Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali

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Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
Le politiche di indebitamento delle
Autonomie locali
Appunti
Giugno 2006
Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
Appunti 2006
1. PREMESSA
Gli ultimi dieci anni hanno visto compiersi importanti cambiamenti nelle modalità di finanziamento
delle Autonomie locali. Storicamente queste ultime erano enti di finanza derivata le cui risorse
provenivano principalmente dai trasferimenti statali decisi anno per anno. Le fonti di entrata proprie
erano di importo modesto1 e il finanziamento attraverso l’indebitamento si realizzava
prevalentemente con l’erogazione di mutui da parte della Cassa depositi e prestiti. Il dibattito e le
riforme introdotte negli anni novanta hanno determinato un’evoluzione in senso “autonomista” di
tale sistema di finanziamento delle amministrazioni locali, culminata nella riforma fiscale del 1997 che
ha istituito a vantaggio di queste ultime importanti entrate tributarie quali l’Irap e le addizionali Irpef.
L’adesione all’UEM e l’ingresso dell’Italia nel gruppo dei paesi che hanno adottato fin dall’inizio la
moneta unica ha comportato l’assunzione di vincoli sul disavanzo e sul debito pubblico. Poiché tali
vincoli riguardano il complesso delle Amministrazioni pubbliche si è posto il problema di coniugare
l’accresciuta autonomia finanziaria delle Autonomie locali con il rispetto degli impegni assunti in sede
europea. A questo scopo è stato introdotto nel 1999 il Patto di stabilità interno.
Nel 2001, infine, la riforma del Titolo V della Costituzione ha ampliato in maniera significativa
l’ambito delle competenze delle Autonomie locali, stabilendo inoltre che esse sono tenute a
finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
La Tavola 1 descrive la composizione del conto consolidato delle Amministrazioni locali: la quota dei
trasferimenti provenienti dallo Stato è diminuita del 3,2 per cento tra il 1999 e il 2004 mentre sono
aumentate le entrate tributarie, la cui quota rispetto al totale è cresciuta complessivamente del 3,9 per
cento, anche se vi sono stati diversi interventi normativi da parte del governo centrale che hanno
“bloccato” l’autonomia impositiva delle Autonomie locali.
A livello comunale i principali tributi erano ICI e TARSU, mentre a livello regionale i principali tributi erano
le tasse regionali di circolazione sui veicoli.
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Tavola 1: Composizione delle entrate delle Amministrazioni locali (valori percentuali)
1999
2004
90,5
91,4
Imposte dirette
10,5
13,7
Imposte indirette
30,5
31,2
Trasferimenti da enti pubblici
38,0
34,8
Entrate in conto capitale
9,5
8,6
Entrate complessive
100
100
Entrate correnti
di cui:
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Conto consolidato delle Amministrazioni locali.
In questo contesto, recenti aperture normative (cfr. par. 2) hanno agevolato il ricorso
all’indebitamento e lo hanno reso una fonte sempre più utilizzata di approvvigionamento per il
finanziamento delle spese di investimento, solitamente di ammontare rilevante e di durata
pluriennale. Le Autonomie locali hanno cominciato a rendere meno esclusivo il ricorso ai mutui
erogati dalla Cassa depositi e prestiti e dal sistema bancario, orientandosi verso il reperimento di
risorse finanziarie attraverso emissioni obbligazionarie ed anche attraverso il ricorso a strumenti di
finanza derivata.
Questa nota intende fornire una descrizione del quadro normativo che regola l’accesso al mercato dei
capitali da parte delle Autonomie locali, illustrandone le politiche di indebitamento degli ultimi anni.
Saranno inoltre analizzati i principali strumenti di finanziamento a disposizione degli enti territoriali e
la loro dimensione economica.
2. L’INDEBITAMENTO DELLE AUTONOMIE LOCALI: IL QUADRO NORMATIVO
La tendenza al decentramento a favore delle Amministrazioni locali in materia di spesa pubblica e di
gestione delle entrate è un fenomeno che accomuna buona parte dei paesi europei. In questo
contesto, la possibilità di ricorrere all’indebitamento per finanziare le spese per investimento è
generalmente consentita. Per quanto riguarda l’Italia, le norme introdotte dalla legge finanziaria per il
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2002 costituiscono il punto di svolta per l’accesso a questa forma di finanziamento da parte delle
Autonomie locali poiché sono state eliminate alcune delle restrizioni che avevano limitato fino ad
allora il ricorso all’indebitamento2. È stata inoltre prevista una disciplina di favore per le operazioni di
finanza innovativa, destinata a consentire alle Autonomie locali di gestire attivamente le passività e
controllare l’evoluzione del costo del debito.
Queste aperture normative sono state inserite all’interno di un quadro legislativo in cui sono presenti
disposizioni volte ad evitare che il ricorso all’indebitamento da parte degli enti territoriali avvenga
con finalità speculative e possa compromettere la stabilità dei bilanci pubblici.
A tal fine esistono vincoli sia qualitativi sulle tipologie di spesa finanziabili, sia quantitativi
sull’ammontare di indebitamento. Il vincolo più importante imposto alle Autonomie locali consiste
nella possibilità per gli enti territoriali di far ricorso all’indebitamento esclusivamente per il
finanziamento delle spese di investimento. Sono pertanto tassativamente escluse da questa forma di
finanziamento le spese correnti. Tale regola è divenuta un principio costituzionale a seguito della
riforma del Titolo V (articolo 119 della Costituzione3).
Il vincolo di destinazione agli investimenti delle entrate derivanti da operazioni di indebitamento è
stato ripreso anche nelle leggi finanziarie per il 2003 e il 20044. La prima, all’articolo 30 comma 15
sancisce la nullità degli atti e dei contratti di indebitamento eseguiti in violazione dell’articolo 119
della Costituzione e stabilisce eventuali sanzioni per gli amministratori responsabili di tale violazione.
Per superare ogni questione interpretativa in merito agli investimenti effettivamente consentiti, la
legge finanziaria per il 2004 definisce sia le operazioni di finanziamento che costituiscono
indebitamento sia le operazioni che rientrano fra gli investimenti ai fini dell’articolo 1195.
Articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 488 (legge finanziaria 2002).
Articolo 119, comma 6 come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. II vincolo di
destinazione agli investimenti si trova indicato per le regioni a statuto ordinario anche nell’articolo 10, comma
1, della legge 16 maggio 1970, n. 281, recante “Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle regioni a statuto
ordinario”, e per gli enti locali nell’articolo 202 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo
unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
4Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003) e legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria
2004).
5 Articolo 3, commi 17 e 18 della legge n. 350/2003. Ai sensi del comma 17 del citato articolo 3, costituiscono
indebitamento: l’assunzione di mutui, l’emissione di prestiti obbligazionari e le operazioni di cartolarizzazione.
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Anche nel resto d’Europa le limitazioni maggiori per il ricorso all’indebitamento sono legate alle
tipologie di spesa finanziabili attraverso il debito. In Germania, Belgio, Spagna e Francia, come in
Italia, le sole spese che giustificano il ricorso all’accensione di mutui e alle emissioni di prestiti
obbligazionari sono quelle finalizzate agli investimenti, mentre nessun vincolo è previsto, in tal senso,
in Svezia e nei Paesi Bassi.
Per rispondere all’esigenza di assicurare gli equilibri di bilancio e la sostenibilità del debito sia nel
breve che nel lungo periodo sono stati inoltre imposti limiti massimi alla capacità di indebitamento
delle Autonomie locali.
Per le regioni a statuto ordinario, la legge n. 281/1970 prevede che l’importo complessivo delle rate
di ammortamento per capitale e interessi derivanti da forme di indebitamento non superi il 25 per
cento dell’ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate (ossia le entrate non
finalizzate allo svolgimento di specifiche funzioni di competenza delle regioni) 6.
In merito agli enti locali, il decreto legislativo n. 267/2000, come modificato dalla legge finanziaria
per il 2005, stabilisce che questi possono “assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di
finanziamento… solo se l’importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui
precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi, a quello delle
aperture di credito stipulate…, non supera il 12 per cento” delle entrate correnti del penultimo
esercizio precedente quello in cui è prevista l’assunzione del mutuo7.
Tale intervento legislativo riduce significativamente il limite alla capacità di indebitamento degli enti
locali, precedentemente fissato al 25 per cento. L’intento del legislatore in questo caso è stato quello
6 Come modificata dall’articolo 23, del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 “Principi fondamentali e
norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell'articolo 1,
comma 4, della L. 25 giugno 1999, n. 208”.
7 Articolo 204, del decreto legislativo n. 267/2000 modificato dal comma 44 dell’articolo 1, della legge 30
dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005). La possibilità di attivare aperture di credito è stata introdotta
dalla legge finanziaria 2005 (cfr. l’articolo 205-bis del decreto legislativo n. 267/2000, articolo aggiunto dal
comma 68 dell’articolo 1, della legge n. 311/2004 e poi sostituito dall'art. 1-sexies del decreto legge 31 marzo
2005, n. 44). Si tratta di linee di credito presso le banche da cui gli enti locali possono effettuare prelievi in
relazione alle loro esigenze di finanziamento. Questi strumenti consentono, in particolare, di disporre delle
somme necessarie in funzione dello stato di avanzamento dei lavori e, in questo modo, risulta diminuito
l’onere per interessi.
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di garantire risorse sufficienti per la copertura degli oneri finanziari poiché nel computo delle entrate
correnti rientrano anche quelle soggette a vincoli di destinazione che pertanto non sono passibili di
esecuzione forzata. Come tali, queste entrate non risultano essere effettivamente idonee per la
copertura di obblighi finanziari e pertanto l’ammontare disponibile per l’ente locale per far fronte al
costo del debito si riduce.
La legge finanziaria per il 2005 ha inoltre ristretto la possibilità di accedere all’indebitamento qualora
le regioni e gli enti locali non certifichino di aver rispettato gli obiettivi del Patto di stabilità interno
nell’anno precedente a quello in cui le Autonomie locali intendono ricorrere a prestiti obbligazionari
o a mutui8.
Le misure per assicurare il rispetto degli equilibri di bilancio variano tra i paesi europei. Come in
Italia, il valore massimo dell’onere annuale del debito è fissato in relazione alle entrate correnti in
Spagna e in Francia. Nel Regno Unito è sancito invece l’obbligo di accantonare parte delle risorse,
mentre in Germania gli investimenti sono legati alla loro sostenibilità nel lungo periodo. Nessun
limite è invece previsto, ad esempio, in Svezia, Paesi Bassi e Belgio.
Un ulteriore vincolo è fissato dall’articolo 119, comma 6, della Costituzione che esclude ogni forma
di garanzia a carico dello Stato sui prestiti contratti dalle Amministrazioni locali. È vietata altresì ogni
forma di garanzia delle regioni per prestiti emessi dagli enti locali9. Tale preclusione serve a ribadire la
piena responsabilità delle Autonomie locali per i prestiti contratti e evitare che il mercato, assumendo
un’implicita garanzia a monte, valuti erroneamente il rischio delle connesse attività finanziarie.
La responsabilità della gestione del debito locale è interamente a carico degli enti territoriali anche
negli altri paesi dell’Unione europea. In alcuni casi, come ad esempio in Belgio, Spagna e Regno
Unito, è richiesta un’autorizzazione preventiva del governo centrale.
Commi 33 e 35 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004.
Articolo 35, comma 8 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, recante “Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica” (legge finanziaria 1995).
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3. I PRINCIPALI STRUMENTI A DISPOSIZIONE DELLE AUTONOMIE LOCALI
Le operazioni di indebitamento previste dalla legge sono l’assunzione di mutui, l’emissione di prestiti
obbligazionari, le cartolarizzazioni e le aperture di credito. Nel 2003 è stato ridefinito il quadro
normativo relativo all’utilizzo da parte delle Autonomie locali degli strumenti finanziari derivati,
come swap e forward rate agreement, che possono essere utilizzati per contenere il costo del debito e i
rischi finanziari legati alla volatilità dei tassi di interesse e di cambio.
