ci racconta un evento abbastanza insignificante, cioè paragona il
suo lavoro nei night-clubs a San Francisco con il lavoro duro a mano che faceva a Cavergno
nel passato. Però ne comincia a parlare solo dopo alcuni capitoli nel romanzo, dunque dopo
aver descritto una decina di ricordi del passato a Cavergno, insieme con i suoi sentimenti di
dolore e nostalgia, segue una sua esperienza americana. Anche in questo ricordo, anche se in
un altro contesto, domina il senso di malinconia “Che miseria, pensavo con nostalgia.”90 In
altre parole, la miseria che ha sopportato in America è ancora peggiore di quella di Cavergno,
anche se il lavoro sulle montagne era faticoso e durissimo. Un po‟ particolare però è il fatto
che Gori rivela poco sull‟America e inoltre sta già parlando dei suoi ultimi anni lì; così il
lettore rimane ancora al buio, è lasciato nell‟ignoranza quanto all‟esperienza americana.
Dopo questa prima rivelazione ne seguono delle altre, però il senso di dolore e di malinconia
non sparirà mai. Sembra che l‟unica esperienza che ha avuto un‟influenza positiva su Gori, sia
l‟incontro con un uomo italiano proveniente dalla Val Camonica. Solo con questo uomo sente
una certa affinità: “A star sempre qui pare che l‟Italia sia un altro paese, e invece a girare il
90
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 27.
31
mondo è facile capire che noi e loro siamo del medesimo caldaro.”91 Il passo seguente
sintetizza secondo me tutto quello già descritto qui sopra:
Un povero paese come il nostro tu non immagini quanti ricordi lasci nel cuore di chi ha
dovuto abbandonarlo. Ti dico che in America il pensiero di casa noi emigrati lo
portavamo dentro come una malattia, e a sentirci vicino uno che veniva dalle nostre parti
e conosceva i nostri mestieri non era lo stesso che con gli altri. Eravamo tutti ragazzi
cresciuti senza mai aver trovato il tempo di giocare, e poi ci avevano balzati là a lavorare
dodici ore al giorno per dodici mesi all‟anno, e sarebbe stato poco, non diverso da prima a
ogni modo, se non avessimo avuto quel gran rincrescere da tirar dietro. Ci cercavamo,
bastava che ci guardassimo negli occhi per farci compagnia.92
Solo dopo qualche aneddoto sull‟America, veniamo a sapere che è stato emigrato in
California e che all‟inzio ha trovato lavoro in un ranch. Sarà soltanto verso la fine del
romanzo che comincia a parlare di quel posto di lavoro, cioè del ranch degli Sperti, che sono,
proprio come Gori, emigrati dalle valli svizzere.
Una caratteristica importante che si nota leggendo le sue esperienze americane, è la visione di
Gori che vede l‟America e il proprio paese come due mondi totalmenti diversi e separati.
Questa idea ricorre diverse volte nel testo. Benché sia chiaro per il lettore quale mondo
preferisce, già dai primi capitoli, il protagonista si mostra ancora dubbioso, un dubbio che
comunque svanisce velocemente nei suoi pensieri.
Quale dei due mondi era il più giusto? C‟era un mondo più giusto? Chiudevo gli occhi,
pensavo: “Voi non sapete che vengo da Roseto, che sono nato a Corte Nuovo, e mio
padre per il battesimo mi ha portato giù e su dentro in una gerla”. Era il mio modo di
sentirmi migliore, di far tacere la coscienza; [...]93
Questa visione possiamo anche considerare nel cambiamento di prospettiva del protagonista
già discusso. Così, quando si trova in America, capirà che il paese non è la cuccagna come
l‟aveva rappresentata nella sua testa. Se l‟America era prima considerata un mondo migliore,
ora, la vede come un mondo peggiore e corrotto, inferiore al “suo” mondo. Sottolinea sempre
la durezza della sua vita a Cavergno, però allo stesso tempo anche la bontà che vi ritrova.
91
Ibidem, p. 29.
Ibidem, p. 30.
93
Ibidem, p. 28.
92
32
Inoltre, per rafforzare la contrapposizione fra i due mondi, Gori parla sempre di un “qui” e un
“lì”, ovvero il proprio paese che sta molto vicino a se stesso, mentre quell‟altro mondo lì,
cioè l‟America che sta molto lontano, anche se sta proprio parlando delle sue esperienze
americane come se ci fosse ancora; sarà sempre un mondo diverso dal suo, in cui non si
sentirà mai a proprio agio. Un bell‟esempio è il seguente: mentre nei suoi pensieri si trova in
America – racconta il lettore qualcosa di più sulle notizie da casa ricevute in America – usa
proprio “qui” per parlare di Cavergno che secondo me prevale in questo contesto preciso:
“[...] e da quelle lettere si capiva che il mondo era un pochino cambiato anche qui, la gente
cominciava a star meglio anche nella nostra valle.”94
Almeno quelle sere avessi potuto ascoltare una campana! Qui suonavano da stufirci, la
giornata da un‟ave all‟altra era comandata dalle campane; là invece, più niente: potevo
guardare la stalla, le vacche al pascolo, la collina che non lasciava vedere cosa ci fosse di
là. Così pensavo al nostro campanile, con quel suo grosso pendolo che ci batte dentro
[...].95
“Allora sì che pensai a Cavergno, le sue case strette insieme a farsi compagnia con le porte
aperte, fuori da una porta dentro nell‟altra e trovarti sempre a casa tua, fra gente tua che ti
conosce e ti vuole bene, [...]”96, concludendo così che si sentirà sempre estraneo al paese al
quale si è emigrato.
In una fase ulteriore nel romanzo però, questa contrapposizione forte sembra indebolirsi da
parte di Gori. È come se dubitasse su quale paese gli appartiene: mentre in una prima fase
sente la necessità di partire per l‟America, e poi durante il soggiorno lì desidera ritornare,
ormai lo troviamo spezzato fra i due luoghi. Ha la sensazione di non appartenere più al suo
paese d‟origine, né all‟America: “[...] perché non posso più essere contento né di qua né di là
del mare.”97 Ritornato a Cavergno, Gori trova tutto cambiato e lo osserva con occhi diversi,
cioè è diventato un paese meno riconoscibile. Si trova in un conflitto continuo con se stesso,
uno stato permanente di scissione, che Martelli chiama più precisamente “la crisi della
presenza”98. Gori esprime il suo senso di dissociazione con la metafora seguente:
94
Ibidem, p. 31 (sottolineatura mia).
Ibidem, p. 43.
96
Ibidem, p. 37.
97
Ibidem, p. 96.
98
Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio
Martini, p. 146.
95
33
Partire, tornare, non essere più né di qua né di là. Ricordavo i salmoni che avevo visti
risalire la corrente del Salmoncreek; si dibattevano ostinati nell‟acqua per tornare ai
luoghi d‟origine; siccome l‟acqua era bassa i loro dorsi affioravano, e noi li infilavamo
con le forche. Io a guardarli avevo pensato a me e a Cavergno [...]. Così, subito dopo la
guerra sono venuto, per trovare un paese dove non capita mai niente [...]. Dopo cinque
mesi ho ripreso il mare come uno che scappa e non sa più dove rifugiarsi: anche
l‟America non mi faceva più voglia.99
Quando è ritornato per sempre in Svizzera afferma:
Ormai ho fatto la mia vita e ho da stare così, né carne né pesce, un minchione con un po‟
di dollari. Anche a me ogni tanto viene la voglia di tornare indietro. Per un emigrante la
vita è sempre dall‟altra parte [...]. Ma Emilio si illude se crede che là potrebbe trovare
pace; la mia pace è di sapere che in qualunque posto sia, continuerò a pensare a ciò che
ho perduto. 100
La citazione evidenzia il disprezzo per se stesso poiché non appartiene più ad uno dei due
paesi. Ma anche il disprezzo per l‟America si fa sentire in tutte le sue opinioni sul paese;
un‟illustrazione di ciò la troviamo quando Gori sta descrivendo Marshall: “Le solite case
americane di legno dipinto, e persino la cappella era una baracca di legno. E lo chiamavano
paese. Guardai quella roba al chiaro di luna, [...].”101 Dimostra quindi un chiaro disprezzo
rispetto all‟aspetto del paese, però anche rispetto agli americani come popolo: “Questo era un
paese intero fatto là in fretta, ogni cosa imbastita a grandi punti senza amore. Ecco,
l‟America era un paese senza amore. Un paese dove ciascuno viveva per conto suo, e la gente
poteva perdere la strada ad andare da una casa all‟altra.”102 Un altro passo in cui si
pronuncia chiaramente sulla mentalità americana è il seguente:
L‟America ti fa perdere il gusto di tutto, [...]. E la casa, da non importare che sia in questo
o in quel posto, in America una casa vale l‟altra purché sia alla mira del tuo business. [...]
E l‟orrore, infine, di essere seppellito all‟americana, con la réclame che allora facevano
alla radio per le casse da morto e il modo di metterti via, più paghi e più ti fanno a
lusso. 103
99
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 95.
Ibidem, p. 150.
101
Ibidem, p. 36.
102
Ibidem, p. 37.
103
Ibidem, p. 95.
100
34
Secondo il protagonista l‟America è un paese in decadenza, in cui la gente non tengono alto il
morale. Un‟illustrazione di ciò si afferma nel contesto religioso: “Nel ranch di preti non
parlavamo se non per riderne, ma intanto gli uomini vi diventavano bestie; la messa dei
rancieri, quella poca volta che ci potevano andare, erano le divorziate di Penngrove o i
bordelli di Petaluma [...].”104 Un atteggiamento che si contrappone quindi a quello dei
contadini svizzeri che dimostrano il loro rispetto verso il Signore in modo esplicito.
La contrapposizione fra due mondi, appena discussa, fra un “qui” e un “lì”, può anche essere
considerata in un‟opposizione evidente fra campagna e città. Una volta arrivato in America, è
una fatica enorme per Gori adattarsi al nuovo paese, ma anche alla città, poiché ha sempre
vissuto come un contadino in un piccolo paese di montagna: “[...] a guardare indietro posso
pensarmi in quell‟aria d‟alpe e col concerto dei campani intorno, perché l‟alpe quando è
bello è bello davvero.”105
Così Vecoli descrive la difficoltà degli italiani dell‟adattamento in un nuovo ambiente urbano:
“[...] la loro [degli emigranti italiani] incapacità di comprendere gli elementi basilari della
vita quotidiana in un ambiente urbano industriale li rendeva vulnerabili.”106 Questo shock
culturale, causato dall‟opposizione forte fra la città e la campagna, si evidenzia chiaramente
nelle opinioni di Gori sul paese, già descritte sopra, che esprimono il suo disprezzo per
l‟America. Uno shock che viene rafforzato fra l‟altro da una lingua sconosciuta, come afferma
Martelli:
La lingua diviene il macrosegno della impossibilità della comunicazione, della rottura
dell‟unità etnico-linguistica, dello strappo dall‟orizzonte conosciuto e proprio della
comunità ed insieme del precipitare in un contesto estraneo, senza più referenti, senza più
certezze che creano angoscia simile a quella provocata da uno strappo familiare
luttuoso.107
Così, trovandosi già quasi da dieci mesi in America, Gori ammette di non saper parlare
l‟inglese: “mi tornava la vergogna di essere un novellino e di non sapere l‟americano.”108.
104
Ibidem, p. 110-111.
Ibidem, p. 117.
106
Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, in AA.VV., L‟emigrazione italiana e gli Stati Uniti. Verso
l‟America, pp. 109-143, cit. p. 112.
107
Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio
Martini, p. 145.
108
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 36.
105
35
3.3.3.2. Rappresentazione storica
Questa parte che riguarda l‟arrivo degli emigrati in America, occupa, come il viaggio, anche
una posizione minore nel romanzo del Martini. Temi importanti che si presentano soltanto
durante il soggiorno americano, non si trovano ne Il fondo del sacco; per esempio la
costruzione di una nuova identità che è così importante per un emigrato, è evidentemente
legata al processo di assimilazione e di adattamento, cioè ad un nuovo paese, ad una nuova
cultura, alle nuove consuetudini. Questa fase è proprio importante se l‟emigrato vuole fare
parte di una nuova società: “Quando c‟è integrazione, c‟è anche accettazione e simpatia, che
il giornale diffonde, mentre lo stereotipo si attenua.”109
Questi temi come l‟assimilazione riguardano soprattutto l‟emigrante; mentre altri temi
importanti ritroviamo solo intorno ad una presenza di un punto di vista americano, il quale
come già menzionato non c‟è. Così il lettore non può sapere come l‟emigrante si comporta
nella società americana, non si sa in quale misura è stato assimilato e di conseguenza
accettato. È inoltre impossibile sapere se l‟emigrante in America corrisponde all‟emigrante
descritto nei testi storici, cioè se risponde alle caratteristiche tipiche descritte dal popolo
americano. Sono assenti, quindi, gli stereotipi proiettati dagli americani sull‟emigrante. Su
questa parte essenziale dell‟emigrazione il lettore rimane al buio. Proprio perché Gori non
vive mai davvero il processo di assimilazione e di adattamento, l‟esperienza americana del
protagonista occupa una posizione meno rilevante ne Il fondo del sacco.
Un altro elemento importante da cui si può dedurre l‟effetto negativo oppure positivo che
porta con sé l‟esperienza americana, sono le lettere scritte dall‟emigrante alla sua famiglia
rimasta a casa. Così Ilaria Serra tratta diverse lettere scritte da emigranti italiani in America
che rappresentano evidentemente una fonte cruciale per verificare la concordanza con le
rappresentazioni letterarie degli emigranti. Accanto alle lettere, la Serra ha anche studiato le
autobiografie e le interviste. Leggendo Il fondo del sacco, si può chiedere se storicamente la
maggioranza degli emigranti italiani oppure svizzeri abbiano avuto un‟esperienza simile a
quella di Gori descritta dal Martini. Dalle fonti disponibili che secondo la Serra sono poche,
lei conclude “che l‟America sia ancora, dopo tutto, la terra dei sogni o, per lo meno, una
terra dove sognare un futuro migliore è ancora possibile”110. Ilaria Serra afferma inoltre che
sono proprio le lettere che lasciano un‟impressione positiva sul lettore che contribuiscono a
109
110
Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 53.
Ibidem, p. 167.
36
creare il mito americano. Sono infatti poi queste lettere che daranno la spinta agli italiani
rimasti a casa assaliti dalle immagini promettenti della terra dell‟oro piena di speranza e di
felicità.
Il mito dell‟America nasce nel tepore, fra i mucchi di fieno o davanti alla stufa, dal
vorticoso movimento di mano in mano di uno sgualcito pezzo di carta, dai sospiri e dai
sogni di immaginazioni cullate dalle parole stentate di lontani interlocutori. 111
Fortunatamente per la mia analisi, almeno una fonte discussa dalla Serra mostra una certa
disillusione e tristezza in relazione all‟America. Lo studio delle lettere dalla Serra è basato su
ventuno esemplari, concepite da tre scriventi diversi. Diciasette lettere sono dalla mano di
Enrico Bortolotti scritte fra il 1919 e il 1933, e qualche esemplare svela delle chiare
somiglianze con lo stato emotivo del protagonista ne Il fondo del sacco. L‟opinione che
condividono gli scrittori di queste lettere è comunque la speranza di un futuro migliore. 112
Ilaria Serra confronta due scrittori opposti, cioè da un lato Giuseppe Piombo, “un ragazzo
giovane, sano ed energetico”113 e dall‟altro Enrico Bortolotti “un padre di famiglia, afflitto
dai reumatismi e preda degli ospedali”114. Se guardiamo poi al personaggio di Gori, a quanto
pare lui si trova in mezzo ai due emigranti descritti da Ilaria Serra; ovvero per quanto riguarda
l‟aspetto fisico assomiglia a Piombo, un giovane lavoratore, mentre il suo stato emotivo si
avvicina di più a quello di Bortolotti, sopraffatto dai sentimenti di disperazione e di nostalgia.
