38 Manigrasso Michele - Magni Filippo_Tema1

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38 Manigrasso Michele - Magni Filippo_Tema1
La rigenerazione come occasione di sviluppo?
Nuovi quesiti nello scenario del climate change
di Michele Manigrasso * e Filippo Magni**
Le condizioni rispetto cui si è costruita la città moderna, come il '900 ce l'ha consegnata, stanno
cambiando radicalmente. E se compito dell'urbanistica è, oggi come nel passato, contribuire a dare risposte
alle preoccupazioni e alle aspirazioni che gli abitanti esprimono nei confronti del proprio ambiente di vita,
allora occorre tornare a riflettere criticamente sui concetti posti a fondamento dell'agire urbanistico, per
riformularli alla luce dei nuovi scenari urbani e territoriali. Del resto, le argomentazioni impiegate a sostegno
delle scelte più recenti di pianificazione e progettazione, stanno chiamando sempre più spesso in causa temi
poco o per nulla affrontati prima dalla disciplina; e in effetti, sono molteplici le sfide rispetto a cui sono
chiamate a misurarsi, oggi, le città, evidentemente anche quelle italiane. Tra queste: la crescita delle
disuguaglianze con l'emergere di nuove forme diffuse di povertà che interessano i ceti medi; la grave crisi
economica e finanziaria che contrassegna la grande recessione in atto e che in particolare mette in difficoltà
le forme tradizionali di democrazia locale; l'abnorme consumo di suolo cui corrisponde una
sottoutilizzazione crescente del patrimonio abitativo esistente; la dispersione urbana che genera territori
informi e anonimi; la crescente disparità nelle condizioni di mobilità e di accesso alle reti dei servizi sia
materiali che immateriali; l'inquinamento, la scarsità di energia e le calamità naturali. A queste sfide
d'interesse globale, corrisponde altrettanto spesso l'insorgere di rischi inediti, o piuttosto "insicurezze e
casualità indotte e introdotte dalla modernità stessa" (Beck, 2000) che producono nuovi contesti per l'azione,
costringendoci a ripensare paradigmi consolidati e a ricercare nuove modalità d'impostazione del piano e del
progetto, in termini sia di contenuti, sia di processo (Angrilli, 2013). Oltre a nuovi rischi, i cambiamenti
generano anche nuovi valori, o modi diversi di intendere i principi che tradizionalmente ispirano l'azione
dell'Urbanistica. Più in generale, i cambiamenti possono essere occasione di riscatto, creare le condizioni
favorevoli per nuovi cicli di vita; possono indurre a considerare lo sviluppo come speranza di sopravvivenza
e di maggiore qualità del vivere, provando a ridurre fino ad annullare, le vulnerabilità, accrescendo le
resistenze/resilienze, e generando quegli anticorpi che diano flessibilità ai sistemi, per metabolizzare ulteriori
mutazioni di un contesto chiaramente provvisorio (Andriani, 2013).
Sul più ampio significato del 'concetto di sviluppo sostenibile' esiste un evidente consenso, ma sulla
concezione, che include i principi necessari per applicare tale concetto, la disputa tra le diverse correnti di
pensiero e discipline è tuttora in atto (Owen, 2002). Parlare di sostenibilità nei processi di pianificazione
della città o allargando la scala alle dinamiche di governo del territorio, richiede una certa prudenza, in primo
luogo perché sono spesso evidenti le contraddizioni tra le teorie e gli strumenti che dovrebbero fare diventare
sostenibili le nostre città; in secondo luogo perché il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità appare più
che altro un traguardo dichiarato e condiviso solo a parole. La percezione di un declino della città (con
particolare riferimento alle economie locali, alle modalità d’uso dei suoli alla qualità dell’architettura, alla
tutela dell’ambiente e ai supporti dati al tessuto sociale) ma soprattutto, la crescente consapevolezza della
relazione con il mondo 'non urbano', ha incoraggiato l’incontro tra l’urbanistica, l’economia e l’ecologia: in
tal senso la gran parte dei sistemi di pianificazione dei paesi europei hanno ormai introdotto strumenti e
politiche di sostenibilità con il principale scopo di integrare le politiche ambientali con il resto delle azioni di
governo (Musco 2009).
