Signore, mia Roccia Ti amo, Signore, mia forza, Signore
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Signore, mia Roccia Ti amo, Signore, mia forza, Signore
Signore, mia Roccia Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza. (salmo 18,2-3) Nella relazione tra due persone, insieme alle tante cose che si dicono, ce ne sono altre che non si dicono, perché non si possono, o non si vogliono dire, o non si vogliono dire fino in fondo.Per queste c’è il linguaggio figurato, quel linguaggio a metà strada tra il dire e il non dire, tra il far comprendere e il non spiegare: è il linguaggio privato dell’amore, della relazione profonda dove basta accennare per dire tutto.Anche nella relazione di fede tra Dio e l’uomo si sono usati questi tipi di mediazione, spesso perché era troppo difficile comunicare un’emozione, un amore tanto profondo quanto indicibile: sia da parte dei profeti, a nome di Dio, potremmo dire, ma anche a nome dell’uomo si sono inventati dei codici perché il non-detto arrivasse al cuore dell’amato prima e meglio delle parole. E’ il linguaggio della poesia dei Salmi, del Cantico dei Cantici, dell’Apocalisse, è il linguaggio tra Gesù e il Padre, tra i mistici e Dio…In questa comunicazione, tanto misteriosa per chi non percepisce l’amore, quanto chiara per chi si fa trasportare da questa forza potente, anche Dio riceve degli attributi che appartengono alla dimensione dell’esperienza umana: il salmo 18 dà un breve saggio di questo. Dio è chiamato dal salmista forza, roccia, fortezza, liberatore, rupe, scudo, baluardo: è evidente che questo gruppo di termini si riconduce alla dimensione della difesa, della protezione armata di una città, di un popolo… La roccia ricorda la stabilità, ciò che è eterno in confronto con ciò che passa: Dio è l’Eterno, colui che esiste da sempre ed assiste il suo popolo, che conosce l’uomo prima che si siano formate le sue ossa. La roccia si mostra per ciò che è, senza nascondere inciampi tra la vegetazione, è ciò che si vede: si sa che la roccia non tradisce: un piede posato sulla roccia non vacilla! Dio è per il suo popolo aperto e chiaro, Colui che si è fatto conoscere, che ha consegnato il suo nome ad Israele. Le rocce sono riparo agli uomini (1 Sam 13,6) e agli animali (Prov 20,26): è così normale che Dio riceva questo appellativo, Lui che è riparo sicuro contro il pericolo. La roccia è da sempre simbolo di sicurezza, in contrasto con la pianura dove le aggressioni possono giungere senza che ci si possa difendere. Dio è per il salmista dunque difesa da ogni aggressione, da ogni nemico: le mura umane possono essere atterrate, scavalcate, ma Dio è muro invalicabile dall’avversario. In una terra dove le alture sono rare e comunque poco elevate, più simili a colline che a montagne, dove si può trovare riparo se non nella rupe che impedisce l’assalto?I nemici del popolo possono essere reali come aggressori o conquistatori: la città costruita sull’altura dà più garanzia di difesa. Ma possono essere anche nemici altrettanto pericolosi, ma invisibili: l’infedeltà, l’idolatria, la tentazione di tradire l’alleanza…Anche in questo caso ci si difende meglio in una città costruita sulla roccia: se la convivenza è fondata su Dio, sulla sua fedeltà e la sua grazia, se non si confida tanto nella forza dell’uomo, ma si conta sulla promessa del Signore, l’avversario può tentare la scalata alla città, ma non sarà facile per lui conquistarla. Ho sperato: ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha tratto dalla fossa della morte, dal fango della palude; i miei piedi ha stabilito sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi. (salmo 40,2-3)Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna (Is 26,4)Dio è dunque garanzia di fedeltà, sicurezza di rifugio… Però: Dio chiede di essere creduto; non si può giocare con Lui: la fede non è affatto la facile scelta interiore di chi non vuole rischiare, è la forza potente di chi sa di aver rischiato la sua vita sulla certezza dell’amore. Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria.Mancava l'acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: <<Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore! Perché avete condotto la comunità del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame? E perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni e non c'è acqua da bere>>. Allora Mosè e Aronne si allontanarono dalla comunità per recarsi all'ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro.Il Signore disse a Mosè: <<Prendi il bastone e tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e alla loro presenza parlate a quella roccia, ed essa farà uscire l'acqua; tu farai sgorgare per loro l'acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al suo bestiame>>. Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato. Mosè e Aronne convocarono la comunità davanti alla roccia e Mosè disse loro: <<Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?>>. Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e tutto il bestiame. Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: <<Poiché non avete avuto fiducia in me per dar gloria al mio santo nome agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete questa comunità nel paese che io le dò>>. Queste sono le acque di Mèriba, dove gli Israeliti contesero con il Signore e dove Egli si dimostrò santo in mezzo a loro. (Numeri 20,1-13)Un altro incontro con Dio alla presenza di una roccia: il popolo ebraico è uscito dall’Egitto, per mano di Mosè, che guida Israele a nome di Yhwh. Giunto nel deserto, ha già stancato Mosè con la richiesta di cibo, di comodità… ma soprattutto, incredibile a dirsi, ha rimpianto le gioie della schiavitù! Mosè più volte si è rivolto a Dio per intercedere per il popolo e Dio sempre ha accondisceso alle domande. Ora … manca l’acqua! Diremmo però che il racconto va oltre una carenza materiale; l’assembramento contro Mosè e Aronne, la lite, le recriminazioni rivelano piuttosto una mancanza di fede, di fiducia in chi egli ha scelto come guida, di certezza nella protezione da parte di chi li ha liberati da un nemico ben più potente… La roccia davanti a cui Dio conduce il popolo e Mosè può rappresentare la prova della fede in Dio. Egli chiede di fare un atto di fiducia in lui: la roccia diventa il discrimine tra chi crede e quindi vede e chi vuol vedere per credere. Davanti a questa roccia si deve prendere posizione.La roccia è presentata quasi come un essere vivente, a cui si rivolge la parola, che può far sgorgare da sé acqua per la sete del popolo. C’era però il rischio che il popolo ebraico imitasse i suoi vicini sacralizzando la pietra, magari ritenendola luogo legato al sacro. Per evitare questo, che diventi un idolo sul modello degli idoli degli altri popoli, il testo chiarisce: tu (Mosè) farai sgorgare per loro l’acqua dalla roccia. Che dalla roccia possa scaturire acqua non è un’invenzione estemporanea, ma il frutto di una ben radicata concezione della terra che gli Ebrei hanno in comune con i popoli del Vicino Oriente: si dice che, quando fu creato il mondo, la terra fu eretta come una montagna sugli abissi e che tra il mare primordiale e la terra asciutta Dio abbia posto una pietra, una roccia a sigillo delle acque. Così si tratta solo di una sospensione di questa funzione se dalla roccia scaturisce di nuovo l’acqua. Mosè forse non spera che Dio ancora voglia accondiscendere alle richieste di Israele: davanti alla sua incredulità, alla sua arroganza e prepotenza, forse dimentica che lui stesso si è opposto alla volontà di distruggerlo, quando Dio aveva decretato la fine di questo popolo di ribelli (Es 32,30-33). Ora forse non crede. E’ davanti alla ripetuta ostinazione del cuore umano che si infrangono le certezze del perdono: potrà Dio ancora perdonare all’uomo? Potrà ancora dimenticare? Può Dio essere sempre Padre, anche se i figli dimenticano di vivere da figli? E’ il peccato contro lo Spirito Santo, quello, l’unico, per cui non c’è perdono! Dio, la Roccia, ancora una volta stupisce anche Mosè, che pure lo conosceva per averlo visto faccia a faccia: Dio fa scaturire acqua in abbondanza. Non basta l’acqua, ma acqua abbondante; non per annientare l’uomo, ma per mostrargli che Dio non sta al gioco del do ut des. Davanti a Mosè si svela il vero volto di Dio, quello che non si fa vincere in generosità.Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: <<Poiché non avete avuto fiducia in me per dar gloria al mio santo nome agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete questa comunità nel paese che io le do. La Roccia che è Dio non è però molle creta, l’uomo non può senza conseguenze per lui dimenticarne la verità: Mosè e Aronne non entreranno nella terra promessa, perché non hanno avuto fiducia. E’ vero che la fede in Dio si alimenta anche dalla certezza della sua forza, della sua benignità e fedeltà nei nostri riguardi, dal suo “essere roccia”; ma la roccia esige che la fede si provi nel momento in cui più inaspettato sembra poter giungere il soccorso da Dio. Non basta aver proclamato il suo nome, aver narrato le sue imprese: bisogna essere disposti a dar gloria al suo santo nome agli occhi degli Israeliti. Davvero Dio è roccia!Allora si può comprendere che Dio abbia voluto scrivere la sua alleanza sulla roccia: è la sua fedeltà in gioco e la fedeltà dell’uomo.Non meraviglia anche che nella tradizione giudaica Abramo sia definito “roccia”, appoggiandosi al testo di Is 51,1s: Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo vostro padre, a Sara che vi ha partorito; poiché io chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai. E si capisce meglio il senso della scelta di Gesù di dare a Simone il nome nuovo di “pietra”: come il popolo antico aveva le sue fondamenta sulla roccia di Abramo, il nuovo popolo sarà fondato sulla roccia di Pietro. La definitiva rivelazione di Dio in Gesù Cristo può mettere in ombra questa similitudine. Infatti la “roccia” in cui è scavata la tomba di Gesù non riuscirà a contenerlo: dalla roccia del Golgota e del sepolcro nuovo nasce una nuova economia di salvezza. Ora che Dio si è fatto carne, l’alleanza non è più scritta con inchiostro su tavole di pietra, ma sul cuore di carne dell’uomo (Ger 31,31-33): la nuova parola di Dio sono i credenti che parlano di Dio e per Dio: voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori, scrive Paolo ai Corinti (2 Cor 3,3). TORNA SU PER L’APPROFONDIMENTO TEOLOGICO Dal CdA § 86-94; 830 5- LA RISPOSTA DELLA FEDE CCC, 142-175 Adesione totale [86] Dio si rivela e si dona in una storia intessuta di parole e avvenimenti. L’uomo lo accoglie liberamente, impegnando tutto se stesso, intelligenza, volontà e cuore, affidando a lui il proprio futuro, assentendo alla verità da lui comunicata. Questa adesione così piena e coinvolgente trascende il comune senso religioso e si chiama fede. Affidamento [87] La fede è atteggiamento esistenziale: ci dà la convinzione di essere amati, ci libera dalla solitudine e dall’angoscia del nulla, ci dispone ad accettare noi stessi e ad amare gli altri, ci dà il coraggio di sfidare l’ignoto. Ecco come si presenta in alcune figure emblematiche. Abramo, il padre dei credenti, «ebbe fede sperando contro ogni speranza» (Rm 4,18); si fidò di Dio e delle sue promesse; lasciò la propria patria e la propria parentela; affrontò, lui vecchio e senza figli, un lungo viaggio «senza sapere dove andava» (Eb 11,8), per poter ricevere dal Signore una nuova terra e una numerosa discendenza. La sua figura esprime e sintetizza la fede del popolo di Dio: «Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» (Gen 15,6).La Vergine Maria, colei che è beata perché ha creduto nel modo più puro e totale, all’annuncio dell’angelo uscì dal suo piccolo mondo di promessa sposa, aprendosi al progetto di Dio: «Eccomi, sono la serva del Signore» (Lc 1,38). Divenuta madre del Messia, avanzò nell’oscurità della fede fino al dramma angoscioso del Calvario. I due discepoli di Giovanni Battista, che videro passare Gesù, gli andarono dietro, fecero amicizia con lui, corsero ad annunciarlo ad altri, iniziarono una nuova esistenza.[88] Credere è aprirsi, uscire da se stessi, fidarsi, obbedire, rischiare, mettersi in cammino verso le cose «che non si vedono» (Eb 11,1), andare dietro a Gesù «autore e perfezionatore della fede» (Eb 12,2). È assumere un atteggiamento di accoglienza operosa, che consente a Dio di fare storia insieme a noi, al di là delle umane possibilità. Assenso [89] Allo stesso tempo la fede è assenso a un contenuto dottrinale. È conforme alla nostra dignità dar credito alle dichiarazioni e alle promesse di persone oneste; a maggior ragione si deve dar credito a quelle di Dio, che è la veracità stessa. Affidarsi a Dio significa aderire fermamente al suo messaggio, alla dottrina da lui rivelata e proposta autorevolmente in suo nome dalla Chiesa. La fede non è vago sentimento, né solo un impegno pratico; ha un contenuto di verità, che il credente deve conoscere sempre meglio. Dono di Dio [90] La fede è un dono o una scelta? Quando Paolo venne a portare il vangelo in Europa, nella città di Filippi «c’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia... e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo» (At 16,14). Non basta l’annuncio esteriore a suscitare la fede; occorre anche una illuminazione interiore. Già l’Antico Testamento aveva chiara consapevolezza che la fede è frutto di una iniziativa di Dio: «Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti... Riconoscete dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele» (Dt 7,7.9). Gesù stesso ha dichiarato pubblicamente: «Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gv 6,44). La fede � dono dello Spirito Santo, che la previene, la suscita, la sostiene, l’aiuta a crescere. È lui che illumina l’intelligenza, attrae la volontà, rivolge il cuore a Dio, facendo accettare con gioia e comprendere sempre meglio la rivelazione storica di Cristo, senza aggiungere ad essa nulla di estraneo. [91] Qualcuno potrebbe pensare: se la fede è un dono, forse io non l’ho ricevuto ed è per questo che non credo. C’è da dire, anzitutto, che i confini tra fede e incredulità nel cuore delle persone non sono ben marcati, un po’ come in quell’uomo che diceva a Gesù: «Credo, aiutami nella mia incredulità» (Mc 9,24). I credenti sono tentati di non credere e i non credenti sono tentati di credere. Qualcuno pensa di non credere e invece crede, almeno a livello di disponibilità e adesione implicita; altri pensano di credere e invece danno soltanto un’adesione teorica, senza vita. Soprattutto, è da ricordare che viviamo tutti in un regime di grazia. In modi diversi, secondo le situazioni personali e culturali, Dio offre a tutti il dono di credere, almeno implicitamente, come per tutti fa sorgere il sole. Nessuno è escluso. Chi davvero è incredulo, vuol dire che rifiuta la sua cooperazione, come uno che chiude gli occhi alla luce del sole e rimane al buio. La fede, infatti, è insieme dono di Dio e decisione libera dell’uomo. Dio non si impone, ma si propone; non solo rispetta, ma suscita e sostiene la libertà. Decisione responsabile [92] La fede è una scelta responsabile e ragionevole. Da una parte prende avvio da un’adesione ragionevole alla rivelazione; dall’altra schiude alla ragione l’orizzonte di una comprensione più profonda della realtà, perché il mistero, anche se rimane in se stesso oscuro, illumina e dà significato e valore a tutto. La fede va oltre la ragione; ma la conoscenza «genera, nutre, difende e fortifica» la fede. Non per nulla Gesù faceva spesso appello all’intelligenza dei suoi ascoltatori. È opinione abbastanza diffusa che la fede sia un atteggiamento immaturo e una rinuncia a pensare: se si vuol credere - si dice -, non bisogna fare troppe domande. Non si può negare che a volte il comportamento dei credenti possa dare adito a questa impressione. Ma di per sé la fede cristiana è apertura coraggiosa e sottomissione incondizionata alla verità e pertanto costituisce lo spazio vitale più adatto per lo sviluppo della ricerca razionale e del senso critico. Esige solo la rinuncia, anch’essa ragionevole, alla pretesa di capire tutto. Esperienza nuova [93] Agli occhi del credente la vita si illumina di nuovo significato e appare pienamente degna di essere vissuta. Cristo «rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». Ogni persona acquista valore assoluto, in quanto è chiamata alla comunione con Dio nell’eternità. Ogni dimensione della persona - spirito, corpo, famiglia, società, cultura, lavoro - si mostra nella sua autenticità, orientata allo sviluppo integrale.La fede «opera per mezzo della carità» (Gal 5,6); non solo manifesta il senso delle cose, ma dà la forza di attuarlo. Il cristiano, mentre anela alla perfezione definitiva oltre la storia, sperimenta già nella vita presente un anticipo di essa, si sente risanato o almeno in via di guarigione, assapora la bellezza di vivere, anche nella fatica e nella sofferenza. Mentre pregusta nella speranza la salvezza eterna, ne pone i segni nella città terrena: libertà, giustizia, solidarietà, sobrio benessere nel rispetto della natura, pace. «Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa anche lui più uomo»; scopre di essere infinitamente amato e di poter egli stesso amare sempre più. [94] La fede è adesione totale dell’uomo a Dio che si rivela nella storia, affidamento di sé e del proprio futuro a lui, assenso a tutta la verità da lui comunicata e che la Chiesa propone a credere. La fede è dono di Dio, frutto dell’azione interiore dello Spirito Santo; nello stesso tempo è decisione libera e ragionevole dell’uomo. [830] La fede ci fa partecipare alla luce della conoscenza divina; ci apre ad accogliere l’amore di Dio e il suo disegno di salvezza, rivelato nella Pasqua di Cristo. Consapevoli della nostra povertà, ma persuasi di essere amati, ci affidiamo senza riserve, pronti a ubbidire e a rischiare. Dando ferma adesione alla verità rivelata, riceviamo nuove prospettive sulla realtà, nuovi criteri di giudizio e motivi di azione. La fede «opera per mezzo della carità» (Gal 5,6); altrimenti è come morta. Tuttavia rimane importante anche nei peccatori, perché li prepara alla giustificazione. Alcuni peccati, come l’incredulità, l’apostasia e l’eresia la contraddicono direttamente e giungono a distruggerla. TORNA SU Per la preghiera Preghiera: Salmo 18 (a cori alterni) Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici, e dalla mano di Saul. Disse dunque: Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza. Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti impetuosi; già mi avvolgevano i lacci degli inferi, gia mi stringevano agguati mortali. Nel mio affanno invocai il Signore, nell'angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, al suo orecchio pervenne il mio grido. La terra tremò e si scosse; vacillarono le fondamenta dei monti, si scossero perché egli era sdegnato. Dalle sue narici saliva fumo, dalla sua bocca un fuoco divorante; da lui sprizzavano carboni ardenti. Abbassò i cieli e discese, fosca caligine sotto i suoi piedi. Cavalcava un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento. Si avvolgeva di tenebre come di velo, acque oscure e dense nubi lo coprivano. Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi con grandine e carboni ardenti. Il Signore tuonò dal cielo, l'Altissimo fece udire la sua voce: grandine e carboni ardenti. Scagliò saette e li disperse, fulminò con folgori e li sconfisse. Allora apparve il fondo del mare, si scoprirono le fondamenta del mondo, per la tua minaccia, Signore, per lo spirare del tuo furore. Stese la mano dall'alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque, mi liberò da nemici potenti, da coloro che mi odiavano ed eran più forti di me. Mi assalirono nel giorno di sventura, ma il Signore fu mio sostegno; mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene. Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia, mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani; perché ho custodito le vie del Signore, non ho abbandonato empiamente il mio Dio. I suoi giudizi mi stanno tutti davanti, non ho respinto da me la sua legge; ma integro sono stato con lui e mi sono guardato dalla colpa. Il Signore mi rende secondo la mia giustizia, secondo l'innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi. Con l'uomo buono tu sei buono con l'uomo integro tu sei integro, con l'uomo puro tu sei puro, con il perverso tu sei astuto. Perché tu salvi il popolo degli umili, ma abbassi gli occhi dei superbi. Tu, Signore, sei luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le mie tenebre. Con te mi lancerò contro le schiere, con il mio Dio scavalcherò le mura. La via di Dio è diritta, la parola del Signore è provata al fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia. Infatti, chi è Dio, se non il Signore? O chi è rupe, se non il nostro Dio? Il Dio che mi ha cinto di vigore e ha reso integro il mio cammino; mi ha dato agilità come di cerve, sulle alture mi ha fatto stare saldo; ha addestrato le mie mani alla battaglia, le mie braccia a tender l'arco di bronzo. Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza, la tua destra mi ha sostenuto, la tua bontà mi ha fatto crescere. Hai spianato la via ai miei passi, i miei piedi non hanno vacillato. Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti, non sono tornato senza averli annientati.Li ho colpiti e non si sono rialzati, sono caduti sotto i miei piedi. Tu mi hai cinto di forza per la guerra, hai piegato sotto di me gli avversari. Dei nemici mi hai mostrato le spalle, hai disperso quanti mi odiavano. Hanno gridato e nessuno li ha salvati, al Signore, ma non ha risposto. Come polvere al vento li ho dispersi, calpestati come fango delle strade. Mi hai scampato dal popolo in rivolta, mi hai posto a capo delle nazioni. Un popolo che non conoscevo mi ha servito; all'udirmi, subito mi obbedivano, stranieri cercavano il mio favore, impallidivano uomini stranieri e uscivano tremanti dai loro nascondigli. Viva il Signore e benedetta la mia rupe, sia esaltato il Dio della mia salvezza. Dio, tu mi accordi la rivincita e sottometti i popoli al mio giogo, mi scampi dai nemici furenti, dei miei avversari mi fai trionfare e mi liberi dall'uomo violento. Per questo, Signore, ti loderò tra i popoli e canterò inni di gioia al tuo nome. Egli concede al suo re grandi vittorie, si mostra fedele al suo consacrato, a Davide e alla sua discendenza per sempre.