Questo lavoro è stato pensato per soddisfare le esigenze di chi

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Questo lavoro è stato pensato per soddisfare le esigenze di chi
Questo lavoro è stato pensato per soddisfare le esigenze di chi ricerca informazioni e
curiosità sulle “Varette”, indubbiamente la più sentita manifestazione religiosa e
popolare che Amantea esprime. E’ rivolto, dunque, ai turisti; a quei cittadini che
vogliono ampliare le proprie conoscenze; agli operatori dell’accoglienza, albergatori
e ristoratori, che si devono rapportare coi forestieri; agli amministratori che avranno
la volontà di investire nel turismo cultural-folklorico, un’opportunità ghiotta per la
città. Ringrazio quegli studiosi che in decenni di attività di ricerca hanno ricostruito
pazientemente la cornice culturale che contiene la processione. E ringrazio altresì chi
si preoccupa di conservare sul web i documenti della tradizione. A tutte queste
persone generose va la mia dedica particolare.
Antonello Zaccaria Amantea marzo 2012
La processione delle “Varette”
Il Venerdì Santo ad Amantea
di Antonello Zaccaria
Le “Varette” sono nove figure, per la maggior parte modellate in
cartapesta1 , rappresentanti scene e personaggi delle ultime ore
in vita di Gesù, fino alla sua morte per crocifissione, con la
successiva deposizione e la conduzione nel sepolcro2. Lo
“script” è nei Vangeli canonici e apocrifi. Le statue poggiano su
una sorta di barella a quattro manici (varetta)3 portata a mano, o
in spalla, dai fedeli per tutta la processione (ci si dà il cambio).
Sono 4 km circa di percorso nelle vie principali della città; si
parte alle 09,00 dalla Chiesa Matrice, punto di riferimento del
centro storico dal quale si domina la pianura dell’Amantea
moderna, e qui si rientra per le 13 circa; c’è un intervallo: giunto
il corteo in piazza Cappuccini, le “Varette” sostano adagiate per
Vincenzo Segreti, autore de La Settimana Santa di Amantea – Religiosità, storia ed arte in
Calabria, stampato presso Angeligrafica (Amantea 1996), a p. 16 ci informa della loro
costruzione, agli inizi del ‘900, ad opera della ditta Malecore di Lecce, su commissione dei
fratelli amanteani Vincenzo e Giuseppe Suriano.
Dalle informazioni raccolte sappiamo che alla bottega pugliese non sono attribuibili il Cristo
in croce (realizzato in Alto Adige e andato a sostituire l’amato Crocifisso, del ‘700, trafugato
nel 1978) e, probabilmente, la Madonna, donata dal patrizio amanteano Francesco Carratelli.
2 Non è corretto dire che rappresentano la Via Crucis. Se prendiamo lo schema, di questa,
voluto dalla Chiesa Cattolica, notiamo innanzitutto che le stazioni sono 14; e notiamo che
non vi sono fermate in cui compare San Giovanni l’Evangelista, o la Madonna Addolorata,
in solitario (come invece sono nelle “Varette”). Per tali motivi, dico che le “Varette” sono da
descrivere, più propriamente, come fasi della Passione narrata nei vari Vangeli.
3 V. Segreti, op. cit., p. 15: «il termine ‘varetta’, come si legge nel Vocabolario del dialetto
calabrese compilato da L. Accattatis, Cosenza 1895, vol. 1 p. 801, significa “barella, piedistallo
su cui poggiano le statue dei santi esposte o in processione”; ma, in questo caso, diventa un
traslato, che indica proprio i protagonisti della passione e morte di Gesù».
1
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terra e si dà spazio, solitamente, alla predica di un sacerdote; si
riparte, dunque, affrontando la dura salita di via Nazionale (700
metri)4. La processione prevede i “santarìelli” (altro nome con cui
sono conosciuti i personaggi delle “Varette”) in quest’ordine:
1) Gesù nel podere del Getsemani, affiancato da un angelo;
2) Gesù flagellato da un uomo del governatore della Giudea,
Ponzio Pilato, sotto gli occhi di un soldato romano;
3) l’ “Ecce Homo”; Cristo è stato percosso ferocemente, vestito
poi di un manto color porpora, mani legate e corona di
spine in testa, così che Pilato potesse esporlo alla folla
(«Ecco l’uomo!») per dimostrare al popolo di aver esaudito
la richiesta di punizione;
4) Gesù sostiene a fatica la croce, Simone il Cireneo viene
costretto ad aiutarlo;
5) la Veronica, figura leggendaria, asciuga il volto sanguinante
di Gesù;
6) San Giovanni l’Evangelista, da solo;
7) Gesù Cristo in croce;
8) Cristo morto (disteso in orizzontale);
9) l’Addolorata, Maria madre di Gesù, vestita a lutto.
