M9 A New Museum for a New City Concorso Internazionale di
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M9 A New Museum for a New City Concorso Internazionale di
M9 A New Museum for a New City Concorso Internazionale di Architettura International Architectural Competition Massimo Carmassi David Chipperfield Pierre-Louis Faloci Luis Mansilla/Emilio Tuñón Matthias Sauerbruch/Louisa Hutton Eduardo Souto de Moura Giuliano Segre Presidente President Plinio Danieli Presidente President Consiglio di Amministrazione Board of Governors Consiglio di Amministrazione Board of Governors Gianpaolo Fortunati Vicepresidente Vice President Pierpaolo Cagnin Fabio Cerchiai Marino Folin Guido Guerzoni Lorenza Pandiani Marco Cappelletto Fabio Cerchiai Marino Folin Ignazio Musu Consiglio Generale General Council Cesare Mirabelli Vicepresidente Vice President Giorgio Baldo Franco Bassanini Mariano Beltrame Vasco Boatto Francesca Bortolotto Possati Carlo Carraro Anna Laura Geschmay Mevorach Mario Geymonat Gianni Mion Giorgio Piazza Amerigo Restucci Franco Reviglio Gianni Toniolo Collegio dei Revisori Audit Committee Fabio Cadel Presidente President Giampietro Brunello Franco Fontana In collaborazione con In collaboration with Team di progetto Project Team Guido Guerzoni Project Manager Fabio Achilli Vicedirettore Fondazione di Venezia Vice Director Antonio Rigon Direttore Polymnia Venezia Director Elisa Bramati Silvia Carraro Annalisa Ferrario Giulia Francescon Daniela Martinello Silvia Pellizzeri Marco Zavagno Concorso competition mostra Exhibition Commissione Tecnica Technical Commission M9 / A New Museum for a New City Concorso Internazionale di Architettura The International Architectural Competition Francesco Dal Co Coordinatore Coordinator Plinio Danieli Marino Folin Carlo Magnani Giuria Jury Giuliano Segre Presidente President Membri effettivi Members of the Jury Cesare Annibaldi Roberto Cecchi Plinio Danieli Marino Folin Carlo Magnani Giorgio Orsoni Membri supplenti Substitute members Fabio Achilli Guido Guerzoni Consulente scientifico Scientific advisor Francesco Dal Co Consulente tecnico Technical advisor Favero&Milan Ingegneria Hanno collaborato al progetto Project participants Rilievi Surveys Università IUAV di Venezia Sistema dei Laboratori CIRCE, Laboratorio di fotogrammetria Bando e documentazione di concorso Competition rules and documentation Università IUAV di Venezia Sistema dei Laboratori Laboratorio LAR Favero&Milan Ingegneria Fotografie Photos ORCH/orsenigo_chemollo Assistenza legale Legal assistance Studio Legale Biagini In collaborazione con In collaboration with Comune di Venezia Regione del Veneto Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Veneto Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici di Venezia e Laguna Massimo Carmassi David Chipperfield Pierre-Louis Faloci Luis Mansilla / Emilio Tuñón Matthias Sauerbruch / Louisa Hutton Eduardo Souto de Moura Mostra ideata e promossa da Exhibition created and promoted by Fondazione di Venezia A cura di Curated by Francesco Dal Co per la sezione architettura for the section on architecture Fabio Achilli e Guido Guerzoni per le rimanenti sezioni for the remaining sections Coordinamento generale General coordination Fabio Achilli Annalisa Ferrario Silvia Pellizzeri Coordinamento organizzativo/amministrativo Organisational/administrative coordination Polymnia Venezia Antonio Rigon Silvia Carraro Progetto espositivo e direzione dei lavori Exhibition conception and management MAP Studio Francesco Magnani e Traudy Pelzel Architetti Associati Allestimento Preparation Michele Tosetto s.r.l. Progetto grafico e immagine coordinata Graphic design Studio Camuffo Andrea Codolo Ricerca iconografica e video Picture research Giuliano Sergio Elisa Bramati Giulia Francescon Marco Zavagno Servizi tecnici Technical services Civita Tre Venezie Favero&Milan Ingegneria Nesting Sponsor tecnico trasporti Technical sponsor transport Ufficio Stampa Press Office Ad Hoc Communication Advisors Valeria Alemà Regazzoni Pietro Cavalletti Comunicazione e sito internet Communication Ogilvy Italia In collaborazione con In collaboration with Comune di Venezia Regione del Veneto Si ringrazia Thanks go to Andrea Adami, Emanuela Bassetti, Francesca Bertuzzo, Alfredo Biagini, Malvina Borgherini, Giulia Bortolotto, Giovanna Burrascano, Massimiliano Cadamuro, Giorgio Camuffo, Silvia Carrer, Michele Casarin, Roberto Casarin, Roberto Cecchi, Alessandra Chemollo, Renata Codello, Giusy Conti, Matteo De Fina, Giuseppe De Rita, Guerino Delfino, Alvise di Canossa, Giovanni Esposito, Giovanna Fanello, Sandro Favero, Carlo Ferro, Umberto Ferro, Marino Folin, Emanuele Garbin, Francesca Gennari, Monica Giannini, Andrea Giuman, Oscar Girotto, Marco Gnesutta, Costantino Grego, Francesco Guerra, Paolo Iabichino, Giampaolo Lenarduzzi, Silvia Mander, Benedetta Marazzi, Sara Marini, Vittorio Milan, Demos Nicola, Fulvio Orsenigo, Giorgio Orsoni, Nando Pagnoncelli, Nicola Pegolo, Mario Pellegatta, Nicola Pellicani, Claudio Perin, Micol Pillon, Franca Pittaluga, Luca Pilot, Brando Posocco, Elena Rosa, Stefano Rossi, Giovanni Battista Rudatis, Marisa Scarso, Matteo Sirinati, Ugo Soragni, Stefania Stara, Mario Tassoni, Marina Tosetto, Michele Tosetto, Paolo Venier, Gianluca Vianello, Federico Zaggia, Luca Zaia, Marco Zanetti, Michele Zanolli. 4 Se c’è un limite evidente del nostro sistema museale è quello di essere lontano dai luoghi nei quali si trova. Può apparire un paradosso, ma è facile verificare che alcuni musei, anche molto importanti, quasi si ritraggono dal contesto in cui si trovano, altri si rendono disponibili solo a tratti, altri ancora è proprio un problema poterli vedere. E comunque, non è mai dato percepire una strategia che metta queste realtà in relazione tra di loro e loro con la città. E questo accade nonostante quella mirabile riflessione di André Chastel secondo cui è proprio il rapporto tra collezione, edificio e città a essere la cifra del nostro patrimonio culturale, “il pullulare straordinario delle opere antiche d’ogni luogo e d’ogni tempo, rattiene, irrita e talvolta scoraggia la nostra sensibilità; l’esaltazione dell’oggetto, dell’opera in sé, al di fuori del contesto originario è la conseguenza inevitabile di questa formidabile evoluzione. Che siano nel vostro studiolo o in museo, questi oggetti erratici sono testimoni che non basta designare, che vogliono essere interrogati. Abbiamo creato dei talismani preziosi per mantenerci svegli, ma con il rischio che un’accumulazione monotona ne annulli a poco a poco la virtù”. In Italia “tutto ciò è diverso, quando, grazie a una sorta d’incastro esemplare, la collezione s’iscrive nell’edificio che la città riveste, e queste tre forme di museo si rispondono mutuamente. Tale situazione è ancora situazione caratteristica dell’Italia”. Questo rapporto c’è perché quei documenti materiali del passato son lì, sono parte della nostra identità, ma abbiamo rinunciato a pensare in modo strutturato la loro presenza nel nostro futuro. Ci limitiamo a pensarli come una realtà discreta che si fa evidente solo in casi particolari, con eventi di una qualche rilevanza, per poi tornare in una sorta di torpore. Questo progetto museale M9 a Mestre, invece, si propone programmaticamente come punto di coagulo per la città, in un luogo molto particolare della regione del Veneto. Un luogo che è stato ed è frutto di importanti trasformazioni, accanto a un’ingombrante eccellenza della memoria come Venezia. Difficile dire che cosa sarà questo luogo dopo l’avvio del progetto. La novità non sarà la presenza di grandi opere d’arte, ma una riflessione sulla memoria che parte dalle cose, da quelle di tutti i giorni, perché come osserva Plinio ogni cosa in questo teatro del mondo è degna di memoria. C’è una sfida alle porte di Venezia che si chiama “Museo del ’900”. La sfida non è solo quella di creare uno spazio che superi i confini regionali e diventi patrimonio culturale nazionale. È anche quella di rigenerare, nel cuore della città di Mestre, un’area fortemente identificata contribuendo, grazie a questo innovativo intervento, allo sviluppo economico e sociale del territorio. Allo stesso tempo sarà salvaguardato il rapporto storico e identitario di una comunità con le proprie peculiarità architettoniche e la propria memoria culturale. La Regione del Veneto è accanto alla Fondazione di Venezia nella realizzazione di questo museo, la cui concezione non ha pari in Italia. Esso è concepito per diventare sia un modello di comunicazione culturale (non solo spazi espositivi polifunzionali, ma anche una mediateca-archivio del Novecento e un auditorium) sia un luogo di ritrovo sociale e di sviluppo economico grazie all’insediamento di attività commerciali di qualità. Proprio per raggiungere questi obiettivi, è stato sottoscritto di recente un Accordo di Programma a cui hanno aderito anche il Comune di Venezia, la Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Veneto e la Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici di Venezia e Laguna. Grazie all’iniziativa del privato, gli enti pubblici parteciperanno quindi a un’operazione che porterà alla costruzione nel centro di Mestre di una vera e propria cittadella della cultura, che fungerà da volano per la crescita – di respiro internazionale – di questa realtà urbana collocata tra Venezia e il resto del Veneto. Sono stati a questo scopo coinvolti esperti dell’architettura, chiamati a partecipare per concorso, con le loro idee innovative, agli interventi sul nuovo complesso museale. Si tratta di sei tra i maggiori studi di architettura del mondo, specializzati non solo nella progettazione museografica, ma anche nel restauro architettonico e nella integrazione tra edifici storici e nuovi interventi costruttivi. L’esposizione, pensata come evento collaterale della 12° Biennale di Architettura, conferma la volontà di dialogare sullo scenario internazionale, e servirà a presentare – come modello del fare squadra tra istituzioni pubbliche e private – un progetto che racconta la determinazione di questa città a presentarsi quale polo culturale dell’area metropolitana veneziana. If there is an evident limit of our museum system it is that of being distant from the places in which it is found. It can appear paradoxical, but it isn’t difficult to note that some museums, even some of the most important, find themselves withdrawing from the context in which they are in, whilst others make themselves available in some aspects, and yet others are almost impossible to see. It is unusual to perceive a strategy which places this reality in relation amongst them and them with the city. It is this which happens in the excellent reflections of André Chastel where it is exactly the relationship between collections, building and city which is the value of our cultural heritage, “the extraordinary springing up of ancient works from everyplace and every period, irritates and even discourages our feelings; the exaltation of the object, of the work itself, outside its original context is the inevitable consequence of this extraordinary evolution. Whether in your study or in a museum, these erratic objects are witness to the fact that it is not enough to designate; they wish to be interrogated. We have created precious talismans to keep us awake, but with the risk that a monotonous accumulation of them annuls their value”. In Italy “everything that is diverse, when, thanks to a type of exemplary joint, the collection enters into the building which the city has, and these three forms of museum mutely respond. This situation is still that found today in Italy”. This report exists because those material documents of the past are there, they are part of our identity, but we have renounced thinking in a structured way of their presence in our future. We limit ourselves to think of them as a discreet reality which becomes evident only in particular cases, with events of importance, then return in a sort of stupor. The M9 Mestre museum project, instead, presents itself programmatically as a meeting point for the city, in a singular place within the Veneto region. A place which was and still is the product of important transformations, next to an enormous greatness of memory such as Venice. It is difficult to say what this place will be after the start of the project. The innovation won’t be the presence of great works of art, but a reflection on memory which starts from things, from those of every day, because as Pliny observes everything in this theatre that is the world deserves memory. A challenge called the “Museum of the 20th Century” exists just outside Venice. The challenge lies not only in creating a space that extends beyond regional boundaries to become a national cultural heritage but also in regenerating an area with a strong identity right in the heart of Mestre and, with this innovative step, contribute to local economic and social development. At the same time, it must safeguard the historical and identity relationship of a community that has its own distinctive architecture and cultural memory. The Regione del Veneto stands alongside the Fondazione di Venezia in the creation of this museum, the concept of which is unmatched in Italy. It is designed to become both a model of cultural communication (not just mixed-use exhibition spaces but also a mediatheque-archive of the 20th century and an auditorium) and a social rendezvous and place of economic development thanks to its quality retail provision. It was to achieve these very aims that a programme agreement was recently also signed by the Comune di Venezia, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto and the Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna. Private initiative is drawing public bodies into a project for the construction of a bastion of culture in the centre of Mestre. This will serve as a driving force for the growth – on an international scale – of this city set between Venice and the rest of Veneto. Expert architects were asked to produce innovative ideas for a competition for a new museum complex. They are six of the world’s leading architectural practices, specialised not only in museum design but also in architectural restoration and in combining historical buildings and new builds. The exhibition is a fringe event of the 12th Architecture Biennale and confirms the desire for international exchange. A model of teamwork between public and private bodies, it presents a project that shows the city’s determination to stand as a cultural pole of the Venetian metropolitan area. Roberto Cecchi Segretario Generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Secretary-general of Ministero per i Beni e le Attività Culturali Luca Zaia Presidente della Regione del Veneto President - Regione del Veneto 5 Mestre ha compiuto in questi ultimi anni un notevole passo in avanti. Da città segnata da una cattiva urbanizzazione, mal congeniata architettonicamente e poco pronta ad affrontare l’idea di uno sviluppo compatibile, si prepara oggi a diventare moderna e accogliente. Parti di città che per anni, a volte per decenni, sono state sottratte alla popolazione ora si riattivano e si offrono ad un uso funzionale. Mestre avrà il suo nuovo polo culturale, vivo, messo in rete con le altre realtà. Ma sbaglia chi crede che questo territorio abbia bisogno solo di un museo, se per museo intendiamo l’esposizione di oggetti, il racconto di una memoria vicina che va comunque ricercata. Mestre ha bisogno di un cuore culturale, che in sistole e diastole riattivi il circolo della produzione, delle idee, della creatività, degli eventi. L’M9 dovrà essere questo: nel pieno centro di Mestre, in un’area rigenerata, riattivata, un polo culturale non certo alternativo a quello della città storica, che dialoghi con tutto il resto e sia parte di una costellazione con il Candiani rinnovato e il suo cinema, il Toniolo, Villa Erizzo, con la Torre civica, il Contemporaneo. L’M9 è dunque il simbolo di un risveglio, non solo culturale di questa città. Uno spazio ridato alla sua gente che riqualifica un’area centrale e si inserisce in un programma di recupero urbanistico di estremo valore per tutti. I cantieri edili che si apriranno, mi auguro in tempi brevissimi, sono anche quelli che rafforzano l’identità di ciascuno di noi rinnovando un nuovo sentimento di appartenenza a questa comunità. Mestre has taken a major step forward in recent years. A city that used to be characterised by bad urbanisation, poor architecture and an inability to address the concept of compatible development is about to become a modern and welcoming one. Parts of the city that have been closed to the local population for years and sometimes even decades are now being reinstated and given a function. Mestre will have a new vibrant cultural pole linked to others. Those who believe this area only needs a museum are wrong if by museum they mean a display of objects and the narration of recent memories that must be sought out. Mestre needs a cultural heart that expands and contracts to reactivate the circulation of production, ideas, creativity, and events. M9 must be all this. Situated right in the centre of Mestre, it will be a regenerated and revived area, a cultural pole that is not an alternative to that of the old city centre but dialogues with all the rest and forms part of a constellation along with the renovated Candiani cultural centre and its cinema, the Toniolo theatre, Villa Erizzo, the Torre Civica and the Contemporaneo gallery. M9 is the symbol of more than just a cultural reawakening of this city. A space returned to its population that will regenerate a central area and forms part of an urban redevelopment programme that is of great value for all. The works that will, I hope, commence very soon will also reinforce the identity of each and every one of us, bringing this community a new sense of belonging. Giorgio Orsoni Sindaco di Venezia Mayor of Venice M9 è per la Fondazione di Venezia il progetto di maggior impegno. Lo sforzo economico e gestionale è rilevante. Ampia e profonda è stata la discussione in seno agli organi di indirizzo della Fondazione in una difficile fase storica per l’economia. Ma la decisione è stata compiuta. M9 è il testimone del radicale cambiamento operativo della Fondazione, abbandonata la modalità operativa dell’erogazione, la Fondazione si pone come soggetto in grado di progettare e gestire iniziative complesse, capaci di sviluppare opportunità di crescita e collaborazione per e con il territorio. Il progetto M9 è la realizzazione di un polo culturale capace di divenire un punto di riferimento per la città e l’area metropolitana. Un centro in cui qualità architettonica, servizi innovativi e nuovi spazi collettivi coroneranno un’istituzione culturale di nuova concezione, capace di offrire un palinsesto culturale ricco, vario e attento alle istanze di pubblici differenti. M9 – la cui genesi progettuale è avvenuta a fine 2005, si è concretamente avviato nella primavera del 2008 – è oggi giunto al primo cruciale passo del suo cammino. Si è concluso il concorso internazionale di architettura che ha visto partecipare studi di statura mondiale, impegnati in una competizione che ha posto temi progettuali di non facile risoluzione. Il progetto vincitore connoterà, dal punto di vista architettonico/urbanistico e culturale, una zona centrale della città e della più ampia area metropolitana individuata dal recente studio OCSE come una delle più strutturate per crescita e sviluppo a livello europeo. Con il progetto M9 la Fondazione ha consolidato uno stretto dialogo con le amministrazioni locali, dal Comune alla Regione, dalle Soprintendenze all’Università, permettendo rapporti e collaborazioni con realtà internazionali e professionalità del territorio, senza tralasciare il continuo aggiornamento alla cittadinanza sull’avanzamento dei lavori, connotando una modalità esecutiva volta alla più ampia trasparenza, necessaria allo sviluppo di un progetto di tale portata. Le competenze pubbliche e private, locali e internazionali, unite alle professionalità espresse dal team di lavoro strutturato dalla Fondazione, la cui età media è di 33 anni, hanno permesso sino a oggi di rispettare i tempi di lavoro determinati nella fase di avvio del progetto. La mostra e il catalogo, insieme alla pubblicazione M9 Step by step, raccontano il percorso sinora intrapreso e presentano le proposte progettuali dei sei studi internazionali invitati. Per la Fondazione è motivo di soddisfazione presentare questi primi concreti risultati e ringrazia enti, società e tutte le persone che a diversi livelli hanno collaborato. M9 is, for the Fondazione di Venezia, an extremely important project. The economic and management endeavour is considerable. The discussion among the members of the Fondazione’s policy making body went deep and wide within the climate of such a difficult economic period. But the decision was made. M9 is testimony to the radical operative changes of the Fondazione; having abandoned the simple operative method of distribution, the Fondazione presents itself as a subject able to plan and run complex initiatives, capable of developing opportunities for growth for and with the territory. The M9 project is the realisation of a cultural centre which might become e reference point for the city and the metropolitan area. A centre in which the architectural quality, innovative services and new collective spaces will crown a cultural institute of new conceptions, capable of offering a rich cultural schedule, both varied, and aware of the requirements of diverse publics. M9 – whose inception happened at the end of 2005, finally came into a more concrete being in the spring of 2008 – is today making its first crucial step. The international competition has reached its conclusion and saw the participation of companies of international standing involved in a competition which posed planning issues not easily resolved. The winning project will concern, from the points of view of town planning, architecture and culture, a central area of the city and of a larger metropolitan area identified by a recent OECD study as one of the most structured for development and growth in a European setting. With the M9 project the Fondazione has consolidated a close relationship with the local administrative boards, from the town council to the Regione, from the Soprintendenze to the University, allowing relationship building and collaboration in an international situation and territorial professionalism, and without abandoning the continuous updates of the inhabitants on the progress of the works, comporting a work process focused on transparency; of fundamental importance to such a project. The public and private, local and international bodies, united with the professionalism expressed by the work team structured by the Fondazione, whose average age is 33 years old, have allowed the project to respect the delivery and completion terms determined at the start of the mission. The exhibition and the catalogue, together with the publication of M9 Step by step, tell of the story so far and present the proposals of the six invited international companies. With great satisfaction the Fondazione presents these first concrete results and thanks all the individuals, institutes, bodies and companies who have collaborated in different ways. Fondazione di Venezia M9 A New Museum for a New City Concorso Internazionale di Architettura International Architectural Competition a cura di curated by Francesco Dal Co per la sezione architettura for the section on architecture Fabio Achilli e Guido Guerzoni per le rimanenti sezioni for the remaining sections Progetto editoriale Publishing concept Fabio Achilli Alba Scapin Coordinamento editoriale Editorial coordination Alba Scapin Grafica Art direction Studio Camuffo Andrea Codolo Copertina Cover modello model Ideainterni fotografia photo Mauro Magliani Traduzioni Translation by Barbara Fisher Susan Steer Louisa Warman Referenze fotografiche Photo credits per i saggi introduttivi introductory essays Comune di Venezia, Archivio Giacomelli Archivio Fondazione Gianni Pellicani Pierpaolo Favaretto Giovanni Pascoli Giovanni Vio ORCH/orsenigo_chemollo O’Gehry, Archivio SAVE Studio Zuanier Associati, E. Mantese, C. Eusebi Studio Architetti Mar per le immagini fotografiche degli architetti architects’ photographs Mario Ciampi Christian Richters Stiftung Preussischer Kulturbesitz / David Chipperfield / Christian Richters Daniel Osso Luis Asín Annette Kisling Gerrit Engel Luis Ferreira Alves La Fondazione di Venezia si scusa anticipatamente nel caso in cui alcune referenze fotografiche fossero state involontariamente omesse. The Fondazione di Venezia apologises in advance for any photo credits unintentionally omitted. Mestre e il suo contesto Mestre and its Context 10 La città del Novecento The Twentieth-Century City Michele Casarin 14 Mestre città contemporanea: governo, cittadini, infrastrutture The Contemporary City of Mestre: Local Government, Population and Infrastructures Nicola Pellicani / Marino Folin 18 Architetture a Mestre a colpo d’occhio Mestre Architecture at a Glance Renata Codello M9: motivazioni di un progetto M9: the Reasons behind the Project 20 Una Fondazione per Venezia Metropoli A Foundation for the Venice Metropolis Giuliano Segre 23 Istituzioni culturali e rigenerazione urbana Cultural Institutions and Urban Regeneration Giuseppe De Rita 24 I numeri di un territorio The Area in Numbers Nando Pagnoncelli 25 Il museo del ’900 The Twentieth Century Museum Guido Guerzoni Area dell’intervento Site Concorso Competition 32 Sei architetti per M9 Six Architects for M9 Ragioni, finalità, modalità del concorso internazionale a inviti bandito dalla Fondazione di Venezia per la costruzione del nuovo museo di Mestre The Reasons, Purpose and Method behind the International Competition by Invitation for the Construction of a new Museum in Mestre held by the Fondazione di Venezia Francesco Dal Co 36 Bando di concorso Competition Rules Annalisa Ferrario Partecipanti al concorso Participants 38 Massimo Carmassi 58 David Chipperfield 78 Pierre-Louis Faloci 102 Luis Mansilla/Emilio Tuñón 118 Matthias Sauerbruch/Louisa Hutton 138 Eduardo Souto de Moura Appendice Appendix 160 Il percorso decisionale della Fondazione di Venezia Fondazione di Venezia: the Decision Process 8 9 10 Mestre e il suo contesto / Mestre and its context La città del Novecento The Twentieth-Century City Michele Casarin Associata alla famigerata tangenziale, per anni protagonista con Milano e il grande raccordo anulare di Roma dei bollettini mattutini del traffico, etichettata come “periferia di Venezia” o “città più brutta d’Italia”, invisibile alle mappe, Mestre rimane nell’immaginario comune qualcosa di non ben definito e maldestramente modellato dai luoghi comuni più frettolosi. E da quel grande abbaglio che troppo spesso impedisce di guardare Venezia nella sua complessa interezza di città vasta e articolata tra litorali, laguna, fiumi e terra. La Venezia moderna e contemporanea non è città senza Mestre, Marghera e tutte le sue parti, così come viceversa; è più un problema di nomi che non di sostanza. Mestre è il risultato complesso di uno straordinario intreccio di eventi e di condizioni straordinarie che hanno caratterizzato la storia di Venezia e dei suoi contesti, quelli più specifici, locali e nazionali, e quelli più generali che la avvicinano alle vicende di molte altre grandi aree urbane in Europa e nel mondo occidentale. La fine di Venezia come stato dopo mille anni di indipendenza e di assetto territoriale vasto, la sua collocazione in un ambito nazionale nuovo in tutti i sensi e la sua riduzione fisica e culturale alla dimensione di centro storico nel corso dell’Ottocento rappresentano il punto di partenza obbligato per comprendere ciò che si vede oggi osservando una mappa satellitare e ancora di più viaggiando attraverso la città, le sue forme, le sue fratture e persino i suoi vuoti. La storia degli eventi si intreccia, creando una matassa complessa da districare, con la questione culturale di un rapporto tormentato, mai risolto e il più delle volte conflittuale con la modernità; una questione secolare che contribuì in modo determinante alla caduta stessa della Repubblica per l’incapacità di rinnovarsi come stavano facendo quelli che sarebbero diventati i grandi stati moderni. Il modo in cui la Venezia italiana rilancerà se stessa verso il Novecento e le vicende che caratterizzeranno tutto il percorso del secolo richiameranno sempre quel disagio culturale e quel conflitto che però, paradossalmente, finirà per renderla ciò che è oggi e cioè una metropoli in cui è possibile osservare quei processi moderni che nella maggior parte delle grandi città occidentali sono già terminati, così come sono stati affrontati i problemi che ne derivano. Una sorta di bolla temporale che consente di ragionare e progettare sul passato senza che questo sia terminato. Venezia venne spinta – come avrebbe detto un grande storico veneziano, Gianantonio Paladini – ad uscire dall’isola, o meglio ancora, a ri-uscire dall’isola, rifondando se stessa su nuove basi territoriali, più ampie possibili che trovarono realizzazione in una tripartizione funzionale programmata: Venezia e il Lido per il turismo e la cultura (esibire, mostrare, vendere il proprio passato senza modificare i propri assetti urbani e culturali); Marghera per il porto e la grande industria Costruzione acquedotto fronte stazione, 1926 Construction of water mains opposite the station, 1926 Costruzione delle strade a Porto Marghera zona ovest, 1922 Road building - Porto Marghera Zona Ovest, 1922 Associated with its notorious by-pass, which for many years featured in the morning traffic bulletins together with Milan and Rome’s orbital motorway, labelled “Venice’s suburb” or “the ugliest city in Italy”, and invisible on maps, Mestre has been defined by lazy clichés and remains ill-defined in the public’s imagination. These misconceptions often prevent us from seeing Venice in its complex whole – as a vast city formed by coast, lagoon, rivers and land. Without Mestre and Marghera and all its other component parts, there is no modern, contemporary Venice, and, likewise, Mestre is no city without Venice; yet it is more a problem of nomenclature than substance. Mestre is the complicated result of an exceptional culmination of extraordinary events and circumstances which shaped the history of Venice and its surrounding areas; these include particular, specific, local circumstances as well as the global events which link Venice to other important urban centres in Europe and the Western world. To even begin to understand what we now see on a satellite map or, better, when travelling through the city, seeing its forms, fractures and empty spaces, we must understand how the nineteenth century brought the end of the millennium-old independent Venetian State with its vast territories, and how, within the brand new nation of Italy, Venice was reduced both physically and culturally to the size and significance of an historic town centre. The events of history have become entwined, making a tangle which is difficult for us to unravel. There is the cultural problem of its difficult, unresolved relationship with modernity. In fact, this is a centuries-old issue for Venice, one which had a decisive impact on the fall of the Republic itself, for, unlike other states which went on to become the great modern nations, it was incapable of reinventing itself. The way in which Italian Venice launched herself into the twentieth century, and the events which characterised the course of that century, inevitably result from this conflicted, cultural unease which, paradoxically, finally made her what she is today – that is, a metropolis where it is still possible to observe the processes of modernisation underway, processes which other great Western cities have already completed. Likewise, we can observe how problems arising from those processes are being addressed. Venice is a sort of time capsule which allows us to make sense of, and shape, the past because it is yet to be concluded. As the great Venetian historian Gianantonio Paladini would have said, Venice was forced to leave Mestre e il suo contesto / Mestre and its context (la modernità più temuta); Mestre per la residenza (alleggerire la pressione demografica sul centro storico e le relative tensioni sociali). In un contesto locale si generò un’idea precorritrice basata su due punti essenziali che consentirono di creare la prima zona portuale-industriale del mondo: sfruttare la funzione portuale di scarico delle materie prime come fase iniziale del ciclo produttivo industriale; trasferire una quota della manodopera impiegata in attività industriali localizzate in centro storico e in parte obsolete, e ridurre così pressione demografica e tensioni sociali. Un obiettivo così ambizioso in una situazione di grande incertezza e precarietà dovuta alla guerra e alle difficoltà economiche e sociali richiedeva la messa in gioco di forze straordinarie per qualità e