La rassegna di oggi
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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 7 febbraio 2017 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2) Disoccupati o inattivi, la condanna dei giovani (M. Veneto, 3 articoli) Assunzioni per 250 operatori socio-sanitari (M. Veneto) Rivoluzione anti-corrotti (Gazzetino) Nuovo Comparto unico, Roma stoppa la Regione (Piccolo, 5 articoli) Autovie, l’addio alle banche costa fino a 110 milioni (M. Veneto) Despar, il friulano Montalvo nuovo Ad (M. Veneto) Crisi Pilosio, dall’ad cacciato ai mancati incassi in Arabia (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 7) Porto, yacht e turismo, a Trieste il mare torna a creare occupazione (Piccolo Trieste) L’Isee non presentato costa la mazzata dell’Ater (Piccolo Trieste) Azienda sanitaria, 135 assunzioni nel 2017 (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Monfalcone, sulla sanità il Comune vota contro il Pal (Piccolo Gorizia-Monfalcone) «Non c’è spazio per riaprire il Cie» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Sindacati preoccupati per l’ex Provveditorato (M. Veneto Pordenone) Unicredit, confermati oltre 50 esuberi (Gazzettino Pordenone) Centrale Edison, risparmi fino al 30 per cento sull’energia (M. Veneto Udine) 1 ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE Disoccupati o inattivi, la condanna dei giovani (M. Veneto) di Elena Del Giudice - Michele se nè andato il 31 gennaio a trent’anni. Ha scelto di togliersi la vita perchè frustrato dalla lunga, e vana, ricerca di un lavoro. Un «ragazzo della generazione perduta che ha vissuto come sconfitta personale quella che per noi è invece la sconfitta di una società moribonda, che divora i suoi figli», scrivono di lui i suoi genitori, che hanno affidato al Messaggero Veneto il compito di pubblicare la lettera di addio di Michele che è, davvero, anche una lettera di denuncia. Una denuncia nei confronti di chi promette sogni salvo poi non consentire si realizzino. Come il lavoro. Anche a Nordest la disoccupazione giovanile è un problema. Così come sono i Neet, acronimo di termini inglesi che significano giovani che non studiano e non lavorano. Gli sfiduciati, potremmo dire. Quelli che hanno lasciato la scuola perché hanno completato il percorso scelto, si sono indirizzati verso il mondo del lavoro ma lo hanno trovato chiuso. E continua ad esserlo per due giovani su 10 a Nordest. Nel terzo trimestre 2016, ultimo dato disponibile, la disoccupazione giovanile 15-24 anni in Italia si è attestata al 34,5% medio, più alto per le ragazze, 37,6, un po’ più basso per i ragazzi, 32,3. Cifre che scendono a Nordest con un tasso medio del 19,1%, composto dal 16,3 maschile e dal 23% femminile. Se allarghiamo lo sguardo alla fascia 1529 anni, i dati migliorano ma di poco. Il tasso di disoccupazione nazionale è del 26,7%, che scende al 14,8% a Nordest, prodotto della media dell’11,7% dei maschi e del 18,9% delle femmine. Per quel che riguarda il Friuli Venezia Giulia, gli ultimi dati disponibili risalgono all’anno 2015 quando il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni era del 28,7% (27,4 per i maschi, 30,4 per le femmine); tra i 15 e i 29 anni il dato medio era del 21,5%, a fronte di un tasso di disoccupazione generale dell’8,1%. Tanto per dare un’idea di quanto la crisi abbia impattato soprattutto sui giovani, il tasso di disoccupazione 15-29 anni nel 2007, ovvero dieci anni fa, a Nordest, era del 6,5%, contro un tasso di disoccupazione medio 15-64 anni del 3,2%. E che fanno molti giovani di fronte alle porte sbarrate del lavoro? Se ne vanno. Fanno la valigia ed emigrano. E anche in questo fenomeno che è triste se determinato dall’insufficienza di alternative - il Friuli Venezia Giulia conquista il suo primato di regione in cui il tasso di fuga, in rapporto alla popolazione, è tra i più alti d’Italia. Nel 2015 da questa regione hanno preso valigia e passaporto e se ne sono andati in 4.130. Nel 2014 c’era stato il boom con 4.831 espatri certificati dall’iscrizione all’Aire, l’Associazione degli italiani residenti all’estero. Nel 2013 avevano fatto la stessa scelta in 3.646. Facendo un rapido conteggio, dunque, tra il 2013 e il 2015 hanno lasciato affetti e familiari in cerca di fortuna ben 12.607 uomini e donne, vale a dire l’1% della popolazione. E’ come se in questo arco di tempo avessimo perduto un paese grande quanto Fontanafredda o Spilimbergo. E i dati sull’emigrazione made in Friuli sono sottostimati, in quanto una percentuale di chi decide di tagliare i ponti, provvisoriamente o per sempre, con la madrepatria, per un motivo o per l’altro non si iscrive all’Aire. Dalla nostra regione sono partiti nel 2015 in 4.130. Un numero che da solo non significa moltissimo, ma se rapportato alla popolazione complessiva (1,2 milioni di residenti) fa balzare il Fvg tra le regioni con la maggiore incidenza di espatriati. Basti pensare che dal Veneto, che conta quasi 5 milioni di abitanti, se ne sono andati in 10.374, poco più del doppio dei friulani, ma con una popolazione quattro volte più grande. Stesso discorso vale per la Lombardia: 20.088 partenze, ma una popolazione di 10,1 milioni di abitanti. Insomma l’incidenza degli emigrati friulani sui residenti è tra le più alte d’Italia. Altra considerazione: in termini assoluti abbiamo molti più espatri rispetto a regioni più popolose come Liguria, Marche, Abruzzo, Sardegna e un numero di poco inferiore a quello della Calabria. Come dicevamo prima, andare all’estero non è di per sè una scelta negativa, anzi. Optare per un periodo di studio, per un master, per un’esperienza lavorativa, sono esperienze che arricchiscono. Diventa un problema su cui riflettere se uno se ne va perché qui non ha chance. La “fuga dei cervelli” è stata definita, e spesso accompagnata da ambiziose dichiarazioni di volontà di riportare questi “cervelli” a casa. Programmi che solo a volte diventano progetti e quando accade, hanno risultati deludenti. E così si sentono riecheggiare le parole di