E’ evidente, qui, che la Madonna sulla “varetta”, con i devoti in
carne e ossa (in lunga fila alle sue spalle) che partecipano al suo
4 Molto tempo fa – e più persone lo ricordano –, sempre di Venerdì Santo, le “Varette”
facevano dei percorsi più articolati perché entravano nelle varie chiese. La Madonna, nello
specifico, entrava per ultima alla ricerca del Figlio. E’, questo, un riferimento alla fase in cui
Maria ha saputo che Gesù è stato catturato e carcerato e si muove per avere sue notizie.
3
dolore, è inquadrata come se stesse camminando dietro al corteo
funebre del Figlio.
L’equivoco.
Cristo non ha avuto un funerale pubblico. Almeno così pare,
stando ai Vangeli attribuiti a S. Luca, S. Marco, S. Matteo, S.
Giovanni, in cui è Giuseppe di Arimatea, suo discepolo, a
chiedere in consegna il corpo, a farlo avvolgere in un lenzuolo e a
farlo custodire in un sepolcro scavato nella pietra. La Madonna
delle “Varette” si trova, certamente, in un contesto posteriore alla
Deposizione dalla croce; probabilmente si sta dirigendo al Santo
Sepolcro. La dinamica funebre, o perlomeno un ultimo
accompagnamento verso la tomba, apparirebbero scontati se non
fosse per un elemento contraddittorio che ingarbuglia l’ordine
processionale. Il famoso e solenne Stabat Mater5, componimento
sacro attribuito a fra’ Jacopone da Todi che, angosciante come
pochi, va ad immortalare la dolorosa presenza di Maria ai piedi
della Croce, è cantato dagli uomini6 che precedono la Madonna.
E’ Lei, dunque, per quel che suggerisce il canto, l’Addolorata sulla
collinetta del Gòlgota (come narra S. Giovanni), dodicesima
stazione della Via Crucis canonica, che assiste all’orrenda fine di
suo Figlio? L’ordine delle statue ci impedisce di ritenerla tale,
Il variegato repertorio canoro delle “Varette” si può consultare in V. Segreti, op. cit., nonché
nel volumetto edito dal Liceo Scientifico Statale di Amantea denominato Progetto: Musica
delle Tradizioni e ICT (Immagini e Canti del Venerdì Santo ad Amantea), curato dal prof. Ilio De
Luca.
6 Da soli uomini. Si piazzano una decina di metri davanti alla Madonna. E’ una vistosa
eccezione, considerata la massiccia presenza canora femminile alle spalle della statua.
5
4
altrimenti avrebbe dovuto sostare quantomeno accanto al
Crocifisso, due posizioni più avanti7.
Un ulteriore elemento contraddittorio, un dettaglio, ci riporta
all’ipotesi dell’Addolorata ai piedi della Croce. Sul finire della
processione, il Gesù crocifisso, settima “varetta”, attende
sull’uscio della Chiesa Matrice che la Madonna spunti da un
angolo del percorso di via Indipendenza: i due si guardano,
distanti un centinaio di metri, nel silenzio rispettoso della folla.
E’ un momento molto commovente, interrotto da un fragoroso
applauso dei presenti. Ciò sembra descrivere una Madonna
Addolorata nell’azione di ricongiungimento al Figlio sul Gòlgota.
In quest’ottica, il Cristo morto in ottava posizione sarebbe in una
collocazione errata.
Gli interrogativi che sorgono circa l’ordine delle statue potranno
avere delle risposte se si indaga l’intreccio tra sentimento
popolare e disposizioni ecclesiastiche. Riguardo al rapporto
Chiesa/Popolo/Settimana Santa, il professore Franco Ferlaino è
sostenitore della «[…] regia rituale gestita dalla Chiesa e in
particolare dagli ordini religiosi regolari e riformati […] Le sacre
rappresentazioni della Settimana Santa, presenti in molti centri
dell’Italia
Meridionale,
sembrano
rinviare
ad
un
unico
ordinamento liturgico o ad una comune prassi rituale; infatti,
sono diffusi, in gran parte del territorio, riti e canti simili che
7
Per un altro equivoco temporale, si confronti la nota 4 sull’Addolorata alla ricerca del Figlio. Sembra
evidente, nelle condizioni processionali odierne, che la Madonna non può essere la Madre che si
mobilita per avere notizie sul Figlio arrestato.
