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Il seguente passo introduce la novella di Luigi Pirandello Nell’albergo è morto un tale. Un uomo
muore, da solo, in una stanza d’albergo. Ma la sua morte non si vede: si capisce solo da un paio di
scarpe che l’uomo ha lasciato davanti alla porta della sua camera. E che non ritirerà mai più.
Cento cinquanta camere, in tre piani, nel punto più popoloso della città. Tre ordini di finestre tutte
uguali, le ringhierine ai davanzali, le vetrate e le persiane grigie, chiuse, aperte, semiaperte,
accostate.
La facciata è brutta e poco promettente. Ma se non ci fosse, chi sa che effetto curioso farebbero
queste cento cinquanta scatole1, cinquanta per cinquanta le une sulle altre, e la gente che vi si
muove dentro; a guardarla da fuori.
L’albergo, tuttavia, è decente e molto comodo: ascensore, numerosi camerieri, svelti e ben
disciplinati, buoni letti, buon trattamento nella sala da pranzo, servizio d’automobile. Qualche
avventore2 (più d’uno) si lamenta di pagar troppo; tutti però alla fine riconoscono che in altri
alberghi, se si spende meno, si sta peggio e non si ha il vantaggio, che si vuole, d’alloggiare3 nel
centro della città. Delle lagnanze sui prezzi il proprietario può dunque non curarsi e rispondere ai
malcontenti che vadano pure altrove4. L’albergo è sempre pieno d’avventori e parecchi, all’arrivo
del piroscafo5 ogni mattina e dei treni durante il giorno, veramente se ne vanno altrove, non perché
vogliano, ma perché non vi trovano posto.
Sono per la maggior parte commessi viaggiatori, uomini d’affari, gente della provincia che viene
a sbrigare in città qualche faccenda, o per liti giudiziarie o per consulto in caso di malattia6:
avventori di passaggio, insomma, che non durano di più di tre o quattro giorni; moltissimi arrivano
la sera per ripartire il giorno dopo. Molte valige; pochi bauli.
Un gran traffico, un continuo andirivieni7, dunque, dalla mattina alle quattro fin dopo la
mezzanotte. Il maggiordomo ci perde la testa. In un momento, tutto pieno; un momento dopo, tre,
quattro, cinque camere vuote: parte il numero 15 del primo piano, il numero 32 del secondo, il 2, il
20, il 45 del terzo; e intanto due nuovi avventori si sono or ora rimandati8. (…)
Nella prima luce [del mattino], soffusa dal finestrone in fondo allo squallido corridoio, si vedono
due lunghe file di scarpe, di qua e di là. Innanzi a ogni uscio, un pajo1. Si vedono di tratto in tratto
crescere sempre più i vuoti nelle due file; si vede più d’un braccio stendersi fuori di questo o di
quell’uscio a ritirare il pajo di scarpe che vi sta davanti. Ora tutte le paja sono state ritirate. Solo
quelle di quell’uomo che ha passato l’Oceano, (…) eccole ancora lì.
Le nove. Sono passate le nove; sono passate le nove e mezzo; sono passate le dieci: quelle scarpe,
ancora lì, sempre lì. Sole, l’unico pajo rimasto in tutto il corridoio, dietro quell’uscio solo (…),
ancora chiuso.
Tanto rumore s’è fatto per quel corridoio, tanta gente è passata, camerieri, cameriere, facchini;
tutti o quasi tutti i forestieri2 sono usciti dalle loro stanze; tanti vi sono rientrati (…), e non cessa un
momento il sordo ronzio dell’ascensore, su e giù, da questo a quel piano, al pianterreno; chi va, chi
1
cento cinquanta scatole: qui parla delle camere dell’albergo (che sembrano tante scatole)
qualche avventore: qualche cliente dell’albergo
3
alloggiare: abitare
4
altrove: in un altro posto, in un altro albergo
5
il piròscafo: è una nave (a vapore)
6
consulto in caso di malattia: una visita da un bravo medico
7
un continuo andirivieni: gente che va, gente che viene
8
si sono or ora rimandati: hanno appena detto che arriveranno più tardi
1
innanzi a ogni uscio, un pajo: davanti ad ogni porta (uscio) delle stanze dell’albergo, c’è un paio di scarpe. I clienti
lasciavano le loro scarpe davanti alla porta, per farsele pulire dai camerieri la mattina presto
2
i forestieri: gli stranieri; in questo caso, intende i clienti dell’albergo
2
viene; e quel signore non si sveglia ancora. Sono già vicine le undici: quel pajo di scarpe è ancora lì,
davanti all’uscio. Lì.
- Ma come? Dorme ancora?
- Eh, - fa il cameriere, alzando le spalle, - si vede che sarà stanco… Ha viaggiato tanto!
E se ne va.
[testo parzialmente adattato da Luigi Pirandello, Novelle per un anno, Mondatori]
1. Rispondi alle domande.
a) Questo passo, che introduce la novella Nell’albergo è morto un tale, parla di un hotel in una
grande città. Quali informazioni ci dà il testo, su questa città?
b) Chi sono, in genere, i clienti di questo albergo?
c) Che cosa sappiamo del cliente che fino alle undici ha lasciato le proprie scarpe davanti alla
porta della sua camera?
2. Immagina di essere una cameriera o un cameriere del grande albergo di questa storia. Arrivi
verso le dodici, e devi fare le pulizie sul piano dell’uomo morto. Vedi che le sue scarpe sono
ancora davanti alla porta. Quali sono le “tue” riflessioni? O le “tue” paure? Scrivi circa
mezza pagina.
3. Possiamo “leggere” la morte di questo uomo, in una anonima stanza d’albergo, come
metafora della vita moderna, movimentata, piena di stress, in cui tutti siamo molto soli.
Almeno, queste erano – probabilmente – le idee che voleva esprimere l’autore, Luigi
Pirandello. Credi che la vita moderna sia effettivamente così? Chi sono le persone sole,
escluse, nel nostro mondo frenetico ed efficiente?