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Latinitas or Europa: from present to past, from past to present LE STRADE ROMANE: CARATTERI GENERALI INDICE 1.INTRODUZIONE 2. LE FUNZIONI DELLE STRADE ROMANE 3. MANUTENZIONE 4. IL SERVIZIO POSTALE 5. IL PAESAGGIO DELLA STRADA 6. MEZZI DI TRASPORTO 1. INTRODUZIONE L’apertura di una strada aveva, presso i romani, la stessa rilevanza di vittoriose imprese militari e di importanti iniziative politiche e come quelle era degna di essere tramandata ai posteri .Non a caso del resto, quello delle costruzioni stradali era un compito riservato ad alti magistrati, nella repubblica e agli stessi imperatori, durante l’impero e l’usanza di attribuire ad ogni strada il nome di colui che aveva costruita, serviva a sottolineare il suo merito indiscusso e perpetuarne il ricordo. 2. LE FUNZIONI DELLA STRADA ROMANA I romani non furono certamente i primi a costruire grandi strade. C’è ne erano di ottime già in Egitto e in Persia ,come la via regia ricordata da Erodoto che collegava il Golfo Persico al mar Egeo in modo da rivelarsi l’asse portante del commercio dell’impero. Quello che fecero i romani, al di là delle novità tecniche e organizzative ,fu di realizzare un vero e proprio sistema stradale, capillare ed organico, che con le sue trame, riuscì ad abbracciare ogni lembo del vasto impero. A differenza di tutti questi percorsi precedenti ,le strade romane non furono “riservate” al servizio dei sovrani per i loro viaggi o per lo spostamento degli eserciti, o esclusivamente, ai trafci commerciali ,ma esse furono essenzialmente “pubbliche”, cioè aperte a tutti, libere da pedaggi e al servizio delle città e delle campagne. Basterebbe ricordare in proFig. 1 - La Via Appia, regina viarum posito, i tanti editti che ne ribadirono il loro libero uso e ne vietavano l’occupazione abusiva e quindi la limitazione della pubblica utilizzazione. Inizialmente le strade vennero costruite per assolvere a funzioni prevalentemente strategiche, cioè per facilitare l’accessibilità e il controllo dei territori conquistati e sottomessi e ,in Italia in particolare, per collegare rapidamente Roma con suoi avamposti, le colonie create come veri e propri presidi. E non mancarono mai le strade costruite per esigenze strettamente militari, per preparare una spedizione, per favorire una campagna, per consolidare una conquista. Tali furono ad esempio, le strade costruite in Gallia con Agrippa, in Dalmazia e in Pannonia con Tiberio, sul reno e sul Danubio sotto Claudio. Altre strade, come per esempio la via Flaminia aperta in concomitanza con iniziative di politica agraria e per la distribuzione di terre in territori circostanti, vennero costruite per creare collegamenti fra le diverse comunità di coloni e tra queste Roma. In ogni caso ,anche quando erano nate per motivi strategici e militari, le strade nirono per assolvere, contemporaneamente, a funzioni ben più ampie: servivano a occupare e valorizzare i territori, favorivano la nascita di centri abitati, erano un veicolo di integrazione ,di scambio e di mescolanza etnica. Inoltre svolsero un ruolo determinante per la romanizzazione dei territori, per la diffusione del latino come lingua comune e per l’unicazione culturale dell’impero, esportando la lingua, le idee, le leggi di Roma e importando diverse tradizioni dalle regioni conquistate. Lungo le strade infatti, insieme ai soldati, ai mercanti, alle merci, circolavano le idee le dottrine losoche e religiose, i costumi, le mode e ogni novità, positive e negative, vizi e virtù. Fra gli stessi romani esisteva, almeno in età imperiale, una suddivisione delle strade, quasi certamente di natura essenzialmente giuridica. La “classicazione” contemplava le viae militares, di permanente interesse strategico ;le viae pubblicae (dette anche praetoriae o consulares), ossia le grandi strade di comunicazione; le viae vicinares, di intaresse locale o di raccordo fra le viae pubblicae ; in ne le viae privatae, in genere vie d’accesso a terreni di proprietà privata e in questo caso dette anche viae agrariae o rusticae. I romani riuscirono a costruire una rete stradale ampia, capillare ed efciente perfettamente integrata in un sistema di comunicazioni grandioso che comprendeva anche le “vie del mare” (comprendenti anche i laghi e i umi). Infatti costante fu la preoccupazione di raccordare gli itinerari terrestri con le rotte marittime che assicuravano, specie nella buona stagione la maggior parte dei collegamenti sulle grandi distanze. Così fu sempre