una vecchia poesia che bene ha 2 raccontato la Carnia, e il Friuli, d’un tempo, quando tanti se ne sono andati perché «libers... di scuign'i lâ». Non posso passare il tempo a cercare di sopravvivere Con questa lettera un trentenne friulano ha detto addio alla vita. Si è ucciso stanco del precariato professionale e accusa chi ha tradito la sua generazione, lasciandola senza prospettive. La lettera viene pubblicata per volontà dei genitori, perché questa denuncia non cada nel vuoto. Testo non disponibile «Dai co.co.co ai voucher le politiche occupazionali sono state un fallimento» Assunzioni per 250 operatori socio-sanitari (M. Veneto) Un prossimo incontro tecnico sul processo di riclassificazione delle Case di riposo e l’organizzazione di un appuntamento pubblico per illustrare le opportunità offerte dal progetto di odontoiatria sociale attuato dalla Regione per garantire cure dentistiche gratuite a giovani e anziani che rientrano in determinate fasce di reddito. È questo un primo esito sul piano pratico dell’incontro che si è tenuto ieri a Udine fra la presidente della Regione Debora Serracchiani e l’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca con una rappresentanza della Cgil guidata dal segretario regionale Villiam Pezzetta. Lo stesso Pezzetta, ricordando la condivisione del sindacato alla riforma sanitaria regionale, ha messo in evidenza la necessità di creare momenti di dialogo e di confronto con il territorio per illustrare quelli che sono i cambiamenti in atto e i vantaggi, attuali e futuri, per i cittadini. La presidente da parte sua, raccogliendo l’invito, ha premesso che l’attuazione della riforma coinvolge un intero sistema nella sua complessità e che pur in presenza di alcune criticità molte cose sono state avviate: l’apertura dei Centri di assistenza primaria (Cap), il Piano per l’emergenza «che per la Carnia ha significato tre ambulanze in più in dotazione», l’accordo con i medici di famiglia, l’assunzione a tempo indeterminato di 700 infermieri e fra pochi mesi un nuovo bando di concorso per ulteriori nuovi assunti. Un altro punto di confronto è stato quello relativo agli Operatori socio sanitari (Oss), figure sempre più importanti per l’assistenza e la cura dei pazienti, come ha sottolineato la presidente, la quale ha affermato che, in base ad un aumentato fabbisogno di questi profili professionali, il numero per il triennio passerà da 250 a 500. Ma è sul progetto di Odontoiatria sociale che la presidente ha voluto rimarcare i benefici per tutte quelle persone che si trovano in difficoltà nel doversi curare i denti, rinunciando spesso per motivi economici ad intervenire. «Cinque strutture di pronto soccorso sul territorio – ha spiegato Serracchiani – con professionisti preparati e di grande competenza che si mettono a disposizione di chi ne ha bisogno: un servizio importante che va sfruttato». Rivoluzione anti-corrotti (Gazzetino) Personale, al via regole stringenti per evitare disparità nei carichi di lavoro e pericolose discontinuità Testo non disponibile 3 Nuovo Comparto unico, Roma stoppa la Regione (Piccolo) di Marco Ballico - Il governo Gentiloni impugna la legge regionale sul comparto unico. Due i punti contestati: la risoluzione del rapporto di lavoro con i dirigenti esterni in caso di default dell’ente amministrato; e l’istituto della “staffetta generazionale”, ovvero la possibilità di assumere giovani armonizzando i nuovi contratti a tempo indeterminato con una riduzione delle ore lavorative dei dipendenti più vicini al pensionamento. La Regione Fvg, si legge nella relazione del dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie, viola norme costituzionali all’articolo 12, comma 6, e all’articolo 21 della Lr 18/2016, “Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale”. La prima contestazione riguarda una materia che incide sull’ordinamento civile, in violazione delle prerogative statali tutelate dall’articolo 117 della Costituzione. Al comma 6 dell’articolo 12 della 18 si prevede che, in presenza di incarichi dirigenziali (contrattualizzati a tempo determinato) conferiti a dirigenti non inseriti nel ruolo, vale a dire extra dotazione organica, «le amministrazioni definiscono gli elementi negoziali dei contratti, comprese le clausole di risoluzione». Ma c’è di più: «Il contratto è in ogni caso risolto di diritto nel caso in cui l’amministrazione che ha conferito l’incarico dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie». Secondo il governo quel comma «interferisce direttamente con la materia - di competenza esclusiva statale - dell’ordinamento civile». Ed è pertanto «illegittimo». Il dipartimento precisa infatti che trattandosi di un meccanismo che opera “ipso iure” sul contratto con cui è conferito l’incarico dirigenziale in ragione di un fatto (il dissesto finanziario) non imputabile al contraente privato, «la relativa disciplina non può che essere uniforme sul territorio nazionale, così come già affermato dalla Corte costituzionale». In sostanza, il fatto che un ente vada in default non può essere considerato giusta causa di risoluzione del contratto. Il secondo passaggio della legge regionale impugnato riguarda un istituto che la giunta, con l’assessore Paolo Panontin, aveva valorizzato come valore aggiunto della riforma del pubblico impiego regionale. All’articolo 21 “Norme per favorire l’inserimento lavorativo (patto generazionale)” - si prevede la possibilità di concedere, negli ultimi tre anni di servizio del personale in procinto di essere collocato a riposo e su domanda del dipendente, la riduzione da un minimo del 35% a un massimo del 70% dell’orario di lavoro a tempo pieno; contestualmente l’amministrazione di appartenenza provvede, per tale personale e per il corrispondente periodo, al versamento dei contributi di previdenza e quiescenza riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno. Roma, nella contestazione, osserva che la disposizione regionale «da un lato interviene sulla disciplina previdenziale prevedendo un istituto di contribuzione