La rassegna di oggi

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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 7 febbraio 2017
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Disoccupati o inattivi, la condanna dei giovani (M. Veneto, 3 articoli)
Assunzioni per 250 operatori socio-sanitari (M. Veneto)
Rivoluzione anti-corrotti (Gazzetino)
Nuovo Comparto unico, Roma stoppa la Regione (Piccolo, 5 articoli)
Autovie, l’addio alle banche costa fino a 110 milioni (M. Veneto)
Despar, il friulano Montalvo nuovo Ad (M. Veneto)
Crisi Pilosio, dall’ad cacciato ai mancati incassi in Arabia (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 7)
Porto, yacht e turismo, a Trieste il mare torna a creare occupazione (Piccolo Trieste)
L’Isee non presentato costa la mazzata dell’Ater (Piccolo Trieste)
Azienda sanitaria, 135 assunzioni nel 2017 (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Monfalcone, sulla sanità il Comune vota contro il Pal (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
«Non c’è spazio per riaprire il Cie» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Sindacati preoccupati per l’ex Provveditorato (M. Veneto Pordenone)
Unicredit, confermati oltre 50 esuberi (Gazzettino Pordenone)
Centrale Edison, risparmi fino al 30 per cento sull’energia (M. Veneto Udine)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Disoccupati o inattivi, la condanna dei giovani (M. Veneto)
di Elena Del Giudice - Michele se nè andato il 31 gennaio a trent’anni. Ha scelto di togliersi la vita
perchè frustrato dalla lunga, e vana, ricerca di un lavoro. Un «ragazzo della generazione perduta che
ha vissuto come sconfitta personale quella che per noi è invece la sconfitta di una società
moribonda, che divora i suoi figli», scrivono di lui i suoi genitori, che hanno affidato al Messaggero
Veneto il compito di pubblicare la lettera di addio di Michele che è, davvero, anche una lettera di
denuncia. Una denuncia nei confronti di chi promette sogni salvo poi non consentire si realizzino.
Come il lavoro. Anche a Nordest la disoccupazione giovanile è un problema. Così come sono i
Neet, acronimo di termini inglesi che significano giovani che non studiano e non lavorano. Gli
sfiduciati, potremmo dire. Quelli che hanno lasciato la scuola perché hanno completato il percorso
scelto, si sono indirizzati verso il mondo del lavoro ma lo hanno trovato chiuso. E continua ad
esserlo per due giovani su 10 a Nordest. Nel terzo trimestre 2016, ultimo dato disponibile, la
disoccupazione giovanile 15-24 anni in Italia si è attestata al 34,5% medio, più alto per le ragazze,
37,6, un po’ più basso per i ragazzi, 32,3. Cifre che scendono a Nordest con un tasso medio del
19,1%, composto dal 16,3 maschile e dal 23% femminile. Se allarghiamo lo sguardo alla fascia 1529 anni, i dati migliorano ma di poco. Il tasso di disoccupazione nazionale è del 26,7%, che scende
al 14,8% a Nordest, prodotto della media dell’11,7% dei maschi e del 18,9% delle femmine. Per
quel che riguarda il Friuli Venezia Giulia, gli ultimi dati disponibili risalgono all’anno 2015 quando
il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni era del 28,7% (27,4 per i maschi, 30,4 per le
femmine); tra i 15 e i 29 anni il dato medio era del 21,5%, a fronte di un tasso di disoccupazione
generale dell’8,1%. Tanto per dare un’idea di quanto la crisi abbia impattato soprattutto sui giovani,
il tasso di disoccupazione 15-29 anni nel 2007, ovvero dieci anni fa, a Nordest, era del 6,5%, contro
un tasso di disoccupazione medio 15-64 anni del 3,2%. E che fanno molti giovani di fronte alle
porte sbarrate del lavoro? Se ne vanno. Fanno la valigia ed emigrano. E anche in questo fenomeno che è triste se determinato dall’insufficienza di alternative - il Friuli Venezia Giulia conquista il suo
primato di regione in cui il tasso di fuga, in rapporto alla popolazione, è tra i più alti d’Italia. Nel
2015 da questa regione hanno preso valigia e passaporto e se ne sono andati in 4.130. Nel 2014
c’era stato il boom con 4.831 espatri certificati dall’iscrizione all’Aire, l’Associazione degli italiani
residenti all’estero. Nel 2013 avevano fatto la stessa scelta in 3.646. Facendo un rapido conteggio,
dunque, tra il 2013 e il 2015 hanno lasciato affetti e familiari in cerca di fortuna ben 12.607 uomini
e donne, vale a dire l’1% della popolazione. E’ come se in questo arco di tempo avessimo perduto
un paese grande quanto Fontanafredda o Spilimbergo. E i dati sull’emigrazione made in Friuli sono
sottostimati, in quanto una percentuale di chi decide di tagliare i ponti, provvisoriamente o per
sempre, con la madrepatria, per un motivo o per l’altro non si iscrive all’Aire. Dalla nostra regione
sono partiti nel 2015 in 4.130. Un numero che da solo non significa moltissimo, ma se rapportato
alla popolazione complessiva (1,2 milioni di residenti) fa balzare il Fvg tra le regioni con la
maggiore incidenza di espatriati. Basti pensare che dal Veneto, che conta quasi 5 milioni di abitanti,
se ne sono andati in 10.374, poco più del doppio dei friulani, ma con una popolazione quattro volte
più grande. Stesso discorso vale per la Lombardia: 20.088 partenze, ma una popolazione di 10,1
milioni di abitanti. Insomma l’incidenza degli emigrati friulani sui residenti è tra le più alte d’Italia.
Altra considerazione: in termini assoluti abbiamo molti più espatri rispetto a regioni più popolose
come Liguria, Marche, Abruzzo, Sardegna e un numero di poco inferiore a quello della Calabria.
Come dicevamo prima, andare all’estero non è di per sè una scelta negativa, anzi. Optare per un
periodo di studio, per un master, per un’esperienza lavorativa, sono esperienze che arricchiscono.
Diventa un problema su cui riflettere se uno se ne va perché qui non ha chance. La “fuga dei
cervelli” è stata definita, e spesso accompagnata da ambiziose dichiarazioni di volontà di riportare
questi “cervelli” a casa. Programmi che solo a volte diventano progetti e quando accade, hanno
risultati deludenti. E così si sentono riecheggiare le parole di una vecchia poesia che bene ha
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raccontato la Carnia, e il Friuli, d’un tempo, quando tanti se ne sono andati perché «libers... di
scuign'i lâ».
