Giornale OK Gennaio 2007

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Giornale OK Gennaio 2007
Periodico mensile della CGIL regionale
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post. 70%
CNS/AC - Cagliari
Registrazione n. 611 del 29.01.1988
Tribunale di Cagliari
Nuova serie
Anno Terzo Numero 7
Luglio Agosto 2009
«Clima unitario tradito
dalla lotta per il potere»
La maggioranza si contraddice, ma sulla concertazione occorre chiarezza
di Enzo Costa
Il governo di centro-destra, che il voto democratico ha chiamato alla guida della Regione,
si è trovato davanti uno scenario straordinariamente problematico, una crisi che in larga
maggioranza è dettata da fattori importati ma
che ha fatto emergere tutti i problemi locali,
molti dei quali presenti e denunciati da
tempo. Sostanzialmente, una crisi che si è
abbattuta su una regione che già soffriva di
sottosviluppo e che ancora rischia di cancellare intere filiere produttive aggravando, forse
in modo irreversibile, la situazione generale.
Questo è il motivo che ha spinto i soggetti più
responsabili, e il sindacato è sicuramente tra
questi, a unire le proprie forze, le proprie
idee, tentando di contagiare un sistema che
storicamente è sempre stato caratterizzato da
litigiosità e contrapposizioni. Abbiamo chiesto e praticato l’unità di tutte le forze politiche e sociali, i momenti più costruttivi sono
stati la grande manifestazione del 10 luglio, la
convocazione del Consiglio regionale aperto
del 15 luglio, l’incontro al ministero dello
Sviluppo Economico del 21. In quei momenti
siamo riusciti, tutti insieme, a dimostrare che
è possibile affrontare la crisi ridiventando
protagonisti. Ci sembrava di aver imboccato
una strada che iniziava a dare i primi risultati
e che soprattutto avvicinava le persone alla
politica, superava le divisioni storiche, gli
steccati politici, le contrapposizioni territoriali, sempre nell’interesse generale del popolo sardo. Ecco perché oggi ci appare così
assurda la gestione che la Giunta prima e la
maggioranza del Consiglio Regionale poi
hanno portato avanti nell’iter legislativo del
collegato alla finanziaria. Perché distruggere
una positività, forse l’unica, che eravamo riusciti a creare?
Ricordo le parole dell’onorevole Pisanu che,
intervenendo in Consiglio ha rimproverato
Renato Soru dicendo: “L’unità delle forze
politiche e sociali è essenziale in questa fase
ma è nata da poco, è come se fosse un bambino e i bambini si accarezzano non si prendono a schiaffi” quel monito sottolineato con
un grande applauso di condivisione non solo
è giusto ma vale per tutti. Perché allora ritornare alla finta concertazione con le parti
sociali, alla pratica dei colpi di mano, delle
imposizioni, della lottizzazione politica, delle
divisioni cercate e praticate?
In occasione dell’approvazione dell’emendamento sulla sanità, presentato all’ultimo
momento senza averlo discusso con nessuno,
i capo gruppo del Pdl in Consiglio regionale
Mario Diana ha dichiarato «una maggioranza
che ha stravinto le elezioni anche sul tema
della sanità non deve chiedere permesso a
nessuno per questa riforma». Pensate quanto
è lontana questa affermazione dal pensiero
dell’onorevole Pisanu ma anche dalle dichiarazioni elettorali del presidente Cappellacci e
da quanto si è discusso nel consiglio regionale aperto.
Analoga considerazione la possiamo fare sul
metodo di gestione del collegato alla
Finanziaria e sui contenuti della stessa, non
c’è stata nessuna concertazione anzi si è fatto
di più, l’onorevole Maninchedda ha dichiarato inutile procedere alle audizioni e nel suo
sito ha attaccato i sindacati che rivendicavano un percorso democratico scrivendo “I sindacati, nei giorni scorsi, avevano emesso
comunicati tanto aspri e stizzosi, quanto privi
di fondamento nei contenuti. Il sindacato, in
realtà, ha posto una questione politica inaccettabile.” Si riferiva alla concertazione, credo
che questo sia uno dei punti più delicati che il
presidente Cappellacci e la sua maggioranza
debbano chiarire al più presto, pensano di
poter gestire i problemi che la Sardegna e i
sardi stanno vivendo da soli?
Credo che i risultati siano sotto gli occhi di
tutti: tante promesse, comprese quelle elettorali, e nessun fatto concreto, anzi tanti fatti
ma tutti negativi, dallo scippo del G8, alla sottrazione dei fondi Fas, alla cancellazione di 34
mila posti di lavoro, ai pochi invidiabili record
negativi che stanno caratterizzando la
Sardegna (disoccupazione, povertà, emigrazione), allo smantellamento del sistema scolastico, del trasporto su ferrovia, della viabilità. Serve dimostrare capacità di governo e
coerenza, servono fatti concreti e risorse
spendibili subito e non promesse.
Occorre rispettare i propri elettori e, quando
si governa tutti i sardi, lo si fa eleggendo
Giunte tecniche che non vengano delegittimate dagli stessi proponenti dopo pochi
mesi, lo si fa evitando la propaganda politica
e i colpi di mano portatori di interessi di potere. La stessa opposizione la smetta di contrattarsi piccole trasversalità e coltivi il dialogo
sociale. La crisi che stiamo vivendo non ha
ancora fatto vedere tutte le sue drammaticità,
ci aspetta un autunno difficilissimo e a questo punto credo che diventerà caldissimo,
questa volta con precise responsabilità locali
e nazionali.
CATEGORIE
Sugli incendi poca prevenzione:
«Inesistenti le politiche per l’ambiente»
Per scongiurare le speculazioni occorre inasprire i vincoli
di Raffaele Lecca*
Dopo il disastro ambientale causato dai roghi diffusi in tutta la Sardegna è indispensabile riflettere sulle cause di quanto accaduto. Due persone hanno perso la vita, una tragedia che deve spronarci ancora di più a trovare strumenti utili contro l’azione degli incendiari e mettere a punto
una efficace attività antincendio.
