i. lo scenario di riferimento

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i. lo scenario di riferimento
PROVINCIA DI COSENZA
SETTORE PROGRAMMAZIONE E INTERNAZIONALIZZAZIONE
Linee guida tecnico-scientifiche
per la realizzazione di uno studio di alta qualità scientifica relativo alle dinamiche di spopolamento,
emarginazione e declino sociale ed economico dei contesti insediativi delle aree interne e montane nel territorio
della Provincia di Cosenza ed alla conseguente predisposizione di un Piano d’Azione in forma di Progetto
Integrato di Sviluppo, finalizzato alla definizione di politiche pubbliche orientate al contrasto e alla mitigazione
del fenomeno e degli effetti correlati, in coerenza con quanto previsto dal POR Calabria FESR 2007-2013
approvato con approvato con Decisione della Commissione Europea C(2007) 6322 7-12-2007.
Indice
I. LO SCENARIO DI RIFERIMENTO
1. Dinamiche demografiche emergenti nell’Unione Europea
2. Tendenze demografiche e spopolamento in Calabria
3. Effetti del fenomeno migratorio e delle dinamiche dello spopolamento
4. Politiche di governo
II. LINEE ORIENTATIVE
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I.
LO SCENARIO DI RIFERIMENTO
1.1 Dinamiche demografiche emergenti nell’Unione Europea
La “Quarta Relazione sulla coesione sociale ed economica” della Commissione Europea, la prima
pubblicata in seguito all’estensione del perimetro dell’Unione del 2004 e del 2007, indica con riferimento alla
situazione demografica che la popolazione europea è in aumento.
Tuttavia, il tasso di crescita naturale della popolazione pari a meno dello 0,1%, dimostra che il contributo
dell'immigrazione rappresenta la principale fonte di crescita demografica dell'Unione. Tra il 2000 e il 2005,
infatti, l'immigrazione ha contribuito alla crescita demografica per l'86%.
Nel periodo 2000-2005 gli Stati membri che hanno registrato il tasso di immigrazione netta (differenza tra
immigrazione ed emigrazione) più alto sono stati i tre paesi della coesione dell'Europa meridionale (Spagna,
Grecia e Portogallo) e l'Italia, ossia paesi in cui in passato l'immigrazione era stata relativamente scarsa.
L'immigrazione è stata anche il principale fattore responsabile della diversa crescita demografica nelle regioni
dell'Unione.
La causa principale dei flussi migratori tra le regioni sono in genere i fattori economici, quali disparità di
reddito e di occupazione. Tuttavia, anche i fattori non economici, come la qualità della vita e le attrattive
dell'ambiente, sembrano acquisire una crescente importanza.
Per quanto riguarda l'emigrazione, l’Italia meridionale registra un dato notevole (pari o superiore allo 0,2%
annuo), con un flusso migratorio in partenza dal sud meno prospero verso il nord più prospero.
Dalla tabelle sotto riportate emerge che oltre il 60% delle Regioni dell'Unione (pari al 72% della
popolazione) ha registrato un incremento della popolazione nel periodo 2000-2004.
In circa metà di esse, che comprendono la maggior parte delle regioni delle capitali e altre regioni ad alto
reddito degli Stati membri (come l'Italia nordorientale), l'aumento è stato generato sia dalla crescita naturale
della popolazione, sia dall'immigrazione netta.
In una regione su quattro (pari al 26% della popolazione comunitaria), il calo naturale è stato ampiamente
compensato dall'immigrazione netta (come nell’Italia settentrionale).
In un altro 8% delle regioni è avvenuto il contrario, vale a dire che la crescita naturale della popolazione è
stata superiore all'emigrazione netta (Italia meridionale compresa la Calabria).
Nonostante ciò la Calabria registra un dato sulla migrazione netta fortemente negativo tale da allinearla alle
regioni dell’est dove la situazione demografica risulta maggiormente critica.
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Fonte: “Quarta Relazione sulla coesione sociale ed economica”, Commissione Europea - Bruxelles 2007
1.2 Tendenze demografiche e spopolamento in Calabria
La regione si caratterizza per una tendenza di medio-lungo periodo alla riduzione della base demografica,
alimentata da saldi migratori negativi solo parzialmente compensati da saldi naturali positivi. Nel
quinquennio 2000-2005, la base demografica regionale ha registrato una flessione di 57.522 abitanti (-2,8%),
in controtendenza rispetto al +0,4% per il Mezzogiorno e 3,4% per l’Italia. La contrazione della popolazione
dipende soprattutto da un bilancio migratorio (differenza tra iscritti e cancellati dalle liste anagrafiche)
negativo: nel 2005, le persone che si sono trasferite fuori dalla regione superano i nuovi residenti di 2,5 unità
ogni mille abitanti. Nello stesso anno, il saldo naturale (differenza tra i nuovi nati e i decessi) per mille abitanti
resta, seppur di poco, positivo (0,1).
La riduzione complessiva della popolazione calabrese negli ultimi 10 anni (1991-2001) non ha interessato il
territorio regionale ma si è concentrata prevalentemente nelle aree montane (- 3,6%) e nelle zone collinari (3,3%). Dato confermato nella “Quarta relazione sulla coesione sociale ed economica” che ha registrato la
tendenza dominante nell'Italia meridionale ad una forte emigrazione dalle zone rurali. Il declino del numero
dei residenti è più marcato nei piccoli centri abitati localizzati nelle aree interne montane e collinari,in
quanto economicamente poco sviluppate e alle prese con uno spiccato deficit di dotazione di servizi alle
persone.
Secondo l’analisi proposta dal POR 2007-2013, i Comuni che rientrano nelle aree marginali o in declino
sono 108 e sono caratterizzati da avere una popolazione inferiore a 1.500 abitanti (anno 2004) e una
diminuzione di popolazione nel decennio 1991 – 2001 maggiore del 5%. La popolazione totale di questi
Comuni è pari a 103.431 abitanti (5,15% della popolazione regionale).
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A questi si aggiungono i comuni cosiddetti “duali”, caratterizzati da un territorio che si estende dalla dorsale
interna alle marine, che nel corso degli ultimi 50 anni hanno trasferito gran parte della popolazione dalle
aree interne alla costa.
1.3 Effetti del fenomeno migratorio e delle dinamiche di spopolamento
Il fenomeno dello spopolamento delle aree marginali e in declino del territorio rappresenta una realtà
allarmante, tale da essere avvertito come vero e proprio fattore di rischio che implica non poche conseguenze
negative quali: la perdita di identità culturale delle comunità locali, la perdita del valore patrimoniale locale,
l’abbandono delle attività tradizionali, la perdita di tradizioni irripetibili, il dissesto idrogeologico connesso
alla mancata cura del territorio per effetto dello spopolamento, la congestione nei grandi centri urbani e i
connessi problemi di degrado ambientale.
In effetti, la popolazione di un luogo, in particolar modo dei luoghi interni e delle aree montane, ne
rappresenta l’identità, la tipicità e l’espressione della storia di un territorio.
La perdita di popolazione rappresenta quindi, in sintesi, un grave rischio sotto tre principali punti di vista:
-
socio-culturale: il calo demografico in alcuni contesti territoriali periferici, caratterizzati da profonde radici
storiche e culturali, provoca la perdita di identità consolidate e di memoria, la disgregazione delle
comunità e della propria socialità, la scomparsa di valori ed il senso di smarrimento;
-
economico: l’economia della Calabria per millenni si è basata sulla produzione agricolo -artigianale svolta
proprio nelle aree che attualmente sono state definite marginali e in declino, attività le cui conoscenze
erano tramandate di generazione in generazione, svolte quindi sulla base di conoscenze empiriche.