Non posso passare il tempo a cercare di sopravvivere
Con questa lettera un trentenne friulano ha detto addio alla vita. Si è ucciso stanco del precariato
professionale e accusa chi ha tradito la sua generazione, lasciandola senza prospettive. La lettera
viene pubblicata per volontà dei genitori, perché questa denuncia non cada nel vuoto. Testo non
disponibile
«Dai co.co.co ai voucher le politiche occupazionali sono state un fallimento»
Assunzioni per 250 operatori socio-sanitari (M. Veneto)
Un prossimo incontro tecnico sul processo di riclassificazione delle Case di riposo e
l’organizzazione di un appuntamento pubblico per illustrare le opportunità offerte dal progetto di
odontoiatria sociale attuato dalla Regione per garantire cure dentistiche gratuite a giovani e anziani
che rientrano in determinate fasce di reddito. È questo un primo esito sul piano pratico dell’incontro
che si è tenuto ieri a Udine fra la presidente della Regione Debora Serracchiani e l’assessore alla
Salute Maria Sandra Telesca con una rappresentanza della Cgil guidata dal segretario regionale
Villiam Pezzetta. Lo stesso Pezzetta, ricordando la condivisione del sindacato alla riforma sanitaria
regionale, ha messo in evidenza la necessità di creare momenti di dialogo e di confronto con il
territorio per illustrare quelli che sono i cambiamenti in atto e i vantaggi, attuali e futuri, per i
cittadini. La presidente da parte sua, raccogliendo l’invito, ha premesso che l’attuazione della
riforma coinvolge un intero sistema nella sua complessità e che pur in presenza di alcune criticità
molte cose sono state avviate: l’apertura dei Centri di assistenza primaria (Cap), il Piano per
l’emergenza «che per la Carnia ha significato tre ambulanze in più in dotazione», l’accordo con i
medici di famiglia, l’assunzione a tempo indeterminato di 700 infermieri e fra pochi mesi un nuovo
bando di concorso per ulteriori nuovi assunti. Un altro punto di confronto è stato quello relativo agli
Operatori socio sanitari (Oss), figure sempre più importanti per l’assistenza e la cura dei pazienti,
come ha sottolineato la presidente, la quale ha affermato che, in base ad un aumentato fabbisogno di
questi profili professionali, il numero per il triennio passerà da 250 a 500. Ma è sul progetto di
Odontoiatria sociale che la presidente ha voluto rimarcare i benefici per tutte quelle persone che si
trovano in difficoltà nel doversi curare i denti, rinunciando spesso per motivi economici ad
intervenire. «Cinque strutture di pronto soccorso sul territorio – ha spiegato Serracchiani – con
professionisti preparati e di grande competenza che si mettono a disposizione di chi ne ha bisogno:
un servizio importante che va sfruttato».
Rivoluzione anti-corrotti (Gazzetino)
Personale, al via regole stringenti per evitare disparità nei carichi di lavoro e pericolose
discontinuità
Testo non disponibile
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Nuovo Comparto unico, Roma stoppa la Regione (Piccolo)
di Marco Ballico - Il governo Gentiloni impugna la legge regionale sul comparto unico. Due i punti
contestati: la risoluzione del rapporto di lavoro con i dirigenti esterni in caso di default dell’ente
amministrato; e l’istituto della “staffetta generazionale”, ovvero la possibilità di assumere giovani
armonizzando i nuovi contratti a tempo indeterminato con una riduzione delle ore lavorative dei
dipendenti più vicini al pensionamento. La Regione Fvg, si legge nella relazione del dipartimento
per gli Affari regionali e le Autonomie, viola norme costituzionali all’articolo 12, comma 6, e
all’articolo 21 della Lr 18/2016, “Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego
regionale e locale”. La prima contestazione riguarda una materia che incide sull’ordinamento civile,
in violazione delle prerogative statali tutelate dall’articolo 117 della Costituzione. Al comma 6
dell’articolo 12 della 18 si prevede che, in presenza di incarichi dirigenziali (contrattualizzati a
tempo determinato) conferiti a dirigenti non inseriti nel ruolo, vale a dire extra dotazione organica,
«le amministrazioni definiscono gli elementi negoziali dei contratti, comprese le clausole di
risoluzione». Ma c’è di più: «Il contratto è in ogni caso risolto di diritto nel caso in cui
l’amministrazione che ha conferito l’incarico dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni
strutturalmente deficitarie». Secondo il governo quel comma «interferisce direttamente con la
materia - di competenza esclusiva statale - dell’ordinamento civile». Ed è pertanto «illegittimo». Il
dipartimento precisa infatti che trattandosi di un meccanismo che opera “ipso iure” sul contratto con
cui è conferito l’incarico dirigenziale in ragione di un fatto (il dissesto finanziario) non imputabile
al contraente privato, «la relativa disciplina non può che essere uniforme sul territorio nazionale,
così come già affermato dalla Corte costituzionale». In sostanza, il fatto che un ente vada in default
non può essere considerato giusta causa di risoluzione del contratto. Il secondo passaggio della
legge regionale impugnato riguarda un istituto che la giunta, con l’assessore Paolo Panontin, aveva
valorizzato come valore aggiunto della riforma del pubblico impiego regionale. All’articolo 21 “Norme per favorire l’inserimento lavorativo (patto generazionale)” - si prevede la possibilità di
concedere, negli ultimi tre anni di servizio del personale in procinto di essere collocato a riposo e su
domanda del dipendente, la riduzione da un minimo del 35% a un massimo del 70% dell’orario di
lavoro a tempo pieno; contestualmente l’amministrazione di appartenenza provvede, per tale
personale e per il corrispondente periodo, al versamento dei contributi di previdenza e quiescenza
riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno. Roma, nella contestazione, osserva che la disposizione
regionale «da un lato interviene sulla disciplina previdenziale prevedendo un istituto di
contribuzione figurativa non di competenza regionale e non previsto dall’attuale disciplina
nazionale» e, dall’altro, «comporta effetti negativi per la finanza pubblica non quantificati né
coperti» per la sostituzione di entrate da soggetti esterni alla pubblica amministrazione (lavoratore)
con trasferimenti tra soggetti interni alla Pa non compensati da assunzioni part-time che
necessariamente, per garantire l’equilibrio del bilancio regionale, devono riferirsi a un monte
salariale inferiore». La conclusione ministeriale è che l’articolo 21 «si pone in contrasto con
l’articolo 117 della Costituzione, che riserva la previdenza sociale alla competenza esclusiva dello
Stato, e con l’articolo 81, comportando maggiori oneri non quantificati e non coperti». Nell’attesa
di un confronto con l’assessore Panontin, i sindacati non sono troppo sorpresi. «Sul
prepensionamento avevamo già evidenziato perplessità, emerse quando analoga norma non era
andata a buon fine in Trentino Alto Adige», osserva Mafalda Ferletti (Cgil Fp). «È stato un
tentativo purtroppo non riuscito, il Trentino insegna», dice pure Massimo Bevilacqua (Cisl Fp).