Un dato importante per l‟analisi riguarda il periodo in cui gli italiani sono emigrati, che
comprende fra l‟altro gli anni venti durante i quali ha avuto luogo la grande crisi del ‟29 che
ha causato la disoccupazione di molti lavoratori, soprattutto emigranti. È logicamente un
fattore essenziale per poter sopravvivere, per cercare casa e per finalmente essere felici in un
paese straniero, come afferma anche la Serra dove descrive “[...] l‟emigrante preda della
difficoltà e degli alti e bassi dell‟economia del paese d‟emigrazione”115.
Confrontando poi Bortolotti con Gori, notiamo molte analogie nel loro ragionamento. Per
prima cosa, la ragione principale che li ha spinti verso l‟America è quasi uguale, cioè la
povertà nel proprio paese. Però, all‟opposto di Bortolotti, Gori non lascia una famiglia a casa,
111
Ibidem, p. 169.
Ibidem, p. 167.
113
Ibidem, p. 171.
114
Ivi.
115
Ibidem, p. 173.
112
37
non è padre di un figlio, non si è sposato. Mentre Gori, all‟inizio, è convinto di emigrare, nella
scelta di Bortolotti prevale il dubbio:
Neppure lui riesce a decidere se sia peggio rimanere in Italia poveri ma con la famiglia
oppure emigrare per vivere un po‟ meglio ma restando soli. Da una parte, per Enrico
emigrazione è sinonimo di angheria sopportata in solitudine, tormentato dal rimpianto e
dal pentimento.116
La seconda parte dell‟affermazione vale però anche per Gori. La somiglianza per eccellenza
fra i due sarebbe la mancanza d‟identità del sogno della terra promessa da una parte, e la
realtà dall‟altra. Sono quindi le aspettative che deluderanno l‟emigrante al momento
dell‟arrivo e che inoltre non scompariranno durante la permanenza in America. Bortolotti e
Gori sono legati fra loro dall‟esperienza indubbiamente negativa; nelle parole seguenti della
Serra, parlando di Bortolotti, sentiamo la voce di Gori: “Le lettere del signor Enrico [...] si
riempiono di racconti di sfortuna a malattia e sono pervase d‟amarezza. L‟emigrazione per
Enrico è una condanna che dura vent‟anni. Di sofferenza sono intrise le sue parole e la sua
nostalgia di casa è tangibile.”117
Per rafforzare ancora da un lato la durezza della vita in America, adopera la metafora della
malattia. Ciò che prevale nelle lettere di Bortolotti è la malattia equiparata all‟emigrazione.
“Questa associazione non è rara, perché l‟emigrazione è per sua essenza una condizione di
sofferenza, di disorientamento e malessere che ricorda proprio il disagio dell‟infermità.”118
L‟emigrante usa un‟immagine molto forte per dare una voce al suo patire. È però
un‟immagine che ritorna anche nell‟opinione di Gori:
Un povero paese come il nostro tu non immagini quanti ricordi lasci nel cuore di chi ha
dovuto abbandonarlo. Ti dico che in America il pensiero di casa noi emigrati lo
portavamo dentro come una malattia, e a sentirci vicino uno che veniva dalle nostre parti
e conosceva i nostri mestieri non era lo stesso che con gli altri.119
Dall‟altro lato, vediamo che Gori usa l‟immagine della malattia anche per parlare della sua
patria, cioè di Cavergno. Quindi anche lo squallore del paese lo fa emigrare, accanto alla
povertà, i morti, la miseria sociale in generale. Però anche una volta rimpatriato, Gori non è
116
Ibidem, p. 172.
Ibidem, p. 176.
118
Ibidem, p. 178.
119
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 30.
117
38
“guarito”; prevale il senso di malinconia che lo coglieva pure in America. La malattia di
Bortolotti invece sparisce completamente al momento in cui si riunisce con la sua famiglia:
L‟associazione malattia-lontananza, ritorno-guarigione è dimostrata dal fatto che di
frequente l‟emigrante malato torna in patria, perché nel ritorno alle abitudini e all‟aria di
casa vede la soluzione. Ma anche perché sente nell‟emigrazione la causa della malattia
[...].120
Un altro aspetto poi rivelato dalle lettere di Bortolotti, è l‟America rappresentata come “terra
dei ricordi e dei rimpianti”, come afferma la Serra. Come Gori, Bortolotti ricorre sempre ai
ricordi della patria e della sua famiglia. Non descrive il nuovo paese in termini positivi
avendo sempre nei pensieri il suo paese d‟origine. Da ciò la Serra deduce un riferimento alla
morte, perché secondo lei “[...] oltrepassare il mare può significare nell‟immaginazione ed
anche in letteratura, andare incontro alla morte.”121 Così anche ne Il fondo del sacco notiamo
la presenza della morte nella testa di Gori, anche se metaforicamente: “e intanto che i grilli
facevano il loro verso pensavo a casa nostra, ai miei vecchi, a Maddalena: un po‟ come se un
morto nella sua cassa potesse ricordare quant‟era bello di fuori a vedere il sole.”122 Ma
neanche il Giudice nega la cruda realtà della vita oltreoceano: “a noi sono sempre toccati i
misteri dolorosi, la fame, i lunghi viaggi faticosi, le morti solitarie, le madri e le sorelle
invecchiate nelle grandi cucine fra i ricordi appesi alle pareti”123; secondo lui questo sarebbe
la vera storia, cioè la brutta versione, non quella pulita e bella che viene insegnata nelle
scuole. Questa parificazione dell‟emigrazione e della morte è inoltre presente nel romanzo
secondo Martelli, cioè nella “macrostruttura genetica antropologica che è quella
dell‟emigrazione come contenitore di disgrazie, malattie, lutti, morte.”124, evidenziato più
precisamente nelle immagini che si riferiscono alla partenza, come nell‟esempio seguente:
“perché a quei tempi uno che andava in America era come fargli il funerale”125. Martelli
estende l‟associazione appena descritta fra la morte e l‟emigrante a quelli rimasti a casa; così
il critico afferma che “partire è anche far morire gli altri”126, in questo caso sarà soprattutto la
120
Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 179.
Ibidem, p. 181-182.
122
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 43.
123
Ibidem, p. 78.
124
Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio
Martini, p. 142.
125
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 166.
126
Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio
Martini, p. 143.
121
39
madre di Gori. Il culmine di ciò ritroviamo naturalmente nella morte di Maddalena che “gli
[Gori] crea angoscia, dolore, uno stato quasi di fissità”127.
In conclusione, si può constatare che anche l‟esperienza americana occupa una posizione
minore nel romanzo. Come il viaggio in barca, rappresenta un aspetto della vita di Gori che
tenta di dimenticare. Benché sia stata un‟esperienza negativa per il protagonista, ha lasciato
un‟impronta decisiva sull‟identità di Gori. Poiché è stato emigrato, si sente sospeso fra i due
paesi, non ha più una “casa” alla quale appartiene. Mostra disprezzo per l‟America, ma anche
per se stesso e dopo pure per il paese d‟origine. Le lettere di Bortolotti confermano in una
certa misura la possibilità degli effetti negativi dell‟emigrazione.
127
Ibidem, p. 144.
40
4. Vita di Melania Mazzucco
4.1. Introduzione
Il secondo romanzo analizzato è quello di Melania Mazzucco, intitolato Vita, il quale mi
sembra opportuno introdurre brevemente, visto il metodo di lavoro particolare della
Mazzucco. Risulta notevole sin dal principio l‟impostazione completamente diversa da quella
di Martini: la Mazzucco va in cerca del passato della propria famiglia. Più precisamente,
l‟autrice tenta di creare una storia basata soprattutto sulle cronache di diverse emigrazioni.
Costruisce poi un romanzo attorno a questi fatti storici, intrecciati con i propri ricordi,
percorrendo la propria storia familiare ma allo stesso tempo aggiungendo degli elementi
fittizi. Lei stessa non è mai stata emigrante, ma vuole indagare questa realtà vissuta dai suoi
parenti. Di conseguenza, la scrittrice nel romanzo assume due ruoli contemporaneamente: da
un lato la Mazzucco scrittrice “che inventa” e dall‟altro la Mazzucco ricercatrice, studiosa e
storica. Anche Elsa Morante ha sottolineato l‟importanza del ruolo di storico assunto dallo
scrittore:
Non si deve dimenticare che il romanziere, per sua natura, non è soltanto un termine
sensibile nel rapporto fra l‟uomo e il destino, ma è anche lo studioso e lo storico di questo
rapporto sempre diverso. 128
Da questo dualismo risulta una miscela tra finzione e fatto, ossia tra letteratura e realtà storica.
L‟intenzione della Mazzucco sta nel tentativo di riprodurre questa realtà storica; l‟autrice
tenta di approfondire alcuni aspetti della situazione migratoria e poi li mette nel racconto
fittizio. Quello che fa è in effetti darci una panoramica degli immigranti in America all‟inizio
del Novecento. In questo modo, la presenza del realismo nel romanzo è evidenziata dalla
descrizione storica adoperata dalla Mazzucco, perché descrive infatti il percorso migratorio
della propria famiglia. Per aumentare ancora di più l‟effetto del realismo all‟interno del
romanzo la Mazzucco fa uso, per esempio, del dialetto. La presenza di elementi che facilitano
questo realismo è manifesta nei capitoli in cui Melania Mazzucco stessa prende la parola e
racconta qualche fatto personale, per esempio sui romanzi che ha scritto, oppure sulla sua
famiglia. Sospende la storia dei due protagonisti, cioè Vita e Diamante per poter parlare di se
stessa, oppure per inserire dati reperiti dagli archivi, come ad esempio le diverse
128
Elsa Morante, Sul romanzo, in Ead. Pro o contro la bomba atomica, Milano, Adelphi, 1987, pp. 41-73, cit.
p.68.
41
tesimonianze. La presenza degli elementi autobiografici e le caratteristiche metanarrative
stimolano così il realismo in Vita.
In questo modo, anche Melania potrebbe essere considerata un personaggio del romanzo. Va
in cerca del passato vissuto dalla sua famiglia ma intervenendo spesso nella storia come „io
narrante‟. Quest‟elemento di metanarratività rubrica il romanzo nell‟area del postmodernismo.
Secondo Patricia Waugh questo metodo postmoderno provoca “writing which consistently
displays its conventionality, which explicitly and overtly lays bare its condition of artifice,
and which thereby explores the problematic relationship between life and fiction.”129 Anche
la Mazzucco prova ad integrare la storia nella finzione, il che risulta nell‟inserimento dei fatti
personali raccontati da lei stessa.
Vita è inoltre il risultato di generi diversi: “an overt hybridization of novel, essay,
autobiography, and chronicle.”130 “She translates the oral tradition of her family into a
postmodern epic: in which the focus shifts from her own role as writer and storyteller to the
characters about whom she writes.”131 Il romanzo crea così un rapporto fra l‟Italia della
Mazzucco e quell‟altra Italia degli emigrati all‟altro lato dell‟oceano, nel senso che la
scrittrice descrive la vita oltreoceanica dei parenti partendo della propria vita in Italia, ossia
l‟inserimento degli elementi autobiografici. Attraverso la storia dei Mazzucco, dà una storia
nazionale all‟Italia in generale, poiché è stata piuttosto omessa nella letteratura italiana. “The
novel manages to offer space for the expression of a more general quest for the self while also
treating the author‟s relation with the given universe.”132
Il romanzo si presenta dunque come risultato di una duplice intenzione della Mazzucco: da un
lato funziona come un mezzo per aiutare suo padre Roberto, a cui è dedicato il romanzo, a
ricordarsi la storia familiare e anche i Mazzucco stessi, ma dall‟altro lato la storia vale anche
per tutta l‟Italia: “La letteratura, proprio perché porta alla luce ciò che è rimasto nascosto, o
ciò che è stato scartato, funziona come una sorta di memoria individuale e sociale.”133 La
Mazzucco vuole dare una voce ad un passato rimasto piuttosto marginalizzato nella
letteratura: “[...] her family saga turns into an epic tale about all those families who were
129
Patricia Waugh, What is metafiction and why are they saying such awful things about it?, in Ead.
Metafiction: The Theory and Practice of Self-Conscious Fiction, London, Methuen, 1984, pp. 1-19, cit. p. 4.
130
Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of
the Italian Migration, p. 302.
131
Ibidem, p. 297.
132
Ibidem, p. 299.
133
Gabriella Turnaturi, Immaginazione sociologica e immaginazione letteraria, p. 39.
42
separated.”134 Così fornisce al lettore un quadro generale della situazione quotidiana
dell‟emigrante italiano in America. Il lettore viene dunque trascinato nella storia, nel viaggio
verso la terra promessa: dall‟Italia, all‟oceano, fino all‟America, e in ultimo anche il ritorno in
Italia.
Come ne Il fondo del sacco, la storia si sviluppa intorno a due personaggi innamorati, ma,
contrariamente al romanzo di Plinio Martini, la Mazzucco inserisce molti elementi ulteriori
nel suo romanzo: dalla vita italiana a Tufo, fino ad un dettagliato resoconto della vita
americana; mentre Martini riproduce soprattutto la vita contadina a Cavergno. Vita offre
piuttosto un panorama delle vite dei personaggi da bambini fino alla vecchiaia, e qualche
volta fino alla morte. L‟autrice inserisce inoltre molti aspetti di vita comune intorno agli
emigrati, come la guerra, la crisi economica, qualche aspetto della vita criminale, etc.
Tutto sommato, possiamo definire Vita come “finzione fattuale” (“factual fiction”), come
affermato dalla Lucamante:
Readers are provided with authentic information but there is a strong sense of belief that
only when you tell a story do episodes become true, in defiance of original facts and
information. Fiction becomes more real than possible truth. 135
4.2. Prima parte: i personaggi
4.2.1. Rappresentazione letteraria
In questa parte, che riguarda la rappresentazione letteraria dei personaggi in Vita, intendo
studiare il punto di vista della Mazzucco di fronte ai personaggi nel romanzo, ossia come la
scrittrice rappresenta i personaggi. Per prima cosa, è necessario sapere che in realtà i
personaggi descritti dalla Mazzucco rappresentano persone che hanno realmente vissuto
questa realtà migratoria. La scrittrice ha indagato la genealogia dei Mazzucco e, tramite gli
elementi reperiti ha conseguentemente creato una storia fittizia, quella che si concentra
intorno ai personaggi di Vita e Diamante. Questa impostazione particolare risulta chiara nei
capitoli in cui l‟autrice stessa parla, dichiarando i dati consultati negli archivi storici. Riporta
però anche i dubbi incontrati durante la ricerca storica, magari per rendere le sue affermazioni
134
Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of
the Italian Migration, p. 315
135
Ibidem, p. 314.
