MONTAGNA: TERRITORIO DI VALORE
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MONTAGNA: TERRITORIO DI VALORE
IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine MONTAGNA: TERRITORIO DI VALORE Ridefinire il concetto di montanità 25 Novembre 2008 – bz 06 IREALP - Research Institute for Ecology and Economy Applied 1 to Alpine Areas Chiuro Sede Legale Milano Sede Amministrativa Bruxelles Via Roma 10-12 23030 Chiuro Tel. +39 0342.483.981 Fax +39 0342.482.490 Via M. Gioia 72 20125 Milano Tel. +39 02.6797.161 Fax +39 02.6797.16200 Place du Champ de Mars 2 1050 Bruxelles Tel. +32 (0)251.876.39/37 Fax +32 (0)251.876.26 www.irealp.it e-mail: [email protected] p.iva/c.f. 00765790142 cciaa n. 58117 (REA) IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine Il presente studio è stato elaborato grazie al contributo del Comitato Tecnico Scientifico di IREALP, coordinato dal Consigliere Delegato Enrico Dioli, con la supervisione del Direttore Raffaele Raja e il supporto dell’Area Sviluppo Territoriale e Strategico. Foto di copertina di Filippo Manfredi. 2 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine Introduzione Innovare la definizione di “montanità” appare oggi fondamentale e irrinunciabile per definire politiche di sviluppo e governance veramente efficaci. Il presupposto fondante sulla base del quale si definivano in passato normative e strumenti di sviluppo era la condizione di svantaggio dei territori montani: la montagna è svantaggio. Le politiche, gli incentivi, la governance venivano di conseguenza pensati per colmare quello che appariva un divario, portando i territori montani a tendere verso gli stessi modelli, gli stessi traguardi degli altri. Per innovare, il presupposto più corretto, in linea con le politiche comunitarie (Strategia di Lisbona) e regionali appare oggi essere impostato sulla diversità della montagna intesa come ricchezza: la montagna è diversa. È la morfologia stessa del territorio ad opporsi in qualche misura a processi spinti di integrazione socio-economica intervalliva e transfrontaliera, ma ciò, se per certi versi rappresenta un limite, è invece da considerarsi un elemento positivo per il mantenimento della ricca pluralità culturale delle popolazioni originarie. Una pluralità che per altro, proprio in virtù essenzialmente della particolare morfologia, non impedisce, come si vedrà, il riconoscimento di un comune denominatore identitario (la montanità appunto). Le politiche, gli incentivi, la governance “su misura” per la montagna devono pertanto considerare come vere opportunità per la montagna le sue stesse diversità, elementi unici da valorizzare, difendere, innovare. La ridefinizione del concetto di montanità si attua attraverso l’analisi di queste molteplici ed eterogenee diversità, definendo poi in quali termini possano essere valutate come potenzialità di sviluppo, in un’ottica più di incentivazione e valorizzazione che di sostegno. 3 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine 1 – L’evoluzione del quadro normativo europeo L'Unione Europea è stata incessantemente sollecitata, ormai da diversi anni, a soffermare la propria attenzione sulle aree montane e ad approvare un regolamento (o una direttiva) del Consiglio o della Commissione, contenente specifiche misure per le aree montane che dessero origine così ad una politica integrata multisettoriale, quale base sulla quale attuare azioni di governance e politiche mirate per i territori montani. Le aree montane in Europa rappresentano il 40,6% dell’intero territorio continentale e il 19,1% della popolazione complessiva1 e, come sottolineato dalla Dichiarazione di Brig del 10 ottobre 2008, è necessario, anche a fronte del momento storico di instabilità economica e di transizione politica che l’Europa sta vivendo, che venga riconosciuta a livello comunitario l’estrema importanza che i territori di montagna rivestono da un punto di vista economico, ambientale, sociale e culturale e come essi abbiano un ruolo chiave nel perseguimento dell’unità e della coesione territoriale dell’Unione Europea. Appare però evidente che la Comunità Europea non può adottare nessuna specifica iniziativa in assenza di un'apposita disposizione del trattato europeo che ne affermi la competenza in materia. È necessario, pertanto, che l'Unione Europea riconosca la specificità della montagna e che preveda, pur nel rispetto del principio di sussidiarietà, un'apposita organica politica europea. Le caratteristiche della "specificità montana", seppure in presenza di condizioni economiche diverse, sono ovunque riconoscibili e determinano particolari condizioni di vita delle popolazioni, per l'organizzazione e gestione dei servizi, per l'informazione, per l'accesso e la mobilità. In relazione alle montagne europee, le politiche di tutela e promozione dell'ambiente, del paesaggio, della biodiversità, le politiche di tutela di tecniche agricole specifiche, di antiche culture proprie di popolazioni insediatesi secoli or sono e provenienti da regioni lontanissime, la salvaguardia di culture locali di eccezionale portata, di beni storici e artistici, assumono particolare ed urgente rilievo e a tal proposito risulta prioritario proporre una definizione del concetto di “montanità”, univoco, basato su solide basi scientifiche e condiviso e accettato a livello europeo. 1 Fonte: Dichiarazione di Briga del 10 ottobre 2008. 