5
rinviano ad una sorta di canovaccio generale sul quale
s’incentravano le liturgie organizzate delle autorità ecclesiastiche
locali8». Anche ad Amantea ci fu il contributo degli ordini
monastici, unitamente a quello delle confraternite (sorte sin dal
1300), a tenere alto il culto cattolico9.
Le origini (presunte).
Diversi studiosi concordano sul fatto che la Settimana Santa, coi
suoi riti e i suoi eventi, è stata organizzata nei secoli grazie al
fervente supporto degli ordini religiosi, regolari e riformati. Il
professore Vincenzo Segreti, storico e autore di numerose
ricerche sul folklore calabrese, ipotizza che le “Varette” abbiano
fatto il loro esordio nel XIII secolo; la comunità monastica di
San
Francesco
d’Assisi
avrebbe
divulgato
le
sacre
rappresentazioni e i laudari umbri e abruzzesi, che si
amalgamarono con le tradizioni locali. Nei secoli successivi le
autorità ecclesiastiche delegarono il compito di organizzare e
dirigere alle confraternite10. La mancanza di documenti ufficiali,
purtroppo, rende complicatissima la ricostruzione.
Il professore Roberto Musì, anch’egli storico e assiduo ricercatore
di testimonianze su Amantea e sulla Calabria che fu, concorda con
l’ipotesi del Segreti11 e in più ci offre l’unica testimonianza
In Il sangue e la notte. Un appunto sui flagellanti di Verbicaro, contenuto ne Le forme della festa.
La Settimana Santa in Calabria: studi e materiali, volume a cura di Francesco Faeta e Antonello
Ricci per Squilibri Editore, Napoli 2007, pp. 18-19. Un noto cultore della Settimana Santa,
Franco Stanzione (www.lamiasettimanasanta.net), concorda con Ferlaino.
9 V. Segreti, op. cit., p. 9.
10 Ivi, pp. 29-30.
11 Colloquio avuto con l’autore.
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6
cartacea che parla dello svolgimento, secoli fa, in territorio
amanteano, di una processione dei “Misteri”12 del Venerdì
Santo: è l’atto notarile del 1777, su cui è posto il sigillo di re
Ferdinando IV di Borbone, custodito da un privato cittadino, in
cui si attesta la redazione, 235 anni fa, di uno statuto della
Confraternita del SS. Rosario (regole e propositi che i laici
confratelli
formularono
per
un
buon
funzionamento
dell’associazione)13. Ritengo che questa testimonianza, tuttavia,
non
ci
consente
di
descrivere
l’esatto
carattere
della
manifestazione: i “Misteri” erano rappresentati sulle “barelle”
come oggi o vi erano modalità diverse nella drammatizzazione?
Quali “Misteri” venivano portati in processione? Si intonavano le
stesse strofe di oggi? Tutte domande a cui non si può rispondere
in maniera esauriente se non si hanno a disposizione cronache
dell’epoca o documenti illustranti l’evento.
Circa la Settimana Santa nell’Italia meridionale, e i “Misteri”
rappresentati, alcuni ricercatori individuano un punto di svolta
nel Concilio di Trento (terminato nel 1563): esso dà il via al
passaggio graduale dalla rappresentazione animata a quella
inanimata con le statue.
Ad ogni modo, i filoni di indagine e comparazione possono essere
molteplici. Per esempio, conversando col prof. Ferlaino, ho
appreso che sulla processione delle “Varette” potrebbero esserci
state notevoli influenze spagnole, vista la somiglianza di molte
Nell’Europa cristiana medievale i “Misteri” erano rappresentazioni teatrali di storie tratte
dalle Sacre Scritture, come quelle riguardanti la Passione di Cristo.
13 Statuto della Confraternita del SS. Rosario della Città di Amantea, a meritoria cura del prof.
Roberto Musì (stampato presso ANGELIGRAFICA, Amantea 1997, ed. fuori commercio).
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7
processioni in Spagna con quella amanteana (e con altre calabresi
e siciliane…) e considerando il plurisecolare dominio dei regnanti
iberici sul sud Italia.
Il motivo della processione.
Portare delle rappresentazioni della Passione di Cristo in giro per
la città è un modo per sacralizzare un territorio, per proteggerlo
da eventi negativi come la morte. Questa concezione appartiene
alle classi subalterne, che desiderano lasciare il messaggio
cristiano, di vittoria sulla morte, sul suolo della propria comunità.
