MP Black LISA VERDI E IL CIONDOLO ELFICO

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MP Black LISA VERDI E IL CIONDOLO ELFICO
Disponibile anche:
Libro: 15,10 euro
e-book su CD in libreria: 7,49 euro
M.P. Black
LISA VERDI
E IL
CIONDOLO ELFICO
www.0111edizioni.com
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LISA VERDI
E IL CIONDOLO ELFICO
Seconda edizione 2008
Zerounoundici Edizioni
Copyright © 2008
Zerounoundici Edizioni
M.P. Black
ISBN 978-88-6578-012-1
In copertina: immagine Shutterstock
Alla mia famiglia e in particolare a mio figlio,
perché senza di lui questo libro non avrebbe avuto
né un inizio né una fine.
Con immenso amore.
Prologo
Diecimila anni fa un uomo stava scrutando il cielo, asciugandosi la fronte
madida di sudore.
Aveva appena terminato di arare il
campo sotto il sole di mezzogiorno e la
terra si era rivelata dura da lavorare.
La sua attenzione era stata improvvisamente catturata da un puntino bianco
che si muoveva accanto ad una nuvola
dalla forma bizzarra.
In pochi istanti il puntino divenne sempre più grande, fino a raggiungere la
dimensione della montagna che lui ammirava ogni mattina, quando, al sorgere del sole, si affacciava alla porta della sua palafitta e stirava i muscoli, prima di cominciare la giornata.
Le ginocchia gli cedettero e cadde a
terra, nel momento in cui un fascio luminoso uscì dalla base di quella strana
montagna sospesa nell’aria e toccò il
suolo a qualche passo da lui.
Sbarrò gli occhi e spalancò la bocca,
quando dalla luce vide uscire tre esseri
che gli si avvicinarono rapidamente.
Gli tesero la mano, che lui afferrò tremando da testa a piedi, e l’aiutarono ad
alzarsi.
L’uomo dovette piegare la testa
all’indietro per poterli guardare in viso.
Erano alti quasi il doppio di lui, vestiti
con abiti strani, lunghi e brillanti, che
non aveva mai visto indossare da nessun altro abitante del villaggio. I capelli
erano molto chiari e raggiungevano la
vita diritti e sottili come i fili di lana che
venivano utilizzati dalle donne per tessere.
Ma ciò che più lo colpì, di quegli esseri,
furono gli occhi, grandi e di un azzurro
limpido quasi quanto quello del cielo
che li sovrastava.
Brillavano di una luce vivida e sembravano sorridere.
L’uomo pensò che creature con occhi di
quel tipo possedevano senz’altro
un’anima buona e gentile, per cui fece
loro un breve cenno di assenso con la
mano.
L’ultima cosa che notò, prima di condurli al villaggio, furono le lunghe orecchie a punta che spuntavano da sotto
i capelli e li rendevano alquanto bizzarri.
Gli esseri alti si unirono così agli abitanti di quelle terre e, con il passare del
tempo e degli anni, diedero vita ad una
nuova generazione, il cui compito era
quello di aiutare l’Uomo ad evolversi e
a preservare l’integrità del pianeta Terra, impedendone la distruzione.
Erano nati gli Elfi.
Capitolo Primo
Nella realtà quotidiana
- Sbrigati, o farai tardi a scuola, Paolo ti
sta aspettando da un pezzo!–
Lisa Verdi, come ormai d’abitudine,
scoccò un bacio sulla guancia della zia,
caricò sulle spalle lo zaino colmo di libri ed uscì rapidamente di casa, masticando in fretta la sua fetta di pane tostato.
Paolo, il suo migliore amico e compagno di classe, era ancora in sella alla
bici e la stava fissando divertito. Quella
scena si ripeteva puntualmente tutte le
mattine, in quanto Lisa aveva una certa
difficoltà a mettere i piedi giù dal letto.
- Ciao! - esclamò lei, inforcando la sua
“mountain-bike” – Dai, partiamo! -
Le piaceva particolarmente andare a
scuola in bicicletta; era una sensazione
molto piacevole quella che provava correndo nel vento, tra le vie della città
sempre zeppe d’auto e di passanti che
camminavano a testa bassa, immersi nei
loro pensieri.
- Tu vai pure in classe – disse a Paolo,
una volta giunti dinanzi alla scuola Devo parlare con Matilde –
Lui annuì e la guardò correre su per i
gradini che portavano all’ingresso principale dell’edificio.
Lisa entrò nella sala del caffè e vi trovò
l’amica che stava già immersa nei libri,
senza parlare con nessuno.
- Buongiorno! – le urlò, sedendosi accanto a lei e facendola sobbalzare – Sei
preoccupata per il compito di storia?
- Certo che lo sono! – rispose seccata
Matilde, sistemando gli occhiali sul naso – Lo sai che ci tengo a mantenere
una media alta, e questo compito è più
difficile degli altri. Tu sei pronta?- Assolutamente no – rispose Lisa tranquillamente, lisciando con le mani i
lunghi capelli castani che si erano arruffati con il vento – E la cosa non mi interessa proprio. Avanti, dimmi invece
com’è andata la tua serata con Gianni!- Male, malissimo – sbuffò Matilde, richiudendo il libro, infastidita – Dopo il
cinema mi ha accompagnata a casa e
mi…insomma…mi…- Mi, cosa? – insistette Lisa, appoggiando i gomiti alle ginocchia e il mento
sulle mani – Dai, muoio dalla curiosità!
- Insomma, mi ha baciata, quel verme! rispose lei, avvampando e chinando il
capo nuovamente verso il libro.
- Wow! – esclamò Lisa, alzando i pugni
in segno di vittoria – Finalmente ce
l’hai fatta, hai baciato un ragazzo! E’ un
passo notevole, no? E com’è andata? Matilde sospirò e guardò l’amica con
rassegnazione.
- Da schifo – sussurrò, ciondolando il
capo – Quello non sa baciare, mi ha inumidita e basta, mi sono incavolata e
l’ho spinto via. Lui, naturalmente, si è
offeso, mi ha dato della scema pazzoide
e ha girato i tacchi. Bella serata, no?-
Lisa sgranò gli occhi dinanzi
all’affermazione di Matilde e scoppiò a
ridere.
- Dai, non prendertela – la rassicurò,
abbracciandola – Vedrai che la prossima volta andrà meglio! Non sono tutti
come Gianni, te l’ assicuro!Matilde si staccò dall’abbraccio e la fissò con insistenza.
- A proposito di ragazzi – le chiese,
spostando una ciocca di capelli rossi
dalla fronte - E con Paolo, come la mettiamo? Il ragazzo è interessato a te, si
vede a distanza di un miglio che ti fa il
filo, credimi!- Ma fammi il piacere! – esclamò Lisa,
alzandosi in piedi – Lo sai che siamo
amici da anni, non ci pensa proprio, lui,
a farmi il filo! Dai, andiamo, ci aspetta
l’ora di storia, così poi la smetterai di
scocciarmi con questo maledetto compito Mentre si dirigeva con Matilde verso
l’aula, Lisa rifletté sulle parole
dell’amica. Paolo, in effetti, negli ultimi
tempi si era dimostrato più attaccato a
lei, più dolce del solito e qualche volta
lo aveva scoperto a fissarla con insistenza, quasi con interesse.
Era un ragazzo carino, alto e magro, con
folti capelli neri arruffati, occhi scuri e
labbra sempre piegate in un dolce sorriso. Ma era anche il suo migliore amico
fin da quando frequentavano le scuole
elementari, non provava per lui niente
di più dell’affetto che lega una sorella
ad un fratello.
Entrata in classe, sedette a fianco di Paolo,
mentre
Matilde
lanciava
un’occhiata di disgusto a Gianni, che si
era nascosto dietro al libro di storia, per
evitare di doverla salutare.
Paolo sorrise e le diede un buffetto sulla
guancia.
- Oggi sei molto carina – le sussurrò,
mentre la Professoressa Rizzardi faceva
il suo ingresso nell’aula.
Lisa lo fissò con stupore e non riuscì a
rispondergli, tanto si era sentita scossa
da quella affermazione. Lui non le aveva mai fatto alcun apprezzamento; al
contrario, le aveva sempre detto che era
una ragazza bruttina, con i capelli diritti
come spaghetti e gli occhi verdi come
rane. Forse Matilde aveva ragione? Lisa
decise, prima di tuffarsi nel compito di
storia, che da quel momento in poi avrebbe dovuto prestare più attenzione al
comportamento di Paolo. Non voleva
perdere un amico così caro e così importante per la sua vita.
***
Si era dovuta impegnare a fondo, per
riuscire a rispondere a tutte le domande
di storia. In effetti, non aveva alcuna
intenzione di beccare un voto insufficiente, ma non lo avrebbe mai ammesso
con Matilde, considerando il suo carattere parecchio orgoglioso.
Dopo aver consegnato i fogli alla Professoressa Rizzardi che le lanciò uno
sguardo di rimprovero essendo stata,
come al solito, l’ultima a terminare la
prova, sentì la testa scoppiarle, come se
qualcuno gliela stesse stritolando con
una grossa tenaglia. Le si era perfino
annebbiata la vista e, non appena giunse
la sospirata ora della pausa mattutina,
corse subito nel bagno delle ragazze per
rinfrescarsi le tempie e i polsi.
Si guardò criticamente allo specchio.
Paolo aveva torto. Era tutto fuorché
bruttina, anzi, probabilmente era la ragazza più carina della scuola, solo che
cercava di non enfatizzare troppo il suo
aspetto. Alta e snella, vestiva sempre
comodamente ed amava molto la ginnastica, soprattutto la corsa, che le dava
una carica incredibile, nei momenti in
cui si sentiva senza energia.
Quel giorno il sole splendeva forte
nell’inizio di primavera e Lisa avrebbe
voluto poter scacciare l’emicrania con
una bella corsa nei boschi.
Si bagnò nuovamente i polsi e, strizzando gli occhi anch’essi doloranti, si diresse verso il cortile, dove un vociare
continuo stava ad indicare che la pausa
non era ancora terminata.
- Lisa, vieni qua!-
Paolo la stava chiamando con gesti plateali e lei obbedì, sforzandosi di sorridere. Era seduto su una panchina, mordicchiando distrattamente un panino ben
imbottito.
- Non hai fame? - le chiese, quasi preoccupato, fissandola con intensità - Se
non vuoi mangiare, significa che non
stai bene- In effetti, ho una terribile emicrania sospirò lei, afferrandosi la testa - Forse
mi passerà… Poi lo guardò con aria interrogativa,
mentre scostava dal suo maglione alcune briciole di pane.
- Come ti è andato il compito? Per me è
stato maledettamente difficile, la Rizzardi ama vederci soffrire - Non sono riuscito a rispondere a tutte
le domande, se è questo che vuoi sapere
– rispose lui, ingoiando l’ultimo boccone del panino - Ma non mi interessa. Mi
basta avere la sufficienza, lo sai che non
sopporto sia questa materia che la nostra cara Prof. Ma tu sei sicura di sentirti meglio?-
La fissò con ansia, mentre lei si massaggiava le tempie e, d’istinto, le spostò
la frangia dagli occhi. Lisa si bloccò e si
ritrasse, fortemente a disagio.
- Che ho fatto? - le chiese, abbassando
la mano – Oggi sei stranaLei si maledì. Non voleva fargli capire
che si sentiva imbarazzata in sua presenza, dopo quello che le aveva detto
Matilde di prima mattina. Sorrise e gli
diede un buffetto sulla guancia.
- E’ tutto a posto – tentò di rassicurarlo
– Lo sai che quando sono preoccupata
divento intrattabile Quindi si alzò dalla panca al suono della
campanella e Paolo la imitò, scrollandosi di dosso le ultime briciole di pane.
- Senti, prima di rientrare devo chiederti
un’ultima cosa –
Lisa si voltò di scatto ad osservarlo con
curiosità e poté quasi giurare di averlo
visto arrossire.
- Sei libera, stasera? Avrei bisogno di
parlarti - la implorò, con una nota
d’ansia nel tono della voce.
Lei tentò di trovare nella sua mente un
qualche impegno assolutamente improrogabile, ma era troppo onesta per raccontare bugie al suo migliore amico.
- Dopo cena, a casa mia – gli rispose,
accennando un sorriso – E porta gli ultimi CD che hai comprato. E’ da un po’
che non sento un po’ di sana musica.
Mia zia Anna mi assorda ogni giorno
con quella insopportabile musica classica che mi fa venire il latte ai calcagni !
–
Paolo scoppiò a ridere, ma sembrava
comunque sollevato per non aver ricevuto un rifiuto.
Guardandolo rientrare nella scuola, lei
si convinse che la sua amica Matilde
forse non aveva tutti i torti.
Dopo aver cenato, l’emicrania fortunatamente le era passata quasi del tutto e
Anna non aveva ancora acceso lo stereo, quindi la situazione, per il momento, era sicuramente sotto controllo.
Osservò la zia mentre sciacquava i piatti, per poi riporli nella lavastoviglie.
Single per scelta, era una donna ancora
attraente, nonostante la sua non più gio-
vanissima età, con un fisico asciutto che
amava sottolineare indossando abiti fasciati e scarpe con tacchi alti. Era solita
lasciare sciolti i lunghi capelli biondi,
che le arrivavano fino alla vita. Amava
inoltre indossare collane sempre molto
vistose e si truccava parecchio, sia
quando si preparava per andare a lavorare nel suo negozio di erboristeria, sia
quando restava semplicemente in casa.
Lisa adorava Anna, era cresciuta con lei
sin dall’età di sei anni, quando i sui genitori erano morti in un disastro aereo.
Assomigliava molto a sua madre Marta,
che lei non ricordava benissimo, ma che
poteva ammirare in parecchie foto conservate dalla zia.
- Sei silenziosa – le sussurrò lei, mentre
chiudeva la lavastoviglie e si apprestava
a pulire i fornelli – Hai qualche pensiero
per la testa?Lisa pensò a cosa rispondere senza insospettirla e quindi si stampò in faccia
un bel sorriso.
- Sono solo un po’ stanca. Ho avuto una
giornata impegnativa. Dai, lascia che ti
aiuti, tu vai pure a farti una doccia, se
vuoi –
Anna la guardò con sospetto e le scompigliò i capelli.
- Quando arriva, Paolo? Riesci a cambiarti in tempo?- Certo, sarà qui tra un’ora. Ora vai a
fare le tue cose, penso io alla cucina –
Anna l’abbracciò con dolcezza e prese a
salire rapidamente le scale, probabilmente ansiosa, pensò Lisa, di lasciare
lei e Paolo da soli… Ma poi, perché doveva essere ansiosa di lasciarli da soli?
Aveva forse intuito quella verità che lei
cercava di sotterrare nei meandri della
sua mente?
Ad ogni modo, quando ebbe terminato
di ripulire la cucina, e dopo un grosso
sbadiglio, si recò al piano di sopra e salutò la zia che si era già infilata sotto le
coperte con un libro in mano.
- Buona serata – le augurò Anna, facendole l’occhiolino.
Ma perché la zia le aveva fatto
l’occhiolino? Perché si era già coricata
così presto? Con una gran sensazione di
fastidio addosso, entrò nel bagno, si liberò dei vestiti e si gettò sotto l’acqua
calda, assaporando ogni istante di quella
doccia che le stava lavando via tutta la
stanchezza della giornata.