4 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine Un rapido excursus nell’evoluzione della normativa europea in materia parte dalle prime elaborazioni del CESE del 1988, per arrivare ai giorni nostri, con la relazione della DG REGIO del 2004. Anche in questa evoluzione è segnato il passaggio da una sottolineatura dello svantaggio delle aree montane all’esaltazione della diversità e della differenziazione di aree determinanti per l’identità sociale ed economica dell’Europa. Nella relazione informativa della sezione Sviluppo regionale su "Una politica per le aree montane", il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) organo consultivo dell'Unione europea per le proposte di leggi comunitarie – si è giunti ad un tentativo di uniformazione semantica della nozione di "zona di montagna" che raccoglie tutta la gamma di situazioni geofisiche, climatiche, ecologiche e socio-economiche che caratterizzano la montagna europea. È stata quindi stabilita e pubblicata nel parere d'iniziativa CES 461/88 una definizione con carattere e finalità metodologiche e pratiche: una zona di montagna "è una entità geografica, ambientale, socio-economica e culturale in cui gli svantaggi derivanti dalla combinazione tra altitudine e altri fattori naturali debbono essere posti in relazione con i condizionamenti socio-economici, con la situazione di squilibrio territoriale e con il livello di degrado ambientale." Sono state proposte anche altre definizioni di zone di montagna, come ad esempio quella contenuta nell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo Europeo d'Orientamento e di Garanzia Agricola (FEAOG): “Le zone di montagna sono quelle caratterizzate da una notevole limitazione delle possibilità di utilizzazione delle terre e da un notevole aumento del costo del lavoro”, dovuti: 1. all'esistenza di condizioni climatiche molto difficili a causa dell'altitudine, che si traducono in un periodo vegetativo nettamente abbreviato; 2. all'esistenza nella maggior parte del territorio di forti pendii che rendono impossibile la meccanizzazione o richiedono l'impiego di materiale speciale assai oneroso, indipendentemente dal fattore altitudinale; 3. a una combinazione dei due fattori, quando lo svantaggio derivante da ciascuno di questi fattori presi separatamente è meno 5 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine accentuato, ma la loro combinazione comporta uno svantaggio equivalente. Tale regolamento precisa i criteri generali di classificazione (altitudine, forti pendii, combinazione di questi due fattori), ma non stabilisce un livello minimo da rispettare da parte dagli Stati membri. In effetti, nel quadro di una più estesa applicazione della sussidiarietà, spetta alle autorità nazionali e/o regionali stabilire i livelli da rispettare e procedere alla classificazione delle zone nell'osservanza dei criteri comunitari di base. Il Comitato Economico e Sociale (CESE), a fronte della mancanza di una definizione normativa di montagna univoca e condivisa, ha rilevato quindi la necessità di un'omogeneizzazione dei criteri giuridici di classificazione delle aree montane, sinora adottati sia dai singoli Stati che dalla Comunità Europea. Tale omogeneizzazione necessita di una griglia di criteri, definita a livello comunitario, che comprenda i diversi fattori di handicap, naturali e socioeconomici. Il più recente “Progetto di rapporto della commissione Sviluppo sostenibile in merito a: L’azione comunitaria per le zone di montagna2”, adottato dal Comitato delle Regioni dell’Unione Europea nel febbraio 2003, sottolinea invece come esistano attualmente numerose definizioni di zone di montagna, ma nessuna tra queste è unanimemente accettata, né utilizzata in modo sistematico. Ciascuna di queste definizioni privilegia una (o più) dimensione specifica alla quale è riconosciuta un'importanza particolare. Come indicato infine nel Rapporto Nordregio 2004:1 (Mountain areas in Europe – Analysis of mountain areas in EU Member Stase, acceding and other European countries), una legislazione specifica per la montagna esiste solamente in Paesi caratterizzati da una politica per la montagna ben sviluppata e strutturata, come l’Italia, la Francia o la Svizzera. A questo riguardo, un esempio importante è costituito dalla “Legge Svizzera sugli Investimenti nelle Regioni Montane” (LIM), approvata nel 1974 e revisionata nel 1997, mentre in Francia, la prima definizione di montagna risale al 1961 (la relativa Legge nazionale è stata emessa nel 1985). 2 Documento approvato dal Comitato delle Regioni nel corso della Sezione plenaria di Bruxelles del 12-13 febbraio 2003. 6 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine Per contro, in Spagna, nel corso dell’Anno Internazionale della Montagna nel 2002, è stata realizzata solo una carta per le aree montane3. Per quanto riguarda invece gli Stati entrati da poco nell’UE o candidati all’inserimento, ad esempio in Bulgaria e Romania sono in corso di preparazione o approvazione diverse leggi specifiche sulla montagna. A livello Comunitario, in sostanza, tutti i Paesi europei, per la definizione del concetto di “montagna” utilizzano un mix di fattori, in cui l’altimetria non è l’unico criterio dirimente come viene invece spesso proposto a livello di normativa italiana. Quasi tutti i Paesi utilizzano infatti una combinazione tra altitudine e pendenza, dall’Irlanda che parte da 200 metri come quota minima per definire “montano” un territorio, al Regno Unito che parte da 240 metri. La Svezia ad esempio definisce montane le aree inserite negli ex Obiettivi 1 e 2 europei, mentre l’Austria parte da 500 metri ma definisce montano un comune in cui ci sia almeno un’azienda agricola. In Grecia sono invece montani i comuni sotto i 600 metri che hanno una pendenza del 20%. La Svizzera, infine, non utilizza l’altitudine per definire montano un comune, ma fa ricorso a tre criteri in ordine decrescente: le condizioni climatiche, le vie di accesso e di comunicazione e la configurazione del terreno e demanda proposte e scelte ai Comuni e ai Cantoni, anziché decidere tutto a livello nazionale. Inoltre, come sottolineato dal Rapporto Nordregio 2004:1, esistono anche altre definizioni specifiche di “montagna”, basate su altre tipologie di criteri e parametri ed elaborate per scopi specifici. Ad esempio, la “montagna” viene anche definita: - come parte delle aree sfavorite da un punto di vista agricolo (LFA – agricoltural less favoured areas) in base alla Direttiva 75/268 modificata col Regolamento 950/97 e in seguito nell’articolo 18 del Regolamento 1257/99; - per politiche multi-settoriali in un contesto nazionale (ad esempio le “politiche di massiccio” in Francia); - sulla base di accordi internazionali, come ad esempio la “Convenzione delle Alpi”4; 3 Fonte: Rapporto Nordregio 2004:1 (Mountain areas in Europe – Analysis of mountain areas in EU Member Stase, acceding and other European countries). 