L’assunzione di mutui
L’accensione di mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti e con gli istituti di credito ordinario ha
rappresentato a lungo per le Autonomie locali la fonte pressoché esclusiva per il reperimento di
risorse finanziarie di tipo debitorio.
Le emissioni obbligazionarie erano poco diffuse poiché dal 1978 sino al 2002 vi è stato il divieto per
gli enti locali di emettere titoli10 e le regioni che, al contrario, potevano ricorrere a prestiti
obbligazionari in virtù della legge n. 281/1970, utilizzavano solo marginalmente questo strumento.
I dati presentati nella Tavola 2 confermano che ancora nel 2004, sebbene in diminuzione rispetto al
2000, i mutui costituiscono la forma di indebitamento più utilizzata dalle regioni e dagli enti locali.
Tavola 2: Indebitamento delle Amministrazioni locali (valori percentuali)
Forme di indebitamento
Regioni a statuto ordinario
Enti locali*
2000
2004
2000
2004
Mutui
93,9
69,2
90,0
81,4
Obbligazioni
6,1
30,8
10,0
18,6
Totale del debito
100
100
100
100
*I dati si riferiscono ad un campione di enti locali selezionato dalla Corte dei Conti.
Fonte: elaborazioni su dati Relazione Corte dei Conti 2004.
Legge, 27 febbraio 1978, n. 43 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 29 dicembre
1977, n. 946, concernente provvedimenti urgenti per la finanza locale”.
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Sebbene nel 1990 sia stato soppresso il monopolio della concessione dei prestiti della Cassa depositi
e prestiti11, i mutui concessi dalla Cassa costituiscono ancora oggi la forma più rilevante di
finanziamento dei piani di investimento degli enti locali rispetto ai mutui erogati dalle banche.
(Tavola 3)
Tavola 3: Composizione dei mutui delle Amministrazioni locali (valori percentuali)
Istituto erogatore
Regioni a statuto ordinario
Enti locali*
2000
2004
2000
2004
15,3
45,0
79,1
79,4
84,7
55,0
20,9
20,6
Totale dei mutui
100
100
*I dati si riferiscono ad un campione di enti locali selezionato dalla Corte dei Conti.
1 INPDAP e Credito sportivo.
100
100
Cassa DD PP e altri istituti Pubblici
equiparati1
Istituti di credito ordinario
Fonte: elaborazioni su dati Relazione Corte dei Conti 2004.
Alle regioni, che già potevano accedere ai mutui erogati dal sistema bancario, è stato consentito il
ricorso ai mutui erogati dalla Cassa solo a partire dal 199812. Da quella data, i mutui concessi da
questo istituto hanno registrato un consistente aumento tanto da raggiungere, nel 2004, il 45 per
cento del totale.
L’apertura del credito alle regioni fa parte del processo di rinnovamento della Cassa depositi e prestiti
che, iniziato sul finire degli anni novanta, ha comportato una serie di importanti cambiamenti nella
politica dell’istituto: dal 1999 la Cassa può proporre alle Autonomie locali diversi strumenti di
indebitamento e può reperire le risorse necessarie per il loro finanziamento attraverso canali
Articolo 5, decreto legge 31 ottobre 1990, n. 310, “Disposizioni urgenti in materia di finanza locale”,
convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 1990, n. 403.
12 Cfr. circolare della Cassa depositi e prestiti numero 1227, febbraio 1998.
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alternativi rispetto alla tradizionale raccolta dei buoni postali13. Nel 2003 l’istituto è stato trasformato
in società per azioni ed è poi uscito dal perimetro dell’Amministrazione pubblica14.
I mutui erogati dalla Cassa depositi e prestiti presentano le seguenti caratteristiche generali15: il
contratto deve essere redatto per iscritto ed è modificabile solo con il consenso di entrambe le parti;
la durata dei prestiti varia tra i 5 e 30 anni16; i mutui possono essere concessi a tasso fisso o a tasso
variabile. Infine, è possibile rimborsare anticipatamente i prestiti previa corresponsione di un
indennizzo idoneo a risarcire la Cassa per il disinvestimento.
Le regole che disciplinano l’assunzione dei mutui con gli istituti di credito ordinario e le condizioni
del loro ammortamento sono indicate invece nel testo unico sull’ordinamento degli enti locali17. La
differenza più rilevante rispetto ai mutui attivati presso la Cassa consiste nel fatto che i prestiti
concessi dal sistema bancario devono essere stipulati in forma pubblica18. Inoltre, indipendentemente
dall’istituto erogatore del prestito, non è possibile rimborsare il capitale in un’unica soluzione a
scadenza: le rate di ammortamento, che decorrono di norma dal 1° gennaio dell’anno successivo alla
concessione del finanziamento, devono infatti comprendere la quota capitale e quella interessi19.
La legge finanziaria per il 2002 ha introdotto la possibilità, qualora sussistano le condizioni per
ridurre il valore finanziario delle passività a carico dell’ente territoriale, di convertire o rinegoziare i
Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284, “Riordino della Cassa depositi e prestiti, a norma dell'articolo 11
della legge 15 marzo 1997, n. 59.
14 Decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione
dell'andamento dei conti pubblici”, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, legge 24 novembre
2003, n. 326.
15 Le condizioni e la procedura per l'accesso al credito della Cassa depositi e prestiti da parte di enti locali e
regioni sono definite nella circolare numero 1255 emanata dall’istituto nel febbraio 2005, in attuazione del
decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 6 ottobre 2004 il quale ha dettato i criteri per la
definizione delle condizioni generali ed economiche dei prestiti.
16 Non possono avere durata superiore a 20 anni i finanziamenti destinati all’acquisto di impianti, macchinari,
attrezzature, mezzi di trasporto e di altri beni mobili, nonché i finanziamenti delle manutenzioni straordinarie
di importo inferiore a 250.000.000 euro.
