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Ritiro Spirituale Ignaziano
15 novembre 2015
RITIRO SPIRITUALE IGNAZIANO
15 novembre 2015 - Casa delle Suore della Provvidenza - Belvedere di Tezze (VI)
Saluto iniziale
Benvenuti.
Ci ritroviamo per questa prima giornata di ritiro che si svolgerà nel seguente modo:
9.00
10.00
11.30
12.30
14.00
15.45
16.00
17.00
accoglienza e saluti
prima istruzione: La contemplazione ignaziana ai tre livelli
spunti per la preghiera sul Vangelo di Luca
preghiera personale (dalle 11.00 possibilità di colloqui)
S. Messa
pausa pranzo (invito a disporsi per favorire la conoscenza reciproca)
seconda istruzione: Il discernimento
spunti per la preghiera personale sul Salmo 136
preghiera personale
pausa
condivisione a gruppi (circa 12 persone)
Conclusione e saluti
Presentazione delle Guide che accompagneranno nei vari momenti della giornata.
Iniziamo salutandoci nel segno dell’amore trinitario di Dio che è: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Preghiera iniziale
VIENI O SPIRITO SANTO
Vieni, o Spirito Santo,
e da’ a noi un cuore nuovo,
che ravvivi in noi tutti i doni da Te ricevuti
con la gioia di essere Cristiani,
un cuore nuovo sempre giovane e lieto.
Vieni, o Spirito Santo, e da’ a noi
un cuore puro, allenato ad amare Dio,
un cuore puro, che non conosca il male
se non per definirlo, per combatterlo
e per fuggirlo;
un cuore grande e forte ad amare tutti,
a tutti servire, con tutti soffrire;
un cuore grande, forte,
solo beato di palpitare col cuore di Dio.
Paolo VI
un cuore puro,
come quello di un fanciullo,
capace di entusiasmarsi e di trepidare
Vieni, o Spirito Santo, e da’ a noi
un cuore grande, aperto alla Tua silenziosa
e potente parola ispiratrice,
e chiuso ad ogni meschina ambizione,
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Ritiro Spirituale Ignaziano
15 novembre 2015
Prima istruzione: la contemplazione ignaziana ai tre livelli
L'Incarnazione, come tutti gli episodi della vita di Cristo, non è solo un fatto storico
appartenente al passato; la vita di Cristo è l' "oggi" eterno di Dio nella storia, nel quale l'uomo di ogni
tempo è chiamato ad entrare per incontrare Cristo e trovare così salvezza.
E, per entrare con tutto noi stessi in questi episodi, per lasciarci coinvolgere a fondo, iniziamo ad
applicare (e sarà valida anche per il seguito) la maniera ignaziana di contemplare,
cioè di pregare partendo da un testo della Scrittura.
Lo scopo della "contemplazione ignaziana" è quello di condurre l'esercitante ad una preghiera
"affettiva" (che è più profonda della preghiera discorsiva o di riflessione); inoltre più silenziosa e
spoglia. Per arrivare a questo scopo propone l'utilizzo delle facoltà cosiddette "inferiori" (secondo una
concezione del tempo, che va al di là di un giudizio di valore), cioè la memoria e l'immaginazione.
Attraverso la memoria possiamo richiamare un avvenimento vissuto in altri momenti, attraverso
l'immaginazione possiamo riviverlo in noi partecipandovi profondamente con tutta la nostra capacità
affettiva e di "condivisione/immedesimazione". Non vengono certo dimenticate le cosiddette facoltà
"superiori", cioè l'intelligenza e la volontà.
Queste ci aiuteranno quel tanto che ci basta per comprendere il "mistero", per situarci esistenzialmente
nell'esperienza di preghiera, per... scaldare il cuore. Questo tipo di contemplazione si conclude sempre
in una preghiera più intima, cioè in un dialogo o colloquio col Signore, che permette di approfondire la
grazia ricevuta e di trasportarla nella nostra vita, incarnandola in un atteggiamento attento di scoperta e
gusto della presenza di Dio in tutte le cose. Prendiamo dunque in esame le fasi della preghiera
contemplativa (molte di queste ci sono note perchè da tempo le applichiamo nel nostro normale
metodo di preghiera, ma le ripetiamo per completezza e per rinfrescarci la memoria).