Partiamo dall’assunto
che storicamente gli incendi sono, per la quasi
totalità, di carattere doloso; la mano dell’uomo ha
sempre innescato l’atto
criminale per interessi
speculativi legati all’edilizia, soprattutto quella costiera, per ricavare maggiori spazi all’attività di
allevamento, data la presenza in Sardegna di oltre
tre milioni di ovini, infine
per recuperare terreno all’attività agricola vera e
propria. Non va neppure
trascurato il fatto che l’attività antincendio, in passato, ha creato aspettative
occupazionali, con il conseguente impiego e reclutamento di nuove risorse
umane stagionali sempre più crescente. E’
evidente quindi, secondo noi, che il contrasto agli incendiari e le azioni contro i criminali non possono essere solamente quelle
classiche fin qui attuate ma è necessario intervenire con altri mezzi, mettendo in campo molti più soggetti di quelli fin qui coinvolti. Purtroppo, in Sardegna come nel resto
del Paese, le politiche a favore dell’ambiente sono del tutto assenti, non viene considerato una risorsa da utilizzare e trasformare in
opportunità economica ma come problema
da fronteggiare pensando più al fastidio che
crea, piuttosto che alle opportunità che può
offrire.
Pensiamo a quanto sia stata stucchevole e
sbagliata la discussione sui parchi imposti
dalla politica e subiti dalle popolazioni come
dei vincoli che riducevano di molto le opportunità di lavoro. Credo che si debba ripartire da questo concetto se si vuole salvare il nostro patrimonio boschivo, facendo leva sull’interesse della popolazione a ritenerlo una risorsa, un luogo ciò che permette alle nuove generazioni di ritrovare lì le opportunità di lavoro e di sostentamento.
E’ sulle popolazioni e su chi le amministra
che bisogna fare leva, è con loro che bisogna costruire la cultura dell’ambiente come
bene incommensurabile, facendo capire che
ogni ferita inferta è una ferita a noi stessi.
Dobbiamo poi sconfiggere l’idea che la
montagna sia da salvaguardare solo in virtù
dei cantieri forestali che creano qualche posto di lavoro. Basta con la mentalità per cui
se l’agognato posto fisso non arriva, la foresta diventa un luogo da distruggere perché
siamo stati respinti. Bisogna fare in modo
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che la legge istitutiva dell’Ente Foreste sia
applicata anche laddove si riferisce alla costituzione di soggetti imprenditoriali che
creino opportunità di sviluppo sfruttando
le grandi potenzialità che la montagna offre.
La montagna non può essere quindi solo un
luogo che impedisce attività economiche
che creano sviluppo, ma un posto dove si
favorisce la realizzazione di progetti che impediscono lo spopolamento delle zone interne con la riscoperta di antichi mestieri,
tradizioni e tutte quelle attività tipiche delle zone rurali.
Ecco allora perché la lotta agli incendi và ripensata completamente. Intanto deve essere chiaro che, per scongiurare eventuali speculazioni, nei luoghi percorsi dagli incendi
bisogna inasprire i vincoli esistenti. L’unico
obbiettivo di enti locali, Regione e persino
dei privati, deve essere quello del ripristino
delle condizioni precedenti. Lì dove il fuoco
ha inferto una ferita non si potrà costruire,
non potrà essere utilizzato come pascolo o
per svolgere attività produttiva di qualsiasi
Luglio Agosto 2009
natura, è necessario far arrivar il messaggio
che l’unico interesse è quello di sanare la ferita. Bisogna pertanto pensare già da oggi a
come contrastare gli incendi per l’estate
prossima.
Evidentemente non è più sufficiente continuare a fare solo ciò che finora si è fatto.
Non basta l’utilizzo di
migliaia di uomini dell’Ente Foreste, ai quali
va un plauso per quello
che quotidianamente
fanno, di quelli del Corpo Forestale, dei Vigili
del fuoco, delle associazioni di volontariato,
delle Compagnie Barracellari che si prodigano
incessantemente per
evitare che il fuoco si
propaghi. Non basta
neppure l’utilizzo dei
mezzi aerei perché, nonostante il loro impiego, in alcuni casi il fuoco diventa inarrestabile.
Il fenomeno va contrastato prima che arrivi
l’estate. Serve un’autorità regionale (diversa
dal Corpo forestale) che
abbia il compito e il potere di far applicare rigorosamente le direttive sull’attività di prevenzione, e di coordinare gli interventi operativi. I Comuni, le
province, l’Anas, le Ferrovie, gli agricoltori,
l’Ente Foreste, devono rigorosamente effettuare tutti quei lavori di pulizia nelle aree di
competenza. La Regione dovrà mettere a disposizione le risorse economiche affinché
aziende specializzate operino in tutto il territorio con lo scopo di creare una rete di
prevenzione, come viene fatto per i Cantieri forestali. Inoltre, pensiamo sia necessario
anticipare o allungare il periodo di assunzione dei lavoratori dell’antincendio e dei
semestrali, che dovrebbero comunque essere più numerosi e lavorare per più ore nel
periodo di maggior rischio. Occorre inoltre
fare formazione del personale impegnato
nell’attività di lotta agli incendi, acquistare
mezzi adeguati. Pensiamo che sarebbe opportuno che si ripetessero le esperienze fatte in passato con la presenza dell’esercito
nei campi estivi per presidiare il territorio.
Ovviamente, occorre che le attività di prevenzione e intervento siano tempestive e
che la programmazione dell’attività di prevenzione e intervento sia fatta con competenza e con rigore scientifico.
*segretario regionale Flai
CATEGORIE
Chimica, Ineos Films in vendita
«Vogliamo un imprenditore serio»
Fabbrica chiusa da febbraio,101 lavoratori in cassa integrazione
Il paradosso è un’azienda
che decide di chiudere
come se i suoi bilanci fossero in rosso. E’ il caso dell’
Ineos Films di Assemini,
uno stabilimento con 101
dipendenti che producono
materiali per un mercato
ancora abbastanza solido. I
fogli di pvc e pet lavorati ad
Assemini sono infatti venduti nel resto d’Italia ad
aziende come la Ferrero e,
in Sardegna, oltre a tenere
in piedi un indotto di venti
imprese, possono trovare
spazio nel ciclo produttivo
legato alla Equipolimers di
Ottana. Il materiale prodotto viene trasformato in pellicole per alimenti, bottiglie, piatti di plastica, oggetti di uso comune.
Il futuro dello stabilimento
è legato alle prospettive di
vendita, avallate anche nei
giorni scorsi da un interessamento della Giunta attuale, disponibile (così come la
precedente) a un investimento da parte della Sfirs.