Se nel 2004 con la firma della Nuova Carta di Aalborg, le amministrazioni locali europee, si
assumevano precisi impegni che spaziavano dalla pianificazione ai nuovi stili di vita, dall’economia solidale
alla 'Rigenerazione Urbana', è con la Carta di Lipsia sulle città sostenibili del 2007, che vengono definite le
strategie e i principi comuni per le politiche di sviluppo urbano in Europa. L’accento posto su numerosi
elementi, tra cui la qualità degli spazi pubblici, la modernizzazione delle reti infrastrutturali, il miglioramento
dell’efficienza energetica, l’uso sostenibile del suolo e per la prima volta, la lotta al cambiamento climatico,
segna un'importante evoluzione dal semplice concetto di riqualificazione, facilmente assimilabile a quello
inglese di renewal, concentrato più sulla parte fisica degli interventi, ad uno di rigenerazione, più complesso
ed ispirato ai principi della sostenibilità. Questo passaggio rappresenta oggi una delle più grandi sfide per il
rilancio delle aree urbane, in quanto considera la rigenerazione urbana come un’azione di policy integrata e
intersettoriale promossa da un soggetto pubblico, in partnership con soggetti privati, finalizzata al recupero
complessivo, duraturo e olistico, di un’area urbana degradata nelle sue componenti fisico-ambientali,
economiche e sociali (Musco 2009).
Questo contributo interpreta il significato di 'Rigenerazione urbana' nello scenario del climate
change, come strategia per un nuovo ciclo di vita dei tessuti urbani, che lavori nella direzione di dinamiche
sociali, economiche e ambientali in evoluzione, secondo nuove forme di intelligenza che facciano dei rischi
climatici, nuove opportunità di 'crescita', secondo un nuovo e più maturo senso di sviluppo. Riducendo la
vulnerabilità, aumentandone la resilienza, intesa non solo come la capacità di resistere ad una sollecitazione
esterna, ma anche di poter mutare rispetto a nuove e più vantaggiose condizioni perché “la resilienza è la
capacità di continuare ad esistere, incorporando il cambiamento” (Folke, Colding and Berkes, 2003). Tra le
molteplici definizioni di resilienza, questa coglie appieno lo spostamento della prospettiva dalla stabilità al
mutamento e l’effettiva portata della innovatività dell’approccio ai sistemi complessi. In tale ottica, la
condizione di continuo cambiamento, o condizione dinamica, è la condizione di normalità. Tale
rovesciamento trova ragioni nelle teorie che spiegano i meccanismi di funzionamento dell’organizzazione
degli ecosistemi e dei sistemi complessi e invita ad una riflessione sull’approccio alla pianificazione, in
condizione di continua incertezza, anche climatica.
In Europa, qualche timido passo verso l’integrazione delle politiche climatiche con quelle di governo
del territorio è stato fatto da alcuni dei membri dell’unione, che hanno compreso da un lato l'urgenza della
questione, dall'altro le opportunità che tale approccio rappresenta. In Italia siamo ancora molto distanti. A
livello nazionale non esiste di fatto una normativa vincolante sulle questioni del clima all’interno della
pianificazione territoriale, lasciando quindi ancora una volta fuori dall’agenda di Comuni, Province e
Regioni le problematiche legate agli impatti del cambio climatico. L’unica normativa vigente a livello
nazionale che trasversalmente tocca le questioni del clima è la Legge n. 10 del 9 gennaio 1991, la quale
definisce le norme per l’attuazione dei piani energetici, ma i ritardi più evidenti si registrano rispetto
all'introduzione di strategie di adattamento, strategiche per il futuro dei centri urbani. Il quadro europeo a
riguardo è eterogeneo ma le buone pratiche iniziano a diffondersi: diverse contee inglesi stanno lavorando a
specifici piani territoriali in relazione al clima (Staffordshire, South East), così pure alcune città sia grandi
(come Birmingham e Londra) che piccole come (Woking), poco a nord della capitale. La spagna ha avviato
interessanti sperimentazioni seguite a cascata dopo l’approvazione a livello governativo del Plan National
de adaptaciòn al cambio climatico. Tra queste San Sebastian nei paesi baschi ha avviato un Plan contra el
cambio climatico basato sulla propria Agenda 21, introducendo da un lato rigidi obbiettivi per le emissioni,
oltre ad un rigido assetto partecipativo e di coinvolgimento della comunità locale dall’altro.