figurativa non di competenza regionale e non previsto dall’attuale disciplina nazionale» e, dall’altro, «comporta effetti negativi per la finanza pubblica non quantificati né coperti» per la sostituzione di entrate da soggetti esterni alla pubblica amministrazione (lavoratore) con trasferimenti tra soggetti interni alla Pa non compensati da assunzioni part-time che necessariamente, per garantire l’equilibrio del bilancio regionale, devono riferirsi a un monte salariale inferiore». La conclusione ministeriale è che l’articolo 21 «si pone in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione, che riserva la previdenza sociale alla competenza esclusiva dello Stato, e con l’articolo 81, comportando maggiori oneri non quantificati e non coperti». Nell’attesa di un confronto con l’assessore Panontin, i sindacati non sono troppo sorpresi. «Sul prepensionamento avevamo già evidenziato perplessità, emerse quando analoga norma non era andata a buon fine in Trentino Alto Adige», osserva Mafalda Ferletti (Cgil Fp). «È stato un tentativo purtroppo non riuscito, il Trentino insegna», dice pure Massimo Bevilacqua (Cisl Fp). «Verificheremo nei prossimi giorni se sarà possibile porre rimedio a entrambe le contestazioni», commenta infine Maurizio Burlo (Uil Fpl). Duemila euro in più della media nella paga in Friuli Venezia Giulia Il costo dei dipendenti Fvg raggiunge quota 3 miliardi Panontin: «Rilievi marginali, l’impianto resta intatto» Fontanini: «Spesa in aumento con gli ex provinciali» testi non disponibili 4 Autovie, l’addio alle banche costa fino a 110 milioni (M. Veneto) di Anna Buttazzoni - L’operazione balla tra gli 80 e i 110 milioni. La differenza non è poca cosa, soprattutto perché all’incasso va un gruppo di banche e compagnie assicurative. Si è però ridotta la distanza tra Autovie Venete e gli istituti di credito e dunque non è più siderale, com’era trapelato a fine dicembre dopo l’assemblea dei soci di Friulia (la Finanziaria della Regione Fvg che controlla Autovie con il 72,96%). Un punto d’incontro, insomma, è vicino, tanto che questa settimana sarà decisiva per liquidare le banche e andare avanti spediti con la formazione della Newco interamente pubblica che sarà costituita entro giugno tra le Regioni Fvg e Veneto con Anas, e che sostituirà Autovie. Il nodo per chiudere la trattativa sta tutto nel calcolo del patrimonio netto. Autovie e la Regione partono dalla cifra messa nel bilancio a giugno 2016 di 500 milioni, mentre le banche sostengono si tratti di almeno 550. Sarà un perito a stabilire il valore del patrimonio netto. Ma oggi, tra l’utile in aumento rispetto al giugno 2016 ed eventuali plusvalenze, alla fine dovrebbe prevalere la quota dei 550 milioni, come da richiesta dei soci “pesanti” di Autovie. Ecco perché le posizioni sono più vicine. La fotografia del patrimonio netto sarà il punto di partenza per determinare la somma da assegnare a ciascun socio privato, per poi liquidarlo in base alla partecipazione azionaria. Banche e compagnie assicurative detengono complessivamente il 14,58 per cento di Autovie e dunque se il patrimonio netto verrà confermato in 550 milioni a quei soci andranno 80 milioni. A quel “tesoretto”, però, saranno aggiunte ulteriori quote azionarie di Autovie che banche e assicurazioni potranno acquisire da Friulia. Alla fine quindi l’addio di banche e assicurazioni dalla concessionaria autostradale potrà costare alla Regione oltre 110 milioni. La fase successiva, certo meno complessa, sarà la liquidazione del gruppo di piccoli e piccolissimi privati, che raggiunge l’1,55 per cento di Autovie e che avrà un indennizzo calcolato sempre secondo il patrimonio netto. L’assegno quindi supererà gli 8,5 milioni. Ma quella partita sarà chiusa nei prossimi mesi. Regione Veneto, invece, ha già stanziato 8 milioni per raggranellare tutte le azioni di Autovie detenute da società pubbliche del Veneto, come Comune, Provincia e Camera di commercio di Venezia o Provincia di Treviso. La Newco non ha ancora un nome, dettaglio irrilevante rispetto al fuoco che cova sotto la cenere della nuova composizione societaria. L’equilibrio all’interno della nuova società vedrà ancora il Fvg come socio di maggioranza, con una quota tra il 51 e il 53 per cento, mentre il Veneto si fermerà al 6 e Anas arriverà a una partecipazione tra il 41 e il 42 per cento. Ma va trovato un equilibrio con la spa del ministero dell’Economia e delle Finanze, che investendo nella nuova società vuole avere un ruolo decisivo, tanto che sarà di Anas – come da accordi – la nomina dell’amministratore delegato della Newco. E con la nuova società interamente pubblica finirà anche l’esperienza di Maurizio Castagna (attuale numero uno e ad di Autovie, alla guida della concessionaria autostradale dal 2013), che per la legge Madia sui manager in pensione non potrà trovare spazio nella Newco di Fvg, Veneto e Anas, portando invece a scadenza il suo mandato (2018) nella transizione da Autovie alla Newco. Despar, il friulano Montalvo nuovo Ad (M. Veneto) testo non disponibile Crisi Pilosio, dall’ad cacciato ai mancati incassi in Arabia (M. Veneto) di Anna Buttazzoni - La crisi nasce alla fine del 2015, perché i conti non tornano. Non tornano con il principale cliente in Arabia Saudita. Non tornano per «gli ingenti costi imputabili all’ex amministratore delegato», Dario Roustayan. Da fine gennaio la Pilosio spa di Feletto Umberto ha 120 giorni di tempo per pianificare la via d’uscita dalle difficoltà nelle quali è piombata, perché ammessa alla procedura di concordato preventivo con riserva, per la quale, il 19 gennaio, aveva presentato ricorso al tribunale di Udine. Ma l’origine della crisi è scritta nel libro delle decisioni dei soci di Pilosio spa. E parte dal 2015. Le prime perdite Nell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2015 – si legge nel documento – la Pilosio spa ha conseguito una perdita di un milione, che ha portato il patrimonio netto a 7,853 milioni, riportando la società nelle condizioni di dover ridurre il capitale per