dottrina e tecnica del diritto in francia prof .ssa maria natale
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“DOTTRINA E TECNICA DEL DIRITTO IN FRANCIA” PROF.SSA MARIA NATALE Università telematica Pegaso Dottrina e tecnica del diritto in Francia Indice 1 Jean Domat e Robert Joseph Pothier ---------------------------------------------------------------- 3 2 Tentativi e progetti di codificazione ------------------------------------------------------------------ 6 3 Le ordonnances di Colbert e quelle di Daguessau ------------------------------------------------- 8 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 10 Università telematica Pegaso Dottrina e tecnica del diritto in Francia 1 Jean Domat e Robert Joseph Pothier L’idea che la natura, quale ragione, e la ragione, quale giustizia, si manifestassero nel mondo attraverso l’ordine alimentò la convinzione che quell’ordine potesse manifestarsi nel mondo attraverso un diritto ordinato e coerente. Sulla base di queste premesse si sviluppò la filosofia di due grandi pensatori: Jean Domat e Robert Pothier. Il pensiero giusnaturalistico francese, diversamente da quello tedesco, si connotò per le sue posizioni meno astratte e distaccate dalla vita civile ed istituzionale e ciò derivò dalle caratteristiche proprie del tessuto francese, oggettivamente diverse da quelle tedesche. In Francia, infatti, lo Stato assoluto era una realtà vivente e aveva già avuto inizio quel processo di unificazione nazionale del diritto, attraverso Ordonnances, che preannunciava l’età della codificazione. Per questo motivo le elaborazioni teoriche di questi filosofi, lungi dal restare sul piano delle astrattezze, si inserirono perfettamente nella realtà politica che guardava alla creazione di un unitario sistema giuridico come uno dei più importanti obiettivi da realizzare. Nel 1689 Jean Domat pubblicò la sua fondamentale opera Les lois civiles dans leur ordre naturel, ossia le leggi civili nel loro ordine naturale. Vediamo già evocato nel titolo il concetto chiave del razionalismo giuridico: l’ordine naturale. Ma cosa è l’ordine naturale? Per Domat l’ordine naturale preesiste all’ordinamento civile sicché è possibile razionalizzare il sistema giuridico restituendo allo stesso l’ordine originario, razionale e semplificato. All’interno dell’ordinamento giuridico vigente, caotico ed eterogeneo, era possibile rintracciare un ordine fondato su alcuni principi di diritto naturale. Era necessario riscoprire quei principi, e porli a base di un nuovo ordinato sistema giuridico. In questo processo, era la ragione a giocare un ruolo fondamentale: spettava, infatti, ad essa individuare la ratio, l’esprit, l’essenza della norma giuridica per collegare poi la norma a tutte le altre. In ciascuna norma, infatti, alitava lo spirito, l’essenza di tutto il sistema. In tal modo si riuscivano a definire i legami naturali che tenevano uniti i singoli precetti e la loro concatenazione. In questo modo Domat contrapponeva il disordinato e confuso assetto reale delle leggi civili vigenti all’ordinato e chiaro assetto naturale delle medesime, che non era reale ma era certamente realizzabile. Ma qual era il processo che nella pratica avrebbe potuto portare all’individuazione dell’ordine naturale? In primo luogo era necessario distinguere le leggi immutabili dalle leggi arbitrarie. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 10 Università telematica Pegaso Dottrina e tecnica del diritto in Francia Le prime erano leggi naturali, imposte dalla natura e quindi giuste, non modificabili, né abrogabili. Le altre erano leggi poste in essere da una legittima autorità per sopperire alle esigenze ed ai bisogni sociali. Secondo Domat, le leggi immutabili, erano veramente quelle fondamentali: esse nascevano da due principi generali ed autoevidenti, insiti nell’animo umano: la ricerca dell’amore di Dio e dell’amore fra gli uomini. Dai due principi generali di partenza, patrimonio innato del genere umano, scaturiva tutto il complesso delle leggi naturali secondo il principio di verità concatenate. La ragione umana curava il processo di derivazione delle diverse regole dalle due regole madri. Secondo Domat, però, il processo di derivazione delle norme dai principi per così dire primi, non era immediatamente conoscibile da parte degli uomini. Esso si realizzava gradualmente e lentamente, attraverso il processo di evoluzione storica della vita civile. Domat teorizzava dunque un processo conoscitivo di una ragione in evoluzione, in piena e continua sperimentazione. Quella di Domat era una ragione che si confronta con l’esperienza e con la storia e che, per questo suo modo di essere, risultava pienamente capace di fondare un’opera di sistemazione globale del diritto. Il progetto, a tal proposito, delineato da Domat nella sua opera prevedeva una sistemazione e razionalizzazione delle materie privatistiche secondo il seguente ordine: un libro preliminare suddiviso in tre