E’ per questo che, dopo la
mobilitazione di luglio, i
lavoratori hanno deciso di
dar tempo a eventuali trattative con gli acquirenti – è
trapelata la manifestazione
di interesse di almeno due
imprenditori – e si sono dati
appuntamento l'11 settembre, con un’assemblea già
convocata in fabbrica alle
11. Resta in piedi anche l’ipotesi (da noi osteggiata)
che la stessa Ineos possa
restare, visto che nel corso
della trattativa ha assunto
posizioni non troppo chiare
sulla reale volontà di cedere
gli impianti. Certo, vista
l’imprevedibilità dei vertici
aziendali e le reiterate
intenzioni di abbandonare,
non solo la Sardegna ma
anche l’Italia, sarebbe
auspicale che lo stabilimento fosse ceduto a un
imprenditore di filiera serio.
La multinazionale ha stoppato le produzioni da febbraio, comunicando ai
lavoratori l’intenzione di
vendere. Poi tutto si è arenato e, a sei mesi dall’ultimo incontro in Confindustria, i lavoratori hanno
deciso di occupare l’im-
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La vertenza
In bilico dal 2007
ma il mercato c’è
foto di Elisabetta Messina
pianto e trincerarsi per
giorni sopra uno dei silos.
Una mobilitazione sfociata
dopo mesi di incertezza ed
esasperazione. Le ragioni
sono giustificate dalle
potenzialità assodate di un
sito produttivo che non ha
motivo di chiudere. Anche
alla luce di un ipotetico
altro business legato al riciclo dei rifiuti, visto che
dentro lo stabilimento nell’area
industriale
di
La storia
L’impianto è ad Assemini dal
1970, ai tempi si chiamava
Selpa. Azienda che fallisce e
poi riprende l’attività negli anni Ottanta. Dopo varie gestioni, nell’86 prende il nome di
Savinil, associata alla Mazzucchelli, stabilimento di materie plastiche del nord Italia.
A metà anni Novanta viene
acquisito dalla Evc (european
vinyls corporation) società
con diversi siti in tutta Europa. Nel 2001, a causa del forte indebitamento di Evc, sarà
la multinazionale inglese
Ineos ad accaparrarsi tutti gli
impianti.
L’Ineos in Italia era presente
in tre settori della chimica:
Ineos vinyls (ceduta a Sartor
e fallita) Ineos compound (acquistata da Sartor e ancora in
attività) e Ineos Films con tre
impianti in Italia: Castiglione
Varese, Fucine, Assemini. Lo
stabilimento di Macchiareddu oggi dà lavoro a 101 dipendenti, negli anni Settanta
erano cinquecento.
Luglio Agosto 2009
Macchiareddu
c’è
un
impianto che, con adeguati
investimenti,
potrebbe
rigenerare la plastica proveniente dalla raccolta differenziata. Il punto è che la
multinazionale proprietaria
dello
stabilimento
di
Assemini e di altri due, a
Varese e a Fucine, evidentemente, ha rincorso negli
ultimi mesi altre logiche,
secondo le quali a sopravvivere dovrebbero essere
questi ultimi impianti,
anche se quello di Varese
perde oltre tre milioni
all’anno. Nel 2007 invece,
Assemini fattura 32 milioni
di euro, e produce 18 mila e
500 tonnellate di pvc e pet,
con pareggio di bilancio e
70 giorni di cassa integrazione ordinaria. I conti in
rosso non li ha mai avuti.
Adesso, dopo mesi di silenzio la politica sembra essersi nuovamente interessata
al caso, con una seduta
straordinaria del consiglio
provinciale e l’impegno
personale assunto dal presidente
della
Regione
Cappellacci di convocare in
tempi brevi Ineos per chiarire le reali intenzioni e
favorire una eventuale cessione. Nell’ultima riunione
con i sindacati, anche
l’assessore
all’Industria
Andreina Farris ha assunto
precisi impegni per accelerare il processo di vendita o
costringere la stessa Ineos a
prendere una decisione
definitiva supportata da
reali investimenti e un solido piano industriale.
Giacomo Migheli,segr.Filcem Cagliari
Giampiero Manca,rsu Ineos Films
I problemi di Ineos Films sono iniziati nel
2007 a causa di una flessione di mercato
ma anche della scelta dei vertici aziendali
di non fare indispensabili investimenti.
Questa crisi non ha precedenti, visto che
da quando è in attività, ovvero dal 1986, lo
stabilimento di Assemini ha prodotto sempre utili. La conseguenza è la chiusura del
sito di Monfalcone Gorizia, acquistato da
Ineos due anni prima, insieme a quello di
Fucine. Su Assemini vengono presi impegni, ma alla fine la multinazionale decide di
investire a Castiglione Varese. A quel
punto sono evidenti le prime avvisaglie di
disinteresse verso le produzioni sarde da
parte di Ineos. Il sindacato non aspetta,
chiede un intervento della Regione perché
faciliti la mediazione con l’azienda, per trovare una soluzione che non metta in pericolo posti di lavoro e prospettive dello stabilimento. A dicembre 2007 e, pochi mesi
dopo, a febbraio 2008, ci sono due incontri con l’assessore all’Industria (allora era
Concetta Rau). Si arriva così a un accordo
sul rilancio del sito: l’azienda si impegna a
fare investimenti a medio e lungo termine,
diversificazione produttiva e a mantenere i
livelli occupazionali. Un passo avanti notevole e rassicurante per i dipendenti, se non
fosse che l’accordo viene disatteso. Dopo
molte trattative, a fine 2008, Ineos promette di nuovo investimenti, e un piano
industriale da avviare a gennaio. Ancora
una volta, un escamotage per prendere
tempo, sino alla decisione finale, il 21 gennaio scorso, quando vertici Ineos e sindacati si incontrano in Confindustria: lo stabilimento di Assemini chiude a causa di una
flessione di mercato strutturale, le produzioni trasferite a Castiglione (dove il bilancio è in passivo), i lavoratori vengono
messi in cassa integrazione, l’azienda si
impegna a trovare un imprenditore che
rilevi gli impianti. Un piccolo spiraglio dunque, al quale i 101 dipendenti si aggrappano, con la speranza alimentata dalle potenzialità del mercato e delle produzioni di
Assemini. La Regione si era impegnata ad
agevolare un eventuale acquirente attraverso il coinvolgimento della Sfirs. Ma
dopo sei mesi l’ipotesi di vendita resta
vana. Solo la protesta clamorosa dei lavoratori, a luglio, richiama nuovamente l’attenzione sulle sorti dell’impianto a
Macchiareddu. Per la Filcem lo stabilimento deve essere ceduto al più presto. La
prospettiva migliore sarebbe l'ingresso
della Sfirs nel capitale della società e, per
evitare errori già commessi nel caso
Sartor, un imprenditore serio che operi già
nella stessa filiera. Solo in questo modo si
potranno salvaguardare professionalità e
posti di lavoro.