A) Preparazione
1. Preparazione remota
2. Disposizione intellettiva
3. Disposizione fisica
4. Disposizione interiore
5. Grazia da chiedere
B) Interiorizzazione (nn. 108-125)
1. Primo livello, di spettatore
2. Secondo livello, di attore (...o giornalista/intervistatore)
3. Terzo livello, di protagonista (… o di "identificazione")
C) Dialogo come un amico parla ad un amico, con familiarità e rispetto.
D) Esame della preghiera : Tengo presente che “Esame della preghiera” ed “ESC” sono anche
momenti di discernimento spirituale.
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Domenica 29 novembre si aprirà ufficialmente il Giubileo straordinario della Misericordia indetto da
papà Francesco, desideriamo basare la meditazione di oggi traendo alcuni spunti dalla bolla pontificia.
1) Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in
questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di
Nazareth. Il Padre, « ricco di misericordia » (Ef 2,4), dopo aver rivelato il suo nome a Mosè come «
Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà » (Es 34,6), non ha cessato di
far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la sua natura divina. Nella « pienezza del
tempo » (Gal4,4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio
nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il
Padre (cfr Gv 14,9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua
persona[1] rivela la misericordia di Dio.
Lasciamoci incontrare oggi da Dio Padre che ci rivela il Suo volto in Gesu, un volto che per ognuno di
noi avrà una sfaccettatura unica e irripetibile: la nostra.
VANGELO (Lc. 7,11-17)
Gesù incontra la vedova di Naim
+ Dal Vangelo secondo Luca
11
In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una
grande folla. 12Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico
figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 13Vedendola, il Signore fu
preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». 14Si avvicinò e toccò la bara, mentre
i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». 15Il morto si mise seduto e cominciò a
parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. 16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo:
«Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17Questa fama di lui si diffuse
per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Parola del Signore
SPUNTI PER LA MEDITAZIONE:
"Con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla”
Nel capitolo precedente Gesù ha appena proclamato il Regno e le Beatitudini, ai poveri, gli affamati a
chi piange, e ha comandato la misericordia (Lc. 6,20-23)
In questo brano del vangelo, Gesù è in cammino per proclamare il Regno di Dio seguito dai discepoli e
una grande folla, arrivando inaspettato dove c’è bisogno di Lui.
Prima proclama le beatitudini ora le renderà manifeste attraverso il gesto che compirà:
- sazia la fame del più povero di tutti il bimbo morto, l’estremamente povero.
- usa grazia e misericordia verso chi piange: la madre e la folla che la segue.
- sfama il desiderio di speranza, di novità e di vita del popolo che altro non attendeva.
Più che la potenza di Gesù, il racconto evidenzia la misericordia del Salvatore che previene e visita chi
è totalmente perduto e non può più chiedere, né pregare, né credere.
Questo incontro che potrebbe sembrare a prima vista casuale, in realtà va incontro al bisogno più
profondo dell'uomo quello di avere una destinazione verso la quale tendere: la Vita Eterna.
La cosapevolezza di questo orizzonte terreno però non è scontata.
Spesso capita che in occasione della sofferenza, del buio, delle tenebre che emergono durante i fatti
della vita, affiorano in noi quelle domande fondamentali alle quali solo Gesù può dare una risposta di
speranza e di vita.
- Quali sono state per me le domande fondamentali che hanno permesso il mio incontro col
Salvatore?
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--"Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei... "
2. Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità
e di pace. È condizione della nostra salvezza. (Misericordiae Vultus)
Lo sguardo di Gesù manifesta tutta la Misericordia compassionevole di Dio, vedendo (ci soffermiamo
su questo verbo) tutta la tristezza, la sofferenza, il pianto e la paura della donna
improvvisamente il Signore viene preso da grande compassione.
Una madre sconvolta che porta al sepolcro l’unico figlio non può lasciare indifferente il Suo cuore.
In questo racconto la morte (con il suo corteo di sofferenze spesso indicibili), incrocia la
vita rappresentata da Gesù e avviene l'inatteso.
Da notare come nel brano del vangelo, questo incontro non è ne sperato, ne chiesto, ne atteso, è pura
iniziativa di Gesù, scaturisce dalla sua commozione, dalla sua misericordia e lo porta alla compassione
= patire-con … noi la nostra stessa pena.