le perdite. Ma già durante il 2015, dopo la medesima chiusura dell’esercizio 2014, l’azionista 5 Polo Holdings ha effettuato un aumento di capitale di 7 milioni. Al 31 dicembre 2015 quindi l’indebitamento finanziario netto della società ammonta a 18 milioni (erano 23,1 il 31 dicembre 2014), dei quali 3 con scadenza a breve termine. Nel primo semestre del 2016 la società subisce un significativo calo del fatturato, ben 8,5 milioni (23 milioni nel primo semestre del 2015) dovuto alla contrazione degli ordini provenienti da uno dei principali clienti di Pilosio, cioè Roots Group Arabia. La società ha un Piano di risanamento e dopo la ricapitalizzazione di 7 milioni rivede le scadenze del debito finanziario a medio/lungo termine, con decorrenza delle prime rate da giugno 2016. La prima ammonta a 250 mila euro, ma al 30 giugno non viene pagata e il 2 agosto 2016 Pilosio invia alle banche una formale richiesta di moratoria. Le difficoltà con l’Arabia È alla fine del 2015 che «la società ha manifestato una situazione di tensione finanziaria – si legge nel libro delle decisioni dei soci – principalmente causata dall’allungamento dei tempi di incasso delle promissory notes (“pagherò”) emesse da Roots Group Arabia». Perché? Il ritardo è dovuto a un incidente in uno dei cantieri dell’appaltatore Saudi Binladin Group (“Gruppo Sbg”) – che è il Gruppo che controlla Roots – impegnato nella realizzazione di un’importante commessa in Arabia Saudita. Pilosio fornisce Roots, ma non ha alcuna commessa per il cantiere dov’è avvenuto l’incidente. Il Gruppo Sbg sospende tutti i pagamenti, incluso quello nei confronti di Roots che a sua volta sospende il pagamento dei propri fornitori, tra cui Pilosio. È una mazzata per la società di Feletto Umberto, perché al 31 dicembre 2015 il credito di Pilosio nei confronti di Roots è di 8 milioni. L’esposizione commerciale viene parzialmente trasformata in finanziaria con la firma di alcuni “pagherò” in favore di Pilosio per 4,3 milioni e la società trova una controparte disposta ad assicurare l’incasso per il 90 per cento del loro valore nominale a sei mesi dalla data di previsto incasso. Il 31 luglio 2016 scade la prima promissory note, da 830 mila euro, ma il termine non viene rispettato e a quella data l’incasso sfuma. Il licenziamento di Roustayan Pilosio vuole riorganizzare la società e tagliare i costi. Così, il 13 novembre 2015 il Cda viene integrato con un nuovo amministratore. «Nello svolgimento di specifico mandato ricevuto dall’azionista – si legge nel documento – l’amministratore nominato ha potuto appurare che la società, soprattutto in anni precedenti, ha sostenuto e rilevato ingenti costi imputabili all’ex amministratore delegato». È gennaio 2016. A carico di Roustayan vengono rilevati «viaggi personali, donazioni non autorizzate, la creazione di una struttura dedicata ad attività di marketing con unità lavorative non proporzionate alle effettive necessità della società, operazioni commerciali compiute con l’intermediazione di società che sono risultate riconducibili a titolo personale all’amministratore delegato». Il 28 gennaio 2016 Polo Holdings revoca Roustayan, sia da presidente del Cda sia da ad, imputandogli «reiterate violazioni dei doveri di diligenza, come emerse nel corso della due diligence interna effettuata dal novembre 2015». A Roustayan viene anche notificata una prima lettera di contestazione disciplinare, sempre il 28 gennaio 2016, con la quale gli vengono attribuite «ingenti donazioni effettuate nel corso del 2015 in denaro e beni, in palese violazione della policy aziendale in materia di anticorruzione, nonchè lesive del patrimonio sociale della società». Non solo. Il 23 febbraio, conclusa la revisione dei documenti, Pilosio notifica una seconda lettera di contestazione disciplinare, per ulteriori violazioni della policy aziendale. All’ex presidente e ad vengono evidenziate «ulteriori donazioni non consentite, ingenti spese personali per viaggi, cene ed eventi posti a carico della società che si ritiene non abbiano avuto alcuna finalità aziendale, ingenti spese di viaggi a carico della società riferibili alla moglie, per autonoleggio nonostante l’assegnazione all’ad di una vettura aziendale e per multe». Il 21 marzo a Roustayan viene comunicato il licenziamento. È il 22 marzo quando la Guardia di Finanza effettua una perquisizione negli uffici della Pilosio e poco dopo emergerà che Roustayan è indagato per corruzione internazionale. L’ok al concordato preventivo è storia recente. Ora per Pilosio e il suo Cda è scattato il conto alla rovescia per salvare la società e i 130 dipendenti. 6 CRONACHE LOCALI Porto, yacht e turismo, a Trieste il mare torna a creare occupazione (Piccolo Trieste) di Silvio Maranzana - Le 225 nuove assunzioni in porto in due anni, la nicchia del refitting dei megayacht che ha in Trieste un polo di rilievo europeo, il turismo crocieristico che cresce, la prospettiva della realizzazione del grande acquario e soprattutto della riconversione del Porto vecchio: il mare è tornato a essere a Trieste il motore che tutto muove. Ne sono convinti i principali intervenuti al convegno “L’economia del mare. Vecchi e nuovi mestieri” svoltosi ieri all’hotel Savoia Excelsior e cioè il presidente dell’Autorità di sistema portuale Zeno D’Agostino, l’attuale sindaco Roberto Dipiazza e l’ex primo cittadino Roberto Cosolini. «La città è ancora ricca di competenze e saperi in questo campo», ha potuto concludere Giancarlo Carena presidente di Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa), l’associazione che ha organizzato l’evento anche questo svoltosi dinanzi a un folto pubblico. I saperi in realtà sono stati anche aggiornati o addirittura reinventati e lo hanno dimostrato i primi tre relatori. Dall’officina navale di Marino Quaiat e lo ha spiegato lui stesso, dapprima è nato il Polo nautico sul Canale navigabile e poi Trieste refitting system che comprende anche Cartubi, Ocean, Meccano, Zinelli e Perizzi. «Nel 1998 vi lavoravano dieci persone - ha spiegato