Un tempo, infatti, le processioni toccavano i luoghi perimetrali
dell’abitato, appunto perché esso era il luogo da proteggere, da
sacralizzare. La morte, e in genere tutte le credenze sul Male,
dovevano essere ricacciate fuori dal perimetro14. Concordano con
questa visione l’antropologo amanteano Enzo Fera15, come anche
l’antropologo cosentino Giovanni Sole16.
I confratelli e la ricomposizione dello spazio urbano e sociale.
A proposito delle congregazioni che curano il coordinamento
della processione, si registri l’opinione molto interessante del
Ferlaino circa la loro azione tesa a ricomporre uno spazio urbano
Una bibliografia molto ricca sull’argomento, nonché una serie interessante di aneddoti, è
su Rosario Chimirri, Architettura popolare del Tirreno cosentino, Rubbettino Editore, Soveria
Mannelli 2007, da p. 155 a seguire.
15 Si guardi la sua testimonianza su V. Segreti, op. cit., pp. 38-39.
16 Dialogo avuto con l’autore.
14
8
e sociale lacerato. Stiamo parlando della ricostruzione, lenta, di
una identità. Amantea ha vissuto una separazione sociale
interna (migrazione di nativi del centro storico, parte alta, verso
la parte bassa moderna dove ancora si continua a “colonizzare”
terreno verso sud); l’unità perduta ha provocato turbamento e
solitudine in chi è rimasto e in chi è andato via, molti punti di
riferimento sono stati annientati. Diversi riti tradizionali, gestiti
dalle confraternite, mettono in atto una riunificazione simbolica
dello spazio, altrimenti diviso. La processione attraversa
entrambi i nuclei urbani per ricomporre lo spazio e riaffermare
l’identità comune17.
Il protagonismo mariano.
Al timido turista, osservatore della religiosità popolare, bisogna
riferire che la star delle “Varette” è Maria l’Addolorata. E’ una
delle caratteristiche più marcate del Venerdì Santo amanteano: la
Passione di Cristo passa in secondo piano ed il focus spirituale è
sul dolore della Madre cui viene imprigionato, torturato e ucciso
il Figlio. Generalmente, le autorità ecclesiastiche, nel riproporre e
interpretare i Vangeli, distribuiscono equamente le dosi di
protagonismo, ma indubbiamente gli accenti sono posti sul
sacrificio di Gesù e sulla sua sofferenza. Il pubblico amanteano
opera una variante: “parteggia” numericamente per Maria,
recependo quasi unicamente quel dolore (le lacrime di alcune
Franco Ferlaino, Folklore in Calabria tra memoria ed oblio – Amantea e la costiera Tirrenica
centrale (Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2007), p. 12, p. 24. Vedi anche
http://www.youtube.com/watch?v=aeKsQZ9oirs .
17
9
donne sgorgano spontaneamente, la tristezza è reale). E’ vero che
è possibilissimo incontrare visi commossi al passare del Cristo
morto, ma l’impressione18 generale, a caldo, è che l’attenzione
premurosa di moltissimi sia per Lei. La statua amanteana non è ai
livelli di devozione di altre madonne ipercelebrate, però gode
dell’amore (un amore filiale, direi…) di un gruppo di donne
fedelissime che si preoccupano di vestirla a lutto nelle uscite
ufficiali19 e che sono instancabili interpreti, nella processione
delle “Varette” come in altre cerimonie, di «lamentose nenie di
commiserazione, paragonate dagli antropologi, sotto certi aspetti,
ai pianti funebri della tradizione»20.
L’iconografia mariana e la Madonna del Rosario.
E’ l’immagine di Maria assorta in un dolore incommensurabile
ad attirare lo sguardo d’amore dei fedeli. Le guance della
Madonna, rigate dal pianto; gli occhi affranti; i capelli, una ciocca
dei quali è autentica, donata da una devota; le labbra schiuse, la
meravigliosa
dentatura;
tutti
fattori
che
imprimono
un’accelerazione all’instaurazione di un rapporto d’identità, agli
occhi di un credente, fra l’entità sovrannaturale e l’immagine
devozionale:
quella
statua
non
è
più
una
semplice
L’atteggiamento e la disposizione degli aficionados della processione andrebbero studiati
e analizzati più approfonditamente; è questione complessa e non bastano le impressioni di
un folklorista.
