Loris Malaguzzi - Edizioni Junior
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IDEE E QUESTIONI Loris Malaguzzi e la cultura dell’infanzia La cultura dell’infanzia si produce nei nidi e nelle scuole dell’infanzia SETTEMBRE 2013 a cura del Coordinamento pedagogico nidi e scuole dell’infanzia comunali di Reggio Emilia 8 Proponiamo ai lettori di “Bambini”, come filo rosso che contrassegnerà questo anno, la pubblicazione, in ogni numero della rivista, di un editoriale di Loris Malaguzzi, a vent’anni dalla sua scomparsa. Dieci editoriali scelti, senza una logica cronologica, fra gli oltre cento da lui scritti, guidati dall’attualità delle tematiche proposte. Ogni editoriale, pubblicato integralmente, sarà commentato da un interlocutore, rappresentante di un ambito del sapere, che offrirà al lettore una chiave interpretativa che attualizzi il pensiero e il contributo di Malaguzzi ai linguaggi e alle tematiche che oggi interrogano educatori, famiglie, amministratori e politici. Gli editoriali sono scritti di una o due pagine, raramente più lunghi, in cui Malaguzzi con la lucidità, la visionarie- tà, il pragmatismo e la sapienza che lo contraddistinguevano, tracciava quadri della società, della politica e della cultura contemporanea tenendo strettamente intrecciati i piani pedagogico, scientifico, legislativo, sindacale, politico e sociale. Testi rapidi, ma sempre pensati, probabilmente rifiniti e aggiustati più volte, alcuni (come lui soleva fare, e ne sono testimonianza gli scritti autografi che ci ha lasciato), buttati giù di getto, con l’impegno e l’impeto dell’indignazione, della collera, dell’insofferenza, generati in lui dall’indifferenza, dall’insipienza, e dalla miopia con cui la politica guardava alla scuola e ai servizi educativi. Quadri che, purtroppo, sono ancora di grande attualità. Cambiano i nomi dei ministri, i numeri (ma neanche tanto) delle leggi, i protagonisti e i luoghi dei fatti di cronaca, ma i problemi sono ancora (sigh!) gli stessi. L’editoriale che abbiamo scelto per questo primo numero dell’annata 2013/14 risale al giugno del 1989. Nel gennaio dello stesso anno era stato diffuso un impegnativo documento, chiamato Rapporto di medio termine, preliminare alla scrittura dei Nuovi Orientamenti della Scuola Materna, completato nel 1991. Un documento che aveva prodotto un dibattito intenso svoltosi sulla stampa specializzata e in una miriade di convegni, tavole rotonde, dibattiti, seminari, studi vari, con la partecipazione intensa di moltissimi operatori, della scuola materna ma anche di altri settori scolastici. La scuola elementare era stata investita negli anni Ottanta da una serie di innovazioni che avevano trovato nei Programmi del 1985 una sintesi e un fondamentale riferimento. I Nuovi Programmi avevano avviato il mutamento curriculare a partire dal 1987 al quale seguirà, nel 1990, quello istituzionale/organizzativo con la Riforma degli Ordinamenti (Legge n. 148/90) e l’avvio della scuola a moduli, progressivamente smantellata a partire dalla Riforma Moratti del 2004. Un periodo quindi di grande dibattito e fermento, non privo di contraddizioni e posizioni differenti da parte di pedagogisti, intellettuali, insegnanti ed educatori. Gli editoriali con i commenti, le domande, le riflessioni che li accompagneranno rappresentano un contributo aggiornato e contemporaneo a tutti noi che oggi siamo alla ricerca di un cambiamento e di una traiettoria che finalmente riconosca ai bambini il diritto all’educazione in luoghi pubblici di collettività1. 1 A febbraio, in occasione del Convegno del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia che si svolgerà a Reggio Emilia, intitolato Educazione e [è] politica, uscirà un numero monografico che articolerà in forme più compiute il contributo di Loris Malaguzzi per una “pedagogia della relazione, della partecipazione e della desiderabilità sociale” (L. Malaguzzi, Una pedagogia relazionale, in “Bambini”, n. 1/gennaio 1992, p. 6). NOSTALGIA DEL FUTURO IL LINGUISTA E LE FORME DI PRODUZIONE di Loris Malaguzzi 1 Le parole possono anche scappare. Ma non pare facile possano scappare di mano a un uomo come Tullio De Mauro non tanto perché da illustre linguista qual è, è abituato a misurare parole e significati ma perché, pochissimi come lui, posseggono una