I Cavalieri di Santo Stefano

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I Cavalieri di Santo Stefano
Livorno, Porto mediceo.
Armamento delle galee stefaniane
Storia
Dipinto di Palazzo Toscanelli in Pisa
Chiesa di Santo Stefano a Pisa
Jacopo Ligozzi,
Il ritorno dei Cavalieri di Santo Stefano da Lepanto
I Cavalieri di
Santo Stefano
Umberto Ascani
Socio benemerito dell’ANMI per la Toscana Meridionale
Ordine cavalleresco di S. Stefano
fu fondato da Cosimo I de’ Medici
nel 1561 e ratificato da Papa Pio IV
nell’ottobre dello stesso anno, con la
bolla “Dilecto Filio”.
La sede dell’Ordine fu inizialmente fissata
all’Isola d’Elba, a Portoferraio località che
nelle intenzioni di Cosimo doveva mutar
nome in Cosmopoli, ovvero la città di Cosimo. Incomprensioni con il Re di Spagna,
obbligarono il trasferimento della sede
dell’Ordine a Pisa, dove furono costruiti
gli arsenali e varate le prime galere, che
trainate dall’alzaie, attraverso il Canale
dei Navicelli, giungevano al porto di Livorno per l’armamento ed il futuro impiego nel Mediterraneo.
Gli Statuti del S. Stefano, furono in buona parte ripresi da quelli dell’Ordine di
Malta, ma prevalentemente con lo scopo della difesa delle coste tirreniche e
delle rotte commerciali del Mediterraneo centro-orientale, infestato dai pirati
magrebini e dai corsari saraceni con patenti della Sublime Porta.
La galera era un imbarcazione sottile
con un ponte soltanto ed una stiva contenente le attrezzature navali di ricambio
: remi, vele, cime ed alberi.
L’
Nel XVI secolo questo tipo di imbarcazione, derivata dagli antichi dromoni bizantini, aveva raggiunto il massimo della
perfezione nella snellezza e nelle dimensioni, che prevedevano una forza motore
rappresentata da circa 250 rematori,
moltissimi dei quali schiavi musulmani,
nonché cristiani “condannati al remo”
ed alcuni volontari chiamati “buonevoglie”, che non resistevano più di una
spedizione. Talvolta la forza del vento
spingeva le vele latine di uno o due alberi, risparmiando la voga per il momento
dello scontro navale, al quale partecipava una squadra di 40 armati, pronti anche ad incursioni terrestri, che potremmo definire alla stregua di reparto tipo
“Battaglione S. Marco”. A questi si aggiungeva lo staff composto da marinai,
capitano ed ufficiali cavalieri di S. Stefano, mediamente altre 15/20 persone.
In totale su queste imbarcazioni vivevano oltre 300 esseri umani in condizioni
sanitarie ed igieniche completamente
disagevoli, tanto che a sera le galere dovevano “atterrare” per il riposo notturno
della ciurma, rifornimento ed un minimo
di pulizia, tenuto conto della totale mancanza di servizi a bordo.
L’istituzione dei Cavalieri
di Santo Stefano ha deliberato
di assegnare il suo premio
“Una vita dedicata al mare”
per l’anno 2010
all’Associazione Nazionale
Marinai d’Italia.
La cerimonia del conferimento
del prestigioso riconoscimento
si svolgerà a Pisa,
nel Palazzo dei Cavalieri,
il giorno 5 novembre
La prima vera partecipazione ad un
evento storico della flotta stefaniana,
composta da 12 galere, avvenne il 7 ottobre 1571 a Lepanto, in occasione dello
scontro navale che vide i cristiani contro
i musulmani, i quali ancora una volta tentavano la conquista del Mediterraneo
centro-occidentale e conseguentemente delle terre sullo stesso affacciate. Le
imbarcazioni con 63 cavalieri stefaniani
furono inquadrate sotto le insegne del
Papa, al comando di Marcantonio Colonna e contribuirono alla disfatta dei
musulmani, affondando la nave ammiraglia di Alì Pascià, conquistandone l’orifiamma di combattimento a riva dell’albero di maestra.
Galea dell’ordine
di Santo Stefano di Toscana
Pisa, Palazzo Toscanelli
Pisa, Piazza dei Cavalieri.
A sinistra la Scuola Normale,
a destra la Chiesa di Santo Stefano
Oggi il prezioso cimelio, costato la vita a
14 cavalieri, è conservato nella Chiesa
di S. Stefano a Pisa, conventuale dell’Ordine, unitamente a 100 vessilli moreschi conquistati in circa due secoli di
battaglie sul Mediterraneo, in difesa
della cristianità.
Parlare di tutti gli eventi conflittuali sarebbe un lavoro arduo ed ampio, ma soprattutto non inedito perché da tempo
sono state pubblicate le relazioni a
stampa delle imprese della Marina stefaniana.