Quaiat - adesso siamo in 60, ma possiamo crescere ancora perché dei 7.300 megayacht che navigano nel mondo, la metà sono di stanza nel Mediterraneo e ora siamo in grado di fare concorrenza ai cantieri tedeschi, olandesi, francesi e spagnoli, oltre a quelli del Tirreno. Per la città si possono prospettare ricadute in molti settori: pensiamo solo al food&beverage dato che questi megayacht hanno cambuse con migliaia di bottiglie. Ma noi stessi - ha concluso - avremmo bisogno di manodopera specializzata». Su qualche versante la città, dove del resto ha sede l’unica compagnia italia di trasporto container, Italia Marittima, si è già attrezzata. «La formazione è a livelli di eccellenza», ha potuto dire Bruno Zvech, direttore generale dell’Accademia nautica dell’Adriatico, scuola post Nautico un istituto che solo qualche anno fa sembra avviato all’estinzione. «Per il 70% i cadetti e le cadette (una folta rappresentanza era presente al convegno) provengono da fuori Trieste. La città sta tornando a internazionalizzarsi, il segreto del suo sviluppo ai tempi di Maria Teresa». Molti saranno gli eventi dedicati al trecentesimo anniversario della nascita della sovrana austriaca. Lo ha annunciato Umberto Malusà, presidente del Consorzio Promotrieste affermando che «promuoveremo Trieste, museo a cielo aperto, come città di Maria Teresa». L’obiettivo è anche di prolungare in città la presenza del turista che in media si attesta su un giorno e mezzo soltanto. Due sono gli asset sui quali insistere: Trieste città di contaminazioni culturali (si pensi ad esempio alle tante chiese di culti diversi) e Trieste come città del mare. A proposito di quest’ultima accezione, Malusà ha precisato che «per esempio stiamo pensando a un percorso turistico di visita a una serie di antiche imbarcazioni locali». Nel successivo dibattito, moderato dal docente Paolo Feltrin, Zeno D’Agostino è entrato nel cuore del problema ricordando che «in due anni abbiamo creato in porto 225 posti di lavoro veri, cioé a tempo indeterminato. Non ci interessa - ha affermato - movimentare qualche contenitore in più, ma portare a casa il maggior valore possibile da ogni unità di traffico. Aspiriamo in sostanze a creare dai contenitori attività manifatturiera e industria». E Roberto Cosolini ha sostenuto che «Trieste è oggi riconosciuta non soltanto come la capitale del Friuli Venezia Giulia, ma anche dell’area costiera che arriva fino a Pola e di una porzione di territorio che si protende in Europa perché è riconosciuta la sua capacità di offrire servizi avanzati». Il salto di qualità definitivo però lo si avrà soltanto con la rivitalizzazione del Porto vecchio. «La prossima settimana - ha annunciato Dipiazza - firmeremo la convenzione per l’utilizzo dei primi 50 milioni. Ma stiamo già lavorando sul progetto per la viabilità con il viale, due rotonde e il grande ingresso accanto alla Stazione ferroviaria. A fine anno contiano di aprire il cantiere. Ma oltre al Porto vecchio ci sono il Porto nuovo e il turismo che ci stanno dando soddisfazioni - ha concluso il sindaco - togliamoci di dosso la negatività perché non ha più ragione di esistere». 7 L’Isee non presentato costa la mazzata dell’Ater (Piccolo Trieste) di Giovanni Tomasin - I dati precisi su quanti utenti dell’Ater triestina stanno pagando un canone più alto a causa del passaggio all’Isee ancora non ci sono, ma di certo una mazzata è arrivata ai 340 che la certificazione non l’hanno proprio presentata (e per i quali l’Ater non è riuscita a individuarla): questo inizio 2017 riserverà ai “renitenti all’Isee” canoni da centinaia di euro, almeno fino a quando la loro situazione burocratica sarà sanata. Consentendo così all’ente di aggiustare il tiro. È il dato di maggior rilievo emerso ieri sera durante l’audizione in Consiglio comunale del direttore dell’Ater triestina Antonio Ius. L’assessore Mariagrazia Santoro, che in origine doveva partecipare alla seduta, era invece assente. Il capogruppo di Fratelli d’Italia Claudio Giacomelli è colui che ha invocato l’audizione: «Manca l’assessore quindi in aula non potremo discutere l’aspetto politico, le scelte fatte e le scelte future», ha detto. Nel mirino del consigliere l’adozione dell’Isee come criterio per la definizione dei canoni: «Si ottiene il risultato paradossale di aumentare l’affitto a chi ha un deposito bancario. In astratto è sintomo di benessere, ma così si finisce per penalizzare chi ha risparmiato». Ius ha descritto la situazione odierna dell’ente: «Oggi Ater Trieste gestisce un parco di circa 10mila 800 famiglie. La previsione delle entrate per il 2017 è di circa 18 milioni di euro, mezzo milione in meno rispetto al 2016». Un calo che il direttore imputa all’adattarsi di Ater alle condizioni di crisi economica. «Il canone medio mensile per il 2017 sarà di 140 euro - ha proseguito -. Il 57% della nostra utenza è composto da persone con Isee non superiore a 10mila euro. Questi si vedono applicato un canone medio di 75 euro al mese. Il più basso è di 16 euro, il più alto non supera i 130 euro al mese». Dati che Ius ha esposto «al netto degli oltre 300 utenti che non hanno presentato l’Isee e per i quali non è stato possibile rintracciarlo in alcun modo». Questi, appunto, riceveranno un canone alto, e potranno risolvere la situazione portando la documentazione agli uffici. Il restante bacino di utenza Ater è composto da Isee compresi fra 10mila e 33mila 334 euro: «Fatta eccezione per un 2% di Isee superiori ai 33mila 334 euro, che possiamo definire residuale». Il direttore ha poi esposto le modalità con cui gli uffici Ater gestiscono le difficoltà emerse. La presentazione di Ius ha generato un lungo dibattito tra i consiglieri. Il capogruppo Fi Piero Camber ha sottolineato l’importanza «dell’informazione degli utenti», chiedendo poi: «Quale correttivo si può portare agli aumenti, visto che la Regione si dice disposta a dialogare?». Il leghista Antonio Lippolis ha dichiarato: «Speravamo si intervenisse per individuare chi subaffitta, chi ha un reddito nero e il Suv in