quantità. Forze che si esplicitarono in una strettissima commistione tra pubblico e privato. Nel 1917, in piena guerra mondiale, lo Stato e il Comune di Venezia firmarono un contratto con un consorzio di industriali e banchieri, guidato dal presidente della Società Adriatica di Elettricità, Giuseppe Volpi, che prevedeva la creazione e la gestione di una zona industriale nell’area detta dei Bottenighi (Marghera). Di quel consorzio facevano parte imprese elettriche, ferroviarie, marittime, siderurgiche, meccaniche, di costruzioni; privati come Nicolò Papadopoli Aldobrandini, Stucky e poi l’Ilva di Terni, le Acciaierie di Piombino, l’Ansaldo, i Cantieri Riuniti. Nel consiglio di amministrazione c’erano i Piaggio, Cini, Gaggia, la Banca Commerciale, la Montecatini, la Breda. Si concretizzò il collegamento tra la grande finanza italiana e il progetto di industrializzazione triveneta. Pochi giorni dopo, la stipula venne trasformata in una legge le cui disposizioni riprendevano, applicandole al caso di Marghera, la disciplina di un’altra legge speciale che nel 1904 era stata varata, su disegno di Francesco Saverio Nitti, per il risanamento economico di Napoli. Una legge le cui agevolazioni avrebbero fatto da riferimento a una serie di altre zone industriali italiane e, dopo il 1950, allo stesso intervento straordinario della Cassa per il Mezzogiorno. Quelle agevolazioni erano particolarmente vantaggiose per gli investitori, soprattutto per le grandi imprese: esenzioni dall’imposta sulla ricchezza mobile e da altre tasse; deroga alla normativa daziaria con franchigia sulle materie prime e sulle macchine importate; sovvenzioni indirette, agevolazioni sui trasporti, sulle operazioni di carico e scarico, facilitazioni per gli espropri. Nel 1919 si scava il Canale Vittorio Emanuele III dalla Marittima a Marghera e la Sade inizia la costruzione della prima centrale termoelettrica; nel 1922 viene approvato il progetto di quartiere urbano per 30.000 abitanti; nel 1925 si sono insediate già 33 aziende con 3.500 addetti; nel 1926 il Comune di Venezia si annette quattro comuni della terraferma, tra cui Mestre. All’inizio degli anni ’40 le aziende saranno già oltre 100 con 15.000 addetti; nel 1950 nasce la seconda zona industriale e nel 1963 si inizia a parlare della terza; nel 1970 le aziende saranno 227 e gli addetti 31.000. Nella sola zona industriale si svilupperanno 135 km di ferrovia, 40 km di strade, 20 km di canali. Un processo di crescita urbana, economica e demografica che rilanciò Venezia tra le grandi città italiane ed europee in chiave moderna; un processo che non si realizzò nel deserto ma che si sovrappose, inglobandolo, a quello avviato autonomamente, dal Comune di Mestre prima dell’annessione del 1926. Mestre passò dai poco più 11 her island, or, rather, to re-emerge from her isolation and to redefine herself along new territorial lines. This was realised in the planned tri-partite division of Venice according to function: Venice and the Lido for tourism and culture (where the past could be displayed and marketed without modification to the urban layout or cultural landscape); Marghera for her port and heavy industry (that most feared aspect of modernity); Mestre for residential use (alleviating the pressure caused by overcrowding and related social tensions). A forward-looking idea, conceived locally, would see the creation of the first industrial-port zone in the world. It was based on two principals: firstly, exploitation of the port operation so that the unloading of raw materials became the first process in the industrial production cycle; and, secondly, transferring to this area some of the workforce which was then employed in the historic centre’s manufacturing facilities, some of which were obsolete, thus reducing demographic pressure and related social tensions. This was an ambitious goal which would require extraor Ponte della campana, 1933 dinary efforts, especially in times of great Viale Principe di Piemonte, 1933 uncertainty and instability caused by the Case coloniche destinate all’abbattimento first World War as well as economic and per fare spazio a viale Principe di Piemonte social problems. These efforts were re- (Corso del Popolo), 1932 alised by means of close collaboration Farmhouses earmarked for demolition to make way for the construction of Viale between the public and private sectors. Principe di Piemonte (Corso del Popolo), 1932 In 1917, at the height of the war, the Italian State and the City of Venice signed a contract with a consortium of industrialists and bankers which was headed by Giuseppe Volpi, then President of the Adriatic electricity corporation, Società Adriatica de Elettricità (SADE), which would see the creation and management of an industrial zone in the area which was then called Bottenighi (Marghera). The consortium comprised electricity corporations, as well as engineering, steel, construction, shipping and railway companies. Private stakeholders included Senator Nicolò Papadoli Aldobrandini, Giovanni Stucky, as well as the steel manufacturers Ilva di Terni and Piombino Acciaierie, the Ansaldo engineering company, and Cantieri Riunit shipbuilders. The Piaggio, Cini, Gaggia, Banca Commerciale, Montecatini, and Breda corporations were represented on the board. Ties between Italian high finance, big business and the project for the industrialisation of North East Italy were formalised. A few days later the agreement Became law, the provisions of which would apply to Marghera, but were based on another piece of special legislation – that devised by Francesco Saverio Nitti for the economic recovery of Naples (1904). The concessions provided in that legislation would serve as a reference in the creation of a number of industrial zones in Italy and, after 1950, would likewise be applied in the establishment of the special Fund for the Mezzogiorno southern regions of Italy. There were particularly advantageous concessions for investors and, in particular, for big business: tax breaks included exemptions on taxable income from lending and entrepreneurial activities; rules on customs duties were varied to allow for exemptions on duty on raw materials and imported plant and machinery; there were indirect subsidies, with concessions for transportation and loading and unloading operations; the compulsory purchase of land was facilitated. In 1919 the Vittorio Emanuele III Canal was dug from the Marritima dock area in Venice to Marghera, and SADE began construction work on the first power-plant. In 1922 plans were approved for the development of a neighbourhood for 30,000 inhabitants. By 1925, there were already 33 companies established in the area with 3,500 employees between them. In 1926, the City of Venice took over the four municipal districts on the nearby mainland, including Mestre. By the early 1940s there were already over 100 companies established in the industrial area, numbering over 15,000 employees between them. A second industrial area was created in 1950 and in 1963 there was talk of a third. By 1970 there were 227 companies, numbering a total of 31,000 employees. In the industrial area there were 135km of railway, 40km of road, and 20km of canal. This process of urban, economic and demographic development re-launched Venice as a modern metropolis, one of the great cities of Italy and, indeed, Europe. However, these developments had not occurred in isolation, but rather had 12 Mestre e il suo contesto / Mestre and its context di 6.000 abitanti del 1835 ai 26.000 del 1925 per superare i 200.000 all’inizio degli anni ’70 e acquisire una dimensione metropolitana – di poco inferiore al milione – con i comuni di prima e seconda cintura. Le grandi trasformazioni urbane, territoriali, economiche, sociali e demografiche che caratterizzeranno la storia novecentesca nella dimensione della Grande Venezia si sovrapposero a quelle avviate nella seconda parte dell’Ottocento con le demolizioni di alcune parti antiche dell’abitato mestrino (il teatro Balbi nel 1811, la torre Belfredo Il quartiere urbano di Marghera, 1928 nel 1876, alcuni spalti del castello nel Marghera neighbourhood, 1928 1880) per costruire nuove strade e dota Il quartiere popolare di Ca’ Emiliani, 1946 re di strutture moderne il piccolo paese Social housing at Ca’ Emiliani, 1946 con ambizioni di città. È così che nasco Porto Marghera, Commissariato no viale Garibaldi, il Teatro Toniolo, gal per l’emigrazione, Corso Cementisti, 1924 leria Matteotti, l’ospedale, l’acquedotto, Porto Marghera, Commissariat for Emigration, abitazioni per la borghesia, scuole, la Corso Cementisti, 1924 rete tranviaria tra il 1891 e il 1912 (prima trainata da cavalli e poi elettrificata nel 1909) e la prima industrializzazione lungo il canal Salso. La città del Novecento è dunque il risultato di un processo che plasma le esigenze di ciò che rimaneva della Serenissima, di una città che non voleva uscire dalla Storia con alcuni elementi nuovi, territoriali e culturali. La Venezia del Novecento è a tutti gli effetti una città reinventata nella sua articolazione territoriale, nei suoi equilibri interni, nelle sue connotazioni culturali, demografiche e sociali, in un processo di trasformazione così rapido da averne reso molto complessa la decifrazione e la coscienza. Fino alla fine del secolo XX l’incidenza dell’urbanistica, intesa come pianificazione e progettazione della città, è quasi irrilevante. A parte il piano per la creazione del quartiere urbano di Marghera ispirato alle città giardino britanniche, il resto è più teoria e strategie che altro. Il piano del 1937 pur con il presupposto importante di orientare in modo deciso le capacità funzionali di Mestre e un suo ampliamento verso un più stretto collegamento con Venezia e pur adottato dal Comune, non ottenne mai la necessaria approvazione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Il piano di ricostruzione, approvato dal ministero nel 1950, andò forse peggio: dalla buona impostazione strategica di considerare Mestre “non come elemento di abitato a sé stante ma come elemento indissolubilmente legato alla città lagunare”, il piano porta sì nuova viabilità ma soprattutto nuove espansioni residenziali quasi tutte senza licenza e non accompagnate dalle cosiddette opere di urbanizzazione (acquedotti, illuminazione, fognature), tant’è che Wladimiro Dorigo, scriverà nel 1973 che taken over from, and superseded, processes which the City of Mestre had already started independently, before Venice took over the municipality in 1926. The population of Mestre grew from a little over 6,000 people in 1835, to 26,000 in 1925, and by the early 1970s the population exceeded 200,000; counting neighbouring municipal districts, Mestre had grown to metropolitan proportions, numbering just under a million inhabitants. The important economic, social, demographic, urban and territorial transformations which characterise the twentieth-century history of ‘Greater Venice’ overlapped with processes of change which had begun in the second half of the nineteenth century with the demolition of some to the most historic parts of Mestre (the Balbi Theatre in 1811, the Belfredo tower in 1876, certain ramparts of the town fortifications in 1880) to make way for new streets and provide modern buildings and facilities for this little village with cityscale ambitions. These changes allowed for the creation of Viale Garibaldi, the Toniolo Theatre, the Matteotti Arcade, the hospital, mains water supply, housing for the middle classes, schools, the first industrial developments along the Salso Canal and, between 1891 and 1912, the tram system (at first horse-drawn and then electrified in 1909). Processes of change shaped the needs of the remaining vestiges of the Serenissima – a city which did not want to leave its past behind to take on a new territories and cultures – and thus determined the form of the twentieth-century city. To all intents and purposes, twentieth-century Venice reinvented itself in terms of its territorial articulation, its internal balance, and in its demographic, social and cultural characteristics, through processes of change which have been so rapid as to make them very complicated to decipher and understand. Up to the end of the twentieth century, the influence on the city of urban planning (i.e. town planning and design) was so minimal as to be almost irrelevant. Apart form the plan for the creation of the neighbourhood in Marghera, which was inspired by the British Garden Cities, the rest has been so much theory and strategy. The 1937 plan was drawn up on the premise that Mestre’s services and facilities, as well as its enlargement, should be decisively aimed at creating closer ties with Venice; but although this plan was adopted by the City Council, it never received the necessary approval from the Higher Board of Public Works. The reconstruction plan, approved by the Ministry in 1950, arguably fared worse: the plan was based on the commendable strategic approach that Mestre “should not be treated as a separate independent settlement, but rather as part of, and inseparable from, the lagoon city”, and it did indeed ensure new roads, but above all it led to the expansion of residential areas, which were developed almost entirely without planning permission and without the necessary urban infrastructure (mains water, street-lighting, sewers), such that Wladimiro Dorigo would write in 1973 that “the suburbs of Rome, although, of course, much larger, were model districts in comparison”. The 1962 general zoning plan (PRG), drafted largely by Dorigo himself when he was councillor with responsibility for Town Planning on the City Council in the late 1950s, confirmed the basic tenet of the Greater Venice project, even though it came out of a very different political context. The layout of Mestre would be distinguished by its “equipped axes”, or rather, transportation infrastructure designed to promote the rapid movement of people and goods, which would function in combination with general improvements to the port facilities. Mestre e il suo contesto / Mestre and its context “le borgate romane, salve naturalmente le ben maggiori proporzioni, erano, al confronto, quartieri modello”. Il PRG del 1962, redatto sostanzialmente proprio da Dorigo quando questi era assessore all’Urbanistica (fine anni ’50) seppur si inquadrasse in un quadro politico molto differente conferma l’idea di fondo del progetto della Grande Venezia. Mestre si contraddistingueva in questo assetto per la presenza degli “assi attrezzati” ossia una serie di infrastrutture volte a permettere una rapida circolazione di merci e persone abbinata a un generale incremento della dotazione infrastrutturale portuale. Negli anni ’70, di fronte ai problemi ambientali, alla crisi del paradigma economico che caratterizzava Marghera e all’emergere di condizioni lavorative disumane, inizia a svilupparsi una nuova interpretazione e cultura del territorio e con essa un lungo percorso di reinterpretazione della città che, dal punto di vista urbanistico, si concretizza a metà degli anni ’90 nel piano del Benevolo e nel suo tentativo di lavorare per la prima volta sulla qualità della città e del vivere, ricucendo le fratture e sanando ciò che sembrava irrimediabilmente compromesso. Oggi per Mestre c’è una questione che viene prima di tutte le altre: diventare nei fatti, nell’immaginario collettivo, nei progetti, estensione contemporanea di Venezia, in termini di qualità urbana, ambizioni, monumentalità. Dopo essere usciti dall’isola bisogna ora uscire dall’idea novecentesca di città attraverso la quale Venezia antica ha costruito la propria sopravvivenza nel mondo moderno relegando in terraferma gli aspetti che le facevano più paura. La retorica di urbanisti, politici, storici e di tutti coloro che si sono appassionati al tema della Venezia moderna e contemporanea si è costruita quasi sempre su un inconsapevole abbaglio: ragionare di unioni, relazioni, integrazioni quando né il progetto novecentesco né la struttura ed il contesto culturale di riferimento includevano l’idea di Venezia e Mestre come di un’unica città. Basti pensare agli innumerevoli quanto goffi artifici nel nominare e definire (Venezia, Mestre, Venezia Mestre, Marghera, centro storico, terraferma, ecc.) o all’espressione “le due città” che appartengono ancora oggi al linguaggio comune. Le politiche pubbliche di fine secolo hanno costruito i propri successi e i propri fallimenti sulla cura dei sintomi di quanto accaduto nel corso del Novecento. Oggi, per fare il salto di qualità e di scala, la città ha bisogno di trasformare i suoi pezzi in parti integrate e comunicanti. Non due entità distinte che si sorreggono all’occorrenza. È complicato perché serve una vera e propria rivoluzione culturale che passi magari attraverso un atto simbolico molto simile a ciò che è stata la caduta del muro per Berlino. Solo un’operazione di questo tipo, abbandonata la cura dei sintomi, consentirebbe a Mestre di passare dalla dimensione periferica (per aspetto, funzioni, immaginario) a quella di una centralità costruita sulla qualità delle architetture e di ogni intervento urbanistico, sulla ricerca della monumentalità diffusa, su un nuovo, ricco e ambizioso sistema di simboli. Ma anche a Venezia di liberarsi della sindrome del villaggio disneyano e di diventare un centro eccellente di una metropoli contemporanea. Insomma le cose possono cambiare solo se Venezia diventa Mestre e Mestre diventa Venezia. Una città unica capace di essere metropoli contemporanea, come Barcellona, Berlino, Londra, Parigi. 13 In the 1970s, in the wake of environmental problems, the crisis in the economic model on which operations at Marghera were based, and the revelation of inhuman working conditions, new approaches to the territory began to develop, and so began the long journey to reinterpret the city. In the case of urban planning, this took shape in the plan which Leonardo Benevolo drew up in the mid-1990s, which represented the first attempt to work on improving the quality of the city itself, and the quality of life there, and aimed to mend the city’s fractures, to heal what had seemed hopelessly compromised. For Mestre today there is one over-riding question: how to become as a matter of fact and in the collective imagination, the contemporary extension of Venice – in terms of design, urban quality, ambition and monumentality. Having left the island, we must now leave behind the twentiethcentury conception of the city, through which historic Venice had managed to survive in the modern world, relegating to the mainland the aspects of modernity that it most feared. The rhetoric of plan Porto Marghera, scavi sotterranei ners, politicians, historians, and all those Porto Marghera, underground earthworks who care passionately about the subject Operai in bicicletta sul cavalcavia of contemporary Venice, is almost always Mestre-Marghera, 1935 Workers cycling on the Mestre-Marghera founded on an unwitting misconception: flyover, 1935 they discuss unification, relationships and integration, when neither the twentiethcentury project, nor the city’s structure, nor prevailing cultural contexts, are premised on the concept of Mestre and Venice as a single city. Just think of the contrived ways there are of naming and defining the city, as numerous as they are clumsy (Venezia, Mestre, Venezia Mestre, Marghera, historic centre, mainland etc), or the expression “the two cities” which is still used in common parlance today. At the end of the century, public policy built its successes and failures by curing symptoms brought on by the events of the twentieth-century. Today, in order to make a leap in terms of quality and scale, the city needs to change its disparate pieces into integrated and interconnected component parts – no longer two distinct entities which prop each other up when necessity dictates. It is complicated, because a real cultural revolution would be necessary, which could perhaps come about through a symbolic act, similar in meaning to the destruction of the Wall for Berlin. Having abandoned the cure of the symptoms, only a symbolic gesture of this type would allow Mestre to pass from suburbandom (in appearance, functions and image) to a position of centrality, through the quality of its architecture and of every planning intervention, aiming for a diffused monumentality to create a new, rich and ambitious system of symbols. But Venice must also free herself of the Disneyfication syndrome, to become an first-rate centre of a contemporary metropolis. To summarise, things can change, but only if Venice becomes Mestre and Mestre becomes Venice. A single city capable of becoming a contemporary metropolis like Barcellona, Berlin, London and Paris. 14 Mestre e il suo contesto / Mestre and its context Mestre città contemporanea: Governo, Cittadini, Infrastrutture The contemporary city of Mestre: local government, population and infrastructures Nicola Pellicani / Marino Folin Il modo migliore per farsi un’idea di Mestre è salire in cima a uno di quei palazzoni anonimi, cresciuti negli anni del boom edilizio. Non sono alti come grattacieli, ma ce ne sono certi che hanno un’altezza sufficiente da offrire uno sguardo largo sulla città, capace di andare ben al di là dei confini di Mestre. L’impatto con il panorama non è mai morbido. Di solito la prima occhiata riflette un’immagine ostile, di caos e cemento. Sono le ferite lasciate dalla tempesta urbana che si è abbattuta su Mestre, con rara brutalità. Una speculazione edilizia ottusa e cinica che ne ha cancellato il passato, proiettandola di colpo nel Novecento. Mestre, pur stravolta nella sua forma e nella sua identità, si è trovata di colpo nel vivo di una storia straordinaria. Fatta d’industria, di urbanizzazione, d’immigrazione, di conflitti sociali. Ma oggi che Mestre sta chiudendo i conti con il Novecento, la città ferita, la città dormitorio, la città vittima della modernità non esiste più. Oggi che anche la tangenziale ha smesso di essere un incubo quotidiano, questa idea di città resta un luogo comune, duro a morire, ma lontano dalla realtà. Dall’alto di uno di quei palazzoni senza qualità, si vedono i contorni della grande città in trasformazione, che va oltre i confini di Mestre, fino a disegnare quella città-territorio che supera i confini municipali e rappresenta l’area urbana vasta che viviamo quotidianamente. Una città metropolitana, costituita da Mestre, Venezia, Padova e Treviso, già individuata per la prima volta negli anni settanta dall’Unesco e a lungo indagata dagli studiosi e da diversi soggetti istituzionali, da ultimo l’Ocse, secondo cui rappresenta una delle maggiori economie italiane. Il rapporto Ocse, da poco concluso, colloca la “City-Region Venezia”, com’è stata definita, nel top ten delle regioni metropolitane a più alta crescita nel panorama internazionale. La “Città-Regione”, con una popolazione di 2,6 milioni, ha un tasso di crescita economica che può essere comparato a quello di Londra, Stoccolma e Houston. Non solo. Nel decennio dei “miracoli” (1995-2005) il tasso di crescita di quell’area, che comunemente chiamiamo PaTreVe, ha viaggiato a una velocità doppia rispetto a Stoccolma e tripla rispetto a New York, con livelli di produttività paragonabili a Francoforte, Londra, Monaco e Tokyo. Dati significativi, dal momento che in tutto il mondo, le grandi Veduta del centro di Mestre Mestre city centre aree metropolitane sono i motori dell’integrazione globale e le vere protagoniste del Veduta serale della zona della stazione di Mestre lo sviluppo economico, sociale e culturale. Mestre station in the evening I numeri aiutano a decifrare un territo Tangenziale di Mestre rio, a comprenderne le potenzialità, ma Mestre ring road la sua unicità deriva anzitutto dal fatto di essere una Città Metropolitana senza periferia, perciò priva di una polarità che accentra tutto su di sé. In questo senso è una Città costituita da spazi pieni e vuoti, che convivono assieme con funzioni diverse. Traendo la propria forza da questo contesto così ricco, composto da aree molto urbanizzate, zone dedicate all’industria, accanto ad aree coltivate e a parchi naturali di grande pregio, come quello lagunare. In questa logica la laguna non è un semplice specchio d’acqua di oltre 500 chilometri quadrati, bensì un ecosistema straordinario, fonte di mille opportunità. È parte strategica della Grande Città così delineata, formata da un crocevia The best way to get a good idea of Mestre is to climb to the top of one of those anonymous tower-blocks which were erected during the years of the building boom. They may not be as tall as sky-scrapers, but they are high enough to lend a good view of Mestre and well beyond. The city has a stark impact on the panorama. Usually the first impression is of hostility, chaos and concrete. These are the wounds of the urban storm which lashed Mestre with unusual brutality. Cynical and wrong-headed property speculation wiped out the past and thrust the city abruptly into the twentieth century. Mestre, its form and identity despoiled, suddenly found itself in the midst of an extraordinary moment in history, in terms of its industry, urbanisation, immigration and social conflict. But today, Mestre – the abused, dormitory city, victim of an obsolete idea of modernity - is closing the door on the twentieth century. Today, when even the bypass is no longer a daily nightmare, this clichéd image of the city persists – yet it is far removed from reality. From the top of one of those substandard tower blocks, one can see the outline of a great city in the process of transformation. It extends beyond the confines of Mestre, beyond other municipal boundaries, to the vast urban area in which we live out our daily lives: a “City-Region”. A metropolitan city comprising Mestre, Venice, Padua and Treviso, was identified for the first time in the 1970s by the United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO), and has long been the subject of investigation by academics and various institutions. Most recently, the Organisation for Economic Co-Ordination and Development (OECD) described it as one of Italy’s major economies. The recently-completed OECD report ranked the “Venice City-Region”, as it was Mestre e il suo contesto / Mestre and its context di paesaggi, ognuno dei quali diventa complementare e indispensabile all’altro, dove convivono benissimo polarità forti, quali Venezia, Mestre, Padova e Treviso. Un sistema metropolitano ancora scarsamente integrato, ma che l’apertura del Passante autostradale (Mira-Quarto d’Altino) e l’entrata in funzione del Sistema ferroviario metropolitano regionale contribuiranno a saldare ulteriormente, dando sempre più sostanza alla “Città-Regione”. Ma se quest’area ha qualcosa di speciale lo si deve molto a ciò che si può osservare dall’ultimo piano di uno di quei palazzi, che rappresenta il motore della “Città-regione”, disegnata dall’Ocse. È raro trovare città che presentino una varietà di panorami e di orizzonti, come Mestre. Panorami che significano storia, funzioni, oltre che infrastrutture. E tutto è a portata di mano. A cominciare da Venezia, con cui solo Mestre può interloquire in modo talmente stretto fino a essere la stessa cosa. Ma c’è molto di più. Di là verso Tessera, c’è l’aeroporto, dove nelle ore di punta atterra o decolla un aereo ogni due minuti. Si tratta del terzo scalo nazionale. È qui che arriverà l’Alta Velocità e nascerà il Quadrante di Tessera che, accanto a un’area dedicata al commercio e agli uffici, ospiterà un vero e proprio distretto dell’intrattenimento con il nuovo stadio e la nuova sede del casinò, funzioni strategiche per la crescita complessiva della “Città-regione”. Da qui corre sul bordo della laguna quel waterfront, sospeso tra terra e acqua, che si snoda per 30 chilometri fino a Fusina e Parco di San Giuliano, sullo sfondo Venezia Parco di San Giuliano, with Venice costituisce la più grande opportunità della in the background territorio. È un waterfront che sorge in un ecosistema unico al mondo, che contiene in sé da una parte l’aeroporto, dall’altra il porto, un’area industriale di duemila ettari, con 14.000 addetti e 700 aziende. In mezzo si apre il watefront urbano, che mette in comunicazione la terraferma con il centro storico, attraverso l’asta di via Torino, le aree del Vega e del Parco di San Giuliano. Basta ruotare lo sguardo per seguire il percorso tortuoso del waterfont che approda verso Sud, a Porto Marghera. Ecco in primo piano le gru giganti di Fincantieri, l’arsenale moderno, dove si costruiscono le grandi navi, in un cantiere che fonde assieme tecnologia d’avanguardia e manodopera proveniente da tutto il mondo. Accanto, il porto, con le navi che arrivano da tutti i mari della terra. Alle spalle si vedono con chiarezza le fiaccole e i camini che sputano vapore del Petrolchimico. Un’area in gran parte da riconvertire a nuove attività, legate in particolare alla logistica, una volta che sarà finalmente sciolto il nodo delle bonifiche. Un ostacolo che paralizza la riconversione di una parte di Porto Marghera da almeno un ventennio. È un’area industriale immensa, quella di Porto Marghera, che rappresenta un pezzo di storia dell’industria fordista, ma anche una testimonianza fondamentale della storia politico-sociale novecentesca. Non è finita qui. Più lontano, verso Nord si notano le colline del Montello e la Pedemontana della Marca, dove si è sviluppato uno dei motori della Grande Città, la capitale delle piccole imprese, ma dov’è cresciuta anche un’agricoltura specializzata nella viticoltura, Veduta della zona industriale di Marghera con il ponte strallato The Marghera industrial zone and the cable-stayed bridge 15 defined, in the top ten fastest-growing metropolitan economies of the world. The “City Region” with its population of 2.6 million, enjoys an economic growth rate which can be compared to those of London, Stockholm or Houston. Moreover, in the “miracle decade” between 1995 and 2005, the growth rate of the area which we normally refer to as “PaTreVe” has sped at double the rate of Stockholm and three times as fast as New York, with productivity levels comparable to Frankfurt, London, Munich and Tokyo. These data are significant, since throughout the world the great metropolitan areas are the driving force of global integration and are the key to economic, social and cultural development. The numbers help us make sense of the territory, to understand its potential. However, its unity stems above all from the fact that, as a Metropolitan City, it has no hinterland, or rather, it is not so centralised that everything is concentrated in a single location. In this sense, it is a city comprised of both developed and open spaces, co-existing in close proximity, but with different functions. It draws its strength from this rich context which is comprised of highly urbanised areas and industrial zones, adjacent to agricultural land and natural landscapes of great importance, such as that of the lagoon. By this reasoning, the lagoon is not simply an expanse of water extending over five hundred square kilometres, but rather an extraordinary “ecosystem”, full of potential. A key strategy of the Great City, defined in this way, is that each element in its matrix of landscapes is indispensable and complementary to the others, so that the important centres of Venice, Mestre, Padua and Treviso harmoniously co-exist. The metropolitan transportation system is still poorly integrated, but the opening of the new motorway link between Mira and Quarto d’Altino and the implementation of the new metropolitan regional railway will help to improve connections further, lending more substance to the reality of the “City-Region”. But if this area has something special, it owes much to what can be seen from the top floor of one of those tower-blocks - the engine of the “City-Region”, as it was described by the OECD. Only rarely does a city present such a wide variety of panoramas and horizons as Mestre. The views reveal history, different land-uses, as well as infrastructure. And it is all to hand. We could start with Venice, with whom Mestre alone has such a close relationship as to be one and the same. But there is much more. Over there, near Tessera, is the airport, where at peak times an aeroplane takes off or lands every two minutes, making it Italy’s third busiest airport. The high speed train will arrive here, and this is where the Quandrante di Tessera will be created. The latter will comprise an area for commerce and offices, adjacent to sports and leisure facilities including a new stadium and a new home for the Casino - resources of strategic importance for the overall growth of the “City-Region”. The edge of the lagoon, suspended between land and sky, wends its way to Fusina; this thirty-kilometre stretch of waterfront represents the most important opportunity for the territory. This waterfront constitutes an unique “ecosystem”, like none other in the world, which comprises the airport on one side, and on the other side the port, an industrial zone covering two-thousand hectares