19 E’ una sorta di rito per pochi invitati, solitamente tutte donne: la statua viene spogliata del
suo abito quotidiano per esser abbigliata, poi, con gli indumenti propri dell’Addolorata. Il
vestito ufficiale del Venerdì Santo, pezzo pregiato e antico, è custodito da una famiglia
amanteana residente a Roma. Immagini possono essere visionate su www.webiamo.it
(sezione Amantea3) e su www.amanteaninelmondo.info .
20 Vincenzo Segreti, op. cit., p. 22.
18
10
rappresentazione di Maria, con le sue fattezze, ma la incarna;
essa funziona come dispositivo di un processo di evocazione,
consentendo a ciò che è evocato di… esistere!21
Penso, però, che il ruolo preminente nella celebrazione della
Madonna lo abbia giocato la Confraternita del SS. Rosario. I
marinai locali, da più di 400 anni, venerano la Madonna del
Rosario e sono sotto la sua protezione. Una galea amanteana
partecipò (si legge in volumi di storia paesana) alla battaglia di
Lepanto del sette ottobre 1571, contribuendo al trionfo cristiano
sui Turchi; vittoria attribuita all’intercessione della Madonna
invocata, a Roma e in tutto il mondo, col rosario. Papa Pio V, che
istituì la festa del Rosario il sette ottobre in memoria di quella
vittoria della cristianità, riconobbe il valore dei marinai amanteani
assegnando loro la protezione della Vergine22.
Problemi di direzione e gestione dell’evento.
La direzione della manifestazione è, tradizionalmente, nelle
mani della Confraternita del Santissimo Rosario, i cui uomini in
saio bianco, con cappuccio, mantellina nera (“‘a muzzetta”) sulle
spalle e corona di spine in testa23, coordinano l’evento in tutti i
suoi passaggi, fin dalla difficoltosa discesa delle statue giù per la
Patrizia Burdi, Lo sguardo, le lacrime, il sudore di sangue. Note etnografiche intorno alla Giudaica
di Laino Borgo contenuto in Le forme della festa… op. cit., p. 58.
22 Vincenzo Segreti, in La Settimana Santa… pp. 31-32, e in Storia e tradizioni marinare di
Amantea (Jason Editrice, Reggio Calabria 1992), pp. 16-18; cfr. anche Grande Enciclopedia De
Agostini, alla voce ‘rosario’.
23
Ad Amantea c’è il signor Pino Gelsomino che da trent’anni si preoccupa di confezionarle
dopo aver fatto una ricerca di cespugli spinosi piuttosto pericolosa (basta una disattenzione
e ci si taglia…). Nel cortile di casa sua si può osservare il ritaglio della fascia di spine che
assumerà forma circolare e verrà fissata con dello spago.
21
11
scalinata della Chiesa Matrice. Il citato documento contenente un
loro statuto settecentesco, di importanza capitale, prova che essi
sono assiduamente protagonisti fin dal 1776-7724. La nascita della
confraternita è ipotizzabile sul finire del 1500, quando nel post
Lepanto vi fu la fuoriuscita di un gruppo di marinai da un altro
gruppo denominato Congregazione della Beata Vergine; essi
fondarono una nuova congregazione devota alla Madonna del
Rosario e, secondo la versione del prof. Segreti, è possibile che essi
si occuparono di preparare il Venerdì Santo sin dalle loro
primissime uscite25.
Il 2009 è stato un anno epocale segnato dalla fratellanza: i
Confratelli del Rosario hanno invitato gli appartenenti alle altre
tre
confraternite
cittadine26
a
condividere
con
loro
la
processione. Non è mai accaduto per secoli. Il 2010 si è distinto,
poi, come un anno di ulteriore apertura della manifestazione alla
società civile. Con l’interessamento dei padri francescani minori
conventuali e di alcune associazioni, si è inseguito un obiettivo
didattico inglobante una missione religiosa: avvicinando il mondo
delle scuole e dell’associazionismo, “nuove leve” sono state
incaricate (e responsabilizzate) di partecipare attivamente nel
contorno delle prime sei statue (tranne la seconda) le quali,
Statuto della Confraternita del SS. Rosario…, op. cit., a p. 6 e a p. 18. Musì – per completezza
d’informazione –, parla di legalizzazione della processione e assegna ai Confratelli del
Rosario un assoluto patrocinio sulle “Varette”.
25 Vincenzo Segreti, La Settimana Santa…, pp. 31-32.
26
Sono: Confraternita del Sacro Cuore di Gesù (saio bianco, con cappuccio, mantellina rossa
e corona di spine sul capo); Confraternita dell’Addolorata (saio bianco, con cappuccio,
mantellina nera e corona di spine, si vestono in pratica uguali ai Confratelli del Rosario ma
hanno uno stemma diverso sul petto); l’Arciconfraternita dell’Immacolata Nostra Signora
(che nel passato ebbe come affiliati solo i nobili di sesso maschile, e che indossa camice
bianco, con cappuccio, una mantellina di seta celeste, ma non porta la corona di spine).
