Jeet Kune Do
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Scuola Italiana F ederale Arti da Difesa JKD Concepts & Original JKD Due facce della stessa medaglia La situazione è così delineata: da un lato abbiamo i membri dell' "Original JKD" e dall’altro quelli del "JKD Concepts". La domanda è: chi è nel giusto? La risposta è entrambi e nessuno. Sia il gruppo " Concepts", sia il gruppo "Original" possiedono solo metà dell’equazione. In realtà sono i lati opposti della stessa medaglia. Mentre il gruppo "JKD Concepts" si riferisce ai seguaci dell’"Original JKD" col termine "puristi", il gruppo "Original JKD" risponde chiamando i primi "diluisti". Ciascuno dei due gruppi pubblica dichiarazioni ed articoli per supportare e promuovere la propria particolare filosofia ed il proprio punto di vista. Di conseguenza, la confusione regna suprema. Scopo di questo articolo è esaminare alcune delle argomentazioni alla base di questa controversia per vedere quali di queste siano fondate e quali no. UNA QUESTIONE DI TERMINOLOGIA La prima questione riguarda il nome stesso dell’arte. Recentemente su una rivista di arti marziali è apparsa la seguente dichiarazione: "Sembra che il problema sia una mancanza di comprensione del Jeet Kune Do, che è oggi conosciuto come Jeet Kune Do Concepts". Il problema di tale affermazione è che la persona che si riferisce all’arte come JKD Concepts è, guarda caso, un membro del gruppo JKD Concepts. Ma ci sono ancora molte altre persone che usano semplicemente il nome Jeet Kune Do. Il motivo determinante per la nascita della parola "Concepts" deriva da una promessa che Dan Inosanto fece a Bruce Lee riguardo la commercializzazione del Jeet Kune Do. Quando verso la fine degli anni settanta sifu Dan cominciò a viaggiare ed a tenere stages, molti dei promotori li pubblicizzarono, con una certa sfrontatezza, come seminari di Jeet Kune Do (qualche volta in abbinamento al Kali Filippino/ Escrima), con grande costernazione di Dan. Durante questi seminari Dan spiegò che, poiché l’insegnamento del JKD non può prescindere l’individualità della persona, lui non poteva veramente insegnarlo ad un gruppo numeroso. Avrebbe comunque mostrato e condiviso con i partecipanti alcuni dei principi e dei concetti del JKD. Dopo qualche tempo gli organizzatori cambiarono quindi i loro annunci con "Jeet Kune Do Concepts". La seconda questione riguarda l’uso di termini quali "stile" o "sistema". "In primo luogo il JKD non è uno stile od un particolare sistema di arti marziali. Il JKD è un concetto, un’idea od un processo di pensiero al quale una persona può aderire. Scuola Italiana F ederale Arti da Difesa Sebbene il suo fondatore Bruce Lee insegnasse Jun Fan Gung Fu o Jun Fan Kickboxing, questi stili di allenamento non sono JKD. Essi sono parte del JKD Concepts, cosi come allenarsi nel Kali, Tai Boxing, Tae Kwon Do, Kenpo o Ju Jitsu." Questa affermazione, sebbene in parte è vera, può suscitare qualche controversia. Una volta che Bruce Lee decise di chiamare ciò che stava facendo Jeet Kune Do, egli cominciò a riferirsi alla sua arte con quel nome, non come Jun Fan Gung Fu, Jun Fan Kickboxing od altro. Quando iniziai ad allenarmi ci dicevano che stavamo imparando Jeet Kune Do. Tra le regole della scuola che venivano impartite agli studenti, la più importante stabiliva che ogni membro, allievo od istruttore, sarebbe stato espulso immediatamente se avesse insegnato JKD senza l’autorizzazione del caposcuola. Nelle schede di allenamento che venivano fornite ci riferiva alla "posizione di guardia del JKD" od alle "tecniche di mano di base del JKD". Esistevano anche molte "serie di allenamento classiche del JKD" che prevedevano vari metodi di boxe con l’ombra. Nel suo libro: "Jeet Kune Do, l’arte e la filosofia di Bruce Lee", Dan scrive: "E’ questa forma ibrida del Wing Chun che oggi chiamiamo Jun Fan. Penso che originariamente il termine fosse usato per indicare la scuola, non l’arte di Bruce Lee. Come è noto, Jun Fan Gung Fu Institute era il nome dato da Bruce Lee alle sue scuole di Seattle, Oakland e Los Angeles. Più tardi assunse, in senso lato, il significato di luogo dove si pratica il Jeet Kune Do. Quando il Jeet Kune Do acquisì una