Giornale OK Gennaio 2007
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Giornale OK Gennaio 2007
Periodico mensile della CGIL regionale Confederazione Generale Italiana del Lavoro Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post. 70% CNS/AC - Cagliari Registrazione n. 611 del 29.01.1988 Tribunale di Cagliari Nuova serie Anno Terzo Numero 7 Luglio Agosto 2009 «Clima unitario tradito dalla lotta per il potere» La maggioranza si contraddice, ma sulla concertazione occorre chiarezza di Enzo Costa Il governo di centro-destra, che il voto democratico ha chiamato alla guida della Regione, si è trovato davanti uno scenario straordinariamente problematico, una crisi che in larga maggioranza è dettata da fattori importati ma che ha fatto emergere tutti i problemi locali, molti dei quali presenti e denunciati da tempo. Sostanzialmente, una crisi che si è abbattuta su una regione che già soffriva di sottosviluppo e che ancora rischia di cancellare intere filiere produttive aggravando, forse in modo irreversibile, la situazione generale. Questo è il motivo che ha spinto i soggetti più responsabili, e il sindacato è sicuramente tra questi, a unire le proprie forze, le proprie idee, tentando di contagiare un sistema che storicamente è sempre stato caratterizzato da litigiosità e contrapposizioni. Abbiamo chiesto e praticato l’unità di tutte le forze politiche e sociali, i momenti più costruttivi sono stati la grande manifestazione del 10 luglio, la convocazione del Consiglio regionale aperto del 15 luglio, l’incontro al ministero dello Sviluppo Economico del 21. In quei momenti siamo riusciti, tutti insieme, a dimostrare che è possibile affrontare la crisi ridiventando protagonisti. Ci sembrava di aver imboccato una strada che iniziava a dare i primi risultati e che soprattutto avvicinava le persone alla politica, superava le divisioni storiche, gli steccati politici, le contrapposizioni territoriali, sempre nell’interesse generale del popolo sardo. Ecco perché oggi ci appare così assurda la gestione che la Giunta prima e la maggioranza del Consiglio Regionale poi hanno portato avanti nell’iter legislativo del collegato alla finanziaria. Perché distruggere una positività, forse l’unica, che eravamo riusciti a creare? Ricordo le parole dell’onorevole Pisanu che, intervenendo in Consiglio ha rimproverato Renato Soru dicendo: “L’unità delle forze politiche e sociali è essenziale in questa fase ma è nata da poco, è come se fosse un bambino e i bambini si accarezzano non si prendono a schiaffi” quel monito sottolineato con un grande applauso di condivisione non solo è giusto ma vale per tutti. Perché allora ritornare alla finta concertazione con le parti sociali, alla pratica dei colpi di mano, delle imposizioni, della lottizzazione politica, delle divisioni cercate e praticate? In occasione dell’approvazione dell’emendamento sulla sanità, presentato all’ultimo momento senza averlo discusso con nessuno, i capo gruppo del Pdl in Consiglio regionale Mario Diana ha dichiarato «una maggioranza che ha stravinto le elezioni anche sul tema della sanità non deve chiedere permesso a nessuno per questa riforma». Pensate quanto è lontana questa affermazione dal pensiero dell’onorevole Pisanu ma anche dalle dichiarazioni elettorali del presidente Cappellacci e da quanto si è discusso nel consiglio regionale aperto. Analoga considerazione la possiamo fare sul metodo di gestione del collegato alla Finanziaria e sui contenuti della stessa, non c’è stata nessuna concertazione anzi si è fatto di più, l’onorevole Maninchedda ha dichiarato inutile procedere alle audizioni e nel suo sito ha attaccato i sindacati che rivendicavano un percorso democratico scrivendo “I sindacati, nei giorni scorsi, avevano emesso comunicati tanto aspri e stizzosi, quanto privi di fondamento nei contenuti. Il sindacato, in realtà, ha posto una questione politica inaccettabile.” Si riferiva alla concertazione, credo che questo sia uno dei punti più delicati che il presidente Cappellacci e la sua maggioranza debbano chiarire al più presto, pensano di poter gestire i problemi che la Sardegna e i sardi stanno vivendo da soli? Credo che i risultati siano sotto gli occhi di tutti: tante promesse, comprese quelle elettorali, e nessun fatto concreto, anzi tanti fatti ma tutti negativi, dallo scippo del G8, alla sottrazione dei fondi Fas, alla cancellazione di 34 mila posti di lavoro, ai pochi invidiabili record negativi che stanno caratterizzando la Sardegna (disoccupazione, povertà, emigrazione), allo smantellamento del sistema scolastico, del trasporto su ferrovia, della viabilità. Serve dimostrare capacità di governo e coerenza, servono fatti concreti e risorse spendibili subito e non promesse. Occorre rispettare i propri elettori e, quando si governa tutti i sardi, lo si fa eleggendo Giunte tecniche che non vengano delegittimate dagli stessi proponenti dopo pochi mesi, lo si fa evitando la propaganda politica e i colpi di mano portatori di interessi di potere. La stessa opposizione la smetta di contrattarsi piccole trasversalità e coltivi il dialogo sociale. La crisi che stiamo vivendo non ha ancora fatto vedere tutte le sue drammaticità, ci aspetta un autunno difficilissimo e a questo punto credo che diventerà caldissimo, questa volta con precise responsabilità locali e nazionali. CATEGORIE Sugli incendi poca prevenzione: «Inesistenti le politiche per l’ambiente» Per scongiurare le speculazioni occorre inasprire i vincoli di Raffaele Lecca* Dopo il disastro ambientale causato dai roghi diffusi in tutta la Sardegna è indispensabile riflettere sulle cause di quanto accaduto. Due persone hanno perso la vita, una tragedia che deve spronarci ancora di più a trovare strumenti utili contro l’azione degli incendiari e mettere a punto una efficace attività antincendio. Partiamo dall’assunto che storicamente gli incendi sono, per la quasi totalità, di carattere doloso; la mano dell’uomo ha sempre innescato l’atto criminale per interessi speculativi legati all’edilizia, soprattutto quella costiera, per ricavare maggiori spazi all’attività di allevamento, data la presenza in Sardegna di oltre tre milioni di ovini, infine per recuperare terreno all’attività agricola vera e propria. Non va neppure trascurato il fatto che l’attività