Pertanto lo spopolamento rappresenta la perdita dell’opportunità di proseguire tali attività e
l’impossibilità di attuare processi di modernizzazione delle produzioni peculiari delle aree interne, con la
conseguente scomparsa di una notevole parte dell’economia locale;
-
fisico e geologico: l’abbandono del presidio del territorio implica la perdita di interesse sia da parte della
popolazione stessa rispetto alla corretta manutenzione del territorio, sia da parte delle pubbliche
istituzioni, con conseguente accentuazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico; inoltre, lo
spopolamento delle aree interne provoca il riversarsi della popolazione principalmente nei centri urbani,
con una conseguente forzata crescita dei centri urbani ed una pressione antropica e ambientale, con
effetti di crescente disorganizzazione di governo del territorio.
I costi connessi all’emarginazione delle aree in declino appaiono, quindi, di consistenza rilevante. Lo
spopolamento, oggi, deve essere inteso non solo come mero abbandono dei territori marginali, ma come una
ìarenza di risorse ed un forte limite a processi di qualificazione e sostenibilità territoriale.
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II.
LO SPOPOLAMENTO IN PROVINCIA DI COSENZA.
LINEE ORIENTATIVEPER LE POLITICHE PUBBLICHE DI
CONTRASTO E MITIGAZIONE DEL FENOMENO
E DEGLI EFFETTI CORRELATI
2.1 Obiettivi e output
Il fenomeno dello spopolamento rappresenta, spesso, l’inizio di una fase involutiva della popolazione, che
può comportare una progressiva e veloce alterazione della struttura demografica. Tale involuzione potrebbe
addirittura sfociare in una eventuale scomparsa dei comuni interessati. Il problema dell’abbandono dei centri
abitati, presente in molte regioni italiane e del Mediterraneo, in Calabria per una molteplicità di ragioni e di
episodi (invasioni, passaggi di popoli, catastrofi, ecc.) è stato molto più vasto, generalizzato e complesso che
altrove.
La Provincia di Cosenza, considerate le problematiche demografiche del territorio che risultano di tutta
evidenza ad un’analisi empirica di massima, intende realizzare uno Studio ed un Piano d’azione di alta
qualità scientifica sul fenomeno dello spopolamento delle aree marginali ed in declino del territorio, con
particolare riferimento alle aree interne e montane.
L’obiettivo di scenario che ci si propone consiste nel tracciare le linee d’azione per mettere in atto politiche
pubbliche efficaci nel contrasto delle dinamiche dello spopolamento in atto in alcuni contesti insediativi e
territoriali, nella mitigazione degli impatti sotto il profilo sociale, culturale ed economico, nella riduzione dei
fattori di espulsione della popolazione residente, nel potenziamento degli elementi e dei fattori di attrazione
territoriale.
La Convenzione di cui il presente Allegato è parte integrante e sostanziale identifica i seguenti obiettivi
operativi:
1. Studio del fenomeno dello spopolamento nelle aree marginali e in declino del territorio della Provincia di
Cosenza, con particolare riferimento alle zone montane.
2. Identificazione degli obiettivi specifici ed operativi, delle linee di intervento e delle azioni del Progetto
Integrato di Sviluppo “Contrasto allo Spopolamento delle Aree Interne e Periferiche del territorio della
Provincia di Cosenza”, con riferimento a quanto previsto dal POR Calabria FESR 2007-2013, nonché
di ogni altra misura o strumento programmatico e legislativo finalizzati ad arginare e contenere il
fenomeno dello spopolamento e gli effetti sociali ed economici conseguenti.
3. Messa a punto del modello per la realizzazione di un sistema di monitoraggio delle dinamiche dello
spopolamento e degli effetti delle azioni di contrasto che si vogliono attivare per valutarne l’effetto e
apportare i necessari interventi correttivi.
4. Preparazione di un evento di livello nazionale ed europeo sul tema oggetto della Convenzione.
La stessa Convenzione individua le attività da realizzare per il perseguimento degli obiettivi sopra richiamati:
a) attività conoscitive ed interpretative del fenomeno dello spopolamento e delle dinamiche correlate e/o
conseguenti su tutte le aree interessate nel territorio della Provincia di Cosenza;
b) approfondimento di dette attività conoscitive in una o più aree geografiche della Provincia che, per
caratteristiche associate al fenomeno dello spopolamento, si presentino come particolarmente
significative e adatte a fornire riferimenti utili per una strategia più generale di contenimento e
mitigazione del fenomeno e degli impatti ad esso riconducibili, oppure, in alternativa,
l’approfondimento, per tutto il territorio provinciale, di dette attività per un aspetto o categoria
particolarmente significativa (ad esempio, lo spopolamento dei nuclei rurali o la depauperazione del
tessuto sociale della montagna o ancora lo spopolamento degli insediamenti dell’immediato entroterra
costiero ionico e tirrenico, ecc.);
c)
definizione degli obiettivi specifici ed operativi, delle linee di intervento e delle misure concretamente
realizzabili ai fini del contenimento del fenomeno dello spopolamento e degli impatti ed effetti correlati
od a questo riconducibili, che dovranno essere organizzate in un quadro logico costruito con le
metodologie programmatorie più efficaci (ad esempio Project Cycle Management o simili) e restituite
sotto forma di un Progetto Integrato di Sviluppo “Contrasto allo Spopolamento delle Aree Interne e
Periferiche del territorio della Provincia di Cosenza” secondo le linee guida definite dal POR Calabria
FESR 2007-2013;
d) individuazione, all’interno del quadro logico del Progetto Integrato di cui sopra, di una matrice di
interventi rapidamente attivabili in funzione degli approfondimenti di cui al precedente punto b), che
possa configurarsi come “Progetto Pilota” a livello regionale;
e)
definizione dell’architettura e della struttura relazionale del modello di monitoraggio delle dinamiche
dello spopolamento e degli effetti delle azioni di contrasto che si vogliono attivare per valutarne l’effetto e
apportare i necessari interventi correttivi;
f)
il supporto, qualora le parti ne ravvisino la necessità o l’opportunità, per l’organizzazione di incontri,
forum tematici, workshop partecipativi che coinvolgano attivamente le comunità locali (cittadini,
stakeholder, istituzioni) nelle fasi di analisi e di definizione delle linee del Progetto Integrato di cui sopra;
g) assistenza tecnico-scientifica per la preparazione dell’evento di livello nazionale ed europeo.
La strategia che si intende perseguire può essere organizzata, sul piano tecnico, secondo due policy field:
A. La sistematizzzazione dei dati e delle informazioni in un Quadro Conoscitivo coerente alla scala
territoriale.
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B. La definizione di un quadro strategico di politiche pubbliche (Piano d’Azione/Progetto Integrato
di Sviluppo) indirizzate al contenimento, al contrastio (o, laddove possibile, all’inversione) delle
dinamiche di spopolamento, di impoverimento del tessuto economico-sociale, di progressiva
emarginazione delle aree interne e montane, nonché alla mitagazione degli effetti dei processi, in atto o
potenziali, sotto il profilo economico, sociale, culturale.