presente anche la necessità di offrire alle rotte marittime alternative per vie di terra a chi viaggiava d’inverno o a chi soffriva o temeva il mare. 3. MANUTENZIONE La costruzione, la manutenzione e la gestione delle grandi strade costituirono, n dagli inizi, un settore di grande responsabilità e di notevole impegno della pubblica amministrazione. In età repubblicana la costruzione delle strade ,la cui competenza spettava al senato, veniva afdata di norma ai consoli e ai pretori i quali, possedendo l’imperium , esercitavano lo ius publicandi, cioè la facoltà di espropriare possedimenti privati per uso pubblico. Soltanto in casi eccezionali, quando il terreno necessario era già di proprietà demaniale (solum publicum ), la realizzazione di una strada poteva essere afdata ai censori, come accade per la via Appia. Una volta costruita, la strada passava sotto l’amministrazione degli edili; in seguito però, con lo sviluppo della rete stradale ciò non fu più possibile e quindi la cura viarum, la gestione delle strade ,venne afdata a degli appositi funzionari ,i curatores viarum. In età imperiale furono gli stessi imperatori ad occuparsi della costruzione delle strade ,che poi passavano sotto i curatores. L’incarico di curatore era conferito, di norma, ad un ex magistrato, con una durata variabile che poteva andare da un anno no a 10-11 e le competenze potevano essere limitate a una sola o a gruppi di strade. Le strade di minore importanza nei diversi territori dell’impero erano invece poste sotto la cura dei governatori delle province. Per quanto riguarda gli aspetti più propriamente amministrativi e legislativi, le nostre informazioni sono piuttosto scarse e assolutamente frammentarie. Della legge viaria di Caio Gracco, avente lo scopo di facilitare le comunicazioni con i territori lontani dalla capitale, abbiamo poco più che una citazione da parte di Plutarco. Ugualmente si può dire per il settore economico e nanziario su cui si sa che , durante la repubblica, i costi per la costruzione la manutenzione delle strade gravavano sul erario e i fondi necessari dovevano essere attinti dal “sco”, ossia dal patrimonio dello stesso magistrato che ne assumeva l’iniziativa. Questi doveva anche poter ricorrere anche alle risorse delle località interessate, mentre per le opere più importanti, specialmente in Italia, è probabile che usufruisse di speciali prestiti da parte del senato. In età imperiale, accanto agli interventi diretti del sco imperiale, si ricorreva frequentemente ai contributi privati, di associazioni locali. Soprattutto nel caso di opere di manutenzione e di miglioria, si diffuse, no a diventare una regola, l’uso di esigere tali contributi, anche rilevanti e spesso sotto forma di prestazioni di lavoro, dai proprietari dei territori attraversati dalla strada. 4. IL SERVIZIO POSTALE Per controllare un Impero con un territorio tanto vasto si sviluppò un servizio postale particolarmente efciente. L’esperienza Romana non fu la prima in senso assoluto, servizi postali già erano presenti nell’Impero persiano e nella Grecia post-alessandrina. Non ci sono dubbi però che il servizio postale Romano fu molto più complesso e articolato e garantiva lo scambio di posta in tutte le province dell’Impero e soprattutto tra le province e la capitale. Il servizio postale venne chiamato in vari modi: cursus publicus, cursus vehicularis, cursus scalis, ecc... Questo servizio venne istituito per la prima volta da Ottaviano Augusto ed era svolto da corrieri a cavallo, mentre più avanti venne sostituito da un servizio svolto da carri trainati da una coppia di cavalli. L’efcienza del servizio postale si avvalse del perfetto sistema viario Romano che collegava Roma con tutte le sue province. L’importanza del servizio postale, nella strategia di sviluppo e di mantenimento dell’Impero è dimostrata dal fatto che nelle province esistevano dei magistrati, praefectus vehiculorum, dedicati esclusivamente a questo servizio. Alle dirette dipendenze del governatore, si occupavano di mantenere in efcienza il sistema viario e di garantire il perfetto funzionamento degli ufci postali. Il territorio della provincia era diviso in distretti postali e in ognuno di questi erano in servizio un certo numero di impiegati che si occupavano di tutti i servizi connessi con il trasferimento della posta. Centrale era il ruolo del “cavallo”, il quale veniva cambiato regolarmente, nelle stazioni postali; qui il cavallo stanco veniva assistito, curato e preparato per il viaggio successivo. Anche i carri richiedevano assistenza specialistica. Proprio la regolarità dei cambi, sia dei cavalli sia dei corrieri, permetteva che il servizio postale funzionasse in modo continuo, giorno e notte. 