43
più conformi al vero. Così riporta nel romanzo un rapporto del 1909 che descrive Vita e di ciò
dice:
È lei? Vita non abitava con la madre. Nella scheda non c‟è traccia di Nicola, né di
Diamante né di Geremia. Forse non furono denunciati perché anche loro minorenni non
in regola con i permessi di lavoro? Inoltre nel 1909 Vita non aveva dieci anni, ma
quindici. 136
Tenta dunque di recuperare la storia reale e così vi inserisce anche i suoi dubbi e le
contraddizioni rinvenute. È quindi importante sottolineare che il lettore è informato del fatto
che la Mazzucco tenta di riscrivere la storia delle sua famiglia, e che in effetti i personaggi, o
comunque la maggior parte di essi, sono basati su personaggi esistiti realmente. Il romanzo si
svolge intorno ai due protagonisti, Vita e Diamante, che si sono emigrati verso l‟America da
Tufo di Minturno. In America, rimangono nella pensione di Agnello, il padre di Vita, dove
soggiornano altri emigrati italiani, ad esempio il fratello di Vita, Nicola. Alcuni personaggi
hanno un legame di parentela diretta con la Mazzucco, così, il protagonista Diamante è in
realtà il nonno della scrittrice. La Mazzucco fa entrare membri di famiglia di diverse
generazioni nel racconto: Antonio Mazzucco è il padre di Diamante, Antonio a sua volta è
figlio di Federico. Geremia poi, il cugino di Diamante, assume un ruolo abbastanza
importante nello svolgimento del racconto descritto dalla scrittrice. Vita comunque è frutto
dell‟invenzione di Mazzucco, così afferma la Lucamante: “Not only is Vita a fictional
character in the novel, she is also someone imagined and created to be the author‟s greataunt, a little girl who left Italy at nine.”137 Vita è quindi un personaggio reale, ha fatto la
traversata verso l‟America, ma la Mazzucco la inventa come la sua nonna scrivendo il
romanzo, così “Mazzucco‟s life in this book becomes inextricable from that of her character
Vita; in this literary fiction, Mazzucco is related by blood to Vita [...].”138 La scrittrice inventa
quindi una storia amorosa fra due bambini, intorno alla quale si forma il romanzo.
Accanto a ciò, la Mazzucco esprime anche la propria opinione riguardo alla persona
dell‟emigrato in generale. Lo fa però nel suo ruolo di ricercatrice, sospendendo la storia
dell‟avventura dei bambini in America. Ammette che, in precedenza, anche lei pensava in
stereotipi, e aveva nella propria testa un‟immagine stereotipata dell‟emigrato, vista nelle
mostre e nei musei, come “dei contadini, le loro mogli tristi, vestite di nero, i loro bambini
136
Melania G. Mazzucco, Vita, Milano, Rizzoli, 2009 (prima ed. 2003), p. 120.
Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of
the Italian Migration, p. 307.
138
Ivi.
137
44
tristi, ho negli occhi i loro tristi fagotti, che contengono tutto il loro niente”139. Dopodiché
descrive l‟America secondo il valore che il paese assume per gli emigranti italiani, ovvero
interpreta il valore generazionale dell‟emigrazione come un rito di iniziazione e di
maturazione; in questo contesto l‟America
Era un luogo favoloso e insieme familiare – dove si compiva, con il consenso degli adulti,
un rito di passaggio, un rito di iniziazione. Altre generazioni ebbero il servizio militare, la
guerra in trincea, le bande partigiane, la contestazione. I ragazzi nati negli ultimi decenni
dell‟Ottocento ebbero l‟America. [...] dovevano compiere la traversata – morire – se
volevano crescere, se volevano sopravvivere. Risorgere.140
L‟immagine totale dell‟America all‟inizio del Novecento, dunque, viene resa in modo più
chiaro e più dettagliato rispetto alla descrizione fornita dal Martini ne Il fondo del sacco. Così,
mentre il punto di vista americano è completamente assente in quest‟ultimo, veniamo a sapere
l‟opinione americana sugli italiani che la Mazzucco lascia intendere descrivendo la storia di
Vita e Diamante. Domina però l‟opinione negativa verso gli italiani, considerati inferiori,
sporchi, analfabeti e pigri. Un popolo che si concentra in parti specifiche della città, che non si
mostra disponibile all‟assimilazione nella società americana e che per di più non si impegna
ad imparare l‟inglese. Mentre Plinio Martini mette di fronte al lettore il disprezzo verso gli
americani espresso dai contadini svizzeri, la Mazzucco tratteggia il rapporto italianoamericano in modo più stereotipato. La scrittrice inserisce degli stereotipi per parlare degli
emigrati italiani per rispecchiare l‟opinione americana, ovvero la realtà storica. Descrivendo
la situazione in America, la Mazzucco, nel suo ruolo di storica, non esprime dunque la propria
opinione, ma riproduce esattamente quella americana, conforme alla realtà. Enfatizza
l‟opinione negativa da parte degli americani, per esempio attraverso il pensiero dell‟ispettrice
americana, un personaggio nel romanzo, che considera gli italiani “primitivi, e sudici come
animali”141. La Mazzucco sottolinea inoltre il sudiciume del popolo, e rende chiaro che in
realtà lo detesta:
Il pianerottolo era ingombro di rifiuti neri di mosche. Salendo quelle scale abominevoli,
in cui rischiava a ogni gradino di rompersi l‟osso del collo, aveva avuto l‟impressione di
139
Melania G. Mazzucco, Vita, p. 160.
Ibidem, p. 161.
141
Ibidem, p. 122.
140
45
essere osservata da un cane. Ma si era accorta con terrore che quel botolo scuro aveva una
lunga coda da spago, e benché fosse più grosso di un cane, era un ratto.142
Oppure vediamo il disprezzo del popolo indigeno verso gli immigranti comunicato attraverso
la descrizione dei personaggi della famiglia dei Mazzucco che si trovano in America, come
nell‟esempio seguente:
Ognuno per sé, è questo che ha imparato in America. Al collegio gli hanno spiegato che
gli italiani sono crocifissi alla famiglia come Cristo sul legno della croce, e questo gli
impedisce di progredire. Lui vuole progredire e perciò non ha famiglia.143
Anche nel suo ruolo di storica, la scrittrice spiega al lettore il rapporto fra gli americani e gli
italiani considerati degli intrusi dalla popolazione indigena. Così la Mazzucco chiarisce per
esempio che l‟uso di “italiano” è inteso come insulto, dopodiché fornisce il lettore di
un‟enumerazione degli insulti usati dagli americani per indicare un immigrante italiano,
esemplificata nella citazione seguente:
[...] e ormai Diamante capisce cosa vuol dire la parola che suona come guappo. È wop,
invece, e significa italiano. E italiano è un insulto [...]. L‟altro insulto possibile è dago, e
anche dago significa italiano. Se dici dago a qualcuno, lo consideri peggio di un cavallo
con la diarrea. [...] Ora gon, anzi goon, significa gorilla. Il gorilla è l‟animale più stupido
che ci sia. [...] E poi c‟è la parola più difficile, grinoni, cioè greenhorn [...]. Significa:
pivellino, non sei capace di dire una parola in americano. Perciò è qualcosa come
deficiente, citrullo, zotico, tamarro. 144
L‟immagine stereotipata degli italiani è anche rappresentata nei discorsi degli immigranti
stessi, accanto all‟opinione comune del popolo americano. La scrittrice tenta in primo piano di
fare uno schizzo reale della situazione migratoria degli italiani. Così, anche le caratteristiche
negative che tipizzano gli immigrati, vengono inserite in per esempio i discorsi fra gli italiani.
Possiamo notarlo, per esempio, nel personaggio di Diamante, nel momento in cui sta
vendendo dei giornali italiani e pensa:
Il fatto è che nella maggior parte dei casi i passanti non sono capaci di leggere. Perché lo
spazio in cui la banda è autorizzata a spacciare è la Broadway all‟altezza di Canal, e
142
Ivi.
Ibidem, p. 67.
144
Ibidem, p. 70-71.
143
46
laggiù, come Diamante ha cercato invano di spiegare all‟edicolante [...] sono tutti zotici
analfabeti. Non solo non leggono l‟“Araldo”, ma non leggono niente. 145
Diamante considera anche se stesso inferiore agli americani, anzi li invidia. Pure lui vorrebbe
essere capace di leggere i giornali scritti in inglese, vorrebbe proprio fare parte della società
americana, opposta agli italiani che appartengono allo strato più basso e sono considerati
piuttosto lo sporco della città. Mentre in Italia veniva considerato un ragazzo intelligente che
sa leggere e scrivere - piuttosto un‟eccezione visto che neanche Lena e lo zio Agnello sanno
leggere - adesso però “anche il primo della classe come lui qui è ridiventato analfabeta”146.
Non l‟avevano avvertito che in questo paese sarebbe tornato piccolo e impotente – come i
bambini prima di imparare il nome delle cose, che piangono, gesticolano senza potersi
spiegare e urlano senza poter dire di cosa hanno paura o casa li fa soffrire. Ma un giorno
Diamante imparerà la lingua dei biondi. Leggerà il “New York Times” e nessuno lo
chiamerà più gorilla.147
Una ulteriore differenza con Il fondo del sacco, si rileva nel fatto che la Mazzucco inserisce
una chiara opposizione fra due popoli totalmente diversi, e accanto alle differenze culturali,
sottolinea anche la diversa classificazione per quanto riguarda l‟aspetto esteriore della gente.
Come già accennato sopra, l‟italiano è considerato piuttosto sporco e scuro, mentre
l‟americano in generale viene rappresentato ben curato e soprattutto biondo. Come lo
stereotipo vuole, è la prima cosa notata dall‟immigrante: i cappelli biondi ai quali non sono
abituati. “La dama [cioè l‟ispettrice americana] – bionda, con gli occhialini a spillo e lo
sguardo schizzinoso – costituiva una sensazionale novità nella sua giornata.”148
Inoltre, rafforzando così la caratteristica emotiva del romanzo, tutti i personaggi sono segnati
a vita: vale a dire hanno tutti sofferto nella vita, hanno conosciuto la sfortuna e la durezza di
vivere in America. Lena, per esempio, ha perso due bambini, dopodiché è stata portata via
dalla strada, dove lavorava come prostituta, da Agnello. Quest‟ultimo, a sua volta ha perso il
suo negozio in America e dopo la propria pensione fallisce. Cichitto muore molto giovane, a
causa della tubercolosi. Questi rappresentano solo pochi esempi dai tantissimi descritti in
Vita.
145
Ibidem, p. 70.
Ibidem, p. 71.
147
Ibidem, p. 117.
148
Ibidem, p. 122.
146
47
In conclusione, per quanto riguarda l‟uso degli stereotipi in Vita, la Mazzucco conferma gli
stereotipi usati per descrivere gli italiani. Non lo fa però per trasmettere la propria opinione al
lettore, ma inserisce gli stereotipi per ragioni storiche, ossia li inserisce per restare fedele alla
storia. Rispecchia l‟opinione comune del popolo americano al tempo delle immigrazioni. Così
anche per parlare degli americani, riporta l‟opinione stereotipata degli emigranti italiani.
4.2.2. Rappresentazione storica
La domanda principale che ci possiamo chiedere è: da dove viene l‟inferiorità degli italiani
degli occhi americani? Secondo Gian Antonio Stella dobbiamo cercare la causa primaria nel
periodo prima della Grande Emigrazione. Così una lunga serie di scrittori ottocenteschi, come
Dickens, Sartre, Goethe, e Sade, che hanno determinato il canone letterario, inserirono delle
opinioni spregiative sugli italiani ed il loro paese149. Dipingono gli italiani come sporchi,
inferiori e puzzolenti, così scrisse per esempio Percy B. Shelley sulle donne italiane: “Forse le
più spregevoli fra tutte quelle che si trovano sotto la luna; le più ignoranti, le più disgustose,
le più bigotte, le più sporche.”150 Evidentemente, è proprio così che nasce uno stereotipo.
Sorge un‟immagine collettiva, la quale ha segnato gli italiani già prima della partenza. La
rassegna delle parolacce fornita dalla Mazzucco quindi funziona allo stesso modo delle
descrizioni inserite nei saggi storici, come ha fatto Gian Antonio Stella, che fornisce al lettore
un dizionario conciso delle parolacce raccolte durante il periodo storico delle emigrazioni.
Anche Ilaria Serra151 evidenzia l‟uso problematico degli stereotipi, i quali hanno inizio con la
definizione di “straniero” usata per indicare l‟emigrante, il che “è la molla per molti
comportamenti e per molte generalizzazioni: da essa si dipartono sia gli stereotipi, sia
l‟isolamento in cui gli italiani si rinchiudono nelle loro Little Italies.”152
Un‟altra assocazione che gli italiani devono sopportare, è quella con i negri e con la schiavitù
in generale. Così le vignette nei giornali mostravano la “figura dell‟ambulante che batteva
metro per metro le città e le campagne importunando la brava gente operosa anglosassone
con un organetto, un bambino che chiedeva la carità e una scimmia o un topo
ammaestrato.”153 Un‟immagine che fa direttamente pensare ai negri al tempo della schiavitù.
Oppure un esempio più esplicito evidenziato nella citazione seguente: “[...] i padroni delle
149
Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, Milano, RCS Libri S.p.A., 2005, p.70.
Ibidem, p.55.
151
Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, l'emigrazione italiana negli Stati Uniti fra i due secoli (18901924).
152
Ibidem, p. 199.
153
Gian Antonio Stella e Emilio Franzina, Brutta gente. Il razzismo anti-italiano, in AA.VV., Verso l‟America.
L‟emigrazione italiana e gli Stati Uniti, pp. 213-241, cit. p. 223.
150
48
piantagioni di canna da zucchero della Louisiana che chiamavano i siciliani niggers, mise
davvero in discussione l‟appartenenza dell‟italiano alla razza bianca.”154 Il razzismo verso
gli italiani considerati dei negri, e quindi degli schiavi, lo vediamo ancora più implicitamente
esemplificato in Vita, nell‟associazione fra gli americani biondi, e il colore bianco della pelle.
“[...] c‟era un ragazzino biondo con la faccia stupida, c‟erano famigliole di biondi che
abitavano in camerette pulite [...].”155
L‟altro punto di vista però, cioè quello dell‟emigrante italiano, enfatizza logicamente l‟altro
lato della storia emigratoria, e provano ad abbattere lo stereotipo dimostrando la volontà e la
perseveranza dell‟emigrante nel processo di integrazione. La voce dell‟emigrante, come la
ritroviamo nell‟autobiografia, fa sentire, evidentemente, un punto di vista abbastanza
soggettivo e limitato156. L‟autobiografia rappresenta comunque una fonte importante per la
contraddizione degli stereotipi concepiti dagli americani. Le quattro autori analizzati dalla
Serra mostrano prevalentemente le difficoltà incontrate durante la nuova vita americana e la
speranza in un avvenire migliore, in chiaro contrasto dunque con lo stereotipo dell‟italiano
sporco e pigro. “La strenua volontà di lottare per migliorare la propria condizione”157 è, per
esempio, molto presente nella testimonianza dell‟emigrante Antonio De Piero. Un altro
esempio vediamo evidenziato nell‟autobiografia di Pietro Riccobaldi, emigrato da Manarola
nel 1925, dalla quale la Serra riporta la sua autodeterminazione:
Scendevo ogni giorno in miniera e andavo anche a lezione di inglese da un prete
protestante di origine italiana, non capire ciò che si diceva attorno mi dava un grande
fastidio. Studiavo con passione e facevo buoni progressi, cominciavo ad essere
abbastanza sereno, lavoravo e guadagnavo.158
In conclusione, confrontando la rappresentazione letteraria con quella storica, vediamo
evidenziato l‟uso degli stereotipi nel romanzo, che si erano già stabiliti al periodo prima
dell‟emigrazione all‟inzio del Novecento. La Mazzucco riporta quindi l‟opinione negativa del
popolo americano verso gli italiani che predominava a quel momento, appunto causata
dall‟opinione comune già stabilita prima dell‟emigrazione, in fra l‟altro i romanzi
154
Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p. 42.