occupied by 700 business providing employment for 14,000 people. Mid-way along is the stretch of urban waterfront which connects the mainland to Venice’s historic centre through the corridor of Via Torino, and the areas of San Giuliano Park and the VEGA science and technology park. We can turn our gaze to follow the winding course of the waterfront as it goes south towards Porto Marghera. In the foreground are the giant cranes of Fincantieri, the modern-day Arsenale, where great ships are constructed in a shipyard which uses the latest technology together with an international workforce. Beside the shipyard are the docks where ships arrive from all over the world. Beyond, you can clearly see the fiery flues and chimneys spewing steam of the petrochemical plant. Much of this area is to be converted for new uses, in particular for logistics operations, once the knotty problem of the clean-up of contaminated land is resolved once and for all. This issue has paralysed the regeneration of the Porto Marghera area for at least two decades. Porto Marghera is an immense area, a piece in the history of Fordian production techniques, but it is also testament to the political and social history of the twentieth century. We are not done yet. Farther away, to the north, we can see the Montello and Pedemontana hills of the Marca region, where another of the engines of the Great City is located. Not only is this the capital of small business, but here flourishes a world-beating viticulture and wine-production industry. Further north still, we can clearly see the outlines of the Dolomite mountain range, which are covered in snow in winter. But of primary importance, beneath the Euganean Hills, lies Padua, one of the great strengths of the 16 Mestre e il suo contesto / Mestre and its context tra le prime nel mondo. Sempre a Nord si vedono con nitidezza i profili delle Dolomiti, in inverno bianchi di neve. Ma è prima, sotto ai Colli Euganei, che c’è Padova, uno dei punti forza della Città Metropolitana, così concepita. Un territorio integrato, tenuto assieme da un sistema autostradale e da uno snodo ferroviario, tra i più infrastrutturati del Nord Italia, che convergono su Mestre. Più si avvicina lo sguardo e meglio si mettono a fuoco i luoghi urbani più familiari che connotano il centro di Mestre. Da piazza Barche parte quel pezzo di waterfront che arriva da Venezia e penetra in città toccando il Parco Scientifico Tecnologico, il polo universitario in fieri di via Torino, a poca distanza da dove campeggia il Laguna Palace, uno dei segni architettonici più significativi della rinascita di Mestre. Eppoi continua costeggiando l’area straordinaria di Forte Marghera e il Parco di San Giuliano, uno spazio verde di 74 ettari, nato su un’ex discarica industriale, che si affaccia sulla laguna, davanti a Venezia. Quasi a rimarcare il fatto che la città è una sola e sta attraversando una stagione di grandi trasformazioni, che interessano in particolare la parte più interna di Mestre, ben visibile dal nostro punto di osservazione. Una città che nel Novecento ha conosciuto diverse migrazioni che hanno segnato profondamente l’identità e la composizione sociale della popolazione. Prima con l’immigrazione interna, negli anni del boom economico, adesso con i flussi di stranieri. Oggi, oltre il 10 per cento della popolazione residente proviene dall’estero (da oltre 10 paesi differenti). Una crescita costante, se solo nel 2004 i migranti stranieri erano il 5,2 per cento. In questa composizione variegata si ritrova il carattere metropolitano di Mestre, una città popolata di minoranze che cercano quotidianamente di trovare un orizzonte comune. In questo contesto, risulta superato anche il dibattito sulla ricerca dell’identità mestrina. Non c’è un “mitico” passato da recuperare, basta “riconoscere” la città che viviamo tutti i giorni per ritrovarsi e cogliere il carattere autentico di una realtà metropolitana, frutto di quasi un secolo di storia. In questo senso Mestre è una città moderna, aperta al nuovo, che trova punti di contatto con le grandi metropoli. Negli ultimi tempi Mestre attraversa una stagione di crescita anche per numero di abitanti, all’interno della “Città-regione”. La popolazione, dopo aver superato quota 200.000 alla fine degli anni settanta, era scesa nel 2002 sotto la soglia dei 175.000. Da qualche anno ha ripreso a crescere, tornando sopra i 180.000 abitanti. E le proiezioni per il futuro confermano questo trend. Ma soprattutto oggi la popolazione di Mestre è costituita da city users in costante aumento, tanto che si stima che solo dalla provincia di Venezia entrino a Mestre ogni giorno circa 26.000 persone. Migliaia di persone che si muovono in un reticolo di strade e marciapiedi, dove dietro a ogni angolo si trova però la conferma di come Mestre stia ancora scontando gli effetti di quell’idea “periferica” di città, che è stata la bussola dello sviluppo scriteriato del Novecento. Un modello di sviluppo, che ha prodotto come prima conseguenza, la costruzione di un’edilizia “periferica”. Ovvero una cattiva edilizia, che si traduce, ancor oggi, in un patrimonio abitativo molto vecchio, costruito per oltre il 60 per cento tra il 1946 e il 1971 e con 8.800 alloggi classificati in pessime condizioni. In quest’ottica, nell’ambito di un ciclo virtuoso di rigenerazione urbana, in parte già avviato, Mestre deve poter seguire le politiche di sviluppo sostenibile attuate con successo in molte città del Nord Europa. Nel 2010 Stoccolma è stata premiata come Capitale Verde dalla Commissione europea, Metropolitan City as it has been conceived. This integrated territory, is held together by the motorway systems and railway networks (which benefit from one of the best infrastructures of Northern Italy) which converge on Mestre. The closer we look, the better we can focus on the more familiar urban locations which connote the centre of Mestre. A stretch of Venetian waterway penetrates the centre of Mestre, from Piazza Barche it passes the Science and Technology Park, the site of the new university campus under construction in Via Torino, and continues near the new Laguna Palace Hotel (one of the most significant architectural landmarks to herald the revitalisation of Mestre). It then wraps its way around the extraordinary area of Forte Marghera and the San Giuliano Park, a seventy-four hectare green space created on a former industrial landfill site which faces Venice across the lagoon, as though to emphasise that the city is a single entity which is undergoing an important period of transformation, particularly in the centre of Mestre, as can readily be seen from our Veduta del centro di Mestre Mestre city centre vantage point. In the twentieth century the city experi Veduta di Piazza Ferretto enced several waves of inward migration Piazza Ferretto which has had a profound effect on the Veduta di Piazza Barche con il tratto identity and social composition of its population; in the first instance with the inter- finale del Canal Salso Piazza Barche and the final stretch nal migration of Italy’s economic boom of of the Canal Salso the 1950s and ’60s, and now with the influx of foreign migrants. Today, more than 10% of the resident population comes from abroad (from over ten different countries of origin), and this upward trend continues, given that in 2004 the proportion of foreign migrants stood at just 5.2%. It is in this picture of diversity that the metropolitan character of Mestre can be found; it is a city populated by minorities who daily seek to find a common horizon. In this context, it can be seen that the debate around the search for a “Mestrian” identity has been superseded, for there is no mythical past to be recovered, rather, it should suffice to recognise the city that we live in every day to find and capture the authentic character of that urban reality which is the result of almost a century of history. In this sense, Mestre is a modern city, open to new ideas, and has much in common with great metropolitan cities. In recent years, Mestre has also experienced a period of growth in the overall number of residents. Having reached its peak of 200,000 at the end of the 1970s, the population of Mestre had declined to under the 175,000 level by 2002. In the last few years, the population has started to grow again, to return to over 180,000. The projected figures for the future confirm this upward trend. Moreover, today the population of Mestre is also constituted of growing numbers of “city users”, such that estimates indicate that about 26,000 people come into Mestre every day from the Venice provincial district alone. Thousands of people move through a network of streets and paths where, around every corner, are reminders that Mestre is still paying the price of the “city suburb” concept the only guiding principle which applied when Mestre underwent the mindless development of the twentieth century. The consequence of this model of urban development was “suburban architecture”, or, rather, low-quality construction, which means that today we are left with very old housing stock, over 60% of which was built between 1946 and 1971, with 8,000 dwellings classified as being in very poor condition. Given this situation, Mestre should be permitted to follow the sustainable development policies which have already been implemented successfully in many cities in Northern Europe, to enter the virtuous circle of urban regeneration which, to some extent, has already begun. In 2010 the European Commission awarded Stockholm the status of European Green Capital. Stockholm presented an urban model premised on environmental sustainability, where ecology and development are kept in equilibrium, guaranteeing an improved quality of life which is measured through a series of green indicators, from low-energy housing, to the location of homes to within three hundred meters of parkland, and the use of public transport by 80% of the population at peak times. In 2011 the winning city Mestre e il suo contesto / Mestre and its context presentando un modello urbano fondato sulla sostenibilità ambientale nel quale ecologia e sviluppo stanno in equilibrio, garantendo un’elevata qualità della vita certificata da una serie di indicatori “green”, a cominciare dalle abitazioni a basso impatto energetico e i parchi pubblici a trecento metri da casa e con l’80 per cento di persone che usa i mezzi pubblici nelle ore di punta. Nel 2011 la città vincitrice sarà Amburgo, ma sono molte le città a cui ispirarsi. Ad esempio Friburgo, in Germania, che ha più o meno lo stesso numero di abitanti di Mestre, e costituisce una città all’avanguardia in Europa in tema di economia sostenibile. E pensare che a Friburgo la cultura ambientale ha iniziato a crescere negli anni Settanta in seguito a una protesta contro l’installazione di una centrale nucleare. Nel terzo millennio a Mestre la cultura del riscatto è un patrimonio acquisito, che ha già consentito di conseguire obiettivi importanti, come la realizzazione del Parco di San Giuliano. Ma per continuare a crescere in questa direzione, qualificandosi come città delle opportunità, il modello non può che essere lo sviluppo sostenibile del Nord Europa, partendo da un progetto concreto di riqualificazione del patrimonio edilizio e di pulizia dei siti industriali dismessi di Porto Marghera. La Città Nuova non può che nascere su queste basi. Perciò diventa strategica l’opera di rigenerazione urbana prevista nel centro di Mestre. Una Città più Ecologica, in linea con i parametri internazionali che hanno consentito a Stoccolma di diventare Capitale Verde, si costruisce anche così. Grazie all’apertura del Passante autostradale, all’entrata in funzione del tram e del Sistema ferroviario metropolitano regionale, Mestre è destinata anzitutto a diventare una città più permeabile. Si tratta di un momento epocale che, a regime, consentirà di passare da una città “inaccessibile”, ostaggio permanente del “valico” della tangenziale, ad una città “accessibile” con i mezzi pubblici. Una rivoluzione che consentirà al centro di Mestre di essere raggiungibile in tempi ragionevoli da ogni parte della Città Metropolitana, favorendo la circolarità di persone e la conseguente rivitalizzazione del centro. Un trasporto pubblico efficiente si sposa alla perfezione con il piano di riqualificazione urbana del centro in via di definizione che prevede la riconversione a uso residenziale dell’area dell’Umberto I, il recupero dell’asse compreso tra Forte Marghera, piazza Barche, via Poerio e Riviera XX Settembre e ruota attorno alla realizzazione di un vero e proprio “distretto” della cultura con al centro M9, il Museo del Novecento che sarà operativo nel 2014 e diventerà il motore di una rete di luoghi della cultura, che comprendono la biblioteca comunale in corso di ristrutturazione in Villa Erizzo, il Centro culturale Candiani, Villa Settembrini, il Teatro Toniolo e la Torre civica. Un “distretto culturale evoluto” può essere il motore di un riposizionamento funzionale del territorio così da ingenerare attività nuove e sussidiarie necessarie per potenziare l’impatto del processo di rivalorizzazione di tutto il centro cittadino all’interno di una zona pedonale riqualificata che, una volta realizzata, sarà decisiva per assegnare, prima ancora che una “nuova” funzione al centro di Mestre, una “nuova” anima. Il centro di una “città intelligente”, una smart city nella quale le dimensione della mobilità, dell’ambiente, della cultura e del turismo si sposino un quadro di trasformazioni urbane realizzate per migliore la qualità della vita degli abitanti. 17 will be Hamburg, but there are many cities from which we can draw inspiration. For example, Freiburg in Germany, which has more or less the same population as Mestre, is one of the leading cities in Europe in terms of its sustainable economy. And to think that the environmentalist culture started to take hold in Freiburg in the 1970s following protests against the installation there of a nuclear power plant. In the Mestre of the third millennium, the regeneration culture is a resource which has already helped the city achieve important goals, such as the creation of San Giuliano Park. But to continue to grow in this direction, and to make the grade as a city of opportunity, the only model to follow is the Northern European one of sustainable development, starting with the rehabilitation of the built environment and the cleaning up of the disused industrial sites at Porto Marghera. Only on this basis can the new city be created. For this reason, the urban regeneration project which is planned for the centre of Mestre is crucial. A greener city, designed according to the international Veduta aerea di Forte Marghera criteria which saw Stockholm become Aerial view of Forte Marghera European Green Capital, can be built in Il Canal Salso nella zona di viale Ancona, this way. Thanks to the opening of the new sullo sfondo il Laguna Palace motorway link, the implementation of the Canal Salso near viale Ancona, tram system and the new metropolitan with the Laguna Palace in the background regional railway, Mestre is destined to be Veduta aerea della tangenziale di Mestre come, above all, a more porous city. It is an Aerial view of the Mestre ring road epoch-making moment, which will gradually allow Mestre to change from being an “inaccessible” city, a hostage to its clogged bypass, to being made accessible by means of public transport. This revolution will make the centre of Mestre reachable in reasonable time from every corner of the Metropolitan City, encouraging the movement of people and, in consequence, will revitalise the city centre. An efficient public transport network will be perfectly integrated with the regenerated city centre. The details of the urban regeneration project are still being drawn up, but it entails the conversion of the area of the former Umberto I hospital to residential use, and the regeneration of the axis which extends from Forte Marghera, through Piazza Barche, Via Poerio, Riviera XX Settembre, and the Umberto I area, to wind its way around the site of a brand new cultural district. At its centre will stand the M9, the Museum of the Twentieth Century, which will open its doors in 2014, and will become the driving force of a network of cultural venues which will comprise the city library at Villa Erizzo, where refurbishment is underway, the Candiani Cultural Centre, Villa Settembrini, the Toniolo Theatre and the Clock Tower. An “evolved cultural district” can drive forward the functional repositioning of the territory, stimulating new enterprise and ancillary services and thereby intensifying the effect of the regeneration process on the whole of the city centre. It will be set in a revitalised pedestrian zone which, once realised, will prove decisive in giving back a soul to the centre of Mestre – and this will prove to be of paramount importance, even more than its new function – to create the centre of a “smart city” where aspects of mobility, environment, culture and tourism are integrated within a framework of urban changes which are designed to enhance the quality of life of the populace. 18 Mestre e il suo contesto / Mestre and its context Architetture a Mestre a colpo d’occhio Mestre architecture at a glance Renata Codello Quando nel 1926 viene sancita l’annessione amministrativa di Mestre a Venezia pensando a una “naturale” complementarietà tra la città insulare e la terraferma, viene di fatto segnato anche un programma di sviluppo a scala territoriale che assegna a Marghera e Mestre la funzione produttiva e residenziale ed esclude la città di Venezia da un sistema produttivo vero e proprio. L’espansione rapida e massiccia di tutti i centri di terraferma non avviene sulla base di una pianificazione territoriale e urbanistica efficace, anche se il piano regolatore del 1934 aveva indicato una serie di relazioni urbane che avrebbero dovuto generare un proficuo rapporto tra i nuclei di Marghera, Mestre e la città insulare. Visti dalla terraferma, gli studi urbanistici di Piccinato, Samonà, Trincanato che portarono, tra il 1949 e il 1963, alle realizzazioni di viale San Marco e alle indicazioni di espansione della città verso i bordi lagunari, erano assai ricchi di indicazioni programmatiche tant’è che nel 1958 si sviluppa un ampio dibattito disciplinare sul tema del nuovo insediamento delle Barene di San Giuliano. E, ancora, è del 1964 il concorso per la nuova sacca del Tronchetto a dimostrare la forte potenzialità dell’ampio “spazio intermedio” che ancora oggi rappresenta fisicamente il luogo della complementarietà tra i due centri di un’unica grande realtà urbana. In questo contesto, deve essere ricordato che, soprattutto con l’edificazione del secondo dopoguerra, sono state completamente stravolte le tracce storiche più significative presenti nelle aree di espansione. Demolite porzioni di edilizia storica, interrati i canali che comunque costituivano dei sistemi ordinatori del territorio sia dal punto di vista fisico che sotto il profilo della funzionalità idraulica, cancellate le tracce e le testimonianze materiali della Mestre medievale e delle epoche successive. Si è trattato di un costante e continuo impoverimento del rapporto con l’esistente; oppure – secondo altre interpretazioni di questo complesso sistema di fenomeni – della negazione di un possibile rapporto con il luogo e la storia là dove le sue tracce si presentavano più deboli, con questo assegnando a Venezia il compito di indiscusso testimone di dieci secoli di vicende. Non solo, la rapidità e la dimensione dello sviluppo edilizio erano di per se stesse in conflitto con qualunque elemento già esistente sul territorio non ancora edificato. Le regole ferree dell’espansione edilizia non ammisero impedimenti e, meno che mai, vennero intralciate da tratti di mura antiche, elementi di passate fortificazioni, reperti archeologici, impronte del territorio agrario. A questo si aggiunse una scarsa consapevolezza del valore delle testimonianze materiali presenti e sopravvissute. Solo in anni recenti, gli studi condotti in discipline quali l’archeologia urbana, l’analisi dei suoli, l’urbanistica storica, il paesaggio e i segni del disegno del territorio, hanno restituito una visione Complesso Umberto I previsto nel centro di Mestre ampia e integrata di ampie zone del terri Umberto I complex planned torio veneto. for the centre of Mestre Le questioni sono, ovviamente, molto più complesse e numerosi studi su questi temi Nuovo Ospedale dell’Angelo ne danno ampio riscontro, ma è pur vero New Ospedale dell’Angelo (hospital) When approval was given in 1926 for the City of Venice to take over the municipality of Mestre, it was thought that the island city and the mainland town would naturally complement each other. This concept was signalled in a local development plan which assigned to Marghera and Mestre industrial and residential functions respectively, while Venice would be denied a productive role in the proper sense. The massive and rapid expansion of all the mainland urban centres was not founded on sound and effective town planning principals, despite the fact that the 1934 regulatory plan had designated a series of urban relationships which should have engendered fruitful synergies between the centres of Marghera, Mestre and Venice. Between 1949 and 1963 the town planning projects of Piccinato, Samonà and Trincanato brought about the construction of Viale San Marco and proposed the development of the mainland city to the edges of the lagoon. For the mainland, their work had thus provided ample programmed direction, and in 1958 gave rise to a broad debate in the discipline on the theme of a new settlement in the Barene San Giuliano area. Further, in 1964 the competition was held for the construction of the new Tronchetto island, demonstrating the strong potential of this extensive “mediating space”, which today remains the meeting point of the two complementary centres and is where they merge to form a large, unified urban reality. With this in mind, it should be remembered that some of the city’s most important historic features were devastated to allow for urban expansion, especially in the postwar period. Sections of historic structures were demolished, canals were in-filled (even though these were important organising features of the landscape, significant both for their physical form as well as their function as waterways), so the traces and material evidence of Mestre’s medieval and later history were erased. There was a constant and continuing erosion of the relationship between past and present. Or, according to other interpretations of this complex system of negation, any relationship between the place and its history was denied where those traces were relatively weak, and this role was instead assigned to Venice, as the indisputable witness to ten centuries of history. Moreover, the scale and pace of development would in themselves threaten any pre-existing features of the areas which had not already been redeveloped. The prevailing dogma in the period of expansion was that no obstacle should stand in its way, so much less would the developers be hampered by sections of ancient city wall, parts of historic fortifications, archaeological remains or the remnants of agricultural activity. This was compounded by a scant awareness of the value of surviving material evidence. It is only in recent years that academic studies in the disciplines of urban archaeology, soil analysis, town planning history, and in landscape and its design, have reconstructed a more fully integrated picture of extensive areas of the Veneto. Mestre e il suo contesto / Mestre and its context che, per alcuni decenni, queste contraddizioni sono state tenute insieme dalla produzione industriale in quanto capace di essere fonte di coesione e di sviluppo per la collettività. Altri territori della regione del Veneto, pur in diversi contesti, presentano fenomeni urbani simili a quelli accennati perché è il tracollo industriale di alcune produzioni a “liberare” enormi aree di territorio, a radicalizzare la crisi di un modello di sviluppo che non ammette salvataggi, a imporre la ricerca di altre coordinate di orientamento in una logica più ampia di relazioni territoriali. In questi ultimi anni, Mestre sta facendo un grande sforzo, per riconoscere e ricostruire la propria struttura. Interventi di riqualificazione degli spazi pubblici come piazza Ferretto, piazzale e centro culturale Candiani, unitamente agli interventi realizzati a Marghera da piazza Sant’Antonio a piazzale Concordia; il restauro di importanti edifici storici come il Teatro Toniolo e Villa Erizzo; la grande riconversione urbana che ha portato alla realizzazione del parco di San Giuliano; i nuovi interventi del Laguna Palace e la riqualificazione di via Ancona, il tribunale dei Minori, il nuovo ospedale dell’Angelo; la conversione tecnologica attuata con dieci moderni edifici del parco scientifico e tecnologico del VEGA. Parco scientifico e tecnologico VEGA VEGA science and technology park Questi esempi sono i primi risultati di sforzi e investimenti economici che affermano Complesso universitario di via Torino la vitalità di un sistema e, al contempo, te University complex in via Torino stimoniano la ricerca di un riscatto a tutto Il progetto Venice Gateway di Frank O’Ghery tondo. Le architetture antiche vengono Frank O’Gehry’s Venice Gateway project valorizzate in servizi culturali alla città e contribuiscono a ricucire il rapporto con il luogo. Le nuove architetture guardano a un futuro in rapida evoluzione e sono i primi riferimenti di uno sviluppo autonomo e aperto alle relazioni con la grande area metropolitana che include Padova, Treviso e il fronte orientale del Veneto. Il parco di San Giuliano affronta la dimensione dei rapporti con aree fortemente degradate eppure capaci di essere rigenerate in spazi verdi, ciclabili, sportivi e di intrattenimento. Su tutte la grande sfida della riqualificazione di Porto Marghera dove aree enormi attendono di essere ripensate e offrono l’opportunità di collocare la città di Venezia-Mestre in una dimensione europea. 19 The issues are, obviously, much more complex, as numerous studies have amply demonstrated, but it is indeed true that for some decades certain contradictions were resolved through industrial activity, which was used as a means of promoting community development and cohesion. Other areas of the Veneto region, although indeed in different contexts, have presented urban phenomena similar to those noted here; because it was the collapse of certain industrial sectors leading to the “freeing up” of vast tracts of land, a crisis deepened by adherence to a model of development which proscribed rescue attempts, which forced the search for another way forward, towards a broader logic in the development of territorial relationships. In recent years Mestre has been making great strides in recognising and rebuilding its structure. Initiatives have included the refurbishment of public spaces, such as Piazza Ferretto, Piazzale Candiani and the Candiani Cultural Centre, together with interventions in Marghera from Piazza Sant’Antonio to Piazzale Concordia; important historic buildings, such as the Toniolo Theatre and the Villa Erizzo, have been restored; San Giuliano Park represents an important urban renewal scheme; new developments include the Laguna Palace hotel, the Juvenile Courts, and the new hospital, Ospedale dell’Angelo, and Viale Ancona has been redeveloped; technological revolution was brought about with ten modern buildings in the VEGA Science and Technology Park. These examples represent the first fruits of endeavour and economic investment which affirm the city’s vitality and which, at the same time, are witness to the pursuit of its full recovery. Historic buildings are being given a new cultural role, and contribute by helping to mend the city’s damaged relationship with its location. The new architecture of the city looks to a rapidly evolving future, and represents the first sign of an open and autonomous development in relations with the larger metropolitan area which includes Padua, Treviso and the eastern fringe of the Veneto. At San Giuliano Park the issue of the city’s industrial wastelands has been tackled, demonstrating how these can be rehabilitated into green spaces for cycling, sports and entertainment. Above all, there is the important challenge posed by the regeneration of Porto Marghera, where great expanses of land await re-evaluation and represent an opportunity to set the city of Venice-Mestre on a European stage. 