5. IL PAESAGGIO DELLA STRADA I Romani costruirono le loro strade in perfetta armonia con il paesaggio circostante e le seppero adattare a la natura senza squilibri e ciò ha fatto in modo che si creasse una specie di “paesaggio della strada” . Si ritiene infatti che molti tratti dei percorsi viari fossero bordati da alberi e siepi che oltre ad una funzione estetica dovevano svolgere un “servizio” di protezione. Inoltre, mentre erano evitate per principio le foreste, troppo propizie agli agguati e alle imboscate, assai frequenti erano i boschetti, in molti casi considerati sacri e come tali rispetFig. 2 - La strada romana rinvenuta a Poggio tati e venerati. I boschi Castelluccio sacri erano’ spesso trasformati in autentici santuari esplicitamente dedicati agli Dei protettori dei viaggiatori e dei mercanti (Ercole, i Dioscuri, Mercurio) o alle speciali divinità delle strade quali erano i Lares viales, e a quelle che s’immaginava abitassero in luoghi di particolare rilevanza, come i bivi, gli incroci e i passaggi. Ma di luoghi sacri lungo le strade ce n’erano in abbondanza, quasi sempre legati a qualche aspetto della natura. Più direttamente dovuto all’intervento dell’uomo, un aspetto tipico del paesaggio stradale era quello determinato dalla diffusa presenza, lungo i bordi delle carreggiate, dei sepolcri e dei monumenti funerari isolati o a piccoli gruppi, in campagna, specialmente presso le ville e le fattorie rustiche dei grandi proprietari terrieri; allineati e numerosi, a formare vere e proprie necropoli. Molto conosciuto è il caso della via Appia, con le tombe, che la ancheggiavano ininterrottamente per diverse miglia a partire da Roma e che si ritrovano poi qua e là lungo tutto il suo percorso. Ma il fenomeno, che in maniera vistosa caratterizzava anche le altre grandi strade che si dipartivano dalla capitale, si diffuse ampiamente in tutto il mondo romano: al punto che oggi certi allineamenti di tombe in aperta campagna costituiscono la “spia” preziosa e sicura del passaggio di un’antica via anche dove questa sia scomparsa. Inoltre, per sottolineare lo stretto rapporto tra le tombe e la strada, erano molto comuni sulle facciate dei sepolcri monumentali, esedre e sedili destinati al riposo dei viaggiatori ai quali spesso direttamente si rivolgevano, per chiederne pietà e rispetto, frasi ed espressioni contenute nelle epigra funerarie: “Ehi, viandante, vieni qui e riposa un momento...”; “Tu che passi con animo tranquillo, fermati un istante, ti prego, e leggi queste poche parole...”; “Ferma i tuoi passi, o straniero, se hai un briciolo di pietà e versa qualche lacrima sulle mie povere ossa...”. Intimamente collegati alla strada, e anzi da essa originati, erano gli archi onorari. Essi infatti erano destinati a ricordarne ed a celebrarne la costruzione o il restauro e ad Fig. 4 - Stele di Lucius Statorius Bathyllus. E’ dedicata a Lucius Statorius Bathyllus dal suo liberto e vi sono indicate le dimensioni dell’area sepolcrale. Nella parte inferiore sono rafgurati in rilievo un compasso e un archipendolo, strumenti usati dall’architetto o dal muratore. I sec. d.C. esaltarne il costruttore. La componente più specica e caratterizzante del paesaggio stradale era rappresentata ,però, dalle stationes, edici per la sosta, il ristoro e il cambio di cavalli. Inoltre intorno ad esse sorsero quasi sempre locande ,trattorie ,botteghe che in molti casi nirono per formare veri e piccoli centri abitati. Queste installazioni sorte vicino alle stationes avevano nomi diversi, (taverna, deversorium, ospitium, stabulum…), a seconda che fornissero da bere, da mangiare o da dormire, anche se non c’era una reale differenza. Quella di costruirne e di sfruttarne a scopo di lucro la gestione afdata ad altri era una pratica molto diffusa fra i grandi proprietari terrieri che ponevano come gestori schiavi o liberti, di origine greca o orientale e che venivano considerati campioni di avarizia e furfanteria e le cui mogli godevano fama di maghe e fattucchiere. Quindi si trattava in genere di locali tutt’altro che raccomandabili: squallidi e angusti, sporchi, con i letti popolati di pidocchi e frequentati abitualmente da carrettieri, avventurieri ,giocatori d’azzardo e ubriachi. Per questo motivo le persone per bene si tenevano lontano da luoghi del genere, ricorrendo