4 Convenzione quadro intesa a salvaguardare l’ecosistema naturale delle Alpi e a promuovre lo sviluppo sostenibile in quest’area, tutelando gli interessi economici e culturali delle popolazione residenti dei Paesi aderenti (Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Principato di Monaco, Slovenia, Svizzera). La Convenzione prevede dei Protocolli di attuazione relativi a dodici settori, finalizzati alla definizione degli aspetti particolari della Convenzione stessa. 7 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine - per studi specifici (ad esempio le aree al di sopra della linea della vegetazione, come avvenuto in Svezia in un rapporto sulla protezione dell’ambiente). Appare chiaro quindi come non vi sia una definizione normativa univoca di “montagna” in Europa, ma tutti i documenti in materia richiamano l’esigenza di una combinazione di fattori tra l’altitudine e altri fattori naturali da un lato e i condizionamenti socio-economici, la situazione di squilibrio territoriale e il livello di degrado o di pericolo ambientale dall’altro. La combinazione, nelle differenti situazioni, delle variabili indicate definisce un territorio come "area montana" e fa variare la soglia altimetrica a partire dalla quale un territorio può definirsi montano. Per questo, la scelta, la parametrazione e la combinazione dei diversi fattori non possono essere univoche per l'intera Comunità europea, ma vanno adattate alle diverse situazioni e definite a livello nazionale e regionale5. E’ necessario inoltre tenere in considerazione il fatto che criteri quali l'altitudine, la pendenza e i gradienti ambientali che esse generano, sono sicuramente i fattori chiave di una definizione di “montagna”, ma la loro combinazione risulta assai complessa. Limitarsi a stabilire delle soglie d'altitudine fa escludere sia i sistemi montuosi più antichi che quelli meno elevati, determinando al tempo stesso l'inclusione di zone relativamente elevate con modesto rilievo topografico e scarsi gradienti ambientali. Utilizzare come criterio la pendenza, da sola o in combinazione con l'altitudine, può risolvere quest'ultimo problema, ma non il primo. Da ciò emerge la forte necessità di una proposta di definizione non solo a livello regionale e nazionale, ma europeo, delle zone di montagna basata sui criteri relativi alle caratteristiche naturali come altitudine, pendenza, configurazione del suolo e fattori climatici, nonché su criteri socioeconomici come densità della popolazione, sviluppo demografico, strutture delle età, scala delle attività economiche, potenzialità di sviluppo delle aree economiche, tramite una combinazione di tali criteri secondo un percorso metodologico e scientifico, ai fini dell’individuazione delle “zone di montagna”. 5 Fonte: Parere d’iniziativa del Comitato economico e sociale (CES 461/88) 8 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine Va sottolineato infine, come la maggior parte delle leggi nazionali e la stessa direttiva 75/268/CEE fa riferimento, per la delimitazione delle aree montane, ai territori dei comuni o a parti di essi. Sebbene questa unità amministrativa possa, in molti casi, portare ad un eccessivo frastagliamento del territorio da prendere in considerazione, il livello comunale è presente, come unità riconosciuta a livello europeo. Sarebbe quindi auspicabile che le misure per le aree montane intervenissero su "blocchi" compatti di territorio (visti anche i problemi di integrazione tra le aree montane e quelle pedemontane) che comprendano la zona montana propriamente detta e le zone che le sono immediatamente contigue e formano con essa una medesima entità geografica, economica e sociale. Ciò esprime in sostanza quella che viene ormai comunemente definita – almeno a livello UE – “politica di massiccio”. Tuttavia, dal punto di vista operativo, risulta necessaria l’individuazione di un’unità di calcolo di base, che porti alla perimetrazione di un’area come “area montana”, che non può che essere il Comune. 9 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine 2 – Il concetto di montagna: verso una nuova “montanità” Il concetto di montagna va dunque articolato in termini fisici e socioeconomici. In termini fisici, la montagna è quel territorio contraddistinto da peculiarità di carattere geografico riconducibili sostanzialmente a due elementi: • la verticalità delle terre • l’altimetria. Entrambi condizionano fortemente il meso e il micro-clima e con essi i cicli biologici degli organismi e gli ecosistemi. Si pensi ad esempio al contrasto che si viene a creare tra versanti esposti a meridione, dove si possono avere livelli di illuminazione e termia paragonabili a quelli di stazioni mediterranee, e versanti esposti a settentrione, dove invece le condizioni sono poco discordi da quelle di luoghi a latitudini elevate. Oppure si pensi all’effetto della quota sulle temperature, sulle escursioni termiche giornaliere e stagionali, sul regime delle precipitazione, sull’umidità atmosferica e gli altri parametri climatici. Gli ecosistemi naturali e gli organismi in essi ospitati risultano così molto diversificati, ma accomunati da una tendenziale scarsità di risorse materiali e da forti costrizioni determinate principalmente dalla severità climatica. Ciò ha un marcato effetto selettivo sulle specie e fa della biodiversità l’attrattore principale di questi ecosistemi, ossia il punto di convergenza delle dinamiche evolutive. Gli ecosistemi hanno di conseguenza elevata omeostasi e resilienza, ossia notevole capacità di resistere a stress e disturbi esterni o di riprendere l’assetto originario una volta cessata un’azione che ne aveva determinato l’alterazione. La qualifica vulnerabile attribuita al territorio montano appare, da questo punto di vista, del tutto impropria. La vulnerabilità appartiene semmai agli ecosistemi ricchi e con poche costrizioni delle pianure, in cui gli elevati flussi energetico-materiali, ponendo quale attrattore la crescita quantitativa invece della biodiversità, ne compromettono il potere omeostatico e resiliente. In termini socio-economici, i nuovi assetti economici (prevalenza dell’economia dei servizi e marginalizzazione dell’agricoltura), l’ulteriore 10 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine apertura dei mercati (processi di internazionalizzazione delle imprese e globalizzazione) e una nuova configurazione territoriale (abbandono delle terre marginali