sua propria identità, il termine Jun Fan venne mantenuto come riferimento all’arte che Bruce Lee insegnò a Seattle ed Oakland, che era basato sul Wing Chun integrato ad un certo numero di tecniche di calcio. Il JKD è realmente l’evoluzione del metodo Jun Fan, ma racchiude in sé molto di più. Il Jun Fan resta comunque una componente dell’arte e non può essere separato da essa". Anche Bruce Lee qualche volta si riferiva al JKD come ad uno stile. Nei primi articoli pubblicati affermava: “Il mio stile non ha nulla di misterioso”. I miei movimenti sono semplici, diretti e non classici. Prima di approfondire l‘argomento, vorrei sottolineare il fatto che il mio stile è totalmente vivo…"In articoli successivi diceva: "Perciò ogni tentativo di definire il JKD come uno stile distinto…. Significava travisarne completamente il significato." Molti si servono di questa citazione per sostenere che Bruce Lee non considerava il JKD uno stile. Ma la parola che queste persone tendono a tralasciare, e che è invece altamente significativa, è l’aggettivo "distinto". Durante i miei primi allenamenti ero a conoscenza che non stavo apprendendo uno stile prestabilito" o "distinto", ma piuttosto una sintesi dei principi di combattimento ideati da Bruce Lee. Le tecniche studiate erano l’espressione fisica di tali principi ed il nome dato a tutto questo era Jeet Kune Do. Lo Zen è pieno di principi e di concetti. Dovremo forse chiamarlo "Zen Concepts" o "Zen Principles"? Chiaramente no. Ci si riferisce a questa filosofia semplicemente con Zen. Scuola Italiana F ederale Arti da Difesa Se si pratica il Pugilato ci si riferisce ad esso come "boxing", non si usa dire " Boxing Concepts". Si tratta puramente di una questione di semantica. Sembrerebbe quasi che alcuni sostenitori del "JKD Concepts" stiano cercando di scrivere la storia del JKD al fine di avvalorare il loro modo di vedere. Un tale modo di agire è sbagliato. Il nome "Original JKD" nasce come risposta, da un lato alla proliferazione di materiale "JKD Concepts" che ha inondato il mercato per anni, e dall’altro alla tendenza da parte di molti appartenenti al gruppo Concepts ad asserire che chiunque non segua esattamente i loro programmi stia facendo qualcosa di datato e obsoleto. Ciò che la maggior parte della gente pensa quando sente parlare di "Original JKD" è che questo sia ciò che Bruce Lee praticava tra il 1967 e l’anno della sua morte, il 1973. Infatti, se si chiede ad un comune membro della comunità delle arti marziali di definire la differenza tra "Original JKD e "JKD Concepts", la risposta è con ogni probabilità simile alla seguente: "L’Original JKD è il metodo sviluppato da Bruce Lee prima di morire, mentre il JKD Concepts è ciò a cui Dan Inosanto ed i suoi allievi si dedicano attualmente." La problematica relativa al termine "Original JKD" risiede nel fatto che, dal momento che Bruce Lee continuava ad evolvere ed a sviluppare le proprie conoscenze nelle arti marziali, è molto difficile stabilire cosa si possa realmente definire come "Originale". Stiamo parlando delle tecniche, degli aspetti filosofici o delle attitudini mentali? ARRICCHIRE O PERFEZIONARE? Gli appartenenti al gruppo Concepts esortano a guardarsi intorno, studiare altre arti marziali ed acquisire nuove conoscenze. I sostenitori dell’Original preferiscono eliminare il superfluo e perfezionare. I primi sono orientati verso una ricerca esterna, i secondi verso un approfondimento interno. Chi dei due abbia ragione è ancora una volta una questione di interpretazione. Nei suoi appunti, più tardi pubblicati con il titolo "Tao of Jeet Kune Do", Bruce Lee scriveva: " In ogni caso, come posso assorbire le essenze (stato d’animo, economia di movimento, buona forma, velocità, potenza, ecc) di scuole formalizzate, come Tae KWON Do, Tai Boxing, Pugilato, ed adattarle ai miei scopi….? " Se si legge attentamente questa citazione si nota che Bruce Lee si riferiva non tanto a tecniche fisiche quanto a qualità insite in quegli stili. Più avanti, nelle note, vengono anche elencate alcune qualità delle varie discipline, accompagnate da illustrazioni delle tecniche ritenute efficaci. In accordo con quanto sostiene Ted Wong, il motivo principale per