TERRITORI
Bonifiche e carbone
nel futuro del Sulcis
«Inadeguato il decreto sulle tariffe energetiche»
di Marco Grecu*
Sulle bonifiche ad alto rischio di crisi
ambientale si addensano più ombre che
luci. Non ci risulta che il comitato di coordinamento, presieduto dal presidente della
Regione, si sia mai riunito. In una situazione
occupazionale già endemicamente critica, il
finanziamento definitivo delle opere di
bonifica potrebbe dare un segnale di speranza ai disoccupati e ai lavoratori in cassa
integrazione o mobilità.
Quale settimana fa l’Eurallumina ha “regalato” un’area consistente al Comune di
Portoscuso per la realizzazione una free tax
zone (una sorta di zona franca). Iniziativa
sicuramente importante per il Comune ma
fuorviante, per due ragioni: prima di tutto
perché se prima della cessione le responsabilità delle bonifiche erano di Eurallumina,
adesso sono in capo esclusivamente alle istituzioni; poi perché ci appare come un
segnale di disimpegno economico produttivo, un’operazione slegata da qualsiasi logica
di politica industriale. Si tratta inoltre di una
zona che ricade nell’area ad alto rischio di
crisi ambientale e, nonostante gli impegni
assunti dal presidente del consiglio il 6 febbraio scorso in Prefettura a Cagliari, non c’è
stato alcun confronto con il ministro
dell’Ambiente e con la Regione, responsabili del piano di disinquinamento. Per questo
riteniamo opportuno proporre la nomina di
un commissario straordinario, per velocizzare le procedure, la spesa e le decisioni da
assumere.
In questi anni le emissioni inquinanti si
sono ridotte, non solo per le opere realizzate
ma anche per la chiusura di aziende o il
blocco di importanti settori produttivi,
pagati con l’allontanamento di centinaia di
lavoratori diretti e degli appalti. Si pensi alla
chiusura di Eurallumina, della ex Ila, oppure
dell’Imperial Smelting della Portovesme,
forno alimentato a Carbon Coke. Alla luce di
queste considerazioni pensiamo possano
essere rivisti (con una riduzione) i confini
dell’area ad alto rischio di crisi ambientale.
Certo, vi sono parecchie opere infrastrutturali ancora da realizzare, ad esempio la bonifica e il dragaggio dei fondali del porto di
Portovesme, e il disinquinamento delle sab-
bie .In ogni caso, lo sviluppo di questa area
industriale non è legata solo alle bonifiche
ma anche a favorevoli condizioni infrastrutturali materiali e immateriali. Quella energetica è sicuramente la più importante perché incide notevolmente sui costi di produzione dell’alluminio, dello zinco e del piombo.
Il Ddl 1195, approvato in via definitiva alla
Camera qualche settimana fa, detta disposizioni per lo sviluppo e l’internalizzazione
delle imprese, nonché in materia di energia. Da un lato - anche se ci sono vantaggi
per le grandi imprese energetiche che riceveranno sostegni economici nei casi di
interruzione della fornitura elettrica aggrava i costi di autoproduzione (da fonti
rinnovabili e cogenerazione ad alto rendimento) a causa degli oneri di sistema introdotti sull’energia prodotta. Dall’altra parte,
e ciò ci riguarda in particolar modo, introduce l’operatore elettrico virtuale, il cosidetto Vpp, cioè una sorta di “sequestro” di
energia elettrica operata nei confronti dei
produttori e rivenduta all’asta, a cui potranno partecipare le aziende interessate. Gli
atti di indirizzo del ministero dovranno
definire l’indizione dell’asta per una notevole quantità di energia elettrica, individuare le categorie di imprese energivore che
dovranno essere ammesse alla partecipazione e la durata necessaria alla realizzazione della soluzione infrastrutturale.
L’approvazione dell’operatore virtuale non
chiarisce però alcune vicende ancora in
sospeso: la procedura di infrazione nei confronti di Alcoa e quella avviata dall’Ue nei
confronti della Regione e di Carbosulcis,
accusate di sostegno pubblico.
Gli articoli di legge riguardanti questo
aspetto, presumiamo non siano sufficienti a
dissuadere l’Unione europea dal proseguire
nelle procedure di infrazione, per cui riteniamo indispensabile avviare, da subito, un
confronto con la giunta, affinché sia predisposto un progetto chiaro e perseguibile,
che riguardi non solo il processo di privatizzazione della miniera, ma anche lo sviluppo
delle nuove tecnologie per la cattura e lo
stoccaggio della Co2. Inoltre vi è ancora
qualche perplessità sulla capacità dell’operatore elettrico virtuale di garantire alle
Nuova serie - Anno III° - Luglio Agosto 2009
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Luglio Agosto 2009
aziende energivore un prezzo che dia la
possibilità di competere nelle produzioni
metallurgiche dell’alluminio e dello zinco.
Consentire che partecipino all’asta anche
altre aziende che usano quantità considerevoli di energia, ma non come quelle che
producono alluminio e zinco, determinerà
un prezzo, stando agli analisti, che si aggirerà intorno ai 30 o 40 euro a megawatt, un
fatto che metterà fuori mercato le nostre
aziende metallurgiche. Inoltre, il decreto
sulle tariffe agevolate avrà una scadenza,
per cui resta ancora aperta la questione
della soluzione strutturale.
Ci sono poi altri problemi: la mancata
approvazione dell’accordo di programma
da parte del mistero dello Sviluppo economico presentato da Portovesme s.r.l. per
rilanciare l’attività produttiva, contraddice
le stesse volontà del Ministro che sostiene, a
parole, il progetto. Non aiuta il fatto che l’attività produttiva del settore primario sia in
mano alle multinazionali: Alcoa, Glencore,
Rusal, Rockwool. Ciò richiede un impegno e
un coinvolgimento istituzionale di Comuni,
Provincia, Regione e Governo nazionale
(che si è limitato a prendere atto delle chiusure operate). E’ difficile che il territorio, da
solo, possa condizionare le scelte delle multinazionali, nonostante il forte coinvolgimento operato fra la popolazione e i lavoratori. E’ indispensabile che tale livello di solidarietà e responsabilità sia condivisa anche
da tutti i livelli dell’organizzazione. La vertenza Sulcis Iglesiente non riguarda solo
questo territorio ma riguarda tutta la
Sardegna e va inserita nell’ambito dell’intesa istituzionale con il Governo. Tale convincimento è rafforzato dall’imponente sciopero generale del Sulcis Iglesiente del 13
marzo scorso, che ha visto l’adesione di
tutte le forze economico sociali del territorio, ma anche dalla massiccia adesione alla
manifestazione del 10 luglio a Cagliari.