Gesù “vede" e si commuove, e va incontro alla donna come il
Buon Samaritano che si prende cura del viandante mezzo morto incappato nei briganti Lc. 10,29-37
Padre Misericordioso che ha compassione per il figlio perduto nelle tenebre della morte Lc. 15,20
Buon Pastore che lasciò le novantanove pecore per cercarne una smarrita
Mt. 18, 12-14
Oggi Gesù “vede" me, si ferma pieno di Misericordia e compassione e...
--"Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono"
Nessun elemento del racconto ci dice che quella donna fosse credente più fervida di altri. Ciò che fa
breccia nel cuore di Gesù, è il suo dolore. Quella donna non prega e non chiede, ma Dio ascolta il suo
gemito e si fa vicino, vicino come una madre al suo bambino.
Si accosta alla bara, la tocca e parla.
Soffermiamoci su questi verbi: farsi vicino, toccare, parlare.
Sono verbi che esprimono gesti che nella nostra quotidianità spesso non osiamo fare per timore, per
rispetto degli altri. Esprimono un contatto tra persone e la loro corporeità.
Molti dei segni prodigiosi operati da Gesù sono avvenuti attraverso il contatto fisico,
in questo modo si è espressa la sua umanità. Gesù vero Dio e vero Uomo, ha usato solo questa
modalità per manifestare la forza dell'Amore del Padre, la vita donata al giovanetto passa proprio
attraverso questo “tocco” vivo e fecondo.
Sostiamo allora su questi termini, che significato hanno per me in questo momento della mia vita?
A cosa misento chiamato?
"Il morto si mise seduto e cominciò a parlare."
Colui che è immobile senza vita subito la riceve nuovamente a da disteso che era si siede. Ritrova una
posizione vitale come chi dopo una caduta si rialza alla speranza ma non può ancora mettersi in piedi.
Da soli non possiamo rimetterci in piedi. Abbiamo sempre bisogno di qualcuno che condivida con noi
lo sforzo di risollevarci. "Chi?"
“Ed egli lo restituì a sua madre”
l Padri della Chiesa hanno visto in questa «madre» la Chiesa stessa. Chi è nato a vita nuova,
ha bisogno della protezione di una madre, e la Chiesa è madre perché genera a nuova vita e, durante il
cammino, ha misione di accompagnamento spirituale nella fede.
Sant’Agostino scriveva: «Ama tuo padre,ma ama di più Dio. Ama tua madre, ma ama di più la Chiesa
perché ella ti ha generato per la vita eterna».
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Immaginiamoci li presenti tra i discepoli al seguito del Signore che incrociano un corteo funebre;
Immaginiamoci di assistere al fatto miracoloso, “tutti furono presi da timore e glorificavano Dio..";
Immedesimiamoci col ragazzo che privo di “vita” giace immobile sul suo lettuccio per risvegliarsi
alla vita dopo l’incontro con Gesù.
Quali sentimenti si affacciano al mio cuore?
Che cosa mi dicono per la vita di ogni giorno?
Una parola sola per sintetizzare cio che il Signore mi ha donato oggi
.............................
Preghiera finale:
Investi ancora su me o Signore e donami la grazia di rialzarmi dal mio giaciglio
per guardare con speranza al domani,
nella certezza che solo la Tu hai Parole di vita Eterna.
8. Con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso possiamo cogliere l’amore della SS.
Trinità. La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore
divino nella sua pienezza. « Dio è amore » (1 Gv 4,8.16), afferma per la prima e unica volta in tutta la
Sacra Scrittura l’evangelista Giovanni. Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita
di Gesù. La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni
con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie,
soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono
all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione.
(Misericordiae Vultus)
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Seconda istruzione: Sentire e gustare le cose interiormente “la misericordia di Dio per me”.
La misericordia di Dio, che esprime un valore centrale della rivelazione, costituisce l’aspetto che più di
ogni altro riassume e vivifica tutta la storia della salvezza.
La Bibbia la chiama benevolenza, perdono, Alleanza, compassione, pietà, benignità, carità.
Fondamentale è l’esperienza del popolo eletto, vissuta all’epoca dell’ Esodo, quando il Signore
osservata la miseria del suo popolo in schiavitù, udì il suo lamento e decise di liberarlo (Es. 3, 7 ss.).
Così concretamente il Signore ha rivelato la sua misericordia nei confronti delle infedeltà del suo
popolo. Dio lo ama di un amore particolare pieno di perdono e misericordia, che significa una speciale
potenza dell’amore che prevale sul peccato e le infedeltà.