Melania G. Mazzucco, Vita, p. 129.
156
Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 195.
157
Ibidem, p. 199.
158
Pietro Riccobaldi, Straniero indesiderabile, p. 136, citato a proposito di Ilaria Serra, Immagini di un
immaginario, p. 209.
155
49
ottocenteschi. Così, le ragioni storiche funzionano come base delle scelte precise della
Mazzucco.
4.3. Seconda parte: i temi
4.3.1. Il paese d‟origine
4.3.1.1. Rappresentazione letteraria
Nel prologo, Melania Mazzucco presenta direttamente al lettore il paese italiano, da dove
prende inizio la storia. Ci troviamo a Tufo di Minturno, ormai trasformatasi in un paese
irriconoscibile per il capitano: tutto è stato bombardato e bruciato. L‟unica cosa che è rimasta
è il ricordo; il ricordo di un passato migliore, del quale riconosce ancora ad esempio l‟odore
dei limoni: “È questo l‟odore del passato? O quello dei limoni che lei ricorda ancora?”159
Quest‟immagine del paese d‟origine distrutto ritorna ancora una volta nel romanzo, nel
momento in cui la Mazzucco fa riferimento alla seconda Guerra Mondiale. Trascina il lettore
nelle battaglie per finire poi a Tufo, che viene bombardato. In questo capitolo, fa riferimento
alla regione italiana di Lazio in particolare, con specifica attenzione per Tufo di Minturno, che
è un paesino reale. Si riferisce inoltre alla famiglia che ci visse un tempo. Viene sottolineata la
decadenza, il paese finito in rovina, lo squallore.
Accanto a questi riferimenti nel contesto di guerra, vi sono altri due avvenimenti che hanno
luogo in Italia, e che però si svolgono a Roma e non nel paese d‟origine dei protagonisti. Così
dopo la distruzione di Tufo, il capitano Dy si trasferisce a Roma per andare a cercare
Diamante. In seguito, anche Vita si trova a Roma per la stessa ragione. Però, oltre a questi
pochi accenni all‟Italia, la storia si svolge soprattutto in America, dove i due innamorati
tentano di iniziare una nuova vita da lungo tempo sognata. Sembra, in questo modo, che il
paese d‟origine esista soprattutto nella memoria dei protagonisti.
Evocando il passato, i personaggi fanno molto spesso riferimento ai loro sensi. Ricordano il
paese d‟origine soprattutto attraverso l‟odore di alcune cose specifiche, oppure attraverso il
rumore, la vista o il suono di qualcosa. Diventando più matura, Vita pensa meno spesso al
paese d‟origine. Dopo molti anni, mentre sta guardando un documentario sull‟Italia, ripensa a
159
Ibidem, p. 9.
50
Tufo per la prima volta. Per poter ricordarlo, fa anche appello ai suoi sensi e così ricompone
frammentariamente l‟immagine di un paese quasi dimenticato.
S‟accorse che ben poco era rimasto – qualche suono frammentario, come il richiamo del
tunìvularu [...] – o il crepitio della pioggia sulle tegole di casa, il fischio del treno che
sfrecciava nella pianura [...]. Lo zoccolare di un carro sulla via Appia costeggiata da pini,
il mormorio degli ulivi nella campagna, frammisto allo scampanio del vespro alla chiesa
di San Leonardo. Alcuni volti, quello color fegato della guardia carceraria, quello color
sterco del capraio [...]. Qualche odore, l‟incenso della piccola chiesa, un mandarino
sbucciato. Un limone appena colto. [...]160
4.3.1.2. Rappresentazione storica
I tre capitoli intitolati ugualmente “I miei luoghi deserti” rispecchiano il paese d‟origine Tufo,
ma ogni volta ritroviamo il paese distrutto. Da questi tre capitoli, maggiore importanza è data
al prologo. Il secondo capitolo intitolato così, che si trova nella seconda parte del romanzo,
descrive dettagliamente lo svolgimento della seconda guerra mondiale e le conseguenze
catastrofiche per il paese di Tufo. La Mazzucco quindi si è basata su un fatto storico, cioè la
seconda guerra mondiale, per poter parlare metaforicamente della condizione dei personaggi.
La scrittrice constata la distruzione, la desolazione e lo squallore del paesaggio, mentre il
capitano Dy ritorna per ritrovare qualcosa della propria genealogia e in realtà non trova
niente, tranne un paese distrutto. “War, as it always does, has erased every trace of humanity
only to leave what Primo Levi once called the “monuments of war”, tanks and broken pieces
of cannons.”161
Con la distruzione, scompare anche parzialmente il legame con i suoi parenti e con l‟Italia in
generale. Quindi in realtà significa anche la perdita di una parte di se stesso, delle sue origini.
Anche se si sente americano – Dy fa parte della seconda generazione di immigrati – ha
comunque le radici italiane e quando va in cerca della sua italianità, scopre che non la
ritroverà mai.
La perdita di una parte della propria identità annuncia il disgregarsi dell‟identità originaria in
senso più generale, soprattutto per quanto riguarda i due protagonisti Vita e Diamante. Vita
realizza soltanto alla fine della sua vita che Diamante non sarà mai suo marito, ossia che non
160
Ibidem, p. 415.
Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of
the Italian Migration, p. 305.
161
51
raggiungerà mail il sogno che ha inseguito a partire dal momento che era ancora una bambina.
Questa identità originaria “bruciata”, cancellata è evidenziata più chiaramente nel personaggio
di Diamante che è sempre in cerca di qualcosa e che non lo troverà mai. Sente la necessità di
appartenere ad una società, vuole essere riconosciuto cittadino della nuova società con una
propria funzione in questa società, ma si sentirà sempre sospeso fra i due paesi, senza
appartenere completamente mai all‟Italia né all‟America. “Diamante disse che aveva bisogno
di far parte di qualcosa – di appartenere a qualcosa. Di trovare il suo posto.”162
In conclusione, come già constatato nell‟analisi dei personaggi, la Mazzucco si fonda su un
fatto storico per poter parlare dei personaggi. Così anche per quanto riguarda il paese
d‟origine, la scrittrice lo descrive nel contesto della guerra mondiale. Più precisamente,
inserisce questo evento storico per poter svelare la condizione dei personaggi e rivela così
anche l‟evoluzione che la loro identità originaria subisce.
4.3.2. Il viaggio
4.3.2.1. Rappresentazione letteraria
“La prima cosa che gli tocca fare in America è calarsi le brache. Tanto per chiarire.”163 Così
la Mazzucco comincia a raccontare la storia di Vita e Diamante. L‟arrivo dei due bambini
italiani ad Ellis Island.
Lui nudo, in piedi, desolato e offeso, quelli vestiti, seduti e tracotanti. Lui con le lacrime
aggrappate al battito di un ciglio, quelli che soffocano risolini imbarazzati, tossicchiano, e
aspettano. La vergogna è inizialmente centuplicata dal fatto che indossa un paio di brache
di suo padre, gigantesche, antiquate e logore, talmente brutte che non se le metterebbe
neanche un prete. 164
L‟immagine mostra chiaramente le grandi emozioni che suscita questa situazione particolare
nell‟emigrante; cioè emozioni di vergogna e umiliazione, trovandosi di fronte agli americani
superbi e agiati. Appena arrivato in un nuovo paese, sentendosi sperduto, Diamante osserva il
mondo ancora con gli occhi di un bambino e in questa prima fase lo giudica categoricamente,
cioè “lui” opposto a “quelli”, dei quali desiderebbe far parte un giorno.
162
Melania G. Mazzucco, Vita, p. 449.
Ibidem, p. 15.
164
Ivi.
163
52
Appena dopo la brevissima descrizione dell‟arrivo umiliante di Diamante in America, ci
troviamo già nella pensione dello zio Agnello. Nell‟analessi che segue, la Mazzucco tenta
ancora di approfondire la descrizione dell‟arrivo dei due bambini ad Ellis Island, in cerca del
padre di Vita, che non arriverà. Descrive soprattutto l‟impatto particolare, marcato dalla
paura, di essere buttati in questo mondo completamente estraneo. Quindi il viaggio
oltreoceano degli emigranti italiani, come ne Il fondo del sacco, occupa anche in Vita una
posizione minore. La Mazzucco tenta di trascinare il lettore nell‟avventura angosciata degli
emigranti, ma lo fa in modo molto veloce; inoltre il viaggio stesso sulla nave viene omesso
completamente. In questo modo ne veniamo a sapere soltanto la durata, cioè dodici giorni di
mare165.
Alla fine del romanzo, la Mazzucco ritorna al viaggio iniziale di Vita e Diamante sul
Republic. Il lettore però non riceve dettagli sull‟esperienza particolare della traversata, visto
che i due bambini scappano dai posti letto assegnati sulla nave nascondendosi in una
scialuppa di salvataggio. La mancanza di igiene nel dormitorio viene descritta velocemente:
“Dieci ore prive di spazio, di aria, di luce, mentre nel tanfo di piscio vomito sudore latte
acido e succo di donna che appesta il dormitorio lo stomaco si rivolta.”166 Centrale nel
capitolo, però, è l‟incontro fra Vita e Diamante che mostrano interesse soltanto l‟un per
l‟altra.
In generale però, il viaggio rappresenta per la scrittrice una tappa fondamentale dell‟avventura
oltreoceanica. Nella sua opinione, l‟atto della traversata sta a significare l‟inizio di una nuova
vita altrove. Così afferma: “Il protagonista di molte favole iniziatiche, viaggiando,
spingendosi al di là dei confini del mondo noto finisce per trovare un regno preferibile a
quello da cui è partito – e per restarvi, cominciando un‟altra vita.”167 Il viaggio assume
quindi piuttosto un ruolo simbolico, cioè di trasformazione, come un colpo di spugna, il rifarsi
una vita, oppure nel caso di Vita e Diamante, di iniziare propriamente una nuova vita.
La traversata può però anche portare con sé la sfortuna all‟altro lato dell‟oceano. Così
trasferisce per esempio delle malattie dall‟Italia come il colera. “In città infuriava il colera.
[...] Il vibrione era sbarcato dall‟Italia – con una nave. Da dove altro poteva arrivare? Da
165
Ivi.
Ibidem, p. 466.
167
Ibidem, p. 161.
166
53
Napoli, per la precisione. Era un ospite non gradito, clandestino e napoletano.”168 È notevole
la connotazione negativa dell‟Italia come portatore del male e della sfortuna in America.
4.3.2.2. Rappresentazione storica
Accanto alla “terrificante traversata”169 di Antonio Mazzucco, il lettore non si può
immaginare la realtà orribile sulla nave degli emigranti. È quasi impossibile per i lettori
immedesimarsi nei personaggi che fanno la traversata, contrariamente alla possibilità
d‟immedesimazione che risulta dalla descrizione dettagliata e profonda delle loro vite
americane. Anche ne Il fondo del sacco abbiamo constatato la scarsa attenzione per questa
tappa fondamentale dell‟emigrazione. Anche se la Mazzucco vi presta più attenzione, le
descrizioni legate al viaggio sono soprattutto inserite per chiarire la situazione ad Ellis Island,
quindi per fornire una spiegazione storica.
Visto che questa terrificante traversata non assume una posizione cruciale nel romanzo, mi
sembra più opportuno analizzare il significato simbolico del viaggio, legato al porto e alla
barca, confermata nella storia letteraria. Così Francesco Benozzo lega il significato di “porto”,
fra l‟altro, ad un “luogo di transito”170; così anche gli emigrati considerano il viaggio verso
l‟America come una trasformazione della loro miserabile vita italiana in una vita migliore. È
il loro sogno comune che sperano di realizzare una volta arrivati nella cosiddetta terra
promessa.
Francesco Benozzo ha inoltre anche analizzato l‟uso della „barca‟ come oggetto significativo
nella letteratura italiana con le sue funzioni specifiche. La seconda funzione che lo studioso
affronta in Oggetti della letteratura ialiana, è quella legata al destino: “Strumento di grandi e
piccole esplorazioni, di viaggi in luoghi lontani spesso al di là di confini noti, la barca può
farsi spesso anche immagine di un destino [...].”171 Anche gli emigrati cominciano
un‟avventura imbarcandosi in Italia e trovandosi di fronte ad un mare immenso, viaggiano
verso l‟ignoto. Benozzo collega inoltre la barca all‟amore, così in Vita fare la traversata
significa la nascita di un legame amoroso, oppure significa distanziarsi dall‟amore.
L‟allontanamento fra i due amanti, nel romanzo, è rappresentato dalla scena in cui Diamante
168
Ibidem, p. 387.
Ibidem, p. 101.
170
Francesco Benozzo, Porto, in AA.VV., Luoghi della letteratura italiana, a cura di Gian Mario Anselmi e
Gino Ruozzi, Milano, Bruno Mondadori, 2003, pp. 307-318, cit. p. 309.
171
Francesco Benozzo, Barca, in AA.VV., Oggetti della letteratura italiana, a cura di Gian Mario Anselmi e
Gino Ruozzi, Roma, Carocci, 2008, pp. 28-37, cit. p. 29.
169
54
deve rimpatriare nel momento in cui i due innamorati si sono finalmente ritrovati. La sua
partenza significherà la fine del rapporto amoroso fra i due. Infine, anche la terza funzione
analizzata dal Benozzo è legata all‟amore, cioè la barca come alcova, ossia la barca come
luogo dove nasce un rapporto amoroso: “La barca può trasformarsi in uno spazio segreto di
incontri amorosi e galanti.”172 Parla inoltre di “incontro clandestino”173, che vale anche per
l‟incontro segreto di Vita e Diamante, dato che sono obbligati a viaggiare separatamente: le
donne ed i bambini divisi dagli uomini. È solo nella scialuppa di salvataggio che riescono a
stare insieme in segreto.
Tra le altre funzioni trattate dal Benozzo vi è quella della barca come metonimia, evidenziato
nelle opere di Verga: “La barca [...] è insieme la metonimia e la caratterizazione etnologica
di un gruppo sociale.”174 Così, anche gli italiani che si imbarcano come un gruppo che hanno
tutti la nazionalità in comune, vengono considerati una comunità in movimento, un‟“orda”,
per usare il termine adoperato da Stella, invece che degli individui.
In conclusione, possiamo constatare che la tappa del viaggio in barca costituisce l‟unica
componente alla quale non si trova una base storica, ossia non ci ritroviamo l‟importanza di
un evento storico, come abbiamo evidenziato nell‟analisi dei personaggi e del paese d‟origine.