cui Bruce Lee studiava le altre arti marziali era conoscere i punti di forza di ogni particolare stile per trovare il modo di difendersi da essi. Ci sono alcuni cultori del JKD che si rifiutano di prendere in considerazione altre arti marziali e dicono: "Sono troppo impegnato a rifinire quanto ho già appreso" o " Se non è citato nel Tao of Jeet Kune Do non è JKD". Scuola Italiana F ederale Arti da Difesa Basta dare un’occhiata agli appunti ed al materiale di ricerca di Bruce Lee per comprendere che, se avesse vissuto più a lungo, avrebbe senza dubbio analizzato altre forme di combattimento. Quindi è necessario sia studiare altre arti marziali, sia perfezionare il proprio bagaglio tecnico. La percentuale relativa dei due approcci è del tutto personale. CONSOLIDATA FLUIDITA’ O COSTANTE MUTAMENTO? " Il problema è che l’Original JKD è diventato uno stile classico. Vale a dire che i praticanti si conformano ad una tradizione invece di pensare con la propria testa e ricercare un arricchimento del bagaglio tecnico. Credono in un prodotto (un sistema prestabilito) invece che in un processo (incremento costante e adattamento istante per istante). Qualsiasi novità è considerata inefficace." E’ ovvio che la persona che ha fatto questo commento ha speso poco tempo a parlare coi praticanti dell’Original JKD ed ha una comprensione limitata di quello che fanno attualmente. Anche per gli appartenenti al gruppo Original il cambiamento è necessario, ma essi ritengono che non si debba cambiare solo per partito preso. Il cambiamento deve sempre portare ad un miglioramento. Per confutare le affermazioni rivolte contro di loro ricordano le parole di Bruce Lee: "Molti praticanti di arti marziali cercano qualcosa di più, qualcosa di diverso, non comprendono che la verità, la via, si manifesta nella semplicità e nelle cose di tutti i giorni, è qui che essi non la vedono." Piuttosto gli interrogativi a cui si deve rispondere sono: 1. Chi stabilisce cos’è e cosa non è il miglioramento? 2. Chi determina se c’è stato un miglioramento? 3. Chi decide quali tecniche mantenere e quali eliminare? Nuovamente è questione di interpretazione personale. Di fatto molte persone del gruppo Original hanno seguito ricerche personali e apportato miglioramenti validi quanto quelli del Concepts. Una delle critiche che gli uomini dell’Original fanno al termine "JKD Concepts" è che certi individui lo usano come un paravento per propinare qualsiasi tipo di allenamento da essi proposto. Se si chiede a queste persone cosa stiano facendo. Ti dicono "JKD Concepts…", ma se si domanda loro cosa il Concepts sia esattamente non sanno rispondere. Possono solo ribattere "E’ JKD Concepts". Allo stesso modo altri continuano a dire "JKD è solo un nome, non è importante, ecc…" però questo nome continuano ad usarlo. Perché? Semplice: fa guadagnare. A questo proposito è interessante notare che molti affermano di promuovere il "JKD Concepts", ma poi scrivono JKD a caratteri cubitali, mentre Concepts è molto meno evidenziato, se non tralasciato completamente. Per comprendere il processo di conoscenza che Bruce Lee stava percorrendo occorre Scuola Italiana F ederale Arti da Difesa capire quali erano i suoi obiettivi e le sue aspirazioni come artista marziale. Aveva una direzione in cui procedere ed una meta che voleva raggiungere. Se una persona è in grado di immedesimarsi nella filosofia che Bruce adottava per perseguire i suoi scopi, e di riconoscere i criteri in base ai quali modificava il JKD, allora può anche ispirarsi a questi ed adattarli al caso proprio. Lo può fare in accordo con le proprie esperienze ed interessi personali, ma usando le tecniche di analisi, modificazione e perfezionamento del JKD. Il risultato finale sarà un’interpretazione personale del JKD. Il fatto puro e semplice è che tutti quelli che pretendono di insegnare JKD o JKD Concepts possono dare interpretazioni personali dell’arte. Che usino il nome "Original JKD", "JKD Concepts" o qualunque altro è del tutto irrilevante. Personalmente non ritengo necessario usare prefissi come original o suffissi come concepts, poiché denota parzialità e va contro il criterio filosofico fondamentale dell’arte. Il Jeet Kune Do è Jeet