Indossò poi una comoda tuta color avorio, raccolse i capelli sulla nuca con un
mollettone e scese in salotto ad aspettare Paolo.
Era agitata, le mani le sudavano e continuava a guardare l’orologio, mentre
camminava su e giù per la stanza.
Forse era solo stupida e stava esagerando il tutto… Già, Paolo le avrebbe semplicemente chiesto o di aiutarlo in letteratura, unica materia in cui lei eccelleva, o di andare con lui a fare un gita in
bici domenica.
“Ma certo” pensò “Allora perché mi ha
chiesto se poteva vedermi stasera?”
Paolo era abituato a capitare a casa sua
quando gli pareva, senza chiederle il
permesso. Già, il motivo della sua visita
era senz’altro più serio o, comunque,
più importante.
L’emicrania cominciò a farsi risentire
leggermente, così Lisa decise di sedere
sul divano e di accendere la televisione.
Si sintonizzò sul notiziario della sera,
che era appena cominciato.
“…omicidio circa due ore fa al Caffè
“Paris” (Lisa sussultò, dalla sua casa
distava solo un isolato). La vittima è
Luigi Marchi (“Oh no!” ripensò lei, affranta “poverino!”), proprietario del locale. L’uomo è stato trovato riverso a
terra vicino al bancone, con una freccia
nel torace. I R.I.S., giunti immediatamente sul luogo del delitto, si sono
messi subito al lavoro per effettuare i
necessari rilevamenti. Sono già stati interrogati alcuni testimoni, che hanno
affermato di aver visto uscire dal locale
un uomo vestito completamente di nero,
che si è poi allontanato in fretta senza
lasciare alcuna traccia di sé. Per il momento non abbiamo altre notizie, per cui
vi aggiorneremo al termine del telegiornale, quando ci collegheremo nuovamente con il nostro inviato. Ed ora passiamo alla prossima notizia…L’attrice
“Nicole Kidman”…”
Ma Lisa non ascoltava più. Era veramente triste per la morte del Sig. Marchi. Ritenuto dai più un uomo molto
simpatico ed affabile, aveva aperto quel
caffè da parecchi anni e il locale era
sempre parecchio frequentato, anche da
lei, proprio per i suoi modi gentili.
Chissà chi aveva avuto interesse ad uccidere un uomo così onesto, ed in un
modo così mostruoso…Che brutta fine…I suoi pensieri vennero interrotti
dal suono del campanello. Si alzò subito
in piedi e si sistemò i capelli. Già, ma
perché mai si era sistemata i capelli, se
fuori c’era “solo” Paolo? Inspirò profondamente e si diresse verso
l’ingresso.
- Dai, entra – disse all’amico, stampandosi un bel sorriso in faccia – Sta piovendo a dirotto!- Già, e sono anche venuto in bici, pessima idea Paolo entrò passandosi una mano tra i
capelli bagnati, ancora più arruffati del
solito, e appoggiò il giubbotto
sull’orribile sedia di vimini che zia An-
na aveva sistemato in entrata da circa
due mesi e che lei detestava. Se almeno
si fosse rovinata con il giaccone umido
di Paolo, avrebbe potuto convincere la
zia a toglierla da lì.
- Anna non è in casa? – chiese Paolo,
facendola ritornare alla realtà.
- Sta dormendo, era…era molto stanca –
gli rispose con un tono poco convincente – Vuoi un phon per asciugare i capelli?- Non serve, grazie – sembrava molto
nervoso – Quando li lavo li lascio sempre bagnati, ad asciugarsi da soli - Bene… Allora sediamoci in salotto,
vieni –
Ma perché mai si sentiva così in difficoltà? Non aveva mai provato un tale
imbarazzo in compagnia di Paolo, era
tutto così assurdo…
- Bella tuta – le disse lui, mentre sprofondava sul divano – Ti sta bene! Lisa strabuzzò gli occhi. Ecco un altro
complimento. Ora cominciava veramente a preoccuparsi.
- Beh, grazie – gli rispose, guardandosi
le punte dei piedi – Vuoi un caffè? Ne
preparo uno di leggero, se ti va…- Ok, è un’ottima idea –
Si diresse a grandi passi verso la cucina,
mentre Paolo dava un’occhiata alla fila
dei DVD posti sul mobile accanto alla
televisione, scegliendo quello de “Il Signore degli Anelli”, film che lui adorava e che cercava di propinare a Lisa,
inutilmente, da almeno due anni.
Lei, nel frattempo, stava armeggiando
con la caffettiera, ma era così agitata
che rovesciò per ben tre volte la miscela
sul piano di granito e per due volte dimenticò di aggiungere l’acqua. Un
quarto d’ora dopo, il caffè era finalmente versato nelle tazze e Lisa ne porse
una a Paolo, che seguiva con attenzione
il film.
“Bene”, si disse lei, cercando di mantenere la calma “Ora gli chiedo di cosa
vuole parlarmi, ne ho abbastanza”.
- Paolo – sussurrò, appoggiando sul tavolo di legno la sua tazza col disegno di
“Titty il Canarino” – Come mai questa
visita, diciamo, così…ehm…formale? –
Lui si girò di scatto verso l’amica e lei
lo vide arrossire, mentre abbassava il
volume della televisione.
- Beh, devo parlarti di una cosa molto
delicata, e non so proprio da che parte
cominciare –
- Dall’inizio? – tentò di scherzare lei,
ma la tensione era ben visibile tra i due.
Paolo sospirò, bevve un altro sorso di
caffè e si passò una mano sui capelli
ancora umidi. Quando faceva così, significava che era parecchio preoccupato.
- Ok, allora… Sembra che pioverà anche domani e… - Non cambiare discorso! - lo interruppe
seccamente Lisa – Arriva al sodo, per
favore! –
- Sì, hai ragione. Solo che è difficile,
cioè…volevo dire che non è facile parlare di queste cose, insomma, devo trovare il modo di cominciare, forse potrei
riflettere un attimo se, magari, mi versassi ancora del caffè, oppure potrei aspettare qualche minuto, così mi verrà il
coraggio e… -
- PAOLO! – urlò Lisa, esasperata – Per
favore, guarda che ti caccio di casa, se
continui così!Si era alzata in piedi, puntando il dito
indice verso la porta d’ingresso.
- Sei molto buffa – sussurrò lui, accennando un sorriso – Ma anche molto bella Ecco. Il mondo intero crollò sulle spalle
di Lisa. Lo stomaco le si rivoltò sottosopra, l’emicrania le scoppiò come una
bomba ad orologeria ed un grande senso
di sconforto l’ attanagliò, togliendole il
respiro.
- Mi stai preoccupando – disse
all’amico, accasciandosi sulla poltrona
– Puoi per fa…vo…re… (scandì per
bene le parole) dirmi che diavolo vuoi
da me stasera?Non riuscì ad impedire quello che sarebbe successo da lì a mezzo secondo.
Paolo la strinse a sé, circondandola con
le sue braccia e le posò dolcemente le
labbra sulle sue. Lisa sussultò e sbarrò
gli occhi a fissare incredula quelli di lui,
chiusi, mentre la baciava.
Per un attimo sentì un brivido scorrerle
lungo la schiena, le gambe molli ed il
cuore che le batteva all’impazzata. Lentamente, Paolo la trasse ancora più vicina e lei rispose al suo bacio che, nel
frattempo, si era fatto più insistente.
“Ma che stai facendo, sei impazzita? E’
il tuo migliore amico!”
Una vocina stridula si era agitata nella
sua mente e lei, inorridita, prese a divincolarsi dalle braccia di Paolo, finché
lui non la lasciò andare, guardandola
con aria sbigottita.
- Ma, perché? – le chiese, con il respiro
affannoso – Mi sembrava che ti piacesse!Lei gli ricambiò lo sguardo, furente, e lo
colpì con un pugno sul viso.
- Sei…impazzita? – urlò lui, scattando
in
piedi
–
Guarda…che
hai…combinato!
Lisa vide grosse gocce di sangue scorrere dal naso di Paolo e si rese subito conto di aver esagerato.
Corse immediatamente in cucina a
prendere un canovaccio, lo inumidì e lo
porse all’amico che stava ancora imprecando, con il capo rovesciato
all’indietro.
- Mi dispiace veramente – mormorò,
guardandolo con preoccupazione mentre cercava di tamponare il sangue – Però hai sbagliato! Che ti è saltato in mente? Siamo amici da anni, non capisco,
vuoi forse dirmi che ora le cose sono
cambiate, che ti sei innamorato di me?Paolo la trafisse con uno sguardo truce,
sbuffò e ripiombò sul divano, appoggiando la testa allo schienale.
- Beh, non la trovo una cosa così impossibile, sappi che non è difficile innamorarsi di te – riuscì a dire, tentando di inspirare col naso ingorgato – Sei una ragazza fuori dal comune, Lisa, ed io sono
pazzo di te da parecchio tempo, ormai!
Però stasera ho fatto la figura del perfetto idiota Lei era ancora in piedi, in silenzio e, per
la prima volta nella sua vita, non seppe
che dire. Era veramente dispiaciuta per
averlo colpito, ma si sentiva altrettanto
furente per quello che era accaduto, sia
con Paolo, sia con se stessa.
Si avvicinò alla finestra, guardando fuori la pioggia che scendeva ininterrottamente e che aveva formato un piccolo
lago in giardino. Anche il naso di Paolo,
osservò con amarezza, continuava a
gocciolare e non dava proprio alcun segno di voler smettere.
- Forse è il caso che svegli la zia per accompagnarti al “Pronto Soccorso” –
suggerì, sedendosi accanto a lui.
- Non dire sciocchezze – brontolò Paolo, senza per nulla nascondere la sua
rabbia. Aveva macchiato anche il bel
maglione color nocciola e Lisa pensò
che per lui non sarebbe stato facile dare
una spiegazione dell’accaduto ai genitori, una volta rincasato.
Mentre Paolo continuava ad imprecare
sottovoce, guardò lo schermo della televisione. Dei piccoli ometti, chiamati
“Hobbit”, stavano per essere aggrediti
da dei spilungoni vestiti di nero, parecchio orridi. Spense seccata la televisione e gettò il telecomando sul tappeto.
- Vado di sopra a prenderti un maglione
pulito – gli disse, alzandosi in piedi –
Aspettami qui –
- Per carità – sbraitò lui, scattando in
piedi a sua volta – Hai già fatto abbastanza per questa sera. Me ne vado –
Si diresse verso l’ingresso, afferrando il
giaccone e lasciando sull’ orribile sedia
di zia Anna dei CD musicali.
Lisa li fissò con tristezza, pensando a
come stava terminando la serata.
- Aspetta, parliamo un attimo, non andartene così, ti ho già detto che mi dispiace di averti colpito. Fermati!Paolo si girò di scatto verso di lei, il naso gocciolante e la mano appoggiata
saldamente sulla maniglia della porta,
pronta a farla scattare.
- Non c’è niente da aggiungere, mi
sembra di aver capito perfettamente ogni cosa Uscì sbattendo la porta e la lasciò lì,
ammutolita, a sentire il suo cuore battere all’impazzata e la pioggia cadere rumorosamente sul tetto.
Capitolo Secondo
Il Malore di Anna
Si trovava in una stanza buia, fredda ed
umida. Vi era un’unica finestra in alto,
con le grate, che rifletteva un po’ di luce. Lisa provò un gran senso di terrore,
c’era qualcuno alle sue spalle, poteva
sentirne il respiro affannoso scaldarle il
collo.
Si voltò, ma non vide nessuno.
Poi un’ombra si mosse dalle pareti al
pavimento e lei urlò, correndo in un angolo. Era lì, ma dove?
Il suo respiro si fece sempre più intenso,
ma sparì nel momento in cui la stanza
venne inondata da una dolcissima voce
di donna.
- Ti stanno cercando, devi prender-
lo…hanno già ucciso per te, lo rifaranno, fai attenzione… - Tesoro…svegliati!La voce della zia interruppe quel terribile incubo e fece sussultare Lisa che aprì
gli occhi, madida di sudore. Tremava da
testa a piedi per lo spavento, il cuore le
pulsava nelle vene e stentava quasi a
respirare.
- Calmati, è tutto passato – si affrettò a
rassicurarla Anna, scostandole una
ciocca bagnata dalla fronte – Devi aver
fatto un sogno proprio brutto, per urlare
in questa maniera. Mi hai fatto prendere
un colpo, sai?- Non brutto, terrificante – riuscì a rispondere Lisa, mettendosi a sedere sul
letto – Non mi è mai capitato di provare
una sensazione così intensa di… – si
interruppe, in dubbio se continuare o
meno la frase – …morte La zia le rivolse un sorriso rassicurante,
anche se sembrava un po’ turbata – non
era una grande attrice – e la invitò a
sdraiarsi, sistemandole poi le coperte fin
sotto il collo.
- Vuoi parlarmene? – le chiese, dolcemente.
Lisa stropicciò gli occhi, esausta.
- Magari un’altra volta. Ora è tutto a posto. Mi sono calmata- Prova a riaddormentarti, allora. Ci vediamo domattina –
Anna la baciò sulla fronte ed uscì dalla
stanza.
Lisa era sconvolta. Non riusciva a comprendere il motivo di quel sogno. Forse
si era agitata troppo per il litigio con
Paolo di qualche ora prima, oppure il
caffè le aveva fatto uno brutto scherzo.
Ma quella voce, quella dolcissima voce
che le sussurrava di prenderlo…ma
prendere…cosa? Forse se la zia non
l’avesse svegliata, avrebbe saputo.
Le palpebre le si richiusero lentamente,
gonfie e pesanti, e Lisa ripiombò in un
sonno agitato, popolato da assassini,
“Hobbit” e dal suo amico Paolo.
***
L’indomani mattina il sole splendeva in
un cielo straordinariamente azzurro. Lisa avrebbe dovuto sentirsi d’ottimo umore, ma si alzò stanchissima, con la
sensazione di non aver mai scollegato il
cervello.
Anna era in cucina, affaccendata intorno ai fornelli, mentre la colazione era
già pronta sul tavolo.
Sedette sconfortata su una sedia, felice
solo del fatto che fosse sabato e che
quindi, nel pomeriggio, avrebbe avuto
l’opportunità di riposare corpo e mente.
Quando Anna le versò il latte, studiò la
nipote con attenzione e le posò una mano sulla fronte, per sentire se scottava.
- Sto bene, zia – la rassicurò Lisa, servendosi di una porzione di fiocchi
d’avena – Sono solo stanca –
Anna la fissò con sospetto e sedette accanto a lei, versandosi del caffè.
- Dimmi, e com’è andata con Paolo? –
Lisa nascose il viso tra le mani ed asciugò una lacrima ribelle che non era
riuscita a ricacciare indietro.
- Tesoro, ma…cosa? –
La zia la costrinse a guardarla e lei tentò
di sorridere.
- Mi ha detto di essersi innamorato di
me - le rivelò Lisa con un sussurro, fissando la tazza in cui galleggiavano i
fiocchi d’avena ormai zuppi di latte – E
io l’ho colpito sul naso –
- Tu, cosa? – Anna strabuzzò gli occhi,
inorridita – Cos’hai fatto? Al tuo migliore amico? –
Lisa fece una smorfia di disgusto, ingoiando una cucchiaiata di latte.