antincendio, in passato, ha creato aspettative occupazionali, con il conseguente impiego e reclutamento di nuove risorse umane stagionali sempre più crescente. E’ evidente quindi, secondo noi, che il contrasto agli incendiari e le azioni contro i criminali non possono essere solamente quelle classiche fin qui attuate ma è necessario intervenire con altri mezzi, mettendo in campo molti più soggetti di quelli fin qui coinvolti. Purtroppo, in Sardegna come nel resto del Paese, le politiche a favore dell’ambiente sono del tutto assenti, non viene considerato una risorsa da utilizzare e trasformare in opportunità economica ma come problema da fronteggiare pensando più al fastidio che crea, piuttosto che alle opportunità che può offrire. Pensiamo a quanto sia stata stucchevole e sbagliata la discussione sui parchi imposti dalla politica e subiti dalle popolazioni come dei vincoli che riducevano di molto le opportunità di lavoro. Credo che si debba ripartire da questo concetto se si vuole salvare il nostro patrimonio boschivo, facendo leva sull’interesse della popolazione a ritenerlo una risorsa, un luogo ciò che permette alle nuove generazioni di ritrovare lì le opportunità di lavoro e di sostentamento. E’ sulle popolazioni e su chi le amministra che bisogna fare leva, è con loro che bisogna costruire la cultura dell’ambiente come bene incommensurabile, facendo capire che ogni ferita inferta è una ferita a noi stessi. Dobbiamo poi sconfiggere l’idea che la montagna sia da salvaguardare solo in virtù dei cantieri forestali che creano qualche posto di lavoro. Basta con la mentalità per cui se l’agognato posto fisso non arriva, la foresta diventa un luogo da distruggere perché siamo stati respinti. Bisogna fare in modo 2 che la legge istitutiva dell’Ente Foreste sia applicata anche laddove si riferisce alla costituzione di soggetti imprenditoriali che creino opportunità di sviluppo sfruttando le grandi potenzialità che la montagna offre. La montagna non può essere quindi solo un luogo che impedisce attività economiche che creano sviluppo, ma un posto dove si favorisce la realizzazione di progetti che impediscono lo spopolamento delle zone interne con la riscoperta di antichi mestieri, tradizioni e tutte quelle attività tipiche delle zone rurali. Ecco allora perché la lotta agli incendi và ripensata completamente. Intanto deve essere chiaro che, per scongiurare eventuali speculazioni, nei luoghi percorsi dagli incendi bisogna inasprire i vincoli esistenti. L’unico obbiettivo di enti locali, Regione e persino dei privati, deve essere quello del ripristino delle condizioni precedenti. Lì dove il fuoco ha inferto una ferita non si potrà costruire, non potrà essere utilizzato come pascolo o per svolgere attività produttiva di qualsiasi Luglio Agosto 2009 natura, è necessario far arrivar il messaggio che l’unico interesse è quello di sanare la ferita. Bisogna pertanto pensare già da oggi a come contrastare gli incendi per l’estate prossima. Evidentemente non è più sufficiente continuare a fare solo ciò che finora si è fatto. Non basta l’utilizzo di migliaia di uomini dell’Ente Foreste, ai quali va un plauso per quello che quotidianamente fanno, di quelli del Corpo Forestale, dei Vigili del fuoco, delle associazioni di volontariato, delle Compagnie Barracellari che si prodigano incessantemente per evitare che il fuoco si propaghi. Non basta neppure l’utilizzo dei mezzi aerei perché, nonostante il loro impiego, in alcuni casi il fuoco diventa inarrestabile. Il fenomeno va contrastato prima che arrivi l’estate. Serve un’autorità regionale (diversa dal Corpo forestale) che abbia il compito e il potere di far applicare rigorosamente le direttive sull’attività di prevenzione, e di coordinare gli interventi operativi. I Comuni, le province, l’Anas, le Ferrovie, gli agricoltori, l’Ente Foreste, devono rigorosamente effettuare tutti quei lavori di pulizia nelle aree di competenza. La Regione dovrà mettere a disposizione le risorse economiche affinché aziende specializzate operino in tutto il territorio con lo scopo di creare una rete di prevenzione, come viene fatto per i Cantieri forestali. Inoltre, pensiamo sia necessario anticipare o allungare il periodo di assunzione dei lavoratori dell’antincendio e dei semestrali, che dovrebbero comunque essere più numerosi e lavorare per più ore nel periodo di maggior rischio. Occorre inoltre fare formazione del personale impegnato nell’attività di lotta agli incendi, acquistare mezzi adeguati. Pensiamo che sarebbe opportuno che si ripetessero le esperienze fatte in passato con la presenza dell’esercito nei campi estivi per presidiare il territorio. Ovviamente, occorre che le attività di prevenzione e intervento siano tempestive e che la programmazione dell’attività di prevenzione e intervento sia fatta con competenza e con rigore scientifico. *segretario regionale Flai CATEGORIE Chimica, Ineos Films in vendita «Vogliamo un imprenditore serio» Fabbrica chiusa da febbraio,101 lavoratori in cassa integrazione Il paradosso è un’azienda che decide di chiudere come se i suoi bilanci fossero in rosso. E’ il caso dell’ Ineos Films di Assemini, uno stabilimento con 101 dipendenti che producono materiali per un mercato ancora abbastanza solido. I fogli di pvc e pet lavorati ad Assemini sono infatti venduti nel resto d’Italia ad aziende come la Ferrero e, in Sardegna, oltre a tenere in piedi un indotto di venti imprese, possono trovare spazio nel ciclo produttivo legato alla Equipolimers di Ottana. Il materiale prodotto viene trasformato in pellicole per alimenti, bottiglie, piatti di plastica, oggetti di uso comune. Il futuro dello stabilimento è legato alle prospettive di vendita, avallate anche nei giorni scorsi da un interessamento della Giunta attuale, disponibile (così come la precedente) a un investimento da parte della Sfirs. E’ per questo che, dopo la mobilitazione di luglio, i lavoratori hanno deciso di dar tempo a eventuali trattative con gli acquirenti – è trapelata la manifestazione di interesse di almeno due imprenditori – e si sono dati appuntamento l'11 settembre, con un’assemblea già convocata in fabbrica alle 11. Resta in piedi anche l’ipotesi (da noi osteggiata) che la stessa Ineos possa restare, visto che nel corso della trattativa ha assunto posizioni