cultura piena e concreta della vita come della scuola e della politica. Secondo De Mauro una lettura schietta e comparata dell’intera e malinconica vicenda pedagogica nazionale spinge a dire che “le forme più alte di produzione non sono nella università e nelle scuole superiori ma nelle scuole dei bambini. Ed è proprio quello che in genere i politici non hanno mostrato finora di capire”. Il giudizio, un riconoscimento autorevole per quanti lavorano nel settore in genere dislocati ai piani inferiori e seminterrati delle attenzioni ufficiali ripropone in termini ancora più crudi la realtà della situazione complessiva della scuola italiana. E siccome niente sta a sé, e cosi è anche per la scuola dei bambini, il giudizio di De Mauro pur non perdendo nulla del suo valore pare non poter sfuggire al destino di logorarsi contro il grande muro. In altre parole ciò che si logorerebbe è la capacità di sopravvivere e di produrre della stessa esperienza richiamata in termini di esemplarità e contemporaneamente di anomalia ed eccezionalità. Pare difficile impugnare il giudizio di De Mauro. Il settore che in definitiva ha mostrato una volontà dura e diffusa di sottrarsi sia ai giochi di omologazione, sia a quelli di opportunistica seduzione governati dalla balena di Trastevere, è quello che fa riferimento alle istituzioni che provvedono all’educazione dei bambini. Diciamo pure l’asilo nido e la scuola dell’infanzia. Figlio recentissimo il primo, figlia recente la seconda: ambedue nati da parti difficili. Dai movimenti delle lotte femminili degli anni Settanta l’asilo nido, dalla più estenuante battaglia parlamentare che si ricordi, la scuola dell’infanzia. Le diversità di origine – comunque al di fuori della lunga tradizione e della lunga burocrazia – non hanno vietato di riserbare alle due istituzioni storie parallele di umiliazioni e sofferenze. Umiliazioni e sofferenze indicibili per l’ultimo nato addirittura fatto oggetto di sublimi angherie come quella di collocarlo giuridicamente (e quindi ai liberi maneggi locali) tra macelli e servizi funebri mentre in politica ufficiale tollerava la dissipazione di centinaia di miliardi avviati per vie traverse a spregio della legge 1044. Private di identità proprie, sballottate tra norme indefinite, obbligate a forme di funzionamento diseguali e lasciate sole a reinventare ogni giorno certezze impossibili in un’Italia sempre più frantumata e anarchica, oggetto anche in questo campo, di guasti, camuffamenti e imbrogli centrali e periferici, le due istituzioni hanno saputo spesso e in più luoghi, battere paralisi, accumulare esperienze creative al di là degli usuali orientamenti, produrre ricerche e teorizzazioni innovatrici, ispirare innumerevoli iniziative editoriali, offrire contributi di freschissima originalità alle riviste di loro pertinenza. Fino a divenire spesso modelli di riferimento per la letteratura e la ricerca internazionale e quanto in questo gioco di produzione abbiano giocato le scuole comunali dell’infanzia (ad Aprilia nel Convegno della scuola materna recentemente organizzato con il patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione, i discorsi celebrativi sono stati quelli dello Stato, ma le esperienze presentate quasi tutte delle comunali) è noto a tutti quelli che amano il mestiere. 3 Il racconto è questo. La genesi del fenomeno rientrerebbe nella logica del nonsenso come a dire che le cose migliori fuoriescono dalle situazioni peggiori. E, in verità, spesso accade così. Quando l’autodifesa sa imboccare la forza della sopravvivenza testarda, della ribellione al conformismo e all’indifferenza, della rivalsa appassionata e intelligente, della convinzione di compiere atti giusti. Il fenomeno può porre riflessioni di ogni ordine. Ma mentre mostra le sue anomale saggezze, puntualmente eclissate e fatte scoprire dai guardiani pubblici dell’immobilismo e dell’insipienza, mostra insieme i pericoli del suo logorio e della deprivazione delle solidarietà necessarie nei confronti di un potere che può campare a lungo e adoperare le cento finzioni di arlecchino. Può ritenersi siano queste le motivazioni che hanno indotto De Mauro a richiamare nel suo giudizio le responsabilità della politica o meglio dei politici. 