Più in dettaglio, la strategia verrà declinata sulla base dei seguenti obiettivi operativi ai quali corrispondono
diversi output:
1. Quadro Conoscitivo
Identificazione delle ragioni causali del fenomeno dello spopolamento, in atto o potenziale, nei
contesti insediativi e territoriali che, nel territorio della Provincia di Cosenza, presentano le situazioni
più critiche.
2. Piano d’Azione/Progetto Integrato di Sviluppo
a) Individuazione di un’agenda di criteri ed obiettivi verso cui orientare le politiche pubbliche per
conseguire la finalità generale prima definita (Agenda).
b) Definizione degli obiettivi operativi e delle linee di intervento per un Progetto Integrato di Sviluppo
finalizzato ad arginare e contenere il fenomeno dello spopolamento e gli effetti sociali ed
economici conseguenti, da costruire in coerenza con quanto previsto dal POR Calabria FESR
2007-2013;
c) Identificazione di un percorso, sostenibile sotto il profilo amministrativo, istituzionale e
gestionale, per la realizzazione di un Osservatorio delle Dinamiche Demografiche e Socio-Economiche delle
Aree Interne, finalizzato al monitoraggio delle dinamiche dello spopolamento ed alla valutazione
delle politiche;
d) Organizzazione di un Evento di risonanza nazionale ed europea sul tema oggetto della Convenzione;
e) Individuazione dei principi giuridici e del percorso istituzionale per la proposizione di un Testo
Legislativo che sistematizzi il corpus normativo in materia di governo delle aree interne e della
montagna e sia di riferimento per le politiche pubbliche orientate al contrasto ed alla mitigazione
dello spopolamento e dei fenomeni o effetti correlati.
Proprio la complessità del fenomeno - particolarmente evidente nella provincia di Cosenza nella quale si
manifestano situazioni molto eterogenee - e la conseguente complessità delle politiche, rende necessaria
l’integrazione di diversi approcci disciplinari e di diverse competenze di alto profilo scientifico. Pertanto,
perché la strategia prefigurata possa essere identificata sulla base di analisi ed interpretazioni
metodologicamente corrette, appare opportuno avvalersi di competenze disciplinari di alto profilo, che solo
un Comitato Scientifico composto da esperti di chiara fama e comprovata esperienza di studio nei riguardi
delle tematcihe da affrontare può garantire. Il Comitato opererà in stretta collaborazione con la Provincia
secondo le modalità stabilite nella Convenzione di cui il presente documento è parte integrante.
Per la sua complessità, il progetto consta di due parti, indipendenti per la etodologia ma complementari ed
integrate dal punto di vista tecnico e scientifico. La prima parte sarà condotta dal gruppo di ricerca
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“Antropologia ed Etnologia”, coordinato e diretto dal Prof. Vito Teti, e avrà come obiettivo quello di
esaminare gli aspetti storici, antropologici e sociali dei processi di spopolamento. La seconda parte sarà,
invece, condotta dal gruppo di ricerca “Demografia Territoriale”, coordinato e diretto dal Prof. Giuseppe De
Bartolo, e avrà come obiettivo quello di indagare gli aspetti demografici, economici e territoriali del
fenomeno. Le schede analitiche riportate a seguire (A per il gruppo “Antropologia ed Etnologia” e B per
quello “Demografia Territoriale”) indicano, nel dettaglio, obiettivi specifici, fonti di dati, metodi e fasi di
lavoro.
Pur seguendo impostazioni metodologiche proprie delle specifiche discipline e costituendo di fatto unità di
ricerca, i due gruppi lavoreranno in sinergia per produrre un quadro completo del processo di spopolamento
che colpisce alcuni centri della provincia cosentina consentendo, proprio attraverso l’integrazione dei diversi
approcci e dei diversi “punti di vista” scientifici, di coglierne tutti gli aspetti peculiari. Il lavoro di ricerca
realizzato costituirà, dunque, uno strumento fondamentale di conoscenza delle singole realtà territoriali, una
base informativa valida e completa su cui fondare azioni e programmi operativi di intervento volti alla
valorizzazione del territorio e, quindi, all’inversione (o perlomeno al rallentamento) dei processi di
spopolamento che lo interessano.
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SCHEDA A
LO SPOPOLAMENTO NELLA PROVINCIA DI COSENZA.
ASPETTI STORICI, ANTROPOLOGICI E SOCIALI.
Gruppo di Ricerca: Antropologia Etnologia
Dipartimento di Filologia
Centro di Antropologie e Letterature del Mediterraneo
Centro “Entroterre”
Università della Calabria
Coordinamento e responsabile scientifico:
Prof. Vito Teti
A1. Uno sguardo di lunga durata
Il fenomeno dello spopolamento delle aree interne, collinari e montane, con le sue innumerevoli implicazioni,
merita di essere indagato anche in una prospettiva storica e di lunga durata. In particolare, lo spopolamento
attuale merita di essere legato ai fenomeni di abbandono, spostamenti e ricostruzioni di siti che hanno
segnato anche la storia della provincia cosentina. Il fenomeno dell’abbandono, presente in molte regioni
italiane e del Mediterraneo, in Calabria per una molteplicità di ragioni e di episodi (invasioni, passaggi di
popoli, catastrofi, ecc.) è stato molto più vasto, generalizzato e complesso che altrove.
Accanto alle centinaia e centinaia di luoghi e città di cui si conosce l’abbandono nell’antichità, di centri e
paesi che vengono abbandonati dal medioevo ai nostri giorni, vi sono paesi del tutto scomparsi, sommersi di
cui non esiste traccia, non abbiamo memoria. Ogni tanto sul terreno, a seguito di scavi, a volte per caso, in
occasioni di lavorazione nelle campagne o di costruzioni di abitazioni, compare qualche rudere che dà non
poco da pensare. Dagli archivi e dai libri affiorano nomi di paesi di cui non si aveva notizia, che aprono
nuove piste per scoprire luoghi nascosti, rimossi, sotterranei. Alle città visibili, ai ruderi, alle rovine, ai luoghi
senza segni apparenti di storia e di vita corrispondono molto spesso città sotterranee non sempre visibili, non
ancora emerse, ancora sepolte, frammenti, schegge, resti e memorie di universi sommersi.
Il territorio calabrese si presenta nella “lunga durata”, con fasi alterne, con continuità e rotture, come un
“testo”, un “libro”, che pur mantenendo lo stesso formato e le stesse dimensioni, racconta sempre storie
diverse. Le sue pagine sono ora bianche ora segnate, a volte spostate, colorate, sbiadite, cancellate, rinnovate,
rifatte. C’è un continuo “rimpaginamento dei luoghi” e non c’è pagina, forse riga, che non sia scritta. Ancora
oggi il libro conosce riscritture, nuove cancellazioni (si pensi ai paesi in abbandono e in via di spopolamento)
e nuove scritture (si pensi ai centri che sorgono lungo le coste).
Si potrebbe scrivere una storia, un’antropologia, un romanzo della Calabria a partire dalla geografia dei
paesi morti a seguito di spostamenti per ragioni economico-produttive, catastrofi naturali (oltre ai terremoti,
le invasioni, i lunghi periodi di siccità, le carestie e la difficoltà di reperire acqua potabile; le alluvioni rovinose
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e le frane) e di eventi voluti o subiti dalle popolazioni (disboscamenti inconsulti, discesa degli abitanti dei
paesi dell’interno verso le marine e conseguente costruzione di paesi doppi lungo le coste, grande esodo e
costruzione di comunità doppie in un altrove lontano) che spesso hanno interagito per costruire l’immagine e
la realtà di una terra mobile, mobilissima, sempre in “fuga da se stessa”, come ha scritto Corrado Alvaro,
precaria, provvisoria, incompiuta.