e neo-inurbamento) hanno tracciato un profondo solco con la civiltà rurale, omologando gli stili di vita e le aspettative degli abitanti della montagna, minandone l’identità storica, la compattezza sociale delle comunità e alcuni preziosi fondamenti solidaristici. Nel complesso si è assistito a ciò che viene sociologicamente descritto come uno “straniamento” delle popolazioni rispetto alle proprie radici originarie. Alcuni tratti identitari ovviamente resistono, ma certamente hanno subito un allentamento significativo e anche alcune definitive rotture. La ruralità parrebbe dunque essere al più un retaggio del passato e ciò è senz’altro vero se intesa in rapporto all’economia. Così non è se invece è assunta come relazione dell’uomo con il territorio. Quei criteri ecologici, culturali e sociali che fondavano la civiltà rurale appaiono in qualche modo costitutivi del vivere in montagna, non negoziabili. Prova ne sono i problemi di degrado materiale e immateriale determinati dal loro venir meno in conseguenza della crisi dell’agricoltura e dell’abbandono delle terre alte. Pur dentro prospettive di modernità aperte ad altri settori economici e altre forme di socialità, la montagna sembra dunque vincolata ai valori ecologici e culturali della ruralità. La sfida è riuscire a coniugarli in un contesto caratterizzato da processi di integrazione dei redditi degli individui e delle famiglie basati sulla pluriattività e sull’intersettorialità degli impieghi. Anche il concetto di montanità, inteso come identità alpina, ha un duplice aspetto, individuale e collettivo, ambedue precipitati di processi di adattamento a situazioni d’incertezza che Luigi Zanzi6, attingendo al linguaggio sistemico, definisce alle soglie del caos, ossia al confine della compatibilità con la vita. A livello individuale, la sfida contro l’incertezza fa sì che la montagna non possa essere in alcun modo subita, ma debba essere liberamente e consapevolmente assunta, come fu per quei popoli del passato che vi si insediarono non per costrizione, ma per scelta. Circa la dimensione collettiva, la tesi di un’identità alpina è sostenuta da molti studiosi. Di recente è stata ribadita e argomentata da Annibale Salsa7, che parla di una sorta di “unità nella diversità”, risultato dei processi adattativi delle varie popolazioni alle costrizioni ambientali, espresse ancora una volta soprattutto dall’acclività e dall’altimetria del territorio. Se, 6 7 Luigi Zanzi, 2004. Le Alpi nella storia d’Europa. CDA Vivalda Annibale Salsa, 2007. Il tramonto delle identità tradizionali. Priuli e Verlucca. 11 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine infatti, l’isolamento, altro tratto distintivo della vita in montagna, facilita la sedimentazione di peculiarità, le costrizioni ambientali tendono a comporle in un comune denominatore. Si tratta quindi di un’identità non fondata su omogeneità etno-linguistica e tanto meno su un medesimo genotipo montanaro, bensì, si ribadisce, sul rapporto con la realtà fisica naturale. Quanto più le condizioni di acclività e altimetria si fanno estreme tanto più esse operano in profondità e selettivamente, uniformando le specificità. Palese è la simmetria sistemica tra la realtà naturale e quella sociale. In entrambe l’attrattore è la diversità, rispettivamente di tipo ecologico e di tipo culturale. Le costrizioni ambientali esercitano per altro un forte azione selettiva sulle componenti (le specie negli ecosistemi, gli individui nelle comunità sociali), favorendo i soggetti adatti a vivere, nell’ordine, in condizioni di risorse scarse e di incertezza, introducendo così quegli elementi di omogeneità su cui si fondano le identità. Montagna come territorio diverso e differenziato L’idea, oggi dominante e recepita a piene mani dalla stessa legislazione, che la montagna sia un territorio svantaggiato scaturisce da una visione meramente economicista e urbano-centrica della realtà. Le difficoltà di comunicazione, i vincoli ambientali, i limiti dimensionali rendono in effetti l’economia montana scarsamente competitiva in tutti i settori produttivi e anche in molti comparti del terziario, giustificando da questo punto di vista un giudizio svalutativo. Tuttavia, se si approccia la realtà da una prospettiva più ampia del mero ambito economico e affrancata dai modelli consumistici globali, ovvero in una prospettiva centrata sul primato della persona, quindi sulla qualità della vita come triplice armonia (con sé stesi, con gli altri, con l’ambiente), l’equazione montagna = territorio svantaggiato non regge. Anzi, per molti aspetti, la montagna si propone come luogo privilegiato, dove non solo è auspicabile trascorrere la vacanza, ma è desiderabile viverci. Contatto con la natura, spazi senza confini, bellezza, significati spirituali sono alcuni dei suoi elementi specifici, essenziali per il benessere della persona. Al concetto di montagna come territorio svantaggiato occorre allora sostituire quello di montagna come territorio di valore e di senso. 12 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine Ma come si evolve e si differenzia la montagna al suo interno negli ultimi trenta anni, cioè da quando furono individuate le Comunità Montane nella legislazione italiana? E’ possibile parlare di una “montagna” o si deve più correttamente parlare al plurale di “montagne”? Se non addirittura, come vedremo, di un “Sistema Montagna”? L’analisi recentemente svolta dal CENSIS (“Il Valore della Montagna”, 2003) offre molti spunti al riguardo. Il territorio montano, negli anni dell’emigrazione verso valle, dello spopolamento e della senilizzazione, è stato considerato da parte dei sui residenti, una sorta di “maledizione biblica”. Tale visione negativa della montagna è proseguita anche quando le dinamiche socio-economiche hanno messo in evidenza una dicotomia tra la montagna marginale e la montagna più ricca, beneficiaria dei flussi turistici. Al giorno d’oggi, tale modello dicotomico pare decisamente superato, a favore di un’immagine di montagna a “macchia di leopardo”, in cui si evidenzia un’alternarsi di aree forti e di aree deboli. Una montagna quindi così diversificata da renderla molto più difficile da descrivere e interpretare come “area a sé stante”. L’isolamento