«Verificheremo nei prossimi giorni se sarà possibile porre rimedio a entrambe le contestazioni»,
commenta infine Maurizio Burlo (Uil Fpl).
Duemila euro in più della media nella paga in Friuli Venezia Giulia
Il costo dei dipendenti Fvg raggiunge quota 3 miliardi
Panontin: «Rilievi marginali, l’impianto resta intatto»
Fontanini: «Spesa in aumento con gli ex provinciali»
testi non disponibili
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Autovie, l’addio alle banche costa fino a 110 milioni (M. Veneto)
di Anna Buttazzoni - L’operazione balla tra gli 80 e i 110 milioni. La differenza non è poca cosa,
soprattutto perché all’incasso va un gruppo di banche e compagnie assicurative. Si è però ridotta la
distanza tra Autovie Venete e gli istituti di credito e dunque non è più siderale, com’era trapelato a
fine dicembre dopo l’assemblea dei soci di Friulia (la Finanziaria della Regione Fvg che controlla
Autovie con il 72,96%). Un punto d’incontro, insomma, è vicino, tanto che questa settimana sarà
decisiva per liquidare le banche e andare avanti spediti con la formazione della Newco interamente
pubblica che sarà costituita entro giugno tra le Regioni Fvg e Veneto con Anas, e che sostituirà
Autovie. Il nodo per chiudere la trattativa sta tutto nel calcolo del patrimonio netto. Autovie e la
Regione partono dalla cifra messa nel bilancio a giugno 2016 di 500 milioni, mentre le banche
sostengono si tratti di almeno 550. Sarà un perito a stabilire il valore del patrimonio netto. Ma oggi,
tra l’utile in aumento rispetto al giugno 2016 ed eventuali plusvalenze, alla fine dovrebbe prevalere
la quota dei 550 milioni, come da richiesta dei soci “pesanti” di Autovie. Ecco perché le posizioni
sono più vicine. La fotografia del patrimonio netto sarà il punto di partenza per determinare la
somma da assegnare a ciascun socio privato, per poi liquidarlo in base alla partecipazione azionaria.
Banche e compagnie assicurative detengono complessivamente il 14,58 per cento di Autovie e
dunque se il patrimonio netto verrà confermato in 550 milioni a quei soci andranno 80 milioni. A
quel “tesoretto”, però, saranno aggiunte ulteriori quote azionarie di Autovie che banche e
assicurazioni potranno acquisire da Friulia. Alla fine quindi l’addio di banche e assicurazioni dalla
concessionaria autostradale potrà costare alla Regione oltre 110 milioni. La fase successiva, certo
meno complessa, sarà la liquidazione del gruppo di piccoli e piccolissimi privati, che raggiunge
l’1,55 per cento di Autovie e che avrà un indennizzo calcolato sempre secondo il patrimonio netto.
L’assegno quindi supererà gli 8,5 milioni. Ma quella partita sarà chiusa nei prossimi mesi. Regione
Veneto, invece, ha già stanziato 8 milioni per raggranellare tutte le azioni di Autovie detenute da
società pubbliche del Veneto, come Comune, Provincia e Camera di commercio di Venezia o
Provincia di Treviso. La Newco non ha ancora un nome, dettaglio irrilevante rispetto al fuoco che
cova sotto la cenere della nuova composizione societaria. L’equilibrio all’interno della nuova
società vedrà ancora il Fvg come socio di maggioranza, con una quota tra il 51 e il 53 per cento,
mentre il Veneto si fermerà al 6 e Anas arriverà a una partecipazione tra il 41 e il 42 per cento. Ma
va trovato un equilibrio con la spa del ministero dell’Economia e delle Finanze, che investendo
nella nuova società vuole avere un ruolo decisivo, tanto che sarà di Anas – come da accordi – la
nomina dell’amministratore delegato della Newco. E con la nuova società interamente pubblica
finirà anche l’esperienza di Maurizio Castagna (attuale numero uno e ad di Autovie, alla guida della
concessionaria autostradale dal 2013), che per la legge Madia sui manager in pensione non potrà
trovare spazio nella Newco di Fvg, Veneto e Anas, portando invece a scadenza il suo mandato
(2018) nella transizione da Autovie alla Newco.