Prevale invece la storia amorosa fra Vita e Diamante, nascosti nella scialuppa durante la notte.
Legato al motivo dell‟amore, il valore simbolico è messo in rilievo, invece che l‟importanza
storica del viaggio sul mare.
4.3.3. L‟arrivo in America
4.3.3.1. Rappresentazione letteraria
La situazione reale degli emigranti in America riportata dalla “storica” Mazzucco
In contrasto con il romanzo del Martini, i temi tipici con i quali l‟emigrante avrà a che fare
durante il suo soggiorno americano vengono rappresentati dettagliatamente dalla Mazzucco.
Riguardano soprattutto i temi che descrivono le difficoltà sopporte dagli emigranti, cioè
l‟adattamento in un nuovo paese caratterizzato da nuove abitudini, nuova cultura, nuova
gente; e dopo ciò l‟eventuale integrazione in questa nuova società. Oppure la problematica di
172
Ibidem, p. 30.
Ivi.
174
Ibidem, p. 31.
173
55
una lingua sconosciuta, che rende l‟adattamento ancora più difficile. Temi quindi attraverso i
quali il lettore comincia a capire la situazione reale che hanno vissuto gli emigranti. L‟enfasi
della Mazzucco è proprio su questo aspetto del romanzo, opposto a Il fondo del sacco, il quale
sottolinea soprattutto la situazione sociale nella Svizzera, cioè la povera vita contadina, come
già discusso.
In certi capitoli l‟autrice sospende la storia principale di Vita e Diamante provando a
rintracciare quello che è stato accaduto alla famiglia dei Mazzucco durante il primo
Novecento, cioè nella storia reale. Riporta nel suo romanzo i risultati dalla ricerca storica nel
tentativo di riprodurre la propria genealogia. Questi capitoli “storici” giustificano, oppure
dovrebbero giustificare, la storicità del romanzo: la Mazzucco ne inserisce dati e nomi precisi,
oppure riproduce parte dei documenti appartenenti per esempio all‟archivio di Ellis Island.
Riporta così anche una citazione da un articolo dalla “Rivista di Emigrazione” del 1909 che ci
dà qualche informazione in più sul personaggio di Vita. Inserisce perfino una recensione sul
ristorante che Vita ha aperto a New York. In questo modo la scrittrice tenta di ricostruire la
vita della propria famiglia. Come già spiegato, quindi, dopo la ricerca, la Mazzucco riutilizza i
dati e li inserisce nella storia fittizia e finalmente ne fa un insieme coerente. Alla base del
romanzo ritroviamo i fatti storici reperiti dalla scrittrice, i quali vengono riutilizzati per creare
la storia fittizia dei due protagonisti Vita e Diamante. In tutto il romanzo dunque, è presente la
la miscelatura fra storia e finzione.
Gli emigranti italiani in America
Nelle sue descrizioni dei personaggi italiani, la Mazzucco riporta chiaramente gli stereotipi
legati all‟emigrazione. Così, appena arrivata, Vita si sente finalmente libera; trovarsi in questo
nuovo mondo le suscita felicità e gioia, invece che paura e angoscia. Il senso di libertà e di un
nuovo inizio basato sulla fortuna dominano i suoi pensieri:
Se n‟era andata in giro, aggrappata alla mano di Diamante, senza fretta, senza meta,
guidata solo dalla curiosità e dalla gioia. Tutto era novità, magia e meraviglia. Si era tolta
le scarpe [...] e camminava col naso in aria, guardando ammirata e perplessa i palazzi così
alti che sembravano fare il solletico alle nuvole. Aveva smesso di piangere da un pezzo, e
sorrideva. Un sorriso malizioso, compiaciuto, soddisfatto. 175
175
Melania G. Mazzucco, Vita, p. 35.
56
Insieme a Diamante Vita percepisce l‟America, stereotipicamente, come un sogno, come una
meraviglia improvvisa. Questo fascino che tipicamente esercita la città è quello che subiscono
inizialmente tutti gli emigrati; cioè ricevono l‟immagine della “terra promessa”, nella quale
tutto è ancora possibile, dove non ci sono dei limiti, tutti stanno bene e la sfortuna non esiste.
Proprio un paese migliore di quello dal quale sono emigrati. Nelle città all‟altro lato
dell‟oceano, si può cominciare una nuova vita, che sarà migliore della povera vita precedente.
I due bambini italiani sono affascinati della “bellezza meravigliosa e accattivante”176 e della
grandezza americana ancora mai vista. È come se si trovassero in un sogno, dal quale non si
vogliono svegliare. L‟America rappresenta la perfezione e la ricchezza, equiparata alla “terra
promessa”, nella quale è possibile guadagnare una bella somma di dollari: “La patria lontana
li rivedrà quando avranna le tasche piene di dollari.”177 Diamante però, personaggio
razionale, tenta di non pensare al futuro, o meglio ancora: un futuro senza di lei in cui
dovrebbe lavorare duramente per guadagnare pochissimo.
Il cielo, sopra di loro, era d‟un blu irreale. Si sentì, all‟improvviso, sgravato di un peso
intollerabile – vuoto e leggero. Non aveva più preoccupazioni né pensieri né sensi di
colpa. Tutto era talmente sorprendente – che ogni cosa sembrava possibile. Era un sogno
scombinato e improbabile, ma non voleva svegliarsi. [...] La città – così sudicia e
pittoresca nei pressi del porto – era diventata più bella. [...] Ora ai lati della strada c‟erano
palazzi con facciate di marmo, e i pedoni portavano bombette e mazzarelli da passeggio
di canna di bambù. 178
Questi sentimenti si trasformano però rapidamente: la speranza e la meraviglia si intrecciano
con la delusione, quando si capisce che l‟America non è fatta soltanto di sogni e benefattori.
Così ad esempio quando l‟ambulante italiano gli ruba i pochi soldi portati da casa. Già
dall‟inizio Diamante viene messo a confronto con la dura realtà, gli vengono aperti gli occhi
immediatamente, e sperimenta già un certo disgusto per la cosiddetta terra promessa, in
contrasto con l‟innocenza di Vita “in mezzo ai rifiuti e all‟ingiustizia degli uomini”179. Come
ne Il fondo del sacco, in cui Gori è sopraffatto dalle emozioni di nostalgia e di malinconia e si
appella così spesso ai suoi sensi, anche Diamante si ricorda immediatamente l‟odore del
passato, cioè un odore nostalgico: “Nell‟aria aleggia un odore di legna bruciata e di cenere
che gli ricorda l‟inverno a Tufo, e delle volte, anche se è contento, perché l‟America è
176
Ibidem, p. 40.
Ibidem, p. 55.
178
Ibidem, p. 37-38.
179
Ibidem, p. 43.
177
57
meravigliosa e la fortuna l‟ha preso per mano, gli viene da piangere.”180 Però, l‟associazione
fra il passato e un odore specifico ha una connotazione maggiormente negativa all‟inizio
dell‟avventura americana; così, appena arrivato alla pensione, il protagonista si riferisce
all‟odore di casa sua e nota che “Neanche il puzzo che gli mozza il respiro è quello di suo
padre. Suo padre puzza di pietra, calce e sudore.”181 All‟inizio dunque troviamo Diamante da
solo, angosciato in un posto sconosciuto, il che caratterizza propriamente questa fase
dell‟esperienza dell‟emigrante che segue la prima sensazione di libertà e di gioia. Adesso
prevale il senso di angoscia, di timore, il desiderio di ritornare al paese d‟origine, il
rincrescimento iniziale di essere partito dall‟Italia.
Manca l‟aria. Manca tutto. Il buio aleggia su di lui come una minaccia. Le voci senza
corpo risuonano ancora più angoscianti. Un intero mondo sconosciuto gli viene incontro
nel cuore della notte, aggredendolo mentre è così indifeso – con i sussurri, le ombre e il
buio. La paura diventa sconvolgente quando, mentre lui se ne sta schiacciato contro il
muro, appiattito come una coperta, i briganti si mettono a disquisire del pezzo di ragazzo
ritrovato nel cantiere della sotterranea. 182
Anche nei sentimenti di Vita notiamo il desiderio di ritornare in Italia, ma in modo opposto a
Diamante, Vita associa l‟America con la noia, con una vita monotona, così pensa: “Prima di
venire a New York, non sapeva cosa fosse la noia. A Tufo, era sempre circondata da parenti,
vicini, amici. [...] i giorni passavano in fretta, inavvertiti. Ma qui il tempo si era fermato.”183
Anche ne Il fondo del sacco ricorre il tema della noia, ma Gori fa questa associazione in senso
contrario, e concepisce la vita e il lavoro nelle montagne elvetiche come noiosi.
Da un lato è dunque evidenziata l‟estraneità che emana questo nuovo paese; dall‟altro però
c‟è anche qualcosa che a Diamante gli sembra familiare e riconoscibile; in un solo passo
notiamo già questa chiara opposizione:
[...] in strada c‟è talmente tanta confusione che ancora non è riuscito a capire come si fa
ad attraversare senza restare schiacciato. [...] Sui due lati si aprono negozi di ogni tipo –
ma tutti con insegne in lingua italiana, sicché a Diamante pare di aver riattraversato la
frontiera e di essere tornato indietro. Ci sono mendicanti, venditori di lupini, arrotalame
180
Ibidem, p. 172.
Ibidem, p. 17.
182
Ibidem, p. 18-19.
183
Ibidem, p. 124.
181
58
[...], osterie, covi di giocatori di tressette e di chissà che altro, donne vestite di nero, coi
fazzoletti in testa, come in Italia, e poi una fauna esotica a dir poco sconcertante. 184
La Mazzucco descrive infatti il fenomeno delle cosiddette Little Italies, cioè le zone nelle città
americane in cui gli italiani si raggrupparono e vissero in comuntà. La scrittrice mantiene però
la distanza esistente fra la storia reale e la storia che sta inventando scrivendo il romanzo e
perciò usa il termine “Little Italy” soltanto nel capitolo in cui sta proprio raccontando la storia
ai lettori, quindi uno dei capitoli nel quale assume il ruolo di romanziera, invece che storica,
mentre continua a descrivere semplicemente la zona abitata dagli immigranti, senza definirla,
nelle parti fittizie del romanzo. Una scelta logica, visto che questa denominazione particolare
viene inventata solo in seguito, dagli storici, per descrivere questa realtà storica.
Una caratteristica evidente quindi di queste Little Italies, è il senso di comunità che domina
fra gli abitanti italiani di queste zone. Vivono insieme come una grande famiglia parlando la
stessa lingua fra loro. “Ma i ragazzi di Prince Street non hanno segreti. Sono uniti come i
Paladini contro il mondo intero.”185 Il senso di comunità risulta soprattutto dal fatto che
condividono la stessa nazionalità. “Un italiano preferisce non denunciare un altro italiano. A
meno che non ci sia di mezzo qualcosa di personale.”186
Descrivendo la vita degli immigranti italiani in America, la Mazzucco tende a sottolineare
spesso la durezza di questa vita e le brutte condizioni in cui vivono, piuttosto che l‟allegria e
l‟armonia di queste comunità. Mentre ne Il fondo del sacco questo lato buio si concentra
soprattutto nel paese d‟origine, in Vita è più presente nella nuova vita americana, cioè una
volta che gli immigranti vedono oltre la bellezza della cosiddetta terra promessa. Un fatto
universalmente risaputo è, per esempio, che con il lavoro svolto gli immigrati guadagnano
pochissimo, ma l‟autrice enfatizza ancora di più la durezza del lavoro e il modo in cui
vengono trattati male dal padrone. “[...] Diamante, pietrificato dal gelo com‟è, cade, ma si
rialza, e alla fine del turno di lavoro ritorna a casa, come ieri, l‟altro ieri, e tutto
l‟inverno.”187
Un‟altra conseguenza legata al fenomeno delle Little Italies, è il problema della lingua,
ovvero il fatto che gli immigrati spesso non sono disposti ad imparare la lingua inglese mentre
184
Ibidem, p. 28.
Ibidem, p. 84.
186
Ibidem, p. 386.
187
Ibidem, p. 106.
185
59
continuano a comunicare tra loro usando l‟italiano. Ciò crea evidentemente dei problemi con
il popolo americano, che considera questa una resistenza all‟integrazione nella nuova cultura.
Per essere completamente integrati, è necessario conoscere la lingua del paese. L‟esempio per
eccellenza in Vita viene forse rappresentato dal personaggio di Lena che, pur abitando già da
dodici anni in America, non sa parlare l‟inglese, ovvero l‟americano per usare le parole degli
immigranti nel romanzo. “In americano sapeva solo dire il prezzo delle sue specialità.
L‟inviata tentò invano di intavolare una conversazione, poi, vista l‟insormontabile barriera
linguistica, ripose il lapis, raccolse la sua cartella e uscì.”188
Oltre all‟esistenza delle Little Italies a New York, Melania Mazzucco spesso divaga su altri
aspetti della vita quotidiana in modo che il lettore possa capire meglio la situazione storica
vissuta dagli immigrati, nello stesso modo in cui comprende i personaggi 189. La descrizione,
però, mette sempre in risalto l‟inferiorità degli italiani. In questo modo ci viene spiegato per
esempio il sistema delle strade nella città, che vengono indicate con i numeri. Funziona in
questo modo:
Più i numeri crescono, più il quartiere migliora, e chi lo abita ha avuto successo, nella
vita. Più i numeri scendono, meno contano – e chi abita nelle strade coi numeri bassi vale
zero. Noi stiamo proprio all‟ultimo gradino: abitiamo nelle strade al di sotto dello zero. 190
Un altro aspetto molto presente nella vita quotidiana degli emigranti in America nel „900 fu
l‟esistenza della criminalità organizzata. La Mazzucco però in merito non fornisce al lettore
una propria opinione, ma rispecchia le diverse opinioni esistenti, mentre infatti il popolo
americano in generale è convinto del comportamento criminale degli emigrati, fra gli italiani
prevale il dubbio: potrebbe essere una leggenda oppure una realtà quotidiana. Da un lato, per
esempio, Vita esprime la convinzione dell‟inesistenza della Mano Nera durante gli
interrogatori: “Lei sa cos‟è la Mano Nera? – È una leggenda.”191 Oppure “Secondo loro
[quelli del giornale italiano l‟“Araldo”] la Mano Nera è un‟invenzione degli americani e una
trovata pubblicitaria [...].”192 In generale, su questo aspetto della vita quotidiana non si arriva
188
Ibidem, p. 123.
Cfr. La rappresentazione letteraria dei personaggi.
190
Melania G. Mazzucco, Vita, p. 85.
191
Ibidem, p. 384.
192
Ibidem, p. 75.