non troppo chiare sulla reale volontà di cedere gli impianti. Certo, vista l’imprevedibilità dei vertici aziendali e le reiterate intenzioni di abbandonare, non solo la Sardegna ma anche l’Italia, sarebbe auspicale che lo stabilimento fosse ceduto a un imprenditore di filiera serio. La multinazionale ha stoppato le produzioni da febbraio, comunicando ai lavoratori l’intenzione di vendere. Poi tutto si è arenato e, a sei mesi dall’ultimo incontro in Confindustria, i lavoratori hanno deciso di occupare l’im- 3 La vertenza In bilico dal 2007 ma il mercato c’è foto di Elisabetta Messina pianto e trincerarsi per giorni sopra uno dei silos. Una mobilitazione sfociata dopo mesi di incertezza ed esasperazione. Le ragioni sono giustificate dalle potenzialità assodate di un sito produttivo che non ha motivo di chiudere. Anche alla luce di un ipotetico altro business legato al riciclo dei rifiuti, visto che dentro lo stabilimento nell’area industriale di La storia L’impianto è ad Assemini dal 1970, ai tempi si chiamava Selpa. Azienda che fallisce e poi riprende l’attività negli anni Ottanta. Dopo varie gestioni, nell’86 prende il nome di Savinil, associata alla Mazzucchelli, stabilimento di materie plastiche del nord Italia. A metà anni Novanta viene acquisito dalla Evc (european vinyls corporation) società con diversi siti in tutta Europa. Nel 2001, a causa del forte indebitamento di Evc, sarà la multinazionale inglese Ineos ad accaparrarsi tutti gli impianti. L’Ineos in Italia era presente in tre settori della chimica: Ineos vinyls (ceduta a Sartor e fallita) Ineos compound (acquistata da Sartor e ancora in attività) e Ineos Films con tre impianti in Italia: Castiglione Varese, Fucine, Assemini. Lo stabilimento di Macchiareddu oggi dà lavoro a 101 dipendenti, negli anni Settanta erano cinquecento. Luglio Agosto 2009 Macchiareddu c’è un impianto che, con adeguati investimenti, potrebbe rigenerare la plastica proveniente dalla raccolta differenziata. Il punto è che la multinazionale proprietaria dello stabilimento di Assemini e di altri due, a Varese e a Fucine, evidentemente, ha rincorso negli ultimi mesi altre logiche, secondo le quali a sopravvivere dovrebbero essere questi ultimi impianti, anche se quello di Varese perde oltre tre milioni all’anno. Nel 2007 invece, Assemini fattura 32 milioni di euro, e produce 18 mila e 500 tonnellate di pvc e pet, con pareggio di bilancio e 70 giorni di cassa integrazione ordinaria. I conti in rosso non li ha mai avuti. Adesso, dopo mesi di silenzio la politica sembra essersi nuovamente interessata al caso, con una seduta straordinaria del consiglio provinciale e l’impegno personale assunto dal presidente della Regione Cappellacci di convocare in tempi brevi Ineos per chiarire le reali intenzioni e favorire una eventuale cessione. Nell’ultima riunione con i sindacati, anche l’assessore all’Industria Andreina Farris ha assunto precisi impegni per accelerare il processo di vendita o costringere la stessa Ineos a prendere una decisione definitiva supportata da reali investimenti e un solido piano industriale. Giacomo Migheli,segr.Filcem Cagliari Giampiero Manca,rsu Ineos Films I problemi di Ineos Films sono iniziati nel 2007 a causa di una flessione di mercato ma anche della scelta dei vertici aziendali di non fare indispensabili investimenti. Questa crisi non ha precedenti, visto che da quando è in attività, ovvero dal 1986, lo stabilimento di Assemini ha prodotto sempre utili. La conseguenza è la chiusura del sito di Monfalcone Gorizia, acquistato da Ineos due anni prima, insieme a quello di Fucine. Su Assemini vengono presi impegni, ma alla fine la multinazionale decide di investire a Castiglione Varese. A quel punto sono evidenti le prime avvisaglie di disinteresse verso le produzioni sarde da parte di Ineos. Il sindacato non aspetta, chiede un intervento della Regione perché faciliti la mediazione con l’azienda, per trovare una soluzione che non metta in pericolo posti di lavoro e prospettive dello stabilimento. A dicembre 2007 e, pochi mesi dopo, a febbraio 2008, ci sono due incontri con l’assessore all’Industria (allora era Concetta Rau). Si arriva così a un accordo sul rilancio del sito: l’azienda si impegna a fare investimenti a medio e lungo termine, diversificazione produttiva e a mantenere i livelli occupazionali. Un passo avanti notevole e rassicurante per i dipendenti, se non fosse che l’accordo viene disatteso. Dopo molte trattative, a fine 2008, Ineos promette di nuovo investimenti, e un piano industriale da avviare a gennaio. Ancora una volta, un escamotage per prendere tempo, sino alla decisione finale, il 21 gennaio scorso, quando vertici Ineos e sindacati si incontrano in Confindustria: lo stabilimento di Assemini chiude a causa di una flessione di mercato strutturale, le produzioni trasferite a Castiglione (dove il bilancio è in passivo), i lavoratori vengono messi in cassa integrazione, l’azienda si impegna a trovare un imprenditore che rilevi gli impianti. Un piccolo spiraglio dunque, al quale i 101 dipendenti si aggrappano, con la speranza alimentata dalle potenzialità del mercato e delle produzioni di Assemini. La Regione si era impegnata ad agevolare un eventuale acquirente attraverso il coinvolgimento della Sfirs. Ma dopo sei mesi l’ipotesi di vendita resta vana. Solo la protesta clamorosa dei lavoratori, a luglio, richiama nuovamente l’attenzione sulle sorti dell’impianto a Macchiareddu. Per la Filcem lo stabilimento deve essere ceduto al più presto. La prospettiva migliore sarebbe l'ingresso della Sfirs nel capitale della società e, per evitare errori già commessi nel caso Sartor, un imprenditore serio che operi già nella stessa filiera. Solo in questo modo si potranno salvaguardare professionalità e posti di lavoro. TERRITORI Bonifiche e carbone nel futuro del Sulcis «Inadeguato il decreto sulle tariffe energetiche» di Marco Grecu* Sulle bonifiche ad alto rischio di crisi ambientale si addensano più ombre che luci. Non ci risulta che il comitato di coordinamento, presieduto dal presidente della Regione, si sia mai riunito. In una situazione occupazionale già endemicamente critica, il finanziamento definitivo delle opere di bonifica potrebbe dare un segnale di speranza ai disoccupati e ai lavoratori in cassa integrazione