24
12
altrimenti, rischiano uno “spopolamento” nei lustri a venire; si è
tramandato, così, un rito popolare, si è chiesto al ragazzo di
riscoprire le peculiarità caratterizzanti la sua terra e di non
dimenticarle, mentre contemporaneamente si è effettuato un
tentativo di introduzione dei giovani a percorsi spirituali. Quindi,
una novità di rilievo: padre Francesco Celestino, celebrante la
liturgia, ha concesso una spiegazione pubblica di ciascuna
“varetta” al momento dell’uscita dalla Chiesa Matrice.
Il 2010, inoltre, va assunto come promemoria per la questione,
annosa, del rispetto di un’occasione festiva e devozionale
sentitissima da migliaia di fedeli. Si è voluto porre l’accento
sull’ordine e sul decoro da tenere nel tragitto delle statue. I
Confratelli del Rosario sono, infatti, incaricati di vigilare,
coadiuvati dalle altre congregazioni, sulla distanza tra le
“Varette”, stazionanti a 40 metri l’una dall’altra27; devono quindi
preoccuparsi di sgridare i cantori che scambiano il momento
solenne (del canto di devozione dietro alla “varetta”) per un
ritrovo scherzoso con gli amici28.
Un altro spigoloso problema è l’affollamento alle calcagna
dell’Addolorata. Piuttosto spigoloso perché è occasione per la
sorgenza di liti verbali e spintoni proibiti. Nel 2010 è stata
suggerita e approvata la costituzione di un cordone umano per
regolare l’accesso al trasporto della statua (prospettando pure la
Norma riportata da Vincenzo Segreti, La Settimana Santa…, p. 16. Nel calcolare le distanze,
Segreti considera la misurazione attraverso il “passo borbonico”.
28 Gli episodi di irriverenza hanno come protagonisti adulti piuttosto zuppi di vino,
barcollanti ma intrepidi nel cantare dolorosamente, oppure adolescenti che ridono con gli
amici invece di restare concentrati a intonare le strofe.
27
13
presenza dei Carabinieri…), ma i risultati sono stati modesti.
Trovar posto lì dietro non è cosa facile, le posizioni si
conquistano sgomitando e talora bisticciando coi “concorrenti”.
Infine, un’avvertenza decisiva per il buon andamento della
processione: per il trasporto delle figure più pesanti, ovvero
Gesù in croce e l’Addolorata (i portantini se li sobbarcano sulle
clavicole), bisogna utilizzare persone della stessa altezza per non
incorrere in sbilanciamenti di forze.
A ciascuno la sua “varetta”…
Annotiamo, innanzitutto, la fondamentale osservazione di Enzo
Fera, che si sofferma sull’ «organizzazione per classi d’età e per
differenti raggruppamenti di sesso dei partecipanti alla
processione. Bambini, adolescenti, giovani, uomini adulti sono
separati in gruppi distinti dietro ogni statua in modo che solo
gli adulti seguono le statue di più alto contenuto drammatico,
come quelle del Crocefisso e di Gesù morto. Si nota, quindi, un
graduale processo di avvicinamento alla morte e si verifica, nel
corso degli anni, un avvicendamento dei partecipanti, che
cambiano statua con il passaggio da una classe d’età all’altra»29.
Esatto. Anche se credo che attorno a una “varetta” si sono
coagulati, vent’anni fa come anche sessant’anni addietro, gruppi
di ragazzi di una stessa “compagnia” (per esempio un gruppetto
di amici abituati a condividere i giochi pomeridiani nel quartiere),
29
V. Segreti, La Settimana Santa…, p. 39.
14
non necessariamente secondo una classe d’età (quelli di 10-11 anni
da una parte, i quindicenni da un’altra…).
Le cose, negli ultimi vent’anni, stanno cambiando nettamente. Lo
“spopolamento”, di cui si è accennato su, pregiudicherà le
“Varette”
del
prossimo
decennio.
Di
sicuro
colpirà
i
raggruppamenti dietro ai primi “santarìelli” (prima, terza e
quarta…), quelli composti da bambini e giovanissimi, classi
d’età che stanno pian piano allontanandosi dai riti religiosi.