189
60
ad una conclusione univoca: “All‟inizio del Novecento, quando la malavita si chiamava
favolosamente Mano Nera [...].”193
Dall‟altro lato la Mazzucco rispecchia la realtà storica della vita criminale. Così dedica un
piccolo capitolo al fenomeno della “Mano Nera”, intitolato appunto così. In queste pagine la
scrittrice ricopre di nuovo il ruolo di storica: confronta il lettore con dati e fatti circa la
criminalità organizzata e evidenzia inoltre di aver consultato gli archivi storici. Fra l‟altro
inserisce un elenco dei figli di alcuni emigrati italiani assassinati dalla Mano Nera. Per quanto
riguarda il romanzo nel suo complesso, notiamo dall‟inizio alla fine riferimenti alla malavita
italiana. La Mazzucco mantiene comunque la distanza fra l‟opinione americana e quella
italiana circa la verità. Così anche Geremia ad esempio è convinto che l‟accusa verso gli
italiani sia esagerata:
Geremia detestava le storie di briganti – lo irritava profondamente l‟idea che gli italiani
sapessero far parlare di sé in questa parte del mondo solo quando si mettevano contro lo
stato, la legge e l‟ordine. Cosa che succedeva a uno su cento, mentre degli altri
novantanove, fra i quali annoverava se stesso, non si parlava mai. 194
Le opposizioni
All‟interno del romanzo è molto presente la sensazione che la vita si svolga a cavallo tra due
mondi allo stesso momento, sentimento che sembra essere tipico degli emigranti, dato che
anche Gori ne Il fondo del sacco ne è vittima, parlando di due mondi totalmente diversi. In
Vita poi constatiamo il senso di alienazione, la percezione di non appartenere a nessuno dei
due paesi, ma il senso di fluttuare fra l‟America e l‟italia . Ad esempio, lo ritroviamo nei
pensieri di Vita: “Tanto che le sembra di vivere due volte, in due mondi
contemporaneamente.”195 In entrambi i romanzi dunque è presente l‟idea di due mondi
inconciliabili.
Inoltre, anche l‟opposizione fra la città (americana) e la campagna (italiana), dalla quale i
protagonisti provengono, è ricorrente nel romanzo. Certe reazioni o certi pensieri dei
personaggi rendono chiaro il fatto che non sono ancora abituati al nuovo ambiente in cui
stanno vivendo. “È solo una questione di dimensioni, qui tutto è più grande – il fiume, il
193
Ibidem, p. 389.
Ibidem, p. 414.
195
Ibidem, p. 82.
194
61
porto, le case, perfino le persone.”196 La grandezza di una città, quindi, colpisce l‟immigrato
appena arrivato. L‟italiano si scontra con una nuova realtà, abituato come è alla prossimità e
alle piccole dimensioni del paese o della campagna.
Un‟altra scena mostra gli immigranti che non hanno dimestichezza con le costruzioni
continue in città. “In questa città, tutto sembra in demolizione – o in construzione. Come dopo
un‟alluvione, o un terremoto.”197 La realtà urbana è una realtà nuova per gli immigrati italiani
che provengono dalla campagna e nel brano citato si percepisce per di più, un‟opinione
sottostante piuttosto negativa. L‟idea di una città sempre in costruzione e in continuo
cambiamento che non rimane ferma nel tempo, opposta alla campagna, dove la
trasformazione è lenta o non avviene.
Il grattacielo poi è considerato il simbolo per eccellenza della città, e in particolare di una città
come New York. In questo caso il grattacielo del New York Times assume una funzione
simbolica nella scena, in cui i protagonisti bruciano il neonato morto di Lena: “Se li trovano a
quest‟ora nell‟edificio più prezioso della città, con la scatola e quel che c‟è dentro, il rinvio
alla Children‟s Court è sicuro.”198 Segue poi una scena un po‟ irreale e mitica: i personaggi
salgono e si sentono vicino al cielo, che in questa scena può fare le veci del paradiso. Si
trovano come in una specie di sogno, opposto all‟inferno della strada. Vi è dunque una chiara
opposizione fra lo spazio in basso e quello in alto: “Non vuole più lavorare sottoterra. Vuole
lavorare quassù – vicino a Dio e alle nuvole. Adesso sa che in America non puoi soffrire di
vertigini, altrimenti resterai sotto i tacchi di tutti. All‟inferno.”199 Questa è in qualche modo
una scena con un valore religioso: “[...] la scatola che Rocco tiene alta davanti a sé, come un
chierichetto la cassetta delle offerte”200, poiché assume delle connotazioni religiose e
spirituali: per esempio i protagonisti cantano in coro, e per di più c‟è la presenza del fuoco che
crea un alone di luce: l‟accenderlo è considerato un privilegio, quello di un prete. È come se
partecipassero ad una cerimonia segreta: “[...] gli uomini che siederanno qui comanderanno il
mondo. [...] Da quassù, la città sembra il ricordo di un sogno [...].”201 Poi però, la sequenza
finisce in un incubo e i personaggi sono inseguiti dai cani dei guardani e progressivamente
viene meno la dimensione mitica e favolosa, man mano che si avvicina la città che sta in
196
Ibidem, p. 111.
Ibidem, p. 86.
198
Ibidem, p. 87.
199
Ibidem, p. 89.
200
Ivi.
201
Ivi.
197
62
basso: “[...] attraverso la città sempre meno grandiosa, sempre meno illuminata – Trentesima
strada, ventesima, decima, zero – fino a casa.”202 Si tratta cioè di un viaggio dall‟alto al
basso, dal sopra al sotto oppure, in altre parole, una decadenza; fino al momento in cui si
trovano di nuovo nella realtà dura della vita.
In questa città, tutto sembra in demolizione – o in costruzione. Come dopo un‟alluvione,
o un terremoto. [...] Tutto cade a pezzi, e tutto è nuovo. Ci sono case centenarie, e case
nate ieri e non ancora abitate. In questa città costruiscono tutto – ferrovie, alberghi,
banche, chiese. 203
Un altro tipo di opposizione presente in Vita sono i racconti di successo, cioè i cosiddetti
racconti “from rags to riches”: “Il successo ha lavato la macchia della sua origine, la
nodosità callosa delle sue mani, la povertà della sua lingua – bastarda mescolanza di un
dialetto che ormai non si parla nemmeno al suo paese e di un americano incompreso dai
più.”204 È il racconto di successo di Lazzaro Bongiorno, il titolare di un‟impresa di pompe
funebri, opposto alle tante storie di fallimento, come ad esempio quella di Agnello che ha
perso tutto: il negozio, la pensione e Lena.
Accanto a questi chiari contrasti, considerando il romanzo nel suo insieme, appaiono spesso
altre contrapposizioni. Un esempio lampante di ciò potrebbe essere la felicità eterna, che però
alla fine si rivela illusoria, sono Diamante e Vita che ballano a Coney Island, “accompagnati”
dal letterale “I feel so happy”205, e che poi vengono separati da Agnello, che li scopre mentre
si stanno baciando. Anche fra Diamante e Vita si sviluppa un contrasto, però, dopo molti anni:
così da un lato leggiamo che Vita è diventata ricca grazie al successo del suo ristorante,
dall‟altro lato invece, c‟è la povertà di Diamante, ritrasferitosi in seguito in Italia. Vita è
dunque l‟unico personaggio che è riuscito a realizzare il sogno americano degli emigrati
italiani, e si contrappone in questo modo anche alla povertà dell‟Italia in generale: “Con ogni
evidenza, Diamante era povero come l‟Italia.”206
Anche uno dei temi determinanti con i quali tutti gli emigrati avranno a che fare durante il
soggiorno americano, è legato ai contrasti rappresentati in Vita, ossia l‟integrazione. I due
protagonisti mostrano rispettivamente un atteggiamento diverso nei confronti del processo di
202
Ibidem, p. 94.
Ibidem, p. 86.
204
Ibidem, p. 169-170.
205
Ibidem, p. 203.
206
Ibidem, p. 273.
203
63
integrazione. Così, Diamante dimostra la sua volontà di integrarsi, vuole imparare l‟inglese
correttamente e diventare un americano: “Moe frequentava una scuola serale per imparare
l‟americano. Anche lì gli sarebbe piaciuto seguirlo, ma era una scuola che gli ebrei ricchi
avevano aperto per gli ebrei poveri.”207 Anche in questo contesto, del diverso grado di
integrazione, notiamo di nuovo un‟opposizione chiara fra Vita e Diamante: quest‟ultimo
dimostra di più la perseveranza verso l‟americanizzazione. Alla fine però, sarà Vita che avrà
la vita migliore in America, quella che Diamante ha soltanto potuto sognare.
Per quanto riguarda l‟integrazione degli italiani, Diamante è l‟unico personaggio del quale la
Mazzucco sottolinea la volontà e la perseveranza. È poi anche l‟unico che non riuscerà nella
vita americana, opposto ai personaggi di Vita e Rocco, che diventeranno entrambi ricchi. La
tenacia di Diamante è inoltre rispecchiata dal suo nome proprio: “E poi già Diamante non è il
suo vero nome, se lo è guadagnato perché è sopravvissuto a tutti i suoi fratelli maggiori. Gli
piace – il diamante è la più dura delle pietre. Non la tagli né col coltello né con la
dinamite.”208 La perseveranza di Diamante è anche enfatizzata, sui piani diversi della vita; ad
esempio nella sua volontà d‟essere indipendente e guadagnare i propri soldi, anche se ciò
significa che “Lo pagano un dollaro e ottanta centesimi al giorno.”209 Oppure nel fatto che
mentre in America c‟era la crisi e quasi tutti gli italiani rimpatriavano, Diamante “tenne duro.
Rimase.”210
Una piccola considerazione rispetto all‟integrazione di Vita e Diamante è forse ancora
necessaria per una completa interpretazione: come già accennato, Vita si è integrata, ma non
lo sarà mai completamente, avendo i suoi pensieri sempre rivolti a Diamante, ovvero in Italia,
dove lui si trova. Così, alla fine, lascia temporaneamente l‟America per andare a cercarlo in
Italia.
Un altro tema evidente e perciò molto presente è l‟identità originaria degli emigranti:
l‟oscillazione tra la preservazione oppure la perdita di ciò. Certamente, in primo luogo,
dipende dalla motivazione e dalla volontà dell‟emigrato di fare parte della società americana,
cioè di assimilarsi ad un nuovo ambiente. Notiamo così nel personaggio di Diamante il
modello dell‟emigrato italiano che mostra la volontà di assimilarsi, mantenendo la sua
originaria identità italiana: “Nelle ultime ore del giorno [...] Diamante tirava fuori dalla tasca
207
Ibidem, p. 179.
Ibidem, p. 172.
209
Ibidem, p. 293.
210
Ibidem, p. 305.
208
64
della giacca il sussidiario di Vita [cioè della lingua inglese] e si accaniva a leggere e
rileggere le stesse pagine.”211 Mentre Lena rappresenta piuttosto un nessuno, a nobody:
essendo stata presa in casa dallo zio Agnello, perde finalmente la sua identità propria:
“Agnello aveva deciso che si chiamava Lena. Era l‟unico che le avesse detto – questa è la tua
casa, dove sono io, là è il tuo paese.”212 Lena ha perso la propria identità, anzi è considerata la
proprietà privata di Agnello, si è trasformata in un oggetto che appartiene a lui. Diamante
vede nel personaggio di Lena il pericolo di perdere l‟identità originaria: “Lena non aveva
consistenza, né ricordi. A volte Diamante temeva di diventare come lei, un giorno. Di
dimenticare da dove fosse venuto, chi era stato, quale fosse la sua gente.”213 È proprio quello
che succederà: non sarà in grado di mantenere la sua identità originaria, anzi, alla fine si
troverà sospeso fra due mondi inconciliabili.
Come emerge dagli esempi citati, il tema dell‟identità occupa proprio una posizione
determinante nel romanzo. I personaggi in Vita rappresentano i diversi esiti possibili per
l‟emigrante arrivato in America; l‟integrazione presocché completa di Vita, la perdita
d‟identità di Lena, e infine, tra essi, il caso di Diamante, che assume un‟identità ibrida, ossia
adotta né l‟integrazione totale nella nuova società, né la perdita d‟identità originaria.
In questo modo, un giorno, Diamante avverte un senso di estraneità, percepisce di non
appartenere né al mondo americano, né a quello italiano, ma di sentirsi sospeso fra i due
paesi: “Sembrano [i gabbiani a Roma] sempre fuori posto, o al posto sbagliato, come tanto
spesso si è sentito lui.”214 Ha perso i legami con entrambi i paesi e così si sente uno straniero
nel proprio paese. Mentre Vita ha potuto costruirsi una nuova vita a New York, Diamante è
stato rimandato in Italia, però secondo lui non è stato ritornato proprio a “casa”:
Perché non sono mai potuto ritornare a casa, Vita [...]. Non avevo più un mondo cui
tornare – non un paesaggio né un luogo. Nemmeno il ricordo di essi. Solo i loro nomi.
Non esisteva più un gruppo di persone che potevano definirsi la mia gente. Non avevo più
nulla in comune con i miei parenti.215
L‟estraneità quindi prevale nel romanzo, almeno per quanto riguarda il personaggio di
Diamante. Lo dice lui stesso, letteralmente:
211
Ibidem, p. 176.
Ibidem, p. 183.
213
Ivi.
214
Ibidem, p. 282.
215
Ivi.
212
65
Chi ero? Un estraneo. Uno straniero. Ho continuato ad andarmene – e non ho fatto altro
che partire di nuovo. Era come se la nave sulla quale mi sono imbarcato non fosse mai
arrivata in porto, come se avesse continuato a vagare sull‟oceano, sospesa tra due rive,
senza meta e senza ritorno. Ho provato a fare parte di qualcosa [...].216
Come già accennato, entrambi i protagonisti sperimentano la sensazione di essere estranei al
mondo americano all‟inizio del romanzo; ma ogni personaggio progredisce in un modo
diverso: così Vita si è potuta integrare pienamente nella società americana: “L‟America mi
piace, ci sto bene – qui mi apprezzano per quello che sono e non mi chiedono perché a
diciott‟anni ancora non mi sposo. In Italia dovrei tornare a tutto quello cui sono
scampata.”217; mentre Diamante non si sentirà mai a proprio agio, non cosidererà mai
l‟America come parte della propria identità. “Mi hanno accettato, Vita. Ma io ero sempre
altrove. Finché non ero più da nessuna parte e se non sono riusciti a uccidermi è stato
semplicemente perché ero già morto.”218
Ma il labbro rimane impercettibilmente increspato, come se lui fosse sempre scontento o
sul punto di disapprovare qualcosa. Quella cicatrice non l‟appianò nemmeno il tempo:
l‟unico segno indelebile dei suoi anni americani. 219
Diamante subisce proprio una crisi d‟identità: sente la necessità di tornare a New York, dopo
gli anni ai lavori ferroviari in Ohio, dove ha lasciato quello che conosce, al quale potrebbe
aggrapparsi. New York rappresenta per lui un punto d‟appoggio, un sostegno. Vuole far parte
di qualcosa, desidera avere una propria identità, ma non ha niente come base solida e scoprirà
che neanche la città di New York può svolgere questo ruolo. In questo contesto, Diamante
funziona come un detective, e l‟America è la sua “quest”: “In America, da qualche parte,
c‟era qualcosa – non sapeva cosa, ma voleva trovarlo.”220 È come se cercasse la sua vera
identità, che però non troverà mai. Inoltre, non sarà mai in grado di stabilire una propria
identità in America poiché il popolo americano non l‟accetta, anzi, provocano la perdita
parziale dell‟identità originaria del protagonista. Visto che la popolazione indigena proietta
delle immagini stereotipate sull‟emigrato, ma queste e l‟immagine che l‟emigrato ha di se
stesso sono in realtà inconciliabili, la popolazione americana causa la perdita di una parte di
se stesso, come afferma nel contesto dei coloni l‟analista piscologico Frantz Fanon: “The
216
Ivi.