o mobilità. Quale settimana fa l’Eurallumina ha “regalato” un’area consistente al Comune di Portoscuso per la realizzazione una free tax zone (una sorta di zona franca). Iniziativa sicuramente importante per il Comune ma fuorviante, per due ragioni: prima di tutto perché se prima della cessione le responsabilità delle bonifiche erano di Eurallumina, adesso sono in capo esclusivamente alle istituzioni; poi perché ci appare come un segnale di disimpegno economico produttivo, un’operazione slegata da qualsiasi logica di politica industriale. Si tratta inoltre di una zona che ricade nell’area ad alto rischio di crisi ambientale e, nonostante gli impegni assunti dal presidente del consiglio il 6 febbraio scorso in Prefettura a Cagliari, non c’è stato alcun confronto con il ministro dell’Ambiente e con la Regione, responsabili del piano di disinquinamento. Per questo riteniamo opportuno proporre la nomina di un commissario straordinario, per velocizzare le procedure, la spesa e le decisioni da assumere. In questi anni le emissioni inquinanti si sono ridotte, non solo per le opere realizzate ma anche per la chiusura di aziende o il blocco di importanti settori produttivi, pagati con l’allontanamento di centinaia di lavoratori diretti e degli appalti. Si pensi alla chiusura di Eurallumina, della ex Ila, oppure dell’Imperial Smelting della Portovesme, forno alimentato a Carbon Coke. Alla luce di queste considerazioni pensiamo possano essere rivisti (con una riduzione) i confini dell’area ad alto rischio di crisi ambientale. Certo, vi sono parecchie opere infrastrutturali ancora da realizzare, ad esempio la bonifica e il dragaggio dei fondali del porto di Portovesme, e il disinquinamento delle sab- bie .In ogni caso, lo sviluppo di questa area industriale non è legata solo alle bonifiche ma anche a favorevoli condizioni infrastrutturali materiali e immateriali. Quella energetica è sicuramente la più importante perché incide notevolmente sui costi di produzione dell’alluminio, dello zinco e del piombo. Il Ddl 1195, approvato in via definitiva alla Camera qualche settimana fa, detta disposizioni per lo sviluppo e l’internalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia. Da un lato - anche se ci sono vantaggi per le grandi imprese energetiche che riceveranno sostegni economici nei casi di interruzione della fornitura elettrica aggrava i costi di autoproduzione (da fonti rinnovabili e cogenerazione ad alto rendimento) a causa degli oneri di sistema introdotti sull’energia prodotta. Dall’altra parte, e ciò ci riguarda in particolar modo, introduce l’operatore elettrico virtuale, il cosidetto Vpp, cioè una sorta di “sequestro” di energia elettrica operata nei confronti dei produttori e rivenduta all’asta, a cui potranno partecipare le aziende interessate. Gli atti di indirizzo del ministero dovranno definire l’indizione dell’asta per una notevole quantità di energia elettrica, individuare le categorie di imprese energivore che dovranno essere ammesse alla partecipazione e la durata necessaria alla realizzazione della soluzione infrastrutturale. L’approvazione dell’operatore virtuale non chiarisce però alcune vicende ancora in sospeso: la procedura di infrazione nei confronti di Alcoa e quella avviata dall’Ue nei confronti della Regione e di Carbosulcis, accusate di sostegno pubblico. Gli articoli di legge riguardanti questo aspetto, presumiamo non siano sufficienti a dissuadere l’Unione europea dal proseguire nelle procedure di infrazione, per cui riteniamo indispensabile avviare, da subito, un confronto con la giunta, affinché sia predisposto un progetto chiaro e perseguibile, che riguardi non solo il processo di privatizzazione della miniera, ma anche lo sviluppo delle nuove tecnologie per la cattura e lo stoccaggio della Co2. Inoltre vi è ancora qualche perplessità sulla capacità dell’operatore elettrico virtuale di garantire alle Nuova serie - Anno III° - Luglio Agosto 2009 Registrazione n. 611 del 29.01.1988 Tribunale di Cagliari Direttore editoriale Impaginazione Enzo Costa Litotipografia Trudu Via Mercalli 37 09127 Cagliari Tel.070 499260 Fax 070 663208 Direttore responsabile Daniela Pistis Amministrazione A.C.E.R.O. CGIL Sarda Viale Monastir 35 - 09122 Cagliari tel. 070 2795353 fax 070 272680 www.cgilsarda.it [email protected] 4 Luglio Agosto 2009 aziende energivore un prezzo che dia la possibilità di competere nelle produzioni metallurgiche dell’alluminio e dello zinco. Consentire che partecipino all’asta anche altre aziende che usano quantità considerevoli di energia, ma non come quelle che producono alluminio e zinco, determinerà un prezzo, stando agli analisti, che si aggirerà intorno ai 30 o 40 euro a megawatt, un fatto che metterà fuori mercato le nostre aziende metallurgiche. Inoltre, il decreto sulle tariffe agevolate avrà una scadenza, per cui resta ancora aperta la questione della soluzione strutturale. Ci sono poi altri problemi: la mancata approvazione dell’accordo di programma da parte del mistero dello Sviluppo economico presentato da Portovesme s.r.l. per rilanciare l’attività produttiva, contraddice le stesse volontà del Ministro che sostiene, a parole, il progetto. Non aiuta il fatto che l’attività produttiva del settore primario sia in mano alle multinazionali: Alcoa, Glencore, Rusal, Rockwool. Ciò richiede un impegno e un coinvolgimento istituzionale di Comuni, Provincia, Regione e Governo nazionale (che si è limitato a prendere atto delle chiusure operate). E’ difficile che il territorio, da solo, possa condizionare le scelte delle multinazionali, nonostante il forte coinvolgimento operato fra la popolazione e i lavoratori. E’ indispensabile che tale livello di solidarietà e responsabilità sia condivisa anche da tutti i livelli dell’organizzazione. La vertenza Sulcis Iglesiente non riguarda solo questo territorio ma riguarda tutta la Sardegna e va inserita nell’ambito dell’intesa istituzionale con il Governo. Tale convincimento è rafforzato dall’imponente sciopero generale del Sulcis Iglesiente del 13 marzo scorso, che ha visto l’adesione di tutte le forze economico sociali del territorio, ma anche dalla massiccia adesione alla manifestazione del 10 luglio a Cagliari. Questo è sicuramente un momento difficile e drammatico per quanti hanno perso il