titoli (principi generali, persone e cose) e due parti dedicate ai contratti ed alle successioni. Quattro libri finali erano dedicati al diritto pubblico, in posizione subordinata al diritto dei privati, in quanto diritto arbitrario. E’ chiaro, alla luce di quanto abbiamo detto, come in Domat possano rinvenirsi, seppure ancora in nuce, i primi germi di quella opera mirabile che nel 1804 sarà la codificazione napoleonica. Non a caso, ‘père du code civil’ è definito Robert-Joseph Pothier (1669- 1772). Pothier costruirà, infatti, attraverso la sua riflessione giusfilosofica, la vera e propria base teorica e pratica su cui lavoreranno i redattori del Codice Napoleone. L’opera di Pothier fu certamente di preparazione del terreno dottrinale su cui sorgerà il Code civil: un codice che fu certamente fortemente ancorato alle idee ed alla scienza dell’Antico Regime. Il terreno dottrinale preparatorio del Codice è fondamentale per capire il significato della codificazione, ma non bisogna dimenticare che la codificazione, in se stessa, fu un atto fortemente rivoluzionario che può, dunque, spiegarsi solo alla luce dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese. Furono, infatti, le idee liberali ed egualitarie proclamate dagli illuministi a sostenere l’idea Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 10 Università telematica Pegaso Dottrina e tecnica del diritto in Francia di un corpo normativo ed unitario di norme che fosse uguale per tutti gli uomini. Nonostante ciò, l’opera di Pothier, continuatore della tradizione domatiana, fu occasione per ribadire l’idea, centrale, che il diritto potesse essere riordinato secondo un proprio ordine naturale chiaro e preciso, ispirato al diritto romano, inteso quale ratio valida per sistematizzare il diritto attuale. Fu proprio sulle idee di Domat e di Pothier che potè fondarsi quel programma politico e giuridico di emancipazione dello Stato da qualsiasi autorità superiore che non fosse quella della ragione e che fu determinante per l’affermazione dell’idea di codificazione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 10 Università telematica Pegaso Dottrina e tecnica del diritto in Francia 2 Tentativi e progetti di codificazione Definita la linea evolutiva che nella dottrina giuspubblicistica condusse, a partire dai presupposti giusnaturalisti, alla lenta emersione del concetto di consolidazione, in concomitanza con il rafforzarsi dell’ assolutismo, è necessario soffermarsi sulla differenza intercorrente tra il concetto di consolidazione del diritto e l’idea di codificazione. In tal senso, è da chiarire che i primi tentativi di realizzare una sistemazione organica ed unitaria del diritto non possono essere in alcun modo qualificati alla stregua di Codici. Lo storico Viora ha utilizzato, per indicare quei tentativi, un’espressione che ha avuto, nell’ambiente storico giuridico, un certo successo: quella di consolidazione. Il termine indica con evidente chiarezza che in quei testi legislativi il diritto non andava incontro ad una razionale rielaborazione, ma veniva semplicemente consolidato, ossia era risistemato senza che ne fosse alterata l’intima struttura. Lo storico Viora affermava, a tal proposito, di aver rintracciato una vera e propria legge della consolidazione, presente nella storia delle fonti di cognizione di tutti i popoli ed in tutte le epoche storiche. Tale legge esprimeva, secondo Viora, «l’uniforme tendenza delle norme a consolidarsi e a sistemarsi in corpi organici». In effetti, così come le consuetudini si erano lentamente trasformate da mere tradizioni orali in precetti consuetudinari scritti, anche le singole norme legislative mostravano la tendenza a passare da una situazione di dispersione e di isolamento ad una di coagulo e di sintesi dando luogo a collezioni e compilazioni unitarie. Coagulo, sintesi, consolidazione sono termini che ci indicano come il diritto non sia, in queste raccolte oggetto di interventi innovativi e, soprattutto, come l’intero sistema delle fonti non sia in alcun modo alterato nel suo modo d’essere e di essere inteso. Questo è il senso della parola consolidazione. La differenza essenziale fra le consolidazioni dell’età moderna e le codificazioni sta nel fatto che solo queste ultime, in obbedienza al dogma della completezza, si pongono come testo organico disciplinante in modo totale ed in via esclusiva un certo ramo del diritto, rompendo assolutamente ogni rapporto col sistema di fonti del diritto comune. L’unico e capitale elemento discriminante tra codificazione e consolidazione fa perno sul concetto di non eterointegrabilità, vale a dire il fatto che il codice chiude i propri precetti (nuovi e preesistenti) entro un sistema che il legislatore considera completo. Il Codice non può essere integrato, perché la sua elaborazione si accompagna al concetto di completezza: dal momento della sua elaborazione tutto il diritto dovrà solo essere rinvenuto nelle sue pagine e nei