Questo è sicuramente un momento difficile
e drammatico per quanti hanno perso il
lavoro, per chi lo sta perdendo e per chi non
l’ha mai avuto. Da soli non potremo mai farcela; occorre quindi ripensare la presenza
pubblica in economia con strumenti diversi
dalle partecipazioni statali, soprattutto nel
nostro territorio, che non significa fare assistenzialismo, ma difendere produzioni che
sono strategiche per il Paese.
*segretario generale Sulcis
TERRITORI
«Apriamo il dibattito
sul welfare locale»
Integrazione socio-sanitaria, un percorso lasciato a metà
di Giorgio Pintus*
La nuova fase di iniziativa sindacale su welfare
locale e contrattazione sociale, nel rinnovato
quadro politico regionale, non può prescindere da un bilancio. Una discussione che stenta
ad aprirsi, forse per le ferite ancora aperte, ma
che non può essere evitata se si vuole rilanciare un’azione sindacale efficace.
Salvaguardando ogni merito riconosciuto alla
giunta di centro-sinistra, la sfida della riforma
delle politiche sociali è stata sostanzialmente
elusa. Aldilà degli impegni di inizio legislatura
per l’integrazione tra sociale e sanitario e di
rilevanti prove di attenzione espresse in
importanti vertenze della sanità privata e
della riabilitazione, è evidente una sottovalutazione delle difficoltà nel riordino delle politiche socio-assistenziali, forse la scelta di rinviare tale azione ad una fase successiva,
essenzialmente delegata agli Enti locali e alla
loro programmazione.
Un limite serio che non può essere sottaciuto
da chi ha apprezzato gli intendimenti dell’assessore Dirindin rivolti all’integrazione sociosanitaria, e confidato fino alla fine in una correzione di rotta. Le ragioni di questo giudizio
in sintesi, risiedono nella mancata approvazione del Piano sociale regionale; nel grande
ritardo nell’introduzione del regolamento
della legge 23 del 2005; nella mancata attivazione dell’Osservatorio sugli appalti; nella
mancata introduzione di un reale sistema di
accreditamento delle imprese affidatarie dei
servizi; nella difficoltà a dirimere nodi irrisolti come quello del profilo dell’educatore
oppure della regolamentazione dell’assistenza domiciliare; nella mancata costruzione di
un vero sistema tariffario, differenziato per
tipologie di servizi e standard organizzativi,
fondato sul riconoscimento sostanziale dei
costi dei contratti nazionali; nella definizione
– discutibile per seri motivi di merito e di
metodo – dei nuovi standard delle attività di
riabilitazione globale; nella mancata estensione al sociale della procedura d’infrazione
introdotta nei confronti delle imprese convenzionate con il servizio sanitario che si rendano responsabili di “gravi violazioni contrattuali”; nell’indebolimento diffuso delle attività di prevenzione del disagio minorile e giovanile e dei servizi di orientamento degli enti
locali; nella scomparsa dell’intero capitolo
delle politiche giovanili dalle scelte di indirizzo delle politiche sociali.
Per non dire dello scarso rilievo dato alla cooperazione di inserimento lavorativo, uno
strumento potenzialmente straordinario per
realizzare azioni di empowerment delle persone più deboli. Apprezziamo i primi risultati
della programmazione integrata tra gli Enti
locali in corso nei Plus. In essa troviamo gli
embrioni di possibili interventi anche sui
fronti menzionati ma non è lecito attendersi
dai livelli istituzionali locali l’intervento regolatorio che solo la Regione, per competenze,
risorse e responsabilità, può sviluppare.
Appare che vi sia stato, insomma, non un
semplice ritardo ma un approccio in qualche
misura deformato dell’intero processo di
decisione politica. La responsabilità di ciò
coinvolge tanti. Certo, prima di tutto la
responsabilità è politica. La mia opinione,
però, è che sui temi del welfare locale si è
manifestata una straordinaria emergenza
culturale, che investe i diversi soggetti che
contribuiscono alla quotidiana agenda
amministrativa, sia negli apparati amministrativi regionali e locali, sia nelle stesse rappresentanze degli interessi sociali, comprese
le organizzazioni sindacali, nessuna esclusa.
*Fp Cagliari
Importante coinvolgere le università
I lavoratori del comparto Servizi socio sanitari assistenziali educativi e le stesse controparti riconoscono
la Cgil come la principale forza sindacale. Sarebbe
ragionevole, utile e, mio parere, strettamente necessario, fare leva su questo credito per rilanciare una
nuova fase dell’azione sindacale, realizzando - anzitutto nell’ambito delle Camere del lavoro - un approfondimento e un confronto sui temi del welfare locale e
della contrattazione sociale.
Dalla trincea della Fp Cgil, abbiamo tentato di contrastare il sistematico depauperamento delle risorse finanziarie e professionali impegnate per i servizi sociali. Un
depauperamento che si realizza attraverso la dinamica
intrinsecamente ribassista degli appalti. Contrastare
questa impostazione a valle, implicherebbe una costante azione di monitoraggio e di intervento che impegnerebbe notevole parte di risorse sindacali, peraltro scarsamente disponibili. Forse converrebbe, oltre a presidiare come necessario quei fronti, percorrere una strada non originale ma per noi ancora sostanzialmente inedita: la proposta unitaria di un percorso condiviso, sia
con le autonomie locali e la Regione, sia con le imprese
sociali e le loro rappresentanze, ad iniziare dal movimento cooperativo, per rilanciare una parola d’ordine
sulla qualità dei servizi e del lavoro sociale. Un confronto in cui coinvolgere anche le Università sarde, per il
ruolo che esse svolgono nella formazione delle figure
professionali necessarie ai servizi. Una scelta da fondare su un confronto interno che si apra ad una discussione attenta ed esigente con le altre organizzazioni sindacali e con le Istituzioni locali. A tal fine, mi sembra
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utile rammentare due elementi di interesse più ampio: il
primo riguarda il ruolo che i servizi sociali di cura rivestono sotto il profilo della occupabilità femminile, sia
direttamente, per l’assoluto prevalere della presenza
femminile in questo genere di impieghi, sia indirettamente, per il ruolo che i servizi assolvono, almeno nell’alleggerire le donne da carichi assistenziali familiari
che di norma pregiudicano la loro presenza nel mercato
del lavoro. Una relazione ormai indiscutibile, che non
dovrebbe faticare ad imporsi anche verso i punti di vista
più beceramente maschilisti che allignano anche nelle
nostre file o di un certo rozzo economicismo che talvolta vizia il dibattito sindacale. Una relazione da meditare,
senza ritardi, anche alla luce del primato di denatalità
che la nostra regione ha conquistato nel mondo. Il
secondo riguarda l’irrisolta questione della costruzione
di una corretta integrazione del rapporto pubblico-privato nella erogazione dei servizi sociali di cura, che si
merita qualcosa di meglio del desolato panorama che
oggi vediamo davanti a noi. La Fp ha maturato negli
anni una interessante elaborazione teorica, espressasi
nella sua ultima conferenza programmatica nazionale di
alcuni anni fa che, intrecciata con quella della prima
conferenza sul welfare della Cgil, costituirebbe il miglior
fondamento per una rielaborazione di cui si avverte la
necessità anche in Sardegna, anche al fine di proporre
ai prossimi congressi e ai gruppi dirigenti che ne scaturiranno, un più avanzato livello di iniziativa. Una rielaborazione che - se adeguatamente sviluppata - potrebbe
incidere sull’agenda politica e sociale della Sardegna
nei prossimi anni. (g.p.)