- Beh, tanto “migliore” amico non è,
visto che mi ha pure baciata! –
Anna sospirò, levando gli occhi al cielo,
e si versò un’altra dose di caffè.
- Lisa, cara, ti posso anche capire – le
disse, cercando di assumere un tono
convincente – Ma sono molto delusa
per il tuo comportamento. Mai e poi
mai avrei immaginato che saresti arrivata a tanto!- Ma zia, lui…- Silenzio! – la interruppe Anna, alzando un po’ la voce – Oggi a scuola gli
chiederai scusa e mi aspetto di rivedervi
di nuovo amici, come prima -
- Non è possibile – sibilò Lisa, versandosi un bicchiere di succo d’arancia –
Lui non prova più amicizia per me ed io
non mi sento di corrispondere il suo
“nuovo” sentimento, o almeno così credo –
Ripensò per un attimo al bacio e brividi
ribelli le corsero lungo la schiena. Allontanò quella sensazione che sfuggiva
al suo controllo e terminò di bere il suo
succo.
- Ad ogni modo, vorrei che sistemaste
le cose tra voi due – disse Anna bruscamente – E magari – il tono della sua
voce si addolcì – Col tempo ti accorgerai che anche tu provi qualcosa di più
nei suoi confronti… - Zia, ti prego! –
- L’amore percorre vie misteriose – la
interruppe Anna, riponendo le tazze e i
bicchieri sul lavello – E anche tu, prima
o poi, proverai l’intensa emozione di
essere amata e di amare –
Lisa la fissò incuriosita, mentre si alzava in piedi. Che ne sapeva, lei, che da
sempre andava dicendo che una donna
stava sicuramente meglio da sola, senza
dover rendere conto a nessuno, tanto
meno ad un uomo?
I suoi pensieri furono distolti dal vecchio orologio a cucù che la fece sobbalzare, avvisandola che, come al solito,
era in ritardo. Guardò gli elfi che rientravano nell’orologio e si precipitò alla
finestra, nella speranza di vedere Paolo.
Ma quella mattina non c’era nessun ragazzo ad aspettarla sorridente in sella
alla bici…
Sospirò, con un gran peso nel cuore, e
tentò di chiudere lo zaino, sempre stracolmo di libri.
Stava per uscire di casa, quando ricordò
la cosa importante che doveva dire alla
zia.
- Hai sentito di Luigi Marchi, il proprietario del caffè “Paris”?- urlò, mentre
indossava il giubbetto di jeans.
- Che gli è successo? Niente di grave,
spero –
- Uhm…purtroppo è stato ucciso da una
freccia dritta al cuore! –
Anna si precipitò di corsa dalla nipote,
con gli occhi sbarrati dallo stupore e Lisa la vide impallidire e sedersi in fretta
sull’orribile sedia dell’ingresso, le mani
in grembo, le labbra che tremavano.
Era terrorizzata.
- Zia, stai male? – Lisa si precipitò da
lei, gettando a terra lo zaino – Sembra
che tu abbia visto un fantasma! –
Anna guardò la nipote dritta negli occhi
e le accarezzò il bel viso.
- Stai tranquilla…E’ solo che mi dispiace molto per lui…Un uomo così onesto,
così gentile…E morire in quel modo
assurdo… Ma com’è accaduto? –
Lisa le rivelò i particolari che aveva appreso dal notiziario della sera precedente e vide la zia sempre più turbata, man
mano che proseguiva con il racconto.
- Se vuoi, oggi posso restare a casa – le
chiese, mentre l’aiutava a sdraiarsi sul
divano – Non hai un bell’aspetto, sai?
Anna le lanciò uno sguardo colmo di
gratitudine ed annuì, bianca in volto.
- Non voglio costringerti a perdere un
giorno di scuola per colpa mia – mormorò, cercando di alzarsi in piedi, per
poi ripiombare sulla sedia, con la testa
che le girava vorticosamente.
- Ok, adesso chiamo il dottore, questa
storia non mi piace proprio! –
Prima che la zia potesse ribattere, Lisa
si era già diretta al telefono e, dopo circa dieci minuti, il Dottor Bosco stava
visitando Anna.
- Vuole darmi la giacca ed il cappello?
– gli chiese Lisa con tono cortese, cercando di nascondere la preoccupazione.
- No, grazie, devo scappare subito. Ho
parecchi pazienti da visitare –
- Nemmeno un caffè? – insistette lei,
che si sentiva comunque in dovere di
offrire qualcosa al medico, vista la celerità con la quale si era precipitato a visitare la zia.
Il dottor Bosco scosse la testa, sorridendole, mentre riponeva nella borsa le attrezzature mediche.
- Allora, Anna, hai avuto un grosso calo
di pressione. Ordino riposo assoluto per
almeno due, tre giorni e niente altre forti emozioni, se possibile! –
Anna ringraziò il dottore, poi si fece a-
iutare da Lisa a salire le scale e a coricarsi.
- Per favore, avvisa tu Laura che oggi
non sarò presente in negozio e svegliami tra due orette, mi raccomando – le
disse Anna con voce sottile – Ti preparerò un pranzo succulento, visto che mi
farai compagnia –
Lei annuì e la baciò sulla fronte.
Le prime ore del mattino trascorsero velocemente, dato che Lisa riordinò le
stanze principali della casa, per rendersi
utile alla zia.
La testa aveva però ripreso a pulsarle
dolorosamente. Nelle ultime ore aveva
vissuto troppe emozioni. Ripensò a Paolo e, nel farlo, iniziò a spolverare così
nervosamente da ripulire in dieci minuti
scarsi sia i mobili della grande sala da
pranzo, sia quelli della cucina.
Poi il suo pensiero si spostò al Sig.
Marchi, alla sua morte così orribile e
così inverosimile (quando mai negli ultimi tempi qualcuno era stato ucciso da
una freccia conficcata nel cuore?), alla
povera zia Anna, che l’aveva preoccu-
pata così tanto (in effetti era ancora incredula per la sua reazione, che riteneva
un po’ eccessiva), fino all’incubo terrificante, a quel respiro che le ronzava
ancora per la testa, fino a farla scoppiare dal dolore.
Infine ricordò quella voce dolcissima e
l’invito a prendere qualcosa. Si ritrovò
ancora una volta a riflettere su COSA
avrebbe dovuto prendere, ma in fondo
era solo un sogno, per cui scacciò quei
pensieri angosciosi e salì rapidamente le
scale per svegliare Anna.
***
Mentre si avvicinava alla camera della
zia, le sembrò di sentire qualcuno parlare con lei. Si fermò per ascoltare, ma la
voce era cessata.
- Ma con chi stavi…accidenti! Che stai
facendo? Strabuzzò gli occhi nel vedere Anna già
ben sveglia e vestita con una comoda
tuta blu, che stava preparando un borsone da viaggio.
- Il dottore ha detto che devi riposare,
dove credi di andare, scusa? – la interrogò, richiudendo con forza la porta della camera.
- Hai ragione, cara, dovrei riposare, ma
ho appena deciso che io e te partiremo,
subito dopo pranzo, verso la casa del
bosco –
Lisa spalancò la bocca per lo stupore e
scrutò sbigottita i grandi occhi blu della
zia, per cercare di capire se stava dicendo la verità o se le andava di scherzare.
- Sei sicura di sentirti bene? – le chiese
con cautela, dando un’occhiata a qualche vestito sparso sul letto – Sono anni
che non mettiamo piede in quella casa…- Già, sono trascorsi dieci anni, tesoro
mio, come potrei dimenticarlo? Eravamo lì, quando ricevemmo la telefonata
che ci avvisò della morte dei tuoi genitori –
Anna trasse un profondo respiro e Lisa
non potè non notare un grande ciondolo
colorato che pendeva brillante da una
lunga catenina d’argento appesa al suo
collo.
– E tu da quel giorno non hai più voluto rimettere piede in quella casa – continuò Anna, fissando la nipote con intensità - Beh, credo che tu ora sia pronta
ad affrontare i tuoi fantasmi Lisa continuò a fissare incredula la zia
mentre entrava nel bagno attiguo alla
camera e pettinava i lunghi capelli dorati.
- Dai, corri a prepararti. Io nel frattempo
scenderò a preparare una pastasciutta.
Lo so che ti avevo promesso un pranzo
più succulento, ma credo che sarebbe
meglio mangiare in fretta e partire subito, dato che ci vorranno almeno due ore
prima di arrivare alla casa- Zia, adesso basta, non puoi metterti al
volante, ti ripeto che il dottore … - Ora sto meglio!- la zittì Anna, un po’
seccata, dirigendosi a grandi passi verso
di lei – E non ho assolutamente alcuna
intenzione di cambiare idea! –
- Beh, allora diciamo che IO non voglio
rivedere la casa – ululò Lisa, lanciando
un’occhiata torva alla zia – Ci sono
troppi ricordi che mi faranno soffrire ed
inoltre – stava disperatamente cercando
un’altra scusa plausibile per evitare quel
viaggio – La casa è…è rimasta chiusa
per troppo tempo, chissà come sarà
sporca, piena di ragnatele e di schifezze
varie, magari anche di grandi topi. E tu
hai paura dei topi, se ben ricordi! Anna le accarezzò una guancia con dolcezza.
- Tesoro mio, innanzitutto devi sapere
che la casa è sempre stata pulita da una
signora del luogo, su mia precisa richiesta –
- Ah! – Lisa chinò lo sguardo a terra,
quasi rassegnata.
– Inoltre, ritengo che tu ormai sia abbastanza cresciuta per affrontare i fantasmi del tuo passato. Tra due anni sarai
maggiorenne, ma io ti considero adulta
già da un bel po’ di tempo. Sei una ragazza molto matura per la tua età e sono
sicura che la tua intelligenza ti aiuterà a
scrollarti di dosso il ricordo di quella
dolorosa esperienza –
Lisa tacque, lo sguardo sempre rivolto
verso il basso. Forse la zia aveva ragione, era tempo di rivedere la casa in cui
aveva vissuto per sei anni con i genitori,
e nella quale aveva lasciato un frammento del suo cuore, quando si era trasferita con lei in città.
Alzò il viso e guardò Anna che, in silenzio, attendeva la sua risposta.
- Va bene – brontolò, avviandosi verso
la porta – Vado a prepararmi- Basta solo un piccolo ricambio. Rincaseremo domani sera. Non voglio farti
perdere un altro giorno di scuola –
Lisa annuì e corse in camera sua, con il
cuore che le batteva forte per
l’emozione. Avrebbe rivisto la sua casa,
il suo lettino, i tanti giochi che aveva
lasciato lì, nella fretta di fuggire da
quelle pareti con Anna…e poi la stanza
dei genitori e l’armadio pieno di abiti
che la zia non aveva sicuramente spostato.
Era così agitata che non riusciva nemmeno a decidere cosa mettere nel borsone, così lo riempì delle prime cose
che le capitarono a tiro. Scese poi in cu-
cina, da dove giungeva un invitante profumino, ed aiutò la zia a preparare la
tavola.
- Grazie – le disse sottovoce, mentre sistemava le posate sulla tovaglia – Ti
voglio bene! –
Anna le scoccò un sonoro bacio sulla
fronte e la invitò a sedersi, dato che la
pasta era già pronta.
Finito di pranzare, sistemarono in fretta
le stoviglie e si misero presto in strada,
tutte e due ansiose di arrivare in breve
tempo alla casa del bosco.
Dopo due ore circa, si trovarono immerse in un verde intenso, macchiato qua e
là da gruppi di margherite. Lisa spalancò la bocca per lo stupore, rapita dalla
magnificenza del paesaggio. Quindi imboccarono una strada a destra che le
condusse all’interno di un bosco dove
alberi in fiore creavano un piacevole
contrasto con quelli sempreverde.
La strada iniziò improvvisamente a salire, mentre il bosco si infittiva sempre di
più. Lisa aveva il naso schiacciato sul
finestrino, ad ammirare le primule che
crescevano sui pendii lungo la strada.
L’asfalto, nel frattempo, aveva lasciato
il posto ad una strada sterrata, che costrinse Anna a frenare. Infine Lisa la
vide, lassù, in alto, stagliata nello
schermo azzurro del cielo. La ricordava
più grande (ma a sei anni tutto sembra
più grande e maestoso) e più scura.
Probabilmente il sole e le intemperie
avevano sbiadito la vernice rossa con la
quale era stato colorato il legno, o forse
la sua memoria la tradiva, essendo trascorso così tanto tempo.
Anna parcheggiò l’auto dinanzi alla
porta d’ingresso, e scese per sgranchire
le gambe. Lisa restò invece seduta a
guardare la sua vecchia casa dal finestrino. Era bellissima, con i balconi verde scuro come la porta d’ingresso, il patio al cui soffitto era ancora appeso il
vecchio dondolo, che sembrava perfettamente funzionante, il gelsomino rampicante curato e ricco di piccole gemme
pronte a fiorire. Lì il tempo si era fermato, pensò con una grande fitta al cuore, e le parve di vedere la madre che u-
sciva di casa, sorridendole.
- Scendi? – la voce della zia la scosse
dai ricordi e la obbligò a riaffrontare il
passato.
Uscita dall’auto, inspirò a pieni polmoni
l’aria frizzante del bosco e salì sul patio,
abbracciata alla zia.
- Tutto bene? – le chiese Anna, mentre
infilava la chiave nella serratura – Entriamo? –
Lisa fece un nuovo, grande respiro,
chiuse gli occhi per un attimo, e poi li
riaprì, annuendo.
Come ebbe varcato la soglia, sentì un
soffio di vento mulinarle sulla fronte e
sui capelli e le parve di udire qualcuno
dietro di lei. Rabbrividì e si girò per poi
rivolgere lo sguardo alla zia che nel
frattempo si era avvicinata alla prima
finestra e ne stava spalancando i balconi. Vividi raggi di sole entrarono prepotenti dalle lastre, creando sul pavimento
fasci rettangolari di luce dorata, nella
quale baluginavano piccoli granelli di
polvere.
Lisa avanzò di qualche passo, commos-
sa, ed appoggiò una mano sulla sponda
del vecchio divano di pelle nera, facendola scorrere fino all’estremità opposta.
Il tavolino di legno massiccio, dove era
posata una tovaglia bianca di pizzo, era
ancora lì…Si ricordò che spesso aveva
usato quel tavolo come appoggio per
disegnare, soprattutto la sera, mentre i
genitori guardavano la televisione o la
mamma sferruzzava a maglia (adorava
confezionare maglioni di vario colore
ed era anche piuttosto brava).
Poi si diresse a sinistra, verso la cucina.
Anche lì il tempo si era fermato. La sua
tazza gialla, quella con cui era solita bere quantità industriali di latte, era ancora
appesa al gancio sopra il lavello, in
mezzo a quella blu del padre e a quella
rossa della madre.
Si accorse in quel momento che le lacrime le stavano scendendo copiosamente dagli occhi e le asciugò con la
manica del maglione, mentre la zia le
appoggiava le mani sulle spalle.
- Sono di sopra, se hai bisogno di me –
le sussurrò – Sistemo un po’ di cose, tu
gira pure tranquillamente, prenditi tutto
il tempo che vuoiLisa annuì, incapace di parlare, e mentre Anna saliva le scale che conducevano alle camere, sedette su una sedia,
singhiozzando.