20 M9: motivazioni di un progetto / M9: the reasons behind the project una fondazione Per Venezia Metropoli A Foundation for the Venice Metropolis Giuliano Segre Nel mondo qualsiasi lettura della città di Venezia è, quasi per definizione, ristretta ai confini della stupenda città storica: ne sono noti e magnificati i palazzi, i ponti, i campanili, le aree pubbliche e gli spazi privati, vi sono variamente frequentati gli oltre quaranta splendidi musei e il mondo conosce in profondità gli eventi culturali che ogni anno si dispiegano sulla laguna; ogni pietra di Venezia, da Ruskin in poi, è ovunque nota, censita, celebrata. Tutto intorno a questi pregi invece il nulla, come se i più di 400 kmq che restano della superficie del quindicesimo più vasto comune italiano fossero deserti. Invece essi ospitano da soli la popolazione della diciassettesima città italiana per numero di abitanti. Eppure è qui che si stanno configurando i più significativi cambiamenti economici e infrastrutturali del Nord Est italiano. E proprio Mestre, la parte in terraferma del Comune di Venezia – caso esemplare e paradigmatico delle grandi trasformazioni occorse nel Novecento, dall’urbanizzazione all’industrializzazione, dalle evoluzioni demografiche e sociali ai cambiamenti paesaggistici e territoriali – sta affermandosi come centro di gravità di quell’area metropolitana, la cui struttura a rete innerva le province di Venezia, Padova e Treviso, tra le più produttive dell’intero sistema paese. Nuova capitale di un’Euroregione che, superando i limiti del Triveneto, si spinge anche oltre i confini nazionali, la parte di terra di Venezia riporta anche i siti storicamente costruiti sull’acqua a strutturarsi come crocevia imprescindibile nella geografia dei traffici europei. Pur con un deplorevole ritardo, nel febbraio 2009 si apre un semplice raddoppio autostradale e sboccia una nuova realtà territoriale: cade la localizzazione nella terraferma della città di Venezia della più forte corrente europea di traffico est-ovest degli anni duemila e torna l’agibilità del territorio. Si presenta un nuovo volto urbano: circolazione più aperta, penetrazione più facile, allargamento della città dovuto a un massiccio flusso d’interventi finanziari pubblico-privati orientati verso il nuovo ospedale a nord, la creazione di un moderno quartiere direzionale, commerciale e universitario a sudest e un intervento di rigenerazione urbana di un ettaro nel pieno centro della città di terraferma. Ora Porto e Aeroporto (entrambi di grande taglia, essenziale per l’Italia) portano la città di terraferma subito a contatto con il mondo economico, accoppiando questa qualità di terziario avanzato sia alla funzione di capoluogo amministrativo e di terminale mondiale di attività culturali della città storica, sia alla dimostrazione di efficienza prototipale espressa dalla realizzazione del progetto Mose sulla frontiera della difesa della terra dalle acque. Su queste considerazioni si chiude l’evidenza del passato sulla storia recente della città di Venezia. Si apre invece il nuovo capitolo di Venezia metropoli: la grande nebulosa urbano-rurale del Veneto sta trovandovi un punto di unione, quel centro identitario che coagula un pulviscolo territoriale tutto case, fabbriche e minuscoli appezzamenti coltivati, dove la trama ordinata degli insediamenti preindustriali è stata consumata dallo sviluppo che ha portato i singoli a ritenere lo spazio comune piegabile alle proprie esigenze funzionali allo sviluppo economico. Il nuovo punto di aggregazione va definendosi nell’area centrale che connette Padova, Treviso e Mestre, capiente di quasi due milioni di abitanti, ormai capaci di percorrerla come si transita da un quartiere all’altro in qualsiasi grande città: si tratta di un’area a lungo frazionata da sentimenti di concorrenza urbana inesistente, che sta per esser unificata spazialmente dalle aperture del sistema autostradale e della ferrovia metropolitana disegnata dalla amministrazione regionale. A questa realtà ha dato corpo formale il nuovo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento della Regione del Veneto che finalmente prende posizione individuando nel “bilanciere” Padova-Venezia il principale centro motore per la realtà veneta contemporanea. In effetti una forte mutazione è in corso nel territorio, mutazione che avviene intorno e a fianco della antica Venezia e che fa emergere da uno sconnesso e articolato intreccio residenziale, industriale e agricolo un altrettanto scomposto assetto unitario in via però di composizione. Con crescente evidenza si va innervando d’infrastrutture ormai di Worldwide any reading of the city of Venice is, almost by definition, confined to the perimeter of the historic city: the palaces, bridges, bell towers, public areas and private spaces are noted and praised, the more than forty wonderful museums are visited and the world knows about the cultural events which unfold against the lagoon setting each year; every stone of Venice, from Ruskin onwards, is noted, assessed, celebrated. Instead surrounding these valuable sites is nothing, as if the 400sq km and more which remains of the fifteenth largest Italian municipal district contains nothing but wasteland. This is not the case, in fact the area hosts the population of the seventeenth largest Italian city in terms of number of inhabitants. And indeed it is here that the most important economic transformations in terms of economy and infrastructure are happening in North East Italy. It is precisely Mestre, the mainland part of the municipality of Venice – an exemplary case and a model for the important changes of the twentieth century, from urbanization to industrialization, from demographic and social evolution to changes in the landscape and in the territory – that is confirming itself as the centre of gravity of the metropolitan area. An area whose network structure innervates the provinces of Venice, Padua and Treviso, amongst the most productive in the country’s entire system. New capital of a Euroregion which, extending beyond the limits of the Triveneto, pushes beyond national borders, the land areas of Venice also include sites historically constructed on water to structure themselves as unavoidable crossroads in the geography of European traffic. With a regrettable delay, in February 2009 a simple widened motorway was opened and a new territorial reality unfolded: the localization in the city of Venice’s mainland territory of the most congested European flow of east-west traffic in the twenty-first century ceased and the territory once again became practicable. A new urban face was presented: more open circulation, more easy penetration into the area, the widening of the city due to a substantial flow of financial public-private interventions directed towards the new hospital in the north, the creation of a modern office district, commercial and university district in the south-east and an intervention of urban regeneration of a hectare in the very centre of the mainland city. Now the port and airport (both of massive dimensions, and essential to Italy) bring the mainland city immediately in contact with the economic world, coupling its quality as high-tech service industry both to its function as administrative capital and international terminal of cultural activity of the historic city, and also to its demonstration of efficiency as a prototype, expressed by the realization of the Mose project at the frontier of the protection of the land from the water. With these considerations the focus of the past on the recent history of the city of Venice is closed. Instead opens the new chapter on Venice metropolis: the great nebulous urban-rural area of the Veneto is discovering a point of union, that identifying centre which brings together a territorial spread of houses, factories and small cultivated areas, where the format set out by the preindustrial settlements has been consumed by the development which lead individuals to believe common space to be flexible for their own functional requirements for economic development. The new point of aggregation is defined in the central area which connects Padua, Treviso and Mestre hosting around two million inhabitants, and which it is now possible to cross as if passing from one district to another of any other large city: it is an area long divided by feelings of inexistent urban competition, which are now being spatially unified by the opening of the motorway system and the metropolitan train network designed by the regional government. This reality was given form by the new Piano Territoriale Regionale di Coordinamento of the Regione del Veneto which has now taken a position individualizing in the Padua-Venice press the principle engine centre for the contemporary Veneto reality. In fact there is a very strong transformation underway in the area, a transformation which happens around and next to ancient Venice: and which allows an incoherent unitary arrangement at least in the process of finding composition to emerge from an uneven and M9: motivazioni di un progetto / M9: the reasons behind the project dimensione metropolitana un ambito territoriale consistente, la cui perimetrazione, data dei confini amministrativi, non è interessante ed è anzi fuorviante e irrilevante: come in ogni esperienza leggibile a livello mondiale non è la guaina amministrativa il momento creatore della struttura spaziale, ma viceversa è questa che prima o poi dà origine a quella. Non è quindi alle viste – almeno per un tempo consistente – l’esistenza di un Sindaco metropolitano per questa area in formazione, ma nello stesso tempo modi e strutture amministrative locali andranno indubbiamente configurandosi su quella scala, soprattutto nella prestazione di quei servizi di pubblica utilità articolati sul territorio. Una espressione geografica invece può essere individuata in una semplice figura geometrica che traccia sul territorio un esagono, i cui lati sono assai corti, fra i nuclei urbani di Chioggia, Padova, Castelfranco, Treviso, San Donà, Mestre. Rispetto a questa area la città storica di Venezia è sia la matrice che un complemento: appare come un elemento di una città complessa, tanto quanto lo è la struttura storica di Amsterdam rispetto al Randstad olandese. Esattamente come quella, la “città-anello” veneta non ha un centro, ma diversi luoghi di evoluzione dell’antica civiltà veneziana che producono forti categorizzazioni lungo l’anello: un’area portuale industriale, un aeroporto intercontinentale, un luogo delle funzioni di governo e amministrative, una diffusa presenza di PMI nel contorno, un ambito culturale mondiale, un luogo del design e della moda ed un sistema universitario di rilievo e un cuore agricolo ancora di un certo rilievo; fra poco anche una sorta di Afsluitdijk, un globale sistema di difesa a mare qui anche dotato di variabilità operativa, mentre la Diga olandese è ormai stabile per sempre. A questa “city-region” – illustrata in un recentissimo studio reso disponibile in contemporanea con l’apertura della Mostra dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) – è dedicato lo sforzo della Fondazione di Venezia diretto a investigare il ruolo ed il corpo di questa Venezia Metropoli. All’interno di questo percorso si iscrive questa Mostra, che raccoglie le prime espressioni formali di un grande progetto di rigenerazione urbana che abbiamo chiamato (forse solo provvisoriamente) M9, come verrà spiegato subito qui sotto. Il progetto esplicita un pensiero epistemologico applicato a quel fenomeno fondazionale che ha caratterizzato il percorso di privatizzazione in Italia delle banche pubbliche. Quando nacquero come azionisti privati delle banche omonime, le fondazioni bancarie, orientate per legge alla utilità sociale e allo sviluppo economico, furono viste come soggetti giuridici complessi, di antica tradizione, ma la cui operatività era tutta da definire. Le fondazioni apparvero a lungo un arnese misterioso: in una società che si evolveva, esse mantennero per qualche tempo un ruolo passivo di capitalista senza progetto, intriso per di più di antico localismo elemosiniere. Ma recentemente, confortate dalla fondamentale lettura della Corte Costituzionale che le classifica fra i soggetti delle libertà civili, la autocoscienza e la progettualità delle fondazioni presero ad avanzare velocemente. Così le fondazioni bancarie sono oggi ben lontane dall’immagine collettiva che vi vede – o vi vedeva – solo dei semplici dispensatori di benevolenti contributi maturati dalle rendite del capitale investito; nuove e più responsabili iniziative sono state intraprese ed amministrarle richiede un ampio ventaglio di competenze. La Fondazione di Venezia in particolare non è una piccola fondazione, ma vive un contesto nel quale i problemi sono enormi e il settore dei beni e delle attività culturali vi è certamente sovraesposto. Perciò, per non perdere il senso di marcia in una realtà così fertile e differenziata, la Fondazione di Venezia ha in questi anni radicalmente modificato le proprie modalità di lavoro trasformandosi in un partner attivo, un nuovo soggetto capace di garantire la filiera della produzione: dalla progettazione delle iniziative sino alla gestione operativa delle stesse. Respingendo ogni tendenza al mero mecenatismo, ha rigidamente intrapreso una via imprenditoriale, consistente nel creare iniziative inedite, di proprio disegno e di diretta gestione. Il progetto che qui viene presentato ha una origine non troppo lontana alla quale conviene riallacciarsi: cinque anni fa venne presentata su un giornale cittadino la traccia sostanziale del progetto e a quella si può fare riferimento reperendola nel documento allegato in calce a questa presentazione. Da quelle riflessioni, forte della necessità di riqualificare il centro della città di terraferma, è partita la Fondazione di Venezia con il progetto del M9, volto a dotare la terraferma veneziana di un’adeguata, nuova “fabbrica” del sapere, il cui pregio architettonico contribuisca a rafforzare l’identità mestrina collegata alla fonte veneziana e ai tempi contemporanei. Centro multifunzione in cui rappresentare, studiare e interrogarsi sulla modernità, M9 comprenderà una struttura museale dedicata ai grandi mutamenti del ventesimo secolo, spazi riservati a esposizioni temporanee, una mediateca e un archivio che ne faranno luogo di studio e ricerca, un auditorium e spazi destinati alla didattica. Le immagini – fotografiche, video e sonore – saranno protagoniste di installazioni e soluzioni espositive tecnologiche e interattive. I diversi target di visitatori (siano essi in età scolare, studenti universitari o adulti) potranno selezionare liberamente i temi novecenteschi proposti nell’esposizione permanente e approfondirli a proprio piacimento o lasciarsi incuriosire dalle esposizioni temporanee dedicate, di volta in volta, ai temi contemporanei del design, della grafica, della moda o della ricerca scientifica. 21 complicated residential, industrial and agricultural web. With growing evidence a large area of the territory is innervated with infrastructure of metropolitan dimensions, an area whose external limits, given by administrative limits, is not interesting and is in fact misleading and irrelevant: as in every legible experience on an international scale it is not the administrative sheath which is the creating moment of the spatial structure but rather it is this which sooner or later gives origins to that. The existence of a metropolitan mayor for this area under formation is not in sight, or at least not in the near future, but certainly local government methods and structures will undoubtedly move towards this scale, above all in the supply of those services of public utility in the territory. A geographic expression instead can be identified in a simple geometric figure which traces a hexagon over the territory, whose sides are short between the urban nuclei of Chioggia, Padua, Castelfranco, Treviso, San Donà, Mestre. For this area Venice is both the matrix and a complement: it appears as an element of a complex city, just as the historic city of Amsterdam is for the Randstad in Holland. Exactly in this way the Veneto “ring-city” has no centre, but rather diverse places of evolution from the ancient Venetian civilization which produce strong classifications along the ring: an industrial port area, an intercontinental airport, a government and administrative area, an important international cultural area, a place of design and fashion and a significant university system and an agricultural heart again of importance; soon there will also be a sort of Afsluitdijk, a global system of sea defence here however equipped with various operative possibilities whereas that of Holland is static forever. To this “city-region” – illustrated in a recent study to be published contemporarily with the opening of the exhibition by the OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) – are dedicated the efforts of the Fondazione di Venezia specifically considering an investigation of the role and the body of this Venice metropolis. Within this project falls this exhibition which gathers together the first formal expressions of a huge project of urban regeneration which we have called (perhaps only provisionally) M9, as will be described below. The project clearly expresses an epistemological thought applied to that foundational phenomenon which has characterised the course of the privatisation in Italy of public banks. When the bank foundations were created as private actions of the banks, directed by law for social use and economic development, they were seen as complex legal subjects, of a historic tradition but whose effectiveness was still to be defined. The foundations appeared via a mysterious tool: in a society which was evolving, they maintained a passive role of capitalist without project for some time, infused with an ancient almoners’ local policies. Recently however, helped by the fundamental reading by the Constitutional Court which classified them as amongst the subjects of civil liberty, the self-awareness and the planning abilities of the foundations have taken a decisive step forwards. In this way the bank foundations are now far from the collective image which we see, or saw, just as mere dispensers of benevolent contributions matured from the earnings of invested capital, new and more responsible initiatives have been undertaken and their administration requires a wide range of skills. The Fondazione di Venezia, in particular, is not a small foundation and exists in a context in which problems are enormous and to which cultural activities and goods are certainly overexposed. For this, in order not to lose its sense of direction in such a fertile and distinct reality, the Fondazione di Venezia has in recent years radically modified its working methods transforming itself into an active partner, a new subject able to guarantee the chain of production: from the planning of the initiative to its operational management. Avoiding any inclination to being a mere patron, it has rigidly taken an entrepreneurial path, consisting in creating unprecedented initiatives, of its own design and of direct management. The project which is presented here has its origins not far from that to which we shall return: five years ago the essential outline of the project was presented in a newspaper which can be found in attachment to this document. From those deliberations, intense in the necessity of renewing the centre of the mainland city, the Fondazione di Venezia created the M9 project, intended to give mainland Venice a suitable, new “factory” of knowledge, whose architectural importance will contribute to re-enforce the identity of Mestre connected to its Venetian source and to contemporary times. A multifunctional centre in which to represent study and interrogate modernity, M9 will include a museum structure dedicated to the important transformations of the twentieth century, spaces reserved for temporary exhibitions, a media library and an archive which will become places of study and research, an auditorium and spaces dedicated to education. The images – photographic, video and sound – will be the protagonists of installations and technological and interactive exhibitory solutions. The various visitor targets (be they the age of school students, university students or adults) can choose freely the twentieth century themes proposed in the permanent exhibition and study them more deeply as they wish or allow themselves to be intrigued by the temporary exhibitions dedicated to contemporary themes of design, graphic arts, fashion or scientific research. The alphanumeric code itself groups together the complexity of the intervention and 22 Il codice alfanumerico riassume in sé la complessità dell’intervento e le sue caratteristiche principali: «M» come museo e mostre, come mediateca, come multimediale e multisensoriale, come Mestre, Marghera e metropoli; «9», che contiene anche il «VE» di Venezia, così come il riferimento al Novecento. E ancora «M» come mall, perché unità commerciali selezionate e di alto livello saranno parte integrante di M9; i redditi derivati dall’affitto di questi spazi saranno infatti utilizzati per sostenere finanziariamente l’intero progetto. Nonostante la Fondazione abbia, ad oggi, previsto un investimento di 100 milioni di euro, solo attraverso il reperimento costante di nuove fonti di reddito si potrà garantire la fattibilità economica del palinsesto culturale nel lungo periodo. È inoltre importante evidenziare come, oltre alle ingenti risorse economiche investite, la Fondazione abbia deciso di mettersi in gioco in prima persona, fuori da ogni erogazione benevolente che demandasse ad altri la realizzazione del progetto, strutturandosi invece internamente per gestire e coordinare tutte le attività necessarie alla creazione del nuovo polo culturale, che verranno svolte attraverso una società strumentale della Fondazione stessa, denominata Polymnia Venezia, in omaggio alla molteplicità dei temi progettuali. In questo percorso – nel vivo del quale si è da pochi mesi entrati con l’indizione del concorso architettonico i cui risultati vengono qui presentati per la prima volta – la Fondazione è accompagnata da tutte quelle istituzioni del territorio, in particolare il Comune, la Regione, le Soprintendenze locali e le Università veneziane, con le quali è in continuo dialo Articolo pubblicato su La Nuova Venezia, go e che fin dal primo momento, nell’ormai pp. 1 e 14, del 30 luglio 2005 lontano 2005, hanno condiviso gli intenti e Article published by La Nuova Venezia, garantito costante sostegno al progetto. pp. 1 e 14, 30 th July 2005 its principle characteristics: “M” for museum [and exhibition, in Italian mostra], a media library, for multimedia and multisensory, for Mestre, Marghera and metropolis; “9” or nove, which also contains also the VE of Venice, as the reference to the novecento or twentieth century in Italian. And again “M” for mall, because selected commercial high quality units will be an integral part of M9; the rent derived from these spaces will be used as the financial support for the whole project. Notwithstanding that the Fondazione has foreseen an investment of 100 million Euros, only via the constant locating of new sources of financial support can the economic viability of the cultural schedule be guaranteed in the long term. It is also important to highlight that, in addition to the considerable economic resources invested, the Fondazione has decided to be involved in the first person, outside of any benevolent donation which might ask others to realise the project, structuring itself instead internally to run and coordinate all of the necessary activities for the creation of a new cultural centre, which will be carried out via an instrumental society of the Fondazione itself, named Polymnia Venezia in honour of the multiplicity of the planning themes. In this journey – active in that just a few months ago that the architectural projects were requested and the results of which will be presented here for the first time – the Fondazione is accompanied by all of the institutes of the territory, in particular the Comune di Venezia, the Regione del Veneto, local Soprintendenze and the Venetian universities, with whom it is in continuous dialogue and which from the now distant start in 2005, have shared the intentions and guaranteed constant support to the project. M9: motivazioni di un progetto / M9: the reasons behind the project 23 Istituzioni culturali e rigenerazione urbana Cultural Institutions and Urban Regeneration Giuseppe De Rita Se guardo la lunga marcia che ha portato la Fondazione di Venezia a impegnarsi su Mestre con un investimento senza precedenti su M9, mi viene spontaneamente da ricordare la lunghissima marcia che le fondazioni di origine bancaria hanno compiuto per rivendicare il loro ruolo di “big players” nello sviluppo economico e sociale dei loro territori di riferimento. Sono lontani i tempi in cui le autorità di governo pensavano che le fondazioni dovessero occuparsi solo di interventi culturali e assistenziali, magari a supplenza o sostituzione di un calante intervento pubblico; e fummo in pochi (quorum Segre ed io) a mantenere salda l’idea che le fondazioni fossero attivamente partecipi dello “sviluppo locale”. Oggi, guardando a come Segre e la sua Fondazione di Venezia hanno operato per la valorizzazione della realtà mestrina nei suoi complessi rapporti con il sistema del Nord Est, posso da un lato rivendicare il fatto che avevamo ragione nella dialettica sopra citata, ma devo soprattutto sottolineare che c’è la prova che le istituzioni culturali possono avere un ruolo essenziale nei processi di evoluzione economica, di integrazione sociale, di costruzione identitaria del territorio in cui operano. Non è inutile a tale scopo esplicitare come si è articolato nel tempo il cammino della Fondazione di Venezia verso la scommessa di M9. Non c’è dubbio che la prima attenzione è stata verso il centro storico veneziano e verso accordi di collaborazione con le sue più tradizionali e importanti istituzioni culturali, dall’Accademia alla Querini Stampalia; ma essa si è progressivamente ampliata verso i complessi rapporti della città con il suo retroterra, sia quello più prossimo della gronda lagunare sia quello più ampio e del Nord Est, da Verona fino ai confini orientali del Paese. Di questa attenzione ne sono stato personalmente spettatore e in parte anche attore, con l’attività che Venezia 2000 dai primi anni ’90 ha svolto (con il determinante sostegno della Fondazione di Venezia) per capire in termini congiunti Venezia, la gronda e il retroterra veneto; e sono molto contento che con M9 l’impulso culturale dei tanti con cui ho lavorato si coaguli oggi in un impegno che esplicita l’aspirazione di Mestre a essere città capitale del Nord Est. Un’aspirazione questa che non è pura ambizione. Essa si basa infatti sulla sua collocazione geografica, sulla sua dotazione infrastrutturale e logistica, sulla sua capacità di essere “cittadella” (della cultura non meno che dei servizi collettivi); e che si lega a una più intima consapevolezza della realtà mestrina, quella di poter essere il tornante (anche se solo locale) di saldatura del nuovo secolo con la storia del ’900, storia di conflitti pesanti fra industria e ambiente, fra grande capitalismo e classe operaia, fra orgoglio del passato e insecuritas del presente. Non a caso M9 si dà assi tematici di storia sociale, economica, urbana, ambientale, culturale. Ci sono quindi le condizioni che, come la Fondazione di Venezia ha fatto su Mestre opera di sviluppo del territorio, sulla stessa lunghezza d’onda M9 svolga un ruolo analogo, giocato prevalentemente nella costruzione dell’identità mestrina (anche nelle ambizioni di capitale), nella crescita di qualità del tessuto urbano, nella progettazione degli obiettivi futuri della comunità. Dimostrando così che le istituzioni culturali, quando sono vive e attente a quel che avviene loro intorno, possono davvero diventare dei “big players” della dinamica socioeconomica, locale e non solo. If I look at the long march that resulted in the Fondazione di Venezia committing to Mestre with the unprecedented M9 investment, I immediately think of the extremely long march made by banking foundations before they were acknowledged as “big players” in the economic and social development of their areas. It is a long time since the governing authorities believed foundations should only concern themselves with cultural and charitable activities, perhaps to supplement or replace dwindling public intervention. Not many of us (i.e. Segre and me) were firmly convinced that foundations should play active roles in “local development”. Today, seeing how Segre and his Fondazione di Venezia have worked to promote Mestre and its complex relations with the whole northeast, I can say that we were right in the aforementioned discussion although I must, above all, stress that this proves that cultural institutions can, indeed, play a crucial role in the economic development, social integration and construction of an identity of the area in which they operate. To this end, it is helpful to explain how the Fondazione di Venezia came to take the M9 gamble. Unquestionably, it was initially drawn towards Venice city centre and joint ventures with its traditional and leading cultural institutions, from the Accademia to the Querini Stampalia foundation. However, the focus gradually panned out towards the city’s complex relationship with its hinterland, both that closest to mainland Venice and the broader northeast area from Verona to Italy’s eastern borders. I, personally, have been a witness and, to some extent, a player with the activities of Venice 2000, launched in the early 1990s (with the essential backing of the Fondazione di Venezia) to gain an understanding of Venice, its mainland and the hinterland as a whole. I am delighted to see the cultural drive of the many with whom I have worked gelling today in M9, a commitment that clearly expresses Mestre’s aspiration to become the capital of north-eastern Italy. This aspiration is no mere ambition. It is based on its geographical location, infrastructure and logistics, on its ability to be a “bastion” (of culture as much as of public services) and is linked to a deep-rooted awareness of the role Mestre can play in forging a (perhaps only local) link between the new century and the history of the 20th century, a history of serious conflict between industry and the environment, between great capitalism and the working class, between a pride in the past and the insecurity of the present. It is no chance that M9 will revolve around social, economic, urban, environmental and cultural history. Just as the Fondazione di Venezia has developed the Mestre area, it is perfectly possible for M9 to play a similar role, working on the same wavelength, based mainly on the construction of an identity for Mestre (also for its ambition to become a regional capital), on the improved quality of the urban fabric and the design of future community objectives. In doing so, it will show that, when they are vibrant and able to see what is happening around them, cultural institutions really can become “big players” in social and economic dynamics, local and non-. 24 M9: motivazioni di un progetto / M9: the reasons behind the project I numeri di un territorio The area in numbers Nando Pagnoncelli Ipsos ha condotto nel 2008 per conto della Fondazione di Venezia un’indagine sul territorio mestrino, con l’obiettivo di descrivere i tratti distintivi della qualità della vita, così come percepita dai residenti, e raccogliere le prime impressioni e suggestioni suscitate dal progetto M9. Nel 2010 l’indagine è stata ampliata con la raccolta degli elementi fondanti il vissuto mestrino. In entrambe le indagini è stato indagato il parere dei residenti di tutte le municipalità, attraverso gruppi di discussione e interviste telefoniche, coinvolgendo un campione rappresentativo della popolazione, di professionisti e imprese operativi su Mestre. L’indagine del 2010 è stata dotata di una fase aggiuntiva con la rilevazione e la profilazione dei passanti in Piazza Ferretto. Nei due anni di attività sono state condotte circa 2.000 interviste tra popolazione, professionisti e imprese, 8 gruppi di discussioni e una ventina di colloqui in profondità con importanti esponenti della realtà economica e culturale mestrina. L’immagine che emerge di Mestre è quella di una città capace di rispondere bene ai bisogni primari dei cittadini, ma ancora priva di una forte connotazione identitaria auspicata dalla popolazione, che vuole (ri)scoprire i punti di riferimento centrali per la città e per i cittadini stessi. Una città che “non appaga tutti i sensi”, si potrebbe definire una città in evoluzione, in cerca del proprio corretto posizionamento per migliorare la vita dei cittadini. Il centro storico, Piazza Ferretto, è riconosciuto cardine della città di Mestre, seppur non vissuto come tale. Sono circa 25.000 le persone che passeggiano per il centro storico settimanalmente, un decimo della popolazione; sono in prevalenza mestrini, senza che il centro riesca a catturare l’interesse dei turisti che la città ospita in favore a Venezia. È possibile che lo scarso interesse verso il centro storico di mestrini e non, sia conseguenza del permanere di alcune problematiche che hanno generato un suo sostanziale impoverimento: risulta poco caratterizzato nell’offerta commerciale; è scollegato dal resto della città a causa di problemi legati alla viabilità, al traffico e all’insufficienza di parcheggi; mancano spazi di socialità necessari alla cittadinanza per riscoprire una propria identità, per far sentire i giovani parte del territorio, per dare loro modo di viverlo. Una possibile risposta alle esigenze della popolazione potrebbe provenire dal nascente M9, progetto che si pone l’ambizioso compito di donare valore e prestigio al centro di Mestre, offrendo nuovi e differenti spazi. È un progetto che risulta conosciuto alla metà della popolazione e dei professionisti e imprese intervistati. Se raccontato, suscita un forte interesse presso la maggioranza dei cittadini senza discriminare fra sesso ed età, fra lavoratori e pensionati; tutti riescono a intravederne potenzialità, in termini di rafforzamento del legame con la città, opportunità di vestirla di una nuova immagine, prima ancora di un ritorno economico per la comunità: sembra offrire una valorizzazione che consente identificazione e “inorgoglisce” la cittadinanza. Inoltre M9 risponde alla necessità di un’offerta culturale e ricreativa che ad oggi è ancora eccessivamente frammentata e disorganica. Accogliendo una nuova area commerciale, M9 potrebbe rinsaldare l’offerta commerciale ritenuta ad oggi abbastanza adeguata, ma non in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini, parzialmente assorbite dalla “cintura esterna” della città, dove sono sorti negli anni recenti centri commerciali spesso collegati ad altre realtà attrattive. I mestrini chiedono però un’offerta differente: servizi che mettano al centro la persona e il benessere psicofisico. Un’offerta che non deve coincidere con quella già esistente, ma semmai essere complementare e sinergica. M9 ha le potenzialità per essere un progetto per tutti, con delle ricadute positive per la città, purché siano soddisfatte le aspettative della popolazione rispetto all’esigenza di vivere il centro storico, attraverso un cambiamento urbanistico coerente col progetto stesso, restituendo il centro storico ai mestrini e i mestrini al centro storico. In 2008, Ipsos conducted a survey on the Mestre area for the Fondazione di Venezia, aimed at determining the distinctive features of the quality of life, as perceived by the local population, and gathering initial impressions and ideas prompted by the M9 project. In 2010, the survey was broadened to collect basic indications on life in Mestre. Both surveys explored the opinions of the residents of all the municipalities in focus groups and telephone interviews with a representative sample of the population, professionals and companies operating in Mestre. The 2010 survey was expanded with an additional phase that surveyed and profiled passers-by in Piazza Ferretto. Over the two years, approximately 2,000 interviews were conducted with the population, professionals and companies, and we held eight focus groups and approximately 20 in-depth conversations with leading economic and cultural figures in Mestre. The picture painted is one of a city that responds well to the primary needs of its population but still lacks a strong identity, something desired by the locals who want to (re)discover the core references for the city and the citizens themselves. It is a city that “does not satisfy all the senses” and could be described as an evolving city, one that is searching for a correct positioning in order to improve the life of its people. The old centre, Piazza Ferretto, is acknowledged as the cornerstone of the city of Mestre although it is not experienced as such. Approximately 25,000 people, a tenth of the population, walk through the old city centre every week. These are mainly locals and the centre fails to draw tourists away from Venice. The scarce interest in the old city centre shown by locals and non- may stem from the persistence of the problems that generated its major impoverishment: the retail offer is poorly characterised; it is disconnected from the rest of the city