Etichette alimentari: Confartigianato Alimentazione sostiene l

Transcript

Etichette alimentari: Confartigianato Alimentazione sostiene l
Etichette alimentari: Confartigianato Alimentazione sostiene l’indicazione in
etichetta dello stabilimento di produzione; la Commissione Industria del
Senato auspica l’introduzione di tale obbligo.
Come è noto, dallo scorso 13 dicembre 2014, data di avvio dell’applicazione del Regolamento
UE 1169/2011, non è più obbligatorio indicare lo stabilimento di produzione sulla confezione
dei prodotti alimentari.
In questo modo non è più possibile capire chi produce ciò che si acquista, poiché è obbligatorio
indicare sulla confezione soltanto il nominativo e l’indirizzo della sede legale dell’operatore
responsabile che è quello con il cui nome o ragione sociale è commercializzato il prodotto o
l’importatore in UE nel caso il prodotto provenga da paesi extra UE. Ed è proprio qui il
problema, dato che questo operatore potrebbe anche non essere il produttore ed ove invece lo
fosse la sede legale potrebbe non coincidere con la sede delle stabilimento di produzione.
A seguito di numerose proteste dei consumatori, il Ministro dell’Agricoltura Martina lo scorso 21
dicembre ha chiesto al Ministro dello Sviluppo Economico Guidi di ripristinare l’obbligo
d’indicazione dello stabilimento di produzione in etichetta, con apposito decreto da notificare in
Ue. Il Ministro Guidi ha risposto il 21 gennaio 2015, proponendo di costituire un tavolo di
lavoro per approfondire la questione, tenendo conto di tutti gli interessi coinvolti.
Si è pertanto aperto un tavolo di confronto tra i Ministeri competenti (MISE. MIPAAF.
Minsanità) e le organizzazioni datoriali di rappresentanza per verificare la posizione delle stesse
ed individuare delle possibili soluzioni.
Nel corso dell’incontro abbiamo sottolineato, pur essendo facoltativa l’indicazione dello
stabilimento di produzione, l’importanza che riveste per il settore da noi rappresentato il
ripristino dell’obbligo, rilevando che la sua assenza rientra nella logica delle imprese
multinazionali che privilegiano produrre dove si riscontrano costi più bassi ma non in quella
dell’artigianato e della piccola impresa agroalimentare italiani.
Questo settore, infatti, si è sempre contraddistinto per il forte radicamento territoriale che lo
ha spinto a privilegiare l’utilizzo di materia prima locale e procedimenti di produzione tipici del
territorio, costituendo di fatto “ante litteram” quelle filiere corte nate per offrire maggiori
garanzie di qualità, sicurezza, naturalità e valenza culturale ai consumatori e per contrastare
gli effetti negativi della globalizzazione.
L’informazione sullo stabilimento di produzione oltre quindi ad essere di particolare aiuto per i
consumatori, favorisce il rispetto del requisito della sicurezza alimentare dei prodotti in quanto
in caso di allerta le autorità di controllo sarebbero in grado di risalire velocemente all’impresa
ove si è verificata l’anomalia, attivando le opportune azioni correttive.
I consumatori potrebbero consapevolmente scegliere un alimento rispetto a un altro anche in
considerazione del paese o la regione dove è prodotto per motivi legittimi come sostenere
l’economia e l’occupazione locali, privilegiando prodotti con minore impatto ambientale e
contribuendo di fatto ad ostacolare le delocalizzazioni.
Il tavolo ha registrato la totale unanimità riguardo all’auspicio di ritornare alla situazione quo
ante discutendo su quale strada intraprendere, nazionale o comunitaria con i tempi di
attuazione più o meno lunghi, per reintrodurre l’obbligo. Si è deciso in via cautelativa di
“sondare” la Commissione europea riguardo alla fattibilità di adozione di uno strumento
legislativo nazionale che certamente sarebbe più veloce ma che potrebbe non risolvere
completamente il problema, dato che rimarrebbero fuori dall’obbligo tutti quei prodotti
importati in Italia, realizzati tra l’altro anche da multinazionali del settore proprietarie di marchi
italiani, che privilegiano la delocalizzazione delle loro produzioni.
La Commissione Industria del Senato ha da poco approvato un parere favorevole sulla
relazione della partecipazione dell'Italia all'UE per la Commissione politiche UE nel quale viene
sollecitata l'adozione, nell'ambito del contributo italiano all'Unione europea per il 2015, di
modalità di etichettatura ed informazione per il consumatore tese a tutelare il Made in
Italy agroalimentare, non solo dal punto di vista delle produzioni biologiche, ma in senso
ampio.
Nel parere sono contenute, in merito alle iniziative per la tutela dei consumatori (in particolare
in riferimento alla possibilità di prevedere ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie
specifici di alimenti, come consentito dall'articolo 39 del Regolamento UE 1169/2011),
osservazioni tese a prevedere l'obbligo di indicare lo stabilimento di produzione, o
confezionamento apposta in una posizione chiara e ben visibile, tale da garantire al
consumatore l’immediata leggibilità dell’informazione.
Nell’attesa dell’emanazione di un decreto che concretizzi tale obbligo, ricordiamo che
l’indicazione dello stabilimento può sempre essere apposta in via facoltativa al fine di sopperire
alla mancanza di norme certe sull’attribuzione della origine “made in Italy” al prodotto
alimentare effettivamente realizzato in Italia.