I speak Hinglish

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Sabato 15 Dicembre 2007 01:00
Hindi + Inglese è la formula linguistica del futuro. E non solo nel subcontinente di Mumbai e
New Delhi.
di Federico Rampini
Prima di ridicolizzare l'inglese in salsa francese dell'ispettore Clouzot (La Pantera Rosa), il
grande attore inglese Peter Sellers si era esibito in una indimenticabile caricatura dell'
accento indiano
in
Hollywood Party
, gioiello di umorismo surreale degli anni Sessanta. Lo emulò per bravura linguistica un altro
gigante del cinema britannico, Sir Alec Guinness, nella parte del vecchio indù in
Passaggio in India
. In America, una giovane generazione di comici "standup" - noi diremmo da cabaret - imita
l'accento dell'informatico di Bangalore, che al telefono ti assiste quando hai problemi con il
computer. Il turista che viaggia in India sa che fra le prime emozioni dell'atterraggio a New Delhi
o Mumbai c'è l'immersione sonora in un subcontinente asiatico dove la lingua inglese è di casa,
ma anche troppo: avendo messo le radici in India da due secoli, è diventata un dialetto locale,
con le sue regole e la sua sintassi. In quanto alla pronuncia, ci vuole un buon allenamento per
imparare a decifrarla.
In parte, l'Inglese degli indiani colti ha subito la sorte di quello parlato dagli Australiani, dai
Neozelandesi, dai bianchi del Sudafrica: custodita con deferenza e rispetto, la lingua dei
colonizzatori ha conservato a migliaia di chilometri di distanza delle forme di solennità e dei
preziosismi che nella madrepatria sono scomparsi. Sicchè per un Inglese sentire un Indiano
erudito che parla la sua lingua è un po' come per noi rileggere Collodi o De Amicis. Vi si
aggiunge il fatto che - a differenza di Stati Uniti, Canada o Australia - in India l'Inglese deve
convivere con una trentina di lingue locali, nobili e antichissime.
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Quando l'India ha deciso di integrarsi nell'economia globale, sono fiorite le scuole di correzione
dell'accento
. Bisognava offrire un servizio impeccabile alle multinazionali americane che delocalizzavano i
Call Center: catene alberghiere o compagnie aeree avevano bisogno di personale capace di
gestire da Calcutta le prenotazioni per i clienti del Midwest e della North Carolina: guai a
spaventarli con pronunce esotiche. Generazioni di giovani indiani sono andati così a scuola di
perfezionamento della dizione. Hanno perfino imparato a simulare le diverse inflessioni della
West Coast americana, della East Coast, del Texas, a seconda del fuso orario da cui
provenivano le chiamate d'oltreoceano.
Di recente, però, è iniziata un'inversione di tendenza. Lo Hinglish (da Hindi + English) come
l'hanno definito loro stessi con autoironia, si è affrancato dal suo complesso di inferiorità. Ha
acquistato schiere di ammiratori. Viene esibito con dignità e fierezza. Il fenomeno coincide con il
boom economico e l'orgoglio nazionale della Nuova India. Alcuni scrittori hanno avuto un ruolo
di precursori.
Salman
Rushdie e Arundathi Roy
cominciarono a spruzzare qui e là nei loro romanzi dei dialoghi in Hinglish verace, come lo si
parla nelle migliori famiglie indiane, impastando disinvoltamente inglese accademico e vocaboli
locali, in una gioiosa e divertente
masala
(mescolanza). Più di recente Vikram Chandra, in Giochi Sacri, ha spinto il realismo linguistico
vernacolare ancora più in là, con l'audacia di un Gadda o di un Camilleri.
Dalla letteratura, la riscossa dello Hinglish si estende al cinema. Gli sceneggiatori di Bollywood
ormai usano senza pudori un nuovo mix di inglese e hindi ( o urdu, per i personaggi musulmani
), genuino e colorito. Lo stesso accade nella musica. Perfino gli elitari giornali in lingua inglese,
come The Times of India , un tempo rigorosi come l'Accademia della Crusca, oggi si sono
arresi alla contaminazione. Il linguista Vaishna Narang, della Nehru University di New Delhi
sostiene che "
E' scomparso lo snobismo di chi cercava di
distinguersi dalle masse imparando la pronuncia di Oxford e Cambridge
". La scrittrice Baljinder Mahal aggiunge che "
Nessuno più considera la produzione culturale indiana di Serie B
". Bollywood ha ormai superato Hollywood per il volume della produzione cinematografica.
Anche la letteratura e la musica indiane dilagano nel mondo intero. La corrispondente del New
York Times da New Delhi, Amelia Gentleman, lancia una scommessa: lo Hinglish finirà per
diventare l'inglese più parlato del pianeta. C'è un precedente ovvio. L'America, grazie alla sua
potenza economica e alla produzione culturale di massa, ha imposto i suoi slang e i suoi
accenti, e il baricentro del "global English" si è già allontanato dalle rive del Tamigi. Ora, scrive il
New York Times, "
Ci sono più anglofoni nel subcontinente indiano che nel Nordamerica e nel Regno Unito messi
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assieme; nel mondo prevalgono coloro che parlano l'Inglese come una seconda lingua
". L'economia globale è invasa da anglofoni che non hanno una goccia di sangue anglosassone
nei loro alberi genealogici: alleniamo i nostri orecchi a decriptare la dolce cantilena dello
Hinglish
.
Call Cindia - D, La Repubblica delle donne del 15 Dicembre 2007, pag. 46
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