Intervento di Alberto Cavalli

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Intervento di Alberto Cavalli
Tavola rotonda di Aspen Institute Italia
“L’eccellenza del fare: mestieri d’arte e Made in Italy”
Milano, 3 febbraio 2014
Intervento di Alberto Cavalli
Direttore, Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte
Parlare di mestieri d’arte significa parlare delle belle cose che rendono piacevole la vita, come
dice Valéry Giscard d’Estaing; da Presidente della Repubblica Francese è stato lui che, nel
1976, ha contribuito a elevare i mestieri d'arte francesi a patrimonio nazionale. Ma prima di
parlare di questo, un preliminare doveroso. Quando si parla di artigianato, infatti, è
correttissimo citare gli oltre diecimila mestieri diversi che compongono questo prisma, vera
specificità italiana nel mondo del lavoro, che ha grande bisogno di risorse umane. Ma quando
si parla di mestieri d’arte il campo si restringe: all’interno del mondo dell’artigianato, dove
ogni attività è utile e meritevole, i mestieri d’arte rappresentano realtà specifiche,
specialistiche. Una “eccellenza”. E quanti sono, allora, i mestieri d’arte? In Francia il conto è
presto fatto: per legge della Repubblica i “métiers d’art” sono circa duecento, e su di essi veglia
un Istituto Nazionale che dipende dal ministero dell’economia e da quello della cultura. In
Italia fare i conti è più difficile: ci sono i mestieri elencati dal Decreto del Presidente della
Repubblica del maggio 2001, che sono circa 160, ma essendo questo mondo in evoluzione e in
mutamento ci sarebbe certo bisogno di un aggiornamento. I francesi, per esempio, escludono
dall’elenco tutti i mestieri dell’effimero: paradossalmente, dunque, in Francia il cuoco – lo chef
- non è un métier d’art. Mentre da una ricerca che abbiamo recentemente commissionato a
Enrico Finzi, il primo mestiere d’arte che viene in mente agli italiani è proprio il cuoco. Merito
senza dubbio della rivoluzione che ha investito questa figura professionale negli ultimi anni,
anche grazie a programmi di largo intrattenimento: e questo ci porta direttamente al primo
punto dell’agenda orientativa di oggi, ovvero a come tutelare i mestieri d’arte.
Diciamo subito che per tutelarli bisogna conoscerli. La prima ricerca scientifica commissionata
dalla Fondazione Cologni si intitolava proprio “l’intelligenza della mano”: i maestri hanno la
mano intelligente, creativa. Quindi: i mestieri d’arte sono quelle attività di altissimo
artigianato, tradizionali o contemporanee, in cui all’abilità manuale si accompagna una grande
capacità di interpretazione del progetto, un notevole senso artistico, una spiccata capacità di
mettersi in dialogo con il progettista, una destrezza innata per creare cose belle. Saper creare e
saper fare: un dialogo al quale si aggiunge oggi un terzo interlocutore fondamentale, ovvero il
designer, di cui Benvenuto Cellini non aveva forse bisogno ma del quale il maestro d'arte può
avere oggi necessità, per inserirsi con più facilità nel mondo contemporaneo. Quindi, che cosa
sono i mestieri d’arte? Sono quelle attività di altissimo artigianato, tradizionali o
contemporanee, in cui all’abilità manuale si accompagna una grande capacità di
interpretazione del progetto, un notevole senso artistico, una facoltà di mettersi in dialogo con
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il progettista o con il committente, una destrezza innata per creare bene cose belle. Un saper
fare che si accompagna a un saper creare. La tutela passa dunque attraverso la conoscenza e la
comunicazione: una comunicazione di alto livello, autentica, accattivante. Fatta con stile.