17 Articolo 204, decreto legislativo n. 267/2000.
18 Articolo 204,comma 2, decreto legislativo n. 267/2000.
19 Cfr. la circolare 1255 del febbraio 2005 della Cassa depositi e prestiti e l’articolo 204, comma 2 del decreto
legislativo n. 267/2000. La possibilità di rimborsare il capitale alla scadenza è stata soppressa dall’articolo 1,
comma 70, della legge n. 311/2004.
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mutui. Tale opportunità è stata ampiamente sfruttata dalle Autonomie locali consentendo di gestire
in maniera più attiva il debito e di ridurre il costo della spesa per interessi a carico dei bilanci delle
regioni e degli enti locali20.
Infine, la legge finanziaria per il 2005 ha semplificato alcune procedure contabili concernenti
l’iscrizione in bilancio del mutuo: l’ammontare del prestito deve essere imputato al bilancio
dell’amministrazione pubblica che si fa carico del pagamento delle rate di ammortamento anche se il
ricavato del prestito è destinato ad un’amministrazione pubblica diversa21.
Le emissioni obbligazionarie
Negli ultimi quattro anni vi è stato un progressivo aumento del ricorso delle Autonomie locali alle
emissioni obbligazionarie. I dati riportati nella precedente Tavola 2 mostrano nel 2004 un sensibile
aumento rispetto al 2000 della componente di debito costituita dalle obbligazioni: essa è passata dal 6
al 31 per cento circa nel caso delle regioni a statuto ordinario e dal 10 al 19 per cento nel caso egli
enti locali.
Le ragioni di questo sviluppo sono riconducibili principalmente ai diversi interventi legislativi che, a
partire dalla prima metà degli anni novanta, hanno progressivamente regolamentato e semplificato le
norme relative all’emissione di obbligazioni da parte delle Autonomie locali. È quindi dal combinato
di vari testi legislativi22, più volte modificati, che si ricavano le procedure e i criteri che gli enti
Articolo 41, comma 2 della legge n. 488/2001 legge finanziaria per il 2002. Nel caso di mutui con oneri di
ammortamento anche solo parzialmente a carico dello Stato, le regioni e gli enti locali sono tenuti a
provvedere alla conversione o alla rinegoziazione di tali mutui. Cfr. il comma 71 dell’articolo 1 della legge n.
311/2004 (legge finanziaria per il 2005).
21 Articolo 1, comma 76, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005). In questo caso il ricavato del
mutuo viene iscritto nel bilancio dell’ente beneficiario come entrate (trasferimento in conto capitale) con
vincolo di destinazione agli investimenti, mentre nel bilancio dell’amministrazione che ne affronta l’onere
viene contabilizzato tra le accensioni di prestiti.
22 Cfr. l’articolo 35 della legge n. 724/1994; il decreto ministeriale 5 luglio 1996, n. 420, “Regolamento recante
norme per l'emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti locali”; gli articoli 1 e 2 del decreto legislativo
1 aprile 1996, n. 239 “Modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e
titoli similari, pubblici e privati”; l’articolo 41, commi 2 e 3, della legge n. 488/2001 legge finanziaria per il
2002); gli articoli 1, comma 2, e 2 del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 1 dicembre 2003, n.
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emittenti devono osservare per procedere alle emissioni di titoli nonché le caratteristiche che questi
ultimi devono possedere per essere collocati sul mercato.
Il primo segnale di apertura del mercato obbligazionario alle Autonomie locali risale al 1990 quando
venne nuovamente riconosciuta agli enti locali, dopo il divieto imposto nel 1978, la facoltà di
deliberare emissioni di prestiti obbligazionari23. La legge finanziaria per il 1995 e i regolamenti ad essa
collegati hanno fornito il primo sistema organizzato di norme per la disciplina delle emissioni di titoli
obbligazionari24.
Secondo questo quadro normativo, possono emettere titoli obbligazionari gli enti che non si trovano
in stato di dissesto o in posizioni strutturalmente deficitarie25, che hanno già deliberato il bilancio di
previsione per l’esercizio in cui è prevista l’operazione e le regioni che non hanno proceduto a ripiani
di disavanzi di amministrazione..
La durata del prestito obbligazionario, come quella dei mutui, non può essere inferiore ai 5 anni.
I titoli possono essere convertibili in azioni di società possedute dagli enti locali oppure possono
contenere un’opzione (warrant) che conferisce il diritto di acquistare azioni di società possedute
dall’ente a condizioni favorevoli prefissate.
Per evitare che i buoni ordinari emessi dalle Autonomie locali abbiano una remunerazione troppo
elevata, tale da danneggiare l’emissione di analoghi titoli del debito statale, il loro rendimento è
vincolato a quello dei titoli di Stato: al momento dell’emissione esso non deve essere superiore, al
389; l’articolo 1, commi 68 e 74, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) ed infine la legge 23
dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006).
23 Legge 8 giugno 1990, n. 142 “Ordinamento delle autonomie locali”. La possibilità di attivare prestiti
obbligazionari è attualmente sancita dall’articolo 205 del decreto legislativo n. 267/2000.
24 Art. 35 e 37, legge n. 724/1994.
25 Cfr. l’articolo 45 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 riguardo il riordino della finanza degli enti
territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421. Sono da considerarsi in posizione
strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano incontrovertibili condizioni di squilibrio. Tale
situazione si verifica qualora almeno la metà di determinati parametri obiettivi, stabiliti in appositi decreti
ministeriali e fissati in riferimento ai dati dei rendiconti dell’ultimo triennio, presenti valori deficitari.
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lordo dell’imposta, al rendimento lordo dei titoli di Stato di pari durata emessi nel mese precedente,
maggiorato di un punto percentuale.
I titoli obbligazionari sono emessi al portatore, sono stanziabili in anticipazione presso la Banca
d’Italia e possono essere ricevuti in pegno per anticipazioni da tutti gli enti creditizi. La normativa
elenca tutti gli elementi che devono essere indicati nella delibera di approvazione del prestito e
dispone che il servizio del collocamento venga affidato a intermediari autorizzati.