culturale e la distanza dai modelli di consumo “urbani” sono ormai un lontano ricordo per molte aree montane, i beni di consumo di cui si dispone in montagna sono sostanzialmente gli stessi della pianura e le attività agro-silvo-pastorali in alcune aree sono state sostituite dal terziario. Sopravvivono comunque aree caratterizzate in passato da intenso spopolamento e che presentano oggi marcati livelli di invecchiamento della popolazione, alla stessa stregua di aree ai confini della marginalità economica, per le quali, solo politiche fiscali o di incentivo economico mirate a compensare lo svantaggio localizzativo possono impedire loro di confluire più o meno lentamente verso la tipologia della montagna “svuotata”. D’altro canto, si può affermare che negli ultimi anni i fenomeni di rapido impoverimento hanno subito un sostanziale rallentamento e la stessa dinamica migratoria verso i centri urbani ha rallentato, fino a sparire in alcuni casi o a trasformarsi in pendolarismo. In alcuni, anche se rari casi, si registrano addirittura fenomeni di ripopolamento. Anche la montagna ricca sta cambiando: basti pensare ad esempio al fatto che la “monocultura” dello sci alpino tende ad essere sostituita o integrata con modelli di turismo più flessibili e orientati a una diversificazione dell’offerta. 13 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine Emerge quindi, nel complesso, il quadro di una montagna in rapida evoluzione, sempre più orientata verso un uso efficiente delle risorse disponibili, una corretta individuazione delle potenzialità e una definizione “locale” delle priorità. Secondo i risultati di una cluster analysis condotta sempre dal Censis nel 2003, l’evoluzione socio-economica dei territori prescinde ampiamente dal loro carattere morfologico, configurandosi quest’ultimo, ora come risorsa, ora come handicap, ma mai come un reale discrimine rispetto alle capacità delle aree di “partecipare alla determinazione del reddito nazionale”. Si può quindi sostenere con certezza che le differenti tipologie e livelli di sviluppo delle aree montane sono legati alla collocazione all’interno delle tradizionali aree geografiche (Nord, Centro, Sud), molto più che al carattere di “montanità” che viene loro ufficialmente assegnato. Questa affermazione viene ampiamente supportata dal dato relativo alla stima del valore aggiunto prodotto nell’insieme del territorio montano, che risulta essere solo lievemente inferiore alla media dell’intero territorio nazionale. Il dato economico è certamente significativo per sottolineare come la connotazione di “territorio svantaggiato” storicamente assegnata alla montagna sia ormai superata e obsoleta, ma non è sufficiente per far emergere le differenze che esistono all’interno di un aggregato così ampio ed eterogeneo come il “Sistema Montagna8”, caratterizzato, come già affermato in precedenza, dall’avere come aspetto predominante la “diversità”. Diversità data da un insieme di fattori fisico-geografici, climatici, socio-economici e storico culturali, che non possono prescindere gli uni dagli altri per connotare i diversi tipi di “montagna”. La cluster analysis svolta dal Censis propone di fatto una classificazione dei comuni in base a tipologie omogenee, da cui emerge un quadro caratterizzato da 6 principali gruppi tipologici distinti, che evidenzia ancora una volta come esistono numerose e diverse realtà di montagna: 1. la montagna come risorsa, che presenta valori degli indicatori relativi alle attività e al comparto turistico superiori alla media; • 8 Nella proposta di Piano Territoriale Regionale (PTR) approvata dalla Giunta Regionale con DGR del 16.1.08, n.6447, fra i sei Sistemi Territoriali individuati per rappresentare le potenzialità e le opportunità della Lombardia e affrontare, con la prevenzione, le criticità, vi è il “Sistema della Montagna” e il “Sistema Pedemontano”, che trovano collocazione al fianco degli altri principali sistemi territoriali quali, il Sistema Metropolitano, il Sistema dei Laghi, il Sistema della Pianura Irrigua e il Sistema del Po e grandi fiumi. 14 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine 2. la montagna dell’invecchiamento e del declino demografico, dove gli indicatori più significativi e al di sopra delle medie riguardano l’incidenza delle abitazioni non occupate, l’indice di vecchiaia, i tassi di mortalità, il rapporto tra residenti e abitazioni occupate e il numero di componenti per famiglia; 3. la montagna marginale, che concentra il maggior numero di comuni e in cui sono elevati gli indicatori relativi al numero di residenti per abitazione occupata e ai componenti per famiglia e sono ai valori minimi i livelli pro-capite di reddito; 4. la montagna urbana e industriale, contraddistinta da valori molto superiori alla media negli indicatori relativi alla struttura industriale e rispetto al ruolo di centri attrattori (rapporto tra addetti e residenti, densità di operatori economici per abitante); 5. la montagna dei comuni peri-urbani, in cui il reddito pro-capite è molto superiore alla media, con un’elevata quota di addetti artigiani; 6. la montagna dei piccoli centri rurali, che presenta i valori massimi in corrispondenza agli addetti in agricoltura espressi sia come quota, sia in rapporto agli abitanti e una prevalenza di classi di età mature e anziane. Ne emerge in generale un livello di segmentazione molto elevato per quanto riguarda i territori montani. La montagna è allora “diversità” e diversità significa un insieme di “identità”, da un punto di vista storico-culturale e naturale, da preservare e valorizzare. Ma anche differenze forti all’interno di un “Sistema” territoriale e socio-economico, in cui agire su uno dei suoi elementi costitutivi significa agire contemporaneamente su tutti gli altri, generando effetti a catena, appunto “sistemici”, che devono essere considerati nella valutazione di qualsiasi policy per la montagna si intenda porre in essere. Questi aspetti sono quindi da tenere in forte considerazione per proporre e individuare politiche adeguate per la governance della montagna. 