suoi articoli. In Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 10 Università telematica Pegaso Dottrina e tecnica del diritto in Francia questa prospettiva il codice si presenta quale totale rinnovamento del sistema preesistente e non più solo, come in genere tutte le compilazioni legislative sino alla fine del Settecento, quale elemento di novità da inserire nel sistema precedente. Logica conseguenza di quest’impostazione è, infatti, che l’introduzione del Codice non presuppone la sopravvivenza del diritto comune, laddove, invece, l’introduzione di una consolidazione presuppone la sopravvivenza del diritto comune ossia la possibilità che l’ordinamente giuridico concorra ad integrare quanto in essa contenuta. Come s’intuisce, l’introduzione del Codice muta la teoria delle fonti cui si ispira il legislatore: un mutamento che obbedisce a scelte politiche ed ideologiche di grande portata innovativa. L’idea di Codice si accompagna, infatti, all’idea di uno Stato, dotato di propria, assoluta e piena sovranità. Ecco per quale ragione l’idea di Codice è riuscita a farsi strada nell’esperienza giuridica in coerenza con il progressivo affermarsi dell’assolutismo monarchico riuscendo pienamente a realizzarsi soltanto agli inizi del secolo XIX, allorquando la potenza di Napoleone Bonaparte riuscì, Oltralpe, a porre le basi politiche per il primo Codice che fu infatti varato nel 1804. Prima di quel momento, diverse compilazioni giuridiche prepararono il terreno giuridico dando luogo a nuove organiche raccolte di materiali giuridici redatte ufficialmente, soprattutto per volontà di grandi sovrani europei. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 10 Università telematica Pegaso Dottrina e tecnica del diritto in Francia 3 Le ordonnances di Colbert e quelle di Daguessau Tra le più importanti compilazioni legislative redatte ufficialmente per volontà dei grandi sovrani europei, un rilievo a parte meritano le grandi ordinanze che nel corso del Seicento e, poi, del Settecento, videro la luce in Francia. Le grandi ordinanze seicentesche di Luigi XIV, furono espressione della politica pianificatrice voluta dal roi Soleil, e realizzata attraverso la sapiente opera del suo ministro Jean Baptiste Colbert (1619-1683). Il programma politico di quel Sovrano era volto a realizzare un progetto di unificazione globale del diritto francese finalizzato, in ultima istanza, a porre le basi dell’unità giuridica nazionale. Su quest’idea, ampiamente documentata da quanto espresso da Colbert nella sua Mémoire sur la réformation de la justice, presentata al sovrano nel 1665, poggiò infatti la poderosa opera legislativa prodottasi durante il regno di Luigi XIV. Costantemente alimentata, oltre che dalla lucida mente di Colbert, dal fervore culturale che animava la cultura di governo, l’attività legislativa transalpina portò alla luce, in primo luogo, l’Ordonnance civile pour la réformation de la justice (1667). Si trattò di un corpo normativo organico che riscosse successo per la sua brevità e per la sua chiarezza estrema. Essa mirò a stabilire, in tutte le corti del Regno, uno stile uniforme cui si sarebbe chiaramente ispirato più tardi il codice di procedura civile napoleonico. Nel 1670 seguì l’ordonnance criminelle: una poderosa ristrutturazione della procedura penale che metteva a punto, secondo criteri di rigore, di precisione e di certezza, l’apparato inquisitorio adottato dalla giurisprudenza dei principali Parlamenti. Nel 1673 fece seguito l’Ordonnance de Commerce, detta anche Code Marchand o Code Savary, contenente un vero e proprio regolamento generale in materia di commercio, nella cui stesura determinante era stato l’apporto delle corporazioni e del mondo mercantile. L’esigenze di certezza e di celerità reclamate dal mondo degli affari trovarono in quel corpo normativo nuova cittadinanza. Determinante fu l’apporto, infatti, del mercante Savary che partecipò in prima persona alla stesura dell’opera che è stata, non a caso, unanimemente interpretata come un condensato pratico dello spirito mercantilista del tempo. Nel 1681, fece seguito poi l’Ordonnance de la marine, che per il suo respiro europeo e la sua mirabile trattazione sistematica rappresentò un vero e proprio capolavoro giuridico in questa materia. A distanza di più di un secolo, i redattori del codice napoleonico di commercio del 1807 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 10 Università telematica Pegaso Dottrina e tecnica del diritto in Francia definirono quell’opera mirabile. In quell’ordinanza erano state, infatti, poste le basi, le linee guida della nuova legislazione. Resta ora da chiarire quale valutazione complessiva possa essere data alla legislazione produttrice di queste compilazioni. A tal proposito, è indubbio che esse possano essere a ben ragione collocate allo stadio di un avanzato, ma non concluso, processo verso la codificazione del diritto. Infatti, pur essendo realizzate quali riformulazioni