Kune Do. Kali – Arnis – Eskrima (tre parole per dire la stessa cosa) Nei diversi stili di Eskrima filippino quali: Lacoste, Doce Pares, Latosa si trovano Olisi (bastone singolo), Sinawali (doppio bastone), Daga (lama), Spada y Daga (machete e coltello), Dulo (estremità del bastone), Obra Mano (tecniche di mano nuda), Sipaan (tecniche di calci), Panantukan (boxe filippina), Pananjakman (modi di calciare filippini) e il Dumog (lotta). L'allievo è introdotto nei vari programmi tramite una completa immersione nei metodi di combattimento. Particolare importanza è data alla serie di esercizi ripetitivi che preparano lo studente a reagire istintivamente a determinati attacchi. Gli studenti sono incoraggiati a sviluppare il loro istinto personale di combattimento usando le basi del Kali. In contrasto con molte altre arti marziali orientali, gli studenti di Eskrima imparano a maneggiare e a difendersi dalle armi. Questa filosofia ha dei grossi limiti culturali ma ha anche delle applicazioni pratiche. La popolazione filippina è tradizionalmente votata all’uso delle armi da taglio. Ancora oggi in molte aree rurali, uomini e donne usano spade e coltelli nel loro lavoro quotidiano. L'adozione di una lama è il loro strumento di autodifesa preferito. Perché studiare il bastone? A un osservatore esterno il kali potrebbe sembrare l’arte di combattere con i bastoni; niente di più errato! Apprendere l’arte del bastone serve non solo a imparare a difendersi con un attrezzo naturale, ma anche ad acquisire quelle abilità fondamentali per manovrare il coltello, il macete o altre armi simili. Anche le mani nude e i sistemi di allenamento derivano dall’uso delle armi: la famosa forma di pugilato filippina conosciuta ai più col nome di panantukan deriva strettamente dall’uso dei due bastoni. La capacità di colpire in Scuola Italiana F ederale Arti da Difesa modo efficace con serie di colpi dalle traiettorie sorprendenti, la si coltiva imparando a usare il bastone singolo o i due bastoni. Purtroppo questo discorso viene solo apparentemente accettato da molti allievi, i quali continuano a operare una sostanziale differenza tra il lavoro a mani nude e il lavoro con le armi. In sintesi, possiamo dire che maggiori saranno le abilità acquisite nel maneggio delle armi (scoperta delle traiettorie, vie di accesso al bersaglio, combinazioni di colpi, mobilità, parate, schivate, eccetera), maggiori saranno le abilità nel lavoro a mani nude. E’ dunque per questa capacità di trasportare da un’area all’altra le abilità acquisite che l’esperto di arti marziali filippine può cimentarsi con successo in diverse discipline, poiché è lo studio del principio marziale che conta e non il mezzo con cui tale principio si esprime. Combat SILAT Per comprendere le arti marziali del Sud-est asiatico occorre fare una, seppur rapida, esplorazione delle micidiali arti marziali indonesiane e malesi. Con il termine pencak silat, o più genericamente silat, si classificano le arti di combattimento che dall’antica area malese (che comprendeva la Malesia peninsulare e le principali isole dell’Indonesia come Sumatra e Giava soprattutto) si sono diffuse lentamente in tutto il Sud-est asiatico, coinvolgendo il Borneo, il Sud delle Filippine, Singapore, Brunei e ultimamente anche il Sud del Vietnam. Allo stesso modo delle arti marziali cinesi, il silat si esprime in forme e modi tanto diversi tra loro che a volte due stili a confronto possono sembrare appartenere a un diverso mondo marziale. Tuttavia, quando si incominciano a penetrare i segreti delle arti tradizionali, si riconoscono le matrici comuni anche a stili apparentemente lontani tra loro. Anche le arti marziali indonesiane e malesi fanno uso sia di tecniche con le armi che a mano nuda. Le mani nude rivelano, invece, a seconda dello stile che si prende in considerazione, una maggiore predisposizione per la lunga o la corta distanza, per le tecniche di leva e di squilibrio o per le tecniche di percussione, eccetera. Per amor del vero, bisogna tuttavia dire che esistono anche sistemi che contemplano in modo adeguato tutte le vie di insegnamento per poi indicare all’allievo la strada più idonea alla sua struttura psicofisica. In Indonesia