4 Ma non è finita. Perché l’atto politico più degenerato è quello dell’ultimissima legge finanziaria che mira all’estinzione delle fonti economiche degli asili nido che rappresentano l’esperienza e la risposta più vive e ineludibili in una società che non può reggersi senza riscontri e aiuti di qualità ai diritti e ai bisogni delle famiglie, delle donne e dei bambini. Un azzeramento che apre conflitti e disagi di cui non si ha misura e che tenta di passare col massimo di omertà trascinando con sé patrimoni culturali di ingente valore. L’appuntamento prossimo di Pisa dove si riuniranno operatori, pedagogisti, amministratori e politici di tutte le tendenze è il contrafforte che si tenta a difesa della istituzione della sua legge. Le speranze, come si vede, sono anche qui, dure a morire. 5 Si respira meglio, anche se con cautela, nella scuola dell’infanzia per la quale corre un testo teorico (e si sa quanto nel nostro paese il teorico sia esercizio per tempi infiniti) varato da una commissione ministeriale. Le interpretazioni sono molte e diverse. Nessuna meraviglia. Si tratta di un passaggio importante decifrabile solo quando arriverà in porto e si saprà su quali binari riorganizzativi le tesi potranno camminare. [...] SETTEMBRE 2013 2 9 IDEE E QUESTIONI SETTEMBRE 2013 © Scuole e Nidi d’infanzia – Istituzione del Comune di Reggio Emilia 10 L’editoriale che abbiamo scelto di riproporre ai lettori e alle lettrici di “Bambini” tratta alcune tematiche ancora attuali e irrisolte. La prima riguarda una funzione che i nidi e le scuole dell’infanzia comunali, soprattutto e dalla loro genesi, si sono assunti: essere produttori di cultura e di ricerca. Diceva Malaguzzi in un Convegno sulla scuola dell’infanzia nel 1970: “Crediamo ancora che competa ai Comuni produrre esperienze originali e creative – lo spazio di libertà è privilegiato come abbiamo detto – attorno alle scuole dei bambini e ricusare nei limiti del possibile ogni intervento che stia al di sotto di queste ambizioni”. Un ruolo che, costantemente svolto, difficilmente viene riconosciuto ai servizi educativi dall’accademia italiana e dalla politica. I nidi e le scuole dell’infanzia sono i luoghi primari della ricerca in ambito educativo sui modi dei bambini di co- struire conoscenza in gruppo e individualmente. Questo perché la ricerca è l’atteggiamento che connota l’agire e l’apprendere dei bambini e chiede agli adulti capacità di costruire contesti empatici con i loro modi di conoscere, contesti di ascolto, di interpretazione e di rilancio. Per questo sanno essere quei luoghi di produzione di cui Tullio De Mauro e Malaguzzi ci parlano. Ne sono una dimostrazione molte realtà italiane, tra cui quella di Reggio Emilia. Questa disponibilità deve però trovare organizzazioni, strumenti, professionalità, in grado di rendere possibili la ricerca, la produzione culturale e la sua socializzazione con i genitori, il territorio, il mondo accademico e scientifico. Una prima condizione è la compresenza di più adulti con il gruppo dei bambini, adulti che costituiscono un primo nucleo di collegialità e di scambio, dimensioni essenziali alla ricerca. Una seconda con- dizione è la possibilità data dall’organizzazione dei tempi, degli spazi e degli adulti di lavorare a piccolo gruppo. Una terza condizione è la disponibilità di strumenti fisici e culturali per produrre documentazione dell’azione educativa. Una quarta condizione è il tempo in orario di lavoro, per tutte le differenti professionalità presenti nel nido e nella scuola dell’infanzia, per interpretare in forme collegiali le esperienze e per condividerle con le famiglie in forme partecipative capaci di tenere ancorata la dimensione educativa con i piani sociali e politici. Perché “a stare con i bambini” non si impara solo trascorrendo tempo con loro in qualunque condizione, ma sono necessari: contesti ambientali, organizzativi e sociali che rendano possibile il fare insieme; tempi per la riflessione, l’autoformazione, la formazione e la supervisione reciproca; scambi tra professionalità differenti; aggiornamen- NOSTALGIA DEL FUTURO Malaguzzi parlava allora di atto politico degenerato dell’ultima legge finanziaria, per noi oggi la degenerazione più pericolosa viene dalla perdita della grammatica dei diritti, sia nel discorso sociale che politico (i diritti dei bambini, prima di