Do logo - Torino Incontra Taizé
Transcript
Do logo - Torino Incontra Taizé
Dialoghi Testimoniare la Speranza Fede e Libertà: Il mio cammino verso Dio Venerdì 2 maggio, Tempio Valdese, Torino Don Michele Do, Piccola Fraternità Favre Una breve nota introduttiva di Enrico Peyretti1 “Questo è solamente un riassunto schematico di una lunga conversazione di don Michele Do, della quale esiste la registrazione video nel dvd indicato. Può servire a suggerire il valore del contenuto, ma non può valere e non può essere citato come pensiero dell'autore, perché la conversazione originale è molto più ricca e completa.” (E. Peyretti) Quali immagini di Dio? (Riassunto a cura di Enrico Peyretti dal video Il Dio delle icone2) 1. Due contrapposte immagini di Dio, anche nella Bibbia: a) Dio della legge, onnipotente, dall’esterno. Premio o castigo. Adamo lo intende così. b) Dio delle icone, cioè Dio che si esprime nel volto e nella vita dell’uomo; che vuol fare dell’uomo la sua immagine. Icona è uno che ha interiorizzato Dio e lo lascia trasparire. Logos che si fa carne, carne che fa trasparire il Logos. Logos è l’immagine che Dio ha di sé, la parola che dice di sé. Adamo ha paura del Dio della legge e si nasconde. Giovanni danza di gioia nel seno di Elisabetta quando riconosce Gesù nel seno di Maria. 2. Come si diventa icone? Interiorizzando. Con fedeltà creativa. In Gesù questa interiorizzazione è piena: «Chi vede me vede il Padre». Questo è il cuore di ogni alta religiosità. 3. Anche della chiesa ci sono due immagini. Struttura mediatrice, ma Dio non ha mediatori, ha incarnazioni, sacramenti, si incarna come la luce nei mille diversi fiori. Il filo d’erba è icona della luce, è sacramento della luce. Dalla zolla oscura la luce genera il fiore. La chiesa è zolla del regno di Dio. «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome...»: essi sono la zolla e lì fiorisce Dio, dall’interno. 4. Il dialogo interreligioso non è quello che si sta facendo, diplomatico, di cortesia. Ogni religione deve trovare la sua propria profondità. Gesù non ha fondato una nuova religione tra le altre, ma è venuto a fondare la profondità sacra di ogni religione, nella loro varietà. Diversi fiori nascono dalla stessa luce, vicino al ghiacciaio, o sulle coste africane. Gandhi dice: la grotta sacra la trovo dentro di me. Ogni lunedì faceva silenzio, digiuno, preghiera, e ne usciva saldo come l’Himalaia. Il vero dialogo non è tra le diverse dogmatiche. Dove c’è un raggio di luce che si incarna nell’uomo, lì c’è lo stesso miracolo: la luce che si fa carne e la carne che si fa luce. Tutti 1 Enrico Peyretti Redattore de "Il foglio", mensile di alcuni cristiani torinesi e socio del Centro Studi per la Pace "Domenico Sereno Regis 2 Il Dio delle Icone, 20 settembre 2002, ripreso da Guido Sagramoso, Milano ([email protected]) insieme formiamo l’unico volto di Dio. In ogni uomo, di qualunque cultura o religione, quando c’è un raggio di luce, lì c’è la cristologia, il volto di Cristo, il Logos di Dio, come ha fatto Gesù. Ogni religione ritrovi la sua profondità spirituale. In Gesù si realizza questa luce incarnata nel volto dell’uomo, questo miracolo in lui si è compiuto in modo pieno. Dio è luce che ama. (Qui legge e commenta brevemente il Credo da lui composto). Credo in un solo Dio che è Padre, fonte sorgiva di ogni vita, di ogni bellezza, di ogni bontà. Da Lui vengono e a Lui ascendono tutte le cose. Credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, Immagine visibile e trasparente dell'invisibile volto di Dio, Immagine alta e pura del volto dell'uomo così come lo ha sognato il cuore di Dio. Credo nello Spirito Santo, che vive ed opera nelle profondità del nostro cuore, per trasformarci tutti a immagine di Cristo. Credo che da questa fede fluiscono le realtà più essenziali e irrinunciabili della nostra vita: la Comunione dei santi e delle cose sante, che è la vera Chiesa, la Buona Novella del perdono dei peccati la fede nella Resurrezione, che ci dona la speranza che nulla va perduto della nostra vita: nessun frammento di bontà e di bellezza, nessun sacrificio per quanto nascosto ed ignorato, nessuna lacrima e nessuna amicizia. Amen! Questa è per me la pura essenza del cristianesimo. Non una chiesa detentrice di Dio e mediatrice, ma una zolla in cui si incarna la luce. In precedenza avevo detto «... ci dona la certezza...». Ho cancellato la parola “certezza” dal mio