Il tremendo ritardo accumulato dalle inerzie del nostro paese e dalle scellerate incapacità di mettere
in valore nelle politiche di settore la città stessa come motore di sviluppo, genera nuovi rischi per il nostro
territorio, anche nella consapevolezza di opportunità spesso mancate. Ciò riguarda parti di città degradate,
interi centri urbani in difficoltà, nonché la 'ricchezza' dei nostri borghi e centri minori, spesso spopolati, o
vulnerabili rispetto alle calamità; in particolare rispetto a rischi di allagamento, esondazioni e così via.
'Territori fragili da riciclare' che potrebbero ritornare a rappresentare in maniera attiva l'unicità del nostro
territorio, appaiono invece come 'ruderi' di lontani splendori che faticano a dare speranza di rigentrificazione
e crescita. Puntare su questi temi ripartendo dai nostri patrimoni, vorrebbe dire rimettere in moto
un'economia, alimentare il mercato del lavoro, riciclare alcune micro-economie, avvalorare contesti
ambientali di pregio, spesso dimenticati; vorrebbe dire 'riattivare per rigenerare'. Alcune esperienze degli
ultimi decenni, i programmi Urban per esempio, avrebbero potuto rappresentare un'occasione per gli enti
locali vincitori dei finanziamenti europei. Invece l'occasione si è tradotta in interventi sfocati, puntuali, a
volte tacitamente invisibili, estranei a logiche organiche di integrazione tra le politiche urbane, mancando
obiettivi ambientali, e di costruzione di nuove qualità nel paesaggio urbano interessato. Esempi come i
progetti realizzati a Taranto, a Pescara, a Crotone, sono emblematici; in alcuni casi i finanziamenti sono
andati persi, per lentezze burocratiche o per l'apertura mai avvenuta dei cantieri.
E' mancata la capacità, e spesso la volontà di fare progetto sul territorio e nelle città: operazioni che
in altri paesi, risultano semplici, in Italia appaiono impossibili. Basti guardare casi europei e americani per
comprendere che si potrebbe fare molto di più e che alcune esperienze, affrontate in maniera complessa e
integrata, hanno avuto grande successo. L'esperienza del programma di rigenerazione urbana 'Ekostaden' nel
quartiere Augustenborg a Malmo; le ormai conosciutissime esperienze in diverse città francesi, come Lione,
con il quartiere Confluence, il più ampio programma di ri-pianificazione dell’Île de Nantes; l'esperienza di
Londra, legata al London Plan del 2008; e ancora, il riuso sostenibile nel celebrato progetto di riconversione
della High Line di New York. Sono solo alcuni dei tanti esempi che si potrebbero fare, casi in cui la
rigenerazione ha realmente tenuto insieme le tre sfere della sostenibilità, con un'attenzione particolare agli
aspetti ecologici e climatici; esperienze che l'Italia dovrebbe guardare per apprendere modalità concrete di
costruzione della qualità.