lavoro, per chi lo sta perdendo e per chi non l’ha mai avuto. Da soli non potremo mai farcela; occorre quindi ripensare la presenza pubblica in economia con strumenti diversi dalle partecipazioni statali, soprattutto nel nostro territorio, che non significa fare assistenzialismo, ma difendere produzioni che sono strategiche per il Paese. *segretario generale Sulcis TERRITORI «Apriamo il dibattito sul welfare locale» Integrazione socio-sanitaria, un percorso lasciato a metà di Giorgio Pintus* La nuova fase di iniziativa sindacale su welfare locale e contrattazione sociale, nel rinnovato quadro politico regionale, non può prescindere da un bilancio. Una discussione che stenta ad aprirsi, forse per le ferite ancora aperte, ma che non può essere evitata se si vuole rilanciare un’azione sindacale efficace. Salvaguardando ogni merito riconosciuto alla giunta di centro-sinistra, la sfida della riforma delle politiche sociali è stata sostanzialmente elusa. Aldilà degli impegni di inizio legislatura per l’integrazione tra sociale e sanitario e di rilevanti prove di attenzione espresse in importanti vertenze della sanità privata e della riabilitazione, è evidente una sottovalutazione delle difficoltà nel riordino delle politiche socio-assistenziali, forse la scelta di rinviare tale azione ad una fase successiva, essenzialmente delegata agli Enti locali e alla loro programmazione. Un limite serio che non può essere sottaciuto da chi ha apprezzato gli intendimenti dell’assessore Dirindin rivolti all’integrazione sociosanitaria, e confidato fino alla fine in una correzione di rotta. Le ragioni di questo giudizio in sintesi, risiedono nella mancata approvazione del Piano sociale regionale; nel grande ritardo nell’introduzione del regolamento della legge 23 del 2005; nella mancata attivazione dell’Osservatorio sugli appalti; nella mancata introduzione di un reale sistema di accreditamento delle imprese affidatarie dei servizi; nella difficoltà a dirimere nodi irrisolti come quello del profilo dell’educatore oppure della regolamentazione dell’assistenza domiciliare; nella mancata costruzione di un vero sistema tariffario, differenziato per tipologie di servizi e standard organizzativi, fondato sul riconoscimento sostanziale dei costi dei contratti nazionali; nella definizione – discutibile per seri motivi di merito e di metodo – dei nuovi standard delle attività di riabilitazione globale; nella mancata estensione al sociale della procedura d’infrazione introdotta nei confronti delle imprese convenzionate con il servizio sanitario che si rendano responsabili di “gravi violazioni contrattuali”; nell’indebolimento diffuso delle attività di prevenzione del disagio minorile e giovanile e dei servizi di orientamento degli enti locali; nella scomparsa dell’intero capitolo delle politiche giovanili dalle scelte di indirizzo delle politiche sociali. Per non dire dello scarso rilievo dato alla cooperazione di inserimento lavorativo, uno strumento potenzialmente straordinario per realizzare azioni di empowerment delle persone più deboli. Apprezziamo i primi risultati della programmazione integrata tra gli Enti locali in corso nei Plus. In essa troviamo gli embrioni di possibili interventi anche sui fronti menzionati ma non è lecito attendersi dai livelli istituzionali locali l’intervento regolatorio che solo la Regione, per competenze, risorse e responsabilità, può sviluppare. Appare che vi sia stato, insomma, non un semplice ritardo ma un approccio in qualche misura deformato dell’intero processo di decisione politica. La responsabilità di ciò coinvolge tanti. Certo, prima di tutto la responsabilità è politica. La mia opinione, però, è che sui temi del welfare locale si è manifestata una straordinaria emergenza culturale, che investe i diversi soggetti che contribuiscono alla quotidiana agenda amministrativa, sia negli apparati amministrativi regionali e locali, sia nelle stesse rappresentanze degli interessi sociali, comprese le organizzazioni sindacali, nessuna esclusa. *Fp Cagliari Importante coinvolgere le università I lavoratori del comparto Servizi socio sanitari assistenziali educativi e le stesse controparti riconoscono la Cgil come la principale forza sindacale. Sarebbe ragionevole, utile e, mio parere, strettamente necessario, fare leva su questo credito per rilanciare una nuova fase dell’azione sindacale, realizzando - anzitutto nell’ambito delle Camere del lavoro - un approfondimento e un confronto sui temi del welfare locale e della contrattazione sociale. Dalla trincea della Fp Cgil, abbiamo tentato di contrastare il sistematico depauperamento delle risorse finanziarie e professionali impegnate per i servizi sociali. Un depauperamento che si realizza attraverso la dinamica intrinsecamente ribassista degli appalti. Contrastare questa impostazione a valle, implicherebbe una costante azione di monitoraggio e di intervento che impegnerebbe notevole parte di risorse sindacali, peraltro scarsamente disponibili. Forse converrebbe, oltre a presidiare come necessario quei fronti, percorrere una strada non originale ma per noi ancora sostanzialmente inedita: la proposta unitaria di un percorso condiviso, sia con le autonomie locali e la Regione, sia con le imprese sociali e le loro rappresentanze, ad iniziare dal movimento cooperativo, per rilanciare una parola d’ordine sulla qualità dei servizi e del lavoro sociale. Un confronto in cui coinvolgere anche le Università sarde, per il ruolo che esse svolgono nella formazione delle figure professionali necessarie ai servizi. Una scelta da fondare su un confronto interno che si apra ad una discussione attenta ed esigente con le altre organizzazioni sindacali e con le Istituzioni locali. A tal fine, mi sembra 5 utile rammentare due elementi di interesse più ampio: il primo riguarda il ruolo che i servizi sociali di cura rivestono sotto il profilo della occupabilità femminile, sia direttamente, per l’assoluto prevalere della presenza femminile in questo genere di impieghi, sia indirettamente, per il ruolo che i servizi assolvono, almeno nell’alleggerire le donne da carichi assistenziali familiari che di norma pregiudicano la loro presenza nel mercato del lavoro. Una relazione ormai indiscutibile, che non dovrebbe faticare ad imporsi anche verso i punti