Despar, il friulano Montalvo nuovo Ad (M. Veneto)
testo non disponibile
Crisi Pilosio, dall’ad cacciato ai mancati incassi in Arabia (M. Veneto)
di Anna Buttazzoni - La crisi nasce alla fine del 2015, perché i conti non tornano. Non tornano con
il principale cliente in Arabia Saudita. Non tornano per «gli ingenti costi imputabili all’ex
amministratore delegato», Dario Roustayan. Da fine gennaio la Pilosio spa di Feletto Umberto ha
120 giorni di tempo per pianificare la via d’uscita dalle difficoltà nelle quali è piombata, perché
ammessa alla procedura di concordato preventivo con riserva, per la quale, il 19 gennaio, aveva
presentato ricorso al tribunale di Udine. Ma l’origine della crisi è scritta nel libro delle decisioni dei
soci di Pilosio spa. E parte dal 2015. Le prime perdite Nell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2015 –
si legge nel documento – la Pilosio spa ha conseguito una perdita di un milione, che ha portato il
patrimonio netto a 7,853 milioni, riportando la società nelle condizioni di dover ridurre il capitale
per le perdite. Ma già durante il 2015, dopo la medesima chiusura dell’esercizio 2014, l’azionista
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Polo Holdings ha effettuato un aumento di capitale di 7 milioni. Al 31 dicembre 2015 quindi
l’indebitamento finanziario netto della società ammonta a 18 milioni (erano 23,1 il 31 dicembre
2014), dei quali 3 con scadenza a breve termine. Nel primo semestre del 2016 la società subisce un
significativo calo del fatturato, ben 8,5 milioni (23 milioni nel primo semestre del 2015) dovuto alla
contrazione degli ordini provenienti da uno dei principali clienti di Pilosio, cioè Roots Group
Arabia. La società ha un Piano di risanamento e dopo la ricapitalizzazione di 7 milioni rivede le
scadenze del debito finanziario a medio/lungo termine, con decorrenza delle prime rate da giugno
2016. La prima ammonta a 250 mila euro, ma al 30 giugno non viene pagata e il 2 agosto 2016
Pilosio invia alle banche una formale richiesta di moratoria. Le difficoltà con l’Arabia È alla fine
del 2015 che «la società ha manifestato una situazione di tensione finanziaria – si legge nel libro
delle decisioni dei soci – principalmente causata dall’allungamento dei tempi di incasso delle
promissory notes (“pagherò”) emesse da Roots Group Arabia». Perché? Il ritardo è dovuto a un
incidente in uno dei cantieri dell’appaltatore Saudi Binladin Group (“Gruppo Sbg”) – che è il
Gruppo che controlla Roots – impegnato nella realizzazione di un’importante commessa in Arabia
Saudita. Pilosio fornisce Roots, ma non ha alcuna commessa per il cantiere dov’è avvenuto
l’incidente. Il Gruppo Sbg sospende tutti i pagamenti, incluso quello nei confronti di Roots che a
sua volta sospende il pagamento dei propri fornitori, tra cui Pilosio. È una mazzata per la società di
Feletto Umberto, perché al 31 dicembre 2015 il credito di Pilosio nei confronti di Roots è di 8
milioni. L’esposizione commerciale viene parzialmente trasformata in finanziaria con la firma di
alcuni “pagherò” in favore di Pilosio per 4,3 milioni e la società trova una controparte disposta ad
assicurare l’incasso per il 90 per cento del loro valore nominale a sei mesi dalla data di previsto
incasso. Il 31 luglio 2016 scade la prima promissory note, da 830 mila euro, ma il termine non viene
rispettato e a quella data l’incasso sfuma. Il licenziamento di Roustayan Pilosio vuole riorganizzare
la società e tagliare i costi. Così, il 13 novembre 2015 il Cda viene integrato con un nuovo
amministratore. «Nello svolgimento di specifico mandato ricevuto dall’azionista – si legge nel
documento – l’amministratore nominato ha potuto appurare che la società, soprattutto in anni
precedenti, ha sostenuto e rilevato ingenti costi imputabili all’ex amministratore delegato». È
gennaio 2016. A carico di Roustayan vengono rilevati «viaggi personali, donazioni non autorizzate,
la creazione di una struttura dedicata ad attività di marketing con unità lavorative non proporzionate
alle effettive necessità della società, operazioni commerciali compiute con l’intermediazione di
società che sono risultate riconducibili a titolo personale all’amministratore delegato». Il 28 gennaio
2016 Polo Holdings revoca Roustayan, sia da presidente del Cda sia da ad, imputandogli «reiterate
violazioni dei doveri di diligenza, come emerse nel corso della due diligence interna effettuata dal
novembre 2015». A Roustayan viene anche notificata una prima lettera di contestazione
disciplinare, sempre il 28 gennaio 2016, con la quale gli vengono attribuite «ingenti donazioni
effettuate nel corso del 2015 in denaro e beni, in palese violazione della policy aziendale in materia
di anticorruzione, nonchè lesive del patrimonio sociale della società». Non solo. Il 23 febbraio,
conclusa la revisione dei documenti, Pilosio notifica una seconda lettera di contestazione
disciplinare, per ulteriori violazioni della policy aziendale. All’ex presidente e ad vengono
evidenziate «ulteriori donazioni non consentite, ingenti spese personali per viaggi, cene ed eventi
posti a carico della società che si ritiene non abbiano avuto alcuna finalità aziendale, ingenti spese
di viaggi a carico della società riferibili alla moglie, per autonoleggio nonostante l’assegnazione
all’ad di una vettura aziendale e per multe». Il 21 marzo a Roustayan viene comunicato il
licenziamento. È il 22 marzo quando la Guardia di Finanza effettua una perquisizione negli uffici
della Pilosio e poco dopo emergerà che Roustayan è indagato per corruzione internazionale. L’ok al
concordato preventivo è storia recente. Ora per Pilosio e il suo Cda è scattato il conto alla rovescia
per salvare la società e i 130 dipendenti.