15 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine 3 - Proposta di determinazione di parametri per le aree montane Partendo dalla considerazione che manca, allo stato attuale, una definizione chiara e univoca di “comune montano” e che tale incertezza e vuoto legislativo ha provocato negli anni un progressivo allargamento della montagna “legale”, diluendo l’efficacia di interventi economici su una base territoriale eccessivamente ampia, viene di seguito illustrato un percorso metodologico basato su una serie di criteri scientifici, che Regione Lombardia potrebbe presentare come propria proposta di definizione del concetto di “montanità”. (cfr. ALLEGATO A). In seguito alle considerazioni fin qui riportate, pare evidente che la definizione della “montanità” non può prescindere dal tenere in considerazione i caratteri fisici, morfologici e geografici del territorio, delle caratteristiche demografiche e sociali, delle attività produttive e del grado di isolamento. La classe di indicatori più idonea ad individuare le aree montane con minore margine di approssimazione, sia per significatività e univocità dell’informazione, sia per la disponibilità di dati certi e certificati, è quella riconducibile alla categoria fisica e morfologica. L’altimetria costituisce, in particolare, un parametro fondamentale nella classificazione dei territori montani, presente in tutti documenti e nella normativa esistente in materia. A questa categoria viene aggiunto il dato relativo alla pendenza e al clima (calcolato sulla base dei gradi/giorno di ciascun comune). La definizione di territorio montano in base ad altimetria, pendenza e clima si rifà inoltre all’indicazione contenuta nella legislazione UE, così come riportato già nella direttiva 75/268/CEE, e da ultimo confermata, almeno fino al 2010, dall’art. 50 del Regolamento n. 1698 del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. Si sottolinea inoltre come, mentre i dati di altimetria e pendenza sono dati storici, l’utilizzo dei gradi/giorno per connotare da un punto di vista climatico e climatologico i diversi territori, è una nuova proposta, che tiene conto delle attuali tematiche del cambiamento climatico e del risparmio energetico. A questo insieme di parametri fisico-geografici e naturali, va aggiunta come detto una componente di indicatori a carattere socio-economico e demografico. 16 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine La categoria socio-economica, pur rivestendo un ruolo significativo nella descrizione dei territori di montagna, non possiede la caratteristica di univocità nella definizione propria dei parametri fisici: ai singoli parametri socio-economici non viene dunque conferito il ruolo di delimitare la montagna in modo assoluto, mentre acquisiscono forte valenza descrittiva e interpretativa della composita realtà delle aree montane se affiancati alla componente geografico - fisica. Per qualificare la condizione socio-economica delle aree montane, è stata a lungo utilizzata nella letteratura scientifica la categoria di “marginalità”, intesa non solo come perifericità geografica e lontananza dai centri decisionali e di potere, ma anche nell’accezione di deprivazione e povertà di risorse. Questo concetto è stato inoltre tenuto in considerazione dalla normativa regionale per la classificazione dei comuni montani e dei piccoli comuni in “classi di svantaggio”9, classificazione effettuata sulla base anche qui di una serie di indicatori, oltre che fisico-geografici, anche socio-economici. A tal proposito, si è ritenuto opportuno mantenere una certa coerenza con le scelte già effettuate da RL nell’individuazione delle aree montane differenziate, derivando quindi in parte dalla relativa normativa regionale i parametri socio-economici da utilizzare nella definizione del concetto di “montanità”. Questi parametri demografici e socio-economici potrebbero avere il ruolo di correttori della componente fisico-geografica definita con i tre parametri (altimetria, pendenza e gradi/giorno) illustrati in precedenza. Una proposta preliminare di indicatori utilizzabili potrebbe essere la seguente: • • • • dimensione demografica indice di spopolamento presenze turistiche attività produttive extra agricole • • Indice di Infrastrutturazione Indicatore di Situazione Economica Equivalente (ISEE) e altri… • 9 - Indicatori per i quali sono disponibili banche dati. Indicatori per i quali non sono attualmente disponibili banche dati; sarebbe pertanto necessario procedere a costruirle. Cfr. DGR 30 settembre 2002 n. 7/10443 e DGR 29 dicembre 1999 n. 6/47359 17 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine In particolare, i primi quattro parametri di esempio sono stati proposti in quanto caratterizzati dall’ampia disponibilità di banche dati. Si sottolinea comunque che potrebbe essere interessante inserire nuovi parametri e a tal proposito, si potrebbero individuare altri indicatori che potrebbero essere utilizzati in aggiunta o in sostituzione di quelli qui sopra proposti, tra cui ad esempio l’Indice di Benessere Economico Sostenibile (ISEW) e l’Indice di Sviluppo Umano (HDI). Oltre a questi indicatori a carattere socio-economico, si potrebbe valutare l’introduzione di un’ulteriore serie di parametri, quali ad esempio il livello di urbanizzazione del territorio, la quota di superfici prato-pascolive o un indice di biodiversità, che potrebbero risultare particolarmente efficaci nel mettere in evidenza valori e opportunità delle aree montane, soprattutto rispetto agli aspetti ambientali, naturalistici e paesaggistici. Infine, è allo studio la possibilità di rappresentare l’andamento del grado di “montanità” dei territori mediante una funzione continua n-dimensionale che potrebbe permettere di caratterizzare ciascun territorio per il suo grado di montanità specifico. La definizione di una curva della Montanità potrebbe avere infatti il vantaggio di rappresentare con assoluta fedeltà la realtà, evitando le approssimazioni e imprecisioni delle ripartizioni in classi. Una variabilità continua è infatti in grado di cogliere anche le più piccole differenze, mentre una variabilità discreta non solo non può fare questo, ma introduce semplificazioni che possono distorcere in misura più o meno marcata l’oggetto o il fenomeno osservato. In particolare, per la classificazione del territorio (livello comunale o altro) si possono impiegare varie tecniche di analisi statistica multivariata, la Cluster analysis10 (come fatto dal CENSIS) e la Gradient analysis11. 