Come avrebbe voluto che i genitori fossero lì con lei, in quel momento! Chiuse
gli occhi. Mamma le stava preparando il
solito pane tostato ben imburrato, mentre papà stava sorseggiando il suo caffè
e si accingeva a spalmare la marmellata
di albicocche (la sua preferita) su una
fetta di pane. Ricordò anche la risata
frizzante della madre e…poi lo sentì
ancora…quel mulinello di vento nei capelli, un sussurro. Non si voltò, ma
guardò di lato con la coda degli occhi, il
cuore che le batteva all’impazzata, le
mani sudate. Sì… c’era sicuramente
qualcuno dietro di lei, ne sentiva la presenza e ricordò l’incubo. Allora si voltò
di scatto, alzandosi in piedi e rovesciando a terra la sedia.
Sbarrò gli occhi. Era sicura di aver visto
un lampo di luce che si era dissolto ve-
locemente in più punti della stanza. Roteò il capo a destra, a sinistra, in alto, in
basso, ma della luce non vi era rimasta
alcuna traccia.
- Lisa, tutto bene lì sotto? – la voce della zia la scosse come un pugno nello
stomaco e si sentì assolutamente ridicola (e stupida).
- Si, zia, sono solo inciampata, stai
tranquilla!- gridò, uscendo dalla cucina.
– Ora salgo!Giunta in cima al pianerottolo, vide Anna che usciva dal ripostiglio con coperte
e lenzuola.
- La Signora Olga, la custode, me le ha
preparate ben pulite e stirate. Però dobbiamo dormire tutte e due sul letto matrimoniale, il tuo è troppo piccolo, non
ci puoi stare! –
Mentre la zia era affaccendata a rifare il
letto, Lisa varcò la soglia della sua cameretta e provò un’emozione così intensa che scoppiò a piangere come una
bambina, nascondendo il viso tra le mani.
Anna accorse subito da lei.
- Piangi pure, tesoro, sfogati – le sussurrò, accarezzandole i capelli – Ti fa bene,
sai? Non l’hai fatto per tanto tempo, ora
è arrivato il momento di svuotare il tuo
cuore da questo immenso carico di doloreLisa continuò a piangere sulle spalle
della zia e desiderò che quell’istante
non finisse mai, perché la morsa che
l’aveva attanagliata in tutti quegli anni
stava finalmente allentandosi.
Capitolo Terzo
La Casa del Bosco
Il pomeriggio scorse velocemente, con
Lisa che perlustrò a fondo ogni angolo
della casa. Dopo aver rivisto i suoi innumerevoli giocattoli, che la zia prima
della loro partenza, dieci anni prima,
aveva ordinato in un comodo cesto di
vimini rosa, si gettò all’attacco degli
abiti delle madre, provandoli e riprovandoli, tra i brontolii di Anna (“No, ti
prego, quello no, tanto vedi che non ti
sta, è largo…” – oppure “No, quello di
lino no, si stropiccia tutto…non il verde, è una penitenza poi stirare quel tessuto…insomma…LISA!”).
Tutto sommato quelle ore si rivelarono
piacevoli, anche se il rituffarsi nei ri-
cordi le aveva provocato un fastidioso
mal di testa e grosse fitte allo stomaco.
Verso sera si immerse nel tepore di un
bagno rilassante, usando un bagnoschiuma al tiglio creato dalla zia, che di
erboristeria ne sapeva quanto e più di
una fattucchiera.
Indossò poi il pigiama, con la chiara intenzione di infilarsi sotto le coperte il
prima possibile - la nottata trascorsa
nella quasi totale insonnia si stava facendo sentire con tutta la sua forza – e
si precipitò a mangiare, perché lo stomaco stava reclamando cibo da almeno
due ore.
A cena rise e scherzò con la zia, rivelandole che, a parte il primo momento
di acuto dolore, stava lentamente riprendendo confidenza con la casa.
- Guardo un po’ di televisione e poi corro a dormire – le disse, dopo che ebbero
sparecchiato e ripulito la cucina.
Ma quando passò vicino al telefono,
l’immagine di Paolo le scorse improvvisamente davanti agli occhi e restò immobile, indecisa sul da farsi.
- Chiamalo, dai – la invitò Anna, mentre
saliva le scale – Ti aspetto di sopra –
Lisa guardò la zia, poi il telefono, di
nuovo la zia che ormai era arrivata al
pianerottolo superiore, e prese a mordicchiarsi un’unghia.
- CHIAMALO! – urlò Anna, affacciandosi dalla porta del bagno – Che stai aspettando? Su, sbrigati! –
Smise di torturare l’unghia ed afferrò la
cornetta.
- Pronto?La voce di Paolo la fece sobbalzare.
- Si, ehm… ciao…sono…io… - Lisa, dove diavolo sei?- urlò lui con
tono preoccupato – Sono venuto a cercarti anche a casa, ho chiesto ai vicini,
ma nessuno mi ha saputo dire nulla.
Che succede? –
- Niente, niente, stai tranquillo – si affrettò a rispondere Lisa che si sentiva
profondamente in colpa per non averlo
avvisato prima del viaggio – Sono…sono alla casa del bosco con la zia
–
Silenzio.
- Pronto, Paolo, ci sei ancora?- Non stai scherzando? – chiese lui, lentamente – Sei proprio lì? –
- Sì - Beh, ma…come c’è riuscita Anna, a
convincerti? Ti ha forse dato un colpo
in testa e ti ci ha portata svenuta?Lisa rise.
- No, no! Ti racconterò tutto al mio ritorno. Ti basti sapere che sto bene e che
qui tutto è così…così magico, nel senso
che il tempo si è fermato, ogni cosa è
rimasta come lo era dieci anni fa - Mi fa piacere, e sono felice per te, che
tu sia riuscita ad affrontare le tue paure,
brava…- Paolo…- Sì? –
Silenzio. Lisa non sapeva in che modo
riavviare il discorso. Riprese a mordicchiarsi un’unghia.
- Che c’è Lisa, vuoi forse chiedermi
scusa? –
Lei annuì, senza ricordare che Paolo
non la poteva vedere. Le parole non le
uscivano di bocca.
- Allora? –
- Oh, sì…certo, volevo proprio chiederti
scusa, mi dispiace moltissimo di averti
colpito, mi sono comportata da schifo,
e, credimi, mi sento profondamente in
colpa. Vorrei che tutto tornasse come
prima –
Ancora un lungo silenzio.
- Lo sai che quello che mi chiedi è impossibile – precisò lui con un tono che
le parve un po’ seccato.
- Ma possiamo provarci, no? – propose
Lisa, continuando a torturare l’unghia.
- Per me tu non sei più semplicemente
un’amica … - Lo capisco, ma…- Non ci sono ma – la interruppe lui
bruscamente – Vuoi che ti dica come la
penso io? Ieri sera, quando ti ho baciata,
ho sentito che ti piaceva, hai risposto al
mio bacio, mi hai abbracciato (Lisa cercò di intromettersi nella conversazione,
ma era impossibile interrompere quel
fiume di parole) e sono sicuro che anche
tu provi per me qualcosa di più
dell’amicizia, solo che ne hai paura, hai
sempre avuto paura di abbandonarti alle
emozioni. Per questo la storia che hai
avuto l’anno scorso si è interrotta subito
Lisa tacque, angosciata, stupita e dolorosamente colpita al cuore. Sapeva che
Paolo aveva ragione, che l’amore la terrorizzava e che non aveva la più pallida
idea di come venirne fuori.
- Lisa, lasciati guidare, ti aiuterò io.
Stammi vicino, ed insieme, per mano,
costruiremo grandi cose, fidati di me –
- Paolo… – aveva la voce che le tremava- Ora sono confusa, io…io …ho bisogno di riposare, ma mi ha fatto molto
piacere sentire la tua voce, ora so che
non sei più arrabbiato con me. Ci rivediamo lunedì a scuola e…ti aspetto la
sera a casa mia, così vedremo di ridiscutere il tutto…va bene?- Sì, certo – rispose lui, sommessamente
– Tu cerca di stare bene e di non metterti nei guai. Divertiti e saluta Anna da
parte mia –
- Va bene –
- E…Lisa?-
- Dimmi- Ti amo! –
Lei spalancò gli occhi e la bocca, sbalordita e confusa, poi abbassò la cornetta per chiudere quella conversazione e
si abbandonò sul divano, con la mente
completamente svuotata.
****
Si trovava di nuovo nella stessa, vecchia
cella buia e fredda. Rabbrividì e girò
intorno a se stessa per vedere se nella
stanza c’era effettivamente qualcuno,
oltre a lei.
“No, no, voglio uscire di qui, devo svegliarmi!” urlò nel sogno, chiudendo gli
occhi.
Ancora una volta sentì il respiro affannoso dietro di lei. Prese a sudare freddo
e a tremare per la paura che le impediva
quasi di respirare. Alzò il viso, lo girò a
destra e a sinistra, ma riuscì a scorgere
solo l’ombra di se stessa proiettata sul
pavimento.
Poi udì uno scricchiolio, un sussurro
sommesso e la sensazione di un respiro
caldo sul collo.
“Chi diavolo sei, che vuoi da me? – urlò
esasperata “Lasciami andare, smettila,
smettila!”
Il respiro affannoso continuò però a girarle vorticosamente intorno.
“Io voglio solo svegliarmi da questo terribile incubo” singhiozzò, afferrandosi i
capelli e socchiudendo gli occhi, nella
speranza di scacciare il più lontano possibile il terrore che l’attanagliava.
Ripensò a Paolo, al fatto che se lui fosse
stato lì in quel momento, accanto a lei,
forse avrebbe avuto meno paura. Sì, gli
voleva un gran bene, probabilmente un
po’ di più rispetto all’affetto che si prova generalmente per un amico o per un
fratello.
Venne scossa da quei pensieri da un altro sussurro e da una folata gelida di
vento. Cominciò a rabbrividire dal freddo, che trasformava il suo respiro in vapore visibile, e prese a sfregarsi le mani
sulle braccia, nell’inutile tentativo di
riscaldarsi.
“Non potrai fuggire da me” una voce
profonda e roca inondò improvvisamente la stanza “Ti troverò, ormai sono vicino a te…ti troverò e ti ucciderò.”
“Noooooo!” urlò Lisa disperata, correndo come una forsennata da un angolo
all’altro della cella “Lasciami andare!
Chi sei, maledetto, lasciami andare!”
Ma non giunse alcuna risposta. Anzi, da
quel momento cessarono sia i sussurri
che il respiro, mentre il freddo allentava
rapidamente la sua morsa. Lisa si appoggiò ad una parete, scivolando silenziosamente sul pavimento con la testa
ciondoloni e nascose il viso tra le mani,
piangendo sommessamente.
All’improvviso percepì uno strano calore avvolgerle una gamba. Alzò
all’istante il viso e sbarrò gli occhi nella
penombra, strizzandoli per riuscire a
vedere meglio. Il freddo sparì del tutto,
lasciando il posto ad una tepore primaverile, e lei si sentì inondare da una piacevole sensazione di pace e di benessere.
E poi la vide. Dinanzi a lei era apparsa
una donna con lunghi capelli biondi ed
un abito bianco che brillava di luce perlacea. Era sicuramente la creatura più
incantevole che avesse mai viso e la
stava fissando con uno sguardo dolcissimo ed amorevole.
All’improvviso ricordò. Quella donna
lei l’aveva già vista, in passato. Nella
sua mente riaffiorarono prepotentemente i ricordi della madre. Era indubbiamente lei, seppure diversa da come effettivamente l’aveva conosciuta; era infatti molto più alta e maestosa, ma erano trascorsi dieci anni e, in un arco di
tempo così vasto, i ricordi possono sfumare.
La bella signora le si avvicinò e l’aiutò
ad alzarsi da terra, mentre una lacrima
le scendeva dai grandi occhi blu, identici a quelli di zia Anna.
“Mamma” riuscì a sussurrare, incredula
“Sei proprio tu?”
La signora annuì, le lacrime che le solcavano il bellissimo volto etereo. Lisa
l’abbracciò forte, scoppiando in un
pianto dirotto.
La riempì quindi di baci sulle guance, la
guardò e riguardò più volte ed infine la
riabbracciò ancora, godendo del tepore
del suo corpo e sperando di non risvegliarsi mai più. Voleva restare con lei
per sempre, avevano così tante cose da
dirsi, da ricordare…
La signora infine l’allontanò da sé dolcemente e le prese le mani tra le sue.
“Tesoro, asciuga le lacrime, ora” aveva
una voce dolcissima e rassicurante, la
stessa voce che le raccontava le favole,
la notte, prima di dormire “Devi ascoltarmi con attenzione, bambina mia”.
Lisa annuì, continuando a fissare incantata la madre, per imprimere nella sua
memoria quel fantastico momento.
“Ti ascolto” le disse, senza fiato.
“E’ arrivato il momento che tu segua il
tuo cuore, tesoro. E’ indispensabile che
tu dia spazio ai tuoi sentimenti e alle tue
emozioni. Falle uscire, non trattenerle
più, è la tua unica possibilità per metterti in salvo da queste tenebre”.
“Mamma, non capisco, cosa vuoi dirmi,
che devo fare?” Lisa era confusa, la testa le girava vorticosamente ed il cuore
aveva preso a pulsarle all’impazzata.
“Devi aprire il tuo cuore, Lisa, devi
permettere all’amore di traboccare da
quel bicchiere che hai tenuto sempre
chiuso, per paura di soffrire. Non devi
più trattenere il dolore, Lisa, ormai sono
trascorsi tanti anni, i ricordi vanno affrontati e superati e tu sei forte, bambina mia, racchiudi dentro di te un gran
coraggio che sta solo dormendo, pronto
a risvegliarsi al primo richiamo”.
Lisa continuava a non comprendere bene le parole della madre, ma la lasciò
parlare. Era comunque troppo bello sentire la sua voce.
“Se vuoi sopravvivere alle tenebre, se
non vuoi più rivedere questa cella, devi
permettere ai tuoi sentimenti di trovare
la giusta strada per uscire dal tuo cuore
che (le mise una mano sul petto) batterà
forte per un grande amore…Lisa era profondamente emozionata. La
madre le accarezzò il viso con infinita
dolcezza e si staccò un po’ da lei, sorri-
dendole.
“In realtà tu sei molto più forte di quel
che pensi, tesoro mio. Ti sei sempre sottovalutata. Lascia ruggire il leone che
c’è in te e vedrai che il tuo destino sarà
incredibilmente bello”.
“Mamma, quello che mi chiedi è difficile da realizzare, molto difficile” riuscì a
dire Lisa, biascicando le parole, che le
risuonarono stranamente lontane e un
po’ confuse. Improvvisamente la vista
le si annebbiò, le gambe presero a tremarle e dovette sedere sul pavimento,
per non crollare rovinosamente a terra.
Gli occhi le bruciarono con intensità,
per cui li strofinò a lungo e quando infine li riaprì, Marta era scomparsa.
“Mamma, mamma!”gridò disperatamente, con il cuore in gola.
Cercò di rialzarsi, ma le gambe non la
reggevano “Mamma, ti prego, ritorna da
me, non te ne andare!”.
“Ricordati di prenderlo!” disse ancora
quella dolcissima voce, prima che Lisa
si svegliasse, madida di sudore.
Tremava dalla testa ai piedi ed aveva
freddo, tanto freddo. Anna l’abbracciò,
stringendola forte a sé, e la lasciò piangere.