tutto; i diritti dei genitori; i diritti degli educatori/insegnanti), sostituita dalla sintassi dei bisogni. L’oscillazione tra diritti e bisogni nei servizi educativi per la prima infanzia è permanente e irrisolvibile, è una tensione e una dialettica identitaria. Identitaria perché è il baricentro che necessariamente viene scelto che qualifica le politiche. Se troppo spostato sul genitore lavoratore il servizio si qualifica come luogo di assistenza, con una flessibilità costruita sugli orari di lavoro, senza alcuna attenzione alla continuità del gruppo dei coetanei e alla stabilità del contesto cui i bambini hanno diritto. Se il baricentro è troppo spostato sulle logiche del servizio, il rischio è quello delle rivendicazioni corporative, della logica delle supposte migliori condizioni di lavoro: meno ore degli insegnanti a scapito della compresenza, della formazione, della relazione con i genitori, meno giorni di servizio... Solo l’attenzione a tutti soggetti, i bambini, gli insegnanti e i genitori, e alle reciproche relazioni, realizza un nido e una scuola capaci di dare risposta ai diritti. Questa transizione forte dai diritti ai bisogni è la causa del processo di privatizzazione delle politiche dei servizi, sempre più ricondotte al singolo soggetto privato (voucher per baby sitter, tagesmutter, servizi h 24). In questi ultimi anni, legittimate dalla crisi economica, le politiche hanno inoltre assunto la sostenibilità come premessa e come orizzonte, un concetto oggi fortemente schiacciato verso la sola dimensione economica del minor costo. Sono queste le condizioni che oggi mettono a rischio di logoramento “la capacità di sopravvivere e di produr- re della stessa esperienza richiamata in termini di esemplarità e contemporaneamente di anomalia ed eccezionalità”. Il tema dei costi dei nidi e delle scuole dell’infanzia va sottratto alla logica liberista dell’efficacia e dell’efficienza per accedere a un’idea di ecologia del sistema dei servizi educativi. Sono politiche educative molto impoverite o timide o autocentrate sui soli diritti corporativi dei lavoratori o sui soli bisogni delle famiglie (che sono poi i bisogni di un mercato che trae profitto dai servizi, senza reciprocità, e chiede alle politiche educative di essere subordinate a queste logiche) che consentono il dominio di quello che Roberto Unger, giurista, sociologo e filosofo del diritto, chiama la “dittatura della non alternativa”. La non alternativa alla privatizzazione, alla diminuzione degli investimenti, all’abbassamento della qualità. L’alternativa c’è, va sostenuta e perseguita con determinazione. Risiede nel coraggio di scegliere le priorità, lavorare perché le politiche educative, famigliari e del mercato del lavoro si integrino con accrescimento reciproco; perseguire uno sguardo sistemico che guardi all’ecologia del sistema, e non alla sola sostenibilità; avere chiara l’idea di società futura che vogliamo consegnare alle future generazioni. L’alternativa risiede nell’idea di educazione bene comune. L’educazione bene comune è una bella metafora per pensare oggi al nido e alla scuola con una prospettiva diversa. Affrontare questo progetto con una tensione politica che guarda alle situazioni esistenti come condizioni di possibile trasformabilità e desiderabilità, capaci di rompere logiche unidirezionali verso valori e scelte concrete di reale utilità pubblica. I servizi educativi sono, come l’acqua, essenziali alla vita e al benessere individuale, collettivo, civile. Come per l’acqua, chi lo desidera può anche cercare forme a pagamento di ciò che ritiene SETTEMBRE 2013 ti culturali; scambi con i genitori in una dimensione partecipativa. Le scelte politiche sui servizi educativi non vanno però in questa direzione nemmeno oggi. © Scuole e Nidi d’infanzia – Istituzione del Comune di Reggio Emilia 11 IDEE E QUESTIONI SETTEMBRE 2013 essere più adeguato alle proprie esigenze, ma nessuno deve essere costretto a comprarlo per corrispondere al proprio diritto e alla propria necessità, tutti hanno il diritto di averlo con una equa contribuzione alle spese e devono averlo di buona qualità. L’educazione è un diritto di tutti i bambini e ragazzi, che ne devono poter fruire senza limitazioni dovute al censo, al reddito, al merito, al genere, alla provenienza geografica ecc. Ma è anche un bene degli adulti, di tutti gli adulti, che la difendono e la arricchiscono e attraverso la partecipazione al progetto educativo, civile, culturale, pedagogico e sociale, fruiscono del bene immateriale che viene prodotto, cioè la conoscenza civile, culturale, pedagogica e sociale. I beni comuni richiamano un diritto di difesa e di custodia che è dovere di tutti i cittadini. Quindi propongono la partecipazione delle famiglie al nido e alla scuola dell’infanzia come un laboratorio culturale, fondato sul dialogo capace di produrre nuove realtà sociali e culturali. 