E Dio può parlare di amore eterno (Ger. 31, 3 - Is. 54, 10)
Per questo i salmi non finiscono di cantare inni di ringraziamento e di lode al Dio dell’amore, della
tenerezza, della fedeltà e della misericordia ( es. Sal.103; 145 e altri).
Nei Vangeli troviamo tutto un fiorire di inni alla misericordia di Dio, attraverso le parole, gli
atteggiamenti e i comportamenti di Gesù.
“I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e
sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione (Papa Francesco
in “Misericordiae vultus” – n° 8). (Vedi anche: Mt. 5,19 – 9, 36 – 15,37 e non ultimo Lc. 7,11-17).
Tutto in Lui era una empatia profonda con chi avvicinava “leggeva nei loro cuori e rispondeva al loro
bisogno più vero” (Papa Francesco, ivi n° 8).
Particolarmente significativo per noi, come sottolinea ancora Papa Francesco, lo sguardo di Gesù che
incontra quello di Matteo. Sguardo carico di misericordia che perdona i suoi peccati e lo fa diventare
uno dei Dodici. Proviamo ad immaginare la potenza dello sguardo di Gesù che trova negli occhi di
Matteo piena accoglienza, sete di conversione e pronta adesione a cambiare vita.
Ricordando tutta questa verità e leggendo la realtà che ci circonda, ciascuno di noi può essere preso da
un senso di smarrimento.
E’ più l’amore e la solidarietà cui tendiamo, o ci lasciamo prendere in qualche modo, più o meno
consapevolmente dall’ arrivismo, il personalismo, l’odio, la vendetta che ci circondano? …
Misericordia sembra infatti un termine non più di moda, eppure è questa che ci fa crescere nella
giustizia, nella serenità, nella fratellanza. Non mi dispiace ricordare qui che ogni capitolo (Sura) del
Corano inizia con le parole “Nel nome di Dio clemente, misericordioso”. E questo è anche il nostro
Dio!
Quanto precede e che riguarda l’azione di Dio, ci deve dare pace e serenità.
Riandiamo comunque alle false immagini di Dio che abbiamo incontrato nel corso del cammino Evo
(S.p. 6)). Possiamo fare una prima riflessione: qual è l’immagine di Dio che ho, sento e vivo oggi?
La Sua parola ci deve aiutare: è il vero padre misericordioso del figliol prodigo, è il pastore che cerca
la pecorella smarrita e la dramma perduta (Lc.15), è il buon samaritano che soccorre chi è ferito (Lc.
10, 25-37). Sempre e solo soccorso e atteggiamento misericordioso verso chi ha sbagliato e si sente
ferito e spesso con un pesante senso di colpa.
Dio non vuole che ci sentiamo in questa condizione e tutta la vita e le parole di Gesù ce lo dicono.
L’amore misericordioso di Dio ci deve far passare da un atteggiamento di timore per l’offesa arrecata
ad un atteggiamento di serenità e gioia per l’accoglienza di perdono affettuoso e misericordioso che
troviamo in Lui. Quanto è bello in questa situazione tornare a casa ed essere accolti a braccia aperte!
E’ il caso, a questo punto, di ricordare quello che ci dice S.Ignazio all’inizio del suo libretto degli
Esercizi: ”non è il molto sapere che sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose
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internamente” (EESS. 2).
Sempre S. Ignazio ci aiuta nella preghiera di contemplazione ai tre livelli: vedere – chiedere –
immedesimarsi (EESS. 101 segg. – S.p. 22-23).
Nella preghiera proviamo a vivere e sentire in prima persona i sentimenti vissuti dagli attori di una
delle parabole sulla misericordia (Buon samaritano - dramma perduta - pecorella smarrita - padre
misericordioso o altre) e poi da questa preghiera di contemplazione “riflettendo, trarre qualche
vantaggio spirituale” (EESS. 116 segg.) che ci aiuti operativamente ad uniformare la nostra vita al Dio
della misericordia.
INVOCAZIONE
Signore, sono piccolo, fragile, incostante e non mi rendo ancora conto di come io non sappia dialogare
con Te e sia piuttosto portato a fare affidamento sulle mie forze.