Infine, il rimborso del prestito è assicurato attraverso il rilascio di delegazioni di pagamento al
tesoriere dell’ente che è tenuto, alle scadenze prescritte, a versare ai creditori l’importo necessario per
il rimborso e a provvedere agli accantonamenti in appositi fondi delle somme destinate
esclusivamente a tale scopo. Il rimborso del prestito emesso dalle regioni è invece assicurato dalla sua
iscrizione in bilancio con l’impegno di dare mandato al tesoriere di accantonare le somme
necessarie26.
La legge finanziaria per il 2002 ha apportato significative innovazioni in materia di emissioni
obbligazionarie da parte delle Autonomie locali. In particolare, essa è intervenuta semplificando
alcune delle disposizioni più restrittive della legge n. 724/1994 che avevano condizionato il ricorso
alle obbligazioni da parte degli enti territoriali e regolando le condizioni per l’accesso di questi enti al
mercato dei capitali.
Al fine di garantire una flessibilità più in linea con le esigenze dei mercati finanziari è stato rimosso
l’obbligo di collocare alla pari i prestiti obbligazionari. La novità più rilevante riguarda le condizioni
per il rimborso del capitale. La legge finanziaria per il 2002 ha infatti introdotto la possibilità di
emettere titoli con il rimborso in un’unica soluzione a scadenza (rimborso bullet), previa costituzione
di un fondo di ammortamento o conclusione di un contratto swap per l’ammortamento del debito27.
Articolo 35, commi da 2 a 9, della legge n. 724/1994.
Articolo 41, comma 2 e 3, della legge n. 488/2001 (legge finanziaria per il 2002). Lo swap è un contratto nel
quale due parti si accordano per lo scambio di flussi monetari in entrata e in uscita e a compiere l’operazione
inversa a una data futura prestabilita. In altri termini, le parti prendono a prestito, per lo stesso tempo, la
medesima somma di denaro l’una a tasso fisso e l’altra a tasso variabile o denominata in due valute differenti
per poi scambiarsi a scadenza il differenziale tra i flussi di interesse o tra i tassi di cambio.
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Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
Appunti 2006
L’inserimento di questi ultimi vincoli è necessario per assicurare la disponibilità delle risorse destinate
al rimborso del capitale a fine periodo. Inoltre, per evitare che un utilizzo rischioso del fondo di
ammortamento possa compromettere la restituzione del capitale, la normativa prevede che i contratti
per la gestione del fondo di ammortamento e i contratti swap siano stipulati con intermediari dotati di
un adeguato merito di credito e che le somme accantonate nel fondo possano essere investite solo in
titoli di enti e amministrazioni pubbliche o di società a partecipazione pubblica di Stati appartenenti
all’Unione europea28.
Infine, poiché nel caso di rimborso bullet gli interessi da corrispondere ai sottoscrittori dei titoli
gravano per l’intero ammontare del capitale fino alla scadenza del prestito obbligazionario e le
emissioni pesano ai fini delle rilevazioni Eurostat del debito pubblico, il Ministero dell’economia ha
ritenuto opportuno fornire alcune raccomandazioni agli enti territoriali 29. Al momento di scegliere la
forma del rimborso del prestito, gli enti emittenti sono tenuti a considerare il costo totale
dell’operazione e a valutare, sulla base delle condizioni di mercato, la relazione tra il differenziale di
costo ed il maggior rischio sopportato dall’ente in virtù della costituzione del fondo o dello swap
d’ammortamento qualora decidano di ricorrere al rimborso bullet.
La legge finanziaria per il 2002 ha infine attribuito al Ministero dell’economia e delle finanze la
responsabilità di coordinare l’accesso al mercato dei capitali da parte degli enti territoriali per le
operazioni di importo superiore ai cento milioni di euro a medio e lungo termine. Il Ministero, una
volta ricevuta comunicazione dell’operazione in preparazione, può indicare quale ritiene essere il
momento più opportuno per l’accesso al mercato30.
L’obiettivo di queste norme è “evitare la sovrapposizione di più soggetti pubblici sullo stesso
segmento di mercato in un ristretto arco temporale… in modo da evitare che emissioni
obbligazionarie di importo rilevante e non coordinate alterino temporaneamente le condizioni del
mercato oppure danneggino gli enti di limitate dimensioni e con scarsa visibilità sul mercato”31.
Articolo 2 del decreto ministeriale n. 389/2003.
Cfr. la circolare esplicativa del Ministero dell’Economia e delle finanze del 24 maggio 2004.
30 Articolo 1 del decreto ministeriale n. 389/2003.
31 Cfr. la circolare esplicativa del Ministero dell’Economia e delle finanze del 24 maggio 2004. In particolare,
l’ostacolo legato alla dimensione dei comuni più piccoli può essere in parte superato ricorrendo alla
formazione di unioni di più comuni e alla stipula di convenzioni per la gestione associata dell’indebitamento ai
sensi dell’art. 30 del decreto legislativo n. 267/2000.
28
29
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Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
Appunti 2006
Con riferimento agli enti locali di piccole dimensioni è utile menzionare la disposizione della legge
finanziaria per il 2005 che ha previsto la possibilità di ricorrere ad emissioni congiunte di prestiti
obbligazionari agevolando così l’accesso degli enti locali più piccoli al mercato obbligazionario a cui
altrimenti non potrebbero rivolgersi singolarmente32.
Da un punto di vista fiscale infine, la legge finanziaria per il 2006 potrebbe fornire un ulteriore
incentivo per favorire lo spostamento dell’esposizione debitoria delle Autonomie locali a favore dello
strumento obbligazionario33. Essa dispone, infatti, di mettere a disposizione del bilancio degli enti
emittenti l’intero ammontare dell’imposta sostitutiva (pari al 12,5 per cento) gravante sugli interessi,
premi e altri frutti prodotti dai titoli e non più solo il 50 per cento come previsto precedentemente34.
Gli strumenti derivati
Nel 2003 sono state definite le operazioni in strumenti derivati consentite alle Autonomie locali35.