12 Se nel 1989 Malaguzzi segnalava la necessità di avere binari organizzativi per la scuola dell’infanzia coerenti con l’impianto culturale degli Orientamenti, oggi affermiamo che lo strumento necessario a perseguire gli stessi obiettivi è una legge nazionale 0/6 che crei le condizioni per l’esistenza e la qualificazione dei servizi educativi, che costituiscono oggi un sistema pubblico integrato a cui contribuiscono molti soggetti gestori. Una legge che finalmente riconosca i Comuni come gestori di servizi per l’infanzia e non solo programmatori e controllori di servizi gestiti da altri. L’esperienza ci dice che solo nei territori in cui i Comuni gestiscono direttamente i servizi c’è un sistema 0/6 ampio, articolato e partecipato, capace di produrre innovazioni e produzioni culturali importanti. Quella produzione culturale che De Mauro e Malaguzzi nel 1989 accreditavano ai servizi per i bambini più piccoli. Una legge che proponga alcuni valori fondamentali e garantisca condizioni normative sul personale, sui finanziamenti, Loris Malaguzzi (1920-1994) Nato a Correggio (RE), si laurea in Pedagogia a Urbino e inizia la sua attività come insegnante elementare negli anni Quaranta a Sologno (RE). Giornalista per il “Progresso d’Italia” e “l’Unità”, partecipa attivamente alla vita culturale di Reggio Emilia. Nel 1950 fonda il Centro Medico PsicoPedagogico comunale di Reggio Emilia dove lavora per oltre vent’anni. Dal 1963 collabora con l’Amministrazione reggiana all’apertura delle prime scuole comunali dell’infanzia. Dal 1971, con l’apertura del primo asilo nido, assume ufficialmente la direzione psicopedagogica dei nuovi servizi per l’infanzia, definendone il progetto culturale. Con Malaguzzi, Direttore dei nidi e delle scuole dell’infanzia comunali fino al 1984, l’esperienza educativa reggiana assume rilievo internazionale. Consulente del Ministero della Pubblica Istruzione, direttore e fondatore delle riviste “Zerosei” e “Bambini”, nel 1980 fonda a Reggio Emilia il Gruppo Nazionale Nidi. Nel 1992 riceve il Premio danese Lego, nel 1993 il Premio Khol a Chicago (USA) e nel 1994 il Premio Internazionale H.C. Andersen a Copenhagen (DK). È ideatore delle Mostre L’occhio se salta il muro e I cento linguaggi dei bambini. Partecipa all’ideazione e progettazione di Reggio Children – Centro Internazionale per la difesa e la promozione dei diritti e delle potenzialità dei bambini e delle bambine e del futuro Centro Internazionale a lui dedicato. Nel 2001 dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi viene conferita alla memoria di Loris Malaguzzi la Medaglia d’Oro al “Merito di Scuola, Cultura e Arte”. Loris Malaguzzi è stato un instancabile promotore di una filosofia dell’educazione innovativa, che, con la teoria dei cento linguaggi, valorizza le potenzialità, le risorse e le molte intelligenze dei bambini e delle bambine. dal Catalogo della Mostra Una città, tanti bambini. Memorie di una storia presente © Scuole e Nidi d’infanzia – Istituzione del Comune di Reggio Emilia e Reggio Children Reggio Children editore, 2010 sui parametri strutturali e organizzativi. Ciò che oggi è necessario è ribaltare la sola logica dei bisogni e della sostenibilità economica per dare forma a una politica capace di proporre una cultura forte dei servizi alla cittadinanza. Perché, come dice Franco Cassano, progettare il futuro vuol dire “spingere la politi- ca verso una dimensione in cui essa non sia semplice riflesso di interessi, ma qualcosa di più, costruzione delle condizioni del progresso dell’intera collettività”2. 2 F. Cassano, Homo civicus. La ragionevole follia dei beni comuni, Dedalo, Bari, 2004.
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