Luglio Agosto 2009
La scheda
15 mila al lavoro
in molti sottopagati
Secondo una stima prudenziale, il numero degli addetti del comparto socio-sanitario-assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo privato, in Sardegna si
aggira intorno alle quindicimila unità.
E’ coinvolta in questa attività una straordinaria articolazione di figure professionali, in assoluta prevalenza formata da
donne e giovani, distribuita in centinaia
di realtà di impresa sociale variamente
denominate e impiegata in tutti i comuni
della regione per assicurare il funzionamento di una complessa rete di servizi
alla persona. Una latitudine di interventi
così ampia, da rendere complicata ogni
definizione, ogni monitoraggio e pure
ogni regolamentazione e tutela.
Un’attività gestita da centinaia di cooperative, associazioni, congregazioni religiose, fondazioni, formalmente unificate
nel cosiddetto Terzo settore, sufficientemente restie verso ogni tentativo di dare
al settore una rappresentanza comune
delle proprie ragioni, spesso intrise di
pesanti diffidenze verso il sindacato e le
sue pratiche.
Un settore sottoposto, pur in questi
tempi di crisi, a ritmi di crescita di tipo
“cinese”.
Un mondo attraversato da culture forti e
da sentimenti di appartenza che, nonostante la produzione di un discreto quantitativo di ogni genere di retorica sociale,
non lo rendono affatto immune dalla presenza di comportamenti imprenditoriali
sleali, di pratiche di dumping contrattuale, di elusioni di ogni obbligo contrattuale, previdenziale, sulla sicurezza sul lavoro nei confronti di lavoratrici spesso
prive di ogni tutela reale.
E’ il caso della cooperazione sociale, nel
cui ambito si annida una preoccupante
presenza di cooperative spurie, contro le
quali le associazioni del movimento cooperativo e i sindacati sono impegnati a
sviluppare un’azione - anche congiunta di contrasto, tesa prima di tutto a sconfiggerne le azioni di dumping fondate sul
sottosalario. Per non dire di tante realtà a
gestione religiosa, nei confronti delle
quali stentano ad affermarsi le più normali relazioni sindacali.
Un insieme di attività finanziate dai fondi
regionali tramite i bilanci sociali dei
Comuni e, nei molti casi di compartecipazione alla spesa, dalle risorse degli
utenti e delle loro famiglie. Un settore
segnato da contraddizioni stridenti tra i
compiti che gli vengono affidati e la condizione di grave sottofinanziamento nella
quale è costretto, valutato non rispetto
agli effettivi bisogni delle comunità locali ma in rapporto ai servizi storicamente
programmati e operanti. Con la conseguenza di un rischio di complessivo logoramento del sistema, che si esprime nell’apertura di crisi che arrivano a lambire,
talvolta investendole direttamente,
anche le aziende più solide e strutturate
del comparto; nell’indurimento delle condizioni di lavoro, per esempio a causa
della straordinaria diffusione del lavoro a
tempo parziale e in una frequente disapplicazione dei contratti collettivi. Tutto
ciò in un quadro segnato da livelli economici contrattuali tra i più bassi d’Italia, in
cui quella soglia retributiva di mille euro
rappresentata nei media come un indicatore limite del lavoro decente, costituisce un miraggio. (g.p.)
[email protected]
Interventi
Psichiatria, in pericolo il nuovo modello
Si può cancellare un servizio che mette al centro la dignità dei sofferenti mentali?
di Giovanna Del Giudice*
Qualificare l’habitat, aumentare l’accessibilità, ampliare la rete dei servizi,
decentrare gli interventi nei luoghi di
vita delle persone, avere come priorità
il supporto ai soggetti con disturbo
mentale severo e ai loro familiari, contrastare la frammentarietà delle risposte, progettare il percorso di cura
insieme alla persona con sofferenza,
garantire la presa in carico nel rispetto
della dignità e dei diritti, diminuire il
ricorso al trattamento sanitario obbligatorio, assicurare la continuità ospedale-territorio, garantire la salute mentale dei detenuti, avviare progetti individuali finalizzati alla dimissione dei cittadini sardi dagli ospedali psichiatrici
giudiziari, diversificare le risposte, personalizzare gli interventi anche attraverso risposte abilitative, di inclusione
sociale, di formazione ed inserimento
lavorativo in sinergia con l’associazionismo e la cooperazione sociale, istituire piccoli gruppi di convivenza di
abitare assistito sono state le azioni e
le linee di tendenza che hanno informato il lavoro di salute mentale in
Sardegna e in particolare nel
Dipartimento di Salute Mentale di
Cagliari dal 2006. Ma ci piace ricorda-
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re principalmente tre questioni; l’apertura dei Centri di Salute Mentale sulle
24 ore con posti letto per l’accoglienza, l’esperienza di ‘Clara Libera’, la
diminuzione verso l’abolizione della
contenzione fisica nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura.