di vista più beceramente maschilisti che allignano anche nelle nostre file o di un certo rozzo economicismo che talvolta vizia il dibattito sindacale. Una relazione da meditare, senza ritardi, anche alla luce del primato di denatalità che la nostra regione ha conquistato nel mondo. Il secondo riguarda l’irrisolta questione della costruzione di una corretta integrazione del rapporto pubblico-privato nella erogazione dei servizi sociali di cura, che si merita qualcosa di meglio del desolato panorama che oggi vediamo davanti a noi. La Fp ha maturato negli anni una interessante elaborazione teorica, espressasi nella sua ultima conferenza programmatica nazionale di alcuni anni fa che, intrecciata con quella della prima conferenza sul welfare della Cgil, costituirebbe il miglior fondamento per una rielaborazione di cui si avverte la necessità anche in Sardegna, anche al fine di proporre ai prossimi congressi e ai gruppi dirigenti che ne scaturiranno, un più avanzato livello di iniziativa. Una rielaborazione che - se adeguatamente sviluppata - potrebbe incidere sull’agenda politica e sociale della Sardegna nei prossimi anni. (g.p.) Luglio Agosto 2009 La scheda 15 mila al lavoro in molti sottopagati Secondo una stima prudenziale, il numero degli addetti del comparto socio-sanitario-assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo privato, in Sardegna si aggira intorno alle quindicimila unità. E’ coinvolta in questa attività una straordinaria articolazione di figure professionali, in assoluta prevalenza formata da donne e giovani, distribuita in centinaia di realtà di impresa sociale variamente denominate e impiegata in tutti i comuni della regione per assicurare il funzionamento di una complessa rete di servizi alla persona. Una latitudine di interventi così ampia, da rendere complicata ogni definizione, ogni monitoraggio e pure ogni regolamentazione e tutela. Un’attività gestita da centinaia di cooperative, associazioni, congregazioni religiose, fondazioni, formalmente unificate nel cosiddetto Terzo settore, sufficientemente restie verso ogni tentativo di dare al settore una rappresentanza comune delle proprie ragioni, spesso intrise di pesanti diffidenze verso il sindacato e le sue pratiche. Un settore sottoposto, pur in questi tempi di crisi, a ritmi di crescita di tipo “cinese”. Un mondo attraversato da culture forti e da sentimenti di appartenza che, nonostante la produzione di un discreto quantitativo di ogni genere di retorica sociale, non lo rendono affatto immune dalla presenza di comportamenti imprenditoriali sleali, di pratiche di dumping contrattuale, di elusioni di ogni obbligo contrattuale, previdenziale, sulla sicurezza sul lavoro nei confronti di lavoratrici spesso prive di ogni tutela reale. E’ il caso della cooperazione sociale, nel cui ambito si annida una preoccupante presenza di cooperative spurie, contro le quali le associazioni del movimento cooperativo e i sindacati sono impegnati a sviluppare un’azione - anche congiunta di contrasto, tesa prima di tutto a sconfiggerne le azioni di dumping fondate sul sottosalario. Per non dire di tante realtà a gestione religiosa, nei confronti delle quali stentano ad affermarsi le più normali relazioni sindacali. Un insieme di attività finanziate dai fondi regionali tramite i bilanci sociali dei Comuni e, nei molti casi di compartecipazione alla spesa, dalle risorse degli utenti e delle loro famiglie. Un settore segnato da contraddizioni stridenti tra i compiti che gli vengono affidati e la condizione di grave sottofinanziamento nella quale è costretto, valutato non rispetto agli effettivi bisogni delle comunità locali ma in rapporto ai servizi storicamente programmati e operanti. Con la conseguenza di un rischio di complessivo logoramento del sistema, che si esprime nell’apertura di crisi che arrivano a lambire, talvolta investendole direttamente, anche le aziende più solide e strutturate del comparto; nell’indurimento delle condizioni di lavoro, per esempio a causa della straordinaria diffusione del lavoro a tempo parziale e in una frequente disapplicazione dei contratti collettivi. Tutto ciò in un quadro segnato da livelli economici contrattuali tra i più bassi d’Italia, in cui quella soglia retributiva di mille euro rappresentata nei media come un indicatore limite del lavoro decente, costituisce un miraggio. (g.p.) [email protected] Interventi Psichiatria, in pericolo il nuovo modello Si può cancellare un servizio che mette al centro la dignità dei sofferenti mentali? di Giovanna Del Giudice* Qualificare l’habitat, aumentare l’accessibilità, ampliare la rete dei servizi, decentrare gli interventi nei luoghi di vita delle persone, avere come priorità il supporto ai soggetti con disturbo mentale severo e ai loro familiari, contrastare la frammentarietà delle risposte, progettare il percorso di cura insieme alla persona con sofferenza, garantire la presa in carico nel rispetto della dignità e dei diritti, diminuire il ricorso al trattamento sanitario obbligatorio, assicurare la continuità ospedale-territorio, garantire la salute mentale dei detenuti, avviare progetti individuali finalizzati alla dimissione dei cittadini sardi dagli ospedali psichiatrici giudiziari, diversificare le risposte, personalizzare gli interventi anche attraverso risposte abilitative, di inclusione sociale, di formazione ed inserimento lavorativo in sinergia con l’associazionismo e la cooperazione sociale, istituire piccoli gruppi di convivenza di abitare assistito sono state le azioni e le linee di tendenza che hanno informato il lavoro di salute mentale in Sardegna e in particolare nel Dipartimento di Salute Mentale di Cagliari dal 2006. Ma ci piace ricorda- 6 re principalmente tre questioni; l’apertura dei Centri di Salute Mentale sulle 24 ore con posti letto per l’accoglienza, l’esperienza di ‘Clara Libera’, la diminuzione verso l’abolizione della contenzione fisica nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura. Il Centro aperto 24 ore, regista della salute in un territorio definito, è il luogo nella comunità dove la persona con esperienza di malattia e la sua famiglia possono sperimentare l’incontro, percorsi di ricostruzione di identità, senso e potere in un tempo non scandito dalle necessità del ricovero ospedaliero