giardino». Tra gli altri interventi anche quello del capogruppo M5S Paolo Menis: «Dobbiamo ripensare il sistema a medio e lungo termine. Il problema non è costruire nuovi edifici, perché gli alloggi sfitti sono tantissimi. Dobbiamo trovare un meccanismo che metta in contatto domanda e offerta». Così il capogruppo Lega Paolo Polidori: «Servono parametri per integrare l’Isee. L’ente che ha dovuto applicare una legge mal fatta doveva prevedere le criticità». Per Giovanni Barbo (Pd) bisognerà «valutare eventuali correttivi» ed intervenire con «una rateizzazione degli aumenti laddove sono considerevoli»: «Nel complesso però gli introiti 2017 saranno minori quindi i cittadini pagheranno meno». Il sindaco Roberto Dipiazza è intervenuto per chiedere «collaborazione ad Ater nella gestione di una difficilissima situazione sociale». Per il socialista Roberto De Gioia «l’eliminazione dei presidenti da parte della Regione ha privato le Ater della testa politica»: «L’unica soluzione - ha detto - è un Ater autonomo per Trieste, che risponda alle nostre necessità peculiari». A fine dibattito Giacomelli ha rilevato: «Santoro diceva di sapere quanti pagheranno di più, ma il dato preciso non è emerso». 8 Azienda sanitaria, 135 assunzioni nel 2017 (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain - Centotrentacinque “unità” in più da inserire negli ospedali di Gorizia, Monfalcone, Palmanova e Latisana ma soprattutto sul territorio, nei Cap e negli ambulatori degli infermieri di comunità. Questa la novità più importante della manovra del personale appena messa a punto dall’Azienda sanitaria Bassa Friulana-Isontina e inserita nel Piano attuativo locale 2017 “bocciato” dal Comune di Gorizia. Il 31 dicembre 2016, l’Aas 2 contava 3.237 dipendenti fra personale medico, infermieristico, ausiliario e tecnico. Entro il 31 dicembre di quest’anno, i vertici aziendali contano di potenziare l’organico portandolo a 3.372 unità complessive. Significa che verranno inseriti (o meglio si spera di inserire) 135 nuovi professionisti. C’è anche il dettaglio. Gli innesti più significativi (59) riguarderanno il comparto del ruolo sanitario e i dirigenti sempre di ruolo sanitario (medici e non medici) che saliranno di 35 unità. Anche il cosiddetto “ruolo tecnico” (composto da operatori socio-sanitari e operatori tecnici) conoscerà un necessario potenziamento con 37 unità in più rispetto all’anno passato. Il comparto amministrativo potrà contare su 10 dipendenti in più mentre la manovre prevede un lieve taglio (meno sei) dei supplenti. «Stiamo lavorando per potenziare gli organici - spiega il direttore generale dell’Aas Bassa Friulana-Isontina, Giovanni Pilati -. Questa è la manovra che abbiamo approvato e che rispetta i vincoli economici che ci sono stati imposti dalla Regione. L’anno passato, siamo riusciti a potenziare i servizi del Pronto soccorso. Grazie agli innesti che andremo ad effettuare nel corso del 2017 riusciremo a incrementare l’attività sul territorio. Peraltro, nel corso del 2016, si è confermata una tendenza che vede, per i cittadini residenti nel territorio aziendale, una riduzione progressiva sia del numero di ricoveri sia delle prestazioni ambulatoriali. A fronte di ciò, si è cercato di perseguire l’obiettivo di sviluppare l’assistenza primaria nel territorio e di consolidare i percorsi assistenziali ospedalieri». «In questa direzione - prosegue il direttore dell’Aas - si sono realizzate in tutto il territorio aziendale le Aggregazioni funzionali dei medici di base, è stato avviato il Centro di assistenza primaria a Grado e deliberato un altro centro a Cormòns, che è prossimo all’avvio. È stata, inoltre, estesa la presenza dell’infermiere di comunità». Come in tutte le belle storie, non mancano i possibili ostacoli. «Molte dobbiamo scontrarci con le difficoltà nell’individuare il nuovo personale. Ci sono concorsi regionali e graduatorie e le Aziende sanitarie finiscono con il “rubarsi” vicendevolmente infermieri e medici perché i numeri, talvolta, non sono sufficienti». Pilati, infine, rivendica la risoluzione di una serie di problematiche in sospeso da tempo: il trasferimento del Csm nella nuova sede al Parco Basaglia, l’attivazione della Trombolisi, lo sviluppo del Nucleo per le gravi cerebrolesioni acquisite, trasferito al San Giovanni di Dio da Villa San Giusto e l’acquisto di una ultramoderna Tac. Senza dimenticare, annota ancora il direttore generale dell’Azienda sanitaria Bassa Friulana-Isontina, l’attivazione del Pronto soccorso odontoiatrico e del Piano di odontoiatria sociale con assunzione di due nuovi medici odontoiatri e l’incremento del personale medico di cardiologia, pneumologia, chirurgia. 9 Monfalcone, sulla sanità il Comune vota contro il Pal (Piccolo Gorizia-Monfalcone) «di Tiziana Carpinelli - Anna Cisint ha scelto di dire no. Forse non è un coup de théâtre, vista l’aria che da giorni tirava in municipio sul tema sanità, ma è ormai un dato di fatto che il Comune di Monfalcone ha deciso di votare contro il Pal, Piano attuativo locale dell’Aas 2 oggetto di discussione ieri sera all’assemblea dei sindaci. Del resto Cisint, già in sede di Autonomie locali, all’approvazione delle linee guida finanziarie aveva espresso perplessità, con un pollice verso. Le motivazioni sono sempre le stesse: «San Polo non può essere considerato un ospedale marginale, giacché serve il medesimo bacino di utenza di Pordenone. Per contro nella scelta tra hub e spoke il presidio monfalconese subisce una classificazione che lo porterà a diventare un “cronicario” in cui le specializzazioni non vengono valutate economicamente», osserva la prima cittadina. «A Telesca aggiunge - avevo chiesto di ragionare sul punto per riuscire a dare dignità economia a un bilancio che deve supportare le scelte di specialità e personale». Il secondo motivo per il quale Cisint ha deciso di porsi contro è che «anche in questo Pal si parla di riduzione di posti letto, in termini di rapporto tra letti e numero di abitanti», senza dunque considerare le peculiarità di