because of circulation, traffic and inadequate parking problems; and a lack of the social spaces the population requires to rediscover its identity, make young people feel a part of the area and provide them with the means to enjoy it. The nascent M9 may be one possible response to the people’s needs as this project has the ambitious aim of bringing worth and prestige to the centre of Mestre by offering new and different spaces. Half the population and the professionals and companies interviewed are aware of the project. When explained, it arouses great interest in the majority of the citizens, with no differences between sex and age brackets, workers and pensioners. Everyone can see its potential in terms of reinforcing the bond with the city and the chance to give it a new image and also bring an economic return for the community. It seems to offer an upgrading that will result in an identity and make the locals “proud”. M9 also responds to the need for a cultural and recreational offer that has so far been too fragmented and inorganic. By including a new shopping area, M9 could strengthen a retail offer deemed fairly adequate until now but unable to respond to the population’s needs as they have been partially absorbed by the city’s “outer belt” where shopping centres often linked to other attractions have appeared in recent years. The people of Mestre are, however, asking for a different offer – services that are centred on the person and his/her mental and physical wellbeing. The offer must not match that already in existence but, if anything, be complementary and synergic. M9 has the potential to be a project for everyone with positive repercussions on the city, so long as the expectations of the local population are satisfied in terms of their need to experience the old city centre via an urban change that is also consistent with the project, giving the old city centre back to the people of Mestre and the people of Mestre back to the old city centre. M9: motivazioni di un progetto / M9: the reasons behind the project 25 Il Museo del ’900 The twentieth century Museum Guido Guerzoni Le premesse teoriche Negli ultimi vent’anni il dibattito museologico e museografico si è misurato con avvincenti sfide, tentando di rispondere a nuove istanze; a titolo di esempio, è possibile interpretare, narrare e rappresentare fenomeni storici che hanno coinvolto milioni di sconosciuti, figure ai margini dei grandi avvenimenti, che sovente non hanno lasciato tracce significative del loro passaggio, né materiale né documentale? Fino a quale estremo livello di astrazione è possibile spingere la tematizzazione di un museo e di una mostra? Si possono realizzare musei ed eventi espositivi con dotazioni modeste o nulle di reperti, talvolta neppure originali, lavorando su patrimoni immateriali, editando supporti audiovisivi, creando installazioni sonore e olfattive, rielaborando le informazioni raccolte da fonti disparate, accomunate dall’assenza di fisicità? Le risposte fornite a queste domande sono state spesso positive, osservando gli esiti dei progetti dedicati alle donne, l’infanzia, le migrazioni, le schiavitù, l’olocausto, le guerre, il lavoro, le colonizzazioni, le culture orali, le minoranze, la biodiversità, il cambiamento climatico, i diritti umani, la fantasia o la pace, senza dimenticare le sperimentazioni condotte nei science e discovery center, nei children museum e in svariate mostre temporanee. Queste esperienze comprovano la capacità di trattare felicemente anche grandi antiepopee, fatte di voci corali, volti anonimi e movimenti collettivi – dove il memorabile non coincide con l’eroico, né lo storico con l’individuale – che necessitano di competenze e allestimenti affatto peculiari. Infatti non è semplice sceneggiare narrazioni prive di protagonisti riconoscibili, riferimenti puntuali, tracce documentali e oggetti magnetici cui ancorare il percorso di visita, assicurandosi che rimangano emozionanti, coinvolgenti e persuasive senza perdere il rigore storico, l’onestà intellettuale e il rispetto della deontologia professionale. Ciononostante negli ultimi anni la museologia e la museografia sono riuscite con successo a riportare al centro dell’attenzione temi e fenomeni la cui grandezza, talvolta tragica, è risultata della somma di miriadi di vicende banali, vite modeste, oggetti insignificanti e moltitudini di comprimari irriconoscibili, passati come gocce nel mare della grande storia. Si è trattato di un’attenzione in qualche misura risarcitoria, stimolata dagli orientamenti delle nuove scienze sociali più soggette di impostazione marxista prima e dei cultural studies poi, che, di là dai condizionamenti ideologici, hanno comunque aperto una discussione feconda, favorendo la musealizzazione di temi e fenomeni ritenuti indegni di attenzione sino a pochi decenni or sono. La museologia ottocentesca e novecentesca ha spesso celebrato le storie, le memorie e i lasciti dei vincitori, privilegiando avvenimenti isolati e personalità eminenti, civiltà evolute e opere insigni, in una logica rappresentativa ufficialmente scientifica, fondata su oggetti visibili, cronologie chiare, giudizi certi e gerarchie immutabili, che hanno costituito i capisaldi delle tradizionali forme di allestimento, narrazione e rappresentazione museale. D’altronde i musei hanno condiviso le predilezioni e le idiosincrasie delle discipline accademiche di riferimento, come giudici di ultima istanza e certificatori del valore culturale di opere e uomini, eventi storici e fenomeni sociali, fissando i canoni della trasmissibilità intergenerazionale; nella maggior parte dei casi ciò che veniva giudicato indegno di essere conservato, scompariva, spesso per sempre, dagli orizzonti della conoscenza e della memoria. Ma negli ultimi decenni è cambiato il modo di percepire il cambiamento e di cogliere il senso e la profondità della storia; viviamo in un iper-presente che ci sfugge e gli oggetti che le memorie collettive vorrebbero tramandare appartengono a un passato sempre più vicino e sempre meno condiviso. Parallelamente sono caduti gli steccati che dividevano – spesso tutelandole reciprocamente – culture alte e basse, gusti elitari e popolari, originali e riproduzioni, oggetti analogici e digitali, in un processo che ha comportato la revisione di principi espositivi vigenti da secoli. Questa situazione ha convinto, talvolta costretto, i musei e le istituzioni culturali a occu- Theoretical Introduction In the last twenty years the debate on museology and museography has been mapped by engaging challenges, in an attempt to respond to new instances; for example, is possible to interpret, narrate and represent historic phenomena which have involved millions of random people, figures on the edge of extraordinary happenings, people who frequently left no significant traces of their passing, neither material nor documentary? To what extreme level of abstraction is it possible to drive the thematization of a museum and an exhibition? Can museums and events be realised with few or no objects, or those which are not original, working on an immaterial heritage, using audiovisual supports, creating sound and smell installations, re-elaborating information gathered from disparate sources, united by their absence of physicality? The answers provided to these questions have often been positive, observing the results of projects dedicated to women, infancy, migration, slavery, the holocaust, wars, work, colonisation, oral cultures, minorities, biodiversity, climatic change, human rights, fantasy or peace, and not forgetting experiments held in the science and discovery centres, in children museums and in various temporary exhibitions. These experiences confirm the possibility of using anti-epics, made of choral voices, anonymous faces and collective movements – where the memorable does not coincide with heroic, nor the historic with the individual – which require unusual abilities and arrangements. In fact it is not easy to dramatise narrations without recognisable protagonists, precise references, documentary traces and magnetic objects with which to anchor the path through the exhibition, ensuring that the shows are sensational, intriguing and persuasive without losing a historic rigour, intellectual honesty and respect for professional ethics. Notwithstanding this in the last years museology and museography have managed successfully to bring to the centre of our attention themes and phenomena whose grandeur, sometimes tragic, comes from the sum of myriads of banal occurrences, modest lives, insignificant objects and multitudes of unrecognisable second leads, like drops of water in the ocean in our great history. This attention is to some extent one of compensation, stimulated originally by the orientations of the new social sciences, subject to Marxist approaches, and by cultural studies, which from ideological conditionings have opened a fertile discussion, favouring the musealisation of themes and phenomena believed unworthy of attention until just a decade or so ago. Nineteenth and twentieth century museology often celebrated the histories, memories and the legacies of winners, privileging isolated happenings and eminent personalities, evolved civilisations and great works, in an representative and officially scientific logic, founded on visible objects, clear chronologies, certain judgements and unchangeable hierarchies, which have composed the benchmarks of the traditional form of arrangement, narration and museum representation. However museums have shared the predilections and idiosyncrasies of academic disciplines of reference as judges and certifiers of the cultural value of works and men, historic events, and social phenomena, setting the canons of intergenerational transferability; in the majority of cases that which was judged as unworthy of being conserved disappeared, often forever, from the limits of conscience and memory. In recent decades the way which we perceive change and receive the sense and depth of history has changed; we live in a super-present which escapes us and the objects, which a collective memory would like to pass on, belong to an ever closer past, ever less shared. At the same time the fences have fallen which divided, and often mutually protected, one another, high and low culture, elite and popular taste, originals and reproductions, analogous and digital objects, in a process which has lead to a revision of the principles for exhibitions which have been used for centuries. This situation has involved, at times obliged, museums and cultural institutions to con- 26 M9: motivazioni di un progetto / M9: the reasons behind the project parsi di epoche, collezioni e tematiche a ridosso della quotidianità, fornendo strumenti interpretativi che non hanno la pretesa o il coraggio di fornire giudizi duraturi e offrire letture univoche. Non sono più fondamentali i singoli oggetti e la loro collocazione all’interno di sistemi classificatori rigidi, ma l’inserimento in contesti narrativi aperti, che non forniscono una lettura canonica, ma suggeriscono interpretazioni differenti. Il visitatore, da destinatario passivo dei verbi disciplinari, è diventato un soggetto attivo, da sedurre e conquistare, lasciandogli una libertà di scelta e, in qualche misura, una parola che non è mai l’ultima. Per questa ragione non viene privilegiato solo il senso della vista; noi scopriamo e interagiamo con tutti i sensi, ragion per cui le istituzioni di nuova generazione, soprattutto quelle prive di capolavori e oggetti eccezionali, producono esperienze, emozioni e sensazioni e forniscono informazioni e conoscenze in formati diversi da quelli precedenti. Questa dimensione conoscitiva può applicarsi, a fortiori, su temi che in passato non erano nemmeno concepibili: non è un caso che a partire dagli anni settanta, in coincidenza con la proliferazione degli studi sugli sconfitti, i devianti, le culture popolari e i ceti svantaggiati, insomma su quanto si collocava ai margini del selettivo cono di attenzione dell’alta cultura otto-novecentesca, si siano moltiplicati gli sforzi per recuperare il tempo perduto e porre sotto i riflettori museali quanto e quanti erano rimasti per secoli e secoli nell’ombra o al buio: milioni di oggetti e individui, senza autori o provenienze, ma ciononostante protagonisti di grandi vicende, che il Museo del ’900 intende far conoscere, ricordare e rispettare. sider epochs, collections and themes almost contemporary, providing interpretative structures which don’t have the courage or pretentiousness to present lasting judgments and offer unequivocal readings. Single objects and their placement within a rigid system of classifiers are no longer fundamental, but rather insertion in open narrative contexts, which don’t provide a canonical reading but suggest diverse interpretations. The visitor, once a passive receiver of disciplinarian verbs, has become an active subject, to seduce and conquest, leaving him a free choice and, to some extent, never the last word. For this reason the sense of sight is no longer privileged; we discover and interact with all the senses, and for this the institutes of the new generation, above all those without “masterpieces” and exceptional objects, produce experiences, emotions and sensations, and supply information and knowledge in diverse formats to those earlier ones. This cognitive dimension can be applied to themes which in the past weren’t conceivable: it is not by chance that from the seventies, at the same time as the proliferation of studies on the defeated, deviants, popular culture and the disadvantaged classes, on those on the margins of the selective scope of attention of high culture of the nineteenth-twentieth century, that they have multiplied their forces to make up for lost time and place under the museum reflectors that which had been left in the dark for centuries: millions of objects and individuals, without authors or provenance, but nonetheless protagonist of great happenings, which the Museum of the 20th century intends to make known, remember and respect. Perché il ’900? Chiacchierando con i miei figli mi sono stati talvolta posti quesiti del tipo: al tempo dei bisnonni gli italiani era alti o bassi, magri o ciccioni? Quanto e come vivevano? Quanti figli avevano? Si sposavano tante volte? Che lavori facevano? Quante macchine e televisori possedevano? Dove andavano in vacanza? Nella loro innocenza queste domande provocano risposte quasi incredibili per bambini cresciuti nella certezza che computer, cellulari ed elettrodomestici esistano da quando c’è l’umanità, immersi in un iper-presente che non distingue più tra passato prossimo e trapassato remoto, tra tempo e tempi. Un computer del 1979, un motorino del 1986, un cellulare del 1998 o una puntata della prima edizione del Grande Fratello ci sembrano antichi quanto un fossile pleistocenico o un elmo dell’età del bronzo: oggi la preistoria inizia l’altro ieri. D’altronde il senso di vertigine è giustificato dall’accelerazione dei processi di cambiamento; in Italia nel 1901 il tasso di analfabetismo raggiungeva il 56% (nel 2001 l’1,5%) e quello di denutrizione il 30% (oggi il 33% degli italiani è sovrappeso e il 9% obeso); l’aspettativa di vita era di 47 anni per gli uomini e 52 per le donne (oggi 78,9 e 84,2); una famiglia media era composta da 6,2 membri (oggi 2,5) con 4,2 figli (oggi 1,4), sebbene 1 bambino su 6 non arrivasse a spegnere la prima candelina (oggi 1 su 200); le prime quattro cause di morte erano l’influenza, la polmonite, la tubercolosi e la gastroenterite (oggi il 14% degli italiani di patologie depressive e il 18% di allergie); il tasso di omicidi era pari a 9,5 ogni 100.000 persone (oggi 1,5); in 110 anni la statura media maschile è cresciuta di 12 centimetri – da 165 a 177 – e il peso di oltre 10 kg. Nel marzo del 1946 è stato esteso il diritto di voto alla popolazione femminile; nel 1948 su 100 occupati, 45 lavoravano nel settore primario, 30 in quello secondario, 25 nel terziario (oggi sono rispettivamente il 5%, il 28% e il 67%); nel 1949 c’è stata la prima trasmissione televisiva (oggi si trascorrono 3,45 ore al giorno davanti a 32 milioni di TV); nel 1951 le famiglie che avevano l’acqua potabile erano il 35,1% e le case con il gabinetto interno il 40,5%; nel 1954 circolavano 342.000 automobili (oggi sono 36 milioni); nel 1958 le persone che avevano una lavatrice erano 3 su 100, 18 su 100 quelle che possedevano un frigorifero; tra il 1961 e il 1976 sono emigrati all’estero quasi 3 milioni di italiani (oggi 1 neonato su 6 ha la madre straniera); dal 1972 ad oggi sono dimezzati matrimoni e nascite; nel 1973 c’è stata l’ultima epidemia di colera e nel 1981 è stato abrogato il delitto d’onore… È possibile discorrere dei cambiamenti avvenuti in un secolo senza cedere alla retorica del pathos nostalgico o della logorrea progressista, ma tutelando il pluralismo delle interpretazioni storiografiche e fornendo strumenti che garantiscano la massima libertà d’analisi? Si può dare una misura al mutamento senza lo scudo di ideologie e pregiudizi, ma aiutando i propri interlocutori a farsi un’opinione? Ha ancora senso narrare, seppur in chiave comparativa, una storia nazionale nel secolo in cui le distinzioni tra locale e globale sono cadute, tra totalitarismi e atomiche, viaggi spaziali e www, guerre e massacri, rivoluzioni tecnologiche e progressi scientifici, cambiamenti demografici e mutamenti sociali di entità mai conosciuta nella storia dell’umanità? La risposta è positiva, ma sebbene l’Italia vanti oltre 4.500 musei, poco spazio è stato riconosciuto alle tematiche extra-artistiche del XX secolo – la cui storia è notoriamente ignorata –, a dispetto di quanto è avvenuto all’estero, dove sono sempre più numerosi i musei, gli archivi, i centri culturali e le mostre dedicate alla storia sociale, economica, del lavoro, della tecnologia, dei consumi e dell’industria del secolo appena trascorso. Un’analoga disattenzione si registra per il patrimonio culturale del ’900, che in Italia non è riuscito a ottenere le attenzioni che fuori dai confini nazionali sono state giustamente Why the twentieth century? Chatting with my children I was asked the following types of questions: when our greatgrandparents were alive were the Italians short or tall, thin or fat? How long and how did they live? How many children did they have? Did they marry many times? What jobs did they do? How many cars and televisions did they have? Where did they go on holiday? In their innocence these questions provoked answers almost incredible for children who have grown up in the certainty that computers, mobile phones and electrical appliances have existed since the beginning of Mankind, submerged in a super-present which doesn’t distinguish between recent and distant past, between time and times. A computer from 1979, a motorbike from 1986, a mobile phone from 1998 or an episode of the first edition of Big Brother seem as ancient to us as Pleistocene fossils or a helmet from the bronze age: today pre-history begins the day before yesterday. On the other hand the sense of vertigo is justified by the acceleration of the processes of change; in Italy in 1901 the level of illiteracy was 56% (in 2001 1.5%) and that of malnutrition was 30% (today 33% of Italians are overweight and 9% obese); life expectancy was 47 for men and 52 for women (today respectively 78.9 and 84.2); an average family was composed of 6.2 members (today 2.5) with 4.2 children (today 1.4) although 1 child in 6 didn’t reach its first birthday (today 1 in 200); the first four causes of death were influenza, pneumonia, tuberculosis and gastroenteritis (today 14% of Italians have depression and 18% allergies); the level of homicides was 9.5 per 100 000 persons (today 1.5); in 110 years average male height has increased by 10 cm, from 165 to 177, and weight by over 10kg. In March of 1946 women received the right to vote; in 1948 in 100 employed people 45 worked in the primary sector, 30 in the second and 25 in the third (today the figures are 5%, 28% and 67% respectively); in 1949 the first television images were transmitted (today an average person watches 3.45 hours a day in front of 32 million TVs); in 1951 35.1% of families had piped water and 40.5% an inside bathroom; in 1954 there were 342,000 cars on the roads (today 36 million); in 1958 3 out of 100 people had a washing machine, and 18 out of 100 had a refrigerator, between 1961 and 1976 around 3 million Italians emigrated (today 1 newborn in 6 has a foreign mother); from 1972 to today the number of marriages and births has halved; in 1973 the last epidemic of cholera and in 1981 honour killing was made illegal... Is it possible to discuss the changes which have happened in a century without falling into nostalgic pathos or radical verbosity, whilst protecting the pluralism of historiographic interpretations and supplying instruments which guarantee the most complete freedom of analysis? Can a measurement be given to change without a shield of ideologies and prejudices, instead helping the interlocutor to form an opinion? Is there any sense in narrating, even in comparative terms, a national history of a century in which the distinctions between global and local have disappeared, between totalitarianism and atomic, space travel and www, wars and massacres, technological revolutions and scientific progress, demographic changes and social transformations of an entity never before seen in the history of Man? The answer is positive, but although Italy has over 4,500 museums, little space has been devoted to the extra-artistic themes of the twentieth century – whose history is notoriously ignored- compared to what occurs abroad, where the museums are always more numerous as are the archives, cultural centres and exhibitions dedicated to the social, economic, work, technology, industry and consumption histories of the last century. A similar inattention is seen for the cultural heritage of the twentieth century, which in Italy has not yet found the attention that this legacy of extraordinary value enjoys beyond the national borders, as can be witnessed by the striking number of museums M9: motivazioni di un progetto / M9: the reasons behind the project tributate a un patrimonio di straordinario valore, come si può evincere dall’apertura di un impressionante numero di musei e mostre consacrate alla cinematografia, alle produzioni televisive, alla fotografia, alla discografia e alla radiofonia, all’editoria e al giornalismo, al design e all’architettura, alla moda e alla pubblicità, ai fumetti e alla grafica, che hanno riconosciuto la dignità museale dei beni culturali prodotti nel XX secolo. Di qui la volontà di colmare questa lacuna, trattando un tema di capitale importanza – la storia italiana del ’900 – in uno dei luoghi simbolo del XX secolo, con una chiara missione: far conoscere il passato, comprendere il presente e confidare nel futuro. Perché Mestre? Chiunque abbia vissuto la coda lunga del secolo scorso ha potuto osservare l’accelerazione dei processi di modernizzazione – talvolta incompiuti e contradditori – che spesso sono occorsi con una rapidità tale da impedire la comprensione, l’accettazione e la memorizzazione di quanto andava succedendo, soprattutto in un paese antico come l’Italia, dove tali processi sono stati storicamente tardivi e geograficamente disomogenei; se si confrontano le Italie del 1971 e del 2001 si stenta a credere che sia potuto accadere quel che è accaduto. Il Veneto e la terraferma veneziana rappresentano in questo senso due casi limite, due luoghi paradigmatici, due laboratori estremi, dove nel bene e nel male l’avvento della modernità e il sopravvento della post-modernità si sono manifestati con una velocità, una forza e una potenza forse ineguagliate, quantomeno a livello nazionale. Qui le grandi trasformazioni novecentesche, l’urbanizzazione, l’industrializzazione, la secolarizzazione, la terziarizzazione, l’emigrazione, la transizione demografica, i cambiamenti socio-professionali, le modifiche degli assetti paesaggistici e territoriali, solo per citarne alcune, sono maturate tardi ma furiosamente, assumendo una frenesia, una magnitudo, una compressione e una rapidità altrove assenti; in pochi altri luoghi d’Europa, sicuramente d’Italia, esse si sono manifestate con la stessa forza e la stessa violenza, le stesse speranze e le stesse paure, le stesse gioie e gli stessi dolori. Nella terraferma veneziana, tra il 1912 e il 1975, la popolazione urbana è raddoppiata ogni vent’anni, laddove il polo industriale di Marghera, sorto per incanto dalle barene a partire dal 1917, è arrivato ad avere più di 35.000 dipendenti; il Veneto, da regione con il maggiore saldo migratorio dell’Italia unita, negli ultimi dieci anni è diventata la seconda regione per numero di stranieri residenti; la tangenziale di Mestre, inaugurata nel 1972, è divenuta in quindici anni il tratto autostradale più trafficato d’Europa, mentre il minuscolo aeroporto aperto a Tessera nel 1958 è diventato il terzo d’Italia per volume di passeggeri, a servizio di un territorio la cui densità imprenditoriale non ha eguali in Europa, con un prodotto interno lordo pro-capite identico a quello di città come Toronto e Barcellona e un tasso di crescita analogo a quello di Londra e Stoccolma. Quale altro luogo, dunque, simboleggia in modo altrettanto pregnante le vittorie e le sconfitte, le conquiste e le perdite, le virtù e i vizi del ’900 italiano? Dove si potrebbe altrimenti trovare una coerenza analoga tra un tema museale e il suo contesto territoriale, se non a Mestre? I temi Chiarite le ragioni della localizzazione, è opportuno motivare quelle della tematizzazione; nell’esposizione permanente del Museo del ’900 verranno affrontati cinque temi principali, coincidenti con le grandi trasformazioni demografiche e sociali, economiche, urbanistiche, ambientali e culturali occorse in Italia nel XX secolo, laddove le esposizioni temporanee si concentreranno su tematiche che in Italia non hanno sinora riscosso l’interesse destato all’estero, che ho elencato nel secondo paragrafo. L’esposizione permanente sarà costruita editando i “beni culturali” prodotti nel ’900, ovvero materiali cartografici e a stampa (quotidiani, periodici, poster, materiali pubblicitari, cartoline, libri, stampe, incisioni, cartografie, ecc.), fotografici, sonori (incisioni radiofoniche, radiodocumentari, ricerche di storia orale, interviste, fondi radiofonici, registrazioni di suoni, voci e rumori, ecc.), audiovisivi (documentari, riprese di privati, programmi televisivi, materiali prodotti da imprese e sindacati, film, telegiornali, ecc.), che verranno integrati da oggetti, originali o riproduzioni (plastici, macchinari, strumenti scientifici, oggetti d’uso quotidiano, ricostruzioni animate e in 3D, riproduzioni di vario tipo, ecc.), per realizzare ricostruzioni immersive di spazi e ambienti, installazioni interattive e olfattive, sonore e sensoriali, video di ogni tipo. Queste modalità allestitive potenzieranno le dimensioni evocative, narrative ed emotive delle ricostruzioni, con una spiccata attenzione a tutti i sensi: non solo la vista ma anche il tatto, l’olfatto, l’udito, il gusto, sollecitati in percorsi di visita strutturati in modo non lineare. Al tempo stesso, la centralità dei contenuti in formato digitale (immagini fisse e in movimento, ricostruzioni 3D, suoni e voci, ecc.) consentirà di aggiornare e modificare periodicamente gli exhibits dell’esposizione permanente, che potranno essere integrati dai medesimi visitatori attraverso strumenti web 2.0, al fine di offrire un approccio alla conoscenza pluralistico, multidisciplinare, multisensoriale e interattivo, che stimoli nei visitatori capacità critiche, curiosità e desiderio di apprendimento. 27 and exhibitions dedicated to cinematography, television production, photography, recording and radio, publishing and journalism, design and architecture, to fashion and publicity, cartoons and graphic art, and which have recognised the dignity of a museum for cultural goods produced in the twentieth century. From this arises the need to fill this gap, using a theme of fundamental importance – the Italian history of the twentieth century – in a place which is a symbol of the twentieth century, with a clear mission: to meet the past, understand the present and trust in the future. Why Mestre? Whoever lived through the end of the last century could observe the acceleration of the processes of modernisation – sometimes contradictory and unfinished – that often happened with such speed as to impede comprehension, acceptance and the memorising of what was happening, especially in an ancient country such as Italy, where such processes were historically slower and geographically not homogeneous; if we confront Italy in 1971 and in 2001 it is almost impossible to believe that what has happened could have happened. The Veneto and the Venetian mainland represent in this sense two limited cases, two paradigmatic places, two extreme workshops, where through the good and the bad the advent of modernity and the prevailing of post-modernity have been manifested with a speed, a strength and a possibly unequalled power, at least in national terms. Here the big twentieth century transformations, urbanisation, industrialisation, secularisation, the expansion of the service industry, emigration, the demographic transition, socio-professional changes, modifications of the landscapes and territories, just to cite a few, have developed late but furiously, taking on a frenzy, a magnitude, a comprehension and a rapidity elsewhere absent; in few other parts of Europe, certainly of Italy, did these changes manifest themselves with such force and the same violence, the same hopes and fears, the same joy and pain. On the Venetian mainland, between 1912 and 1975, the urban population more than doubled every twenty years, where the industrial centre of Marghera, risen magnificently from the marshes from 1917 and which came to create jobs for over 35,000 workers; the Veneto, the region with the largest migratory balance in Italy, in the last ten years it has become the second region in terms of numbers of resident foreigners; the Mestre ringroad, inaugurated in 1972, become in fifteen years the most used piece of motorway in Europe, whilst the tiny airport opened at Tessera in 1958 is now the third in Italy in terms of passenger volumes, serving a territory whose entrepreneurial capacity is unequalled in Europe, with a per-capita gross domestic product (GDP) identical to cities such as Toronto and Barcelona and a growth rate analogous to that of Stockholm and London. Which other place, then, might symbolise in such a meaningful way the victories and defeats, conquests and losses, the virtues and vices of the Italian twentieth century? Where else could an analogous coherence be found between a museum theme and its territorial context, if not in Mestre? The themes Once the reasons for the setting for the museum are explained, it is opportune to justify those of the thematization; in the permanent exhibition of the Museum of the 20th century five principle themes will be addressed, coinciding with the large demographic, social, economic, town planning, environmental and cultural transformations which have happened in Italy in the twentieth century, where the temporary exhibitions concentrate on themes which in Italy have not yet roused interest in the way they have abroad and which I listed in the second paragraph. The permanent exhibition will be constructed editing the “cultural goods” produced in the twentieth century, or rather printed and cartographic works (newspapers, journals, posters, publicity, postcards, books, engravings, maps, etc.), photographs, sound (radio recordings, radio documentaries, oral histories, interviews, sound recordings, voices and sounds, etc.), audio-visual (documentaries, private recordings), television programmes, materials produced by companies, unions, films, T.V. news, etc.) which will be joined by objects, original or reproductions (plastics, machines, scientific instruments, daily items, animated reconstructions and in 3D, reproductions of various types, etc.), to realise reconstructions in which you can immerse yourself in spaces and environments, interactive installations using smell, sound and senses, videos of all kinds. These ways of arranging exhibitions will strengthen the evocative, narrative and emotional dimensions of the reconstructions, giving special attention to all the senses: not only sight but also touch, smell, hearing, taste, all stimulated in visiting “paths” structured in a non-linear way. At the same time, the centrality of the contents in digital format (fixed and moving images, 3D reconstructions, sounds and voices etc.) will consent the periodic updating and modification of the exhibits of the permanent exhibition, which can be added to by the visitor himself by means of web instruments 2.0, in order to approach a pluralistic, multidisciplinary, multi-sensory and interactive conscience, which stimulates in