e in un habitat connotato da una architettura del ‘ritorno alla vita’ colori, luce, arredi della quotidianità. E gli operatori sperimentano una conoscenza dell’altro con sofferenza, ma anche del proprio agire terapeutico, fondata su l’incontro con il soggetto nella sua interezza di bisogni e di espressività. Luogo di scambi che si articola in ambulatori, ma anche in spazi per attività, dove sviluppare competenze ed aumentare opportunità, dove trascorrere alcun tempo in maniera consapevole e con significato, per contrastare isolamento, l’ abbandono e l’ozio non scelto, ma anche per diminuire il carico familiare. ‘Clara Libera’, programma Luglio Agosto 2009 intenso di manifestazioni culturali dal settembre 2008 al febbraio 2009, è stata la restituzione alla città del parco dell’ex ospedale psichiatrico di Villa Clara come luogo di affermazione e non di negazione della cittadinanza, ma anche attività di prevenzione primaria, di discussione con la comunità sui temi della diversità, dell’inclusione, dei legami solidali. La diminuzioni della contenzione fisica, già ordinaria e routinaria, la sua abolizione nel secondo Spdc, è simbolo del rispetto e della dignità riconosciuta all’altro, della rottura del paradigma della incomprensibilità, della incurabilità e pericolosità della persona con disturbo mentale, ma anche di un lavoro territoriale consapevole, articolato, costante di progettazione, supporto e cura. Tutto questo è avvenuto e sta ancora avvenendo in una situazione di resistenze e di scontro, che non vogliamo silenziare. Non scontro ideologico ma diversa visione del soggetto con malattia, differenza nelle pratiche concrete dei percorsi di cura. Ed insieme scontro sull’egemonia del modello medico, sulla centralità del modello ospedaliero, sulle false certezze della psichiatria, sul potere. Se questo era in gioco, sarebbe stato possibile altrimenti far emergere le volontà di cambiamento di tanti, prima di tutte le persone con esperienza di malattia e i loro familiari? Il tentativo di riportare tutto alla questione del modello imposto appare plausibile? Il modello manicomiale era mai stato rigettato perché importato? Si continua a parlare di ‘pacificazione’, ma di quale pace si parla, in quale ambito vogliamo la pacificazione? E certamente non può essere solo fra i professionali, lasciando fuori le persone con disturbo mentale, le famiglie, la comunità. “Non bisogna vincere ma convincere” diceva Basaglia, ma ho sempre pensato che non si riferisse all’azione pedagogica del convincimento attraverso la parola, ma alludesse al fare empatico nelle pratiche collettive, all’azione che trasforma e produce cambiamento per tutti. In questa direzione abbiamo operato e tanti ancora in questo territorio continuano ad operare. *ex direttore Dip. Salute Mentale Asl 8 SERVIZI Direzione Regionale CAAF CGIL Viale Monastir, 35 09122 Cagliari Tel. +39 070 291056 Fax +39 070 291055 I nuovi voucher? Attenzione alla truffe Novità fiscali I riflessi del decreto anti-crisi su lavoro, famiglie e imprese di Laura Mura Il disegno di legge n. 78 del primo luglio, convertito nella legge 102 il 3 agosto con diverse novità rispetto alla versione originaria, è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 4 agosto. Per molte disposizioni contenute nel testo varato dal Parlamento saranno necessari interventi attuativi ed interpretazioni ma già da ora trovano definizione alcuni provvedimenti che incideranno in maniera non simbolica in ambiti quali il lavoro, l’impresa, il fisco e la famiglia. Per il sostegno di quest’ultima ad esempio, è stata prevista la regolarizzazione di colf e badanti: i datori di lavoro potranno mettere in regola, dal primo al 30 settembre 2009, queste tipologie di lavoratori che al 30 giugno 2009 risultavano irregolarmente occupati da almeno tre mesi. La dichiarazione di emersione, attestante l’attività di assistenza e di sostegno alle famiglie, dovrà comunque essere prodotta solo dopo il versamento di un contributo forfetario pari a 500 euro. Numerose e complesse si presentano le indicazioni per perfezionare il processo di regolarizzazione: anche in questa occasione, la Cgil fornirà ampio sostegno alle lavoratrici ed ai lavoratori, nonché alle famiglie interessate, con la sua articolazione e integrazione sul territorio delle strutture dei Servizi di tutela fiscale e di Patronato. All’articolo 2 della “Manovra d’estate” vi è una importante rivisitazione dei rapporti tra banche e utenti. Dal primo novembre 2009 infatti, per i bonifici e per gli assegni circolari, la data di valuta per il beneficiario non potrà superare un giorno lavorativo mentre, in caso di assegno bancario, non potrà superare i 3 giorni lavorativi dopo la data di versamento. Anche per la disponibilità economica delle somme per il beneficiario sono stati previsti un massimo di 4 giorni per bonifici ed assegni circolari ed un massimo di 5 giorni per gli assegni bancari. E’ previsto, con decorrenza primo aprile 2010, che la disponibilità per tutti i titoli non possa andare oltre i 4 giorni lavorativi. La Manovra prevede inoltre un limite massimo alle commissioni che le banche praticano alla clientela per la disponibilità di fondi: non potranno superare lo 0,5 per cento per trimestre dell’importo dell’affidamento. Oltre ad una pluralità di provvedimenti di interesse specifico per le imprese, troviamo diversi interventi in ambito fiscale e soprattutto tendenti al potenziamento della riscossione. Infatti, dal primo gennaio del 2010 l’amministrazione finanziaria e le pubbliche amministrazioni in possesso di informazioni utili per le prestazioni previdenziali ed assistenziali collegate al reddito, devono comunicarle in via telematica all’Inps e agli enti di assistenza e previdenza obbligatoria; tali informazioni includono anche coniugi e familiari dei titolari delle prestazioni. Con finalità di contrasto all’evasione sono presenti poi una serie di disposizioni che riguardano la possibilità per l’agenzia delle entrate, durante l’attività di accertamento delle imposte sui redditi, di richiedere informazioni e documenti a categorie di imprese che svolgono attività legate al settore creditizio, finanziario ed assicurativo. Hanno invece finalità di contrasto alle frodi in materia di invalidità civile i provvedimenti presenti