Nel periodo invernale non si navigava e
le galere venivano messe in “scioverno”, ma si preparavano a Firenze i piani
per le imprese marittime del nuovo anno
in armonia con la scuola di cartografia
nautica per la definizione degli obiettivi
avversari e per il loro smantellamento
nel Mediterraneo.
Contemporaneamente a Pisa, nel Palazzo della Carovana oggi sede della prestigiosa Scuola Normale Superiore, si concretizzavano le spedizioni militari con le
istruzioni ai Comandanti di galera, mentre a Livorno si radunavano uomini e
mezzi navali per l’esecuzione degli ordini. Attacchi in mare ai legni turchi, barbareschi e pirati berberi con liberazione
degli schiavi cristiani con spoliazione di
ogni bene catturato e piani di occupazione delle piazzeforti nemiche.
Le imprese più rilevanti oltre quella di
Lepanto, furono la cattura della capitana
del corsaro Barbarossa (un rinnegato
cristiano), la presa della galera di Simain
Rais, la conquista di sei galere di Tunisi,
della “Padrona di Biserta”, di quella di
Mustafà, di Negroponte e di Scio. Degne
di nota la presa di Bona e di Namur.
Con queste considerazioni sembra più
opportuno soffermarsi su alcuni aspetti
dei due maggiori ammiragli della flotta
stefaniana quali furono Jacopo Inghirami e Camillo Guidi, nobili di Volterra, città
etrusca, romana e medievale sorta a 555
metri di altitudine ed a 30 Km di distanza
dalle coste tirreniche.
Fatalità : se oggi questa eventualità non
desterebbe alcuna meraviglia, altro ne è
la collocazione nel XVII secolo!
Siamo all’inizio del XVII secolo (27 marzo
1602) quando il vice ammiraglio Jacopo
Inghirami prese il mare da Livorno con
quattro galee e due bertoni ed incontrò
presso il Capo Colonna il corsaro Assan
detto “Mariolo” costringendolo all’abbandono della sua nave ed alla fuga.
Dopo la consueta razzia furono liberati
oltre 200 cristiani ai remi e fatti oltre 400
schiavi. Ferdinando I de’ Medici promosse l’Inghirami a Grande Ammiraglio per
le molteplici imprese sul mare e sulla
terra ferma con azioni di “commandos”
fino in Asia Minore, avvalendosi anche
di cento cavalieri di S. Stefano, al comando di Fabrizio Colloredo, priore della
Lunigiana.
Molteplici furono le imprese del grande
condottiero, come si apprende dal registro intitolato “Nota di diverse sorprese
da farsi di piazze nemiche messe insieme
da me Jacopo Inghirami Ammiraglio delle galere della Sacra Religione di S. Stefano per Sua Altezza Serenissima 1612”.
L’Inghirami, ammesso al rango di marchese, fu in due diversi periodi a capo
della flotta stefaniana, per terminare la
sua carriera come Governatore di Livorno, dove continuava a seguire l’armamento delle galere.
Morì a Volterra a seguito di una febbre
tersana nel 1624 all’età di 59 anni.
Dopo una successione alterna al comando della flotta si ebbe un periodo di successi con l’avvento dell’Ammiraglio Camillo Guidi nella seconda metà del XVII secolo. Sotto la sua guida in particolare si ricorda la cattura, avvenuta il 10 luglio 1675 nel
canale di Piombino della “Padrona” di Biserta (i nomi delle galere sia cristiane che
musulmane si ripetevano negli anni, come
avviene attualmente per le navi militari) da
parte di tre galere dell’Ordine.
Fu catturato il famoso capitano Mahemetto Ciriffo con altri centodiciassette
prigionieri e la liberazione di duecentosettanta schiavi cristiani.
Tuttavia nello scontro gli Stefaniani lamentarono numerosi caduti, tra i quali
Minuccio Minucci, nipote del Guidi e figlio del Gran Priore dell’Ordine.
Una delle ultime imprese dell’Ammiraglio volterrano si riferisce alla cattura, il
30 agosto 1683 nelle acque sud-occidentali della Sardegna, di una grande galeotta e di un brigantino magrebino. Il
Guidi morì nel 1717 all’età di anni 81.
Con l’avvento della dinastia Asburgo Lorena nel 1737 per successione ai Medici
ormai l’attività della flotta di S. Stefano
tendeva a finire, anche per l’arrivo in Mediterraneo delle grandi potenze nazionali. Nonostante il tentativo di sostituire le
galere ormai obsolete con modelli di galeoni, progettati dall’ingegnere inglese
sir Robert Dudley, duca di Northumbria i
tempi erano cambiati e l’ultima imbarcazione fu messa in disarmo nel 1750, dopo
circa due secoli di brillante attività marinara dell’Ordine.
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Marinai d’Italia
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