the visitors critical consideration, curiosity and desire to learn. Centro commerciale 4.500 mq Unità commerciali e direzionali 4.400 mq Shopping centre 4,500 sq m Retail and administrative units 4,400 sq m Museo del ’900 Spazio espositivo Mediateca-archivio 8.000 mq Museum of the 20th Century Exhibition space Media centre-archive 8,000 sq m 32 Concorso / Competition Sei architetti per M9 Six Architects for M9 Ragioni, finalità, modalità del concorso internazionale a inviti bandito dalla Fondazione di Venezia per la costruzione del nuovo Museo di Mestre The reasons, purpose and method behind the international competition by invitation for the construction of a new Museum in Mestre held by the Fondazione di Venezia Francesco Dal Co Collocata al centro di una delle aree più dinamiche dal punto di vista dello sviluppo economico, naturale snodo infrastrutturale per attività che vanno dalla portualità, Senigallia, Biblioteca all’industria e al turismo, Mestre soffre la e archivio storico comunale, 1999, mancanza d’interventi edilizi all’altez cortile e ingresso della biblioteca za delle potenzialità di una città di più di courtyard and library entrance 200.000 abitanti, perno di un’area metro David Chipperfield politana che conta una popolazione supe Des Moines, Iowa, Usa, riore ai due milioni di abitanti. Des Moines Public Library, 2006, Tenendo conto di questo contesto, delle veduta notturna tendenze in atto e anche di quanto qui si della biblioteca da sud-ovest the library by night from the southwest è realizzato negli ultimi decenni, nel 2009 la Fondazione di Venezia ha deciso di investire rilevanti risorse per la costruzione di un complesso edilizio in grado di indirizzare futuri e auspicabili progetti di riqualificazione del centro di Mestre e di rappresentare un modello per i soggetti che questi progetti potranno e dovranno coinvolgere. La futura costruzione di M9, il complesso polifunzionale comprendente un museo, spazi espositivi e di servizio alle attività culturali, un auditorium, superfici commerciali e un rilevante manufatto storico (l’ex caserma Matter, ora abbandonata) si svilupperà su una superficie di circa 9.000 metri quadrati; è logico pensare che i corpi di fabbrica che lo costituiranno apriranno nuove prospettive dai punti di vista architettonico e urbanistico non soltanto per il centro della città. Data la complessità del programma, la Fondazione di Venezia ha deciso di affidare l’elaborazione del relativo progetto architettonico a un qualificato professionista selezionato attraverso un concorso a inviti. Si tratta di una procedura che in Italia viene adottata raramente e che presuppone la disponibilità della committenza ad assumersi impegni e responsabilità maggiori rispetto a quelli che altre formule concorsuali comportano. Massimo e Gabriella Carmassi Guastalla (RE), Palazzo Gonzaga, 2008, la corte centrale the central courtyard Lying in the very heart of a hugely dynamic zone for economic development and a natural crossroads for dock, industry and tourism infrastructures, Mestre suffers from an absence of buildings on a par with its potential as a city with a population of more than 200,000 and the hub of a metropolitan area with more than two million inhabitants. Bearing in mind this context, the current trends and what has been achieved here in recent decades, in 2009, the Fondazione di Venezia decided to invest major resources in the construction of a building complex that would hopefully act as a beacon for future projects to regenerate the centre of Mestre and also serve as a model for those bodies that may and must be party to them. The future M9 construction, a multi-purpose complex comprising a museum, exhibition and auxiliary spaces for cultural activities, an auditorium, retail spaces and an important historic building (the now abandoned former Caserma Matter) will occupy an area of approximately 9,000sq m and it can logically be expected to open up new architectural and urban prospects for the city centre and beyond. With such a complex agenda, the Fondazione di Venezia decided to entrust its architectural design to a qualified professional, selected via a competition by invitation. This procedure is rarely adopted in Italy and presumes the client’s willingness to shoulder greater commitments and responsibility than is required by other competition formulae. Since the design theme identified and put to the participants had to resolve various issues, ranging from the form and functional structure of a new museum building to the renovation of several existing spaces and the design of a new urban layout in the city centre, the Fondazione di Venezia selected six professionals who had already, and on major occasions, proven their ability to cope with similar and equally complex situations. In particular, the selection considered a number of professionals who had in the past had the opportunity to develop museum designs, refurbish old buildings and build complexes of considerable urban significance. With all this in mind, the Fondazione decided to turn to the architects who could best interpret the need for a work not intended as a solipsistic occurrence in Mestre’s old city centre and with a self-referential form but one that could serve as a model for more future interventions – as well as being an Concorso / Competition Poiché il tema progettuale individuato e proposto all’attenzione dei concorrenti mira a risolvere problemi di diversa natura che vanno dalla configurazione formale e funzionale di un nuovo edificio a destinazione museale, al recupero di varie preesistenze, all’individuazione di un nuovo assetto urbanistico per il centro della città, la Fondazione di Venezia ha selezionato sei professionisti che già in altre e rilevanti occasioni hanno dato prova di sapersi confrontare con situazioni simili e analogamente complesse. In particolare la selezione è stata fatta considerando una serie di professionisti che in passato hanno già avuto occasione di confrontarsi con la progettazione di musei e con interventi di recupero di edifici antichi e di realizzare complessi edilizi caratterizzati da significative valenze urbane. A partire da queste premesse la Fondazione ha ritenuto opportuno puntare su architetti in grado di interpretare al meglio l’esigenza di realizzare un’opera che non ha la finalità di rappresentare un accadimento solipsistico nel contesto del centro storico di Mestre e autoreferenziale dal punto di vista della configurazione formale, ma tale da poter divenire un riferimento per ulteriori e futuri interventi – oltre che un esempio sul piano della gestione della fase progettuale per la pratica professionale. Si è così deciso di coinvolgere architetti di diversa provenienza, esponenti di culture progettuali differenti ma riconosciuti quali riferimenti anche per il dibattito internazionale e comunque accomunati dal fatto di avere compiuto in passato esperienze analoghe e congrue con le finalità perseguite dalla Fondazione di Venezia. Una volta deciso che il futuro M9 non dovrà rappresentare un accadimento estemporaneo per il suo aspetto, ma senza attribuire implicazioni preclusive o vincolative a questa opzione, la scelta si è naturalmente ristretta per poi circoscriversi ulteriormente allorché è risultata evidente l’opportunità di puntare su professionisti non soltanto sperimentati e affidabili sul piano delle competenze maturate, ma anche in grado di e inclini a stabilire un rapporto di collaborazione con la committenza e con le istituzioni cittadine, portati ad interpretare ogni opportunità progettuale come occasione di confronto e di dialogo. Per questo insieme di ragioni si è giunti alla decisione di rivolgere l’invito agli architetti autori dei progetti presentati in queste pagine, provenienti da sei diversi Paesi europei anche per sottolineare la valenza non municipalistica del progetto M9: un italiano, un inglese, un francese, uno studio spagnolo e uno tedesco, un portoghese. Questi architetti sono noti al pubblico e alla cultura internazionale anche per i complessi museali che hanno realizzato in ambienti, situazioni e realtà urbanistiche differenti. Massimo Carmassi, pisano di origine, proprio a Pisa ha compiuto una fondamentale e originale esperienza fondando e dirigendo dalla metà degli anni settanta, in seno all’Amministrazione Comunale, l’Ufficio Progetti che ha realizzato opere pubbliche e approntato progetti di carattere urbanistico per molte ragioni ritenuti esemplari. Successivamente Carmassi ha progettato, tra l’altro, il restauro del Convento di San Frediano a Lucca trasformandolo nel Museo di Arte Sacra, l’ampliamento del cimitero monumentale di Arezzo, il restauro del Palazzo Ducale di Guastalla, il Museo della Concia a Santa Croce sull’Arno, il recupero del Mattatoio di Roma. Il londinese David Chipperfield è uno dei più impegnati architetti inglesi; ha firmato opere in diversi Paesi europei, in Giappone, in Cina, negli Stati Uniti; in Italia ha realizzato l’ampliamento del cimitero di San Michele a Venezia ed è impegnato a completare il Palazzo di Giustizia di Salerno; con la conclusione dei lavori per il recupero del Neues Museum nell’“isola dei Musei” a Berlino ha portato felicemente a termine la sua esperienza più impegnativa nel campo della progettazione museale. Pierre-Louis Faloci è nato a Nizza e lavora a Parigi; nella capitale francese ha riconfigurato il Museo Rodin, mentre a Meudon-la-Forêt ha costruito un complesso polifunzionale che ha contribuito a ridisegnare il centro urbano; impegnato nella realizzazione di altri progetti per musei e centri culturali in Francia, nel 2008 Faloci ha completato la sua opera più importante, il Centre Européen du Résistant Déporté e Musée David Chipperfield Berlino, Neues Museum, 2009, la scala centrale the central staircase Pierre-Louis Faloci Parigi, Museo Rodin, 2006, la grande vetrata d’ingresso sulla strada the large glazed street entrance Francia, Rochefort, Museo di arte e storia, 2007, veduta del fronte su Avenue Charles de Gaulle the front on Avenue Charles de Gaulle 33 example of design management for professional practice. It was therefore decided to involve architects of varied origin, exponents of different design cultures, familiar presences in the international debate and all sharing the common denominator of having already completed similar experiences with the same aims pursued by the Fondazione di Venezia. Once it had been decided that the future M9 was not to have an extemporary appearance, but without imposing preclusions or binding restrictions on this option, the choice naturally became limited and was then further narrowed down until it was clear that we should opt not only for professionals who were tried, tested and reliable in terms of acquired expertise but also able and inclined to forge a working relationship with the client and the city institutions, and eager to see every design opportunity as a chance for exchange and dialogue. For all these reasons, we decided to invite the architects behind the designs presented here from six different European countries, partly also to stress the non localist significance of the M9 project: an Italian, an Englishman, a Frenchman, a Spanish practice, a German one and a Portuguese. These architects are known to the public and to the international culture, among other things, for museum complexes completed in different spheres, situations and urban realities. Massimo Carmassi is originally from Pisa and that is where he had a crucial and original experience, starting in the mid-1970s, when he set up and ran the city administration’s design office which produced public works and drew up town-planning projects that are considered exemplary in many senses. Carmassi subsequently also designed the restoration of the Convento di San Frediano in Lucca turning it into the Museo di Arte Sacra, the extension of the Arezzo monumental cemetery, the restoration of Palazzo Ducale in Guastalla, the Museo della Concia in Santa Croce sull’Arno and the refurbishment of the Mattatoio in Rome. London’s David Chipperfield is one of the most committed English architects. He has designed works in several European countries, Japan, China and the United States. In Italy, he designed the extension of the San Michele cemetery in Venice and he is currently completing Palazzo di Giustizia in Salerno. With the completion of the renovation of the Neues Museum on the Museum Island in Berlin he successfully terminated his most demanding museum-design experience. Pierre-Louis Faloci was born in Nice and works in Paris. He redesigned the Musée Rodin in the French capital and built a multi-purpose complex in Meudon-laForêt that helped redesign the town centre. Engaged in the construction of more museums and cultural centres in France, 34 Concorso / Competition KL-Natzweiler sui resti dell’ex campo di concentramento nazista Struthof in Alsazia. Luis Mansilla ed Emilio Tuñón sono nati a Madrid e nella capitale spagnola hanno il loro studio; sono tra i più brillanti esponenti della cultura architettonica spagnola da anni al centro delle attenzioni della critica internazionale; nella loro produzione i musei occupano una posizione preminente da quando, nel 1996, hanno completato il Museo di Zamora, dopo avere collaborato con Rafael Moneo alla costruzione del Museo di Houston e del Museo Thyssen-Bornemisza a Madrid; al Museo di Zamora, che ha coinciso di fatto con il loro debutto professionale, sono seguiti il Museo di Belle Arti di Castellón, il Museo d’Arte Contemporanea di León, mentre sono in fase di avanzata costruzione il Museo di Santander e l’importante complesso espositivo addossato al Castello Reale di Madrid dove verrà messa in mostra parte delle Collezioni Reali. Matthias Sauerbruch è nato a Costanza in Germania, mentre Norwich in Inghilterra è la città natale di Louisa Hutton; ambedue hanno completato la loro formazione all’Architectural Association di Londra e il loro studio si trova ora a Berlino; portano la loro firma alcuni edifici particolarmente innovativi costruiti in Germania tra i quali vi sono la Sede della GSW a Berlino, l’Istituto per la ricerca farmacologia di Biberach, la sede dell’Agenzia Federale per l’Ambiente a Dessau; in Italia hanno completato un complesso a uso misto, residenziale e terziario, nell’ex fabbrica Carlo Erba a Milano; nel 2008 a Monaco di Baviera è stata inaugurata la loro opera probabilmente più importante e che meglio illustra i caratteri del loro lavoro, il Museo Brandhorst. Eduardo Souto de Moura è nato e lavora a Porto; dopo il crollo della dittatura nel suo Paese (1974), ha lavorato per il Serviço Ambulatorio de Apojo Local (SAAL) costituito per far fronte alla carenza di abitazioni a basso costo in Portogallo; in seguito si è segnalato come il più coerente e originale erede della tradizione culturale formatasi negli ultimi decenni nel suo Paese; tra le sue realizzazioni di carattere museale o con finalità espositive vi sono il Museo dei Trasporti e della Comunicazione a Porto, il Padiglione della in 2008 Faloci completed his most important work, the Centre Européen du Résistant Déporté and Musée KL-Natzweiler on the remains of the Struthof former Nazi concentration camp in Alsace. Luis Mansilla and Emilio Tuñón were born in Madrid and have their practice in the Spanish capital. They are among the most brilliant exponents of the Spanish architectural culture and have been the focus of international critics for years. Museums have occupied a prime position in their production since 1996, when they completed the Museo de Zamora, after working with Rafael Moneo on the construction of a museum in Houston and the Museo Thyssen-Bornemisza in Madrid. The Museo de Zamora, which coincided with their professional debut, was followed by the Museu de Bellas Artes in Castellón and the Museo d’Arte Contemporáneo in León. The Museo de Santander and a major exhibition complex beside the royal palace in Madrid, where part of the royal collections will be displayed, are at an advanced construction stage. Matthias Sauerbruch was born in Konstance in Germany and Louisa Hutton in Norwich, England. Both studied at the Architectural Association in London and they now have a practice in Berlin. Some particularly innovative German buildings bear their name including the GSW headquarters in Berlin, a pharmacological research institute in Biberach and the federal environmental agency in Dessau. In Italy they built a mixeduse residential and service complex on the former Carlo Erba factory site in Milan. What is probably their most important and representative work, the Museum Brandhorst, opened in Munich in 2008. Eduardo Souto de Moura was born and works in Porto. After the collapse of the dictatorship in his country (1974), he worked for the Serviço Ambulatorio de Apojo Local (SAAL), established to cope with Portugal’s shortage of affordable housing. He later emerged as the most consistent and original heir of the cultural tradition that had formed in his country in the previous decades. His museum and exhibition-venue designs include the Museu dos Transportes e Comunicações in Porto, the Knowledge of the Seas Pavilion at Expo 98 in Lisbon, the Portugal Pavilion at Expo 2000 in Hanover, the Casa do Cinema Manoel de Oliveira in Porto, the Centro de Arte Contemporânea in Bragança and one of his most significant works, the recently opened Casa das Mansilla/Tuñón Histórias Paula Rego in Cascais. Spagna, Castellón, The result of the competition will not have Museo di belle arti, 2000, been announced when this goes to press sala espositiva illuminata dai lucernari but the Jury’s decision will be in the public exhibition room lit by skylights domain when readers get their hands on Spagna, León, Musac, 2004, this catalogue. This inevitable time lapse la piazza pubblica racchiusa tra i volumi rivestiti da vetri colorati imposes a temporary suspension of judge the public square surrounded ment. However, the designers chosen by by buildings clad with coloured glass the Fondazione di Venezia being who they are, it is reasonable to presume that the Sauerbruch/Hutton Germania, Monaco, task required of the Jury will be as difficult Museo Brandhorst, 2009, as the implications of the decision will be veduta parziale del fronte key to Mestre’s future. I should also perhaps su Turkenstrasse add that these implications may also affect partial view of the front the future of professional practice in Italy, on Turkenstrasse Concorso / Competition Conoscenza dei Mari all’Expo di Lisbona del 1998, il Padiglione del Portogallo all’Expo di Hannover del 2000, la Casa del Cinema Manoel de Oliveira a Porto, il Centro di Arte Contemporanea di Bragança e una delle sue opere più significative, la Casa das Historias Paula Rego a Cascais recentemente inaugurata. Nel momento in cui questa nota viene licenziata il risultato del concorso non è ancora noto. Quando i lettori avranno tra le mani questo catalogo, la decisione della Giuria sarà invece di pubblico dominio. Questa inevitabile asimmetria obbliga a una temporanea sospensione del giudizio. Essendo però quelli di cui abbiamo parlato i progettisti sui quali la Fondazione di Venezia ha puntato, è logico già da ora pensare che il lavoro che la Giuria dovrà compiere sarà tanto delicato quanto rilevanti saranno le implicazioni della decisione assunta per il futuro di Mestre – inoltre, è forse opportuno aggiungere, queste implicazioni potrebbero riguardare anche il futuro Sauerbruch/Hutton Germania, Magdeburg, della pratica professionale in Italia, data la Fabbrica sperimentale, 2001, valenza esemplare che l’espletamento del spazi di distribuzione interna concorso per M9 potrebbe avere. interior layout La mostra che questo catalogo accompa Souto de Moura gna verrà inaugurata in coincidenza con Portogallo, Bragança, la comunicazione pubblica dell’esito del Centro d’arte contemporanea, 2008, concorso. L’esposizione dei progetti con veduta del fronte nord sentirà a quanti la visiteranno di valutare e scorcio del fronte est la congruenza e l’opportunità delle scelte the north front and part of the east front fatte dalla Giuria. Ci auguriamo che questo catalogo permetta a tutti gli interessati di Portogallo, Cascais, Museu Paula Rego, 2009, considerare con agio ulteriore le qualità veduta interna di una sala espositiva dei sei progetti che presenta e, quindi, di an exhibition room giudicare in modo non estemporaneo la complessità del lavoro sin qui compiuto e di quello che ora inizia. Tra le ambizioni che questa pubblicazione nutre vi è anche quella di permettere a un pubblico più vasto e non soltanto italiano di soppesare la congruità dei sei progetti rispetto alla specificità della problematica affrontata e di cogliere come essi offrano uno spaccato non banale per valutare lo stato di salute di cui gode l’architettura contemporanea europea. given the exemplary significance that the execution of the M9 competition may have. The exhibition accompanied by this catalogue will open with the public announcement of the competition winner. The display of the designs will allow visitors to judge the congruence and fittingness of the Jury’s decisions. I hope this catalogue will enable all those interested to examine the strengths of the six designs presented at their leisure and give them time to assess the complexity of that done so far and that which is just beginning. One of the aims of this publication is to allow a broader and not only Italian audience to weigh up the suitability of the six designs against the specific problems addressed and to realise that they paint a far from insignificant picture for those wishing to gauge the health of contemporary European architecture. 35 36 Concorso / Competition bando di concorso Competition rules Annalisa Ferrario La Fondazione di Venezia ha voluto affidare la progettazione architettonica di M9 al vincitore di un concorso, pur non essendo a ciò vincolata da alcun specifico obbligo di legge, nella convinzione che la soluzione migliore per restituire a Mestre una porzione urbana importante e centrale potesse scaturire dal confronto tra filosofie e idee progettuali diverse. Nell’autunno del 2008 è stata a tal fine istituita una Commissione Tecnica, coordinata dal prof. Francesco Dal Co, cui è stato conferito il mandato di definire le modalità di svolgimento di un concorso a inviti, che – data la volontà di pervenire all’effettiva realizzazione di M9 – è andato fin da subito configurandosi come un concorso di progettazione, e non semplicemente di idee. Nel dicembre del 2009 – dopo aver firmato con le istituzioni competenti l’Accordo di Programma che ha autorizzato la variante urbanistica necessaria per lo sviluppo del progetto – la Fondazione di Venezia ha identificato e contattato sei studi di architettura. A loro è stato affidato il compito, non semplice, di cimentarsi con la ristrutturazione a fini commerciali di un complesso conventuale, reso irriconoscibile da continui rimaneggiamenti e da decenni di incuria, affiancando a esso un nuovo edificio museale nel quale – entro un’altezza massima di 30 metri e un volume complessivo di 40.000 mc fuori terra – sviluppare una superficie lorda di almeno 8.000 mq, oltre agli interrati. A questo si è aggiunta la richiesta di riprogettare l’assetto complessivo dell’area, in termini di accessibilità, funzionalità e vivibilità. Per conseguire tale risultato, la Fondazione ha messo a disposizione gli esiti di due anni di ricerche sulle nuove architetture museali (da cui sono stati desunti i fabbisogni e i requisiti minimi per il nuovo edificio), una corposa documentazione cartografica e fotografica e tutti i risultati delle analisi condotte sia sui terreni sia sulle strutture esistenti nell’area di intervento. A tutti i concorrenti è stato inoltre espressamente richiesto un sopralluogo, perché potessero valutare personalmente le potenzialità e le criticità dell’area, anche in relazione al tessuto urbano circostante, affinché il progetto fosse indotto a confrontarsi con la realtà esistente. Nel corso dei quattro mesi della competizione architettonica, che ha avuto ufficialmente inizio il 15 febbraio 2010, i concorrenti hanno avuto modo di richiedere e ottenere tutte le informazioni supplementari necessarie, attraverso una sessione di domande e risposte articolata e approfondita, che ha portato ogni partecipante verso l’elaborato finale, consegnato il successivo 15 giugno. Sulla base delle previsioni del bando di concorso, ogni progetto risulta articolato in: - un numero variabile di tavole in formato A1, comprendenti: la planimetria generale dell’area (scala 1:500), le planimetrie di tutti i livelli (compresi l’interrato e le coperture, scala 1:200), i prospetti e le sezioni più significative (scala 1:200), viste tridimensionali e rendering degli spazi interni ed esterni, dettagli costruttivi e schemi di accessibilità all’area e agli edifici (in scala e tecnica libere); - una relazione descrittiva dei criteri progettuali, del sistema strutturale e degli impianti, della concezione museografica e dei costi e delle fasi di realizzazione; - un plastico dell’area di intervento, in scala 1:200. I progetti sono valutati da una giuria di 7 membri (oltre a 2 supplenti), sulla base della qualità della proposta architettonica e del suo inserimento nel contesto urbano esistente, della flessibilità di utilizzo degli spazi (anche in termini di allestibilità, per gli spazi museali), dell’attenzione ai temi dell’ecosostenibilità e del risparmio energetico, con un occhio attento anche ai costi di realizzazione, gestione e manutenzione dell’intero complesso. Al vincitore del concorso verrà affidata anche la progettazione definitiva ed esecutiva: la Fondazione di Venezia si è impegnata in tal senso, inviando, unitamente all’invito a partecipare alla gara, uno schema di contratto, che i concorrenti hanno sottoscritto per accettazione. Un impegno reciproco a costruire un duraturo rapporto di collaborazione e di fiducia, a garanzia della buona riuscita del progetto. The Fondazione di Venezia decided to entrust the architectural planning of M9 to the winner of a competition, entirely of its own volition and without any particular law obliging this, in the conviction that the best solution for how to give Mestre back an important and central urban area might develop from the confrontation of different philosophies and planning ideas. In the autumn of 2008 a Technical Committee, coordinated by Professor Francesco Dal Co, was formed with the specific mandate of defining the way in that a contest with invited competitors could be held, which – given the desire to bring to fruition the M9 project – immediately took shape as a planning competition and not one merely of ideas. In December of 2009 – having signed the papers for the Programme Agreement with the relevant institutions authorising the town planning variations necessary for the carrying out of the project – the Fondazione di Venezia identified and contacted six firms of architects. They were entrusted with the difficult project of undertaking the restructuring for commercial purposes of a convent complex, rendered unrecognizable by continuous reorganisation and decades of neglect, placing alongside it a new museum building in which – and within a maximum height of 30 metres and a total volume of 40,000cu m – to develop a gross surface of at least 8,000sq m in addition to the basements. In addition was added the request to re-plan the whole arrangement of the area in terms of accessibility, functionality and liveableness. To allow this result the Fondazione made available the results of two years of research on new museum architecture (from which the requirements and minimum requisites for the new building were deduced), exhaustive paper and photographic documentation and all of the results from the analysis conducted on both the land and existent structures in the area for the intervention. All competitors were required to make a site visit, in order to personally establish the potential and criticisms of the area, also relative to the surrounding urban fabric, in order that the project might be channelled to confronting the existing reality. Over the course of four months of the architectural competition, which officially began the 15th February 2010, the competitors were allowed to ask and received all the necessary supplementary information, via a session of articulated and probing questions and answers which brought each participant towards an elaborate finale, presented on the following 15th June. According to the competition regulations each project is presented in: - a variable number of A1 panels, including: the general plan of the area (scale 1:500), the plans of each level (including the basement and roofing, scale 1:200), the most important elevations and sections (scale 1:200), three-dimensional views and renderings of the internal and external spaces, construction details and diagrams of accessibility to the area and the buildings (in any technique and scale); - a paper describing the projecting criteria, the structural system and the circuits, the museological conception and the costs and phases of realisation; - a model of the area in scale 1:200. The projects are judged by a judging panel of 7 members (in addition to two substitutes), on the basis of the quality of the architectural proposals and of their insertion into the existing urban contest, the flexibility of the use of the spaces (also in terms of mounting an exhibition for the museum spaces), in terms of the attention to eco-sustainability, energy saving, and with attention to the costs of realisation, management and maintenance of the entire complex. The competition winner will also be entrusted with the definitive and executive planning: the Fondazione di Venezia has committed itself in this aspect by sending, together with the invitation to participate in the competition, a contract which the participants undersigned in acceptance. A reciprocal agreement to create a strong rapport of collaboration and trust, to guarantee the perfect result from the project. Concorso M9 A New Museum for a New City Massimo Carmassi David Chipperfield Pierre-Louis Faloci Luis Mansilla/Emilio Tuñón Matthias Sauerbruch/Louisa Hutton Eduardo Souto de Moura 37 Massimo Carmassi Carmassi Studio di Architettura Firenze, Italia / Florence, Italy 40 Concorrente Participant Carmassi Studio di Architettura Gruppo di progettazione Design team Massimo Carmassi Capogruppo Design architect Lorenzo Carmassi Lilian Nakashima Collaborazione progettazione Design consultant Cristian Pajaro Klaus Costantini Marco Chiuso Collaborazione grafica Graphic consultant Impianti Services Acale s.r.l. Andrea Gaggiotti Collaborazione progettazione impianti e prevenzione incendi System and fire prevention consultant Livio Gambacorta Collaborazione progettazione fondazioni speciali e geotecnica Special foundations and geotechnical surveys Zakhia Bassil Collaborazione progettazione strutture Structural design consultant Andrea Mondini Collaborazione relazione computi e capitolati Quantity surveyor Plastico Model Studio M s.r.l Fotografie Photos Mario Ciampi 40 41 Descrizione del progetto Design concept Il progetto risponde alla sfida del bando con una soluzione in grado di ottenere un buon equilibrio tra l’utilizzazione conservativa della vecchia caserma per attività commerciali e la costruzione del nuovo museo, la cui originalità architettonica è destinata a creare un luogo memorabile, ancorato alle radici della città. Il museo è formato da sedici torri, nove delle quali destinate ad accogliere le funzioni principali richieste e sette il sistema distributivo verticale delle scale e degli ascensori. Le torri sono disposte sul piano orizzontale in forma quadrata secondo un’organizzazione studiata per ottenere complessi e suggestivi spazi interstiziali, simili a quelli che si possono ammirare in ogni centro antico come quello di Mestre. Il piano è incorniciato sui lati nord e ovest da due muri immaginati come assi cartesiani regolatori dei rapporti con il contesto urbano circostante. Una panca di pietra delimita sugli altri due lati una sottile vasca d’acqua. Mentre i due lati murati costituiscono una parentela formale con l’impianto quadrangolare della vecchia caserma e delle scuderie, i due lati aperti consentono di penetrare dall’esterno visivamente e funzionalmente il nuovo complesso. Le torri principali s’incastrano alla base su una piastra a due livelli a forma quadrangolare, che oltre ad accogliere la hall e altre funzioni collettive garantisce la continuità spaziale e funzionale con il piano terra. Dal quarto al sesto livello, le torri sono connesse tra loro da una trama di passerelle trasparenti, che consentono di ammirare il panorama e il cuore del complesso. La loro trasparenza fa da contrappunto alla materia pesante delle torri in muratura di calcestruzzo armato, rivestite di mattoni dalle superfici levigate, caratteristiche costruttive che garantiscano una lunga durata senza onerosi interventi di manutenzione. Nello stesso tempo la dimensione variabile degli spazi disponibili consentirà di ottenere