Roma, intimidazione al cronista dell`Espresso

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Roma, intimidazione al cronista dell`Espresso
Roma, intimidazione al cronista dell’Espresso,
pedinato in auto: preso uno degli inseguitori
di CARLO BONINI
13 novembre 2014
ROMA. Non è Palermo, ma le somiglia molto. Storia della notte tra martedì e mercoledì. Due
macchine che si speronano nel buio nel pieno centro di Roma. Un uomo che corre tra passanti
terrorizzati e si dilegua. Un altro, immobilizzato sull'asfalto con una pistola alla nuca, mentre chi gli
piega il braccio dietro la schiena per ammanettarlo grida "Polizia!". Un giornalista che guarda e
sente sulla pelle cosa significhi essere preda.
Qualcuno ha deciso che è tempo che Lirio Abbate, giornalista dell'Espresso, senta l'odore della
paura. E ha per questo alzato la soglia dell'intimidazione. Ma chi? Forse quella Cosa Nostra che lo
costrinse a lasciare Palermo e lo condanna da anni a una vita sotto scorta? O magari e più
verosimilmente un'altra mafia? Che non parla il dialetto dello Zen, ma ha l'accento greve delle
piazze di spaccio di Roma e dei suoi padroni: pezzi di criminalità organizzata ed ex Nar riconvertiti
dalla violenza politica degli anni '70 al grande gioco della cocaina e del riciclaggio, di cui Abbate si
è messo a scrivere da tempo.
È storia, appunto, di 48 ore fa. Martedì sera, dopo le 22, Lirio lascia l'edificio che ospita la
redazione dell'Espresso e di Repubblica in Largo Fochetti, nel quartiere Eur, accompagnato dalla
scorta. Tre uomini su una berlina. Qualcuno si mette a seguirli, accorciando progressivamente la
distanza, fin quasi a tallonarli. Una Renault Clio, che suscita prima la curiosità e poi l'allarme della
scorta. All'altezza del Lungotevere dei Tebaldi, dove il fiume incrocia ponte Mazzini, la scorta
decide una manovra di ingaggio. L'auto su cui viaggia Abbate, fa una brusca frenata. La Clio la
sperona. Gli agenti della scorta fanno per scendere, ma la Renault, dopo una rapida marcia indietro,
scarta a tutta velocità sulla destra lanciandosi impazzita verso il semaforo che incrocia corso
Vittorio Emanuele, dove viene però chiusa dal traffico. Uno degli agenti della scorta di Abbate,
arma in pugno, gridando "Polizia!", salta sul cofano di un'auto incolonnata al semaforo e si avventa
sul lato di guida della Clio. L'autista, viene scaraventato sull'asfalto, mentre l'uomo che gli è accanto
riesce a fuggire. Nel farlo, perde i documenti.
Chi sono dunque quei due? Perché seguivano Abbate e la sua scorta? L'uomo alla guida della Clio
viene portato in Questura. Ha vent'anni, vive in periferia e il suo certificato penale è immacolato.
Non un precedente, non una segnalazione di alcun genere negli archivi di polizia. L'uomo che era
con lui e che è fuggito, è uno "straniero". Per tutta la notte, il ragazzo rifiuta di rispondere anche
solo a una delle tante domande che gli rivolgono i poliziotti della squadra mobile. Si finge sbandato,
ma non lo è. Così come risulta negativo all'alcool test. È certo che non seguisse Abbate e la sua
scorta perché stordito. Né intende spiegare perché ha tentato di fuggire dopo lo speronamento o chi
diavolo sia il suo compare. All'alba di ieri viene rilasciato, mentre la faccenda mette in allarme il
Dipartimento di Pubblica sicurezza e l'Ispettorato del Viminale. Anche perché l'episodio è troppo
vicino a un'altra minaccia. Cui, per altro, volutamente non era stata data alcuna pubblicità.
Una mattina di metà settembre accade infatti che in corrispondenza del passo carraio della
redazione dell'Espresso, un parcheggiatore segnali alla scorta di Abbate una macchina regolarmente
in sosta nelle strisce blu, ma con i finestrini semi-aperti. Non espone il talloncino del parcheggio ed
è lì dall'alba. Un controllo al terminale di polizia segnala che l'auto è stata rubata la sera prima a
qualche chilometro di distanza. Arrivano artificieri e scientifica. L'abitacolo viene aperto e, sul
sedile di guida, vengono recuperati un proiettile di grosso calibro e un biglietto che indica che il
"regalo" è per Abbate.
La fretta dell'intervento impedisce di ritrovare sulla macchina impronte digitali utili. Ma i file delle
telecamere di sorveglianza della redazione del Gruppo Espresso puntate sulla strada mostrano
come, nel cuore della notte, due uomini abbiano parcheggiato con attenzione la macchina. Due
uomini. Come martedì sera. E in una significativa coincidenza temporale. Ventiquattro ore prima,
l'Espresso pubblicava a firma Abbate un servizio sui " Fasciomafiosi a Roma ". I suoi nuovi nemici,
evidentemente. Quelli che hanno deciso di fargli sentire l'odore della paura. Come a Palermo.
Peggio che a Palermo.