Ed eccoci al secondo punto: il ruolo dei mestieri d’arte nello stile italiano. L'immaginario
dell'Italia non è quello della pizza e del mandolino, ma quello della “bella figura”. Dalla bella
figura nasce lo stile italiano, che è alla base del Made in Italy. Prendete un qualunque settore in
cui l’Italia eccelle: la moda, la gioielleria, il legno, la ceramica, la liuteria. Al centro di questa
“eccellenza” c'è l‘azione del maestro d’arte, che vive e lavora con passione. La passione è un
atteggiamento importante: con passione e determinazione tanti maestri d’arte, da un piccolo
laboratorio o da una bottega, sono arrivati a sviluppare una vera e propria impresa. Il successo
della storia manifatturiera italiana sta anche qui, e le storie di tanti imprenditori di successo
sono lì a ricordarcelo. Dal laboratorio alla bottega all’impresa. Un successo dovuto al fatto che
i prodotti italiani sono belli perché hanno un’anima, e quest’anima viene infusa dalla mano del
maestro d’arte. Così nascono quindi i prodotti che tutto il mondo ci invidia, e che se fatti fuori
dal nostro territorio non sarebbero così veri, autentici e belli. Mestieri a rischio.
E la pubblica amministrazione, si accorge che questa bellezza è un vantaggio competitivo?
L’esperienza ci porta a dire di no. La Fondazione dei Mestieri d’Arte ha messo in piedi un
progetto che si chiama “Una Scuola, un Lavoro: Percorsi di Eccellenza”. La finalità è quella di
mettere a bottega cento tirocinanti, e in questi ultimi mesi siamo già arrivati a venticinque. Ma
la quantità di ostacoli veramente incredibili posti dalla pubblica amministrazione avrebbe
scoraggiato chiunque: noi siamo andati avanti perché forse siamo un po’ pazzi, ma è
desolante. Penso che tutti noi, pubblico e privato, condividiamo l’obiettivo di creare
occupazione e valore: vediamo quindi di darci una mano e di ascoltarci, invece di trincerarci
dietro procedure e proclami.
Salto a questo punto all’ultimo punto per poi recuperare un fattore centrale, quello della
formazione. Nell’agenda orientativa di oggi si parla di “beni culturali viventi”. In Italia noi
chiamiamo “maestro” chi prende un diploma in Conservatorio; oppure attribuiamo questo
titolo in via onorifica ma un po’ soggettiva. Armani è un maestro, Sottsass era un Maestro. Ma
chi lo decide? In Giappone è l’Imperatore che premia i Tesori Nazionali Viventi. In Francia,
appunto, i 114 maestri d’arte sono nominati dal ministro della cultura. Forse sarebbe il caso
che anche da noi ci fosse un titolo, un riconoscimento, che faccia emergere i maestri e li
valorizzi.
E infine, la formazione. Per produrre bellezza ci vogliono produttori, ovvero maestri. I maestri
di domani sono gli apprendisti di oggi: ed è di maestri e allievi che abbiamo oggi bisogno. Per
questo, quando la Fondazione Deutsche Bank ci ha proposto di collaborare per realizzare un
progetto destinato a promuovere la cultura del mestiere d’arte, abbiamo pensato alla scuola: è
dalla scuola che nasce la cultura, il metodo, il gusto. Che poi si sviluppano a bottega, è ovvio:
persino Leonardo andò a bottega dal Verrocchio. Ma la scuola ha ancora un ruolo chiave. Dalle
scuole escono i ragazzi cui affidiamo il futuro del Made in Italy. In loro c’è la difesa di quel
valore italiano che è il vero vantaggio competitivo, fatto di creatività e di competenza, di
talento e di impegno.
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Cultura ed economia
Alla base dell’eccellenza italiana c’è dunque il mestiere d’arte, inteso sia come attività sia come
metodo. Ovvero: c'è la capacità che hanno i nostri grandi artigiani di essere interpreti di un
progetto, e quindi di saper tradurre un progetto in un prodotto magnifico, che tutto il mondo
desidera. Saper creare e saper fare devono necessariamente andare insieme. Ma se i designer e
gli stilisti non mancano, gli abili artigiani sono invece pochi, poco visibili, poco conosciuti, non
valorizzati. E una volta che il loro saper-fare dovesse andare disperso, l'Italia si troverebbe di
fronte a un problema molto serio: perché anche nelle grandi imprese c'è sempre un nucleo
artigianale, c'è sempre un “maestro” che lavora con il metodo del grande artigiano per
produrre qualcosa che sia diverso, più bello, più personale, più “intelligente” in un certo
senso. Per creare cose belle ci vuole abilità ma ci vuole anche cultura, senso artistico, capacità
di comprendere il mercato e di valorizzare il territorio con le sue tradizioni, i suoi materiali e le
sue storie.
