La rivoluzione permanente
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La rivoluzione permanente
Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni LA RIVOLUZIONE PERMANENTE La Rivoluzione francese produsse una frattura della tradizione artistica, consegnando alla pittura di paesaggio una centralità fondamentale nel corso dell’Ottocento, che avrebbe poi generato le correnti del contemporaneo. Inoltre le Accademie, le esposizioni, i critici, gli intenditori facevano del loro meglio per distinguere l’Arte con la A maiuscola dal puro mestiere. La rivoluzione industriale cominciava a distruggere le tradizioni stesse dell’artigianato, ormai sostituito dalla produzione meccanica. Alla bottega succedeva la fabbrica. I risultati immediati di questa frattura si videro nell’architettura. Sorsero più edifici nell’Ottocento che non in tutti i periodi precedenti messi insieme. Era il C. BARRY, A. WELBY NORTHMORE PUGIN tempo della vasta espansione Il Parlamento a London City, 1835 urbanistica in Europa e in America, che trasformò vaste distese di campagna in agglomerati urbani. Ma non sorse uno stile proprio: si adottò un atteggiamento eclettico, che preferiva adottare il gotico per costruire le chiese, il barocco per edificare teatri, mentre si adoperavano le forme rinascimentali per costruire palazzi e ministeri. Alcuni architetti ottocenteschi trovarono anche delle vie di mezzo, come nel caso di Sir Charles Barry (17951860), che ricostruì nel 1835 il Parlamento di Londra dopo che il vecchio palazzo era stato distrutto da un incendio. Barry, esperto progettista nella disposizione delle parti architettoniche, insieme ad un esperto del Gothic revival, Augustus W. N. Pugin, diede vita al nuovo Parlamento con risultati non del tutto negativi, carichi ancora oggi di una forte carica romantica. Nella pittura e nella scultura la rivoluzione industriale introdusse tutta una serie di cambiamenti devastanti. L’introduzione della fotografia lasciava presagire inquietanti evoluzioni, mentre la nascita di un nuovo ceto medio privo di gusto e tradizioni aveva determinato un appiattimento e una decadenza del gusto. Fra artisti e pubblico si instaurò una sfiducia reciproca: agli occhi dei prosperi uomini d’affari l’artista era poco meno di un impostore che chiedeva prezzi assurdi per lavori poco meno che seri. Gli artisti di contro volevano “scandalizzare i borghesi”, lasciandoli perplessi e confusi. LA RIVOLUZIONE PERMANENTE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni Gli artisti cominciarono a considerarsi una razza a parte, si lasciavano crescere folte chiome e lunghe barbe, vestivano di velluto o fustagno, portavano larghi cappelli, cravatte svolazzanti e accentuavano il loro disprezzo per le convenzioni cosiddette rispettabili. Per la prima volta si cominciava a capire che l’arte è il miglior mezzo per esprimere l’individualità, purché l’artista abbia una individualità da esprimere. Molti pensano che l’arte sia un mezzo di “espressione”. E fino a un certo punto hanno ragione. Gustave Courbet Autoritratto, (The Desperate Man) 1841 Ma la questione non è così semplice come può a volte apparire. È ovvio che un artista egizio aveva poche probabilità di esprimere la propria personalità. Le norme e le convenzioni stilistiche erano così rigide che gli rimaneva uno scarso margine di libertà. E dove non c’è libertà non c’è espressione. Lo stile diventa un’uniforme, dove i margini di personalizzazione sono ridottissimi. Però sappiamo che col passare del tempo il margine di libertà concesso all’artista si è andato allargando, di pari passo con i mezzi con cui l’artista stesso poteva esprimere la propria personalità. Chiaramente Leonardo fu di carattere assai diverso da Raffaello, ma nessuno di questi artisti scelse deliberatamente uno stile al fine di esprimere la propria personalità. Essi lo trovarono naturalmente, così come noi ci esprimiamo in tutto ciò che facciamo, accendendo una sigaretta o L’idea che il vero fine dell’arte sia l’espressione della personalità poteva affermarsi solo quando l’arte si fosse liberata di ogni altro fine. Così lo sviluppo preso dagli rincorrendo un autobus. avvenimenti rende questa affermazione vera e valida, poiché ciò che la gente interessata all’arte cominciò a cercare nelle esposizioni e negli studi non fu più la capacità tecnica e il talento nella riproduzione dei dettagli e nel simbolismo nascosto o palese, ma il contatto con uomini con cui valesse la pena di chiacchierare, uomini e donne testimoni di una sincerità incorruttibile, artisti che non si accontentassero di effetti speciali. LA RIVOLUZIONE PERMANENTE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni Sotto questo punto di vista la storia della pittura ottocentesca è del tutto diversa dalla storia dell’arte quale si era svolta fino a quell’epoca. Nei periodi precedenti, infatti, erano di solito i maestri più importanti, artisti di eccezionale talento, che avevano incarichi di grande responsabilità, e in tal modo la loro fama si spargeva. Basterebbe fare i nomi di Giotto, Michelangelo, Raffaello o anche Goya. Fu solo nell’Ottocento che si aprì un vero e proprio abisso tra gli artisti di successo –che orientavano il gusto e contribuivano all’arte ufficiale- e gli anticonformisti, apprezzati in genere Suzanne Valadon (1865-1938) dopo la morte. Così si riterrà forse sempre, e giustamente, che da questa grande rivoluzione in poi la parola «arte» abbia assunto per noi un diverso significato e che la storia dell’arte dell’Ottocento non potrà mai divenire la storia dei maestri più contesi o meglio pagati del tempo, ma quella di un gruppetto di uomini e donne isolati che ebbero il coraggio e la tenacia di essere Camille Claudel (1864-1943) anticonformisti e di attaccare criticamente e senza timore le convenzioni allora predominanti, creando nuove possibilità alla loro arte. Berthe Morisot (1841-1895) ritratta da Manet Teatro di questi drammatici scontri fu il mondo artistico di Parigi, perché nell’Ottocento questa città era diventata suppergiù come la Firenze del Quattrocento o la Roma del Seicento: attirava da tutto il mondo giovani desiderosi di studiare con i maggiori maestri e, soprattutto, di partecipare alle discussioni che animavano i caffè di Montmartre, dove a poco a poco si andavano Gustave Courbet (1819-1877) formulando le nuove teorie sull’arte. Ai tempi della rivoluzione del 1848, un gruppo di artisti si riunì nel villaggio di Barbizon1, nella Francia settentrionale, a circa 5° km da Parigi, per guardare con occhio 1 Barbizon, scuòla di (o scuola di Fontainebleau) Gruppo di artisti francesi che, poco prima della metà dell'Ottocento, operò un profondo rinnovamento della pittura di paesaggio, distaccandola dagli schemi accademici e riconducendola allo studio diretto del vero. Iniziatore del gruppo fu T. Rousseau che, dopo il rifiuto delle sue opere al Salon del 1836, si ritirò a Barbizon, presto seguito da C.F. Daubigny (1817-1878), V.N. Díaz (1807-1876), J. Dupré (1811-1889), J.-F. Millet, C. Troyon (1810-1965) e da altri, col proposito di trarre ispirazione dalla vicina foresta di Fontainebleau. La scuola di B. fu il precedente più diretto del plein-air dell'impressionismo. LA RIVOLUZIONE PERMANENTE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni diverso la natura e seguire il programma di Constable. Tra essi spicca il nome di Jean-Francoise Millet (1814-1875), che dedicò la sua ricerca pittorica alle scene di vita contadina, per restituire ad essa dignità e convinzione, dando importanza non più solamente ai paesaggi, ma anche alle figure umane immerse negli scenari naturali. Nel dipinto Le spigolatrici ci sono soltanto tre persone, né belle né aggraziate, intente al loro duro lavoro: non c’è nessuna suggestione idillica, le contadine hanno movimenti lenti e pesanti, e non accade nulla di drammatico o di simbolico. Le corporature sono solide e squadrate, stagliate con fermezza contro la pianura soleggiata. La disposizione accentua Jean-Francoise MIllet l’impressione di tranquillo equilibrio. Le spigolatrici (1857) Questo movimento che mirava a reinterpretare il ruolo della natura e delle figure umane nella pittura di paesaggio fu nominato Realismo dal pittore Gustave Courbet (1819-1877). Egli, aprendo una mostra personale in un baraccone, a Parigi, la intitolò Le Réalisme, G.Courbet. «realismo» Il suo avrebbe segnato una rivoluzione nell’arte. Courbet non voleva essere allievo di nessuno se non della natura. In un certo modo il suo carattere e il suo programma erano affini a quelli del Caravaggio: non voleva grazia, ma verità. Gustave Courbet Egli si è rappresentato in The Meeting or Bonjour Monsieur Courbet 1854 cammino attraverso la Oil on canvas, 129 x 149 cm Musée Fabre, Montpellier campagna con i suoi attrezzi da pittore sulla schiena, rispettosamente salutato da due viandanti, un suo amico e il suo mercante/mecenate. Intitolò il quadro Bonjour Monsieur Courbet. LA RIVOLUZIONE PERMANENTE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni A chi era abituato ai quadri d’effetto dell’arte accademica, questo dipinto apparse banale e puerile. Non ci sono pose aggraziate, né linee fluenti, né colori che colpiscano l’occhio. L’idea che un pittore si rappresentasse in maniche di camicia, come un vagabondo, doveva sembrare