Iraq, Introvigne: «L`attacco solo occidentale è ciò che l

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Iraq, Introvigne: «L`attacco solo occidentale è ciò che l
Iraq, Introvigne: «L'attacco solo occidentale è ciò che l'Isis vuole»
Di Andrea Tornielli – Vatican Insider, 27 Agosto 2014
«Parlare di scontro tra islam e cristianesimo è una semplificazione, credo che abbiano ragione il
cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin come pure Papa Francesco. È essenziale che a
intervenire sia la comunità internazionale con la partecipazione di Paesi musulmani. Altrimenti si
finisce per rimanere nel copione voluto dal sedicente califfo al-Baghdadi, che fa di tutto per
presentare la guerra come lo scontro finale tra crociati e islam». Lo afferma il professor Massimo
Introvigne, fondatore del Cesnur (Centro studi sulle nuove religioni). In questo articolo sulla
«Nuova Bussola quotidiana» lo studioso ha analizzato una pubblicazione plurilingue promossa
dall'Isis, il gruppo fondamentalista islamico dei tagliagole che ha proclamato il califfato in Iraq. Ed
è giunto a conclusioni identiche a quelle proposte e ripetute da parte della Santa Sede. Conclusioni
che divergono sensibilmente da quelle dei propugnatori dello scontro tra cristianesimo e islam.
Perché è una semplificazione presentare ciò che accade in Iraq come uno scontro tra islam e
cristianesimo?
«L'aggressione delle milizie dell'Isis contro la minoranza turcomanna di religione sciita, dopo quelle
contro i cristiani e gli yazidi, ci fa capire che il califfato sunnita massacra altri musulmani, sciiti.
Bisogna capire bene la strategia e l'ideologia dell'Isis, su cui spesso in Occidente circolano notizie
imprecise o semplificate. Possiamo farlo grazie alla rivista del califfato, edita sia in formato
cartaceo che web in numerose lingue - tra cui l'inglese - e intitolata Dabiq. Si tratta di una
pubblicazione di propaganda per i musulmani, una rivista raffinata, con illustrazioni. Anche se il
sito viene spesso oscurato, non è difficile procurasela e studiarla».
Che cosa si apprende dalla lettura?
«Il mercato ideologico dell'ultra-fondamentalismo islamico è molto affollato. E che i nemici
dell'Isis sono la galassia che fa capo ai Fratelli Musulmani, la casa madre del fondamentalismo
islamico, e al-Qaeda. Leggendola si scopre che l'Isis considera come fondativa la morte nel 2006 in
Iraq del terrorista internazionale giordano Abu Musa al-Zarqawi. Quest'ultimo si era distinto da Bin
Laden, il quale considerava controproducenti per al-Qaeda i metodi da tagliagole, culminati nella
decapitazione dell'ostaggio americano Nicholas Berg. Zarqawi teorizzava il massacro di tutti i non
sunniti: cristiani, seguaci di altre religioni ma anche i musulmani “eretici” sciiti. Le sue milizie
distruggevano in Iraq interi villaggi sciiti, uccidendo tutti gli abitanti. L'Isis oggi vuole creare zone
integralmente sunnite, eliminando i seguaci di tutte altre religioni, compresi i musulmani sciiti».
Che cosa significa il nome della rivista, «Dabiq»?
«È il nome di una cittadina in Siria dove, secondo un noto “hadith”, cioè un detto attribuito a
Maometto, avverrà nei tempi ultimi lo scontro finale fra i musulmani e i cristiani, quello che aprirà
all'islam la via verso Roma. Un'ideologa apocalittica. Capiamo allora perché l'Isis non solo non
tema, ma auspichi un intervento contro il suo territorio di americani ed europei e anche della
Russia: per questo in Siria moltiplica le provocazioni anti-russe».
Perché il sedicente califfo spinge per un intervento occidentale?
«I “cristiani” (europei, americani, russi), identificati con i crociati, devono essere attirati a
combattere nella terra dell'islam, e lì sconfitti, dopo che un'invasione “cristiana” avrà mostrato al
mondo islamico che al-Baghdadi è il vero califfo, facendo accorrere musulmani di tutto il mondo ad
arruolarsi sotto le sue bandiere. Dalla lettura di Dabiq si capisce come tra i nemici dell'Isis vi sia la
componente di al-Qaeda che combatte in Siria contro Assad (Jabhat al-Nusra), e vi siano anche
Fratelli Musulmani (compresa la direzione di Hamas in Palestina e i leader dei Fratelli attualmente
in carcere in Egitto): sono considerati nemici perché mantengono rapporti con gli sciiti e non
rifuggono - almeno in Palestina - dalla collaborazione con cristiani, purché di sentimenti antiisraeliani. Un altro nemico giurato è l'islam politico turco di Erdogan, che ha promesso all'Unione
Europea libertà e uguaglianza per le minoranze religiose: questo spiega la furia di queste settimane
di al-Baghdadi contro i turcomanni dell'Iraq».
Dunque i musulmani non sono tutti uguali...
«Certo che no. Quanto sta accadendo dimostra che neppure i fondamentalisti islamici sono tutti
uguali, e neppure gli ultra-fondamentalisti violenti lo sono. Tra Fratelli Musulmani, al-Qaeda, Isis ci
sono differenze reali. Non si limitano a discutere di teologia, si ammazzano tra loro. Il califfato è un
pericolo non solo per i non musulmani, ma anche per i musulmani non sunniti e per gli Stati
islamici vicini, che al-Baghdadi considera tutti illegittimi ed eretici».
Che cosa bisogna fare, allora, per fermare i massacri dell'Isis?
«Se si vuole fermare il califfato, e proteggere le minoranze che minaccia di sterminare, si deve
tenere conto della sua ideologia. L'intervento armato solo americano, o americano ed europeo,
rientra nel cliché predisposto dal sedicente califfo, che così potrà presentare la guerra come lo
scontro finale tra l'islam aggredito e i crociati cristiani. Per questo sono importanti le parole di
Francesco sul coinvolgimento delle Nazioni Unite: l'intervento per fermare l'ingiusta aggressione
contro le minoranze deve essere multilaterale e coinvolgere i paesi dell'area, altri paesi musulmani.
Secondo me è essenziale non dare l'impressione di rimanere all'interno del copione voluto dall'Isis.