Il territorio della provincia cosentina conosce numerose vicende di abbandono a partire dall’epoca medievale
(soprattutto in epoca angioina) e poi in epoca moderna. Fenomeni di spopolamento si registrano a partire
dalla fine dell’Ottocento a causa del grande esodo e poi della discesa lungo le coste o le pianure un tempo
malariche. La nuova ondata emigratoria (anni Cinquanta), i gravi fenomeni di dissesto idrogeologico, la
discesa lungo le pianure e le nuove vie di comunicazione sono cause dello spopolamento delle aree interne
della provincia cosentina. Cavallerizzo è un caso emblematico di abbandono e di spopolamento delle zone
interne cosentine.
Lo spopolamento è un fenomeno che ha riguardato e riguarda altre zone della Calabria, d’Italia e del
Mediterraneo. Situazioni di spopolamento (soprattutto delle aree interne e collinari) sono segnalate in regioni
come la Liguria, la Lombardia, il Veneto, il Friuli, nell’Appennino dell’Italia Centrale, nelle regioni del
Mezzogiorno continentale e anche nelle isole.
A2. Le cause dell’abbandono e dello spopolamento nel passato
Le cause prime, scatenanti - ma spesso non esistono cause prime e bisogna parlare di concause dell’abbandono sono le più varie e vanno indagate caso per caso e nei differenti periodi storici. Esse possono
essere imputate all’azione della natura, a catastrofi naturali e all’azione (alla distruzione) dell’uomo. Da
questa duplice forma di distruzione si origina, anche con riferimento all’azione del tempo, in epoca moderna,
un diverso senso delle rovine (si pensi a Chateaubriand). Nell’uno o nell’altro caso l’abbandono non è
scontato, la scelta dell’uomo è decisiva. Le motivazioni possono essere le più diverse. Klapisch-Zuber ricorda
come in definitiva quando il terreno è buono, favorevole alla produzione, e non esiste un’altra regione di
carattere generale, cause come la distruzione, le epidemie, la peste, le inondazioni, le frane, i terremoti
raramente impediscono la ricostruzione del villaggio. Più che la distruzione, allo storico, «interessa la
reazione della comunità a quella distruzione: fuga seguita da un immediato ritorno sulle rovine, dispersione
sulle terre circostanti o in località vicine, emigrazione in massa in un altro territorio, raggruppamento sullo
stesso sito, ma in luogo un po’ discosto» (Klapisch-Zuber 1973, pp. 315-316).
Aggiungerei come allo storico, all’antropologo, allo studioso dei luoghi interessa molto capire come il
sentimento e la percezione dei luoghi agiscano sulla scelta dell’abbandono e come le motivazioni, consapevoli
o meno, esplicite o implicite, condivise o meno, siano dettate spesso da aspettative, desideri, interessi diversi
da ragioni di sicurezza o di reale stabilità del sito. Molti abbandoni di paesi a seguito dell’alluvione dei primi
anni cinquanta e degli anni settanta del Novecento sono dovute non già a ragione di reale pericolo, ma a
spinte e a pressioni di famiglie benestanti e di gruppi dominanti, a interessi di alcune persone, a processi già
avviati, alla voglia di spostarsi e alla speranza di migliorare le proprie condizioni di vita. Con l’alluvione del
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‘51 si sono svuotati molti abitati, dove il disastro non era stato così devastante, altri abitati hanno mantenuto
un certo numero di persone, magari si spostano lentamente.
Altri paesi vicini e che subiscono danni più gravi non vengono abbandonati o conoscono forme di fuga non
generalizzata e non definitiva. Bisogna prendere in considerazione una sorta di contagio che si verifica in
presenza di una fuga. C’è un effetto trascinamento. Come nelle catene emigratorie. Non si vuole restare
indietro. Il paese si vive paradossalmente proprio come un unico corpo nel momento in cui vuole spostarsi.
Preferisce trasferirsi intatto in un altro luogo, anziché separarsi. E’ qualcosa di istintivo. E d’altra parte spesso
la permanenza e l’attaccamento al luogo avvengono anche in presenza di pericoli reali. E’ nota la difficoltà
ad evacuare gli abitati in circostanze catastrofiche quando le persone non vogliono spostarsi. ’abbandono è
frutto di compromessi, di mediazioni, di illusioni, di discussioni. L’abbandono e la permanenza (in anni
recenti) siano accompagnati da contrasti, discussioni, lacerazioni, risentimenti che segneranno la vita della
nuova comunità.
L’abbandono, in definitiva, avviene non quando un posto è realmente inabitabile, ma quando è considerato
inabitabile, invivibile. Esso ha avuto quasi sempre delle ragioni pratiche, o percepite come tali, ma quasi
sempre ha comportato fatica, ha avuto bisogno di elaborazioni del distacco, come avviene in presenza di un
lutto. L’abbandono ha bisogno di motivazioni che lo rendano accettabile. Ha bisogno di racconti che lo
rendano inevitabile, come nel caso di terribili catastrofi. E quasi sempre ha sempre una fondazione mitica.
Ha una sua sacralità. Come la costruzione dei luoghi. Anche l’abbandono e la distruzione hanno un
fondamento mitico, in qualche modo vedono l’intervento di una divinità adirata o adombrata. I miti
dell’abbandono quasi giustificano l’abbandono che non poteva non essere compiuto. Legittimano a se stessi e
agli altri una necessità o anche una scelta. All’origine dell’abbandono, ma anche delle catastrofi, c’è spesso
una potente maledizione rispetto a cui le divinità restano impotenti, o indifferenti.
Anche l’abbandono dovuto all’emigrazione, del resto, assume contorni mitici. Appare attribuito a una sorta
di maledizione superiore. Nei canti popolari e nelle tradizioni orali che si riferiscono al primo grande esodo
Cristofero Colombo e Napoli, il luogo della partenza, vengono maledetti come responsabili della partenza e
della fuga, vissute inizialmente come condanna, come perdizione, e come rovina che colpisce i paesi, le
famigli e le persone. Cristoforo Colombo viene vissuto e percepito come una sorta di eroe negativo, di figura
distruttrice. I paesi prima di essere abbandonati dagli uomini vengono abbandonati dalle divinità. Qualche
decennio dopo, a inizio Novecento, Cristoforo Colombo diventerà l’ eroe fondatore dei nuovi abitati, dei
nuovi quartieri costruiti dagli americani. Molte vie vengono intestate a lui. Diventa una sorta di santo, quasi
da portare in processione (dice qualche osservatore), del paese che si è rinnovato e ha trovato una nuova vita.
A3. Aspetti antropologici dell’abbandono e della fondazione di nuovi siti
C’è nel sottofondo della memoria e della psicologia delle persone una storia di abbandoni, la paura e il
terrore, il desiderio e la speranza di abbandonare il luogo. L’intento di queste pagine non è certo quello di
ricostruire la storia, le modalità, e la geografia dell’abbandono dall’antichità ai nostri giorni, nemmeno quello
di seguire la storia degli insediamenti abitativi, la nascita di nuovi centri, lo spostamento degli abitati. Più
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semplicemente mi limito a segnalare come questi fenomeni (sempre più al centro di puntuale indagini e
ricognizioni di storici, geografi, studiosi del territorio e del paesaggio, archeologi, ecc.) abbiano concorso alla
costruzione di una peculiare mentalità delle popolazioni che nell’abbandono scorgono non già un evento
eccezionale, ma un evento sempre possibile, quasi un fatto inevitabile, comunque un’esperienza nota.