- Hai sognato la mamma? – le chiese
con cautela, quando si fu un po’ calmata
– Hai ripetuto spesso il suo nome, sai?
Come l’altra sera mi hai molto spaventata, tesoro mio –
Lisa asciugò le lacrime con il palmo
della mano e prese un fazzoletto dal
comodino per soffiarsi il naso- Zia, era bellissima – mormorò – E mi
ha parlato, con quella sua voce dolcissima –
Anna le accarezzò i capelli.
- Posso sapere cosa ti ha detto? –
- Sì, mi ha invitata ad aprire il mio cuore. Credo che volesse dirmi che se voglio smettere di fare certi brutti incubi
devo guardare in me stessa e dare spazio all’amore –
- Per Paolo? – le sussurrò Anna, girandole il viso verso di lei.
- Credo di sì, per Paolo – Lisa fissò gli
occhi della zia, e le parve di rivedere
quelli immensamente profondi della
madre – In effetti ho pensato a lui, nel
sogno, ed avrei voluto averlo accanto a
me, in un certo momento –
- Quando? – le chiese Anna, stringendola ancora a sé – Hai rivissuto lo stesso
incubo della scorsa notte? –
Lisa annuì e soffiò forte il naso, ancora
intasato per il pianto.
- E’ stato orribile, zia, ho provato un
terrore immenso, profondo, ed ho pensato che se Paolo mi fosse stato vicino
non avrei più avuto paura, di niente e di
nessuno. Zia, tu credi che io possa effettivamente essere…ehm…innamorata di
lui? –
Anna la guardò, sorridendole.
- Credo che tu conosca già la risposta –
Lisa la fissò con aria interrogativa e finalmente capì quello che avrebbe dovuto comprendere ormai da parecchio
tempo - L’ho invitato a casa, lunedì sera – disse, mentre si sdraiava sul letto – Mi sa
che dovremo parlare a lungo e di parecchie cose –
Anna la imitò, rimboccando per bene le
coperte e stringendo forte a sé il medaglione argentato, che profuse una tenue
luce nel palmo della sua mano.
L’indomani mattina Lisa si svegliò con
le guance bagnate. Aveva ripensato alla
madre per tutto il resto della notte e si
era svegliata parecchie volte piangendo
e sperando di poterla sognare ancora.
Ma il sogno non si era ripetuto, purtroppo, e perciò il risveglio le risultò
ancora più faticoso di quello del giorno
prima. Fissò il soffitto, ma senza guardarlo. Le scorsero dinanzi agli occhi il
volto della madre, i suoi occhi, il suo
sorriso e poi il viso di Paolo, Paolo ed
ancora Paolo.
Come avrebbe voluto poter tornare indietro nel tempo fino a venerdì sera, nel
preciso momento in cui lui l’aveva attirata a sé, per poi baciarla! Si chiese cosa
sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente, come si aspettava
certamente Paolo. Sicuramente ora sarebbe stata molto più tranquilla e da
quello che le aveva riferito la madre nel
sogno, forse non avrebbe mai più dovu-
to rivivere quell’orribile incubo.
Ripensò ancora alle sue parole. Non era
sicura di aver capito tutto, però aveva
fermamente deciso di seguire il suo istinto e di aprire il suo cuore a Paolo,
per rivelargli finalmente quello che provava per lui.
Rifletté poi sul fatto che, anche
nell’ultimo sogno, non era riuscita a
scoprire cosa doveva prendere.
Girò sconfortata il viso verso la finestra
e vide la luce del sole filtrare dalle fessure dei balconi. Era indubbiamente
un’altra bella giornata e l’unico modo
per poter scacciare la stanchezza e le
forti emozioni che aveva vissuto nelle
ultime ore era quello di fare una bella
corsa nei boschi.
Dopo una lunga doccia rinvigorente,
indossò una tuta azzurra, annodò i capelli con una coda di cavallo e scese in
cucina, dove la zia aveva già provveduto a preparare una sostanziosa colazione.
- Ciao, tesoro, non ti ho svegliata prima,
volevo che ti riposassi ancora un po’,
dopo la nottata che hai trascorso –
Anna la baciò sulla guancia e l’invitò a
sedere davanti ad una tazza fumante di
latte.
- Devi proprio assaggiare questa marmellata di ribes, sai, me l’ha portata
stamattina la signora Olga, fatta da lei.
Oh, è molto brava a fare le torte, la mia
cara Olga, su, assaggiala –
Lisa ne prese un po’ con un cucchiaino
e la spalmò sul pane tostato, ma ne
mangiò un piccolo boccone. Non aveva
fame, voleva solo uscire un po’ da quella casa per rigenerare la mente.
- Non ti senti bene? – le chiese Anna,
appoggiandole una mano sul braccio –
Sei così pallida… Lei scosse la testa e bevve rapidamente
il latte.
- Sono questi incubi, zia, mi stanno distruggendo, non so cosa pensare, e
sembrano così…- s’interruppe, massaggiandosi le tempie, che avevano ripreso
a farle male.
- Così, come? – la invitò a proseguire
Anna, bevendo un sorso di caffè.
- Reali, zia, sono incredibilmente reali,
per questo motivo sono così terrificanti
e per questo motivo è stato orribile staccarsi dalla mamma, credevo di parlare
davvero con lei –
Si asciugò rapidamente un’altra lacrima
– non voleva che la zia si accorgesse
della sua debolezza, aveva pianto fin
troppo nelle ultime ore – e si alzò in
piedi, a sistemare le tazze nel lavello.
Anna terminò di bere il caffè, senza parlare. Lisa notò il suo silenzio e la guardò con la coda degli occhi. Era molto
seria e sicuramente preoccupata, perché
non si era precipitata ad aiutarla nel lavare le stoviglie, cosa che avrebbe sicuramente fatto in una situazione di normale quotidianità.
Continuò a guardarla con aria dubbiosa
finché lei non si alzò a sua volta da tavola e le si avvicinò, bloccandole la
mano con la quale stava per lavare una
tazza.
- Vieni con me, devo farti vedere una
cosa – le disse, con tono grave – Seguimi –
Lisa lasciò immediatamente la tazza,
turbata per lo strano comportamento
della zia, e la seguì in camera. Anna la
invitò a sedere sul letto, mentre lei apriva un cassetto del comò e ne estraeva
un piccolo cofanetto di legno, finemente
decorato.
- Aprilo – le ordinò, sempre con tono
grave.
Lisa aggrottò la fronte, scosse la testa,
ma aprì il cofanetto. Dentro c’era un
ciondolo, appeso ad una catenina argentata. Era identico a quello della zia, e
brillava di un’ intensa luce perlacea.
- E’ tuo – sussurrò Anna, sedendosi accanto a lei – Apparteneva a tua madre.
Ora puoi portarlo con te, vicino al tuo
cuore –
Lisa fissò sbalordita prima la zia, poi il
bellissimo ciondolo. Lo sollevò e vide
che al suo interno era raffigurata una
felce verde smeraldo, che appariva e
spariva, in base a come il ciondolo veniva mosso.
Infilò la catenina al collo e prese il
ciondolo in mano, commossa.
- Avresti potuto darmelo tempo fa, zia.
Perché solo adesso? –
- Perché ora sei costretta ad indossarlo –
Lisa la guardò nuovamente con aria interrogativa e con una smorfia. Si sentiva
offesa per non aver ricevuto una risposta più sensata.
- Potresti spiegarti un po’ meglio, per
favore ? – brontolò, fissandola intensamente negli occhi – Sai, sono arcistufa
di sentire tutti questi discorsi strani.
Forse sono un po’ tarda, ma credo che
mi stia sfuggendo qualcosa di importante…o forse mi stai solo prendendo in
giro? –
Mentre parlava sentì la rabbia crescere
dentro di sé. Aveva litigato con Paolo,
aveva fatto quegli orribili incubi, aveva
sofferto, aveva pianto a dirotto nel rivedere in sogno la madre, aveva avuto dei
mal di testa incredibili ed ora anche la
zia la stava mettendo in difficoltà…
Stava forse impazzendo?
- Allora? – la invitò, impaziente.
Anna non le rispose. Si alzò invece in
piedi e prese dai cassetti del comò una
tuta da ginnastica.
- Zia, così mi stai preoccupando, che
stai facendo? Sei sicura di sentirti bene?
Forse dovremmo ritornare in città e richiamare il dottore, che dici? –
- Il dottore non serve – le rispose Anna,
un po’ seccata, mentre si spogliava e si
infilava in fretta la tuta – Ora ho bisogno di ben altro –
Uscì dalla camera e scese velocemente
le scale, inseguita da Lisa, che non credeva alle proprie orecchie.
- ZIA! – le gridò, quando arrivò in salotto – Vuoi dirmi che sta succedendo?
Ti puoi fermare, per favore, ZIA! –
Ma Anna era già uscita di casa e la stava aspettando in cortile.
- Allora, ti sbrighi? – le urlò di rimando
– Facciamo una corsa insieme, su per
quei boschi, devo farti vedere un’altra
cosa –
Lisa si bloccò davanti alla porta.
- No – le disse, sfidandola.
- Come? –
- Ho detto di no –
- Lisa, per favore, non puoi capire, è ve-
ramente importante che tu mi segua.
Dobbiamo arrivare lassù, vedi? (indicò
la cima della montagna sopra la casa) E
ci vorrà una buona mezz’ora –
- Non mi sposterò da qui finché non mi
dirai che sta succedendo –
Anna corse verso di lei e l’afferrò per
un braccio.
- Lisa, tesoro, poi capirai, capirai tutto
quanto, te lo prometto. Ma non posso
spiegarti nulla, ora, se prima non mi segui. Devi vedere con i tuoi occhi quello
che c’è lassù (e indicò nuovamente la
cima della montagna). Ne va della tua
vita, della mia e di quella di tante altre
persone - Ma che stai dicendo ? - urlò Lisa,
staccandosi con forza da lei – Sei forse
impazzita? Che razza di discorsi sono,
questi? Prima a colazione eri tranquilla
e beata, poi tutto è cambiato quando…quando… - si fermò un attimo a
riflettere – Quando ti ho detto che i sogni che ho fatto mi sono sembrati veri,
già, da lì hai cominciato a preoccuparti.
Ah, ho capito! Vuoi portarmi da uno
psicologo che abita lassù! –
- Non scherzare – sibilò Anna, con le
guance infuocate – E’ vero, ho cominciato a preoccuparmi in quell’istante,
perché ho capito che quello che avevo
intuito la sera prima corrisponde purtroppo alla realtà - Zia? –
Lisa era sempre più confusa e la guardava come se fosse impazzita improvvisamente.
- Ora hai il ciondolo che presto ti proteggerà. Era destino che tu lo ricevessi
un po’ più in là, ma purtroppo la situazione è precipitata ed io ho il dovere di
salvarti la vita –
Lisa la fissò incredula, scuotendo più
volte la testa a destra e a sinistra e massaggiandosi nuovamente le tempie. Un
dolore sempre più intenso le martellava
il cervello e la vista aveva preso ad annebbiarsi.
Sedette sconfortata sul patio, ma la cosa
fu di breve durata, perché Anna
l’afferrò per le braccia e la sollevò di
peso, rivelando una forza inaspettata.
- Lisa – le disse ora con calma, fissandola negli occhi – Hai sempre avuto fiducia in me in ogni situazione, è vero? –
Lei annuì, ancora sconvolta.
– Ora, per favore, continua a credere in
me e seguimi fin dove ti devo condurre,
vedrai che poi tutto avrà un senso,
quando vedrai - Quando vedrò…cosa? – le chiese, aggrottando la fronte.
- Lassù c’è una piccola piana, Lisa, ora
non ricordi, ma quando eri piccola ci
andavi spesso con mamma e papà.
Quando arriverai lì, comincerai a ricordare alcuni avvenimenti che ti aiuteranno a capire tutta questa situazione. Fidati di me, se non mi seguirai, se non ricorderai, difficilmente sarò in grado di
aiutarti a comprendere Lisa inspirò profondamente, espirò ancora più profondamente ed annuì.
- Va bene – le disse – Portami lassù, così poi tutta questa storia pazzesca avrà
un termine –
Avrebbe potuto giurare di aver sentito
la zia dire: “ od un inizio…”, ma poiché
non ne era sicura, preferì tacere e si avviò a passi veloci dietro ad Anna, che
aveva già imboccato una piccola stradina, parecchio ripida, che si apriva tra il
bosco, ad ovest della casa.
Per i primi dieci minuti camminarono in
silenzio, in fila indiana. Lisa di tanto in
tanto si girava a guardare indietro, perché aveva la fastidiosa sensazione di
essere seguita.
Le sembrava che passi leggeri sfiorassero il sentiero a pochi centimetri da lei e
temeva quasi di risentire quel respiro e
quella voce rauca e terrificante.
Inciampò spesso nelle radici degli alberi
che spuntavano dal terreno e sentì la zia
sussurrare frasi del tipo “spostatevi, lasciateci passare”, oppure “sempre in
mezzo ai piedi, quando proprio non serve”.
Lisa fece spallucce all’ultima imprecazione della zia e la strattonò per la maglia della tuta, per attirare la sua attenzione. Anna si fermò e si voltò a guardarla, un po’ seccata.
Le parve ancora molto turbata, con le
labbra serrate, gli occhi fissi su di lei,
velati da una malcelata preoccupazione,
ed il respiro affannoso che, pensò Lisa,
non era dovuto solo alla fatica fisica –
la salita proseguiva infatti sempre più
ripida – bensì anche da una sorta
d’ansia che le velava il volto pallido e
teso.
- Manca ancora molto? – le chiese,
guardando verso la cima della montagna.
In quel momento notò dietro la zia un
altro bagliore dorato, istantaneo ed improvviso, simile a quello che le era
sembrato di scorgere il giorno prima in
cucina.
- Ancora dieci minuti – le rispose Anna,
riprendendo fiato e scostando una ciocca di capelli biondi dal viso sudato –
Dai, sbrighiamoci, così potremo far ritorno prima di pranzo –
Lisa annuì e seguì la zia che aveva ripreso a marciare ad un ritmo sostenuto.
In quel momento pensò che Anna era
veramente in forma, in effetti faticava
quasi a reggere il suo passo, deciso e
costante.
Finalmente, dopo venti minuti circa durante i quali non scambiarono alcuna
parola, il sentiero terminò in una piana
di un verde intenso, spruzzato qua e là
da fiori di vario colore.
Al centro vi era una roccia alta circa
mezzo metro e larga due metri, sulla
quale la zia sedette, subito imitata da
Lisa che, mentre cercava di controllare
il respiro ancora un po’ affaticato, si
guardava intorno incantata per la bellezza del luogo.
- Adesso è arrivato il momento che più
ho temuto in questi dieci anni – esordì
Anna, fissando la nipote con intensa
preoccupazione – E’ arrivato il momento di ricordare, tesoro mio, e quello che
ricorderai cambierà per sempre la tua
vita e il tuo destino -
Capitolo Quarto
Le rivelazioni
- Come? Che dici, zia? –
Anna le prese delicatamente una mano
ed abbassò lo sguardo a terra. Lisa non
poté non notare una lacrima che le scivolava dagli occhi alla guancia, e che
lei asciugò subito con la mano libera.