Il Centro aperto 24 ore, regista della
salute in un territorio definito, è il luogo
nella comunità dove la persona con
esperienza di malattia e la sua famiglia
possono sperimentare l’incontro, percorsi di ricostruzione di identità, senso
e potere in un tempo non scandito
dalle necessità del ricovero ospedaliero e in un habitat connotato da una
architettura del ‘ritorno alla vita’ colori,
luce, arredi della quotidianità. E gli
operatori sperimentano una conoscenza dell’altro con sofferenza, ma anche
del proprio agire terapeutico, fondata
su l’incontro con il soggetto nella sua
interezza di bisogni e di espressività.
Luogo di scambi che si articola in
ambulatori, ma anche in spazi per attività, dove sviluppare competenze ed
aumentare opportunità, dove trascorrere alcun tempo in maniera consapevole e con significato, per contrastare
isolamento, l’ abbandono e l’ozio non
scelto, ma anche per diminuire il carico familiare. ‘Clara Libera’, programma
Luglio Agosto 2009
intenso di manifestazioni culturali dal
settembre 2008 al febbraio 2009, è
stata la restituzione alla città del parco
dell’ex ospedale psichiatrico di Villa
Clara come luogo di affermazione e
non di negazione della cittadinanza,
ma anche attività di prevenzione primaria, di discussione con la comunità
sui temi della diversità, dell’inclusione,
dei legami solidali.
La diminuzioni della contenzione fisica,
già ordinaria e routinaria, la sua abolizione nel secondo Spdc, è simbolo del
rispetto e della dignità riconosciuta
all’altro, della rottura del paradigma
della incomprensibilità, della incurabilità e pericolosità della persona con
disturbo mentale, ma anche di un lavoro territoriale consapevole, articolato,
costante di progettazione, supporto e
cura.
Tutto questo è avvenuto e sta ancora
avvenendo in una situazione di resistenze e di scontro, che non vogliamo
silenziare. Non scontro ideologico ma
diversa visione del soggetto con
malattia, differenza nelle pratiche concrete dei percorsi di cura. Ed insieme
scontro sull’egemonia del modello
medico, sulla centralità del modello
ospedaliero, sulle false certezze della
psichiatria, sul potere.
Se questo era in gioco, sarebbe stato
possibile altrimenti far emergere le
volontà di cambiamento di tanti, prima
di tutte le persone con esperienza di
malattia e i loro familiari? Il tentativo di
riportare tutto alla questione del
modello imposto appare plausibile? Il
modello manicomiale era mai stato
rigettato perché importato?
Si continua a parlare di ‘pacificazione’,
ma di quale pace si parla, in quale
ambito vogliamo la pacificazione? E
certamente non può essere solo fra i
professionali, lasciando fuori le persone con disturbo mentale, le famiglie, la
comunità.
“Non bisogna vincere ma convincere”
diceva Basaglia, ma ho sempre pensato che non si riferisse all’azione
pedagogica del convincimento attraverso la parola, ma alludesse al fare
empatico nelle pratiche collettive,
all’azione che trasforma e produce
cambiamento per tutti. In questa direzione abbiamo operato e tanti ancora
in questo territorio continuano ad operare.
*ex direttore Dip. Salute Mentale Asl 8
SERVIZI
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I nuovi voucher?
Attenzione alla truffe
Novità fiscali
I riflessi del decreto anti-crisi
su lavoro, famiglie e imprese
di Laura Mura
Il disegno di legge n. 78 del primo luglio,
convertito nella legge 102 il 3 agosto con
diverse novità rispetto alla versione originaria, è stato pubblicato sulla gazzetta
ufficiale del 4 agosto. Per molte disposizioni contenute nel testo varato dal
Parlamento saranno necessari interventi
attuativi ed interpretazioni ma già da ora
trovano definizione alcuni provvedimenti che incideranno in maniera non
simbolica in ambiti quali il lavoro, l’impresa, il fisco e la famiglia. Per il sostegno
di quest’ultima ad esempio, è stata prevista la regolarizzazione di colf e badanti: i
datori di lavoro potranno mettere in
regola, dal primo al 30 settembre 2009,
queste tipologie di lavoratori che al 30
giugno 2009 risultavano irregolarmente
occupati da almeno tre mesi.
La dichiarazione di emersione, attestante l’attività di assistenza e di sostegno alle
famiglie, dovrà comunque essere prodotta solo dopo il versamento di un contributo forfetario pari a 500 euro.
Numerose e complesse si presentano le
indicazioni per perfezionare il processo
di regolarizzazione: anche in questa
occasione, la Cgil fornirà ampio sostegno
alle lavoratrici ed ai lavoratori, nonché
alle famiglie interessate, con la sua articolazione e integrazione sul territorio
delle strutture dei Servizi di tutela fiscale
e di Patronato.
All’articolo 2 della “Manovra d’estate” vi
è una importante rivisitazione dei rapporti tra banche e utenti. Dal primo
novembre 2009 infatti, per i bonifici e per
gli assegni circolari, la data di valuta per il
beneficiario non potrà superare un giorno lavorativo mentre, in caso di assegno
bancario, non potrà superare i 3 giorni
lavorativi dopo la data di versamento.
Anche per la disponibilità economica
delle somme per il beneficiario sono stati
previsti un massimo di 4 giorni per bonifici ed assegni circolari ed un massimo di
5 giorni per gli assegni bancari. E’ previsto, con decorrenza primo aprile 2010,
che la disponibilità per tutti i titoli non
possa andare oltre i 4 giorni lavorativi. La
Manovra prevede inoltre un limite massimo alle commissioni che le banche
praticano alla clientela per la disponibilità di fondi: non potranno superare lo
0,5 per cento per trimestre dell’importo
dell’affidamento. Oltre ad una pluralità
di provvedimenti di interesse specifico
per le imprese, troviamo diversi interventi in ambito fiscale e soprattutto tendenti al potenziamento della riscossione.
Infatti, dal primo gennaio del 2010 l’amministrazione finanziaria e le pubbliche
amministrazioni in possesso di informazioni utili per le prestazioni previdenziali ed assistenziali collegate al reddito,
devono comunicarle in via telematica
all’Inps e agli enti di assistenza e previdenza obbligatoria; tali informazioni
includono anche coniugi e familiari dei
titolari delle prestazioni. Con finalità di
contrasto all’evasione sono presenti poi
una serie di disposizioni che riguardano
la possibilità per l’agenzia delle entrate,
durante l’attività di accertamento delle
imposte sui redditi, di richiedere informazioni e documenti a categorie di
imprese che svolgono attività legate al
settore creditizio, finanziario ed assicurativo.