Ognuno di noi, intendo ogni persona nata e cresciuta in Calabria, ha una grande familiarità con luoghi nei
quali le storie di abbandono e di nuove costruzioni sono ricorrenti. Questo senso dell’abbandono, questa
consuetudine continuo “rimpastare” e “rimpaginare” i luoghi hanno segnato la cultura e la mentalità delle
popolazioni. In questo senso è pensabile la scrittura di una sorta di geo-antropologia dell’abbandono.
L’abbandono è la testimonianza, talora drammatica e vistosa, altre volte lieve e nemmeno documentata, di
quella fuga che costituisce un tratto decisivo dell’antropologia del calabrese. L’abbandono, immediato e
repentino come nel caso di una catastrofe, o uno spostamento lento e meditato, talvolta sofferto e contrastato,
legato a processi di mobilità economica, produttiva, sociale, si traduce spesso in fuga collettiva, in chiusura di
un intero paese. Anche in questo caso la fuga è compiuta con sentimenti ambivalenti, con dolore e con senso
di necessità, con valutazioni le più varie, con posizioni diversificate. Non si rinuncia a cuor leggero, in
maniera frettolosa, al centro, alla casa, alla chiesa, al cimitero, al luogo della propria vita e della propria
storia.
L’abbandono è fine di una paese e in genere nascita di un altro, di solito, in un posto non molto lontano,
almeno geograficamente. Con l’emigrazione, l’abbandono diventa dissoluzione e dispersione in mille luoghi.
Ogni mito o ogni storia di costruzione di una paese è accompagnato, quasi sempre, da un mito o da una
storia di abbandono di un precedente paese. Lo vedremo in molti itinerari di questo libro: il mito di
fondazione è spesso un mito di abbandono. E’ il vero punto a quo. L’inizio di un luogo è legato spesso alla
fine di un altro.
Narrazione dell’abbandono e narrazione della fondazione coincidono. Molti paesi calabresi sono più famosi
per il mito e le storie del precedente abbandono che per il mito della loro fondazione. Spesso il mito di
fondazione è semplicemente un mito di abbandono. Le rovine - anche quando presentano una somiglianza
estetica e formale, anche quando sono il risultato di analoghe vicende storiche o di catastrofi della natura –
hanno una loro unicità e irripetibilità. Diversa è non solo la percezione delle rovine, il loro senso, ma anche
la loro collocazione, la loro storia. Lo stesso possiamo dire per gli abbandoni. Quelli variamente
documentabili e documentati in epoca moderna e contemporanea, pure esito di vicende catastrofiche e di
processi economici e culturali analoghi, presentano una loro peculiarità.
A4. La fine del paese presepe e le trasformazioni del paesaggio
Fin dal medioevo, dal periodo bizantino, la vita delle popolazioni si è svolta all’interno, nei paesi poggiati alle
colline, alle rupi, alle rocce, a un’altitudine che va, in genere, dai duecento ai settecento metri: né troppo in
alto né troppo in basso, nell’incontro quasi ideale tra montagna e marine, in luoghi che si affacciano su
vallate e orizzonti marini, da dove era possibile raggiungere, spesso attraverso vie naturali, le zone
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dell’agricoltura e della pastorizia. Il mare, nel passato, ha costituito un’immensità onnipresente, l’orizzonte, il
“deserto”, una minaccia per gli abitanti dell’interno.
L’arroccamento, interpretato come scelta difensiva (dalle invasioni arabe, prima, e “turchesche”, dopo, e
dalla malaria), ha avuto in realtà, fin dall’epoca protostorica, una sua ragione legata all’economia e alla
produzione. Il popolamento delle zone collinari e montane è cominciato prima dell’arrivo dei coloni greci.
L’orto e le campagne vicine all’abitato hanno costituito una continuità spaziale, economica e culturale con le
rughe e l’abitato. Le abitazioni erano lontane dall’abitato, temporanee, legate a particolari attività agricole o
a lavori di vigilanza. I contadini tornavano sempre al loro masuni (da maison), a la casa nei piccoli e talora
piccolissimi abitati sparsi nella regione. Il paesaggio rurale, le campagne, gli orti erano sistemi produttivi, ma
anche abitativi e culturali. Erano pieni di fatica e anche di vita. Non c’era “fazzoletto” di terra che non fosse
coltivato, pezzo di bosco che non venisse conosciuto, percorso. La toponomastica popolare ha diecine di
denominazioni per sottozone che le mappe ufficiali indicano con un solo nome.
La chiesa o le chiese, gli spazi antistanti o circostanti la piazza erano situati in una posizione centrale, in una
zona alta o particolarmente significativa per la storia della comunità e costituivano un punto di riferimento
sociale, culturale, mentale delle popolazioni. La ruga (un discorso a parte andrebbe fatto per la gjitonia dei
centri calabro-albanesi) era un luogo antropologico che raccoglieva famiglie gravitanti nella stessa area e che
spesso svolgevano la stessa attività o lo stesso mestiere. La letteratura sulla centralità della casa nei paesi
presepe è molto vasta. Sarebbe interessante, a partire dalla metafora del paese come corpo, ripensare gli
spazi come parti vitali. La Calabria è cambiata in maniera profonda negli ultimi decenni. Non è una
considerazione nostalgica: è una verità da accogliere, elaborare e affrontare con sentimenti diversi. Qualcosa
di inedito si è verificato nel territorio, nell’organizzazione dello spazio, nel rapporto tra zone interne e zone
marine, nell’antropologia delle popolazioni.
Già negli anni cinquanta del Novecento il progressivo abbandono dei paesi dell’interno andava assumendo
caratteri da “fine del mondo”, con la cancellazione del tradizionale assetto del territorio, di culture e di
mentalità secolari. La fondazione dei doppi lungo le marine e all’estero, con tante persone che tornavano nel
periodo estivo e intrattenevano forti legami con il paese d’origine, non avevano fatto presagire la portata e
l’entità dell’abbandono. A distanza di cinquant’anni il quadro della dilatazione e deterritorializzazione, del
trasferimento e del rimpaginamento dei luoghi si è abbastanza precisato.
Lo spazio paese odierno, nonostante le molteplici trasformazioni, ha ancora una sua conoscibilità. Quello che
è mutato profondamente è il senso del paese, il modo di percepirlo da parte dei suoi abitanti. Quello che è
cambiato è il luogo paese: il tipo di relazione e di legami che in esso stabiliscono i suoi abitanti, il loro
rapporto con il passato e con il mondo esterno, la maniera di vivere il paesaggio, la campagna, gli spazi
urbani. Il territorio circostante si presenta a volte come un deserto. E’ stato reso un deserto dai nuovi tempi e
dalle nuove forme di vita, dalla nuova organizzazione produttiva, dalla televisione, dai nuovi giochi. Ma
anche dal fatto che quello che ieri era troppo “pieno” oggi è diventato “vuoto”: una sorta di deserto: non un
“non luogo” storico, ma un “non luogo” di riporto, inventato di recente. E’ scomparsa la pratica di collocare
il paesaggio «in una profondità di spazio e di tempo, in una profondità di relazione all’altro e in uno spessore
di senso» (Quaini 2006). Quello che ieri ai locali e ai forestieri appariva “troppo pieno”, il paese dell’interno
14
pieno di uomini e animali - le immagini dei tuguri dove decine di persone vivevano insieme alle bestie sono
ricorrenti in tanta letteratura - oggi è diventato praticamente vuoto, “vacanti”. Anche comunità ancora
popolate hanno al loro interno una parte disabitata, case vuote, “rughe morte”, che li trasformano, talora, in
luoghi inquietanti e perturbanti, sospesi, quasi nell’attesa del peggio.