una grande flessibilità funzionale anche nel lungo periodo. Una rampa, protetta da una copertura in vetro, consente l’accesso al parcheggio interrato e ai servizi tecnici del museo. Il progetto garantisce relazioni con la città: due logge alte dodici metri, appoggiate ai muri accolgono i visitatori provenienti da via Brenta Vecchia e da via Pascoli, conducendoli alla piazza coperta collocata all’angolo formato dalle due ali del muro, punto di convergenza tra il museo e il centro commerciale, collegati a piano terra da varie aperture, e al secondo da un’ampia passerella. È prevista l’apertura di un varco pedonale su corte Legrenzi. Attraverso piazzale Donatori di Sangue e calle Legrenzi il nuovo percorso viene protetto da una copertura a vetro tesa tra le due vecchie scuderie adibite a bar e ristorante. Un altro accesso, da intendersi come proposta integrativa rispetto alle richieste del bando, può essere ottenuto da via Poerio lungo il fianco est della chiesa di Santa Maria delle Grazie con la demolizione di un piccolo volume addossato al fianco della Chiesa, per realizzare una loggia che giunga fino al retrostante muro a L del museo. Per quanto riguarda l’intervento sulla vecchia caserma è necessario considerare che la sua qualità è costituita dalla griglia delle murature portanti con le aperture che la traforano e dalla trama degli orizzontamenti in legno dei vari piani fino alle coperture, sostenute da capriate in legno di varie dimensioni. Seguendo il nostro metodo di restauro, basato su una rigorosa prassi conservativa, tutte le strutture lignee saranno consolidate con interventi minimi di risarcimento secondo le metodologie sperimentate da decenni in innumerevoli restauri. Per segnalare l’ingresso principale all’antico convento propongo di aprire il breve tratto di muratura compreso tra la chiesa e il loggiato per ottenere un triplo volume che consentirà di penetrare visivamente il corpo edilizio fino alla corte scoperta, sul quale si affacceranno gli ambienti adiacenti, in comunicazione con la scala principale attuale adeguatamente conservata e integrata nelle vicinanze con un grande ascensore trasparente. Al primo piano, ma soprattutto al secondo, caratterizzato dal tetto a capriate, la maglia distributiva principale viene ottenuta sul lato est della corte con una sequenza articolata di diaframmi trasparenti in ottone e vetro, come una grande vetrina continua degli spazi commerciali connessi alle murature perimetrali da una copertura orizzontale trasparente, senza intercettare le strutture lignee. Al contrario, negli spazi di maggior dimensione, grandi scatole trasparenti di ottone e vetro disposte con cura contengono le funzioni commerciali. All’interno della corte è prevista l’installazione di una galleria vetrata a sezione semi ellittica, strutturalmente indipendente. Le due ali laterali a mensola proteggeranno l’anello aperto del chiostro dalla pioggia senza impedirne la ventilazione. L’illuminazione durante le ore notturne la renderà visibile dall’intorno e dalle aree centrali della città, quasi come una grande lanterna. The design responds to the challenge of the competition brief with a solution which achieves a good balance between the preservation of the former barracks for commercial activities and the construction of the new museum. The originality of the new museum’s design is aimed at creating a memorable place which has its roots embedded in the city. The museum will comprise 16 towers of varying shape and size, nine of which provide the main functions stipulated, with seven housing the vertical circulation systems of staircases and lifts. The square-plan towers are arranged so as to create complex and interesting spaces between them, similar to those we can admire in every historic centre, like Mestre itself. The plan is framed on the north and west sides by two walls which are conceived as Cartesian axes regulating the relationship of the new complex with the surrounding urban area. The other sides are delimited by stone benches and a narrow strip of water. While the two walled sides constitute a formal relationship with the square plan of the old barracks and stable blocks, the two open sides allow visual and functional penetration from outside into the new complex. The bases of the main towers are locked into a two-tiered, quadrilateral block, which houses the entrance lobby and the other public facilities and also provides spatial and functional continuity with the ground floor. From the fourth to the sixth floors, the towers will be interconnected by a network of transparent walkways, allowing visitors to admire the views and see into the centre of the complex. Their transparency acts as a visual counterpoint to the heaviness of the towers, which will be built of reinforced concrete and faced in smooth brick. The construction characteristics will ensure the building’s longevity without the need for costly maintenance. At the same time, the varying dimensions of the spaces will provide great functional flexibility, even over the long term. A ramp, sheltered by a glass roof, will allow access to underground parking and to the museum’s technical facilities. The design guarantees inter-relationships with the city: two 12-metre high porticos on the perimeter walls function as entrances for visitors coming from Via Brenta Vecchia and Via Pascoli, leading them to the covered piazza. This is located in the space formed by the two wings of the wall and represents the convergence point of the museum and shopping centre; these are linked on the ground floor by various openings, and on the second by a broad walkway. Pedestrian access into Corte Legrenzi will be provided via Piazzale Donatori di Sangue and Calle Legrenzi. The access will be covered with glass suspended between the two former stable-blocks; these will be converted for use as a bar and restaurant. A supplementary proposal to the competition requirements involves the creation of another entrance from Via Poerio, along the east side of Santa Maria delle Grazie church. This would require the demolition of a small building attached to the side of the church, to erect a portico which would extend to the L-shaped wall behind the museum. Regarding the intervention on the former barracks, it should be appreciated that its qualities are found in the grid of perforated, load-bearing walls and by the network of wooden joists of the various floors up to the roofs, which are supported on timber trusses of varying dimension. Our approach to the restoration is based on rigorous conservation principles and would involve consolidation of all the wooden structures with minimal compensation, according to methods which have been tried and tested over decades in countless restoration projects. To accentuate the entrance to the historic convent, we propose to open the small stretch of wall between the church and the convent loggia, creating a space three times larger and allowing the structure to be visually penetrated through to the open courtyard. Rooms looking onto the courtyard are linked via the current principal stairway, which will be properly conserved and integrated into the complex by means of a large, transparent elevator. On the first floor, and especially on the second with its distinctive trussed roof, the main load-distribution is on the east side of the courtyard with an articulated sequence of transparent diaphragms in brass and glass, like an immense, continuous shop window; these are to be attached to the perimeter walls by a horizontal, transparent roof, which will not intercept the wooden structures. By contrast, the larger spaces designed for commercial activities comprise carefully-arranged transparent boxes made in brass and glass. A glass arcade will be installed in the courtyard, it will be half-elliptical in section and structurally independent. Two canopies projecting from the sides will shield open areas of the cloister from rain, but allow natural ventilation. Lighting will render the arcade visible after dark, both from the within the complex and from central areas of the city, like a great lantern. 42 42 Tavola 01 Planimetria generale / General arrangement Tavola 02 Pianta piano terra / Ground-floor plan 43 43 44 44 Tavola 03 Pianta piano primo / First-floor plan Tavola 04 Pianta piano secondo / Second-floor plan 45 45 46 46 Tavola 05 Pianta piano terzo e quarto / Third- and fourth-floor plan Tavola 06 Pianta piano quinto e sesto / Fifth- and sixth-floor plan 47 47 48 48 Tavola 07 Pianta coperture / Roof plan Tavola 08 Pianta piano interrato / Basement plan 49 49 50 50 Tavola 09 Sezioni e prospetti / Sections and elevations Tavola 10 Prospetti / Elevations 51 51 52 52 Tavola 11 Viste assonometriche / Axonometric views Tavola 12 Vista assonometrica / Vista prospettica / Axonometric view / Perspective view 53 53 54 54 Tavola 13 Viste spazi interni / Interior views Tavola 14 Ex caserma Matter / stato attuale e di progetto / Former Caserma Matter / existing and proposed 55 55 56 56 Tavola 15 Dettagli costruttivi / Construction details Tavola 16 Schemi grafici del sistema di accessibilità / Plan showing points of access 57 57 David Chipperfield David Chipperfield Architects Londra, Gran Bretagna / London, Great Britain Milano, Italia / Milan, Italy 60 Concorrente Participant David Chipperfield Architects Gruppo di progetto Project team Progettisti Designers David Chipperfield Principal Giuseppe Zampieri Design and managing director Responsabile di Progetto Project Architect Andrea Cocco Gruppo di Progettazione Design Team Cristiano Billia Daniele Cecchi Andrea Del Pedro Pera Andrea Garcia Crespo Carlo Gaspari Tsukasa Goto Luigi Grosso Rotem Jacobi Naohisa Hosoo Noa Ikeuchi Maris Kojuharov Cristina Massocchi Marie Mincke Elena Naldi Stefano Pasqualetti Lorenzo Pasqualini Massimo Penati Sara Russo Esteves Mirza Sahman Giuseppe Sirica Tatiana Tonizzo Strutture Structures Zero4uno Ingegneria Francesco Marson Riccardo Scattolin Impianti Services Manens-Tifs Ugo Piubello Marco Plati Facciate Facades Arup Mikkel Kragh Fabio Lovaglio Matteo Orlandi Plastici Models David Chipperfield Architects Fotografie Photos Dario Flores D’Arcais Alberto Parise 60 61 Descrizione del progetto Design concept Il progetto mira definire un nuovo polo culturale e riconfigurare la trama urbana di Mestre, da nord a sud, attraverso una serie di interventi semplici e chiari: la corte dell’edificio esistente viene coperta da un nuovo tetto indipendente che genera una piazza protetta, il nuovo edificio (autonomo) viene dotato di un atrio/passaggio interno e infine viene proposta la creazione una nuova piazza giardino di fronte alle ex scuderie militari. Un sistema di percorsi pedonali all’interno del sito è articolato da due assi, uno verticale attraverso la corte coperta dell’ex caserma e uno orizzontale attraverso il nuovo atrio/passaggio nel nuovo edificio, che si incrociano in uno spazio centrale dalla forte identità civica. Il progetto propone un nuovo edificio autonomo caratterizzato da qualità monumentali. Poiché la tipologia del museo non necessita di luce naturale, il progetto prevede la costruzione di un corpo di fabbrica semi chiuso in mattoni, affacciato sulla nuova piazza giardino caratterizzata da una pavimentazione in pietra e da alberature autoctone. L’intento del progetto per il museo è quello di realizzare un edificio che trasmetta una forte esperienza architettonica. Al suo interno è prevista una monumentale sala pubblica al servizio della città e del museo, mentre la facciata esterna in mattoni è scandita da colonne a base quadrata ma con intervalli variati per suggerire l’impressione di trovarsi di fronte a un edificio permeabile. La proposta progettuale definisce un atrio/passaggio che contribuisce a rendere il museo più aperto e accessibile. L’atrio si estende su quattro piani a tutta altezza mentre il passaggio occupa solo il piano terra e consiste in uno spazio di attraversamento. L’atrio è concepito come uno spazio dedicato alla circolazione orizzontale e verticale, che accoglie una scalinata monumentale. Rappresenta la sala principale del museo e al contempo una sala pubblica a disposizione anche dei cittadini, utilizzabile anche durante i periodi di chiusura del museo. Il progetto prevede una scala di dimensioni imponenti con rampe molto ampie che raggiungono tutti i livelli del museo, concepita per enfatizzare la monumentalità della sala pubblica. La scalinata genera balconate superiori in mattoni che, con l’atrio, configurano uno spazio dalla forma pura, accentuatamente tettonico ma dalla copertura aperta. La facciata del nuovo edificio è costituita da colonne in mattoni a base quadrata, sormontanti una parete sostenuta da solai orizzontali in cemento, finiti con cocciopesto. Il progetto prevede facciate più o meno compatte a seconda dell’orientamento, con uno sbalzo a livello del solaio di dimensioni variabili. Rispetto agli altri il prospetto ovest è reso più trasparente dagli intervalli maggiori che separano le colonne e risulta visivamente collegato con la piazza. L’impianto generale del museo è organizzato attorno a uno spazio centrale che funziona come snodo di distribuzione e di orientamento da un lato, e come punto d’incontro dall’altro. L’accessibilità al museo è prevista da entrambi i lati al piano terra, dove sono localizzati i servizi direttamente connessi alla sala principale. Ai piani superiori una spina dorsale longitudinale offre la possibilità di accedere in maniera indipendente alle aree espositive distribuite nel museo. Una seconda scala offre la possibilità di collegare e visitare le aree tematiche nella giusta sequenza o indipendentemente l’una dall’altra. L’obbiettivo del progetto è quello di riutilizzare e trasformare gli spazi dell’ex caserma in un centro commerciale urbano. Il progetto intende mantenere il colonnato aperto al piano terra e prevede una copertura molto leggera sorretta da struttura indipendente, una sorta di ombrello, che fornisce protezione alla corte. La pavimentazione della corte è realizzata in pietra in continuità con la nuova piazza prevista accanto al museo, per un nuovo spazio pubblico per la città, destinato ad accogliere gli eventi più diversi. Il progetto museografico risponde al modello museologico prospettato secondo il quale non sono più centrali gli oggetti, sostituiti dalla rappresentazione e dalla narrazione, e offre una risposta adeguata a questa impostazione. Il progetto prevede pertanto la costruzione di spazi espositivi permanenti e temporanei flessibili, caratterizzati dalla presenza o meno della luce naturale, sfruttata in tutte le aree di distribuzione, negli spazi di servizio e negli ambienti espositivi temporanei, ma sostituita dalla luce artificiale negli spazi espositivi permanenti. The project aims to create a new Arts Precinct and thereby reconfigure the city of Mestre, from north to south, through a series of clear, simple interventions. The courtyard of the existing building will be covered with a new independent roof, to create a sheltered piazza; a new autonomous building will include an interior atrium-passageway; finally, a new garden-piazza will be set opposite the former military stable-blocks. Within the site, a system of pedestrian thoroughfares will be articulated by two axes, a vertical axis running through the covered courtyard of the former military barracks, and a horizontal axis which will pass through the atriumpassageway of the new building; these will converge in a central space which will be endowed with a strong sense of civic identity. The project design proposes a new independent structure of monumental quality. Since the museum will not require natural illumination, the design comprises a half-closed construction in brick, set alongside a new garden-piazza which will be laid out with stone paving and native trees. The intention of the museum design is to create a building with a strong architectural presence. The interior will incorporate a monumental public hall for the use of the city and the museum, while the façades will be composed of colonnades of square-based columns, spaced more or less widely apart, to communicate the idea of the building’s penetrability. The design incorporates an atrium-passageway which will help make the museum more open and accessible. The atrium will extend up to four floors high, while the passageway will be set at ground-floor level only and will cross the building. The atrium, with its monumental stairway, will enable horizontal and vertical movement through the building. It will function as both the main gallery of the museum and as a public hall, for use by all, even when the museum itself is closed. The imposing stairway will have very wide flights of steps leading to all floors of the museum, which will serve to emphasise the monumentality of the public hall. On the upper levels, the flights of steps will develop into balconies built of brick, which, together with the atrium, will create a pure, markedly tectonic space with a strong physical presence, opening out under the roof. The façades of the new building will comprise colonnades in brick, surmounting a wall which will be supported on the floors which will be made of concrete and finished with cocciopesto (a traditional material made of lime mortar and crushed brick). The façades will vary in density according to their orientation, and a cantilevered canopy, of varying depth, will wrap around the top of the building. The west façade will seem more transparent through wider spacing of its colonnade, which will make it connect visibly with the piazza. The museum layout will be organised around a central space which will function as a circulation and orientation hub, but also as a meeting place. The museum will be accessible on both sides, with facilities on the ground floor being directly connected to the main hall. A ‘spine’ running the length of the upper floors will give independent access to the museum’s exhibition galleries. A second stairway will enable themed spaces to be connected and visited in a given sequence or, instead, visited independently of each other. Another aim of the design is to convert the spaces of the former military barracks for use as an urban shopping centre. The design would retain the open colonnade on the ground floor and would protect the courtyard from the elements by covering it with a very light roof, supported on an independent structure – like a sort of umbrella. The courtyard will be paved in stone to maintain continuity with the proposed piazza beside the museum; it will represent a new public space for the city, a venue for many different sorts of events. The museum design aims to respond fully to the new museological model, where the central role of the object has been substituted by representation and narration. The design proposal therefore involves the construction of flexible permanent and temporary exhibition spaces, which will be distinguished by the absence or presence of natural light. All the circulation and service areas, as well as the temporary exhibition galleries will benefit from natural light, whereas artificial lighting will be used in the permanent exhibition spaces. 62 62 Tavola 01 Planimetria generale / General arrangement Tavola 02 Pianta livello terreno quota +2,75m / Ground-floor plan - level +2.75m 63 63 64 64 Tavola 03 Pianta livello primo quota +7,25m / First-floor plan - level +7.25m Tavola 04 Pianta livello secondo quota +11,25m / Second-floor plan - level +11.25m 65 65 66 66 Tavola 05 Pianta livello terzo quota +16,25m / Third-floor plan - level +16.25m Tavola 06 Pianta livello coperture quota +20,75m / Roof plan - level +20.75m 67 67 68 68 Tavola 07 Pianta livello interrato quota -1,75m / Basement plan - level -1.75m Tavola 08 Sezioni e prospetti / Sections and elevations 69 69 70 70 Tavola 09 Sezioni e prospetti / Sections and elevations Tavola 10 Dettagli costruttivi / Construction details 71 71 72 72 Tavola 11 Viste degli spazi esterni / Views of exterior layout Tavola 12 Viste tridimensionali complessive / 3D views 73 73 74 74 Tavola 13 Viste degli spazi interni / Views of interior layout Tavola 14 Viste degli spazi interni / Views of interior layout 75 75 76 76 Tavola 15 Schemi grafici di circolazione e accessibilità / Plan showing points of circulation 77 Pierre-Louis Faloci Agence Pierre-Louis Faloci Parigi, Francia / Paris, France 80 Concorrente Participant Agence Pierre-Louis Faloci Gruppo di progettazione Design team Alberto Venzo Nicolas Reymond Vincent Gillot Adrien Cosnefroy Julien Joly Paul Emmanuel Lambert Consulenti Consultants Studio Altieri s.p.a. Lucas Fornari Alessandro Melotto Alberto Maren Qualitalia Patrick Amicucci Plastici Models Remi Munier Fotografie Photos Daniel Osso 80 81 Descrizione del progetto Design concept Il progetto mira ad affrontare le trasformazioni in atto puntando sulla sostenibilità. In Italia il XX secolo ha depositato tracce pesanti su un territorio che conserva memorie di una storia unica. Queste trasformazioni violente obbligano a pensare che il compito delle generazioni che verranno sarà quello di ricomporre e ripensare interi brani di territorio, simili alla zona industriale di Mestre. M9 comprenderà un museo concepito per stimolare l’analisi critica di quanto prodotto dal recente passato e a dare nuovo slancio al miglioramento sociale. Per questa ragione il museo è stato concepito per essere utilizzabile in modo flessibile e semplice, evitando che la sua forma plastica ne condizioni l’uso. Sono state studiate tutte le possibilità per permettere il facile accesso del pubblico e sono state prese in considerazione le opportunità offerte dall’area al fine di valorizzare le diverse inquadrature dell’intorno che è possibile cogliere dalla nuova costruzione. Il progetto prende le mosse dai diversi livelli in cui si articola il rapporto tra il nuovo complesso e la città, e configura dei “suoli” sovrapposti, il primo dei quali consiste in una salita formata da un vasto piano inclinato verso la via pedonale e da un’ampia scalinata verso la piazza interna. Nel sottosuolo sono situati i parcheggi, i locali tecnici e i depositi. Un nuovo “suolo” intermedio, accoglie i servizi e l’accesso al piano terra, collegato a una via laterale. Al di sopra si trova uno spazio di accesso al museo, un negozio, vari servizi pubblici e soprattutto una piazza che offre la vista sulla e nella città. Il museo è sollevato di otto metri rispetto al nuovo “suolo” e di dodici metri rispetto al livello della città. Si è ritenuto di conservare l’aspetto dell’ex caserma ricoprendo la corte interna con una vetrata leggera sorretta da travi reticolari e cavi, mentre è prevista la costruzione di corridoi di vetro traslucido e di una ampia vetrata allo scopo di distribuire al meglio la luce negli spazi commerciali. L’ingresso del museo è a doppia altezza e consente l’accesso sia dalle strade esistenti sia dal nuovo “suolo” costruito alla quota superiore. Si può entrare nella parte inferiore della costruzione dalla strada lungo il basamento e così raggiungere un’area che raggruppa tutte le funzioni vicino alla zona d’accoglienza (sale pedagogiche, negozi, mediateca, guardaroba, toilette, accesso basso ai ristoranti o alle sale polivalenti, ecc). Nella parte alta è sistemata la biglietteria con una piccola boutique. L’accesso a doppia altezza non nuoce alla fluidità spaziale della hall e contribuisce a mettere in rapporto i due diversi livelli. A partire dalla zona d’accoglienza, due scale mobili portano al museo. La scelta di innalzare di dodici metri il piano del museo consente di offrire uno spazio pubblico molto generoso destinato a collegare la via pedonale al centro del lotto. Giungendo al museo il pubblico viene accolto in una sala dove sono annunciati i temi affrontati nelle esposizioni. Tutto il primo livello sospeso è dedicato alle mostre permanenti, mentre quelle temporanee troveranno ospitalità su tre livelli, in spazi incastonati nel basamento. Un percorso esterno permetterà ai visitatori di scegliere quale parte dell’esposizione temporanea visitare, oppure di accedere alla mostra permanente. Il progetto mira a realizzare una struttura che compare e scompare a seconda delle viste, simile a una vibrante scultura luminosa. La copertura verde è attraversata dalle canne di un “organo”, ossia da prese di luce verticali che attraversano l’edificio e portano la luce naturale ai piani sottostanti. Sia dalla mostra permanente sia da quelle temporanee si può osservare una torre di oltre trenta metri, simile alla torre metallica dell’edificio vicino. Il progetto prevede il totale recupero dell’acqua piovana e il suo trattamento per utilizzarla per la pulizia dei pavimenti, l’annaffiamento delle piante, l’uso nei servizi e per la spruzzatura durante i periodi più caldi; l’impiego di pannelli solari atti a soddisfare in tutto o in parte le necessità del complesso; l’adozione di vetrate in tre strati per garantire l’isolamento termico. L’edificio dovrà trasmettere una sensazione di leggerezza e per questa ragione si è deciso di ricorrere all’uso del vetro serigrafato per aumentare l’opacità dell’involucro e moltiplicare gli effetti, il gioco dei riflessi, l’alternanza di superfici traslucide e trasparenti che lo caratterizzeranno. The project intends to consider current transformations whilst focussing on sustainability. In Italy the 20 th century has left heavy traces over a territory which stores memories of a unique history. These violent transformations oblige us to think that the task of future generations will be to reassemble and re-think entire areas of land, like the industrial areas of Mestre. M9 will include a museum conceived to stimulate critical consideration of the products of the recent past and to give a new impulse to social improvement. For this reason the museum was planned to be useable in a simple and flexible way, without its plastic form conditioning its use. All possible options were studied to ensure easy access for the public, and all the possibilities offered by the area were taken into consideration in order to optimize the numerous views which are offered from the new construction. The project takes its form from the different levels where the relationship between the new complex and the city is articulated, and represents overlapping “ground levels”, the first of which consists in a slope formed by an enormous level sloping towards the pedestrian street and by a wide flight of stairs towards the internal courtyard. Underneath is parking, storage areas and the machine rooms. A new intermediate “level” hosts the services and access to the ground floor, connected to one of the lateral roads. Above there is an access space for the museum, a shop, various public services and, above all, a square which offers a view on and in the city. The museum is raised eight metres above the new ground level and by twelve metres compared to the ground level of the city. It was decided to maintain the aspect of the ex-barracks building covering the internal courtyard with a light glass held up by reticular beams and wires, whilst the construction of corridors of translucent glass and a wide window have been planned to most efficiently distribute light through the commercial spaces. The entrance of the museum is of double height and consents access to both the actual road and the new “ground level” constructed at the higher level. Entrance is possible to the lower part of the construction from the street along the edge of the basement and so leads to the area which gathers together all the functions of the complex near the welcoming area (education rooms, shops, media library, cloakroom, bathroom, lower access to the restaurant or to the multipurpose rooms, etc.). In the upper part is the ticket office with a small store. The double height access does not disturb the fluidity of the space of the hall and contributes to create a relationship between these two different areas. From the welcome area, two large escalators lead to the museum. The choice of raising the museum floor by twelve metres creates the possibility of a large public space intended to connect the pedestrian area to the centre of the complex. Once having reached the museum the public enters a room where the themes treated by the exhibitions are presented. The entire first suspended floor is dedicated to the permanent exhibitions, whilst temporary exhibitions will be held on three levels in spaces set into the basement. An external path will allow the visitor to select which part of the temporary exhibition to visit, or instead to access the permanent exhibition. The project plans the realisation of a structure which appears and disappears depending on the view point like a vibrant sculpture of natural light. The green covering is threaded with tubes of an “organ”, or rather by vertical light shafts which go through the entire building and bring natural light to the underlying floors. From both the permanent exhibition and the temporary exhibition spaces a tower of over thirty metres high can be seen, similar to the metallic one of the neighbouring building. The project intends for the complete recovery of rain-fall and its treatment in order that it might be used for the cleaning of the floors, watering of the plants, in the services and for spraying during the hottest periods; the use of solar panels which can satisfy all or part of the energy requirements of the complex; the adoption of triple glazing to guarantee thermal insulation. The building will transmit a sense of lightness and for this reason it was decided to use frosted glass to increase the opacity and multiply the effects, the play of reflections, the alternation of translucent and transparent surfaces, which characterise it. 82 82 Tavola 01 Viste tridimensionali complessive del progetto / 3D views Tavola 02 Viste tridimensionali complessive del progetto / 3D views 83 83 84 84 Tavola 03 Sistema di accessibilità all’area e agli edifici / Accesses to site and buildings Tavola 04 Viste degli spazi interni ed esterni / Interior and exterior views 85 85 86 86 Tavola 05 Viste degli spazi interni ed esterni / Interior and exterior views Tavola 06 Planimetria generale di progetto a livello terra / General arrangement - ground level 87 87 88 88 Tavola 07 Piano terra / Ground-floor Tavola 08 Piano primo / First-floor 89 89 90 90 Tavola 09 Piano secondo / Second-floor Tavola 10 Piano terzo / Third-floor 91 91 92 92 Tavola 11 Piano quarto / Fourth-floor Tavola 12 Piano quinto / Fifth-floor 93 93 94 94 Tavola 13 Piano sesto / Sixth-floor Tavola 14 Piano interrato e sezioni / Basement and sections 95 95 96 96 Tavola 15 Sezioni / Sections Tavola 16 Prospetti / Elevations 97 97 98 98 Tavola 17 Piano delle coperture / Roof plan Tavola 18 Dettagli / Details 99 99 100 100 Tavola 19 Cantierizzazione e impianti / Building-site arrangement 101 Luis Mansilla Emilio Tuñón Mansilla+Tuñón Arquitectos Madrid, Spagna / Madrid, Spain 104 Concorrente Participant Mansilla+Tuñón Arquitectos Gruppo di progettazione Design team Luis M. Mansilla Emilio Tuñón Collaboratori Collaborators Matilde Peralta del Amo Jesús Vassallo Javier González Galán M. José Castillón Espert Nuria Martínez Salas Consulenti Consultants J.G Asociados Sancho Páramo Cerqueira Strutture Structures Gogaite S.L. 104 105 Descrizione del progetto Design concept M9 è situato nel cuore di Mestre. La sua posizione strategica richiede un intervento che funzioni da catalizzatore, valorizzi e ridia vita a tutta la zona per trasformare Mestre in una città moderna capace di reinventarsi come capitale di una vasta area metropolitana. Come fanno i maestri profumieri che ottengono i loro profumi combinando essenze di piante e fiori per far sì che aprendo le boccette la loro fragranza si diffonda e invada l’area che li circonda, progettando Acqua Veneta abbiamo composto sedici “bottiglie” per contenere le esposizioni che mostreranno con freschezza e trasparenza i cambiamenti radicali che i cittadini del Veneto hanno reso possibili socialmente, culturalmente ed economicamente nel secolo scorso. Le “bottiglie” sono rovesciate e con la bocca che sfiora il suolo consentono lo scambio, l’entrata delle persone e delle idee. Le “bottiglie” vanno collocate dove il flusso delle persone che affluiscono dalle diverse parti della città lo permette. Nel loro insieme funzionano come il mercato di Venezia e formano una piazza la cui tettoia protegge dalla pioggia e dal sole. Il progetto prevede di ristrutturare gli altri edifici compresi nel lotto per accogliere un centro commerciale. Attualmente il sito è ben delimitato dal muro che segnava i confini della caserma, le cui aree vuote insieme alle altre costruzioni e agli spazi abbandonati lo fanno assomigliare a un’isola in mezzo alla città. Sebbene sia difficile riconoscere l’uso al quale erano destinate queste preesistenze, attraversandole si ha l’imperssione di spostarsi in una natura morta. Il susseguirsi di locali vuoti dove l’impronta lasciata dagli abitanti è tangibile conferisce agli spazi, con geometrie e disposizioni similari, un carattere e un’atmosfera