Eccellenze e paradossi
Si dice che l'Italia sia il paese delle tre “A”: Abbigliamento, Arredamento, Alimentare. Ed è
vero. Ma è anche e purtroppo il Paese delle tre “I”: Ignoranza, Invisibilità, Irrilevanza.
Ignoranza: i mestieri d'arte sono alla base di quel “bello ben fatto” per cui il nostro Paese è
giustamente famoso, ma non si sa nulla né dei mestieri, né dei maestri. Sembriamo vivere nel
Borghese Gentiluomo di Molière, dove il protagonista parla per tutta la vita in prosa senza
nemmeno saperlo: i nostri oggetti, dotati di un'anima e di un'identità, sono creati da grandi
maestri d'arte ma noi sembriamo ignorarlo. Da questa ignoranza si passa all'invisibilità: i
maestri d'arte sembrano scomparsi dall'agenda politica, così come dagli orizzonti culturali e
produttivi delle nostre città. E da qui all'irrilevanza il passo è purtroppo breve: quel “bello”
inizia a non essere più così “ben fatto”, ma questa carenza qualitativa viene vissuta come
irrilevante. E questo è un errore gravissimo: un vero e proprio peccato capitale per il nostro
sistema economico e produttivo. Oltre che, naturalmente, per poter offrire ai visitatori che
hanno desiderio di Italia un'immagine che sia autentica, legittima, originale.
Promozione turistica
Tutti questi elementi si traducono infatti non soltanto in possibilità occupazionali, ma anche in
occasioni turistiche importanti. Forse gli aristocratici non vengono più in Italia a fare il Grand
Tour, ad ammirare le rovine e i resti archeologici; ma certamente vengono a vedere le
meraviglie del nostro Paese, e si aspettano di acquistare oggetti che siano belli, pregiati e ben
fatti quanto i capolavori che vedono nei musei, nelle chiese o sulle piazze. Offrire loro
l’opportunità di scoprire le botteghe e gli atelier dove acquistare oggetti autentici, legittimi,
contemporanei significa offrire a tutto il mondo la possibilità di esaudire un desiderio: quello
di possedere un pezzetto di Italia, che sia però vero. Non da cartolina illustrata, non da
macchietta, non da Little Italy: ma da grande Italy, da grande paese che è consapevole del
proprio ruolo culturale. E che sa ancora produrre bellezza.
Nuovi tirocini per un nuovo valore italiano
Dalle scuole escono i ragazzi cui affidiamo il futuro del Made in Italy. E come sono queste
scuole? Non tutte godono di ottima salute; molte sono in grave crisi; parecchie non riescono ad
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essere all’altezza del loro passato. Eppure è da lì che dobbiamo ripartire per rilanciare i
mestieri d’arte come volano di crescita e di occupazione. Perché se si continua a valorizzare, a
promuovere, a sostenere la figura del maestro d’arte, saranno sempre più numerosi i ragazzi e
le ragazze che vorranno riappropriarsi delle loro mani, e impegnarsi per diventare i maestri di
domani. In loro c’è la difesa di quel valore italiano che è il vero vantaggio competitivo: un
valore fatto di creatività ma anche di competenza, di talento ma anche di impegno.
Dallo scambio di oggi emergeranno tante posizioni interessanti, e sono sicuro che le arti e i
mestieri torneranno con forza al centro dell’agenda politica. Termino quindi con uno sprone:
siamo a Milano, e qui si dice che “var pusee un andaa che cent andemm”. Andiamo, quindi, e
diamo un esempio forte, affinché i mestieri d’arte continuino ad essere insegnati, appresi e
tramandati con l’amore e la competenza che portano a una bellezza vendibile e rinnovabile.
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