Questi strumenti lasciano inalterato il rapporto giuridico dell’operazione sottostante, ma permettono
di ridefinire le condizioni finanziarie del debito. Vengono utilizzati generalmente con finalità di
copertura del rischio finanziario, vale a dire per proteggersi dalle oscillazioni dei prezzi delle attività
sottostanti. Nel caso delle Autonomie locali, per le quali è ovviamente escluso ogni utilizzo di
carattere speculativo, questi strumenti servono soprattutto per gestire i rischi legati all’andamento dei
tassi di interesse o di cambio.
La sensibile diffusione degli strumenti derivati nelle Autonomie locali negli ultimi anni è
riconducibile, almeno in parte, alle disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2002 e nel
relativo decreto di attuazione che hanno provveduto alla chiarificazione normativa in materia. La
Tavola 4 evidenzia l’evoluzione del fenomeno con riferimento agli swap.
Articolo 68 della legge n. 311/2004. La disposizione è stata inserita all’articolo 207 del decreto legislativo n.
267/2000 dopo il comma 1.
33 Articolo 1, comma 163 della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006).
34 Cfr. articolo 1, del decreto legislativo n. 239/1996 prima della modifica intervenuta con la legge finanziaria
per il 2006.
35 Articolo 3 del decreto ministeriale n. 389/2003.
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Appunti 2006
Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
Tavola 4: Utilizzo di swap da parte delle Autonomie locali nel 2000 e nel 2004 (milioni di €)
Regioni a statuto ordinario
Enti locali*
2000
2004
2000
2004
Swap
1.375
7.442
93.9
1.871
Debito complessivo
11.643
17.198
3.420
4.980
11,8
43,3
2,7
37,6
Incidenza swap sul totale (%)
*I dati si riferiscono ad un campione di enti locali selezionato dalla Corte dei Conti.
Fonte: elaborazioni su dati Relazione Corte dei Conti 2004.
Le tipologie di operazioni su derivati consentite sono gli swap di tasso di interesse, l’acquisto di forward
rate agreement, l’acquisto di cap e collar e le combinazioni di operazioni derivate finalizzate alla
ristrutturazione del debito36. Queste ultime devono essere effettuate in assenza di condizioni che
esporrebbero l’ente a ulteriori rischi derivanti da movimenti nei parametri finanziari di riferimento37.
Inoltre, nel caso di operazioni di indebitamento effettuate in valute diverse dall’euro è obbligatoria la
conclusione di swap sul tasso di cambio per evitare che oscillazioni di quest’ultimo possano svalutare
il capitale sottostante.
Al fine di evitare l’utilizzo di questi strumenti con finalità speculative, la legge consente di stipulare
questi contratti solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute. Pertanto non sono
36Articolo
3, comma 2, del decreto ministeriale n. 389/2003. Il forward rate agreement è un contratto in cui due
controparti concordano un tasso di interesse riferito a un capitale stabilito che l’acquirente del contratto si
impegna a pagare ad una determinata data futura. In questo caso, un ente territoriale può determinare il tasso
fisso di indebitamento futuro. Con il cap di tasso di interesse, l’acquirente, dietro pagamento di un premio,
ottiene il diritto a vedersi corrisposta dal venditore, al termine di un dato periodo di tempo, la differenza tra un
tasso variabile assunto come riferimento e il tasso fisso concordato alla stipula del contratto. Questo
strumento è adatto per le Autonomie locali che detengono passività a tasso variabile e che desiderano porre un
limite superiore all’onerosità per interessi cui sono soggette. Infatti, se il tasso variabile si attestasse a livelli
superiori al tasso fisso predefinito, il costo dell’indebitamento dell’ente che ha acquistato il cap risulterebbe pari
al tasso fisso, in quanto il relativo differenziale verrebbe versato dal venditore del cap. Con un collar di tasso di
interesse, un’amministrazione locale può invece contenere il rischio di interesse all’interno di una banda di
oscillazione predefinita. L’acquisto di tale strumento offre l’opportunità di coprire le oscillazioni dei tassi
d’interesse oltre i valori massimi e minimi previsti
37 Cfr. la circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 27 maggio 2004.
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Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
Appunti 2006
ammessi contratti derivati riferiti ad altre operazioni derivate preesistenti, in base alla considerazione
che nessun derivato è configurabile come una passività38.
Inoltre, nel caso in cui si verifichi una variazione della passività del titolo sottostante ad un derivato
(ad esempio, a seguito di una sua riconversione o rinegoziazione o perché ne è diminuito
l’ammontare), la posizione nello strumento derivato può essere riadattata a condizione che ciò non
comporti una perdita per l’ente territoriale.
Per garantire una gestione prudente dell’esposizione finanziaria dell’ente, la legge impone alle
Autonomie locali di non procedere alla stipula di contratti derivati che possono scaricare sulle
generazioni future l’onere del debito. È vietato il ricorso a operazioni derivate che, implicando un
profilo crescente dei valori attuali dei flussi di pagamento da parte dell’ente, concentrano tali flussi in
prossimità della scadenza, trasferendo sulle generazioni future oneri eccessivi.
L’ambito dei parametri a cui i contratti derivati possono essere indicizzati è circoscritto al mercato
monetario, ossia ai tassi di interesse a breve termine: l’indicizzazione è consentita esclusivamente a
parametri di riferimento nell’area dei paesi appartenenti al gruppo dei sette paesi più industrializzati.
Infine, per contenere il rischio di credito, la conclusione dei contratti può avvenire solo con
intermediari finanziari dotati di adeguato merito di credito (rating non inferiore a BBB/Baa)39.
4. L’INDEBITAMENTO DELLE AUTONOMIE LOCALI: LA DIMENSIONE ECONOMICA
I tassi di variazione riferiti al quadriennio 2000-2004 riportati nella Tavola 5 segnalano una crescita
del debito complessivo del 51 per cento per le regioni e del 46 per cento gli enti locali. Come già
anticipato nella composizione del debito, i mutui hanno un peso più rilevante rispetto alle emissioni
obbligazionarie. A dicembre 2004, infatti, i titoli obbligazionari costituivano, in termini di
consistenze, il 31 per cento del debito delle regioni a statuto ordinario e il 19 per cento del debito
degli enti locali mentre i mutui rappresentano rispettivamente il 69 e 81 per cento.