10 Il Clustering o Cluster analysis (Robert Tryon - 1939) o analisi di raggruppamento è un insieme di tecniche di analisi multivariata dei dati volte alla selezione e raggruppamento di elementi omogenei in un insieme di dati. Tutte le tecniche di clustering si basano sul concetto di distanza tra due elementi. Infatti la bontà delle analisi ottenute dagli algoritmi di clustering dipende essenzialmente da quanto è significativa la metrica e quindi da come è stata definita la distanza. La distanza è un concetto fondamentale dato che gli algoritmi di clustering raggruppano gli elementi a seconda della distanza e quindi l'appartenenza o meno ad un insieme dipende da quanto l'elemento preso in esame è distante dall'insieme. 11 La Gradient analysis è lo studio delle relazioni tra degli oggetti e dei fattori esterni, finalizzato ad interpretare la variabilità degli oggetti alla luce dei fattori. È così chiamata perché gli oggetti sono collocati lungo dei gradienti di variabilità ottenuti attraverso delle tecniche di ordinamento. L’analisi può essere realizzata secondo due strategie, indiretta e diretta. Nella prima sono utilizzati degli ordinamenti liberi e gli assi o gradienti più significativi sono confrontati con i fattori esterni per mezzo dell’analisi di correlazione o di regressione. Nell’analisi diretta sono utilizzati ordinamenti 18 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine La Cluster analysis è molto efficace nella formazione degli aggregati omogenei. Esistono forme gerarchiche e non, le prime evidenziano, oltre ai gruppi, anche la struttura delle relazioni tra gli oggetti, le seconde si limitano a raggrupparli. La Gradient analysis si presta invece per interpretare e spiegare in maniera sintetica la struttura della variabilità. Essa si basa sulle tecniche di ordinamento (autoanalisi di matrice) libere o vincolate, le prime usate nella forma indiretta di analisi, le seconde in quella diretta. vincolati o canonici, che incorporano nell’ordinamento anche i fattori esterni, integrando in un unico procedimento le due fasi dell’analisi indiretta. Gli ordinamenti liberi più noti sono l’analisi delle Componenti Principali e l’Analisi di Corrispondenza. Le relative forme vincolate sono l’analisi di Ridondanza e l’analisi di Corrispondenza Canonica. 19 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine Conclusioni Apprezzare i valori della montagna non significa dimenticare le difficoltà della vita alle soglie del caos. Al contrario, è proprio la consapevolezza di ciò che la montagna rappresenta a spingere ad affrontare con decisione e cognizione di causa il problema della sua attuale gravissima crisi. Una crisi che l’ha marginalizzata finora, e che ha il suo punto d’innesco nel XVI secolo con la nascita degli stati nazionali. L’apposizione di confini sugli spartiacque, in assoluto dispregio alla contiguità culturale e ai contatti vitali che sussistevano tra i versanti, ha lacerato il territorio alpino, creando artificiose aggregazioni con la pianura e facendo perdere alle Alpi quell’unitarietà e quel protagonismo che le aveva fino ad allora contraddistinte. Annibale Salsa identifica nella costruzione delle entità statuali una delle maggiori violazioni perpetrate nei confronti dello spazio alpino in età moderna. Il tentativo di marginalizzazione ha avuto impulso dalle politiche di sviluppo degli ultimi decenni, tese a identificare le Alpi essenzialmente come spazio ricreativo, di compensazione ecologica, di collegamento tra le pianure e, in futuro, verosimilmente, di serbatoio idrico; sempre meno come luogo da abitare. Schiacciate tra queste politiche, lo spopolamento e lo svuotamento identitario, le comunità alpine rischierebbero di smarrirsi definitivamente o diluirsi al più in una dinamica di periferizzazione metropolitana che ne accentuerebbe l’anonimato e la subalternità. La sola possibilità di evitare questo destino risiede in un riordino innanzitutto concettuale e poi anche amministrativo-istituzionale che riconosca l’unitarietà geografica e storica della montagna alpina, sottraendola al governo diretto delle istituzioni e dei territori di pianura, o quanto meno attenuandone la pervasività. Il riferimento più generale è all’ipotesi, sostenuta da molti, di realizzare la macro-regione alpina dentro l’Europa. D’altra parte le indicazioni recentemente fornite da organismi rappresentativi dei territori montani in ambito europeo (AEM e Euromontana), sintetizzate nella c.d. “Dichiarazione di Briga” (9 ottobre 2008), vanno proprio in questa direzione: considerare il territorio montano europeo (40% del territorio, 20% della popolazione) come un unicum su cui impostare una politica unitaria, a partire da un documento specifico come 20 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine il “Green Paper on Mountain Areas” (sul modello di quello oggi in consultazione, “Green Paper on Territorial Cohesion”), e una governance “per massicci”. Localmente la proposta potrebbe concretizzarsi nella creazione di una qualche aggregazione territoriale unitaria, dentro la Regione Lombardia, una entità che abbia naturalmente una qualche forma di autodeterminazione che ridia fiato all’identità, rinnovando quell’orgoglio di appartenenza, quel desiderio di partecipazione alla vita pubblica, quel senso comunitario e quelle reti di solidarietà di paese che contraddistinsero la civiltà rurale del passato e di cui non si può fare a meno. In estrema sintesi, la nuova concezione di montanità è basata su: 1. il concetto di diversità, anziché di svantaggio, che ne esalta l’identità e promuove le molteplici opportunità; 2. un “Sistema Montagna” che è ampiamente articolato e differenziato al suo interno (non esiste una sola montagna”, ma più “montagne”, magari riassumibili in una “funzione” o algoritmo che le istituzioni di ricerca si incaricheranno di trovare); 3. una politica “di massiccio”, che comprenda unitariamente i territori di montagna europei e quindi esprima al meglio la governance della globalità dei problemi: così si ipotizza un “sistema alpino”, un “sistema dei Carpazi”, e a livello regionale, una aggregazione che potrebbe essere il “Sistema delle Alpi Lombarde”. ************ 21 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine ALLEGATO A Ipotesi di parametri (a titolo meramente esemplificativo) In sintesi i parametri utilizzati sono: PARAMETRI NATURALI E FISICO-GEOGRAFICI 1. altimetria 2. pendenza 3. fattori climatici (gradi-giorno) PARAMETRI SOCIO-ECONOMICI 4. 