Nei paesi dell’interno vengono, quasi quotidianamente, chiuse scuole, uffici postali, ospedali, presidii delle
forze dell’ordine. Anche tanti centri lungo la costa, di recente popolamento, si presentano con una zona
vuota, disabitata, spesso in rovina. Nei tanti paesi dell’interno, spesso quando muore una persona anziana o
sola non si chiude solo una storia, si chiudono le “storie”, si chiude un’epoca, si chiude una casa, si estingue
una famiglia, talvolta scompare un cognome. La vita e la cultura del vicolo sono finite da decenni, ma adesso
il vicolo, la ruga, diventano degli angoli bui, dei territori vuoti anche all’interno di paesi abitati. I mesi
invernali sono quelli che fanno sentire di più una sorta di rischio chiusura dell’abitato, comunque di
stravolgimento degli spazi tradizionali. Il vuoto spaziale dà origine a una sorta di zona di nessuno, a una
specie di linea di confine, poco conosciuta e poco frequentata, evitata. I paesi in abbandono, con spazi deserti
e vuoti, sono spesso senza più centro, senza piazza, senza bar, senza più rapporti, senza più punti di
riferimento, con paesaggi urbani stravolti.
Le zone interne e la montagna sono state contemporaneamente sguarnite e ferite. La campagna non è più
luogo produttivo e di frequentazione, non è il luogo dei giochi dei bambini, spesso è soltanto un deserto,
un’area incolta. Il paese compatto, con le case abbracciate come le pecore di una mandria, si è slabbrato,
riposizionato, dilatato, deterrioralizzato in altri luoghi della regione o fuori di esse. E’ diventato un luogo
aperto, dai confini territoriali (conseguentemente dai rapporti sociali) aperti, sfumati, precari, incompiuti. A
questo svuotamento è però, paradossalmente, corrisposto un riempimento, a volte devastante, inutile, che ha
modificato tutto il paesaggio calabrese, ferendolo a volte in maniera irreversibile.
La Calabria è una delle regione con il maggior numero di abitazioni abbandonate e nello stesso tempo il
luogo dove più si sono costruite case nuove, che spesso restano vuote, anche nel periodo estivo. La
devastazione delle coste, le case palafitte piantate nell’acqua, gli ecomostri che hanno ferito marine, colline e
montagne, le tante cementificazioni incompiute sono soltanto i segni più inquietanti di una pulsione che, per
ragione diverse, ha colpito tutti i calabresi ad abbandonare, a costruire, a ricostruire, a devastare, a creare
opere incompiute. Negli ultimi tempi si assiste però a molte iniziative (economiche, culturali, identitarie) che
tentano di arginare il fenomeno dello spopolamento. Si tratta di indagare anche in questa direzione.
A5. Ricerca e metodologia della ricerca
È possibile individuare le seguenti fasi di lavoro e relative metodologie che saranno utilizzate:
Si ritiene utile fare una rapida carrellata storica sul fenomeno dell’abbandono, dello spopolamento, degli
spostamenti di abitati, della creazione di nuovi insediamenti in tutta la provincia di Cosenza. Uno o due
ricercatori dovrebbero essere impegnati in ricerche di archivio o nella rilettura delle fonti scritte per meglio
cogliere le dimensioni di un fenomeno che affonda l’origine nel passato.
15
E’ fondamentale studiare, in un’ottica comparativa, dei casi di spopolamento anche fuori dalla provincia e
dalla regione. Si possono immaginare esplorazioni in aree del Trentino, del Piemonte, della Spagna. E’
necessario acquisire la letteratura sull’argomento, studiare i siti prodotti nelle diverse aree, stabilire un
collegamento con Centri Studi (come quello dell’Aragona e del Trentino) che si occupano di spopolamento.
Questo anche in vista dell’organizzazione di un Convegno in cui l’esperienza cosentina venga messa in
rapporto con altri casi.
E’ necessario fare una ricognizione d’insieme nelle diverse aree interne della Calabria e poi puntare su
un’area particolarmente significativa, da assumere come “modello” sia per la riflessione sia per elaborare
proposte di “rinascita” e di “rivitalizzazione”.
La ricerca sul campo, l’etnografia, nell’area individuata come modello prevede una lunga permanenza
dell’equipe di ricerca al fine di indagare:
a) le ragioni oggettive dello spopolamento
b) le ragioni soggettive e locali degli spostamenti
c) le conseguenze antropologiche, psicologiche, mentali dello spopolamento
d) sentimenti di fiducia e di speranza nella possibilità della rinascita
e) la dinamiche tra “partiti” e “rimasti”
f)
le occasioni di ritorno di coloro che sono partiti - riti, feste, cerimoniali tradizionali e di recente
invenzione
g) lo stato d’animo, la percezione, l’immaginario delle persone
h) le iniziative avviate a livello locale dai diversi soggetti per arrestare lo spopolamento
i)
interventi dei locali tendenti a produrre culture, economie, aggregazioni
j)
le motivazioni a partire, a restare, a tornare
k) storie di vita e biografia di soggetti rappresentativi delle comunità
l)
le nuove forme di socializzazione
m) il rapporto con le comunità vicine, con il mondo esterno, con le comunità di emigrati
E’ necessario registrare, filmare, documentare visivamente le diverse situazioni in cui vengono colti gli
abitanti delle comunità e anche le manifestazioni pubbliche e private. Si può pensare alla raccoltaproduzione di materiali che potrebbero costituire il primo nucleo materiale di un “Osservatorio Permanente
sullo Spopolamento”, un centro di documentazione, studi, ricerche, riflessioni, proposte sul fenomeno. I
materiali raccolti saranno oggetto di analisi e di interpretazione. Si tenterà di inserirli in un quadro
interpretativo attendibile. E’ auspicabile che emergano possibili linee di intervento a livello culturale.
Bibliografia
Per la bibliografia antropologica e storica sull’argomento si rinvia a V. Teti, Il senso dei luoghi, Roma,
Donzelli, 2004.
Si consiglia anche la lettura dei saggi contenuti nella rivista “Spola”, n. 2, dedicata ai “Paesi”. Altri
titoli verranno suggeriti e forniti in corso di opera.
16
SCHEDA B
LO SPOPOLAMENTO NELLA PROVINCIA DI COSENZA.
ASPETTI DEMOGRAFICI, ECONOMICI E TERRITORIALI.
Gruppo di Ricerca: Demografia territoriale
Dipartimento di Economia e Statistica
Università della Calabria
Coordinatore e responsabile scientifico*
Prof. Giuseppe De Bartolo
B1. Premessa
Il fenomeno dello spopolamento rappresenta, spesso, l’inizio di una fase involutiva della popolazione, che
può comportare una progressiva e veloce alterazione della struttura demografica. Tale involuzione potrebbe
addirittura sfociare in una eventuale scomparsa dei comuni interessati.