Hanno invece finalità di contrasto alle
frodi in materia di invalidità civile i provvedimenti presenti nell’articolo 20 della
Manovra che prevedono il coinvolgimento dell’Inps negli accertamenti sanitari per le prestazioni economiche a
favore di invalidi civili, ciechi, sordi e
disabili: a partire dal primo gennaio 2010
sarà l’Istituto ad accertare la sussistenza
dei requisiti sanitari la cui mancanza
darà corso alla sospensione e quindi alla
revoca della prestazione. Sempre all’Inps
dovranno essere presentate le domande
per ottenere i benefici. Infine troviamo
racchiuse nell’articolo 23 del Decreto,
una lunga serie di proroghe di termini tra
cui quella degli sfratti, sospesi fino al 31
dicembre 2009, quella dell’entrata in
vigore della disciplina della class action,
differita al primo gennaio 2010 e quella
del divieto di commercializzazione di
sacchi non biodegradabili per l’asporto
di merci, slittato al primo gennaio 2011.
L’esperto risponde
Con la circolare 40/E l’Agenzia delle Entrate,
facendo seguito al provvedimento del Garante per
la protezione dei dati personali del 29 aprile, ha
disposto che, ai fini della detrazione o deduzione
della spesa in sede di dichiarazione dei redditi, dal
primo gennaio 2010 lo scontrino attestante la
spesa sanitaria per l’acquisto dei farmaci non
dovrà più contenere la denominazione commerciale del farmaco ma il codice alfanumerico riportato sulla medesima confezione. Infatti, secondo
il Garante, il richiamo sullo scontrino del nome del
farmaco comporta una lesione della riservatezza e
della dignità dei contribuenti soprattutto per coloro che, presentando la propria dichiarazione a un
Caf o a un professionista abilitato, sono esposti a
un trattamento del dato personale sulla propria
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salute che rivela la natura della patologia. Nel
merito della documentabilità delle spese per
medicinali, la norma prevedeva, a far data dal
primo luglio 2007, l’obbligatoria indicazione della
natura, qualità e quantità del prodotto farmaceutico, oltre al codice fiscale dell’acquirente.
Successivi provvedimenti hanno inoltre chiarito la
non validità di una dichiarazione della farmacia su
tali contenuti, rilasciata contestualmente all’emissione dello scontrino, così come, con circolare
18/E del 2009 è stata dichiarata priva di validità
l’autocertificazione del codice fiscale del destinatario della spesa. Fino al 31 dicembre 2009 (e
quindi ai fini della dichiarazione dei redditi 2010)
manterranno comunque la loro validità gli scontrini emessi con il vecchio sistema.
Luglio Agosto 2009
di Antonio Achenza*
La legge 33 del 9 aprile 2009 ha modificato profondamente il decreto del 2003, ampliando verso tutti
settori, comprese le pubbliche amministrazioni,
l’uso del voucher per particolari figure. La legge non
parla mai di un contratto di lavoro, nemmeno ai fini
del periodo di prova, non esiste nessun riferimento
alla contrattazione collettiva, non viene richiesta la
sottoscrizione di un contratto di lavoro. Sul sito del
ministero si sottolinea il vantaggio per il datore di
lavoro in questo modo: «senza rischiare vertenze
sulla natura della prestazione e senza dover stipulare alcun tipo di contratto»). Il lavoratore non matura il Tfr, le ferie, le trasferte, gli straordinari, etc.
Il valore dei voucher è di 10 euro nel taglio piccolo
e non ha nessun riferimento alla paga oraria.
Il valore nominale di un voucher è fissato in 10 euro,
comprensivo della contribuzione, con la seguente
ripartizione: il 13% alla gestione separata Inps, con
contribuzione che verrà accreditata sulla posizione
individuale del lavoratore; il 7% all’Inail; il 5% alla
gestione del servizio. Il corrispettivo netto della prestazione, per singolo voucher, è 7,50 euro. Per riuscire ad ottenere l’accredito di un mese di contribuzione in gestione separata nell’anno 2009, è
necessario percepire un compenso almeno pari o
superiore a 1.187 euro (in pratica per coprire almeno 1 mese di contribuzione è necessario riscuotere
almeno 119 vouchers con valore minimo di 10 euro
lordi cadauno). Se il compenso percepito non soddisfa il minimale mensile previsto presso la gestione separata Inps, non viene accreditato sulla posizione assicurativa del lavoratore neppure un mese
di contribuzione. I lavoratori che presteranno l’attività tramite l’uso dei vouchers non matureranno
nessun diritto all’indennità di malattia, maternità
(compresi i permessi per assistere i disabili ai sensi
della legge 104/92) o eventuale assegno al nucleo
familiare. Inoltre, in particolare i giovani fino ai 25
anni di età, non potranno utilizzare le giornate di
lavoro per perfezionare il requisito delle 78 giornate
annue per la disoccupazione con requisiti ridotti, o
le 102 giornate nel biennio per un’eventuale diritto
alla disoccupazione in agricoltura. Il compenso derivante da detta attività è esente dall’imposizione
fiscale (Irpef e addizionali). Non incide sullo stato di
disoccupato o inoccupato. Il compenso è cumulabile con qualsiasi trattamento pensionistico. In via
sperimentale per il 2009, le prestazioni di lavoro
accessorio possono essere rese, in tutti i settori
produttivi e nel limite massimo di 3 mila euro per
anno solare, da percettori di prestazioni integrative
del salario o di sostegno al reddito (ammortizzatori
sociali: cassa integrazione, titolari dell’indennità di
mobilità).
I lavoratori che hanno più di 50 anni di età, se devono raggiungere il requisito della pensione di anzianità, devono fare attenzione perché potrebbero perdere da 1 a 2 mesi di contribuzione figurativa, generata dal lavoro dipendente svolto in forma principale, anche se momentaneamente sospesi o cessati
per il godimento degli ammortizzatori sociali. I mesi
persi di contribuzione figurativa vengono sostituiti
dai periodi accreditati presso la gestione separata
Inps per lavoro accessorio, ma questi ultimi non si
possono utilizzare per raggiungere i 35 anni di contribuzione utili per il diritto alla pensione di anzianità. Il compenso percepito attraverso i vouchers
determinerà, in considerazione dello scarso valore
previdenziale, un notevole abbassamento dell’importo del supplemento di pensione che compete ai
pensionati che continuano a lavorare, oltre al reale
rischio di avere una scarsissima copertura Inail in
caso di infortunio sul lavoro.
*coordinatore regionale Inca