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CRONACHE LOCALI
Porto, yacht e turismo, a Trieste il mare torna a creare occupazione (Piccolo Trieste)
di Silvio Maranzana - Le 225 nuove assunzioni in porto in due anni, la nicchia del refitting dei
megayacht che ha in Trieste un polo di rilievo europeo, il turismo crocieristico che cresce, la
prospettiva della realizzazione del grande acquario e soprattutto della riconversione del Porto
vecchio: il mare è tornato a essere a Trieste il motore che tutto muove. Ne sono convinti i principali
intervenuti al convegno “L’economia del mare. Vecchi e nuovi mestieri” svoltosi ieri all’hotel
Savoia Excelsior e cioè il presidente dell’Autorità di sistema portuale Zeno D’Agostino, l’attuale
sindaco Roberto Dipiazza e l’ex primo cittadino Roberto Cosolini. «La città è ancora ricca di
competenze e saperi in questo campo», ha potuto concludere Giancarlo Carena presidente di Cna
(Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa), l’associazione che ha
organizzato l’evento anche questo svoltosi dinanzi a un folto pubblico. I saperi in realtà sono stati
anche aggiornati o addirittura reinventati e lo hanno dimostrato i primi tre relatori. Dall’officina
navale di Marino Quaiat e lo ha spiegato lui stesso, dapprima è nato il Polo nautico sul Canale
navigabile e poi Trieste refitting system che comprende anche Cartubi, Ocean, Meccano, Zinelli e
Perizzi. «Nel 1998 vi lavoravano dieci persone - ha spiegato Quaiat - adesso siamo in 60, ma
possiamo crescere ancora perché dei 7.300 megayacht che navigano nel mondo, la metà sono di
stanza nel Mediterraneo e ora siamo in grado di fare concorrenza ai cantieri tedeschi, olandesi,
francesi e spagnoli, oltre a quelli del Tirreno. Per la città si possono prospettare ricadute in molti
settori: pensiamo solo al food&beverage dato che questi megayacht hanno cambuse con migliaia di
bottiglie. Ma noi stessi - ha concluso - avremmo bisogno di manodopera specializzata». Su qualche
versante la città, dove del resto ha sede l’unica compagnia italia di trasporto container, Italia
Marittima, si è già attrezzata. «La formazione è a livelli di eccellenza», ha potuto dire Bruno Zvech,
direttore generale dell’Accademia nautica dell’Adriatico, scuola post Nautico un istituto che solo
qualche anno fa sembra avviato all’estinzione. «Per il 70% i cadetti e le cadette (una folta
rappresentanza era presente al convegno) provengono da fuori Trieste. La città sta tornando a
internazionalizzarsi, il segreto del suo sviluppo ai tempi di Maria Teresa». Molti saranno gli eventi
dedicati al trecentesimo anniversario della nascita della sovrana austriaca. Lo ha annunciato
Umberto Malusà, presidente del Consorzio Promotrieste affermando che «promuoveremo Trieste,
museo a cielo aperto, come città di Maria Teresa». L’obiettivo è anche di prolungare in città la
presenza del turista che in media si attesta su un giorno e mezzo soltanto. Due sono gli asset sui
quali insistere: Trieste città di contaminazioni culturali (si pensi ad esempio alle tante chiese di culti
diversi) e Trieste come città del mare. A proposito di quest’ultima accezione, Malusà ha precisato
che «per esempio stiamo pensando a un percorso turistico di visita a una serie di antiche
imbarcazioni locali». Nel successivo dibattito, moderato dal docente Paolo Feltrin, Zeno
D’Agostino è entrato nel cuore del problema ricordando che «in due anni abbiamo creato in porto
225 posti di lavoro veri, cioé a tempo indeterminato. Non ci interessa - ha affermato - movimentare
qualche contenitore in più, ma portare a casa il maggior valore possibile da ogni unità di traffico.
Aspiriamo in sostanze a creare dai contenitori attività manifatturiera e industria». E Roberto
Cosolini ha sostenuto che «Trieste è oggi riconosciuta non soltanto come la capitale del Friuli
Venezia Giulia, ma anche dell’area costiera che arriva fino a Pola e di una porzione di territorio che
si protende in Europa perché è riconosciuta la sua capacità di offrire servizi avanzati». Il salto di
qualità definitivo però lo si avrà soltanto con la rivitalizzazione del Porto vecchio. «La prossima
settimana - ha annunciato Dipiazza - firmeremo la convenzione per l’utilizzo dei primi 50 milioni.
Ma stiamo già lavorando sul progetto per la viabilità con il viale, due rotonde e il grande ingresso
accanto alla Stazione ferroviaria. A fine anno contiano di aprire il cantiere. Ma oltre al Porto
vecchio ci sono il Porto nuovo e il turismo che ci stanno dando soddisfazioni - ha concluso il
sindaco - togliamoci di dosso la negatività perché non ha più ragione di esistere».
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L’Isee non presentato costa la mazzata dell’Ater (Piccolo Trieste)
di Giovanni Tomasin - I dati precisi su quanti utenti dell’Ater triestina stanno pagando un canone
più alto a causa del passaggio all’Isee ancora non ci sono, ma di certo una mazzata è arrivata ai 340
che la certificazione non l’hanno proprio presentata (e per i quali l’Ater non è riuscita a
individuarla): questo inizio 2017 riserverà ai “renitenti all’Isee” canoni da centinaia di euro, almeno
fino a quando la loro situazione burocratica sarà sanata. Consentendo così all’ente di aggiustare il
tiro. È il dato di maggior rilievo emerso ieri sera durante l’audizione in Consiglio comunale del
direttore dell’Ater triestina Antonio Ius. L’assessore Mariagrazia Santoro, che in origine doveva
partecipare alla seduta, era invece assente. Il capogruppo di Fratelli d’Italia Claudio Giacomelli è
colui che ha invocato l’audizione: «Manca l’assessore quindi in aula non potremo discutere
l’aspetto politico, le scelte fatte e le scelte future», ha detto. Nel mirino del consigliere l’adozione
dell’Isee come criterio per la definizione dei canoni: «Si ottiene il risultato paradossale di aumentare
l’affitto a chi ha un deposito bancario. In astratto è sintomo di benessere, ma così si finisce per
penalizzare chi ha risparmiato». Ius ha descritto la situazione odierna dell’ente: «Oggi Ater Trieste
gestisce un parco di circa 10mila 800 famiglie. La previsione delle entrate per il 2017 è di circa 18
milioni di euro, mezzo milione in meno rispetto al 2016». Un calo che il direttore imputa
all’adattarsi di Ater alle condizioni di crisi economica. «Il canone medio mensile per il 2017 sarà di
140 euro - ha proseguito -. Il 57% della nostra utenza è composto da persone con Isee non superiore
a 10mila euro. Questi si vedono applicato un canone medio di 75 euro al mese. Il più basso è di 16
euro, il più alto non supera i 130 euro al mese». Dati che Ius ha esposto «al netto degli oltre 300
utenti che non hanno presentato l’Isee e per i quali non è stato possibile rintracciarlo in alcun
modo». Questi, appunto, riceveranno un canone alto, e potranno risolvere la situazione portando la
documentazione agli uffici. Il restante bacino di utenza Ater è composto da Isee compresi fra
10mila e 33mila 334 euro: «Fatta eccezione per un 2% di Isee superiori ai 33mila 334 euro, che
possiamo definire residuale». Il direttore ha poi esposto le modalità con cui gli uffici Ater
gestiscono le difficoltà emerse. La presentazione di Ius ha generato un lungo dibattito tra i
consiglieri. Il capogruppo Fi Piero Camber ha sottolineato l’importanza «dell’informazione degli
utenti», chiedendo poi: «Quale correttivo si può portare agli aumenti, visto che la Regione si dice
disposta a dialogare?». Il leghista Antonio Lippolis ha dichiarato: «Speravamo si intervenisse per
individuare chi subaffitta, chi ha un reddito nero e il Suv in giardino». Tra gli altri interventi anche
quello del capogruppo M5S Paolo Menis: «Dobbiamo ripensare il sistema a medio e lungo termine.