Ibidem, p. 454.
218
Ibidem, p. 282.
219
Ibidem, p. 304.
220
Ibidem, p. 305.
217
66
colonial subject, caught in the oppressor‟s gaze, is split, distorted, breached and disturbed,
unable to reconcile her or his self-image with the images that are projected back by
others.”221
Evidentemente la situazione cambia con l‟arrivo delle nuove generazioni. Così notiamo
un‟esperienza già totalmente diversa per quanto riguarda gli emigrati di seconda generazione.
Il figlio di Vita, Dy, si è arruolato nell‟esercito degli Stati Uniti. Le differenze con la prima
generazione, cioè quella di Vita e Diamante sono palesi: prima di tutto Dy ha, per esempio,
avuto l‟opportunità di frequentare l‟università e poi, poiché è cresciuto in America, percepisce
in modo diverso la dicotomia Italia – America. All‟opposto di Diamante, Dy non vuole essere
associato all‟Italia, per lui rappresenta piuttosto un‟identità appartenente ai suoi genitori,
mentre lui si sente proprio “americano”, anche se agli occhi degli altri sembra un italiano.
“Eppure non c‟è niente di personale, non sono mai stato qui. Sono americano.”222: così pensa
mentre si trova in Italia durante la seconda guerra mondiale.
Il paese di cui aveva sempre sentito parlare, di cui conosceva i sapori e i profumi, il
paradiso perduto e l‟inferno della memoria di cui aveva visto solo una cartolina in bianco
e nero [...]. Un luogo remoto, un nome straniero – che odiava, perché gli ricordava ciò
che non era, che desiderava distruggere – per liberarsene definitivamente. 223
Dy, come buona parte della seconda generazione, dimostra però ancora un‟identità ibrida:
percepito dagli americani come un italiano, lui si sente, oppure vorrebbe sentirsi, americano.
Anzi, si vergogna della sua identità originaria esprimendo odio verso il suo paese d‟origine,
ma anche verso i suoi genitori e se stesso. Per poter perdere questa identità ibrida, smette di
parlare italiano e rinuncia al suo nome di battesimo. L‟italianità viene quindi considerata
piuttosto un fastidio che un privilegio dal personaggio di Dy. “[...] e il sentimento della
propria indegnità, gli erano rimasti tatuati nella mente – come il marchio della sua
diversità.”224
La Mazzucco sottolinea tuttavia una connessione più forte fra i due paesi, in contrapposizione
a Il fondo del sacco del Martini. La scrittrice ricostruisce questo ponte fra l‟America e l‟Italia
con le lettere che ha ritrovato fra Dy e Roberto, che segnano l‟inizio della loro società d‟affari
221
Simon Malpas, Subjectivity, in Id. The Postmodern, Oxford & New York, Routledge, 2005, pp. 66-73, cit. p.
69.
222
Melania Mazzucco, Vita, p. 237.
Ibidem, p. 222.
224
Ivi.
223
67
basati sull‟esportazione bilaterale. Rappresenta solo uno dei tanti esempi nel romanzo che
riguardano l‟economia all‟inizio del Novecento.
Le metafore: la malattia e il sogno
Un‟ultima considerazione per quanto riguarda Vita, è l‟uso della metafora usata per poter
parlare dell‟emigrazione. La prima è quella della malattia, la medesima che troviamo ne Il
fondo del sacco. In Vita, Diamante considera la sua estraneità e diversità come una malattia,
cioè come la causa primaria della non appartenenza alla società americana: “la mia malattia
mi ha tenuto lontano [cioè dall‟integrazione in America].”225 Accanto all‟interpretazione
metaforica della malattia, è anche possibile concepirla in senso letterale, illustrata dal
contagio del colera che arriva con le navi partite dall‟Italia 226, oppure dalle malattie che si
sviluppano durante la traversata, e che si diffondano rapidamente data la grande quantità di
persone che viaggiano insieme: “La nave era piena di malati, perché si parte in gruppo, e
quasi sempre si torna in compagnia della polmonite, della tubercolosi, della sifilide.”227
In un altro esempio vediamo poi chiaramente la sovrapposizione del senso metaforico e
letterale. Nel momento in cui Diamante si trova nel suo letto, malato di nefrite, si sente
contemporaneamente stanco, cioè malato dell‟amore perso e dal quale si deve curare. In realtà
quindi soffre di nefrite, ma deve anche essere curato dalla malattia che si chiama Vita.
“Viveva isolato, silenzioso come un albero.”228, vivendo in questo modo, tenta di guarirsi
della sua “malattia”, il quale rappresenta inoltre l‟evoluzione ulteriore del personaggio di
Diamante “[...] aveva cercato di cancellare le sue tracce – con il sistematico occultamento di
sé, rifugiandosi in un silenzio che negli anni si era fatto sempre più impenetrabile.”229 La
citazione illustra il modo in cui Diamante trascorre gli ultimi anni della sua vita, cioè vive in
isolamento, ritiratosi in Italia lontano dall‟America, per poter dimenticare Vita. Perché è
proprio lei che rappresenta la causa primaria della malattia di Diamante, anche nel senso
letterario.
Benché i medici constatino la nefrite, in realtà questa malattia è un sintomo della malattia
causata da Vita, dall‟America in generale, dagli anni persi, dal passato che tenta di
dimenticare, dal dolore che ha sopportato durante gli anni americani. A questo punto
225
Ibidem, p. 282.
Cfr. La parte che riguarda il viaggio verso l‟America.
227
Melania G. Mazzucco, Vita, p. 416.
228
Ibidem, p. 422.
229
Ibidem, p. 394.
226
68
Diamante non può più andare avanti, deve dimenticare tutto per poter progredire. Nello stesso
modo in cui è andato in America per cominciare una nuova vita, adesso deve dimenticare il
passato, dimenticare tutto ciò che è successo in America, affinché possa iniziare una nuova
vita in Italia. Ma secondo il dottore non guarirà mai, la malattia rimarrà sempre una parte di sé
stesso, della sua vita. L‟America è la sua malattia, l‟emigrazione è la causa. Ma ritornare nel
paese d‟origine, cioè l‟Italia, non lo guarirà completamente, perché si sentirà sempre sospeso
fra queste due vite, non apparterrà mai interamente ad una sola.
[...] si sentiva [...] vuoto. Senza consistenza. Sospeso tra due rive, senza appigli – leggero.
Come un truciolo di sughero. Che può finire ovunque, seguendo la corrente e la marea,
ma non scegliersi la direzione. Le cose leggere non vanno a fondo. Ma difficilmente
approdano. 230
In quest‟ottica il sogno dell‟America come la “terra promessa”, il sogno di una vita migliore
oltreoceano contiene tutta la malattia dalla quale soffre Diamante.
Infine, dal romanzo emerge anche il fatto che Diamante stesso provoca delle malattie. Dal
lavoro che fa come waterboy, Diamante si rivela la causa primaria della diffusione delle
malattie. Svolgendo il ruolo di waterboy, il protagonista viene associato con l‟acqua lui
stesso, anzi, si sente come l‟acqua, cioè “implasmabile, resistente, all‟occorrenza anche
pericoloso, mortale – comunque necessario.”231 È però evidenziato il fatto che anche l‟acqua
causa le malattie: “Dall‟acqua erano venute soltanto malattie e invasioni.”232 In questo modo
le citazioni rendono possibile di applicare il sillogismo. Così, “l‟acqua provoca delle malattie”
rappresenta la premessa maggiore, poi “Diamante è come l‟acqua” costituisce la premessa
minore e finalmente la conclusione risulta dal fatto che “Diamante provoca delle malattie”.
Quindi anche il sogno acquista in questo contesto un nuovo significato. Il sogno iniziale
dell‟emigrato, di cominciare una nuova vita, acquista un altro senso: Diamante vorrebbe che
tutto fosse stato davvero un sogno. La vita americana è stata un incubo invece che un sogno.
Anche Vita percepisce l‟esperienza di ogni giorno come un sogno:
Vita sapeva trasformare un‟illusione in una realtà. Questo mondo non le piaceva, quindi
ne inventava un altro. A rendere vivibile questo mondo non sono forse le persone che
230
Ibidem, p. 430.
Ibidem, p. 300.
232
Ivi.
231
69
cercano di cambiarlo, come credeva di fare lui, ma quelli come lei. Forse è questo che
significa, sognare. 233
In effetti, la vera malattia di Diamante è il sogno, cioè il sogno che non ha mai potuto
realizzare. Già dall‟arrivo in America, sogna di un futuro migliore altrove, di una vita felice
insieme con Vita. Rimarrà però per sempre un sogno: ritornerà in Italia da solo. Perché si
afferra così forte a questa illusione, la guarigione non arriverà mai. Il sogno di Diamante
diventa, finalmente, un‟entità astratta, e rimarrà così per sempre un sogno irraggiungibile.
Alla fine, all‟opposto di Diamante, la lezione che ha imparato Vita in America è che “La vita
è adesso. Non nel futuro, che potrebbe non venire, non nel passato, che s‟è dissolto.”234 Sotto
quest‟aspetto, Vita assume un atteggiamento più razionale, mentre Diamante si nasconde
piuttosto dietro le metafore per attenuare in un certo modo la dura realtà dell‟America.
4.3.3.2. Rappresentazione storica
Le molteplici opposizioni inserite nel romanzo da Melania Mazzucco potrebbero anche
fornire la base per la descrizione della storia migratoria, visto che anche quella è costituita da
molti contrasti. Agli italiani piace leggere ed ascoltare le grandi storie dei propri nonni che
hanno realizzato il sogno americano, che hanno compiuto il tragitto “from rags to riches”.
Guardano con ammirazione i parenti che hanno avuto successo nella vita, che hanno
conosciuto la ricchezza grazie alla traversata oltreoceanica. In realtà però, poca attenzione è
prestata all‟altro lato dell‟emigrazione italiana, cioè il lato oscuro che contiene i racconti
“brutti” degli italiani, i loro fallimenti nella vita. Così come alla realtà storica degli italiani
dipinti come ladri, briganti, assassini e mafiosi, soprattutto nel contesto della criminalità
organizzata. Anche questa realtà negativa fa parte della realtà storica, anche se spesso viene
omessa, ad esempio dai giornali dell‟epoca. Così Gian Antonio Stella ci dà l‟esempio del 27
ottobre 1927 nel Corriere della Sera, che menzionò l‟affondamento di una flotta mercantile
italiana. L‟articolo constatò “poche decine le vittime”, mentre in realtà i morti erano 314235.
Un altro aspetto che fa parte di questo lato rimasto piuttosto nascosto, è la clandestinità, che
esisteva accanto all‟emigrazione legale, come afferma Gian Antonio Stella, citando Albert
Anastasia, che “[...] i clandestini italiani fatti entrare in pochi anni dalla mafia penetrando
233
Ibidem, p. 322.
Ibidem, p. 451.
235
Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p.11.
234
70
gli impenetrabili filtri di Ellis Island erano stati „oltre 60.000‟.”236 Pure alla fine
dell‟Ottocento Bernardino Frescura aveva già scritto un saggio sul fenomeno, intitolato
“Dell‟emigrazione clandestina italiana”.
Soprattutto dagli anni 1880 lo stereotipo negativo verso gli italiani conquistò terreno. Nelle
opere di alcuni scrittori, ad esempio Dickens e P.B. Shelley, che hanno fra l‟altro determinato
il canone letterario ottocentesco, domina il ritratto negativo degli italiani e del loro paese.
Secondo Vecoli un fenomeno anche del quale i media si rendono colpevoli:
Dagli anni ottanta dell‟Ottocento, gli italiani erano stati rappresentati dalla stampa
americana come ignoranti, sporchi, pigri – e criminali assetati di sangue. Nel 1891, fu
loro permanentemente affibbiato il marchio infamante della mafia. 237
Gli italiani entrarono quindi in America nel momento in cui l‟immagine collettiva su di loro
era già stata creata. Percorrendo poi la storia degli italiani in America, possiamo constatare
che in parecchi casi questo stereotipo può essere confermato. Il problema è dunque la
generalizzazione di tutto ciò. Un fatto che è forse paragonabile alla odierna “questione
islamica”. Così, alcuni partiti politici combattono contro l‟immigrazione, mentre secondo altri
non si può fare di ogni erba un fascio. Anche se la maggior parte degli italiani arrivati
all‟inizio Novecento è venuta con le migliori intenzioni, cioè di integrarsi nella società
americana, di far parte della vita quotidiana, di cercare lavoro e di guadagnare soldi, sebbene
il problema della lingua spesso rimanesse, gli americani percepiscono la situazione in modo
più negativo. Diamante stesso, per esempio, rispecchia questa situazione nel modo più chiaro,
mostrando la sua volontà e la perseveranza nel processo di integrazione in America.
Ciononostante, si è portati spesso a generalizzare spinti dalla paura nei confronti di un popolo
che a prima vista si rivela pericoloso, e che inoltre sta arrivando in numero crescente. Così
afferma John Boswell sulla situazione in Gran Bretagna e in America in un articolo sul Daily
Mirror il 27 aprile 1940:
Perfino il più pacifico proprietario del caffè di periferia, rispettoso della legge, ha un
sussulto di patriottismo solo a sentir nominare Mussolini... Il nostro paese è costellato di
236
237
Ibidem, p.179.
Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, p. 138.
71
tante piccole cellule di potenziali spie e traditori. C‟è una tempesta che arriva dal
Mediterraneo e noi, con la nostra stupida tolleranza, le spianiamo la strada.238
Boswell sottolinea in quest‟articolo “la fobia della „quinta colonna‟”239: il popolo americano
ha paura di un‟invasione del fascismo nel loro paese. Questa paura verso i fascisti rappresenta
però una seconda ondata che riguarda l‟opinione comune degli americani nei confronti degli
immigrati italiani, dopo quella dell‟associazione degli italiani con i mafiosi. Nel momento in
cui gli italiani entrarono in America, cioè alla fine dell‟Ottocento, devono cercare di gestire la
situazione particolare degli xenofobi che mostrano la loro avversità verso i nuovi arrivati,
soprattutto basata sugli stereotipi (cfr. sopra) come, per esempio, la loro igiene.
Un altro stereotipo molto presente quindi, anche consolidato già dall‟inizio, che ritroviamo
pure oggi, è l‟identificazione tra italiani e mafiosi. Benché il pregiudizio non sia del tutto
ingiusto, è tuttavia una generalizzazione troppo semplice. Secondo Gian Antonio Stella anche
gli immigrati di altre nazionalità facevano parte dell‟ambiente criminale, ma comunque
“erano gli italiani a comandare”240. Come anche constatato nel romanzo Vita, il dubbio circa
la portata del fenomeno rimane un fatto, anche confermato nel saggio di Salvatore Lupo che
tratta la storia della mafia in America. Lo studioso cita Hawkins che afferma che “le
cosiddette prove dell‟esistenza della segreta associazione somigliavano troppo a quelle
dell‟esistenza di Dio: ci si può credere solo per fede.”241 È importante, quindi, distinguere il
livello della storia dall‟opinione italiana, che spesso continua a dubitare l‟esistenza della
mafia, come constatato in Vita. Il problema poi sta nel pericolo dello stereotipo stesso, cioè
“Ci mettono secoli, i popoli, a farsi un‟idea gli uni degli altri. E spesso se la fanno sbagliata.