38Secondo
il Sistema Europeo dei Conti Nazionali e Regionali (ESA 95), gli strumenti derivati, in quanto
prodotti finanziari, sono registrati nel conto finanziario e pertanto non rappresentano delle passività.
39 Articolo 3 del decreto ministeriale n. 389/2003.
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Appunti 2006
Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
Tavola 5: Indebitamento delle Autonomie locali
Indebitamento
Regioni a statuto ordinario
Enti locali*
2000
2004
00/04
2000
euro**
euro**
%
euro**
% ∆%
Mutui
10.929
94
12.182
69 11
3.077
Obbligazioni
713
6
5.416
31 659
343
Debito totale
11.642
100
17.598
100 51
3.420
*I dati si riferiscono ad un campione di enti locali selezionato dalla Corte dei Conti.
**Consistenze al 31 dicembre.
2004
euro**
4.052
928
4.980
%
90
10
100
00/04
% ∆%
81 32
19 171
100 46
Fonte: elaborazioni su dati Relazione Corte dei Conti, 2004.
I mutui
I dati della Tavola 6 mostrano la consistenza al 31 dicembre 2004 della componente di debito
costituita dai mutui distinta per aree geografiche: mentre tra le regioni sono soprattutto quelle del Sud
a ricorrere a questa forma di finanziamento, tra gli enti locali vi è un ricorso prevalente ai mutui nel
Nord Italia.
Tavola 6: Distribuzione geografica dei mutui, 2004
Aree territoriali
Regioni a statuto ordinario
Enti locali*
Consistenza (€)
%
Consistenza (€)
%
Nord
4.504.230.786
37
1.811.314.037
45
Centro
2.6.29.082.193
22
1.086.195.905
27
Sud
5.048.383.662
41
1.154.178.403
28
Totale
12.181.696.641
100
4.051.688.344
*I dati si riferiscono ad un campione di enti locali selezionato dalla Corte dei Conti.
**Consistenze al 31 dicembre.
100
Fonte: elaborazioni su dati Relazione Corte dei Conti, 2004.
Come già evidenziato (cfr. Tavola 3) la Cassa depositi e prestiti risulta nel 2004 il principale erogatore
di risorse finanziarie a favore delle Autonomie locali. Questa situazione non dipende necessariamente
da una maggiore convenienza economica dei mutui erogati dalla Cassa rispetto ai prestiti concessi da
altri istituti di credito. Piuttosto, i mutui accesi presso la Cassa risultano essere ancora strumenti più
tradizionali ed agevoli, soprattutto per gli enti locali di piccole dimensioni.
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Appunti 2006
Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
Nel 2003 le erogazioni effettuate dalla Cassa depositi e prestiti alle Autonomie locali sono state di
circa 8 miliardi di euro, di cui: 4.159 milioni ai comuni e alle comunità montane, 775 milioni alle
province e 2.562 milioni alle regioni e province autonome.
Per quanto riguarda la destinazione dei fondi, i mutui erogati sono finalizzati principalmente alla
realizzazione di infrastrutture di pubblica utilità. Complessivamente, infatti, le spese destinate alle
infrastrutture raggiungono nel 2003 quasi la metà del totale degli investimenti: gli interventi di
viabilità e trasporti rappresentano il 21 per cento del totale, quelli per l’edilizia pubblica e scolastica il
25 per cento mentre gli investimenti nel campo dell’edilizia sanitaria, effettuati quasi interamente
dalle regioni, raggiungono solo il 3 per cento. (Tavola 7)
Tavola 7: Mutui erogati dalla Cassa depositi e prestiti nel 2003 per interventi e soggetti mutuatari
(milioni di euro)
Interventi
Province Comuni
Comunità
montane
Regioni e
Prov. Aut.
11
5
Edilizia pubblica e sociale
54
729
Edilizia scolastica e universitaria
320
595
Impianti sportivi, ricreativi e ricettivi
14
233
Opere di ripristino calamità naturali
44
29
10
Opere di viabilità e trasporti
290
1.036
12
Edilizia sanitaria
13
70
882
11,8
1
76
992
13,3
250
3,3
3
3
Opere idriche
Soggetti
% su
gestori servizi Altri Totale
investimenti
pubblici 1
214
1
229
3,1
534
2
11
619
8,3
234
1.572
21,0
1,8
100
3
6
25
1
135
Opere igieniche
8
304
7
1
112
1
433
5,8
Opere nel settore energetico
2
125
2
204
2,7
Opere pubbliche varie
7
460
29
44
5
18
Mutui per scopi vari
36
328
8
1.055
47
119 1.593
21,3
Totale investimenti
775
3.942
85
1.859
515
296 7.472
100,0
75
2
563
Passività
0
130
2
703
Totale
775
4.072
87
2.562
515
298 8.309
% sul totale
9,3
49,0
1,0
30,8
6,2
3,6 100,0
7,5
837
1 Consorzi,
Aziende speciali, Aziende di trasporto in concessione, S.p.A e S.r.l.
Fonte: Cassa Depositi e Prestiti, 2004.
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Appunti 2006
Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
La Figura 1 evidenzia la distribuzione per aree geografiche dei finanziamenti concessi nel 2003 dalla
Cassa depositi e prestiti: il 41 per cento del totale si concentra nelle aree del Mezzogiorno, mentre il
34 per cento e il 25 per cento dei finanziamenti è erogato a favore, rispettivamente, delle Autonomie
locali del Nord e del Centro Italia.
Figura 1: Mutui erogati dalla Cassa depositi e prestiti nel 2003 distinti per aree geografiche
Nord
34%
Sud
41%
Centro
25%
Fonte: Cassa Depositi e Prestiti, 2004.