Il problema non è costruire nuovi edifici, perché gli alloggi sfitti sono tantissimi. Dobbiamo trovare
un meccanismo che metta in contatto domanda e offerta». Così il capogruppo Lega Paolo Polidori:
«Servono parametri per integrare l’Isee. L’ente che ha dovuto applicare una legge mal fatta doveva
prevedere le criticità». Per Giovanni Barbo (Pd) bisognerà «valutare eventuali correttivi» ed
intervenire con «una rateizzazione degli aumenti laddove sono considerevoli»: «Nel complesso però
gli introiti 2017 saranno minori quindi i cittadini pagheranno meno». Il sindaco Roberto Dipiazza è
intervenuto per chiedere «collaborazione ad Ater nella gestione di una difficilissima situazione
sociale». Per il socialista Roberto De Gioia «l’eliminazione dei presidenti da parte della Regione ha
privato le Ater della testa politica»: «L’unica soluzione - ha detto - è un Ater autonomo per Trieste,
che risponda alle nostre necessità peculiari». A fine dibattito Giacomelli ha rilevato: «Santoro
diceva di sapere quanti pagheranno di più, ma il dato preciso non è emerso».
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Azienda sanitaria, 135 assunzioni nel 2017 (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - Centotrentacinque “unità” in più da inserire negli ospedali di Gorizia,
Monfalcone, Palmanova e Latisana ma soprattutto sul territorio, nei Cap e negli ambulatori degli
infermieri di comunità. Questa la novità più importante della manovra del personale appena messa a
punto dall’Azienda sanitaria Bassa Friulana-Isontina e inserita nel Piano attuativo locale 2017
“bocciato” dal Comune di Gorizia. Il 31 dicembre 2016, l’Aas 2 contava 3.237 dipendenti fra
personale medico, infermieristico, ausiliario e tecnico. Entro il 31 dicembre di quest’anno, i vertici
aziendali contano di potenziare l’organico portandolo a 3.372 unità complessive. Significa che
verranno inseriti (o meglio si spera di inserire) 135 nuovi professionisti. C’è anche il dettaglio. Gli
innesti più significativi (59) riguarderanno il comparto del ruolo sanitario e i dirigenti sempre di
ruolo sanitario (medici e non medici) che saliranno di 35 unità. Anche il cosiddetto “ruolo tecnico”
(composto da operatori socio-sanitari e operatori tecnici) conoscerà un necessario potenziamento
con 37 unità in più rispetto all’anno passato. Il comparto amministrativo potrà contare su 10
dipendenti in più mentre la manovre prevede un lieve taglio (meno sei) dei supplenti. «Stiamo
lavorando per potenziare gli organici - spiega il direttore generale dell’Aas Bassa Friulana-Isontina,
Giovanni Pilati -. Questa è la manovra che abbiamo approvato e che rispetta i vincoli economici che
ci sono stati imposti dalla Regione. L’anno passato, siamo riusciti a potenziare i servizi del Pronto
soccorso. Grazie agli innesti che andremo ad effettuare nel corso del 2017 riusciremo a
incrementare l’attività sul territorio. Peraltro, nel corso del 2016, si è confermata una tendenza che
vede, per i cittadini residenti nel territorio aziendale, una riduzione progressiva sia del numero di
ricoveri sia delle prestazioni ambulatoriali. A fronte di ciò, si è cercato di perseguire l’obiettivo di
sviluppare l’assistenza primaria nel territorio e di consolidare i percorsi assistenziali ospedalieri».
«In questa direzione - prosegue il direttore dell’Aas - si sono realizzate in tutto il territorio aziendale
le Aggregazioni funzionali dei medici di base, è stato avviato il Centro di assistenza primaria a
Grado e deliberato un altro centro a Cormòns, che è prossimo all’avvio. È stata, inoltre, estesa la
presenza dell’infermiere di comunità». Come in tutte le belle storie, non mancano i possibili
ostacoli. «Molte dobbiamo scontrarci con le difficoltà nell’individuare il nuovo personale. Ci sono
concorsi regionali e graduatorie e le Aziende sanitarie finiscono con il “rubarsi” vicendevolmente
infermieri e medici perché i numeri, talvolta, non sono sufficienti». Pilati, infine, rivendica la
risoluzione di una serie di problematiche in sospeso da tempo: il trasferimento del Csm nella nuova
sede al Parco Basaglia, l’attivazione della Trombolisi, lo sviluppo del Nucleo per le gravi
cerebrolesioni acquisite, trasferito al San Giovanni di Dio da Villa San Giusto e l’acquisto di una
ultramoderna Tac. Senza dimenticare, annota ancora il direttore generale dell’Azienda sanitaria
Bassa Friulana-Isontina, l’attivazione del Pronto soccorso odontoiatrico e del Piano di odontoiatria
sociale con assunzione di due nuovi medici odontoiatri e l’incremento del personale medico di
cardiologia, pneumologia, chirurgia.