esistono due tendenze nella pratica e nello sviluppo dell’arte marziale: la prima quella della tradizione (tradisi), la seconda quella della competizione (competisi) e della prestazione sportiva (prestasi). L’aspetto tradizionale viene coraggiosamente recuperato e conservato da poche organizzazioni, che spesso coltivano anche l’aspetto sportivo che permette loro di raccogliere maggior consenso soprattutto tra i giovani. Il silat tradizionale non deve essere visto come una curiosità intellettuale, ma come una terribile ed efficace forma di combattimento, che nella sua espressione pratica risulta essere brutale, definitiva e terminale, tanto che il noto maestro di karate Nakayama, osservandola per la prima volta, la definì come una della arti marziali più pericolose esistenti. Tuttavia, accanto a questa estrema funzione pratica, l’arte tradizionale raccoglie una forma etica, Scuola Italiana F ederale Arti da Difesa educativa e religiosa che le conferisce la dignità di una scuola di realizzazione dell’uomo sia sul piano fisico che psichico. Si usa per comodità di esposizione, parlare degli stili suddividendoli per le isole di appartenenza, come per esempio gli stili di Sumatra, di Giava, di Bali, di Lombok, di Sumba, delle Celebes, delle Molucche, eccetera, arrivando fino all’estremo Est, ossia all’Irian Jaya. Questo modo di classificare le caratteristiche stilistiche, seppure utile, non rispecchia più completamente la realtà, in quanto le moderne organizzazioni permettono di far circolare meglio le informazioni e lo scambio delle tecniche, creando così una mescolanza degli stili che quando viene fatta con coscienza e intelligenza rafforza il contenuto dell’arte marziale. A ogni modo, espongo sinteticamente le diverse abilità che vengono normalmente sviluppate nel lavoro a mani nude del silat: • Tecniche di percussione con le gambe. Se analizziamo le diverse forme di silat, si scopre una incredibile varietà di calci, che vanno da quelli più conosciuti — come il calcio frontale, laterale, circolare, all’indietro, sia in linea retta che circolare, — ai calci volanti di diverso tipo. Oltre a questi più conosciuti, esiste anche un repertorio di colpi di piede che vengono sferrati da posizioni accucciate o sdraiati al suolo, o ancora calci in cui la gamba assume posizioni tali da essere particolarmente efficaci anche a corta distanza. Ovviamente anche i colpi con le ginocchia sono inclusi, sferrati nelle diverse direzioni e perfino volanti. Può essere interessante notare che a volte le tecniche di percussione di piede o di ginocchio non si limitano solo a colpire in modo efficace il bersaglio ma, a volte, mirano anche a squilibrarlo per portare l’avversario al suolo. • Le tecniche di percussione con le braccia. Nel silat esistono diverse impostazioni per i colpi di mano, che vanno dagli stili in cui il pugno è caricato sul fianco a quelli con l’impostazione di tipo pugilistico; ad altri come il cimande e il cidepok, in cui il pugno parte più o meno dal centro del petto o da vicino alla spalla, avvitandosi mentre raggiunge il bersaglio, con l’altra mano che si posiziona aperta vicino all’interno del gomito, pronta a intervenire per colpire, parare, afferrare o quant’altro. Gli stili di Sumatra preferiscono al colpo di pugno la mano aperta, usata come se fosse una frusta per colpire il viso (e in particolare gli occhi), per afferrare poi la testa o l’arto dell’avversario allo scopo di effettuare una leva articolare o una tecnica di proiezione. Molto usati sono i colpi con la punta delle dita per raggiungere i punti vitali, il mezzo pugno (conosciuto da alcuni praticanti di kung fu col nome di colpo del leopardo) e non si può dimenticare il colpo di palmo, particolarmente efficace per trasmettere la percussione fino agli organi interni e per poter strappare usando le mani ad artiglio. Ovviamene i diversi atteggiamenti della mano e delle dita offrono l’opportunità di raggiungere con precisione bersagli altrimenti irraggiungibili. Nei colpi con le braccia grande importanza hanno i colpi di gomito e i colpi con l’avambraccio, quest’ultimo usato anche per spingere l’avversario allo scopo di sbilanciarlo. Anche la spalla ha la sua