Tirò su con il naso e fissò la nipote. I
suoi grandi occhi blu erano velati da
una profonda tristezza ma, Lisa notò
con una certa ansia, anche da rassegnazione. I lunghi capelli biondi le ricadevano sul viso pallido e in parte sul petto,
rilucendo dei raggi del sole che filtravano a tratti dai rami del bosco.
Anche così, in quella particolare situazione, Lisa pensò che la zia era vera-
mente una bella donna e che la somiglianza con la madre era impressionante.
Per un attimo le sembrò che il ciondolo
colorato appeso al collo della zia si fosse illuminato di una tenue luce argentata, ma, pensò, probabilmente erano solo
i riflessi del sole che ingannavano i suoi
occhi.
Anna si alzò in piedi e cominciò a
camminare nervosamente su e giù, misurando la piana a grandi passi. Lisa era
sconcertata e, nello stesso momento,
preoccupata. Cercò di alzarsi a sua volta, ma le gambe erano molli e le tremavano. Inoltre, la vista le si stava annebbiando – e questo preannunciava
l’arrivo di un’emicrania – così decise
che avrebbe ascoltato la zia stando seduta.
- Quello che mi hai appena detto è assurdo – sussurrò con voce rauca, passandosi una mano sulla frangia per scostarla dagli occhi arrossati - Ti rendi
conto che tutto questo non ha alcun senso? -
Anna si arrestò in un punto molto vicino
alla roccia e sospirò, voltandosi verso la
nipote. Era ancora agitata e tesa.
- Ne ha eccome, tesoro mio. Più di
quanto tu possa immaginare –
- Zia, scusa, io ti voglio un gran bene,
sei come una madre per me, ma permettimi di dubitare del tuo stato mentale.
Non mi sembri molto in te, in questo
momento - Magari si trattasse solo di pazzia, tesoro! – esclamò Anna, tornando a sedere
accanto a lei ed afferrando il ciondolo
con uno scatto – Tutto sarebbe molto
più semplice –
- Più semplice, ma che dici? – Lisa la
fissò sempre più preoccupata, scuotendo
la testa.
- No, c’è proprio qualcosa che non va in
te, zia, ascolta…rientriamo alla casa e
poi chiamiamo quella…come si chiama…Olga…, così ci potrà consigliare
un buon dottore e…- Ora basta! – sbraitò Anna, afferrando
Lisa per le spalle, che strillò per lo stupore – Hai deciso di seguirmi fin qui,
ricordi, perché hai fiducia in me, ma
non sono del tutto sicura che prima tu
mi abbia detto la verità! Probabilmente
mi hai accontentata solo perché così si
fa con i matti, o sbaglio?Lisa passò rapidamente dallo stupore,
allo sconcerto ed, infine, alla rabbia.
- Che pretendi, scusa? – urlò, spingendo
un po’ indietro la zia – Ripeto, tutto
questo per me è assurdo, e la mia razionalità mi sta dicendo in continuazione
di alzare i tacchi e di ritornare a casa e a
gran velocità! –
- Già – bisbigliò Anna – Certo, scappando risolverai tutto, come hai sempre
fatto finora, giusto? –
Lisa sentì una gran rabbia salirle dallo
stomaco fino al cervello. Riuscì ad alzarsi in piedi, allontanandosi dalla zia,
che la guardava con aria di sfida.
- Come ti permetti di ferirmi così? – urlò, puntandole contro il dito indice –
Non sai cosa ho provato in tutti questi
anni, nelle notti in cui avrei voluto avere mia madre accanto ad abbracciarmi,
o nei momenti in cui avrei voluto senti-
re ancora per una volta la voce di mio
padre! –
Strinse furiosamente i pugni, mentre
Anna si alzava in piedi a sua volta e la
osservava con aria triste.
– Non sai che significhi crescere senza
i genitori, senza poter parlare con loro,
senza poterli avere accanto a te…Crollò a terra, afferrando la testa tra le
mani e fissando i ciuffi d’erba sotto il
suo viso, che raccoglievano le sue lacrime, lasciandole poi scivolare sul terreno.
- Io ti sono sempre stata vicina, in tutti
questi anni – le sussurrò delicatamente
la zia, accarezzandole i capelli – Ho
cercato di farti da madre e da padre. Se
ho fallito, ti chiedo scusa –
A quelle parole Lisa voltò il viso verso
di lei e l’abbracciò con calore.
- Oh no! Tu sei sempre stata meravigliosa, fantastica, la migliore zia che
potessi mai avere! Non ti devi scusare,
io ti voglio un gran bene, sono io invece
che devo chiederti perdono. E’ solo che
tutto quello che mi sta succedendo in
queste ultime ore ha dell’incredibile.
Puoi capirmi, vero? –
Anna annuì e strinse forte a sé la nipote.
- Certo che ti capisco, ma ti chiedo solo
di avere piena fiducia in me. Se lo farai,
entro breve avrai tutte le risposte che
cerchi e anche di più - Sì, va bene – Lisa asciugò le lacrime,
scostando con delicatezza la zia – Sono
pronta ad ascoltare –
Anna sorrise ed afferrò nuovamente il
ciondolo che, ora Lisa lo vide perfettamente, si illuminò di una forte luce argentata.
- Non ad ascoltare – le disse, fissandola
intensamente negli occhi – Ma a vedere
- Come a… Lisa non riuscì a terminare la frase.
Accanto a lei, in un attimo, era apparsa
una bambina che piangeva disperatamente, tremando dalla testa ai piedi.
Lisa balzò indietro ed inciampò, cadendo a terra.
Spostò rapidamente lo sguardo verso un
piccolo gruppo di persone, che distava-
no pochi metri dalla piccola. Si alzò in
piedi, scioccata, e guardò con aria interrogativa la zia, che la prese dolcemente
per mano, allontanandola dalla bambina
ed avvicinandola agli altri.
- Su, non temere – le sussurrò, spingendola lentamente in avanti - Vai da loro,
io sarò qui, accanto a te –
Lisa proseguì il suo cammino nel più
totale sconcerto e poi si bloccò, soffocando un urlo.
Tra quelle persone, a terra, giaceva un
uomo, gli occhi sbarrati nel vuoto, lo
sguardo fisso ed opaco, il torace insanguinato, le mani strette attorno ad una
freccia conficcata nel petto.
Sopra di lui una donna piangeva col capo appoggiato accanto alla freccia e i
lunghi capelli dorati sparsi sul corpo
senza vita dell’uomo.
- Non l’ho salvato! – urlò la donna, rialzando la testa e coprendosi gli occhi con
le mani – Maledetta me, maledetta me!
–
Un’altra giovane, nel frattempo, le si
inginocchiò accanto, staccandola con
fermezza dal corpo esanime.
- Non avresti potuto fare niente per lui.
E’ stato colpito a tradimento, il Nero
Signore ha infranto il nostro Codice –
La signora piangente allontanò con uno
scatto furioso l’altra donna e si riavvicinò all’uomo, abbassandogli delicatamente le palpebre sugli occhi vitrei.
- Ho sbagliato, è colpa mia. Dovevo
immaginare che il Nero Signore non avrebbe mantenuto il patto ancora per
molto tempo… La mia ingenuità ha ucciso mio marito…Lisa era sconvolta. Spostava in continuazione lo sguardo da quel corpo senza vita, alla donna sopra di lui, agli uomini sparpagliati sulla piana, che discutevano animatamente tra di loro, guardandosi nervosamente intorno, alla
bambina, che continuava a singhiozzare
e a tremare.
L’altra signora si era nel frattempo rialzata e si era avvicinata alla piccola, accarezzandole i capelli.
All’improvviso, la donna che aveva
perso il marito smise di piangere e sem-
brò ritornare per un attimo in sé. Si alzò
in piedi, asciugò le lacrime e guardò la
bambina.
- Dov’è Luca? – chiese ai presenti, osservandosi intorno allarmata – Dov’è
mio figlio? –
- Sono qui, madre –
Lisa vide un ragazzo, che doveva avere
all’incirca la sua età, uscire dal gruppo
degli uomini per dirigersi verso la donna. Era alto, molto bello, con capelli
biondi ondulati che gli arrivavano fino
alle spalle. Non piangeva, anche se aveva un’aria sconvolta e spaesata e non
riusciva a togliere gli occhi di dosso a
quello che, a terra, doveva essere sicuramente il padre.
- Venite qui, figli miei – li invitò la signora, cercando di sorridere - Venite
qui ad abbracciarmi! –
La bambina ed il ragazzo corsero dalla
madre, stringendola con calore. La piccola non smetteva di piangere.
Lisa guardò la zia, che sembrava
anch’essa sconvolta dalla scena che stava scorrendo dinanzi ai loro occhi come
un film.
Poi, col cuore che le batteva forte in gola ed il corpo scosso da un tremito incontrollabile, si avvicinò alla giovane
che piangeva sommessamente e che osservava la madre ed i figli stretti ancora
in un lungo abbraccio.
Vide chiaramente il suo viso ed urlò,
urlò con tutto il fiato che aveva in petto,
tanto che le sembrò che la testa stesse
per esploderle.
Quella ragazza era Anna, sicuramente
più giovane, ma era indubbiamente lei.
- Zia, ma…tu…che succede, zia… Tremava, tremava e non riusciva a stare
ferma. Correndo su è giù attorno ad
Anna, afferrò i capelli, scuotendo la testa. Le sembrava di impazzire.
- Calmati, Lisa, è tutto a posto…Anna cercò di abbracciarla, ma lei si
divincolò e si precipitò a guardare
l’altra donna. Urlò ancora. Era sua madre…e la piccola era lei stessa… Guardò ancora la zia, piangendo ed asciugandosi le lacrime che le annebbiavano
la vista. Quindi osservò meglio il ragaz-
zo. Aveva gli stessi occhi blu della madre.
Si alzò in piedi, barcollando.
L’emicrania era così forte da costringerla e chiudere gli occhi per qualche istante e a stringere i denti.
La zia l’aiutò a sostenersi in piedi.
- E’ tuo fratello Luca – le disse, come se
le avesse letto nel pensiero. – E questa
sei tu – continuò, indicandole la piccola
ancora tremante – A questo punto credo
che tu abbia già capito che l’uomo a terra è tuo padre, mentre la donna è… –
- Mia madre – la interruppe Lisa, con
voce roca.
Guardò poi il gruppo degli uomini che
nel frattempo si erano stretti in cerchio,
quasi a voler difendere da qualcosa, o
da qualcuno, le donne, Luca e la piccola.
Lisa, ancora sostenuta da Anna, non
riusciva a staccare gli occhi dal viso del
fratello.
- Zia, dov’è lui, ora? – le chiese, riprendendo per un attimo il controllo di se
stessa – E mia madre? Mi hai sempre
detto che i miei genitori erano morti entrambi in un incidente aereo…Che sta
succedendo, maledizione, che sta succedendo? –
- Poi ti spiegherò – la zittì Anna – Ascolta! –
Lisa stava per ribattere, quando sentì la
mamma parlare nuovamente con la sua
dolcissima voce.
- Sorella mia, non possiamo più stare
qui, è troppo pericoloso. Lui potrebbe
ritornare e mia figlia non è protetta come Luca –
Marta scostò delicatamente i figli da lei
e, prendendoli entrambi per mano, condusse poi la bambina dalla sorella.
- Luca verrà con me, a te affido Lisa.
Per ora non può vivere nel nostro Regno, è troppo piccola per ricevere il
ciondolo e io a questo punto non mi
sento più in grado di assicurarle la giusta protezione. Dovrai allontanarti da
questi boschi, trovare un’altra sistemazione, e ricominciare con lei una nuova
vita. Io, d’altro canto, farò vigilare giorno e notte il Passaggio affinché non ac-
cadano altri incidenti come quello nefasto di oggi. Il Nero Signore ed i suoi seguaci non devono assolutamente entrare
nel Mondo degli Umani! Mai più! La madre sorrise alla bambina, mentre
le lacrime le solcavano il bel viso sconvolto dal dolore.
- Devi provvedere a rimuoverle ogni
ricordo da lei vissuto fino a questo momento – continuò Marta, issandosi in
tutta la sua notevole altezza e gettando
dietro la schiena i lunghi capelli arruffati – Cara Anna, ripongo in te tutta la
mia fiducia e la mia speranza –
Un pianto improvviso e forte attirò
l’attenzione di Lisa. La madre aveva
allontanato da sé la piccola che ora tentava di divincolarsi dall’abbraccio della
zia.
- No, non voglio, non voglio lasciarti,
NO! – urlò la bambina, mentre due uomini accorrevano per aiutare Anna a
trattenerla – Mamma! –
A Lisa mancò il respiro per l’emozione.
Le sembrava di rivivere quel ricordo
sulla sua pelle, in quel preciso istante.
- Piccola mia, ti voglio bene… - sussurrò la madre, tenendo invece ben stretto
a sé Luca, che tentava disperatamente di
raggiungere la sorellina.
- Madre, voglio salutarla per l’ultima
volta, ti prego, lasciami andare! – la
supplicò il ragazzo – Ti prego! –
- No, ora dobbiamo andare! – disse lei
con fermezza, spostandosi con il figlio
verso il corpo del marito – Un giorno la
rivedrai, te lo prometto e Lisa, tesoro
mio – si rivolse alla piccola, cercando di
sorriderle per incuterle coraggio - Io ti
sarò sempre vicina, non ti abbandonerò
mai. Anna sarà per te una madre ed un
padre, cerca pertanto di volerle sempre
bene e di rispettarla…- Noooo! – urlò la bambina, mentre la
madre, stringendo il ciondolo, spariva in
una nube dorata con Luca ed il corpo
senza vita del marito, risucchiati
all’interno della roccia.
Lisa non riusciva a respirare bene. In
quel momento quella scena scomparve
dinanzi ai suoi occhi e tutto ritornò come prima, una piana vuota e verdissima,
scossa solo da un debole vento e dal
cinguettio allegro degli uccelli.
Capitolo Quinto
La Profezia
Era sicuramente svenuta, perché, quando si risvegliò, si ritrovò distesa sul divano, con Anna che le teneva ben fermo
sulla fronte un canovaccio bagnato.
- Come ti senti, tesoro? – le chiese, preoccupata.
Lisa cercò di mettere a fuoco il viso della zia, e, quando provò a sedersi, sentì
una grossa fitta pulsarle sulla nuca. La
testa le girò vorticosamente, per cui si
adagiò ancora, richiudendo gli occhi.
- Quando sei svenuta hai sbattuto la testa sulla roccia – le disse Anna, sollevando il canovaccio per intingerlo nuovamente in una bacinella piena d’acqua
- Però ti è uscito subito un bel bernoc-
colo. Ti rimetterai in fretta…–
- Ma…ma …come hai fatto a portarmi
fin qui da sola? - le chiese, massaggiandosi le tempie.
- Oh! Lo sai che sono molto forte…Lisa la guardò di sbieco, poco convinta.
Ma era troppo sconvolta, tesa e preoccupata per ribattere a quella affermazione. Nel cervello le turbinavano tutte le
immagini che aveva visto poco prima;
suo padre, morto, ricoperto di sangue, i
suoi occhi sbarrati nel vuoto…e suo fratello Luca. A terra giaceva il corpo del
padre, quindi sua madre era ancora viva, doveva esserlo, non c’era dubbio!