Aiutami, nella mia debolezza a sentire e vivere del tocco del Tuo Spirito “che intercede per me con
gemiti inesprimibili” (Rm. 8,26), perché io diventi segno vivente dei disegni di Dio.
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Salmo 136 (135)
“Eterna è la sua misericordia”: è il ritornello che viene riportato ad ogni versetto del Salmo 136
mentre si narra la storia della rivelazione di Dio. In forza della misericordia, tutte le vicende dell’antico
testamento sono cariche di un profondo valore salvifico. La misericordia rende la storia di Dio con
Israele una storia di salvezza. Ripetere continuamente: “Eterna è la sua misericordia”, come fa il
Salmo, sembra voler spezzare il cerchio dello spazio e del tempo per inserire tutto nel mistero
eterno dell’amore. È come se si volesse dire che non solo nella storia, ma per l’eternità l’uomo sarà
sempre sotto lo sguardo misericordioso del Padre. Non è un caso che il popolo di Israele abbia voluto
inserire questo Salmo, il “Grande hallel ” come viene chiamato, nelle feste liturgiche più importanti.
Prima della Passione Gesù ha pregato con questo Salmo della misericordia. Lo attesta l’evangelista
Matteo quando dice che « dopo aver cantato l’inno » (26,30), Gesù con i discepoli uscirono verso il
monte degli ulivi. Mentre Egli istituiva l’Eucaristia, quale memoriale perenne di Lui e della sua
Pasqua, poneva simbolicamente questo atto supremo della Rivelazione alla luce della
misericordia. Nello stesso orizzonte della misericordia, Gesù viveva la sua passione e morte,
cosciente del grande mistero di amore che si sarebbe compiuto sulla croce. Sapere che Gesù stesso ha
pregato con questo Salmo, lo rende per noi cristiani ancora più importante e ci impegna ad assumerne
il ritornello nella nostra quotidiana preghiera di lode: “Eterna è la sua misericordia” (Papa Francesco,
Misericordiae Vultus, Bolla di indizione del giubileo straordinario della misericordia, n7).
Salmo 136 (135)
1 Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
2 Rendete grazie al Dio degli dèi,
perché il suo amore è per sempre.
3 Rendete grazie al Signore dei signori,
perché il suo amore è per sempre.
4 Lui solo ha compiuto grandi meraviglie,
perché il suo amore è per sempre.
10 Colpì l’Egitto nei suoi primogeniti,
perché il suo amore è per sempre.
11 Da quella terra fece uscire Israele,
perché il suo amore è per sempre.
12 Con mano potente e braccio teso,
perché il suo amore è per sempre.
5 Ha creato i cieli con sapienza,
perché il suo amore è per sempre.
13 Divise il Mar Rosso in due parti,
perché il suo amore è per sempre.
14 In mezzo fece passare Israele,
perché il suo amore è per sempre.
6 Ha disteso la terra sulle acque,
perché il suo amore è per sempre.
15 Vi travolse il faraone e il suo esercito,
perché il suo amore è per sempre.
7 Ha fatto le grandi luci,
perché il suo amore è per sempre.
16 Guidò il suo popolo nel deserto,
perché il suo amore è per sempre.
8 Il sole, per governare il giorno,
perché il suo amore è per sempre.
17 Colpì grandi sovrani,
perché il suo amore è per sempre.
9 La luna e le stelle, per governare la notte,
perché il suo amore è per sempre.
18 Uccise sovrani potenti,
perché il suo amore è per sempre.
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19 Sicon, re degli Amorrei,
perché il suo amore è per sempre.
23 Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi,
perché il suo amore è per sempre.
20 Og, re di Basan,
perché il suo amore è per sempre.
24 Ci ha liberati dai nostri avversari,
perché il suo amore è per sempre.
21 Diede in eredità la loro terra,
perché il suo amore è per sempre.
22 In eredità a Israele suo servo,
perché il suo amore è per sempre.
25 Egli dà il cibo a ogni vivente,
perché il suo amore è per sempre.
26 Rendete grazie al Dio del cielo,
perché il suo amore è per sempre.
Nella traduzione CEI della Bibbia del 2008 il ritornello “perchè eterna è la sua misericordia”
(traduzione del 1974) è stato reso con “perchè il suo amore è per sempre”, più aderente all'originale
ebraico che vedremo in seguito. Il salmo 136 fa parte dei salmi di lode cioè di quei canti che
vogliono esprime il sentire dell'uomo di fronte alla grandezza di Dio. Espressioni simili si trovano
anche presso altri popoli vicini ad Israele, ma tali lodi divine terminano sempre con una richiesta
alla divinità. In Israele invece è solo lode, sola espressione della contemplazione di Dio e della sua
opera, e quindi riconoscimento della Sua signoria da cui il popolo attinge speranza.