Monfalcone, che ha sì un determinato numero di residenti, ma rileva importanti fenomeni migratori e ospita diverse industrie con importanti cifre di occupazione, proveniente anche da fuori. «Infine - sostiene Cisint ho appena appreso che con le stesse somme poste a bilancio per il Crua si dovrà anche supportare l’avvio dell’Ospizio marino. Si parla di 2,5 milioni e, per quanto saputo, 1,7 vanno a Grado». Le “briciole”, insomma, si dividerebbero tra il Centro per l’assistenza ai malati di asbestosi e mesoteliomi e le Terme romane. «Non è possibile - conclude il sindaco - essere presi in giro: il Pal non parla di utilizzo dei servizi ospedalieri, di cose che servono ai malati. E poi perché ancora non si ragiona qui dei Cap, ma nel documento si scrive solo che partono a Cormons e si “avvieranno” a Monfalcone? Cosa vuol dire? Dove sono i soldi?». E siccome ancora non è arrivata nessuna risposta circa l’incontro con l’assessore regionale alla Sanità Maria Sandra Telesca, organizzato dal capogruppo dem Diego Moretti, («eppure ho dato la disponibilità di alcune date»), né è giunta risposta in merito alla lettera recentemente inviata alla governatrice, l’amministrazione ha deciso di realizzare un Patto per la salute coi cittadini, sorta di manifesto contenente tutte le richieste inoltrate già a Debora Serracchiani per difendere la sanità locale. Il Comune invita «cittadini e associazioni a sottoscrivere la proposta a sostegno della riqualificazione dei servizi sanitari e sociali, per dare più forza all’azione che l’amministrazione sta portando avanti, per una partecipazione attiva alle scelte che riguardano il territorio». I moduli saranno a disposizione in municipio, all’Urp, in Biblioteca, al Centro anziani e all’Anagrafe 10 «Non c’è spazio per riaprire il Cie» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) La presidente della Regione, Debora Serracchiani, ha incontrato ieri a Udine il sindaco di Gradisca d’Isonzo, Linda Tomasinsing, assieme alla quale ha svolto un'analisi della situazione connessa alla presenza del Cara sul territorio. Il sindaco ha ricordato che la struttura, identificata nel 2006 dal ministero degli Interni, è sita in una zona residenziale cittadina e questo fatto ha inevitabilmente comportato nel tempo un notevole impatto sociale. «Le criticità - ha spiegato il sindaco - riguardano sia la gestione del centro d'accoglienza sia la popolazione». La struttura, infatti, è dimensionata per un numero di ospiti molto inferiore a quello attuale, cosicché lo stesso personale non è in grado di far fronte in modo adeguato alle esigenze di una civile accoglienza. La situazione appare complessa anche per la popolazione che vede acuiti il fenomeno della percezione d'insicurezza e i disagi derivanti da un'aumentata pressione sui servizi di pubblica utilità e sull'ambiente. In queste condizioni, ha sottolineato Tomasinsing, l'ipotesi di una riapertura del Cie è impraticabile. «Ho più volte espresso la posizione negativa della Regione sulla riapertura del Cie, che è chiarissima e - ha affermato Serracchiani - è stata ribadita anche dal Consiglio regionale. Pure la densità di richiedenti asilo a Gradisca è da troppo tempo oltre ogni limite di sostenibilità e richiede di essere riequilibrata: a un territorio così piccolo non si possono imporre numeri così grandi». «Lavoriamo proprio - ha sostenuto ancora Serracchiani - affinché il piano Minniti prenda in considerazione situazioni come la nostra, chiedendo che gli arrivi da terra siano conteggiati alla pari di quelli via mare, in modo che la nostra regione sia alleggerita nel suo complesso e, in particolare, zone particolari come Gradisca». «Siamo perfettamente consapevoli che in determinate condizioni, superato un certo limite, non è giusto né possibile chiedere di più ai nostri cittadini. E questo - ha concluso la presidente - è esattamente il caso di Gradisca d’Isonzo». Sindacati preoccupati per l’ex Provveditorato (M. Veneto Pordenone) «L’ex Provveditorato si svuota». L’allarme è al civico uno in via Concordia: i sindacalisti confederali di Pordenone sono preoccupati. «L’organico dell’ufficio caccia e pesca dell’ex Provincia è transitato nel corpo Forestale regionale – hanno ricordato –. Gli ex dipendenti della Provincia lasceranno il secondo piano? L’organico dell’ufficio scolastico al primo piano è ai minimi storici, con una decina di amministrativi e dirigenti. Non ci sono assunzioni e chi va in pensione non viene sostituito». Il subentro del palazzone dell’ex Provveditorato non è ancora stato deciso: entrerà nel patrimonio e gestione della Regione oppure sarà un immobile del Comune di Pordenone? Bocche cucite nell’ex Provincia dove il 31 marzo chiuderanno per sempre i faldoni sulla gestione del patrimonio scolastico: entro un mese e mezzo la Regione dovrà decidere. «Dispiace molto – dicono anche alcuni dirigenti nelle superiori di Pordenone – la fine annunciata di tanti servizi utili alla scuola». Il piano terra dell’ex Provveditorato è semivuoto da anni e salendo due rampe di scale si aprono gli uffici scolastici. «L’organico era di una cinquantina di funzionari e operatori negli anni Ottanta – ha ricordato il sindacalista Gianfranco Dall’Agnese – e si è ridotto all’osso dopo 30. Per risparmiare, ma le scuole funzionavano meglio quando c’era lo sportello del Provveditore a Pordenone». Nostalgie e dubbi. «Non dimentichiamo che nel 2011, per costruire la cella di sicurezza dell’ufficio caccia e pesca dell’ex Provincia è stato scippato lo spazio delle relazioni sindacali dell’istruzione – ha ricordato Dall’Agnese –. Lo sportello caccia e pesca aveva aperto i battenti con 20 operatori, due amministrativi, un dirigente e un forte investimento di danaro pubblico». Tutto da rifare e la cella sarà trasformata in archivio? Nel 2011 era stata costruita per i cacciatori di frodo colti con le mani nel sacco e un armadio-cassaforte per le carabine e armi. «Cento metri quadri a disposizione della polizia provinciale, con il garage interrato per il mezzo anfibio – rammenta