Le obbligazioni
Come anticipato, il ricorso alle emissioni obbligazionarie, sebbene in molti casi più complesso dal
punto di vista degli adempimenti, presenta alcuni vantaggi rispetto al finanziamento attraverso i
mutui. Le obbligazioni risultano essere strumenti di debito più flessibili in termini di ammortamento
e di rimborso del capitale: il rimborso bullet, ad esempio, consente alle Autonomie locali di pagare gli
interessi secondo una periodicità differente da quella del capitale, il cui rimborso può quindi essere
meglio adeguato alla struttura del bilancio dell’ente. I prestiti obbligazionari, come già evidenziato,
risultano inoltre più vantaggiosi da un punto di vista fiscale poiché le ritenute sui redditi prodotti
dall’obbligazione sono di competenza dell’ente emittente.
I tassi di variazione esposti nella Tavola 5 mostrano che le Autonomie locali sono consapevoli di tali
vantaggi: negli ultimi quattro anni, la componente del debito costituita dalle emissioni è cresciuta
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Appunti 2006
Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
molto più velocemente rispetto al debito complessivo, nonostante le obbligazioni siano, in valore
assoluto, la forma di indebitamento meno rilevante per le Autonomie locali.
Il valore cumulato delle emissioni effettuate dagli enti territoriali italiani tra il 1996 e il 2003 è pari a
circa 20 miliardi di euro. Di queste, il 71 per cento è rappresentato da emissioni regionali; quelle
comunali incidono per il 22 per cento, mentre più limitato è il ricorso alle obbligazioni da parte delle
amministrazioni provinciali, pari solo al 6 per cento. (Tavola 8)
Il volume delle emissioni è cresciuto progressivamente a partire dal 1996: fino al 1998 il volume
emesso risultava ancora modesto, ma dal 1999 si registrano sensibili aumenti fino a raggiungere
l’apice nel 2002 con 5.507 milioni di euro di titoli emessi in un solo anno.
Per quanto riguarda la variabilità delle emissioni di anno in anno, i BOC (buoni obbligazionari
comunali) e i BOP (buoni obbligazionari provinciali) presentano una tendenza alla crescita stabile. I
BOR (buoni obbligazionari regionali) manifestano invece un andamento più ciclico: sia nel 2001 che
nel 2003 i volumi emessi si riducono rispetto all’anno precedente.
Tavola 8: Andamento dei volumi emessi (milioni di €)
BOC
BOP
BOR
Totale
1996
226
9
235
1997
222
81
490
793
1998
483
149
802
1.434
1999
669
103
1.695
2.467
2000
521
35
2.515
3.071
2001
601
96
1.708
2.405
2002
691
339
4.477
5.507
2003
1.027
470
2.520
4.017
Totale
4.440
1.273
14.216
19.929
Fonte: Dexia-Crediop 2004.
Dalla distribuzione geografica delle obbligazioni, emerge che le emissioni nel periodo 1996-2002
riguardano per il 51 per cento le Autonomie locali del Centro Italia, per il 31 per cento quelle del
Nord e per il 18 quelle del Sud. (Figura 2)
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Appunti 2006
Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
Figura 2: Emissioni per area geografica 1996-2002 (valori percentuali)
100
80
60
51
40
20
31
18
0
Nord
Centro
Sud
Fonte: Dexia-Crediop 2004.
La Tavola 9 mostra, per il 2003, i dati disaggregati per tipologia di titolo: le regioni più attive risultano
essere quelle del Mezzogiorno che hanno emesso obbligazioni per circa il 67 per cento del totale dei
BOR, mentre nel caso dei BOP sono le province del Nord quelle più attive e per i BOC sono i
comuni del Centro quelli che hanno emesso il maggior volume di titoli.(Tavola 9)
Tavola 9: Volumi emessi nel 2003 per area geografica e tipologia di titolo (valori percentuali)
Nord
Centro
Sud e isole
BOC
29
69
2
BOP
67
5
28
BOR
14
19
67
Fonte: Dexia-Crediop.
Particolarmente interessante è la connotazione internazionale delle emissioni: ad esempio, nel 2003 il
77 per cento del valore dei buoni è stato emesso all’estero, 3 miliardi di euro su un totale di circa 4
miliardi. A ricorrere a emissioni sul mercato internazionale sono soprattutto le regioni, che
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Appunti 2006
Le politiche di indebitamento delle Autonomie locali
generalmente hanno la possibilità di procedere a emissioni di importo rilevante, necessarie per
ammortizzare i costi più elevati di un’emissione internazionale. (Tavola 10)
Tavola 10: Volumi delle emissioni internazionali per tipologia di ente emittente, 2003
Domestiche
Internazionali
Totale
Emissioni internazionali
BOC
BOP
BOR
Totale
Milioni di euro
913
3.104
4.017
Milioni di euro
600
134
2.370
3.104
%
23
77
100
%
19
4
76
100
Fonte: Dexia-Crediop.
È comunque importante ricordare che le emissioni obbligazionarie, così come più in generale
l’indebitamento, rappresentano ancora una quota modesta delle entrate complessive delle Autonomie
locali. La ragione di ciò è senz’altro riconducibile ai già ricordati limiti quantitativi imposti
all’indebitamento, nonché alla tipologia di spesa finanziabile attraverso l’emissione di titoli
obbligazionari. L’ultimo dato disponibile relativo al 2003 segnala un’incidenza delle emissioni di titoli
pari al 2 per cento delle entrate complessive della Amministrazioni locali. (Tavola 11)
Tavola 11: Andamento dei volumi emessi sulle entrate complessive nelle Amministrazioni locali,
percentuali
1996
1997
1998
1999
2000
BOC
0,2
0,2
0,3
0,5
0,3
BOP
0,0
0,1
0,1
0,1
0,0
BOR
0,0
0,4
0,6
1,2
1,6
Totale
0,2
0,6
1,0
1,7
1,9
Fonte: Dexia-Crediop e Istat, Conto consolidato delle Amministrazioni locali.
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2001
0,3
0,1
1,0
1,4
2002
0,4
0,2
2,5
3,1
2003
0,5
0,2
1,3
2,1
PAG. 22