Il salmo 136 inoltre è fortemente legato alla pasqua, come ci ricorda il Papa esso è per l'Israelita il
“Grande Hallel”, cioè il salmo che viene cantato al termine della cena pasquale. In esso è racchiusa
tutta la storia della salvezza di cui l'Antico Testamento ci dà testimonianza. Israele ha e fa memoria
della bontà del Signore e questa memoria si fa speranza perchè apre alla luce della fede nel Signore
anche quando si attraversa l'oscurità. Anche Gesù Cristo ha cantato questo salmo di lode al termine
di ogni sua cena pasquale, compresa l'ultima (Mc 14,26 e Mt 26,30). Il Papa Francesco, e prima di
lui anche il Papa Benedetto XVI, sottolinea come il Grande Hallel, vale a dire l'orizzonte della
misericordia divina e della lode, illumini con la sua luce il dono dell'Eucaristia e tutta la difficile
salita al Golgota.
Veniamo dunque ad una lettura più specifica delle diverse parti del salmo. Innanzitutto notiamo che
per ventisei volte siamo invitati alla lode “perchè il suo amore è per sempre”: è l'esperienza che il
popolo di Israele ha fatto, ha toccato con mano nella propria storia, ed ha contemplato. Qui stanno
la forza e la speranza del popolo. Qui l'originalità e, se vogliamo, la “stranezza” di questo Dio,
riconosciuto come più grande di ogni altro dio proprio perchè ama l'uomo. La parola ebraica qui
usata dal salmista per dire la qualità di questo amore, significa fedeltà, misericordia, bontà,
grazia, tenerezza. Tutti termini che ci riportano all'esperienza sponsale e materna/paterna con cui la
Bibbia, e soprattutto Gesù, cercano di far gustare all'uomo di ogni tempo chi è Dio. Solo facendo
esperienza personale e comunitaria del Suo amore possiamo cominciare a comprendere il
significato del Suo essere misericordioso e possiamo pure cogliere la portata dell'invito di Gesù ad
essere misericordiosi come il Padre (Lc 6,36). Per questo abbiamo scelto la traduzione CEI del 2008
del salmo anche se il rimando alla misericordia non è immediato come in quella precedente.
L'amore è il motivo unificante di tutto il salmo, di tutta la vita del popolo e di ogni credente: è un
amore sempre uguale a se stesso ma che si manifesta in modi diversi nello svolgersi della storia di
Israele col suo Signore:
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•
vv. 1-3 Per tre volte siamo invitati a rendere grazie, a fare eucaristia con il Signore. Come
cristiani siamo dunque subito richiamati al vivere la comunione con Cristo, siamo invitati ad entrare
nel Cenacolo dove Gesù sposo fedele si dona con tutto il suo corpo, con tutto se stesso, alla sua
sposa, a me, a noi, all'umanità tutta.
•
vv. 4-9 Israele contempla l'opera di Dio e riconosce in essa il segno del suo amore che tutto
dona all'uomo. Sentiamo come il ritmo del salmo sia lo stesso di Gen 1; lì Dio di ogni sua opera
dice “e vide che era cosa buona”. Lì era Dio che contemplava, che gustava la creazione uscita dalla
sua Parola. Qui è l'uomo che contempla e si accorge che tale grandezza d'amore è rivolta proprio a
lui, all'uomo. Un uomo che tra l'altro nel salmo non compare, si parla delle meraviglie, del cielo,
della terra, sole, luna, stelle, ma non dell'uomo: perchè è proprio quest'ultimo ora che si guarda
intorno e scopre il dono di Dio. La creazione è per lui, per l'uomo.
•
vv. 10-15 E' la pasqua dell'Esodo, la pasqua di liberazione. Israele legge la propria storia
come storia di amore fedele, da parte del Signore. E' l'Alleanza. Da lì nascerà il popolo eletto. E' la
pasqua di Cristo da cui nasce la Chiesa. La potenza del Signore vince la pericolosità delle forze
della natura e dell'uomo per permettere al suo popolo di “passare in mezzo” e continuare il suo
cammino verso la libertà.