Quest'anno un evento interessante che ha chiarito il punto dello stato dei lavori in Italia in termini di
adattamento al cambio climatico, e che sembra aver innescato nuove domande di ricerca, è stata la prima
conferenza nazionale 'Il clima cambia le città', tenutasi a Venezia e promossa da Iuav e Legambiente. Una
tavola rotonda che si è rivolta a policy maker e a centri di ricerca pubblici e privati, impegnate nello studio e
nella sperimentazione di soluzioni, tecniche e policy design per l’adattamento, con l'obiettivo di costruire un
network di confronto su queste politiche capace di accompagnare con temi e proposte operative la
elaborazione dei Piani Nazionale di Adattamento ai cambiamenti climatici, come previsto dalle Direttive
Europee, con specifica attenzione alle questioni legate alle aree urbane. Per arrivare a capire il modo con cui
guardare ai territori dentro una prospettiva di global warming, e dunque quali apparati conoscitivi, approcci
progettuali e nuove politiche di pianificazione e di intervento occorre predisporre per rispondere a nuovi
interrogativi. Proprio la dimensione dei cambiamenti in corso dimostra come ci troviamo di fronte a vere e
proprie emergenze, dove occorrerà affrontare con strumenti di analisi, pianificazione e intervento,
cambiamenti climatici senza precedenti. Di fronte a sfide di questa complessità occorre attrezzarsi con
apparati di studio dei fenomeni più sofisticati oltre che progetti innovativi, che assumono il tema
dell’incertezza climatica, e una attenta regia degli interventi (Musco, Zanchini 2013). L'obiettivo non sarà
quello di arginare semplicemente i problemi, secondo la filosofia del cosiddetto 'cuci e scuci' caro ai
restauratori, delimitando fisicamente i contesti d'intervento e iniettandoci opere di messa in sicurezza o di
semplice interesse di visibilità dei responsabili. La rigenerazione, anche attraverso obiettivi di adattamento
ambientale e climatico, necessiterà di uno sguardo più profondo, a traguardare orizzonti più lontani; e
bisognerà fare delle risorse e degli sforzi impiegati, occasione di sviluppo vero, anche immaginando
creativamente l'incertezza, costruttiva rispetto ai requisiti di flessibilità, a sostegno della resilienza dei
contesti in cui si opera.
Ciò che appare piuttosto chiaro è l'impossibilità di affrontare le criticità di cui si è in sintesi dissertato
in questo contributo, affidandosi principalmente alla pianificazione, che in Italia si è rivelata lenta e incapace
di modificare in tempi opportuni il territorio, di aggiornare le città rispetto alle nuove esigenze ambientali e
sociali, e di rispondere all'emergenza. Rispetto allo scenario di forte evoluzione in cui siamo chiamati ad
operare, quanto si potrà 'rigenerare' attraverso i 'tradizionali strumenti di pianificazione'? Quanto attraverso
una nuova cultura del progetto urbano? L'interrogativo rimane retoricamente aperto.
Note
* Dipartimento di Architettura, Università di Chieti e Pescara, G. d'Annunzio, [email protected]
** Dipartimento di Progetto e Pianificazione in Ambienti Complessi, Università IUAV di Venezia, [email protected]
Bibliografia
Andriani C. (2013), "Emergenza clima. Verso una nuova cultura del progetto?", in Manigrasso M., Città e
clima. Verso una nuova cultura del progetto, SalaEditori, Pescara.
Angrilli M. (a cura di.) (2013), L'urbanistica che cambia. Rischi e valori, FrancoAngeli, Milano.
Bulkeley H.& Betsill M.M. (2003), Cities and Climate Changes: Urban Sustainability Environmental
Governance, Routeledge, New York.
Musco F. (2009), Rigenerazione Urbana e Sostenibilità, Franco Angeli, Milano.
Musco F. (2010), "Policy Design for Sustainable Integrated Planning: from Local Agenda 21 to Climate
Protection", in Van Staden & Musco F. (Eds), Local Goverments & Climate Change, Springer – Verlag,
New York.
Musco F. Zanchini E. (a cura di) (2013), "Le città cambiano il clima", Corilia, Venezia.