nell’articolo 20 della Manovra che prevedono il coinvolgimento dell’Inps negli accertamenti sanitari per le prestazioni economiche a favore di invalidi civili, ciechi, sordi e disabili: a partire dal primo gennaio 2010 sarà l’Istituto ad accertare la sussistenza dei requisiti sanitari la cui mancanza darà corso alla sospensione e quindi alla revoca della prestazione. Sempre all’Inps dovranno essere presentate le domande per ottenere i benefici. Infine troviamo racchiuse nell’articolo 23 del Decreto, una lunga serie di proroghe di termini tra cui quella degli sfratti, sospesi fino al 31 dicembre 2009, quella dell’entrata in vigore della disciplina della class action, differita al primo gennaio 2010 e quella del divieto di commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l’asporto di merci, slittato al primo gennaio 2011. L’esperto risponde Con la circolare 40/E l’Agenzia delle Entrate, facendo seguito al provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 29 aprile, ha disposto che, ai fini della detrazione o deduzione della spesa in sede di dichiarazione dei redditi, dal primo gennaio 2010 lo scontrino attestante la spesa sanitaria per l’acquisto dei farmaci non dovrà più contenere la denominazione commerciale del farmaco ma il codice alfanumerico riportato sulla medesima confezione. Infatti, secondo il Garante, il richiamo sullo scontrino del nome del farmaco comporta una lesione della riservatezza e della dignità dei contribuenti soprattutto per coloro che, presentando la propria dichiarazione a un Caf o a un professionista abilitato, sono esposti a un trattamento del dato personale sulla propria 7 Direzione Regionale INCA CGIL Viale Monastir, 35 09122 Cagliari Tel. +39 070 287656 Fax +39 070 275120 salute che rivela la natura della patologia. Nel merito della documentabilità delle spese per medicinali, la norma prevedeva, a far data dal primo luglio 2007, l’obbligatoria indicazione della natura, qualità e quantità del prodotto farmaceutico, oltre al codice fiscale dell’acquirente. Successivi provvedimenti hanno inoltre chiarito la non validità di una dichiarazione della farmacia su tali contenuti, rilasciata contestualmente all’emissione dello scontrino, così come, con circolare 18/E del 2009 è stata dichiarata priva di validità l’autocertificazione del codice fiscale del destinatario della spesa. Fino al 31 dicembre 2009 (e quindi ai fini della dichiarazione dei redditi 2010) manterranno comunque la loro validità gli scontrini emessi con il vecchio sistema. Luglio Agosto 2009 di Antonio Achenza* La legge 33 del 9 aprile 2009 ha modificato profondamente il decreto del 2003, ampliando verso tutti settori, comprese le pubbliche amministrazioni, l’uso del voucher per particolari figure. La legge non parla mai di un contratto di lavoro, nemmeno ai fini del periodo di prova, non esiste nessun riferimento alla contrattazione collettiva, non viene richiesta la sottoscrizione di un contratto di lavoro. Sul sito del ministero si sottolinea il vantaggio per il datore di lavoro in questo modo: «senza rischiare vertenze sulla natura della prestazione e senza dover stipulare alcun tipo di contratto»). Il lavoratore non matura il Tfr, le ferie, le trasferte, gli straordinari, etc. Il valore dei voucher è di 10 euro nel taglio piccolo e non ha nessun riferimento alla paga oraria. Il valore nominale di un voucher è fissato in 10 euro, comprensivo della contribuzione, con la seguente ripartizione: il 13% alla gestione separata Inps, con contribuzione che verrà accreditata sulla posizione individuale del lavoratore; il 7% all’Inail; il 5% alla gestione del servizio. Il corrispettivo netto della prestazione, per singolo voucher, è 7,50 euro. Per riuscire ad ottenere l’accredito di un mese di contribuzione in gestione separata nell’anno 2009, è necessario percepire un compenso almeno pari o superiore a 1.187 euro (in pratica per coprire almeno 1 mese di contribuzione è necessario riscuotere almeno 119 vouchers con valore minimo di 10 euro lordi cadauno). Se il compenso percepito non soddisfa il minimale mensile previsto presso la gestione separata Inps, non viene accreditato sulla posizione assicurativa del lavoratore neppure un mese di contribuzione. I lavoratori che presteranno l’attività tramite l’uso dei vouchers non matureranno nessun diritto all’indennità di malattia, maternità (compresi i permessi per assistere i disabili ai sensi della legge 104/92) o eventuale assegno al nucleo familiare. Inoltre, in particolare i giovani fino ai 25 anni di età, non potranno utilizzare le giornate di lavoro per perfezionare il requisito delle 78 giornate annue per la disoccupazione con requisiti ridotti, o le 102 giornate nel biennio per un’eventuale diritto alla disoccupazione in agricoltura. Il compenso derivante da detta attività è esente dall’imposizione fiscale (Irpef e addizionali). Non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato. Il compenso è cumulabile con qualsiasi trattamento pensionistico. In via sperimentale per il 2009, le prestazioni di lavoro accessorio possono essere rese, in tutti i settori produttivi e nel limite massimo di 3 mila euro per anno solare, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito (ammortizzatori sociali: cassa integrazione, titolari dell’indennità di mobilità). I lavoratori che hanno più di 50 anni di età, se devono raggiungere il requisito della pensione di anzianità, devono fare attenzione perché potrebbero perdere da 1 a 2 mesi di contribuzione figurativa, generata dal lavoro dipendente svolto in forma principale, anche se momentaneamente sospesi o cessati per il godimento degli ammortizzatori sociali. I mesi persi di contribuzione figurativa vengono sostituiti dai periodi accreditati presso la gestione separata Inps per lavoro accessorio, ma questi ultimi non si possono utilizzare per raggiungere i 35 anni di contribuzione utili per il diritto alla pensione di anzianità. Il compenso percepito attraverso i vouchers determinerà, in considerazione dello scarso valore previdenziale, un notevole abbassamento dell’importo del supplemento di pensione che compete ai pensionati che continuano a lavorare, oltre al reale rischio di avere una scarsissima copertura Inail in caso di infortunio sul lavoro. *coordinatore regionale Inca