propri. In quest’“isola” la vita trascorsa ha lasciato impronte simili a quelle che si potrebbero osservare nella vetrinetta di un collezionista che ha conservato i ricordi dei viaggi compiuti. La somma di ogni elemento dà valore e significato al tutto. La strategia compositiva adottata per il progetto, fondata sull’addizione di elementi diversi ed equivalenti, è suggerita da questi caratteri del luogo e, insieme, da ciò che costituisce l’essenza stessa di un museo. Oggi più che mai, realizzare un’opera di architettura equivale a progettare un brano di una città. Gli edifici non sono soltanto contenitori di attività, ma, soprattutto, involucri per la vita sociale, quanto delimita e dà forma allo spazio pubblico. Anche l’edificio da noi progettato intende offrire alla città e ai suoi abitanti un luogo dove ritrovarsi, discutere, giocare, apprendere e tessere relazioni umane. La costruzione ha una sagoma molto riconoscibile che evoca la forma di un silo, che presuppone un contenuto (l’arte) e una funzionalità (essere parte attiva della vita sociale). Optando per una forma industriale si è voluto rendere omaggio al carattere della città e attribuire alle importanti dimensioni delle costruzione un aspetto familiare, in armonia con le preesistenze che la circondano. L’interno del nuovo edificio è caratterizzato da un insieme di elementi che funzionano in comune, in modo tale che la piccola scala delle singole parti e quella dell’insieme vengano percepite simultaneamente. Si tratta di un sistema flessibile che può essere utilizzato nella sua totalità o per parti, essendo ogni zona caratterizzata da spazi, luce, orientamento, vista che ne consentono la fruizione autonoma. Tenendo conto del fatto che nei musei la gestione dinamica è più importante delle dimensioni, il progetto configura un edificio con parti chiuse ridotte e punta sulla chiarezza contro la monotonia; si articola in un piano dedicato alle esposizioni temporanee e uno per la mostra permanente. Il piano terra è aperto all’uso degli abitanti della città e può accogliere mostre all’aperto e svariate attività culturali. La piazza porticata permette l’afflusso delle persone e costituisce un palcoscenico urbano per le varie attività legate ai programmi del museo e del centro commerciale. La storia non si conserva soltanto nelle forme degli edifici, ma anche nelle tracce lasciate dalle vite di coloro che li hanno abitati. Per questa ragione nell’affrontare il problema dell’ex caserma il progetto ha preso le mosse dall’“archeologia” della vita lì trascorsa, le cui impronte, simili a quelle di una carta da parati, sono state assunte come punto di partenza per configurare il nuovo centro commerciale. M9 is situated in the heart of Mestre. Its strategic position requires an intervention which will act as a catalyst, optimize, and give life back to the whole area in order to transform Mestre into a modern city capable of reinventing itself as the capital of a vast metropolitan area. Just as master perfume makers create their scents combining plant and flower essences so that by opening the bottles their fragrance is diffused and invades the area around it, projecting Acqua Veneta we have composed sixteen “bottles” to contain the exhibitions which will display in a fresh way and with transparency the radical changes which the residents of the Veneto have made possible both socially, culturally and economically in the last century. The “bottles”, with their necks open to the ground allow exchange, the entrance of people and ideas. The “bottles” will be placed where the flow of people which pour in from various parts of the city allow it. Together they act as the market of Venice and form a square whose roof protects it from the rain and sun. The project envisages the restructuring of the other buildings in the plot to host a commercial centre. Presently the site is clearly delineated by a wall which indicated the confines of the barracks, the empty area of this, together with the other constructions and the abandoned spaces, creates the appearance of an island in the middle of the city. Although it is difficult to recognize the uses which were once designated to the spaces, walking through them the impression given is of walking through a still life. The succession of empty buildings where the mark left by those who inhabited them is tangible, gives the spaces, whose geometry and set ups are similar, a unique and individual atmosphere. In this “island” the past has left a mark similar to that which might be seen in the display case of a collector who has conserved memories of voyages made. The sum of every element gives value and significance to the whole. The compositional strategy adopted for the project, founded on the addition of diverse and equivalent elements, is suggested by these characteristics of the place and, together, by that which constitutes the very essence of a museum. Today, more than ever, to realise an architectural work is the same as projecting a piece of the city. The buildings are not only containers of activity, but, above all, are wrappings for social life in the way in which they demarcate and give form to public space. Also the building planned by us intends to offer the city and its inhabitants a place where they can meet, discuss, play, learn and weave human relations. The construction has a clearly recognisable outline which evokes the form of a silo, implying a content (art) and a functionality (to be an active part of social life). Opting for an industrial form was deliberate in order to render homage to the character of the city and to give to the large dimensions of the construction a familiar aspect, in harmony with the pre-existing spaces which surround it. The interior of the new building is characterised by a grouping of elements which function together, so that the small scale of the single parts and that of the whole are perceived simultaneously. It is a flexible system which can be used as a whole or in its single parts, as each zone is characterised by spaces, light, orientation, a view which consents autonomous use. Taking into account the fact that dynamic management in a museum is more important than its dimensions, the project envisages a building with reduced closed areas and focuses on clarity rather than monotony; it is articulated in a plan dedicated to temporary exhibitions and a part for the permanent collection. The ground floor is open for the use of the city’s residents and can hold exhibitions outside and various cultural activities. The arcaded square allows the movement of people and functions as an urban stage for various activities tied to the museum programme and the commercial centre. History is not only preserved in the form of the buildings, but also in the traces left by the lives of those who inhabited them. For this reason in considering the issue of the ex-barracks the project has taken its path from the “archeology” of the life led there, whose marks, like those of the wallpaper, have been taken as a starting point for the shaping of the new commercial centre. 106 106 Tavola 01 Tavola 02 Planimetria generale / Site plan 107 107 108 108 Tavola 03 Piano terra / Ground-floor Tavola 04 Piano primo / First-floor 109 109 110 110 Tavola 05 Secondo Piano / Second-floor Tavola 06 Terzo piano / Third-floor 111 111 112 112 Tavola 07 Piano interrato / Basement Tavola 08 Sezioni / Sections 113 113 114 114 Tavola 09 Sezioni / Sections Tavola 10 Sezioni / Sections 115 115 116 116 Tavola 11 Tavola 12 117 117 Matthias Sauerbruch Louisa Hutton Sauerbruch Hutton Berlino, Germania / Berlin, Germany 120 Concorrente Participant Sauerbruch Hutton Gruppo di progettazione Design team Matthias Sauerbruch Louisa Hutton Juan Lucas Young Bettina Magistretti Carlos Alarćon Allen Sybille Bornfeld Tom Geister Collaboratori Collaborators Jörg Albeke Cristina Haumann Stephanie Hesse Tarek Ibrahim Lina Lahiri Ilja Leda Konrad Opitz Emma Reid Maria Saffer Christian Toechterle-Knuth Tatiana Trinidade Consulenti Consultants S.C.E. project s.r.l. Progetto strutturale Structural design Tomaselli Engineering Progetto impiantistico/ antincendio M&E system/ fire strategy Plastico Model Werk5 Rendering Sauerbruch Hutton + Archimation 120 121 Descrizione del progetto Design concept Il progetto propone la costruzione di un edificio per un nuovo museo integrato con la sua volumetria all’impianto urbano di Mestre. La sua collocazione migliora la rete pedonale della città, crea e collega nuovi spazi che si inseriscono in maniera attenta nel contesto. Da un lato il museo costituisce un catalizzatore per rivitalizzare il centro storico, dall’altro funziona come una cornice mirante a valorizzare le preesistenze. Al fine di creare una connessione pedonale tra piazza Ferretto e via Cappuccina attraverso l’ex caserma il progetto prefigura un passaggio diagonale e una “piazzetta del museo” per attirare i visitatori e invitarli ad attraversare l’intero complesso. Da questa prima “decisione urbanistica” dipendono le scelte progettuali successive e in particolare quella di introdurre una diagonale che suddivide il lotto in due parti di forma triangolare. Il triangolo maggiore su via Brenta Vecchia accoglie l’edificio del museo, mentre un corpo di fabbrica di servizio più piccolo occupa la porzione dell’area su via Pascoli. Il progetto configura la ristrutturazione e il riuso dell’ex caserma, dove, per creare spazi esclusivamente dedicati al commercio, si prevede di dotare di vetrine sia la facciata al piano terra su via Poerio sia quelle nel portico del chiostro, che risulterà così vivacizzato dalle attività commerciali che lo incorniceranno. Insieme alle ex scuderie, sul lato ovest del lotto, di cui si prevede la ristrutturazione a fini commerciali, il complesso rivitalizzerà anche l’area attraversata da calle Legrenzi. Il passaggio esistente al piano terra sarà allargato secondo un angolo aperto verso la “piazzetta del museo” al fine di segnalarne anche da lontano l’ingresso. L’attenzione dei visitatori che si avvicinano a piedi al museo è catturata dai volumi diagonali dei due nuovi corpi di fabbrica, i cui ingressi e la cui organizzazione interna risultano ben percepibili. Dal piano terra si raggiunge quello superiore attraverso un’ampia scala che mira ad attirare l’attenzione dei visitatori sulla piazzetta e sull’ex caserma. Dopo una svolta, una scala a quattro rampe, lunga circa 50 metri e illuminata dal pavimento, sale dolcemente ai piani espositivi, dividendosi per consentire l’accesso al primo livello dell’esposizione permanente. Le aree espositive al primo e secondo piano sono concepite come flessibili “scatole nere” di circa 1.150 mq per piano. Tutti i livelli espositivi sono progettati a partire da una griglia di 9x12 m. Qualora si optasse per una configurazione “classica” la galleria sarebbe formata da ambienti di 6x9 m con una superficie di 54 mq, nel caso dei più piccoli. Grazie a questo modulo tutti i piani del museo possono essere configurati come un’infilata di “gabinetti”, oppure come uno spazio continuo ripartito, ovvero come un grande spazio unico. Al secondo piano, alla fine della scala principale si attraversa un lungo ambiente che contiene le informazioni relative alle mostre temporanee allestite al terzo piano. Chi non intende visitare l’esposizione permanente, si muove in questo spazio come in una zona di transito che porta alla scala per il terzo piano, illuminata dall’alto attraverso lucernari. Questa illuminazione preannuncia la luce naturale che caratterizza gli spazi espositivi di 1.050 mq ricavati al terzo piano, dotati di sheds orientati a nord. Questi spazi, a differenza di quanto avviene nei piani destinati all’esposizione permanente, formano una “scatola bianca” oscurabile, dalla quale è possibile accedere a un balcone o di godere la vista della città vecchia attraverso ampie aperture vetrate. L’edificio è riconoscibile nel suo rivestimento esterno in ceramica policroma. L’accordo cromatico che recepisce e interpreta le modulazioni di colore dell’ambiente circostante è il segno di riconoscimento del museo. Gli ingressi e le rientranze sono eseguiti in cemento a vista, materiale che compare anche nella parte superiore dell’edificio. La volumetria dell’edificio deriva da valutazioni di carattere urbanistico e funzionale. L’attraversamento del lotto, l’integrazione tridimensionale della costruzione nel contesto, l’accessibilità di tutte le componenti del programma e la disposizione delle superfici al piano terreno hanno giocato un ruolo importante. L’aspetto del museo mira a interpretare l’eredità artistica del XX secolo. Condivide con il Futurismo italiano la fascinazione per il movimento e la velocità come componenti fondamentali dell’orizzonte percettivo contemporaneo. Con l’arte (e l’architettura) moderna condivide l’uso mirato del colore come mezzo di percezione spaziale. Appartiene invece al XXI secolo la consapevolezza del valore della “continuità sostenibile” che il progetto interpreta, in particolare con la sua concezione urbanistica. The project proposes the construction of a building for a new museum integrated with its building mass to the urban system of Mestre. Its placement improves the pedestrian network in the city, creates and connects new spaces which carefully and attentively become part of the larger context. Seen from one side the museum works as a catalyst to regenerate the city centre whilst from the other it functions as a frame focussed on optimising the pre-existing situation. In order to create a pedestrian connection between Piazza Ferretto and Via Cappuccina via the ex-barracks the project envisages a diagonal path and a “Museum Square” to attract visitors and invite them to pass through the entire complex. From this first “town planning decision” depend the successive planning choices and specifically that of introducing a diagonal which divides the plot into two triangular parts. The larger triangle on Via Brenta Vecchia will hold the museum building, whilst the smaller body of the service building will occupy the portion of the area on Via Pascoli. The project foresees the restructuring and re-use of the ex-barracks, where to create spaces exclusively dedicated to commerce the facades on the ground floor of Via Poerio, and those of the arcade of the cloister, will be given shop windows, resulting in this area being brightened up by the commercial activities which will frame it. Together with the ex-stable, on the western side of the plot, for which is envisaged a project of restructuring for commercial purposes, the complex will also revitalise the part crossed by Calle Legrenzi. The existing path at ground level will be widened following an open corner towards the “Museum Square” in order to indicate the entrance even from a distance. The visitor’s attention will be captured as they draw nearer on foot to the museum by the diagonal volumes of the two new bodies of the construction, whose entrances and whose internal organisation will be immediately discernible. The upper floor will be reached from the ground floor by means of a wide stair which is intended to focus the visitor’s attention on the small square and the ex-barracks. After a turn, a stair in four flights, around 50 metres long and illuminated from the floor, gently leads up to the exhibition floors, dividing itself to allow access to the first floor of the permanent exhibition. The exhibitive areas on the first and second floors are conceived as flexible “black boxes” of around 1,150sq m per floor. All the exhibitive floors are planned on a grill of 9x12m. In the event that a “classical” configuration should be chosen the gallery would be formed of spaces of 6x9m with an overall individual surface of 54sq m, in the case of the smaller ones. Thanks to this module all the levels of the museum can be configured like a string of “studios”, or as a continuous divided-up space, or as a single large room. On the second floor, at the end of the main stairs the visitor will pass through a long room containing all the information about the temporary exhibitions exhibited on the third floor. Those who do not wish to visit the permanent exhibition will move through this transit zone which leads to the stairs to the third floor, lit from above by sky-lights. This illumination is a prelude to the natural light which characterises the exhibition spaces of 1,050sq m on the third floor, equipped with sheds orientated to the north. These spaces, diversely from the situation on the floors designated for the permanent exhibition, form a “white box” which can also be darkened, from which it is possible to arrive onto a balcony or enjoy the view of the old city through large glass openings. The building is identifiable owing to its exterior cladding in polychrome ceramic. The chromatic agreement which acknowledges and interprets the modulations of colours of the surrounding area is the sign of recognition of the museum. The entrances and alcoves are made of cement, a material which also appears in the upper part of the building. The volumetry of the building derives from evaluations of a town planning and functional nature. The crossing of the plot; the three-dimensional integration of the construction in the wider context; the accessibility of all the components of the programme; the arrangement of the surfaces on the ground floor, have all played an important role. The aspect of the museum is intended to interpret the artistic inheritance of the twentieth century. It shares with Italian Futurism the fascination for movement and speed as fundamental components of the contemporary perceptive horizon. With modern art (and architecture) it shares the attentive use of colour as a vehicle for spatial perception. The awareness of the value of “sustainable continuity” belongs instead to the 21st century, which the project interprets particularly with its town planning conception. 122 122 Tavola 01 Schemi grafici di inserimento urbano / Urban context analysis Tavola 02 Vista dello spazio esterno / Exterior view 123 123 124 124 Tavola 03 Vista dello spazio esterno / Exterior view Tavola 04 Schemi grafici / Drawings 125 125 126 126 Tavola 05 Dettaglio costruttivo / Construction detail Tavola 06 Viste degli spazi interni / Interior views 127 127 128 128 Tavola 07 Vista dello spazio interno / Interior view Tavola 08 Prospetti / Elevations 129 129 130 130 Tavola 09 Planimetria a livello terra / Site plan Tavola 10 Pianta piano terra / Ground-floor plan 131 131 132 132 Tavola 11 Pianta primo piano / First-floor plan Tavola 12 Pianta secondo piano / Second-floor plan 133 133 134 134 Tavola 13 Pianta terzo piano / Third-floor plan Tavola 14 Pianta del piano interrato / Basement plan 135 135 136 136 Tavola 15 Pianta delle coperture / Roof plan Tavola 16 Sezioni / Sections 137 137 Eduardo Souto de Moura Souto Moura Arquitectos Porto, Portogallo / Porto, Portugal 140 Concorrente Participant Souto Moura Arquitectos Gruppo di progettazione Project team Eduardo Souto de Moura Collaboratori Collaborators André Campos Ana Patrícia Santos Consulenti Consultants Afaconsult 140 141 Descrizione del progetto Design concept Il progetto per M9 e la riconversione dell’ex convento delle Grazie in un centro commerciale conserva le facciate e le parti significative della struttura dell’edificio esistente e prevede soltanto la demolizione di alcune pareti divisorie. La strategia adottata è di inserire gli accessi (scale e ascensori) nel corpo di spessore minore, mantenendo libero quello di maggiore profondità per i negozi. Affinché nel centro commerciale non vi siano corridoi ciechi e le condizioni siano le migliori per la vendita, le scale mobili sono posizionate in modo da obbligare il pubblico a percorrere tutto il piano per salire o scendere. Per il nuovo museo è stata adottata la tipologia a patio, analoga a quella dell’ex convento annesso, che comporta una circolazione continua. Il patio propriamente detto può essere anche utilizzato come estensione all’aperto delle sale del piano terra e in particolare della caffetteria. Il volume dell’edificio si adegua alle preesistenze che lo circondano, sia che si tratti di edifici di qualità (ex convento delle Grazie) o di edifici anonimi. Anche in questo caso la città è un’entità compatta e anche in questo caso un punto di vista selettivo o moralistico non è il più appropriato per affrontare un progetto urbano: come diceva Fernando Pessoa, infatti, “basta esistere per avere qualche ragione d’essere”. Il museo è costituito da un piano interrato, dal piano terra, da altri due piani e da un piano arretrato in copertura, non percepibile da nessun punto della città o dal patio interno. Adeguare il coronamento della nuova costruzione all’intorno è stato uno dei nostri principali obiettivi, perchè siamo convinti che la città si costruisce nella continuità, seguendo una regola; le eccezioni valgono per i monumenti e non è questo il caso. I materiali di cui è previsto l’impiego all’esterno sono mattone, vetro e cemento faccia vista bocciardato per l’entrata di servizio. Questa “pelle” esteriore è sostenuta da una costruzione mista in cemento armato e acciaio, a sua volta portata da pareti strutturali. Si prevede un parziale riuso dei mattoni delle costruzioni demolite e delle cornici di alcune finestre, non per ragioni ecologiche, ma per ricreare l’atmosfera di un ambiente le cui proporzioni e i cui materiali meritano di venir salvaguardati. I muri e le finestre finte così ottenute formano una scena, un ready made che rende funzionale a un museo ciò che è banale e anonimo. Citare un “testo” che sta per scomparire, rientra infatti nel nostro modo di intendere l’architettura come continuità. Il vetro è presente soprattutto al piano terra, dove crea una trasparenza graduale tra strada, museo e patio. L’assenza di una struttura in facciata e il vetro antiriflesso attribuiscono una permeabilità agli spazi possibile solamente in una costruzione del XXI secolo. Il museo ha quattro ingressi: un’entrata di servizio da via Pascoli, dove un camion può invertire la marcia con una sola manovra; un piccolo passaggio tra la piazzetta commerciale corte Legrenzi e il patio di accesso all’atrio del Museo; un’entrata laterale, con una lettera in marmo di grandi proporzioni leggibile da via Poerio, che conduce all’atrio suddetto attraverso un giardino (collegato a quello della chiesa) e i negozi del Museo. L’ingresso principale, ubicato tra la chiesa e il centro commerciale è segnalato da una sigla in marmo di grandi proporzioni; poiché è molto visibile e prossima al centro commerciale, faciliterà la frequentazione del Museo. I percorsi si sviluppano con continuità dall’atrio attraverso rampe mobili che conducono all’ultimo piano, dedicato alle esposizioni temporanee. A partire da quest’ultimo il senso di percorrenza si inverte e si può visitare la collezione permanente scendendo da un piano all’altro. Affinché la visita non risulti meccanica, abbiamo inserito piccole ambienti di sosta illuminati da luce naturale. Gli spazi espositivi per la collezione permanente sono attraversati soltanto da alcune pareti strutturali; a partire da esse possono venire configurati a seconda delle esigenze. Gli ambienti per le esposizioni temporanee ricevono luce naturale dalla copertura, mentre uno spazio particolare con un’altezza netta di quasi sette metri e luce più controllata potrà essere utilizzato per eventi o situazioni particolari. Questo nuovo edificio, legato all’ex convento delle Grazie, non sarà una nuova “icona” dell’architettura contemporanea. Le circostanze sono mutate e in greco “crisi” significa cambiamento. Cambiamento in questo momento a Venezia-Mestre, così come in Europa, significa essere più “naturali”, più “adeguati”, più silenziosi perché come diceva il poeta portoghese Herberto Helder “é con il silenzio che si fanno le voci”. The M9 project and the reconversion of the former convent of Santa Maria delle Grazie into a commercial centre conserves the facades and the most important parts of the structure of the existing buildings and envisages the demolition of only a few divisor walls. The strategy adopted is to insert the access points (stairs and lifts) into the narrower body, maintaining free that of the wider one for the shops. In order that the commercial centre doesn’t have blind corridors and that conditions are optimum for sales, the escalators are positioned in a way to oblige the public to walk through the entire length of the floor to go up or down. For the new museum a patio typology has been selected, analogous to that of the annexed former convent entailing a continuous circulation. The patio can also be used as an external extension of the rooms on the ground floor and in particular of the cafeteria. The volume of the building is in proportion to that of the pre-existing ones which surround it, both those buildings of quality (such as the former convent of Santa Maria delle Grazie) or anonymous buildings. Also in this case the city is a compact entity and again, in this case, a selective or moralistic point of view is not the most appropriate one to approach an urban project: as Fernando Pessoa said, “it is enough to exist to have a reason for being”. The museum is composed of a basement floor, a ground floor, a further two floors and an ultimate rear floor, invisible from any part of the city or from the internal patio. To allow the roof level of the new construction to fit into the surrounding area was one of our principle objectives, because we are firm in the belief that the city is constructed in continuity, following a rule; exceptions are suitable for monuments and this is not the case. The materials which are planned for the exterior of the building are bricks, glass and exposed bushhammered cement for the service entrance. This exterior “skin” is supported by a construction of mixed reinforced cement and steel, itself supported by structural walls. Some bricks will be reused from the demolished buildings and some window frames will be recovered, not for ecological reasons but rather to recreate the atmosphere of a complex whose proportions and whose materials deserve being protected. The pretend walls and windows will create a scene, a readymade which renders functional to a museum that which is banal and anonymous. The quotation of a “text” which is about to disappear falls into our way of understanding architecture as continuity. Glass is present above all in the ground floor, where it creates a gradual transparency between road, museum and patio. The absence of a structure with a facade and the anti-glare glass attribute a permeability to the spaces possible only in an edifice of the 21st century. The museum has four entrances: a service entrance from Via Pascoli, where a truck can turn around in one manoeuvre; a small crossing between the commercial square Corte Legrenzi and the access patio at Museum atrium; a lateral entrance, with an enormous letter in marble visible from Via Poerio, which leads to the aforesaid atrium by crossing a garden (connected to that of the church) and the Museum shops. The main entrance, situated between the church and the commercial centre is indicated by a large symbol in marble; as it is extremely visible and next to the commercial centre, it will facilitate visits to the Museum. Clear routes will develop with continuity from the atrium by means of escalators which lead to the upper floor, dedicated to temporary exhibitions. From this last floor the direction of movement will change and the visitor will peruse the permanent collection by descending from floor to floor. In order to avoid a mechanical feeling to the visit, we have inserted small spaces for pause, illuminated by natural light. The exhibitive spaces for the permanent collection have only a few supporting walls; in this way the spaces can be arranged according to requirements. The areas for the temporary exhibits receive natural light from the roof, whilst a separate space with a net height of almost seven metres and controllable light can be used for events or situations which require these conditions. This new building, tied to the former convent of the Grazie, will not be a new “icon” of contemporary architecture. Circumstances have changed and in Greek crisis means change. Change in this moment in Venice-Mestre, as in Europe, means being more “natural”, more adjusted, more silent because, as the Portuguese poet Herberto Helder said “it is with silence that voices are made”. 142 142 Tavola 01 Planimetria generale di progetto a livello del piano terra / General arrangement - ground-floor level Tavola 02 Pianta piano interrato / Basement plan 143 143 144 144 Tavola 03 Pianta piano terra / Ground-floor plan Tavola 04 Pianta piano primo / First-floor plan 145 145 146 146 Tavola 05 Pianta piano secondo / Second-floor plan Tavola 06 Pianta piano terzo / Third-floor plan 147 147 148 148 Tavola 07 Pianta coperture / Roof plan Tavola 08 Prospetti / Elevations 149 149 150 150 Tavola 09 Sezioni 01-05 / Sections 01-05 Tavola 10 Sezioni 06-10 / Sections 06-10 151 151 152 152 Tavola 11 Viste spazi esterni / Exterior views Tavola 12 Viste tridimensionali / 3D views 153 153 154 154 Tavola 13 Viste spazi esterni / Exterior views Tavola 14 Viste spazi interni / Interior views 155 155 156 156 Tavola 15 Dettagli costruttivi / Construction details Tavola 16 Strutture e impianti / Structural and M&E systems 157 157 158 158 Tavola 17 Assonometria del sistema di accessibilità e organizzazione funzionale / Axonometric view of accesses and internal distribution 159 160 Appendice / Appendix Fondazione di Venezia: the Decision Process Il percorso decisionale della Fondazione di Venezia 10.10.2005 Illustrazione del progetto museale ai consiglieri della Fondazione: Beltrame, Danieli, De Rita, Geymonat, Olivotto, Pellicani, Perinato. 27.01.2006 Presentazione del Master Plan del progetto museale ai Consigli della Fondazione. Presenti i componenti del Consiglio Generale e di Amministrazione: Annibaldi, Baldo, Beltrame, Brugiavini, Brunello, Cadel, Cappelletto, Cerchiai, Folin, Fontana, Fortunati, Foscari, Geymonat, Ghetti, Mion, Mirabelli, Olivotto, Perinato, Toniolo. 13.02.2007 Acquisto dell’ex Caserma Matter. 13.06.2007 Acquisto dell’ ex Caserma Pascoli. 21.03.2008 Presentazione dello stato di avanzamento ai Consigli. Presenti i componenti del Consiglio Generale e di Amministrazione: Baldo, Beltrame, Boatto, Bortolotto Possati, Brunello, Cadel, Cappelletto, Cerchiai, Danieli, Folin, Fontana, Fortunati, Geymonat, Ghetti, Magnani, Mion, Mirabelli, Perinato, Reviglio, Toniolo. 30.09.2008 Acquisto dell’ immobile Poerio-Brenta Vecchia. 27-8.03.2009 Presentazione dell’investimento complessivo e del cronoprogramma 2009-2015 ai Consigli. Presenti i componenti del Consiglio Generale e di Amministrazione: Baldo, Beltrame, Boatto, Bortolotto Possati, Brunello, Cadel, Cappelletto, Cerchiai, Danieli, Fontana, Fortunati, Geymonat, Ghetti, Mirabelli, Musu, Piazza, Reviglio, Toniolo. 15.12.2009 Firma dell’Accordo di Programma fra la Regione del Veneto, la Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Veneto e la Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici di Venezia e Laguna, il Comune di Venezia e la Fondazione di Venezia. 15.02.2010 Avvio del concorso architettonico. 15.06.2010 Consegna dei progetti preliminari. 27.08.2010 Proclamazione del vincitore del concorso architettonico e inaugurazione della mostra. 10.10.2005 The museum project is illustrated to the Foundation governors: Beltrame, Danieli, De Rita, Geymonat, Olivotto, Pellicani, Perinato. 27.01.2006 The museum-project master plan is presented to the following members of the Foundation’s General Council and Board of Governors: Annibaldi, Baldo, Beltrame, Brugiavini, Brunello, Cadel, Cappelletto, Cerchiai, Folin, Fontana, Fortunati, Foscari, Geymonat, Ghetti, Mion, Mirabelli, Olivotto, Perinato, Toniolo. 13.02.2007 The former Caserma Matter is purchased. 13.06.2007 The former Caserma Pascoli is purchased. 21.03.2008 A progress report is presented to the following members of the General Council and Board of Governors: Baldo, Beltrame, Boatto, Bortolotto Possati, Brunello, Cadel, Cappelletto, Cerchiai, Danieli, Folin, Fontana, Fortunati, Geymonat, Ghetti, Magnani, Mion, Mirabelli, Perinato, Reviglio, Toniolo. 30.09.2008 The Poerio-Brenta Vecchia property is purchased. 27-8.03.2009 The total investment and 2009-2015 timescale are presented to the following members of the General Council and Board of Governors: Baldo, Beltrame, Boatto, Bortolotto Possati, Brunello, Cadel, Cappelletto, Cerchiai, Danieli, Fontana, Fortunati, Geymonat, Ghetti, Mirabelli, Musu, Piazza, Reviglio, Toniolo. 15.12.2009 A Programme Agreement is signed by the Regione del Veneto, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, the Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna, the Comune di Venezia and the Fondazione di Venezia. 15.02.2010 The architectural competition is announced. 15.06.2010 The preliminary designs are received. 27.08.2010 The winner of the architectural competition is announced and the exhibition opens.