5. 6. 7. dimensione demografica (numero di abitanti) dinamica demografica (indice di spopolamento) presenze turistiche attività produttive extra-agricole I sette parametri vengono pesati singolarmente come dettagliato di seguito e sommati, ottenendo così un valore unico per ciascuna area montana considerata. 22 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine 1 - ALTIMETRIA DEL TERRITORIO COMUNALE Al territorio di ciascun Comune viene attribuito un punteggio da 1 a 9 in relazione alla altimetria del territorio comunale, secondo quanto indicato nel seguente prospetto: punteggio 1 4 9 altimetria del territorio comunale Meno del 50% della superficie complessiva a quota superiore a 600 m (500 m per i territori appenninici) Tra il 50% e il 70% della superficie complessiva a quota superiore a 600 m (500 m per i territori appenninici) Oltre il 70% della superficie complessiva a quota superiore a 600 m (500 m per i territori appenninici) 2 - PENDENZA DEL TERRENO Al territorio di ciascun comune viene attribuito un punteggio da 1 a 8 in relazione alle pendenze del terreno secondo quanto indicato nel seguente prospetto: punteggio 1 4 8 pendenza del terreno Meno del 15% del territorio comunale con pendenze superiori al 20% Tra il 15% e il 30% del territorio comunale con pendenze superiori al 20% Oltre il 30% del territorio comunale con pendenze superiori al 20% 3 – ZONE CLIMATICHE Al territorio di ciascun comune viene attribuito un punteggio da 1 a 8 in relazione alla zona climatica (parametro che tiene conto dei “gradi- 23 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine giorno12” e dell’utilizzo consentito del riscaldamento su scala giornaliera) di appartenenza, secondo quanto indicato nel seguente prospetto: punteggio 1 3 8 zone climatiche Appartenente alle zone climatiche da “A” a “D” (minore di 2100 gradi-giorno) Appartenente alla zona climatica “E” (da 2100 a 3000 gradi-giorno) Appartenente alla zona climatica “F” (oltre 3000 gradi-giorno) 4 – DIMENSIONE DEMOGRAFICA (numero di abitanti) Viene attribuito un punteggio da 1 a 3 in relazione alla popolazione anagrafica al 31 dicembre 2006 risultante da fonte ISTAT secondo quanto indicato nel seguente prospetto: punteggio 1 2 3 numero di abitanti Superiore a 2.000 abitanti Superiore a 500 e inferiore o uguale a 2.000 abitanti Inferiore o uguale a 500 abitanti 5 – DINAMICA DEMOGRAFICA (indice di spopolamento) Al territorio di ciascun Comune viene attribuito un punteggio da 1 a 3 in relazione alla variazione percentuale tra la popolazione anagrafica al 31 dicembre 2006 risultante da fonte ISTAT e la popolazione anagrafica risultante al Censimento Generale della Popolazione 2001 secondo quanto indicato nel seguente prospetto: punteggio 1 2 indice di spopolamento Superiore o uguale a 0 Inferiore a 0 e superiore o uguale a - 5% 12 L'unità di misura utilizzata per l'individuazione della zona climatica di appartenenza di ciascun comune è il grado-giorno, ovvero la somma, estesa a tutti i giorni, di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell'ambiente, convenzionalmente fissata a 20°C, e la temperatura media esterna giornaliera. 24 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine 3 Inferiore a - 5% 6 – PRESENZE TURISTICHE Al territorio di ciascun Comune viene attribuito un punteggio da 1 a 3 in relazione al numero di presenze rilevate su dati ISTAT aggiornati al 2006 sul movimento dei clienti negli esercizi ricettivi secondo quanto indicato nel seguente prospetto: punteggio 1 2 presenze turistiche Superiori a 5.000 Inferiori o uguali a 5.000 7 - ATTIVITA’ PRODUTTIVE EXTRA-AGRICOLE Al territorio di ciascun Comune viene attribuito un punteggio da 1 a 3 in ordine crescente in relazione alla percentuale di occupati nei settori extraagricoli sul totale degli occupati in base ai dati risultanti al Censimento Generale della Popolazione del 2001 secondo quanto indicato nel seguente prospetto: punteggio 1 2 attività produttive extra-agricole Superiore al 95% Inferiore o uguale al 95% Totale punteggi PARAMETRI FISICO-GEOGRAFICI Da 3 a 25 PARAMETRI SOCIO-ECONOMICI Da 4 a 10 TOTALE Da 7 a 35 PUNTI 25 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine Comune montano: punteggio ≥18 Comune parzialmente montano: punteggio ≤ 18 oppure ≥ 15 Comune non montano: punteggio < 15 26 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine BIBLIOGRAFIA • Declaration of Brig – 10 ottobre 2008. • Parere d’iniziativa CES 461/88. • Regolamento (CE) n. 1257/1999, art. 18 – Sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo Europeo d’Orientamento e di Garanzia Agricola (FEAOG). • Progetto di rapporto della commissione Sviluppo Sostenibile in mertito a “L’azione comunitaria per le zone montane – 16 settembre 2002. • Rapporto Nordregio 2004:1 (Mountain areas in Europe – Analysis of mountain areas in EU Member State, acceding and other European countries). • Direttiva 75/268/CEE. • Regolamento 950/97. • Regolamento 1257/99, art. 18. • Parere d’iniziativa del Comitato Economico e Sociale (CES 461/88). • Atlante Statistico della Montagna Italiana – Edizione 2007. • Convenzione delle Alpi – 2004. • Rapporto CENSIS “Il valore della montagna” – 2003. • Valtellina. Profili di Sviluppo – Alberto Quadrio Curzio – 2004. • Legge Federale sull’aiuto agli investimenti nelle regioni montane (LIM) – Confederazione Elvetica – 21 marzo 1997. • Loi n. 85-30 du janvier 1985. Relative au développement et à la protection de la montagne – Francia – 9 gennaio 1985. 27 IREALP Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine • Ley 25/1982, de 30 junio, de Agricultura de Montaña – Spagna – 30 giugno 1982. • Proposta – Indici di caratterizzazione e classificazione del territorio montano - Fausto Gusmeroli, 2008 – contributo al Comitato Tecnico Scientifico IREALP. • Flavio Boscacci 2008 - contributo al Comitato Tecnico Scientifico IREALP. 28