oltraggiosa ai pittori “rispettabili” e al loro seguito. Era però proprio questa l’impressione che Courbet voleva suscitare. Voleva che i suoi quadri fossero una protesta contro le convenzioni correnti del tempo, che scandalizzassero i borghesi pieni di sufficienza, che proclamassero il valore dell’intransigenza e della spontaneità artistica contro tutte le certezze accademiche. Indubbiamente i quadri di Courbet sono sinceri. “Spero” –scrisse nel 1854- “di guadagnarmi sempre da vivere con la mia arte senza deviare mai di un filo dai miei principi, senza dipingere nemmeno un palmo di tela per compiacere qualcuno o per vendere più facilmente”. La deliberata rinuncia di Courbet agli effetti facili e la sua decisione di rendere il mondo così come lo vedeva incoraggiarono molti a liberarsi dai pregiudizi e seguire soltanto la voce della coscienza artistica. GUSTAVE COURBET Fanciulle sulle rive della Senna 1856 Oil on canvas, 174 x 206 cm Musée du Petit Palais, Parigi In questa tela Courbet rappresenta due giovani ragazze che, dopo una passeggiata domenicale lungo il fiume, si distendono all’ombra degli La fanciulla in primo piano, che indossa alberi. solo la sottoveste e il corsetto, è languidamente abbandonata sulla riva del fiume. Il suo sguardo tradisce la pesantezza del sonno, le palpebre sembrano su punto di chiudersi. La ragazza in secondo piano è invece vestita. Anch’essa però è pigramente appoggiata al tronco dell’albero, la mano sinistra ricoperta da un guanto di pizzo le sorregge il capo, quella destra è abbandonata lungo il corpo. Rivolge maliziosamente lo sguardo lontano, probabilmente verso un occasionale passante. Per la luminosità e l’ambientazione en plein air annuncia l’Impressionismo. LA RIVOLUZIONE PERMANENTE Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni Presentato al Salon2 del 1857, suscitò una serie di esasperate critiche dovute proprio alla scelta del soggetto: due donne di facili costumi, quali se ne vedevano in barca, nelle domeniche d’estate, accanto ad amici occasionali o a clienti. Champfleury, un critico estimatore di Courbet, si espresse così: “Atroce! Atroce! Courbet ha completamente perduto la pista!!!”. E un altro critico, Jacques Doncet su “Le Monde illustré”, scrisse che avrebbe preferito due buone vacche marchiate di rosso. Ma al di sopra di ogni significato moralistico o di ogni risvolto scandalistico, il dipinto rappresenta la ricerca da parte di Courbet della bellezza intesa nella sua totalità, e rimane un’opera fondamentale nella storia della pittura. Insieme alla perfetta resa realistica dell’espressione dei volti, delle stoffe, dei corpi pieni sotto gli abiti, delle mani abbandonate, Courbet riesce magistralmente a evocare il senso della natura e della calura opprimente che pesa sulle due donne. In questa tela egli smantella convenzioni e pregiudizi rappresentando la realtà senza trasfigurarla. Il pittore non cerca di cogliere l’aspetto interiore delle due giovani fanciulle: le presenta così come sono, un brano di realtà che l’artista ha sottratto alla vita. È questa energia scardinante e sincera a stordire gli spettatori dell’epoca, a far parlare i benpensanti di “fantasticheria erotica”, di “vampiro”, di “seno bruciante e palpitante”. GUSTAVE COURBET Il sonno 1866 Oil on canvas, 135 x 200 cm Musée du Petit Palais, Parigi Conosciuto come anche Pigrizia e lussuria, il dipinto è di dieci anni successivo alle Fanciulle sulle rive della Senna e riprende il tema degli amori saffici trattato altre volte da Courbet. È un vero e proprio inno alla bellezza femminile. La luminosità dei due splendidi nudi allacciati è resa attraverso una straordinaria capacità cromatica, impreziosita dalle perle, dagli oggetti e dai fiori che li incorniciano. L’artista intendeva, col tema scabroso di un amore lesbico, “fustigare i costumi del Secondo Impero”. 2 Il Salon fu un'esposizione periodica di pittura e scultura, che si svolse al Louvre di Parigi, con cadenza biennale fino al 1863 ed annuale in seguito (decreto imperiale del 13 novembre 1863), dal XVII al XIX secolo (fonte: Wikipedia). LA RIVOLUZIONE PERMANENTE Arte e territorio LA RIVOLUZIONE PERMANENTE Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni Arte e territorio Anno scolastico 2013.2014 Dario D’Antoni Tutte le considerazioni sono rielaborate e sintetizzate da Dario D’Antoni. Le citazioni sono liberamente tratte dai testi Ernst H. Gombrich Il mondo dell’arte (Verona 1952) Gaspare De Fiore Capire la pittura di Courbet (Milano 1989) Federico Zeri-Marco Dolcetta Centodipinti: Courbet (Roma 1998) LA RIVOLUZIONE PERMANENTE
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