Tanto che ci vogliono poi decenni e decenni perché i pregiudizi siano messi in dubbio,
corretti, rimossi.”242
Vediamo evidenziata la conseguenza di tutto ciò negli esempi seguenti: la prima la troviamo
nel 1973, in un‟affermazione che riguarda gli italiani fatta da Richard Nixon, l‟allora
presidente degli Stati Uniti: “Il guaio è che non si riesce a trovarne uno che sia onesto.”243,
afferma appunto “[...] ciò che gli americani hanno a lungo pensato e ancora sotto sotto
238
Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p. 142.
Ivi.
240
Ibidem, p. 211.
241
Hawkins, God and the Mafia, in “Public Interest”, 1969, pp. 24-51, citato a proposito di S. Lupo, Cose
nostre: mafia siciliana e mafia americana, in AA.VV., Verso l‟America. L‟emigrazione e gli Stati Uniti, pp.
173-199, cit. p. 179.
242
Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p. 57.
243
Ibidem, p. 194.
239
72
pensano.”244 Dopo, ancora nel 1996 McCann-Erickson ha analizzato per sei mesi 60 giornali
del mondo e constata che “la parola più usata all‟estero in abbinamento all‟Italia non è
„amore‟, „pizza‟, „spaghetti‟ o „moda‟, ma ancora e sempre la stessa: „mafia‟.”245 Anche
Vecoli conferma quest‟affermazione: “Tuttavia, la fama di grandi criminali definisce tuttora
gli italo-americani nell‟immaginario del pubblico.”246
Benché ancora oggi constatiamo queste associazioni nei media, notiamo già una “rinascita
etnica” secondo l‟opinione del Vecoli, che “si manifestava nel rinverdirsi di vecchie
organizzazioni, quali i Sons of Italy, e nella fondazione di nuove organizzazioni come la
National Italian American Foundation (Niaf).”247 Lo studioso sottolinea tuttavia che per
raggiungere questa meta, “Ci sono volute diverse generazioni.”248 Anche Anna Maria
Martellone ferma l‟attenzione sull‟importanza di queste organizzazioni che sono necessari per
reagire al “perdurare dello stereotipo dell‟italiano gangster e mafioso.”249 Inoltre enfatizza
gli aspetti positivi degli italiani oggi in America “che hanno raggiunto posizioni di prestigio
nel mondo politico, della cultura, degli affari.”250 Perfino il prestigio legato all‟italianità viene
quindi sottolineato, un motivo per il quale gli italo-americani non nascondono la loro origine
italiana, e invece mostrano il loro orgoglio:
Costoro vanno giustamente fieri delle proprie origini, sia pur remote, e sono ben
consapevoli che non c‟è stata soltanto trasmigrazione di “mafiosi”, ma di tanti aspetti
positivi, preziosi, della cultura italiana. 251
L‟accusa continua verso gli italiani però, può spesso essere controbattuta. Così si rivela la
verità dietro l‟accusa di un delitto commesso nel 1890 a New Orleans, e cioè “l‟uso scientifico
del delitto, da parte di un gruppo di potere locale, per bloccare la crescita economica della
comunità siciliana. E attaccare la „razza‟ italiana.”252 L‟ingiustizia nei confronti degli italiani
risulta quindi spesso immeritata.
244
Ivi.
Ibidem, p. 195.
246
Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, p. 143.
247
Ibidem, p. 140.
248
Ibidem, p. 142.
249
Anna Maria Martellone, Generazioni e identità, in AA.VV., Verso l‟America. L‟emigrazione italiana e gli
Stati Uniti, pp. 243-256, cit. p. 245.
250
Ivi.
251
Ivi.
252
Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p. 219.
245
73
Se mettiamo questo discorso in relazione con il romanzo della Mazzucco, notiamo che
l‟ambiguità del ruolo degli italiani nella storia emigratoria in America, viene rispecchiata
chiaramente in Vita: sebbene certi aspetti, come la clandestinità, siano omessi, oppure non
siano trattati in modo ampio, i contrasti rimangono frequenti dall‟inizio alla fine del romanzo.
Melania Mazzucco inserisce la storia che si forma dagli stereotipi e dai contrasti, ma lo fa su
scala ridotta, cioè rispecchia i grandi eventi storici nei singoli personaggi oppure nei rapporti
fra loro. In questa prospettiva, la Mazzucco evidenzia inoltre il contrasto che prende forma nel
personaggio di Diamante: abbiamo visto che alla fine subisce una crisi d‟identità,
un‟evoluzione che è anche stata constatata nella storia emigratoria. Così, Giulio Iacoli parla di
un “Terzo Spazio”, ossia “il regno dell‟intersoggettivo dove si costituisce un‟identità
ibrida”253. Pure la Serra è convinta di quest‟evoluzione collettiva dell‟emigrante: “Il paesano
[...] cessa d‟esistere quando diventa emigrante, perdendo insieme la sua identità unica, per
acquistarne una frantumata [...] e divenire di volta in volta “the Italian” per gli americani e
“l‟americano” per gli italiani.”254
Come accennato nell‟introduzione a Vita, la Mazzucco ha voluto ricreare una storia
migratoria che vale per tutti gli italiani, per dare loro una voce. Così conferma la storia
inserendo da un lato i contrasti inerenti al passato migratorio, appena spiegato. L‟autrice
inserisce, dall‟altro lato, anche dei dettagli minori che lasciano meno direttamente
un‟impronta profonda sulla storia descritta. Sono degli aspetti della vita quotidiana degli
emigranti collocati nel romanzo per arricchire e confermare la storia migratoria.
Per concludere, elenco alcuni di questi aspetti quotidiani descritti nel romanzo. Per prima
cosa, dopo parecchi anni Vita ha aperto un ristorante, come hanno fatto molti italiani in
America. I precursori dei ristoranti, le pizzerie e i bar, erano le grosserie nelle quali gli italiani
vendevano frutta, verdura, carne, pesce e pane. Secondo Vecoli, queste imprese dimostrano
un effetto importante sul popolo americano, cioè “quello di educare il palato degli
americani.”255 Poi, la Mazzucco conferma anche l‟esistenza delle Little Italies nei quali gli
immigrati italiani vivono insieme come una comunità e assumono un ruolo autonomo.
Secondo Maria Susanna Garroni il pericolo sta nella resistenza degli italiani alla loro
assimilazione nella società americana. Da un lato le comunità chiuse mettono gli italiani in
253
Giulio Iacoli, Quali spazi per il migrante?Perec, Delillo, in Id. La percezione narrativa dello spazio. Teorie e
rappresentazioni contemporanee, Roma, Carocci, 2008, p. 218.
254
Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 199.
255
Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, p. 114.
74
isolamento, dall‟altro possono essere un gradino verso l‟assimilazione alla società
americana256.
Dentro queste comunità, Vecoli sottolinea l‟importanza della religione, legata alle feste tenute
come conservazione della tradizione e del senso di comunità 257. Anche la Garroni conferma
“la forza dei legami di solidarietà che unirono in certe zone persone provenienti da una
stessa area.”258 Poi, anche il problema fondamentale dell‟analfabetismo può essere messo in
relazione con le Little Italies, dentro le quali gli italiani continuavano a parlare fra loro la
lingua nativa. Dall‟altro lato prendevano coscienza della loro condizione e perciò “la stampa
in lingua italiana divenne un‟istituzione sempre più importante nelle Little Italies.”259 Anche
Diamante nel romanzo vende dei giornali in lingua italiana, il che stimola il suo desiderio di
leggere.
La Garroni afferma poi l‟esistenza dei cosiddetti pathfinders o dei trailblazers, ovvero
“coloro che ebbero l‟iniziativa di condurre un flusso migratorio dal luogo di origine a
specifiche destinazioni.”260 In questo contesto, lo zio Agnello nel romanzo può rientrare in
questa definizione della Garroni. Anche lui svolge un ruolo di intermediario fra l‟America e
gli emigranti italiani. Una volta arrivato, l‟emigrato nomina il suo nome per poter entrare e
conseguentemente vengono portati alla sua pensione. Inoltre Agnello aiuta, ad esempio
Diamante, a trovare lavoro.
Dai numerosi esempi risulta dunque la conferma della storia nel romanzo Vita. Così Melania
Mazzucco inserisce da un lato i grandi contrasti che esistono nel fenomeno dell‟emigrazione
italiana, per esempio l‟ambiguità nel contesto della malavita italiana, causata fra l‟altro
dall‟esistenza degli stereotipi. Dall‟altro lato introduce aspetti della vita quotidiana che
rispecchiano la storia emigratoria nel suo insieme.
256
Maria Susanna Garroni, Little Italies, in AA.VV., Verso l‟America. L‟emigrazione italiana e gli Stati Uniti,
pp. 145-172, cit. p. 152.
257
Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, p. 117.
258
Maria Susanna Garroni, Little Italies, p. 157.
259
Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, p. 119-120.
260
Maria Susanna Garroni, Little Italies, p. 157.
75
5. Conclusione: un confronto fra Il fondo del sacco e Vita
In un confronto finale fra Il fondo del sacco e Vita, faccio ancora riferimento alle differenze,
ma soprattutto alle analogie fra i due romanzi, come risultano dall‟analisi dei personaggi e a
proposito di quanto riguarda dell‟emigrazione. Entrambi gli autori contemporanei hanno
affrontato in modo diverso il problema legato alla scarsità dell‟attenzione prestata al soggetto
dell‟emigrazione nella letteratura italiana, oppure la letteratura in lingua italiana in merito al
Martini. Soprattutto, se prendiamo
in considerazione la rappresentazione storica
dell‟avvenimento nei romanzi, possiamo ritrovare delle analogie, in particolare fra i
protagonisti, nell‟intenzione notevolmente diversa fra le opere analizzate.
La maggiore differenza che colpisce direttamente è quindi l‟intenzione degli scrittori, che
distingue chiaramente i due romanzi. Mentre Martini vuole fornire al lettore soprattutto una
specie di resoconto nel quale rispecchia il mondo contadino nelle montagne svizzere all‟inizio
del Novecento, la Mazzucco tende ad un progetto più ambizioso, cioè il rispecchiamento
dell‟avventura emigratoria dall‟Italia, fino alla vita americana, e inserisce perfino il ritorno in
Italia. Così l‟enfasi si sposta dal paese d‟origine degli emigranti ne Il fondo del sacco,
all‟America in Vita. Benché la Mazzucco descriva la vita totale dell‟emigrante italiano, tratta
soprattutto l‟arrivo degli italiani in America. Rispecchia l‟esperienza americana in modo
abbastanza dettagliato, confermando così una gran parte della storia reale. Lo scopo primario
della scrittrice è rintracciare la storia migratoria della propria famiglia.
Plinio Martini invece svela al lettore piuttosto le brutte condizioni di vita dei contadini che li
hanno spinti verso l‟emigrazione. Più precisamente, Martini critica questa situazione sociale,
ma inserisce anche uno “strato” che dà rilievo agli aspetti emotivi del protagonista. Poiché
Gori non si è mai integrato completamente, il soggiorno americano è stato per lui una brutta
esperienza. In questo modo, Martini sottolinea soprattutto la vita quotidiana a Cavergno,
lasciando fuori il viaggio in barca e anche la maggior parte dell‟esperienza americana, perché
rappresentano degli aspetti della vita che Gori vuole cancellare dalla memoria. Considerato il
romanzo nel suo intero, Plinio Martini conferma la storia degli emigranti ma ne approfondisce
soltanto una tappa, cioè l‟esperienza del futuro emigrante nel paese d‟origine.
Tra le differenze evidenti fra i due romanzi constatate nell‟analisi, possiamo riscontrare pure
delle affinità fra Il fondo del sacco e Vita. Così, Martini racconta la storia dell‟emigrazione di
un solo personaggio, Gori, per rispecchiare una realtà più ampia, ossia la realtà di una società
76
che vive nelle montagne svizzere. Questo metodo di lavoro vale però anche per la Mazzucco,
che crea, all‟opposto del Martini, la storia di un‟intera famiglia. In realtà, la storia dei
Mazzucco è estesa alla nazione italiana. La scrittrice rispecchia così in modo esteso la realtà
vissuta da molti emigranti italiani all‟inzio del Novecento. Entrambi gli autori, dunque, creano
una storia individuale che vale per un‟intera società. Da questo punto di vista, ci troviamo di
nuovo nell‟ambito postmoderno, soprattutto per quanto riguarda la teoria lyotardiana
dell‟evoluzione della Grande Narrazione alle cosiddette “storie piccole”.
La Mazzucco ad esempio, creando una “storia piccola” intorno alla propria famiglia,
rispecchia in modo particolare la storia reale: conferma le opposizioni che caratterizzano la
storia emigratoria. In Vita, la scrittrice inserisce dei chiari contrasti fra i personaggi e anche
nella vita quotidiana degli emigranti. I contrasti della storia reale consistono ad esempio
nell‟esistenza degli stereotipi sull‟emigrato italiano e la negazione di ciò, oppure
l‟incompatibilità dell‟opinione italiana con quella americana rispetto alla mafia, o l‟ambiguità
sul ruolo dell‟italiano in generale. Sono dei contrasti, quindi, che segnano un lungo periodo di
emigrazione verso l‟America, e che vengono poi confermati nella “storia piccola” creata dalla
Mazzucco. In questo modo, la Mazzucco crea una totalità, ossia crea la realtà vissuta da tutti
gli emigranti italiani e ricostruisce anche, legato agli emigranti stessi, le opposizioni che
segnano la storia migratoria in generale.
Accanto ad una somiglianza nel metodo di lavoro fra i due romanzi, è anche possibile
constatare un‟analogia prevalente fra i protagonisti. Le identità di Gori e Diamante subiscono
entrambi un‟evoluzione tipica come dura conseguenza dell‟emigrazione in America. Legato al
contesto postmoderno, i due protagonisti devono riconoscere, alla fine della loro esperienza
emigratoria, che alla fin fine non è possibile trovare le risposte finali. In quest‟ottica, Gori e
Diamante realizzano che non faranno mai parte di qualcosa, cioè non si sentiranno mai
propriamente a “casa”, né in Italia o in Svizzera, né in America. Dopo l‟emigrazione, sono
rimasti senza propria identità italiana/svizzera o americana. Il pensiero di Gori sintetizza la
conseguenza dura dei due protagonisti: alla fine entrambi risultano come personaggi che sono
“né carne né pesce”261; vuol dire che hanno perso la propria identità, a causa
dell‟emigrazione.
261
Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 150.
77
Entrambi i protagonisti, dunque, rappresentano l‟individuo, che è, evidentemente, diverso
ogni volta e che segue un percorso specifico nella vita. Così, rispecchiano le “storie piccole”
che rispettivamente rappresentano il molteplice, attraverso le analogie. Nella diversita e nella
molteplicità della realtà ritroviamo l‟uguaglianza, o in altre parole, ritroviamo ciò che è simile
tra le cose diverse. In questo modo, le storie individuali di Diamante e Gori valgono per tutta
l‟Italia. Sono però delle storie delle quali non è possibile trovare una verità finale, ma soltanto
delle verità diverse. Da ciò risulta lo stesso destino, cioè la finale perdita d‟identità dei
protagonisti. Gli individui rappresentano quindi le verità molteplici, ma tra loro analoghe.
78
6. Bibliografia
6.1. Fonti primarie
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