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Monfalcone, sulla sanità il Comune vota contro il Pal (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
«di Tiziana Carpinelli - Anna Cisint ha scelto di dire no. Forse non è un coup de théâtre, vista l’aria
che da giorni tirava in municipio sul tema sanità, ma è ormai un dato di fatto che il Comune di
Monfalcone ha deciso di votare contro il Pal, Piano attuativo locale dell’Aas 2 oggetto di
discussione ieri sera all’assemblea dei sindaci. Del resto Cisint, già in sede di Autonomie locali,
all’approvazione delle linee guida finanziarie aveva espresso perplessità, con un pollice verso. Le
motivazioni sono sempre le stesse: «San Polo non può essere considerato un ospedale marginale,
giacché serve il medesimo bacino di utenza di Pordenone. Per contro nella scelta tra hub e spoke il
presidio monfalconese subisce una classificazione che lo porterà a diventare un “cronicario” in cui
le specializzazioni non vengono valutate economicamente», osserva la prima cittadina. «A Telesca aggiunge - avevo chiesto di ragionare sul punto per riuscire a dare dignità economia a un bilancio
che deve supportare le scelte di specialità e personale». Il secondo motivo per il quale Cisint ha
deciso di porsi contro è che «anche in questo Pal si parla di riduzione di posti letto, in termini di
rapporto tra letti e numero di abitanti», senza dunque considerare le peculiarità di Monfalcone, che
ha sì un determinato numero di residenti, ma rileva importanti fenomeni migratori e ospita diverse
industrie con importanti cifre di occupazione, proveniente anche da fuori. «Infine - sostiene Cisint ho appena appreso che con le stesse somme poste a bilancio per il Crua si dovrà anche supportare
l’avvio dell’Ospizio marino. Si parla di 2,5 milioni e, per quanto saputo, 1,7 vanno a Grado». Le
“briciole”, insomma, si dividerebbero tra il Centro per l’assistenza ai malati di asbestosi e
mesoteliomi e le Terme romane. «Non è possibile - conclude il sindaco - essere presi in giro: il Pal
non parla di utilizzo dei servizi ospedalieri, di cose che servono ai malati. E poi perché ancora non
si ragiona qui dei Cap, ma nel documento si scrive solo che partono a Cormons e si “avvieranno” a
Monfalcone? Cosa vuol dire? Dove sono i soldi?». E siccome ancora non è arrivata nessuna risposta
circa l’incontro con l’assessore regionale alla Sanità Maria Sandra Telesca, organizzato dal
capogruppo dem Diego Moretti, («eppure ho dato la disponibilità di alcune date»), né è giunta
risposta in merito alla lettera recentemente inviata alla governatrice, l’amministrazione ha deciso di
realizzare un Patto per la salute coi cittadini, sorta di manifesto contenente tutte le richieste inoltrate
già a Debora Serracchiani per difendere la sanità locale. Il Comune invita «cittadini e associazioni a
sottoscrivere la proposta a sostegno della riqualificazione dei servizi sanitari e sociali, per dare più
forza all’azione che l’amministrazione sta portando avanti, per una partecipazione attiva alle scelte
che riguardano il territorio». I moduli saranno a disposizione in municipio, all’Urp, in Biblioteca, al
Centro anziani e all’Anagrafe
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«Non c’è spazio per riaprire il Cie» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
La presidente della Regione, Debora Serracchiani, ha incontrato ieri a Udine il sindaco di Gradisca
d’Isonzo, Linda Tomasinsing, assieme alla quale ha svolto un'analisi della situazione connessa alla
presenza del Cara sul territorio. Il sindaco ha ricordato che la struttura, identificata nel 2006 dal
ministero degli Interni, è sita in una zona residenziale cittadina e questo fatto ha inevitabilmente
comportato nel tempo un notevole impatto sociale. «Le criticità - ha spiegato il sindaco - riguardano
sia la gestione del centro d'accoglienza sia la popolazione». La struttura, infatti, è dimensionata per
un numero di ospiti molto inferiore a quello attuale, cosicché lo stesso personale non è in grado di
far fronte in modo adeguato alle esigenze di una civile accoglienza. La situazione appare complessa
anche per la popolazione che vede acuiti il fenomeno della percezione d'insicurezza e i disagi
derivanti da un'aumentata pressione sui servizi di pubblica utilità e sull'ambiente. In queste
condizioni, ha sottolineato Tomasinsing, l'ipotesi di una riapertura del Cie è impraticabile. «Ho più
volte espresso la posizione negativa della Regione sulla riapertura del Cie, che è chiarissima e - ha
affermato Serracchiani - è stata ribadita anche dal Consiglio regionale. Pure la densità di richiedenti
asilo a Gradisca è da troppo tempo oltre ogni limite di sostenibilità e richiede di essere riequilibrata:
a un territorio così piccolo non si possono imporre numeri così grandi». «Lavoriamo proprio - ha
sostenuto ancora Serracchiani - affinché il piano Minniti prenda in considerazione situazioni come
la nostra, chiedendo che gli arrivi da terra siano conteggiati alla pari di quelli via mare, in modo che
la nostra regione sia alleggerita nel suo complesso e, in particolare, zone particolari come
Gradisca». «Siamo perfettamente consapevoli che in determinate condizioni, superato un certo
limite, non è giusto né possibile chiedere di più ai nostri cittadini. E questo - ha concluso la
presidente - è esattamente il caso di Gradisca d’Isonzo».
Sindacati preoccupati per l’ex Provveditorato (M. Veneto Pordenone)
«L’ex Provveditorato si svuota». L’allarme è al civico uno in via Concordia: i sindacalisti
confederali di Pordenone sono preoccupati. «L’organico dell’ufficio caccia e pesca dell’ex
Provincia è transitato nel corpo Forestale regionale – hanno ricordato –. Gli ex dipendenti della
Provincia lasceranno il secondo piano? L’organico dell’ufficio scolastico al primo piano è ai minimi
storici, con una decina di amministrativi e dirigenti. Non ci sono assunzioni e chi va in pensione
non viene sostituito». Il subentro del palazzone dell’ex Provveditorato non è ancora stato deciso:
entrerà nel patrimonio e gestione della Regione oppure sarà un immobile del Comune di
Pordenone? Bocche cucite nell’ex Provincia dove il 31 marzo chiuderanno per sempre i faldoni
sulla gestione del patrimonio scolastico: entro un mese e mezzo la Regione dovrà decidere.
«Dispiace molto – dicono anche alcuni dirigenti nelle superiori di Pordenone – la fine annunciata di
tanti servizi utili alla scuola». Il piano terra dell’ex Provveditorato è semivuoto da anni e salendo
due rampe di scale si aprono gli uffici scolastici. «L’organico era di una cinquantina di funzionari e
operatori negli anni Ottanta – ha ricordato il sindacalista Gianfranco Dall’Agnese – e si è ridotto
all’osso dopo 30. Per risparmiare, ma le scuole funzionavano meglio quando c’era lo sportello del
Provveditore a Pordenone». Nostalgie e dubbi. «Non dimentichiamo che nel 2011, per costruire la
cella di sicurezza dell’ufficio caccia e pesca dell’ex Provincia è stato scippato lo spazio delle
relazioni sindacali dell’istruzione – ha ricordato Dall’Agnese –. Lo sportello caccia e pesca aveva
aperto i battenti con 20 operatori, due amministrativi, un dirigente e un forte investimento di danaro
pubblico». Tutto da rifare e la cella sarà trasformata in archivio? Nel 2011 era stata costruita per i
cacciatori di frodo colti con le mani nel sacco e un armadio-cassaforte per le carabine e armi.