La Calabria ha subito negli ultimi anni una diminuzione della popolazione registrando un tasso di
incremento pari a -2,87 per mille nel decennio 1991-2001. Tale declino si inserisce in un processo più ampio
che riguarda tutte le popolazioni a sviluppo avanzato che hanno già concluso il processo di Transizione
Demografica1, e che ha come caratteristica principale l’invecchiamento della popolazione. L’evoluzione
demografica calabrese è caratterizzata, oltre che dal declino numerico, anche da una intensa redistribuzione
territoriale della popolazione, il cui tratto peculiare è il progressivo spopolamento delle zone montane a
favore delle aree urbane.
L’obiettivo della ricerca è di valutare il processo di spopolamento avviatosi a partire dal secondo dopoguerra
nei comuni della provincia di Cosenza, attraverso una puntuale analisi socio-demografica che prenda in
considerazione tutti i fattori che possono avere influito, in positivo o in negativo, sul fenomeno.
*
Hanno collaborato alla stesura di questa parte del progetto le dottoresse di ricerca Erika Calabrese, Angela Coscarelli e
Manuela Stranges
1
La “Transizione Demografica” è un modello che descrive il passaggio delle popolazioni da una condizione di
equilibrio a livelli alti di natalità e mortalità, ad una condizione di equilibrio a livelli bassi dei medesimi indicatori. In
mezzo vi è una fase di squilibrio, quella transizionale appunto, nella quale la popolazione cresce a causa dello scarto
esistente tra la natalità, che resta relativamente alta, e la mortalità che, invece, si riduce in ragione dei progressi medicoscientifici.
Si ritiene che ciascuna popolazione attraversi le varie fasi della Transizione Demografica quando si evolve, come ci
spiega M. Natale, “passando da una condizione di tipo premoderno (rurale, agricola, analfabeta) ad una molto più
avanzata (urbanizzata, industrializzata, scolarizzata).” (Natale M., 1990, pag. 45).
17
B2. Dati e metodi
Lo spopolamento è un fenomeno complesso poiché è influenzato sia da fattori direttamente osservabili, e
quindi di facile misurazione, sia da altri fattori “latenti” per i quali è necessaria la costruzione di specifici
indicatori. Per ciascun comune della provincia cosentina, tali indicatori mirano a cogliere i seguenti aspetti:
le caratteristiche geografiche del territorio quali la zona altimetrica estesa, la superficie comunale, la
distanza dal comune capoluogo, le aree agricole, ecc.;
la distribuzione spaziale della popolazione: densità abitativa, ripartizione dei comuni per classi
d’ampiezza, popolazione residente in centri abitati, nuclei abitati e case sparse, fenomeni di
concentrazione e dispersione territoriale;
gli aspetti demografici delle singole unità territoriali, in particolare lo stato e le dinamiche naturali e
migratorie (tassi di incremento naturale, migratorio e totale);
la struttura demografica per età e sesso della popolazione (composizione percentuale, indici di struttura,
rapporto di mascolinità, ecc.) anche allo scopo di valutarne il grado di invecchiamento;
le caratteristiche delle famiglie cosentine (ampiezza media, composizione, tipologia del nucleo familiare,
famiglie con componenti stranieri, ecc.);
la dotazione abitativa: abitazioni vuote e occupate, superficie media delle abitazioni, numero di stanze,
titolo di godimento, epoca di costruzione, ecc.
il livello di istruzione e qualificazione della popolazione: distribuzione della popolazione per titolo di
studio, indici di non conseguimento della scuola dell’obbligo, indici di possesso del diploma di scuola
media superiore, incidenza dell’analfabetismo, ecc.;
le dinamiche del mercato del lavoro (tassi totali e giovanili di attività, occupazione e disoccupazione
distinti per sesso e per età, occupazione per settore di attività, distribuzione per posizione nella
professione, ecc.);
il tessuto imprenditoriale del territorio (numero di imprese per settore di attività e per numero di addetti,
tipologie di imprese, ecc.).
A partire dagli indicatori individuati sarà preventivamente realizzata un’analisi statistico-descrittiva del
fenomeno oggetto di studio al fine di cogliere le analogie e le differenze tra i comuni esaminati.
In particolare, per quanto attiene la distribuzione spaziale della popolazione, elemento fondamentale nel
definire il livello di spopolamento, saranno costruiti e analizzati alcuni indici in grado di fornire indicazioni
puntuali sulle dinamiche insediative della popolazione. La tabella 1 che segue riporta alcuni di questi
indicatori che saranno calcolati sia a livello di singolo comune, sia a livello provinciale complessivo (e in tale
caso l’unità territoriale di riferimento per la costruzione dei rapporti sarà la regione).
18
Tabella 1. Alcuni indicatori di distribuzione spaziale della popolazione
Indicatore e unità
di misura (in
parentesi)
Livello di
dettaglio
territoriale
Formula
Utilità dell’indicatore
Densità territoriale
(ab/km2)
Comunale
Provinciale
Dens = Ptot Km
Indice di
variazione di
densità (%)
Comunale
Provinciale
I ∆dens = Denst + n Denst
Indice di
urbanizzazione
(%)
Comunale
Provinciale
I urb = ∑ Pca
Indice di
concentrazione
urbana (%)
Comunale
Provinciale
I conc _ urb = max{Pca }
Coefficiente di
composizione
demografica dei
centri urbani (%)
Comunale
Provinciale
C comp _ dem = (∑ Pca − max{Pca }) max{Pca }
Coefficiente di
dispersione della
popolazione (%)
Comunale
Provinciale
C disp _ pop = ( ∑ Pna + ∑ Pcs ) Ptot
2
∑P
tot
∑P
tot
Tale indicatore rappresenta il
primo parametro rispetto al
quale le aree osservate
possono essere comparate.
Tale indicatore rappresenta un
tasso di variazione della
densità
di
popolazione
residente in un determinato
periodo di tempo (ad esempio
gli intervalli intercensuari dal
secondo dopoguerra ad oggi).
Tale
indicatore
fornisce
informazioni sulla tendenza
sulla tendenza (in caso di
valori elevati) o meno (in caso
di valori bassi) di un territorio
verso un modello residenziale
di tipo urbano.
Tale indicatore fornisce una
misura
più
netta
della
concentrazione
della
popolazione, consentendo di
valutare il livello di attrazione
del centro abitato principale.
L’indicatore
permette
di
valutare la distribuzione della
popolazione in relazione alla
consistenza dei centri abitati
minori
presenti
in
un
determinato
territorio
fornendo, quindi, informazioni
riguardanti la diffusione degli
insediamenti.
L’indicatore
misura
la
consistenza dei nuclei abitati e
delle case sparse rispetto alla
popolosità
generale
del
comune. Risulta utile per
valutare la tipologia di
insediamento
urbano
del
territorio, in particolare nel
caratterizzarne la matrice
prettamente urbana piuttosto
che rurale.