Dall’Agnese che aveva protestato sei anni fa –. Docenti e studenti, genitori e bidelli vicini d’ufficio dei bracconieri in cella?». Invece, il condominio dell’ex Provveditorato non ha dato problemi di convivenza per sei anni, sui piani separati: il futuro resta tutto da indovinare. (c.b.) 11 Unicredit, confermati oltre 50 esuberi (Gazzettino Pordenone) Davide Lisetto - Unicredit, l'intesa nazionale raggiunta all'alba di sabato scorso dal vertice del gruppo bancario e il sindacato di categoria conferma la ricaduta del maxi-piano esuberi anche in provincia di Pordenone. Anzi, l'allungamento del periodo di copertura del fondo esuberi potrebbe ricomprendere oltre cinquanta dipendenti - tra il precedente piano e quello appena sottoscritto delle filiali nel Friuli occidentale. Conferma anche sulle chiusure di sportelli: in provincia le filiali da chiudere potrebbero essere o quattro o cinque. A fronte delle riduzioni il colosso del credito che in provincia occupa a oggi quasi duecento dipendenti assumerà - a livello nazionale le assunzioni previste sono 1.300, 600 le stabilizzazioni contrattuali - tra i quindici e i venti giovani. Probabilmente, secondo First-Cisl, l'assunzione avverrà attraverso l'apprendistato per poi trasformarsi in contratti a tempo indeterminato. Il piano-tagli viene quindi confermato: al Fondo esuberi potranno aderire i dipendenti che raggiungeranno i requisiti per la pensione entro la fine del 2023. Le uscite a scaglioni dei dipendenti in esubero dovrebbero scattare al termine del 2019: la copertura del Fondo arriverà fino a un massimo di 54 mesi. Il colosso bancario dovrà anche tagliare quattro o cinque filiali sul territorio del Friuli occidentale dove Unicredit conta venti sedi. Il maxi-piano nazionale dell'istituto di credito che prevede 3.900 esuberi. In provincia di Pordenone circa 35 esuberi fanno riferimento al precedente piano di ristrutturazione siglato nel febbraio del 2016: le uscite dei lavoratori avverranno entro il 2018. A questi si aggiungono più di venti addetti che rientrerebbero, invece, nel più recente piano che coprirà le uscite fino al 2023. Complessivamente sono 6.500 gli esuberi a livello internazionale. In Italia le nuove 3.900 eccedenze si aggiungono ad altri 5.600 esuberi del vecchio piano industriale per un totale di 9.400 tagli totali da qui al 2022. Il nuovo piano prevede inoltre la chiusura di ottocento filiali: in pratica Unicredit nel nostro Paese chiuderà una filiale su quattro. Il gruppo puntava a chiudere l'intesa entro i primi di febbraio: con l'intesa dell'altra notte i tempi sono stati rispettati. Lo scenario nel mondo bancario locale riflette il terremoto che si registra a livello nazionale e nel vicino Veneto. Oltre al caso Unicredit nel vovembre scorso FriulAdria Creédit Agricole ha avviato le procedure per una quarantina di esuberi. A queste due situazioni si aggiungono quelle legate al Monte Paschi di Siena (che a Pordenone conta una filiale) e alla vicenda che vede coinvolte nella possibile unificazione Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Tutte operazioni che potrebbero essere foriere di nuovi tagli anche nelle filiali locali. 12 Centrale Edison, risparmi fino al 30 per cento sull’energia (M. Veneto Udine) di Francesca Artico - L’Autorità per l’energia inserisce la centrale Edison di Torviscosa nelle Reti interne d’utenza (Riu) che apporterà alle aziende insediate e a quelle che si insedieranno una riduzione dei costi energetici pari al 25- 30%. E adesso a San Giorgio di Nogaro sperano che questo beneficio possa essere esteso anche alla zona industriale dell’Aussa Corno. Soddisfazione del sindaco Roberto Fasan per l’importante risultato ottenuto: «Ciò fa ben capire i vantaggi sui costi di produzione che le aziende attuali e le nuove che vorranno insediarsi a Torviscosa potranno avere – dice –. Sin dal 2010 questa amministrazione, a fianco delle aziende Spin-Bracco, Caffaro e Edison, ha iniziato il lungo percorso di stimolo e sollecitazione nei confronti dei Ministeri e della Regione su questo tema che è fondamentale per incentivare nuovi investimenti. Se questi risultati si sono concretizzati, un grande merito va dato alla presidente Debora Serracchiani che fin dall’inizio del suo mandato si è impegnata alla soluzione delle varie problematiche pendenti che necessitavano di un continuo e costante dialogo con il governo centrale». Ricordiamo che la centrale a cogenerazione con ciclo combinato della Edison, entrata in esercizio nel 2006, ha una potenza complessiva di 785 Mw. Come rimarca Fasan, la fine del 2016 ha visto importanti interventi della Regione e decisioni dei Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico sul futuro dello sviluppo e delle prospettive industriali dello storico sito produttivo di Torviscosa. Dopo la firma del Protocollo d’intesa per il risanamento ambientale del 2 dicembre (che porta in dote 40 milioni di euro) e il decreto di riperimetrazione con la variazione delle denominazione del Sin- Laguna di Grado e Marano (che ora si chiamerà Sin- Caffaro di Torviscosa), il 22 dicembre è stato pubblicato il decreto sulle Reti interne d’utenza. Questo importante atto dell’Autorità per l’energia (delibera 22 dicembre 2016 788/2016/R7eel) ha definitivamente incluso la centrale Edison di Torviscosa nel registro delle Riu con la motivazione: «...debba essere confermata l’inclusione nel registro delle Riu della rete sita nel Comune di Torviscosa identificata da Terna con il codice 714 e gestita da Edison spa in quanto rispettosa delle condizioni di cui all’articolo 33 della legge 99/90». «Il significato di tutto questo – afferma Fasan – sta nei benefici economici legati ai costi generali e di trasporto dell’energia consumata dalle attuali aziende allacciate e da quelle nuove che si vorranno insediare. Ad esempio, un’azienda allacciata a una Riu con il 100% dell’energia elettrica consumata, prodotta all’interno della Riu stessa (beneficio massimo), potrà avere costi energetici inferiori del 25-30% rispetto ai costi di mercato». 13