vocabolario. Oggi posso dire le mie “dubitose irrinunciabili chiarezze”, raggiunte alla sera della vita: dubitose, ma irrinunciabili. Chiarezze, non certezze. Fosse qui davanti tutto schierato il sant’Uffizio, le mi pulsazioni non aumenterebbero. «In interiore homine stat veritas». La gente vuole l’immagine di Dio-legge. Il diavolo, nel deserto delle tentazioni di Gesù, con una risata satanica gli dice: sarai uno sconfitto! Gesù è sconfitto. La morte in croce è l’incarnazione ultima, la più alta, del volto di Dio. La croce è il culmine dell’incarnazione del volto di Dio in Gesù, il quale lì, sulla croce, giunge ad amare come ama Dio. Dio dice. «Non ti amo perché sei buono, ma ti amo fino al punto che diventerai buono, e anche tu amerai così. Il mio amore non rinuncia». Lì si congiunge il “divina pati” con l’ “humana pati”. Dio si incarna senza violenza negli inferi dell’uomo, negli abissi che sono in noi (Freud), nella nostra zolla che la luce fa fiorire. «Descendit ad inferos». In noi germina l’immagine di Dio. Disceso in noi, che usciamo dall’animale, egli patisce il nostro groviglio di istintualità selvaggia. «Tu in me, Padre, e io in te. Noi in loro, consumati nell’unità». Questo è l’orizzonte cristiano. Questa è la preghiera delle icone, che sono tutte le anime grandi. Gesù non viene a fondare una nuova religione, ma a rivelare la profondità sacra di ogni religione. La chiesa non è quella struttura piramidale. L’immagine di Dio non è quella satanica che Satana dà nel deserto a Gesù. La provvidenza di Dio non è la Fata Turchina di Pinocchio, che risolve le difficoltà, non è la provvidenza di Pinocchio. I nostri teologi non ci aiutano. Quelli della scuola di Milano, poi, chi li capisce? Si fa fatica. È stato il travaglio di tutta una vita, da solo. Sono partito dalle cose tradizionali, la devozione del Sacro Cuore. Non si deve distruggere nulla, ma crescere. Bisogna parlare in termini accessibili agli “indotti intelligenti”. Ho tradotto liberamente l’Ubi charitas. È l’amicizia. Dove c’è amicizia c’è Dio. "Ubi caritas, et vera, Deus ibi est" Dove c'è amicizia e amicizia vera, lì c'è Dio. E lì c'è l'uomo. L'amicizia è il più grande di tutti i sacramenti. Senza di essa, dice san Paolo, tutto è vano. Dio è amicizia! Ubi caritas, et vera, . . . «Dio è una presenza sempre offerta alla quale noi non sempre rispondiamo» L'amicizia si offre: non si impone, non si mendica, non si simula: l'amicizia, come Dio, è una presenza sempre offerta, anche se non sempre accolta. E' come la sorgente nel bosco: essa deve dare al passante assetato l'acqua più pura che ha ed il meglio di sé. Ubi caritas, et vera, . . . L'amicizia è il "Pane dell'Angelo" che all'uomo sfiduciato e desideroso di morte, come Elia, restituisce il coraggio di un nuovo inizio: «Alzati e mangia, perché hai ancora tanto cammino davanti a te!». Ubi caritas, et vera, . . . Nelle ore oscure di cupo abbandono in cui l'uomo avverte con angoscia il suo Dio assente e lontano, è l'amicizia che aiuta a ritrovare la presenza amica del Padre. E' il dono dell'Angelo nell'orto del Getzemani, è il miracolo del Buon Ladrone sul Calvario. Gesù gli esprime la sua riconoscenza "beatificandolo": «Oggi sarai con me in Paradiso!» Ubi caritas , et vera... No all’apostolato come conquista. Gli apostoli erano scalpitanti per andare a conquistare la gente, e Gesù gli dice: aspettate lo Spirito, cioè interiorizzate, diventate voi stessi vangelo, siate miei testimoni. Dice testimoni, non sacerdoti. Il sacerdote è un sacrestano: porta il vangelo in mano. Questo è bello, va bene, è un servizio. Ma il testimone è vangelo lui stesso. La zolla fiorita non cerca spettatori, non va a conquistarsi il pubblico. Chi ha occhi per vedere, veda. Perciò è detto: «abbiamo palpato il Verbo della vita». È il fascino della bellezza, nessuna imposizione. Perché non dare il sacerdozio alle donne, se il sacerdozio è questa testimonianza della luce nella vita? Penso all’amica di padre Rogers, anglicano. Quando viene qui, noi concelebriamo. Un sacerdote, un caro amico, mi dice: «Il sacerdote ha il potere, comanda, e Lui scende nel pane e nel vino». Ecco la magia! Il sacramento non è magia. Il fiore è il sacramento della luce. Ogni fiore, i differenti fiori. Ogni filo d’erba. (E nel filmato mostra i fiori selvatici, e i fili d’erba più comuni che ha raccolto nel bosco e nella montagna: ognuno è incarnazione di luce nella terra). * * *