•
vv. 16 In un versetto sono racchiusi quarant'anni di vita nel deserto. E' il tempo del
fidanzamento di Dio con il suo popolo, il tempo in cui da tanti clan famigliari nasce il popolo unico,
ma anche il tempo delle difficoltà e delle mormorazioni. Il tempo in cui Dio prepara il popolo per
farlo entrare nella terra, nelle nozze, nel suo nuovo status di SPOSA. In un versetto viene ricordata,
evocata, nel cuore del credente, tutta la tenerezza di Dio verso il suo popolo, e la confidenza del
popolo con Dio.
•
vv. 17-20 Dio ha colpito ed ucciso i popoli, identificati nei loro sovrani, che volevano
impedire, ostacolare, l'ingresso nella terra da parte di Israele, il suo cammino di salvezza. E quanti e
quali sovrani ostacolano il mio, il nostro cammino verso il giardino che il Signore ha preparato per
noi?
•
vv. 21-22 E' finito il tempo della precarietà, della vita vissuta sotto una tenda nel deserto, ora
è il tempo di ricevere il dono della terra. La parola eredità vuole ricordare al popolo che non è opera
delle proprie mani il possesso della terra, ma è dono ricevuto dall'amore e da custodire con amore.
Una delle caratteristiche di Dio è Donare.
•
vv. 23 In un solo versetto il salmista racchiude l'esperienza di secoli in cui il popolo ha
vissuto il tempo della stabilità, della sicurezza e perciò anche della tentazione idolatrica, tentazione
di dimenticare che tutto è dono, tentazione dell'autosufficienza (sono io il mio Dio) che fa
dimenticare l'origine del dono. Ma anche in questa storia di infedeltà dell'uomo, il Signore si rivela
amore fedele e salvatore.
•
vv. 24 Amore fedele che libera, che salva e ridona all'uomo la libertà di rispondere con
l'amore al suo amore. Questa è la vera e più grande libertà.
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vv. 25-26 Ricorda certamente il padre Nostro, con quel “dà il cibo” ma in modo molto più
forte ci ricorda che Lui si fa pane, si fa carne, Betlemme ed il Cenacolo sono strettamente congiunti,
si fa amore che nutre la mia capacità di amare che altrimenti si chiuderebbe in egoismo. Il cristiano
dovrebbe sapere tutto ciò! Ma quando nel Padre Nostro diciamo “dacci oggi il nostro pane
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Ritiro Spirituale Ignaziano
15 novembre 2015
quotidiano” sappiamo davvero cosa questo significhi? Sarebbe davvero importante, fondamentale
per noi in questo prossimo tempo di avvento e nell'anno giubilare lasciarci accompagnare dallo
Spirito Santo a comprendere la portata rivoluzionaria di tali parole. La conclusione del salmo che
riportandoci col lo sguardo nuovamente alla creazione, ci induce a guardare in profondità il motivo
della nostra lode: l'esperienza di scoperta del dono come dinamica fondamentale dell'amore di Dio.
Anche noi siamo invitati a fare memoria: della nostra storia di Chiesa, della storia del mondo in cui
viviamo, della nostra storia personale, per scoprivi i segni di quell'amore misericordioso del Signore
che è per sempre, cioè non ha inizio e non ha fine; di più, la misericordia come termine ci riporta
alle viscere materne in cui siamo stati formati. Ci viene dunque detto in vario modo la qualità di tale
amore che ci fa figli, chiamati a vivere di tale amore e manifestarlo al mondo nella misura in cui la
misericordia diventa il nostro criterio di vita e di discernimento come ci ricorda il papa Francesco:
“la misericordia nella Sacra Scrittura è la parola-chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi. Egli
non si limita ad affermare il suo amore, ma lo rende visibile e tangibile. L’amore, d’altronde, non
potrebbe mai essere una parola astratta. Per sua stessa natura è vita concreta: intenzioni,
atteggiamenti, comportamenti che si verificano nell’agire quotidiano. La misericordia di Dio è la
sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci
felici, colmi di gioia e sereni. È sulla stessa lunghezza d’onda che si deve orientare l’amore
misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericordioso Lui, così
siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri” (Papa Francesco, Misericordiae
Vultus, Bolla di indizione del giubileo straordinario della misericordia, n.9).
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