«Cento metri quadri a disposizione della polizia provinciale, con il garage interrato per il mezzo
anfibio – rammenta Dall’Agnese che aveva protestato sei anni fa –. Docenti e studenti, genitori e
bidelli vicini d’ufficio dei bracconieri in cella?». Invece, il condominio dell’ex Provveditorato non
ha dato problemi di convivenza per sei anni, sui piani separati: il futuro resta tutto da indovinare.
(c.b.)
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Unicredit, confermati oltre 50 esuberi (Gazzettino Pordenone)
Davide Lisetto - Unicredit, l'intesa nazionale raggiunta all'alba di sabato scorso dal vertice del
gruppo bancario e il sindacato di categoria conferma la ricaduta del maxi-piano esuberi anche in
provincia di Pordenone. Anzi, l'allungamento del periodo di copertura del fondo esuberi potrebbe
ricomprendere oltre cinquanta dipendenti - tra il precedente piano e quello appena sottoscritto delle filiali nel Friuli occidentale. Conferma anche sulle chiusure di sportelli: in provincia le filiali
da chiudere potrebbero essere o quattro o cinque. A fronte delle riduzioni il colosso del credito che
in provincia occupa a oggi quasi duecento dipendenti assumerà - a livello nazionale le assunzioni
previste sono 1.300, 600 le stabilizzazioni contrattuali - tra i quindici e i venti giovani.
Probabilmente, secondo First-Cisl, l'assunzione avverrà attraverso l'apprendistato per poi
trasformarsi in contratti a tempo indeterminato.
Il piano-tagli viene quindi confermato: al Fondo esuberi potranno aderire i dipendenti che
raggiungeranno i requisiti per la pensione entro la fine del 2023. Le uscite a scaglioni dei dipendenti
in esubero dovrebbero scattare al termine del 2019: la copertura del Fondo arriverà fino a un
massimo di 54 mesi. Il colosso bancario dovrà anche tagliare quattro o cinque filiali sul territorio
del Friuli occidentale dove Unicredit conta venti sedi. Il maxi-piano nazionale dell'istituto di credito
che prevede 3.900 esuberi. In provincia di Pordenone circa 35 esuberi fanno riferimento al
precedente piano di ristrutturazione siglato nel febbraio del 2016: le uscite dei lavoratori avverranno
entro il 2018. A questi si aggiungono più di venti addetti che rientrerebbero, invece, nel più recente
piano che coprirà le uscite fino al 2023.
Complessivamente sono 6.500 gli esuberi a livello internazionale. In Italia le nuove 3.900
eccedenze si aggiungono ad altri 5.600 esuberi del vecchio piano industriale per un totale di 9.400
tagli totali da qui al 2022. Il nuovo piano prevede inoltre la chiusura di ottocento filiali: in pratica
Unicredit nel nostro Paese chiuderà una filiale su quattro. Il gruppo puntava a chiudere l'intesa entro
i primi di febbraio: con l'intesa dell'altra notte i tempi sono stati rispettati.
Lo scenario nel mondo bancario locale riflette il terremoto che si registra a livello nazionale e nel
vicino Veneto. Oltre al caso Unicredit nel vovembre scorso FriulAdria Creédit Agricole ha avviato
le procedure per una quarantina di esuberi. A queste due situazioni si aggiungono quelle legate al
Monte Paschi di Siena (che a Pordenone conta una filiale) e alla vicenda che vede coinvolte nella
possibile unificazione Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Tutte operazioni che potrebbero essere
foriere di nuovi tagli anche nelle filiali locali.
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Centrale Edison, risparmi fino al 30 per cento sull’energia (M. Veneto Udine)
di Francesca Artico - L’Autorità per l’energia inserisce la centrale Edison di Torviscosa nelle Reti
interne d’utenza (Riu) che apporterà alle aziende insediate e a quelle che si insedieranno una
riduzione dei costi energetici pari al 25- 30%. E adesso a San Giorgio di Nogaro sperano che questo
beneficio possa essere esteso anche alla zona industriale dell’Aussa Corno. Soddisfazione del
sindaco Roberto Fasan per l’importante risultato ottenuto: «Ciò fa ben capire i vantaggi sui costi di
produzione che le aziende attuali e le nuove che vorranno insediarsi a Torviscosa potranno avere –
dice –. Sin dal 2010 questa amministrazione, a fianco delle aziende Spin-Bracco, Caffaro e Edison,
ha iniziato il lungo percorso di stimolo e sollecitazione nei confronti dei Ministeri e della Regione
su questo tema che è fondamentale per incentivare nuovi investimenti. Se questi risultati si sono
concretizzati, un grande merito va dato alla presidente Debora Serracchiani che fin dall’inizio del
suo mandato si è impegnata alla soluzione delle varie problematiche pendenti che necessitavano di
un continuo e costante dialogo con il governo centrale». Ricordiamo che la centrale a cogenerazione
con ciclo combinato della Edison, entrata in esercizio nel 2006, ha una potenza complessiva di 785
Mw. Come rimarca Fasan, la fine del 2016 ha visto importanti interventi della Regione e decisioni
dei Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico sul futuro dello sviluppo e delle
prospettive industriali dello storico sito produttivo di Torviscosa. Dopo la firma del Protocollo
d’intesa per il risanamento ambientale del 2 dicembre (che porta in dote 40 milioni di euro) e il
decreto di riperimetrazione con la variazione delle denominazione del Sin- Laguna di Grado e
Marano (che ora si chiamerà Sin- Caffaro di Torviscosa), il 22 dicembre è stato pubblicato il
decreto sulle Reti interne d’utenza. Questo importante atto dell’Autorità per l’energia (delibera 22
dicembre 2016 788/2016/R7eel) ha definitivamente incluso la centrale Edison di Torviscosa nel
registro delle Riu con la motivazione: «...debba essere confermata l’inclusione nel registro delle Riu
della rete sita nel Comune di Torviscosa identificata da Terna con il codice 714 e gestita da Edison
spa in quanto rispettosa delle condizioni di cui all’articolo 33 della legge 99/90». «Il significato di
tutto questo – afferma Fasan – sta nei benefici economici legati ai costi generali e di trasporto
dell’energia consumata dalle attuali aziende allacciate e da quelle nuove che si vorranno insediare.
Ad esempio, un’azienda allacciata a una Riu con il 100% dell’energia elettrica consumata, prodotta
all’interno della Riu stessa (beneficio massimo), potrà avere costi energetici inferiori del 25-30%
rispetto ai costi di mercato».
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