Resiste la seconda “varetta”: il Cristo flagellato senza pietà dagli
uomini di Pilato riceve, da molto tempo, le attenzioni di un
gruppo di cinquantenni e sessantenni “specialisti” del canto
denominato O popolo mmi deu30; è una “varetta” oggettivamente
“riservata” a tal gruppo (che possiamo anche circoscrivere come
categoria sociale: sono per lo più operai). E resistono pure la
quinta (la Veronica) e la sesta (San Giovanni l’Evangelista), che
godono di attenzioni simili alla precedente, però da parte di
gruppi
(ben
identificati)
Complessivamente
le
di
prime
età
media
sulla
sei
“Varette”
trentina.
hanno
una
partecipazione maschile schiacciante, sebbene il grado di
promiscuità sia in netta crescita.
Discorso a parte deve esser elaborato per il trittico finale di figure
tragiche che raccoglie, su per giù, più dei tre quarti della
partecipazione collettiva. Gesù Cristo in croce è sostenuto da un
affiatato gruppo di cantori del Miserere, tutti uomini. Le
categorie sociali presenti sono: settore impiegatizio, terziario;
30
Vedi http://www.youtube.com/user/antoniocima#p/u/37/YeZulxQUQt0
15
imprenditori, media borghesia; anche marinari (padroni di
barche)31. Il Cristo morto, “scortato” sempre dai Confratelli del
Rosario (non lo lasciano mai solo), raduna dietro di sé le autorità
(civili, politiche, amministrative, militari…) e una grossa fetta di
commercianti32. L’abito indossato è elegantissimo e gran parte
della “gente che conta” si piazza in “pole” dietro la barella.
Sfilano soprattutto figure politiche che vogliono essere incasellate
come, appunto, uomini influenti sulla scena pubblica. Ancora più
dietro, la banda musicale, che fa da commento sonoro all’illustre
funerale. L’Addolorata, come già descritto, è straseguita. Un
preponderante blocco femminile è, qua e là, “bucato” da qualche
devoto, che magari è lì con la moglie. Enzo Fera: «Il mondo
femminile non conosce distinzioni d’età, né di raggruppamento,
né misurate gradazioni, adottate per un impatto mediato con la
morte; tutto compatto segue l’Addolorata alla ricerca del Figlio,
partecipando accoratamente al suo dolore. Nel rituale si trova
un riflesso della struttura sociale meridionale, che assegna la
donna in uno spazio di sua pertinenza (domestico, magico,
simbolico) tra natura e cultura»33.
I canti devozionali.
Procedendo con ordine, da principio a fine processione, i cortei
dietro alle singole “Varette” intonano i seguenti canti.
Valutazione di Vincenzo Segreti.
Idem.
33 Vincenzo Segreti, La Settimana Santa…, pp. 39-40.
31
32
16
In prima, terza, quarta e quinta “varetta” abbiamo lo stesso
canto: si esegue Gesù mio, con dure funi (titolo-incipit), ma più
che un’esecuzione, fatta con una certa compostezza, devo
descriverla piuttosto come una “strombazzata” di versi (n. 12)
fatta in maniera quasi giocosa34, «una serie di interrogazioni
retoriche, gridate con veemenza, con le quali l’uomo si accusa di
essere il responsabile del calvario di Cristo»35, interrogazioni cui
segue, volta per volta, una reiterata (2 volte) richiesta di perdono
(«Sono stato/io l’ingrato/Gesù mio/perdon pietà»).
Esempio
una interrogazione (tra le dodici):
«Gesù mio/le mani e i piedi/chi alla croce/te l’inchiodò?»
risposta ritornello:
«Sono stato/io l’ingrato/Gesù mio/perdon pietà».
Dopo l’ultimo dei dodici versi si applica una variazione:
«Sono stati/i miei peccati/o Maria/perdon pietà».
Il testo è, secondo la tradizione, del repertorio di sant’Alfonso
Maria de’ Liguori36 ed è conosciuto anche col titolo A Gesù
appassionato.
Nella seconda “varetta” si percepisce già una complessità di
esecuzione che poi ritroveremo nelle statue finali. Qui si canta O
popolo mmi deu (titolo-incipit, 6 strofe, autore ?), che «esprime
Franco Ferlaino parla di interpretazione «ludica e parodistica», vedi online
http://www.youtube.com/watch?v=aeKsQZ9oirs oppure nell’ op. cit., p. 129.
35 Vincenzo Segreti, La Settimana Santa…, pp. 20-21.
36 Si guardi una dettagliatissima ricerca su
http://www.radiche.eu/zindex/zfile/tradizioni/religione_appassionato/appassionato.htm
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con parole semplici e immediate l’amara solitudine di Gesù,
legato alla colonna e flagellato con inaudita crudeltà»37.