Legenda
Ca = centri abitati
Na = nuclei abitati
Cs = case sparse
Pca = popolazione di ciascun comune (o dell’intera provincia) residente nei centri abitati
Pna = popolazione di ciascun comune (o dell’intera provincia) residente nei nuclei abitati
Pcs = popolazione di ciascun comune (o dell’intera provincia) residente nelle case sparse
Ptot = popolazione totale del comune (o dell’intera provincia)
I risultati dell’analisi statistico-descrittiva sugli indicatori appena presentati relativi alla distribuzione spaziale
della popolazione, e sugli altri indicatori di carattere demografico, sociale ed economico individuati nel corso
della ricerca, costituiranno il punto di partenza per la costruzione di un “Indice Sintetico di Spopolamento”
da utilizzare per la classificazione dei comuni per grado d’intensità del fenomeno. Le metodologie per la
messa a punto dell’indicatore saranno determinate sulla base dei risultati ottenuti in relazione ai singoli
indicatori: una tecnica largamente utilizzata, ad esempio nella costruzione degli indici di sviluppo umano e
19
povertà umana elaborati dalle Nazioni Unite è quella della media aritmetica (semplice o ponderata) o
geometrica degli indicatori selezionati (UNDP, 2004); oppure, come sperimentato dal Consiglio Nazionale
dell’Economia e del Lavoro per lo studio dell’inserimento territoriale degli stranieri in Italia, si potrebbe
pervenire ad un indicatore ottenuto come somma dei punteggi inversamente attribuiti alle posizioni in
graduatoria (ranking) assunte dai comuni in relazione a ciascun indicatore (CNEL, 2004).
Per quanto riguarda la parte più strettamente demografica, l’analisi descrittiva degli indicatori di stato e di
flusso della popolazione, sarà integrata dalla realizzazione di previsioni demografiche, elaborate a partire da
diverse assunzioni riguardo ai futuri livelli di fecondità, mortalità e migrazioni. Una delle necessità
fondamentali per quanti sono chiamati ad amministrare è certamente quella della programmazione:
l’esigenza primaria di una società organizzata è, infatti, quella di guardare avanti, fissare obiettivi e
predisporre programmi specifici per il loro raggiungimento. In tale ottica le previsioni della futura
consistenza e strutturazione della popolazione sono di fondamentale importanza. Gli scopi per i quali si
rende necessario realizzare delle previsioni demografiche sono facilmente immaginabili e vanno al di là di
una conoscenza fine a se stessa (Blangiardo, 1997, p. 161). Pur consapevoli delle cautele con le quali è
necessario valutare i risultati dei modelli previsivi, in particolare quelle di lungo periodo, le previsioni
demografiche possono fornire delle indicazioni di massima sull’evoluzione attesa delle popolazioni osservate
sotto certe ipotesi. Il metodo utilizzato sarà quello analitico (detto anche delle componenti) che, oltre
all’ammontare della popolazione, consente anche di prevederne la strutturazione per sesso e per età e,
quindi, di calcolarne diversi indici descrittivi (anche allo scopo di confrontarli con i valori attuali).
Successivamente alla fase di analisi descrittiva dei dati, si utilizzeranno tecniche di analisi statistica
multivariata (quali l’analisi in componenti principali, l’analisi discriminante e la cluster analysis), idonee a
sintetizzare le molteplici dimensioni che caratterizzano il fenomeno osservato, allo scopo di determinare aree
omogenee di spopolamento del territorio, che saranno rappresentate graficamente e cartograficamente.
Tutti i dati necessari alle elaborazioni saranno acquisiti dai Censimenti della Popolazione e delle Abitazioni,
dai Censimenti dell’Industria e dei Servizi e dai Censimenti dell’Agricoltura che rappresentano le uniche
fonti esaustive a livello di dettaglio territoriale comunale. Inoltre, per descrivere le dinamiche naturali e
migratorie della popolazione, i dati censuari saranno integrati dalle rilevazioni anagrafiche che forniscono
indicazioni anche sul movimento della popolazione.
Lo studio si concluderà con l’analisi di alcuni casi-studio: attraverso i risultati raggiunti saranno individuate
specifiche zone caratterizzate da significativi livelli di spopolamento per le quali sarà condotta un’indagine ad
hoc volta ad integrare i dati macro precedentemente raccolti con i dati micro. Lo scopo sarà quello di
cogliere le eventuali determinanti economiche, sociali e culturali della scelta individuale di abbandonare un
certo territorio a favore di un altro (come avviene, ad esempio, nel caso dello spopolamento delle zone
montane a favore di quelle di pianura).
20
B3. Fasi di lavoro
La ricerca si svilupperà attraverso la realizzazione di diverse fasi, i cui tempi di realizzazione saranno
opportunamente determinati al momento del concreto avvio del progetto. In via indicativa, si prevedono le
seguenti fasi di lavoro:
a) ricerca bibliografica sul tema dello spopolamento: tale fase ha lo scopo di individuare “buone prassi” e
linee di ricerca già sperimentate in altri contesti territoriali che sperimentano il fenomeno dello
spopolamento;
b) raccolta e caricamento dati: individuazione dei dati grezzi, loro caricamento in fogli di lavoro, creazione
delle matrici dati per le successive analisi;
c) costruzione degli indicatori: fase di studio per la predisposizione di specifici indicatori territoriali,
demografici, sociali ed economici utili allo studio del fenomeno oggetto di indagine;
d) elaborazione dati: fase di realizzazione dell’analisi statistico-descrittiva e della successiva analisi
multivariata ;
e) interpretazione dei risultati: fase di studio dedicata alla corretta interpretazione dei dati ottenuti
attraverso le elaborazioni statistiche e all’individuazione dei case-studies;
f)
indagine ad hoc su specifiche aree: individuazione delle metodologie più idonee di indagine, eventuale
predisposizione di un questionario o di eventuale indagine qualitativa;
g) stesura report di ricerca: fase di raccolta di tutti i risultati della ricerca e stesura di un documento che ne
riporti gli elementi più importanti, soprattutto nell’ottica della concreta utilizzazione dei risultati a fini
programmatori e strategici;
h) presentazione dei risultati: realizzazione di una o più iniziative per la divulgazione dei risultati (intermedi
o finali) conseguiti.
B4. Risultati attesi
L’analisi statistico-demografica permetterà di delineare un quadro completo dei processi di spopolamento
che hanno interessato la provincia di Cosenza. Le metodologie utilizzate consentiranno di individuare
analogie e differenze tra i singoli comuni classificandoli sulla base degli indicatori osservati e, in particolare,
dell’Indice di Spopolamento appositamente costruito e stimato. Tale Indice permetterà di distinguere le varie
aree sulla base dell’intensità e della durata del processo. L’osservazione dei comuni cosentini sarà anche
rivolta all’individuazione dei fattori che favoriscono il processo di declino demografico e, in maniera
complementare, consentirà anche di individuare quelli in grado di invertire la direzione di tale processo.
L’utilizzo di apposite rappresentazioni cartografiche, caratterizzate da un’elevata valenza intuitiva e da un
certo grado di immediatezza interpretativa, consentirà una lettura più agevole dei risultati conseguiti e,
quindi, la loro fruizione e il loro utilizzo a livello istituzionale.
L’andamento demografico e i veloci cambiamenti in atto in Calabria, pur nel solco delle generali tendenze
che riguardano tutta la popolazione italiane e la maggior parte dei contesti urbani, presentano senz’altro
specificità comunali e discrepanze che è necessario conoscere ed interpretare nel quadro locale per la
21
predisposizione e l’attuazione di qualsiasi intervento territoriale. Alla luce dei cambiamenti recenti si tratta
poi di individuare i fenomeni demografici che hanno conseguenze più importanti sull’organizzazione del
territorio e che quindi devono essere oggetto di conoscenza e studio preliminari alla programmazione.
In tale ottica la ricerca realizzata, configurandosi come fondamentale strumento di conoscenza delle singole
realtà territoriali, costituirà il punto di partenza per la predisposizione di strategie di intervento mirate alla
valorizzazione del territorio che possano fermare, o quantomeno a rallentare, il processo di declino della
popolazione.
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