ad altre soluzioni. Tra questi alcuni, come Cicerone, possedevano propri devorsori. Nonostante ciò, sulle vie del mondo romano viaggiavano in molti: soldati e mercanti; trasportatori di rifornimenti annonari, materiali da costruzione, prodotti dell’agricoltura e dell’artigianato; impiegati dello Stato e appaltatori di servizi ed opere pubbliche; professionisti e studenti; pellegrini, conferenzieri, predicatori e ciarlatani; villeggianti e “turisti”; compagnie di attori e di gladiatori; contadini e lavoratori stagionali; artisti e poeti itineranti; diseredati in cerca di lavoro e avventurieri. Tutti costoro, oltre a rendere quanto mai vivace e animata la vita della strada, attiravano e facevano prosperare tutta una folla variopinta di gente che traeva sostentamento e lucro da essa: gli addetti alla manutenzione e al funzionamento delle “stazioni” e alla vigilanza; i gestori dei posti di ristoro e di alloggio, i noleggiatori di cavalli e di vetture, i maniscalchi, i carpentieri, i veterinari dei posti di tappa, i pastori e i contadini che vendevano i loro prodotti ai viandanti; perno i briganti che, specie nei luoghi più appartati e durante i periodi di allentamento della sorveglianza, erano, come s’è già detto, un vero e proprio incubo per i viaggiatori. 5.MEZZI DI TRASPORTO I mezzi di locomozione più usati erano il cavallo, il mulo e l’asino. Tuttavia, anche a prescindere dai soldati che, con marce dai 15 ai 30 km al giorno e soste di un giorno ogni 4 giorni, si spostavano con grande rapidità, molti erano coloro che si spostavano a piedi, affrontando anche lunghi viaggi. La regolamentazione del trafco urbano ed extra urbano stabiliva che, all’interno della città potevano utilizzare carri solamente personaggi importanti (re, vincitori durante il trionfo, vestali) e potevano circolare solo i carri che trasportavano merci. Il trasporto avveniva anche durante la notte ed esistevano delle norme che regolavano il numero di persone e la quantità di merci da trasportare. (immagine5) Il viaggiatore era accompagnato solitamente da servi, portava con sé un bagaglio leggero, contenuto nel marsupium, ed era vestito con abiti comodi :una tunica corta, un mantello di lana con cappuccio per l’inverno. alcune volte portava con se un arma o un bastone, per difesa e per appoggio e una lucerna per la notte . I veicoli, ossia i carri erano di diversi tipi, a seconda delle necessità e delle possibilità economiche, a due o a quattro ruote, i primi usati per viaggiare più spediti e veloci, i secondi per godere di più ampio spazio e maggiore stabilità. Fig. 5 - Basso rilievo Vi erano principalmente tre tipi di carro: quello da sport o da parata: il cursus rappresentante un a due ruote che si usava nelle gare del circo e nei trion, la biga anch’essa carrus utilizzata nei circhi, carro a due ruote trainato anche da 10 cavalli; quello per il trasporto delle merci: i l plaustrum,a due ruote piene con cerchioni di ferro, trainato spesso da una coppia di buoi; il serracum con ruote più basse e più solide, per il trasporto di carichi pesanti; il carrus, carro militare da trasporti, di origine celtica. Veniva usata inoltre anche la reda, a quattro ruote e con tiro no a quattro pariglie di muli. Per i viaggi venivano usati mezzi a due o a quattro ruote: fra quelli a due ruote era molto usato il cisium, un calessino leggero e veloce, molto adatto per una persona che viaggiava sola e senza bagagli, guidando essa stessa ed avendo eventualmente al anco un’altra persona (Cesare riuscì a fare anche 150 km al giorno), il carpntium, fornito di una tenda era più comodo e perciò molto usato dalle donne e, inne, l’essedium, la cui forma era stata suggerita dal carro da guerra dei Galli e dei Britanni. Tra i veicoli a quattro ruote il più comune era la carruca, con le due ruote anteriori montate su un asse girevole che consentiva una buona manovrabilità e le due ruote posteriori spesso più grandi per aumentare la velocità. Era comodo e quasi lussuoso per le riniture e gli accessori e fornito di una copertura in tela o pelle appoggiata su un’armatura di legno o ferro, con aperture, oltre che sul davanti e sul retro, anche ai lati e veniva considerato quindi, come il carro da viaggio per eccellenza. Poteva infatti essere usato da più persone, anche da vecchi e bambini, con ogni tempo e per lunghi percorsi e, all’occorrenza vi si poteva persino dormire (in questo caso prendeva il nome di carruca dormitoria), attrezzandolo con materassi sospesi su corregge di cuoio e di tela robusta.