San Giovanni, (probabilmente) il discepolo prediletto di Gesù, ha
un canto riservato: O discepolo più caro. E’ un inno (titolo-incipit,
7 strofe, autore ?) dal ritmo che “prende” facilmente. Qua
rientriamo nel discorso della ludicità della cantata. La singola
strofa prevede 3 versi più un ritornello orecchiabile: «Prega
tu/che avesse Dio/di noi miseri pietà» (2 volte di fila).
Gesù Cristo crocifisso “sente” dietro di sé il Miserere, salmo
penitenziale della liturgia cattolica che «si propone come uno
straordinario documento religioso di pietà e di speranza, nel
quale l’uomo implora la misericordia divina per i peccati
commessi e confida nella sua redenzione»38. Protagonisti sono
timbri maschili, bassi e baritoni; un tempo (un secolo fa,
probabilmente) si poteva apprezzare voce solista, seconde voci e
cori, organizzazione che oggi è molto difficile veder attuata; di
questo canto, che in passato si provava nelle cantine, vengono
intonate le strofe più espressive e musicali39. Nell’ascolto delle
parole latine è facile notare come i cantori popolari abbiano
modellato a proprio piacimento l’espressione vocale, distorcendo
il vocabolo (un esempio: il “mihi” latino si tramuta in “mea”, che
ha una sonorità più conveniente).
Vincenzo Segreti, La Settimana Santa…, p. 20. Il canto ha due versioni melodiche.
Ibidem.
39 Oltre all’imprescindibile volume di Segreti (il quale sfodera una intonazione canora
invidiabile), si completi la conoscenza con curiosità riportate sul lavoro cartaceo del Liceo
Scientifico Statale di Amantea, op. cit., curato dal professore Ilio De Luca (che è un noto
cantante del Miserere).
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Dietro al Cristo morto, abbiam detto, è posizionata la banda
musicale (la “Mario Aloe”, per tradizione), la quale suona marce
funebri tra cui brani dei maestri locali Mario Aloe e Domenico
Fiorillo.
L’Addolorata, infine, è preceduta da un gruppetto maschile di
“cantores” che interpreta con passione alcune strofe dello Stabat
Mater (anche qui si scelgono le più musicali e anche qui
l’espressione latina viene resa a proprio piacimento), assegnato
dalla tradizione a fra’ Jacopone da Todi. L’enfasi canora degli
uomini davanti a Maria è controbilanciata da una “fiumara” di
voci femminili che scorre dietro alla “varetta”. Esse cantano
all’unisono. E i brani sono «meno impersonali di quelli intonati
dai maschi perché più elaborati nei contenuti e densi di
riferimenti alla cultura o al mondo delle popolane. Il linguaggio
di queste composizioni rispetto a quello dei canti degli uomini,
più attuale ed intelligibile, appartiene all’antica parlata
amanteana dei ceti subalterni, come dimostrano il lessico
desueto, il frequente uso del passato remoto dei verbi (un tempo
improprio nell’attuale dialetto), l’improvviso passaggio dallo
stesso passato remoto al presente nel corso del periodo,
l’aggrovigliata sintassi, non ancora contaminata dall’italiano»40.
Vincenzo Segreti segnala 8 canti femminili (narrativamente e
melodicamente per lui i più significativi, poi ve ne sono altri…),
quasi tutti con titolo-incipit: Oj’è llu Vennaru Santu; Visitamu la
‘Ndulerata; Jesu, Madonna chi cori facisti; Quannu Cristu fu misu
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Vincenzo Segreti, La Settimana Santa…, p. 22.
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‘n crùcia; ‘A Madonna ppe’ mari jive; E considera a lla rivoglia;
Gesù Cristu ca si’ alla cruci; ‘U rilogio. Quest’ultimo è «una
lunga e dolente cantilena, nella quale l’orologio del tempo
scandisce inesorabilmente le ore, che separano Gesù dal
supremo sacrificio del Gòlgota, aumentando l’ansia e il
tormento del condannato, della Madre e dei discepoli […]»41. ‘U
rilogio è variante locale di un testo diffusissimo in area calabrese,
L’Orologio della Passione42.
Ivi, p. 23
Si cfr. Francesco Faeta, “I maestri del sangue. Un rito di flagellazione a Nocera Terinese”,
contenuto in Le forme della festa… cit., p. 168, dare una lettura alla nota 18.
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