Con quel pensiero spalancò gli occhi e
guardò la zia, che le stava sorridendo
con dolcezza.
- Non è morta, vero? – le chiese, con
cautela, quasi temendo di sentire Anna
darle della pazza – Quello che ho visto
è successo realmente? –
- Sì – rispose lei, continuando a tamponare con il canovaccio la fronte della
nipote – E’ tutto vero, non hai sognato –
- Ma…ma allora…Dove si trova mam-
ma, adesso? E mio fratello? –
Anna non rispose. Invece si alzò, dirigendosi verso la cucina. Lisa la vide bere un bicchiere d’acqua e riempirne un
altro per la nipote con del succo
d’arancia.
- Bevi, ti darà un po’ di forza – la invitò, sedendosi nuovamente accanto a lei
– Oggi ritorneremo in città, devi assolutamente parlare con Paolo di tutta questa faccenda –
Lisa la fissò con aria stralunata. Che
c’entrava Paolo, in quel momento? Lei
voleva sapere, doveva sapere, aveva
tante domande da porre alla zia, e
lei…lei le parlava di Paolo…era tutto
assurdo. Provò la forte tentazione di afferrarla per le spalle e di scuoterla con
violenza, per farle uscire dalla bocca
quelle parole che aveva bisogno di sentire per essere rassicurata e per capirne
qualcosa di più.
Cercò di trattenere la furia che stava
crescendo dentro di lei, inspirò a parlò
alla zia, scandendo per bene le parole.
- Ora vo-glio che tu mi dica tut-to, ogni
singolo par-ti-co-la-re! Puoi, per favore,
spiegarmi perché mia mamma è sparita
in una roccia? Sai, il mio cervello sta
rischiando di fondere…- Oh sì, certo che ti spiegherò tutto, non
appena arriverà il tuo stupido Guardiano, sempre in ritardo! –
- Cooosa? –
Lisa strabuzzò gli occhi, inviperita.
Si alzò in piedi e urlò tutta la sua rabbia,
chiudendo gli occhi e serrando i pugni.
- BASTA! ORA VOGLIO SAPERE,
SONO STUFA! GUARDA CHE
ORMAI LA MIA PAZIENZA È
GIUNTA AL LIMITE, IO…- Ah eccolo, finalmente! –
Lisa interruppe la sua sfuriata, era troppo sconvolta per poter aggiungere altro.
Dinanzi a lei, in un lampo accecante,
era apparso un ragazzo che tossicchiava, sputando del fumo giallo.
- Accidenti! – urlò, visibilmente scocciato – Non mi abituerò mai a questi
spostamenti! Non li sopporto proprio! –
- Come ? – chiese Lisa in un sussurro,
tentando di alzarsi dal divano, anche se
le gambe le tremavano per lo spavento.
- Prova tu a disintegrarti prima in mille
pezzettini e poi a ricomporti in mezzo
ad un fumo schifoso. Ti riempie i polmoni, sai? E fai proprio fatica a respirare…Maledizione! –
Il ragazzo tossì ancora un’altra volta,
poi inspirò profondamente e sedette con
noia su una poltrona dinanzi a lei, passandosi le dita tra i capelli castani arruffati, che gli arrivavano fino alle spalle, e
che davano l’idea di non subire un lavaggio da almeno qualche settimana.
Lisa lo osservò meglio, totalmente allibita. Indossava dei jeans slavati e sfilacciati in più punti, un maglione largo e
logoro di colore grigio ed un paio di
scarpe da ginnastica che, in un lontano
passato, erano state sicuramente bianche.
Decise di chiudere gli occhi per scacciare quella assurda immagine, ma quando
li riaprì, a turno, lui era ancora seduto e
la guardava con curiosità.
Una frazione di secondo dopo, prima
che Lisa riuscisse ad aprire bocca per
chiedere spiegazioni, Anna si era avventata sul giovane, afferrandolo per il
maglione e tirandolo in piedi. Poi iniziò
a scuoterlo e Lisa guardò quella scena
sbigottita, strizzando gli occhi a più
mandate, per convincersi che non stava
sognando.
- Non dovevi essere qui un’ora fa, razza
di imbecille che non sei altro! Sai perfettamente che la Signora qui presente –
ed indicò animosamente Lisa – è in serio pericolo e che finché il ciondolo non
verrà attivato può essere attaccata in
qualsiasi momento! Te lo sei dimenticato, forse?- Ok, hai ragione… – sibilò il ragazzo,
con il respiro mozzo (Anna lo stava
quasi
strozzando)
–
Ero…ehm…impegnato... - Ma davvero? – sbraitò Anna, scuotendolo ancora con più forza. Lisa pensò
che la zia, così minuta ed apparentemente fragile, aveva una forza degna di
un lottatore – E il tuo impegno di che
colore aveva i capelli, oggi? Castani,
rossi, biondi? –
- Neri, per la verità – riuscì a rispondere
il ragazzo, arrossendo – Ma quando mi
sono accorto che ero in ritardo sono
sparito immediatamente…accidenti, ora
lasciami, non riesco a respirare…Lisa guardava ritmicamente la zia ed il
ragazzo, imbambolata. Quindi sentì
nuovamente una gran rabbia salirle dalla bocca dello stomaco.
- Insomma, ora basta! Smettetela! – urlò
furiosamente, tentando di staccare la zia
dal giovane.
Anna si bloccò e si girò a guardarla,
socchiudendo gli occhi e piegando le
labbra in una strana smorfia.
- E va bene – disse, seccata, sistemandosi i capelli.
- Tu – borbottò poi, fulminando l’ospite
con uno sguardo truce - Siediti, e non
aprire più quella bocca! A te penserò
dopo! –
Lisa si accorse di avere le labbra che le
tremavano nervosamente. Guardò la zia,
poi riprese il controllo di se stessa con
un gran respiro e sedette sul divano.
- Allora, cara zia, se non mi spiegherai
per filo e per segno che sta succedendo,
io aprirò quella porta e non mi rivedrai
mai più – la minacciò con uno luccichio
folle negli occhi – Ne ho fin sopra i capelli di questa assurda situazione…- Tu non andrai da nessuna parte, mia
Signora – intervenne il ragazzo, guardandosi pigramente le unghie – Se metterai piede fuori di casa, da sola, probabilmente non riuscirai a sopravvivere
per più di venti minuti! –
- Brutto imbecille! – gridò Anna, avventandosi nuovamente su di lui – Così la
spaventi, sei forse impazzito? –
Lisa guardò quella scena per un nanosecondo, poi si diresse a grandi passi verso la porta, la spalancò ma, prima che
riuscisse a mettere un piede fuori dalla
stanza, quella si richiuse da sola, con un
gran botto.
- Torna qui, Lisa – la invitò Anna che,
nel frattempo, le si era avvicinata e la
pregava con le mani giunte sul seno –
Hai ragione, ti spiegherò tutto,
dall’inizio. Ora siedi, per favore –
Lisa la guardò con sospetto, ma decise
di ascoltarla.
Si lasciò cadere sul divano con un tonfo
e guardò prima la zia, poi il ragazzo, in
attesa.
- Tu, vai di là, chiudi la porta e non toccare niente – ordinò Anna al giovane
che si alzò con una scrollata di spalle,
avviandosi pigramente verso la cucina.
Levò poi gli occhi al cielo e si accomodò accanto alla nipote, prendendole delicatamente una mano.
- Non so da dove cominciare - disse,
scrutando Lisa che appariva molto pallida
e
provata
–
Dunque…vediamo…hai ragione, tesoro mio, tua madre è ancora viva, ma non si
trova nel mondo che tu conosci, bensì in
una dimensione, possiamo dire, parallela a questa, dove vivono esseri immortali…- Immortali? – la interruppe Lisa, sbarrando gli occhi.
- Si, hai capito bene – continuò Anna,
sorridendole – Si interruppe, per darle
modo di comprendere quelle parole –
Questi esseri, quando raggiungono
un’età matura, non invecchiano più, però possono essere uccisi - Tutto questo è pazzesco – commentò
Lisa, appoggiando una mano alla fronte
e chiudendo gli occhi, mentre chinava il
capo in avanti – Non riesco a crederci,
non posso crederci…Ma a me interessa
solo vedere mia madre, ora e…mio fratello! –
- Hai visto tu stessa Marta entrare col
tuo povero papà e con tuo fratello nella
roccia – continuò Anna, fingendo di ignorare la richiesta della nipote – Beh,
quello è il Passaggio per l’altra dimensione…per il Regno degli Elfi Si interruppe, per verificare come avrebbe reagito Lisa a quella verità.
- Elfi? – chiese infatti lei, riaprendo gli
occhi e drizzandosi a sedere – Intendi
dire come quelli del “Signore Degli Anelli”? –
- Beh, non proprio – disse Anna, abbozzando un sorriso - Migliaia di anni fa
potevano assomigliare agli Elfi dei film
o dei libri, ma ora si sono adeguati ai
tempi, vivono in case provviste di tutto
il necessario, vestono abiti moderni, indubbiamente più comodi, e si spostano
nello spazio con la scomposizione molecolare, come hai potuto constatare prima con Bartolomeo –
Si interruppe, guardando verso la cucina, e scosse la testa.
- Speriamo che non stia combinando
altri guai – mormorò, sfregando le mani
con preoccupazione – Altrimenti lo ricaccio indietro, te lo assicuro, più velocemente di com’è arrivato! –
- Scusa, zia, stai forse cercando di dirmi
che …ehm…Bartolomeo è un Elfo? –
- Esattamente, cara, come lo è tua madre e come lo sono io… Lisa la guardò sbalordita, spalancando
la bocca per lo stupore.
- Ma…come…zia…tu non hai le orecchie a punta…o sbaglio? –
Alzò la mano per scostarle i capelli e
gridò per lo stupore.
- Le hai! Hai le orecchie a punta! Dannazione! –
- Perché credi che abbia sempre lasciato
i capelli sciolti, senza mai raccoglierli?
Non era solo un’abitudine! Lisa balzò in piedi, camminando nervosamente su e giù per la stanza.
- Ma…ma…gli Elfi non dovrebbero avere nomi strani, come nei libri? – chiese ancora.
- Gli Elfi che hanno deciso di stabilirsi
sulla terra si sono sparpagliati tra le varie nazioni e, quindi, hanno conformato
i loro nomi a quelli del territorio in cui
abitano. Viviamo in tempi moderni, tesoro – rispose Anna, sorridendole.
- Ok, certo! Supponiamo allora che io
creda a tutto quello che mi stai raccontando. Mamma è un Elfo, papà era un
Elfo e quindi, perché io non ho le orecchie a punta? –
- Tuo padre era un mortale, cioè un Essere Umano – precisò Anna, seguendo
la nipote con lo sguardo – Perciò tu e
tuo fratello siete dei mezz’Elfi –
- Oh! – Lisa si bloccò, toccando le orecchie per assicurarsi che fossero le stesse
di sempre – Vuoi dire che siamo metà e
metà?- Sì, proprio così. Racchiudete in un
solo essere la grande umanità di vostro
padre e l’onniscenza e l’immortalità di
vostra madre –
- Come? Sono anch’io immortale? – Lisa si precipitò dalla zia, inginocchiandosi di fronte a lei – E’ vero? –
- Immortale come ti ho spiegato prima,
tesoro – le disse Anna, accarezzandole i
capelli – Ma se qualcuno ti dovesse ferire gravemente e la ferita non fosse curabile…beh...ecco, in quel caso moriresti…Per questo Bartolomeo prima ti ha
detto che non puoi permetterti di uscire
da sola, sarebbe troppo pericoloso –
- Ma perché? Non capisco, perché dovrei essere in pericolo? –
Un
boato
tremendo
giunse
all’improvviso dalla cucina. Anna si
precipitò verso la stanza, seguita a ruota
da Lisa e, quando aprì la porta, la scena
che le si parò di fronte la fece diventare
paonazza. Bartolomeo giaceva a terra,
con una gamba bloccata da una mensola
che si era staccata dal muro e che aveva
trascinato con sé, ora sparsi per tutto il
pavimento e sul corpo del ragazzo,
frammenti di bottiglie di liquore di vario genere.
- Ma che diavolo stai combinando? –
urlò Anna, rossa in viso – Quando mai
s’è visto un Elfo bere alcolici? Sono
proprio delusa da te! Se non fossi il più
in gamba dei Guardiani, ti avrei già dato
da un pezzo un calcio dove non batte il
sole! –
Bartolomeo si alzò lentamente, barcollando e scalciando da una parte la mensola. Si scrollò di dosso i vari pezzi di
vetro colorato e guardò Lisa con aria
colpevole.
- E va bene – disse Anna, riprendendo il
controllo di se stessa – Ora esci di qui e
vieni con me in salotto, dove posso controllarti a vista Quando Lisa vide una sedia a terra, fu
come se una lampadina le si fosse accesa nel cervello. Ricordò il lampo di luce
che aveva notato il giorno prima in cucina e fissò l’Elfo con aria interrogativa.
- Eri tu, ieri, alle mie spalle, vero? – gli
chiese, avvicinandosi al ragazzo e fissandolo negli occhi verdi.
Bartolomeo si ritrasse leggermente ed
annuì.
- E quei passi dietro di me, nel bosco,
poche
ore
fa…Potete
forse…cioè…ehm…possiamo forse diventare invisibili? –
- Solo noi Guardiani – rispose l’Elfo,
grattandosi la testa imbrattata di liquore.
- E hai aiutato mia zia a portarmi fin
qui, prima – chiese ancora, con curiosità.
- Effettivamente siamo spariti tutti e tre,
non è stata una gran fatica - Tutti e tre? Anch’io sono in grado di
sparire? – mormorò Lisa, deglutendo a
fatica.
- Se afferri un Elfo che è in procinto di
sparire, subisci anche tu la stessa sorte –
precisò Anna da dietro le sue spalle - Capisco…e zia – continuò, voltandosi
verso di lei - La mattina della nostra
partenza ti ho sentito parlare con qualcuno in camera tua, prima di aprire la
porta…Era sempre lui? –
- Certo, cara, stavamo prendendo accordi – rispose Anna, avvicinandosi a Lisa
e spingendo Bartolomeo con ben poca
grazia fuori dalla cucina.
- Ora rimetto tutto in ordine e poi riprendiamo i nostri discorsi – bofonchiò,
afferrando il ciondolo.
Prima che Lisa potesse ribattere (era sul
punto di dire che per sistemare quel disastro ci sarebbero volute almeno due
ore), la zia aveva sollevato dinanzi a lei
il ciondolo, che profuse nella stanza
un’intensa luce argentata.
Lisa chiuse gli occhi e, quando li riaprì,
la cucina era linda come non mai. Anna
uscì dalla stanza visibilmente soddisfatta, afferrando per un braccio la nipote,
che era rimasta immobile con la bocca
spalancata.
Bartolomeo, nel frattempo, stava armeggiando con qualcosa posto nella
cinta dei pantaloni.
- Ma che fai? – gli chiese Lisa, osservando che, sotto la patina di sporcizia,
vi era forse un ragazzo carino.
L’Elfo appoggiò sul tavolo del salotto
un pugnale luccicante dall’impugnatura
bianca e, subito dopo, una strana pistola
grigia.
Lisa sobbalzò e guardò le armi con timore.