importanza: conosciuta come “il colpo del bufalo” (karbau), permette di risolvere in modo efficace anche situazioni difficili, soprattutto alla cortissima distanza. • Le tecniche di proiezione al suolo. L’uso sofisticato delle spazzate e delle proiezioni Scuola Italiana F ederale Arti da Difesa afferrando una parte qualsiasi dell’attaccante, ha fatto sì che alcune forme di silat fossero descritte dalle guide turistiche e dalle enciclopedie come judo indonesiano. Le proiezioni possono essere eseguite a diversi livelli di altezza e si studia perfino come proiettare l’avversario mentre si sta al suolo. Nelle tecniche di proiezione al suolo sono compresi anche i sollevamenti e i rovesciamenti dell’avversario (molto usati in Malesia), come quella in cui si aggancia una gamba con un braccio e con l’altra mano si spinge sul gomito, sulla testa o su un altro punto ritenuto efficace. Talvolta la pratica delle "arti da difesa" viene scoraggiata con eccessiva tiepidezza e senza averne titolo da alcune categorie di persone, che (a causa della loro miopia) le vedono unicamente sottoforma di violenza anziché apprezzarne il lato "nobile" rappresentato dalla capacità di saper reagire con prontezza di fronte al profilarsi di un eventuale possibile pericolo. Il Sistema "PFS" (Progressive Fighting System ovvero Sistema Progressivo di Combattimento) di Paul Vunak discendente di Bruce Lee in quanto allievo di Dan Inosanto (allievo diretto di Bruce Lee) e stretto collaboratore di CIA, FBI, Rangers, US Navy Seals (Reparti Speciali del Corpo dei Marines Americani), allenato con il DEM "Defence Executive Method" (Metodo Esecutivo di Difesa) della nostra Organizzazione - frutto di accurati studi e moderni criteri d'insegnamento - è adattabile a chiunque indipendentemente dall'età e dal sesso, poiché mira più alla praticità e all'efficacia che alla spettacolarità ricorrente in molti film o negli incontri televisivi di wrestling che (senza nulla voler togliere) spesso sono più paragonabili a veri e propri saltimbanchi (per le loro acrobazie circensi), ma praticamente impossibili da attuare per strada. L'obiettivo principale che l'Organizzazione DEM si prefigge è quello di promuovere e diffondere l'autodifesa, molto utile anche alle donne. Nei corsi indetti dall'Organizzazione DEM non è affatto strano trovare presenze femminili. Le ragioni che spingono queste persone ad avvicinarsi agli sport da difesa sono le più svariate, ma ciò che sicuramente le accomuna tutte è la voglia di tenersi in forma. Allora perché non approfittarne e accostare l'esercizio aerobico all'apprendimento delle arti da difesa? Ed ecco allora che annoiate dalle solite lezioni di aerobica, acqua gym o spinning, esse decidono di indossare i guantoni e tirare calci. Alla domanda "perché ti sei avvicinata a questo tipo di sport?" rispondono "per provare una cosa nuova o per gioco". La verità è che sono tutte molto orgogliose di praticare queste attività e la ragione principale è che al lavoro aerobico si accosta la difesa personale. Scuola Italiana F ederale Arti da Difesa Una donna o ragazza che sa come applicare una tecnica, o reagire in caso di necessità, è una persona che si sente più sicura, che cammina per le strade a testa alta, perché sa salvaguardare se stessa. Chiunque raggiunga questo obiettivo può essere orgoglioso di sé stesso, figuriamoci una lady che praticando è riuscita a rimuovere dalla propria mente quell'atteggiamento di "inferiorità psicologica" dovuto alla minor forza fisica rispetto all'uomo. Non bisogna poi dimenticare che è un ottimo sistema per scaricare le tensioni accumulate durante la giornata. Ma cosa ne pensano i maschi di tutto questo? Non sembrano affatto disturbati dalla presenza femminile in palestra e non si fanno troppi problemi. Le donne si sentono ben accette ed infatti si può spesso assistere a match di sparring tra un uomo e una donna. Ma non dimentichiamo che nei corsi tenuti dalla DEM non si pratica solo la kick boxing, per questo si rilevano presenze femminili per il Jeet Kune Do e per la Difesa Personale. Le ragazze dell'Organizzazione DEM sono toste e speriamo che diventino sempre più numerose.
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