di una normativa preesistente, esse presentano una loro precipua originalità che va ben oltre la mera presenza di precetti nuovi contenuti in ciascuna ordinanza. Anche le vecchie norme, infatti, raccolte all’interno di queste grandi ed organiche compilazioni, perdono di fatto la loro identità originaria e ricevono una nuova funzionalità. Il fatto, dunque, che all’interno di queste compilazioni trovi posto un materiale giuridico in gran parte ereditato dal passato e privo di elementi di novità, non sminuisce affatto la loro portata innovativa. Più che nel contenuto, l’innovazione va registrata infatti negli effetti che quella compilazione del diritto ebbe: il sistema giuridico veniva in esse rielaborato secondo caratteri di novità ed assumeva una organicità radicalmente nuova, prima mai conosciuta. Il che conferma quanto esposto precedentemente a proposito del Codice, la cui radicale portata innovativa non risiede nella novità dei precetti normativi in esso contenuti. Ed infatti, anche nel Codice Napoleonico, trovarono posto precetti normativi tratti dalla tradizione giuridica precedente. La novità del Codice consiste, si ribadisce, nella sua non eterointegrabilità: il codice chiude i propri precetti (nuovi e preesistenti) entro un sistema che il legislatore considera completo e che non tollera alcuna integrazione. Per questa ragione, il codice si presenta quale totale rinnovamento del sistema preesistente e non più solo, come in genere tutte le compilazioni legislative sino alla fine del Settecento, quale singolo tassello da inserire in un più complesso precedente sistema giuridico. Dotate dei caratteri appena descritti, dunque, le ordinanze di Luigi XIV rappresentarono, senza alcun dubbio, documenti di straordinaria importanza chiaramente orientati in una prospettiva codificatoria del diritto. Una seconda generazione di ordonnances fu vissuta dalla Francia durante il successivo regno di Luigi XV che diede alla luce le tre importantissime ordinanze: sulle donazioni (1731), sui testamenti (1735) e sui fedecommessi (1747). Come si intuisce dalla materia trattata, queste ordinanze non disciplinavano, come era accaduto per gli omonimi testi del Colbert, ambiti giuridici globali, bensì esse intervenivano unicamente a regolamentare singoli istituti privatistici. La finalità cui tese, attraverso la loro redazione, il guardasigilli di Luigi XV, Henry François Daguessau (1688Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 10 Università telematica Pegaso Dottrina e tecnica del diritto in Francia 1751), era ben più limitata di quella che aveva ispirato il suo predecessore Colbert. Più che un riassetto unitario ed organico della disciplina giuridica, il ministro tese ad eliminare gli elementi di contraddittorietà esistenti nella giurisprudenza delle varie corti nei settori del diritto civile che maggiormente reclamavano un intervento chiarificatore. Ecco perché, dal punto di vista pratico, ossia dal punto di vista dell’effettiva portata unificante, l’opera del Daguessau sembra giocare un ruolo secondario rispetto a quella di Colbert. A giudizio della storiografia giuridica, infatti, è dal punto di vista dottrinale e di politica del diritto, che queste ordinanze settecentesche svolgono un ruolo di primaria importanza. Esse si configurano, infatti, come la iniziata e parziale realizzazione di un progetto di unificazione tendenzialmente generale del diritto civile francese, un progetto d attuarsi gradualmente, attraverso il progressivo coordinamento di separate ordinanze. Sotto questo profilo, è facilmente intuibile come le tre ordinanze, dovessero essere concepite, nel pensiero del Daguessau, come singole parti di un progetto dal respiro ben più ampio. Ed infatti, nella sua Mémoire sur la réformation de la justice del 1727, il Daguessau prospettò l’idea di una raccolta «da pubblicarsi per parti» finalizzata alla complessiva rielaborazione ed unificazione delle regole giurisprudenziali, ancor prima che del materiale più propriamente normativo. Ciò che infatti colpiva il ministro francese era, non la straordinaria pluralità esistente a livello normativo, ma altresì l’insopportabile frantumazione esistente, a livello applicativo, nello stile e nel modus operandi delle Corti di giustizia che contribuiva, senza il benché minimo dubbio, la già naturale arbitrarietà esistente nella giurisprudenza dei tribunali. Era questa una prospettiva realistica, in grado di far cogliere come il progetto di unificazione del diritto dovesse tener conto, oltre che del mero piano normativo, e perciò stesso, teorico, anche del piano pratico applicativo, livello sul quale erano i magistrati, prima ancora che i giuristi, i veri protagonisti. Sta di fatto che dopo le ordinanze di Daguessau e sino al periodo rivoluzionario non vi furono in Francia tentativi di codificazione di qualche rilievo. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. 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