- Zia, scusa…Ma gli Elfi Guardiani usano le pistole? –
- Non sono pistole comuni – rispose
Bartolomeo, sedendo in bilico su un
mobile, un po’ offeso – Sono armi laser! –
Lisa strabuzzò gli occhi, spostando lo
sguardo dall’Elfo alla zia e levando gli
occhi al cielo, per implorare la pazienza.
- Sono un regalo di qualche migliaio di
anni fa dei nostri amici lassù – proseguì
Bartolomeo, accavallando le gambe e
rischiando di precipitare dal mobile
(Anna lo fissò inorridita) – E con amici
lassù non intendo Angeli, bensì esseri
che vengono dallo spazio profondo Mentre pronunciava quelle parole, aveva levato gli occhi al cielo, puntando il
dito indice verso l’alto.
- Alieni? – chiese Lisa, sempre più confusa e sconvolta – Mi stai dicendo che
anche loro non sono frutto della fantasia
di noi umani? –
- Sono arrivati sulla terra circa diecimila
anni fa – intervenne Anna, sedendosi
sul divano – E gli Elfi sono il frutto
dell’unione tra gli Alieni e gli esseri
umani –
A Lisa tremavano le gambe per
l’emozione. Dovette per forza sedersi
accanto alla zia e terminò di bere il succo d’arancia. Aveva la gola arsa, che le
bruciava con intensità, e la solita emicrania che le stava sconquassando il
cervello.
- Posso proseguire, ora? – le chiese Anna, quando lei appoggiò il bicchiere
vuoto sul tavolo.
Lisa annuì col capo. Si sentiva troppo
scossa ed emozionata per riuscire a proferire parola e, contemporaneamente,
era impaziente di soddisfare tutte le
domande che le ronzavano incessantemente in testa. Inoltre, voleva rivedere
al più preso la madre ed il fratello Luca
di cui non aveva alcun ricordo.
- Allora, da dove posso riprendere il discorso…vediamo… il giorno in cui tua
madre conobbe tuo padre, fu amore a
prima vista. Lei non gli rivelò subito la
sua vera natura ma, quando lo fece, per
tuo padre fu veramente difficile accettare quella verità, infatti si separò da lei
per qualche mese. Fu Marta a cercarlo
nuovamente e quando lui la rivide le
promise amore eterno, ma le disse anche che non aveva alcuna intenzione di
vivere con lei nel Regno degli Elfi.
Marta dovette prendere allora la decisione più difficile della sua vita, che avrebbe anche condizionato il destino del
popolo Elfico… Lei era la Signora degli
Elfi, colei che gli umani possono chiamare “Regina” od “Imperatrice”, fai un
po’ tu…ed ovviamente avrebbe dovuto
rinunciare a quel titolo, se avesse deciso
di seguire tuo padre. Ma l’amore immenso che lei nutriva per quel ragazzo
vinse ogni ostacolo. Marta designò me
come suo successore, essendo sua sorella e possedendo, di conseguenza, le caratteristiche per continuare la linea della
stirpe reale e venne ad abitare qui, con
tuo padre. Poco dopo il matrimonio
nacque tuo fratello Luca, e qualche anno dopo, Marta diede alla luce una bellissima bambina…E quella bambina,
cioè tu, fu un bene prezioso per tutti noi
perché solo le femmine possono governare sul popolo Elfico… - Aspetta un attimo – la interruppe Lisa,
sbarrando gli occhi – Stai forse cercando di dirmi che io potrei diventare la
futura Signora degli Elfi, al posto di mia
madre? –
- Sì, certo, quando sarai pronta per affrontare una simile responsabilità. Tuo
padre questo lo sapeva e dopo aver lottato per sei anni contro il tuo ineluttabile destino, si convinse a seguire tua madre, con tuo fratello, sino alla roccia,
alla porta di passaggio…Ma lì accadde
qualcosa che nessuno aveva previsto…- L’assassinio di mio padre, giusto? –
chiese Lisa, guardando anche Bartolomeo, che annuì con aria truce.
- Proprio così. Era finalmente arrivato il
giorno, per il tuo povero padre, di entrare nel Regno Elfico e per tua madre di
riprendere il posto che le spettava di di-
ritto. Lì tu e tuo fratello sareste stati
presentati al Consiglio degli Elfi Supremi (Lisa guardò la zia con aria interrogativa, ma preferì non interromperla)
e a Luca sarebbe stato donato il ciondolo della famiglia…Sì, proprio come
quello che ora tu porti al collo e che
viene consegnato agli Elfi Reali solo
dopo i sedici anni di vita…Esso assicura una piena protezione da qualunque
attacco esterno, una volta attivato…Tu
avresti dovuto attendere ancora qualche
anno, ma ti pensavamo comunque al
sicuro, perché nessuno di noi avrebbe
mai sospettato un suo attacco –
- Ma di chi stai parlando? - chiese Lisa,
prestando alla zia la massima attenzione.
- Al Nero Signore degli Elfi, naturalmente –
Lisa guardò spaventata prima la zia e
poi Bartolomeo, che annuiva seriamente
con il capo.
- Per molto tempo fu un valido alleato
della Signora degli Elfi, finché non ebbe
dei contrasti con la politica del Consi-
glio, dal quale si staccò formando un
gruppo di Elfi sovversivi. Questi ultimi,
guidati naturalmente dal Nero Signore,
si allontanarono dalle Terre del Regno,
per stabilirsi sulle grigie montagne del
Picco Oscuro - Fatico a capire, ma vai avanti – la invitò Lisa, ancora spaventata.
- Da quel giorno i rapporti tra il Regno
Elfico ed il Gruppo del Nero Signore si
fecero sempre più tesi, tanto che tua
madre si vide costretta ad obbligare il
Nero Signore, col suo popolo, a restare
sul Picco Oscuro e a non varcare assolutamente il Passaggio verso il Mondo
Umano Anna si interruppe, traendo un profondo
sospiro.
- E così è stato fino a dieci anni fa,
quando lui ha superato il Passaggio ed
ha ucciso tuo padre senza pietà… - Ma perché, perché ucciderlo? Qual era
lo scopo? – intervenne Lisa, che tremava da capo a piedi per l’emozione e per
la rabbia.
- Ah, tesoro, le motivazioni non ci sono
ancora del tutto chiare - riprese Anna,
sfregandosi nervosamente le mani, mentre Bartolomeo si era avvicinato ad una
finestra e stava guardando fuori, con
molta attenzione - Questo atto stava
comunque a significare l’effrazione del
Codice. Marta fu quasi sul punto di dichiarare guerra al Nero Signore. Fermò
le truppe nel momento stesso in cui
venne a conoscenza della sua intenzione
di ritirarsi definitivamente nelle terre
del Picco Oscuro e di… - Giù! – sibilò Bartolomeo, mettendo un
dito davanti alla bocca per invocare il
silenzio – Non parlate…Anna, sbarrando gli occhi, trascinò a
terra la nipote e la protesse con il proprio corpo. Lisa, con la coda
dell’occhio, vide l’Elfo appiattirsi contro la parete accanto alla finestra, senza
rivelare comunque una benché minima
traccia di paura.
- Sono gli Elfi Neri – sussurrò Anna
nell’orecchio della nipote – Non so
spiegarmi come, ma qualcuno ha detto
loro che sei qui…-
- Cooosa? –
- Ssstt…. – sibilò nuovamente Bartolomeo, gettando sulle due donne a terra
un’occhiata truce.
- Stanno cercando me? – chiese Lisa,
nell’orecchio della zia.
- Credo proprio di sì, ma ora…. – poggiò anche lei un dito davanti alla bocca
e Lisa,da quel momento, sentì solo il
battito veloce del suo cuore che le pulsava rumorosamente nelle tempie.
- Tutto a posto, se ne sono andati. Il
cerchio di protezione ha funzionato – la
informò Bartolomeo, staccandosi dalla
parete e scostando leggermente la tenda
dalla finestra – Potete alzarvi - Cerchio di protezione? – chiese Lisa,
mentre scrollava la polvere dai pantaloni della tuta.
- Sì, è un cerchio magico, naturalmente
non visibile, che io stessa ho creato il
giorno che siamo arrivate qui – spiegò
Anna, avvicinandosi a sua volta alla finestra – Serve a tenere lontani i nemici…Quando vi si avvicinano, infatti,
provano il forte impulso di allontanarsi
rapidamente e di proseguire verso altre
strade…Mentre lei tentava di dare un significato
a quelle parole, la zia battè un colpo sulla spalla di Bartolomeo e Lisa la sentì
sicuramente mormorare “Bravo, come
sempre, d’altronde…”- Ed ora, mia cara, terminiamo il nostro
racconto. Ma lo faremo davanti ad uno
buona tazza di thé –
Bartolomeo preferì rimanere di guardia
in salotto e Lisa, per la prima volta, lo
vide
da
un
punto
di
vista
più…professionale.
- Stavo dicendo che il Nero Signore si
ritirò al Picco Oscuro e lì ci rimase per
gli ultimi dieci anni…fino a qualche ora
fa, quando ci ha fatto comprendere che
sta sicuramente riaccarezzando l’idea di
eliminare l’intera Famiglia Reale ed, in
particolare, proprio te, cara Lisa…per
questo ti è apparso in sogno - Come? Perché? – chiese Lisa, rischiando di distruggere la zuccheriera.
- Lui ha la capacità di entrare nei pensieri degli altri e di manipolarli, quando
la mente è a riposo. Non capisci cosa sta
cercando di fare? Cerca di spaventarti,
di intimorirti…e tua madre è riuscita ad
inserirsi nel sogno per parlarti della Profezia millenaria… - Quale Profezia? – urlò Lisa, interrompendo la zia e rovesciando lo zucchero
sul tavolo.
- E’ un’antica storia che tutti noi Elfi
conosciamo…- E’ VERO! – gridò Bartolomeo dal salotto.
- ZITTO! – disse Anna, levando gli occhi al cielo – Allora, la Profezia cita
queste esatte parole, che ho sentito tante
di quelle volte da saperle perfettamente
a memoria:
“ Colui che oserà insorgere
contro la Signora degli Elfi
e la colpirà al cuore, subirà la
malaugurata sorte della distruzione
eterna, quando l’erede, e il suo amato,
cingeranno insieme la Spada del Destino
che infrangerà il suo trono”
- Capisci? – continuò, fissando la nipote
– Ecco cosa intendeva dirti Marta nel
sogno! Ti ha chiesto di aprire il tuo cuore all’amore, perché solo tu e Paolo, insieme, potrete sconfiggere il Nero Signore!Lisa la guardò versare il the ed aggiungere lo zucchero in entrambe le tazze.
- Se ho ben capito – sussurrò, fissando
un punto imprecisato della parete di
fronte a lei – Il mio destino sarà quello
di eliminare il Nero Signore con l’aiuto
di Paolo –
- Esattamente – rispose Anna, sorseggiando il suo the.
- Il povero Luigi Marchi – esclamò improvvisamente, spostando lo sguardo
sulla zia – E’ stato forse ucciso per causa mia? - Sì – le rispose Anna, poggiandole una
mano sulla sua per rincuorarla – Pensiamo che sia stato eliminato da un soldato del Nero Signore, al quale non ha
sicuramente fornito le informazioni che
gli servivano per arrivare a te…
- Accidenti! – esclamò Lisa, guardando
la sua tazza ancora colma di the.
Provava una morsa allo stomaco che le
impediva quasi di respirare, tanto meno
di bere.
- E la cosa mi ha alquanto impaurita,
perché la presenza di un Elfo del Picco
Oscuro sta a significare che il Nero Signore, quando dieci anni fa ha ucciso
tuo padre, ha lasciato nel mondo degli
Umani degli adepti, che ora sono sparpagliati chissà dove e che ti possono attaccare in qualunque momento –
- Ora capisco – disse Lisa, battendosi
una mano sulla fronte - Il tuo malore è
stato causato dalla preoccupazione per
la mia sorte…e capisco anche perché tu
abbia dovuto accelerare i tempi e mettermi al corrente di ogni cosa… - La morte del povero Sig. Marchi ha
messo tutti noi Elfi di fronte ad una realtà che speravamo di non dover mai
affrontare…la presenza, per l’appunto,
di Elfi sovversivi tra gli Umani…Eravamo convinti che il Nero Signore non avesse portato nessuno con
sé, dieci anni fa, ma ci siamo sbagliati e
questo ora andrà risolto in tempi brevi –
Lisa annuì, sinceramente d’accordo con
le parole della zia. Afferrò d’istinto il
ciondolo e lo guardò brillare sotto la luce del lampadario.
- Il ciondolo! – esclamò ancora, sbarrando gli occhi – Ecco cosa mia madre
mi aveva chiesto di prendere, nel sogno.
Il ciondolo che mi proteggerà dal Nero
Signore! Ho ragione, zia? –
- Sì, è vero, hai ragione. Però ti ricordo
che non è ancora stato attivato –
- Per questo devo varcare in fretta il
Passaggio per il mondo Elfico! – disse
Lisa, guardando con intensità la zia negli occhi – Per far funzionare il ciondolo! –
Si interruppe, pensierosa, mescolando
nervosamente il tè.
- Ma zia – proseguì in un sussurro –
Come riuscirò a spiegare tutto questo a
Paolo? Mi crederà pazza! Come posso
chiedergli di abbandonare la sua famiglia, la scuola, gli amici, per seguirmi in
un’avventura che metterà entrambi in
pericolo di vita? - A questo c’è rimedio – la interruppe
Anna, riponendo le tazze nel lavello –
Gli Elfi provvederanno a fermare il
tempo in modo tale che, al vostro ritorno in questo mondo, tutto ripartirà dal
preciso istante in cui lo avete lasciato…Ora però facciamo i bagagli, dobbiamo rientrare entro sera in città, domani vedrai Paolo, gli parlerai e per
questa settimana la vostra vita scorrerà
tranquillamente, fino al prossimo weekend…Abbiamo bisogno di qualche
giorno per organizzare il vostro passaggio –
- Bartolomeo basterà a proteggerci? –
chiese Lisa, alzandosi pigramente dalla
sedia.
- Non sarà solo – rispose Anna, sorridendo – E anche tu non lo sei mai stata,
sola. Gli Elfi Guardiani ti hanno sempre
protetta, in ogni istante della tua vita, ed
ora faranno lo stesso anche con Paolo –
- L’importante è che non mi seguano
quando sono sotto la doccia – brontolò
Lisa, avvicinandosi a Bartolomeo che
non aveva smesso di scrutare dalla finestra, sebbene fosse quasi buio.
- Noi Elfi vediamo anche nell’oscurità –
le disse lui, intuendo i suoi pensieri –
Tu, mia Signora, non hai ancora sviluppato i poteri Elfici, li avrai quando ti
sarà attivato il ciondolo –
- Su, via, a fare il bagaglio! – le ordinò
Anna, spingendola frettolosamente verso le scale – Ho fretta di rincasare. E tu,
caro Guardiano – Lisa notò che, per la
prima volta, aveva rivolto a Bartolomeo
un gran sorriso – Verrai in auto con noi,
naturalmente non visibile –
Lisa lo sentì brontolare sicuramente un
“odio quelle scatole di latta coi sedili...mi fanno venire la nausea”.
Mentre raggiungeva la camera da letto,
pensò, con tristezza, che la sua adolescenza era terminata proprio quel giorno, in quella limpida e tiepida giornata
di primavera.
FINE ANTEPRIMA
CONTINUA…